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I più antichi Roditori fossili che si conoscono appartengono al gene- re Paramys, vissuto circa 60 milioni di anni fa nel Paleocene. Si ritiene pertanto che i rappresentanti di que- st'ordine si siano evoluti nel periodo precedente, il Cretaceo superiore, da quegli stessi Insettivori che hanno originato la linea evolutiva dei Primati. Durante tutto il Terzia- rio questi animali hanno dato origi- ne ad una vera e propria radiazione evolutiva, conquistando nuovi ambienti e adattandosi alle più sva- riate nicchie ecologiche, tanto da diventare, fra i Mammiferi, l'ordine che conta il numero più elevato di specie: 1687. I Roditori, fatta eccezione per la struttura del cranio e dei denti, sono per lo più animali dalle caratteristi- che primitive e poco specializzate. Presentano il corpo di forma cilin- drica, ricoperto da una pelliccia più o meno folta, la coda rivestita da squame epidermiche anulari, le zampe corte e per lo più pentadatti- li, gli arti posteriori più sviluppati degli anteriori, il labbro superiore leporino (non in tutte le specie), un'andatura in genere plantigrada e solo in rari casi digitigrada. La den- tatura, che è tipica di tutti i rappre- sentanti di quest'ordine, è caratteriz- zata dalla presenza, su entrambe le arcate mascellari, di due incisivi ricurvi e molto sviluppati, privi di radici e rivestiti di smalto solo ante- riormente. Questi denti non smetto- no mai di crescere per tutta la vita dell'animale e la loro lunghezza viene regolata dall'usura cui sono sottoposti; si spiega così il motivo per il quale i Roditori spesso rosic- chiano anche materiali di nessun valore alimentare, come cemento, tubi di piombo, legno, fili elettrici etc. La funzione degli incisivi non è solo quella di rodere, ma anche di agire come forbici trincianti. I cani- ni sono totalmente assenti in tutte le specie e al loro posto vi è un largo spazio vuoto, il diastema, che sepa- ra gli incisivi dai premolari e dai molari. Questi, utilizzati per masti- care, strofinando l'uno sull'altro, agiscono come una macina. Un'altra caratteristica, comune anche ad alcuni Insettivori, è quella di avere molto lassa ed elastica l'ar- ticolazione fra le due ossa che costi- tuiscono la mandibola, cosicché questa è libera di compiere movi- menti non solo antero–posteriori, ma perfino laterali. La cavità bocca- le è divisa in due parti dai lobi labiali che, passando dietro gli inci- sivi, separano un vestibolo anterio- re, la cui funzione è quella di evita- re che vengano accidentalmente ingenti materiali non alimentari durante il rosicchia~ mento. In alcune specie i lobi si ingrandisco- no e formano le sacche guanciali, utilizzate per il trasporto del cibo. Lo stomaco è indiviso; l'intestino è lungo e capiente, in accordo con la dieta che è prevalentemente vegeta- riana. Gli arti anteriori sono prensili e vengono spesso usati per portare il cibo alla bocca. Fra i sensi l'olfatto e il tatto sono i più importanti, mentre la vista non è particolarmente sviluppata: poche specie infatti sono dotate di una vista acuta e della capacità di distin- 103 104. L'intero ordine dei Roditori è caratterizzato dall'avere nelle mascelle un ampio spazio, il diastema, posto fra gli incisivi e i premolari. Questo fatto è dovuto alla completa assenza dei canini e degli altri incisivi. I quattro incisivi pre- senti sono molto sviluppati, privi di radice, a crescita continua e ricoperti di smalto solo ante- riormente. Il fatto che crescano per tutta la vita è assai utile per il particolare tipo di alimenta- zione di questi animali, i quali sono però spesso costretti a rodere solo al fine di consumare gli incisivi per tenerli continuamente alla lunghezza più favorevole. In cattività può capitare che gli incisivi crescano smisuratamente per mancanza di materiali da rodere; in tal caso l'animale ha sempre più difficoltà a nutrirsi e alla fine può addirittura morire di fame. Roditori

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I più antichi Roditori fossili chesi conoscono appartengono al gene-re Paramys, vissuto circa 60 milionidi anni fa nel Paleocene. Si ritienepertanto che i rappresentanti di que-st'ordine si siano evoluti nel periodoprecedente, il Cretaceo superiore,da quegli stessi Insettivori chehanno originato la linea evolutivadei Primati. Durante tutto il Terzia-rio questi animali hanno dato origi-ne ad una vera e propria radiazioneevolutiva, conquistando nuoviambienti e adattandosi alle più sva-riate nicchie ecologiche, tanto dadiventare, fra i Mammiferi, l'ordineche conta il numero più elevato dispecie: 1687.

I Roditori, fatta eccezione per lastruttura del cranio e dei denti, sonoper lo più animali dalle caratteristi-che primitive e poco specializzate.Presentano il corpo di forma cilin-drica, ricoperto da una pelliccia piùo meno folta, la coda rivestita dasquame epidermiche anulari, lezampe corte e per lo più pentadatti-li, gli arti posteriori più sviluppatidegli anteriori, il labbro superioreleporino (non in tutte le specie),un'andatura in genere plantigrada esolo in rari casi digitigrada. La den-tatura, che è tipica di tutti i rappre-sentanti di quest'ordine, è caratteriz-zata dalla presenza, su entrambe learcate mascellari, di due incisiviricurvi e molto sviluppati, privi diradici e rivestiti di smalto solo ante-riormente. Questi denti non smetto-no mai di crescere per tutta la vitadell'animale e la loro lunghezzaviene regolata dall'usura cui sonosottoposti; si spiega così il motivo

per il quale i Roditori spesso rosic-chiano anche materiali di nessunvalore alimentare, come cemento,tubi di piombo, legno, fili elettricietc. La funzione degli incisivi non èsolo quella di rodere, ma anche diagire come forbici trincianti. I cani-ni sono totalmente assenti in tutte lespecie e al loro posto vi è un largospazio vuoto, il diastema, che sepa-ra gli incisivi dai premolari e daimolari. Questi, utilizzati per masti-care, strofinando l'uno sull'altro,agiscono come una macina.

Un'altra caratteristica, comuneanche ad alcuni Insettivori, è quelladi avere molto lassa ed elastica l'ar-ticolazione fra le due ossa che costi-tuiscono la mandibola, cosicchéquesta è libera di compiere movi-menti non solo antero–posteriori,ma perfino laterali. La cavità bocca-le è divisa in due parti dai lobilabiali che, passando dietro gli inci-sivi, separano un vestibolo anterio-re, la cui funzione è quella di evita-re che vengano accidentalmenteingenti materiali non alimentaridurante il rosicchia~ mento. Inalcune specie i lobi si ingrandisco-no e formano le sacche guanciali,utilizzate per il trasporto del cibo.Lo stomaco è indiviso; l'intestino èlungo e capiente, in accordo con ladieta che è prevalentemente vegeta-riana. Gli arti anteriori sono prensilie vengono spesso usati per portareil cibo alla bocca.

Fra i sensi l'olfatto e il tatto sonoi più importanti, mentre la vista nonè particolarmente sviluppata: pochespecie infatti sono dotate di unavista acuta e della capacità di distin-

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104. L'intero ordine dei Roditori è caratterizzatodall'avere nelle mascelle un ampio spazio, ildiastema, posto fra gli incisivi e i premolari.Questo fatto è dovuto alla completa assenza deicanini e degli altri incisivi. I quattro incisivi pre-senti sono molto sviluppati, privi di radice, acrescita continua e ricoperti di smalto solo ante-riormente. Il fatto che crescano per tutta la vitaè assai utile per il particolare tipo di alimenta-zione di questi animali, i quali sono però spessocostretti a rodere solo al fine di consumare gliincisivi per tenerli continuamente alla lunghezzapiù favorevole. In cattività può capitare che gliincisivi crescano smisuratamente per mancanzadi materiali da rodere; in tal caso l'animale hasempre più difficoltà a nutrirsi e alla fine puòaddirittura morire di fame.

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guere i colori. Discreto è invece ilsenso dell'udito: alcuni Roditorisono perfino in grado di percepiregli ultrasuoni e di orientarsi conl'eco, mentre altri utilizzano a talescopo la posizione del sole o dellestelle.

Il pene presenta molto spessol'osso penieno; i testicoli sonoaddominali e scendono nello scrotosolo nel periodo degli amori. Gliaccoppiamenti sono in genere moltobrevi e frequentemente ripetuti. Lanatalità è abbastanza elevata,soprattutto nelle specie di piccoledimensioni che non superano i 2anni di vita. Pochi Roditori condu-cono vita solitaria: la maggior partepreferisce infatti organizzarsi ingruppi familiari, all'interno di terri-tori ben delimitati, contrassegnaticon marchi odorosi e difesi controqualsiasi invasore, particolarmentese della stessa specie. I Roditorivengono predati da Carnivori, ser-penti e uccelli rapaci diurni e not-turni, contro i quali sono completa-mente privi di armi di difesa; posso-no confidare per la sopravvivenzasolo nell'acutezza dei sensi, nellafuga, nel mimetismo e a livello disopravvivenza della specie nell'ele-vato indice di natalità.

I Roditori sono animali moltoimportanti per l'uomo nel male enel bene. Essi sono infatti i princi-pali vettori di gravissime malattie,anche a carattere epidemico; la piùterribile è la peste bubbonica, cheviene trasmessa dai Roditori malatiall'uomo tramite le pulci che ingenere infestano questi animali.Altre gravi malattie, trasmessesoprattutto dai Ratti e anche daiTopi, sono: il morbo di Weil o lep-tospirosi ittero–emorragica, che sicontrae venendo a contatto con l'u-rina di Ratti o Topi infestati da pro-tozoi del genere Leptospira; la tri-chinosi; la rabbia; la toxoplasmosi;l'afta epizootica e la tularemia. Aqueste nefaste influenze vanno

aggiunti i danni incalcolabili chequesti animali causano all'economiaumana, distruggendo nei campi, neisilos e nei magazzini immensequantità di grano, mais, sementi edaltre derrate alimentari.

Malgrado l'uomo fin dall'anti-chità abbia intrapreso un'accanitalotta contro di loro, escogitandonumerosi sistemi per distruggerli,essi continuano a prosperare invirtù della loro grande adattabilitàai più svariati ambienti, dell'elevatanatalità, della struttura sociale benorganizzata e della continua rarefa-zione di quei predatori naturali, chene limitavano in misura notevole ilnumero e la diffusione. Animalicome i serpenti, il Gatto selvatico,la Donnola, la Martora, la Volpe, lapoiana e in modo elettivo tutti gliuccelli rapaci notturni (soprattuttobarbagianni, assiolo e civetta inSardegna) devono essere assoluta-mente e rigorosamente protetti nonsolo con le leggi, ma anche coi fattiperché costituiscono ancor oggi ilmetodo più sano, efficace ed econo-mico che esista per derattizzareambienti naturali e città. D'altrocanto però neppure la completascomparsa di questi Roditori sareb-be auspicabile, vista l'enormeimportanza che rivestono per l'equi-librio ecologico degli ambienti incui vivono, quando restano nei giu-sti limiti numerici. I Roditori costi-tuiscono infatti un anello essenzialenel flusso dell'energia, che dallepiante, attraverso di loro, può giun-gere fino ai Carnivori. Notevole èanche l'importanza che alcune spe-cie (Topi, Ratti, Cavie e Criceti)hanno come animali da laboratorio,sia per le loro dimensioni ridotte,sia per la facilità d'allevamento, siaper certe caratteristiche anatomichesimili a quelle umane.

In Sardegna quest'ordine è rap-presentato da 2 famiglie con untotale di 6 specie: Muridi (4) e Gli-ridi (2).

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105. L'uomo ha modificato l'ambiente secondo isuoi interessi e le sue necessità. Queste altera-zioni si son rivelate particolarmente utili ancheper i Ratti, che hanno trovato negli ambientiumanizzati una fonte inesauribile di alloggi e dicibo, al punto che oggi si calcola che al mondoci siano più Ratti che esseri umani. Malgrado sisia tentato in ogni modo di eliminare questifastidiosi Roditori con veleni, trappole, gas,fuoco, anticoagulanti etc., finora non si è riuscitia vincere che qualche battaglia locale.

La loro intelligenza, la particolare strutturasociale e l'elevatissimo tasso riproduttivo rendo-no infatti vani, in breve tempo, anche i più dra-stici interventi. Ancor oggi il modo migliore perlimitare la consistenza numerica di Ratti e To p iè quello escogitato dalla Natura: gli uccelli rapa-ci diurni e notturni, la Volpe, il Gatto selvatico,la Martora, la Donnola, il Riccio e i serpenti.Contro questi animali, che noi tutti dovremmoproteggere rigorosamente, i citati Muridi nonriescono ad opporsi efficacemente in quanto esi-

ste un reciproco adattamento. Di sicuro i preda-tori non sono in grado di eliminare completa-mente Ratti e Topi, ma il problema non è certa-mente questo, bensì quello di rendere la loroconsistenza numerica tollerabile per gli ecosiste-mi umani; non si deve infatti dimenticare cheRatti e Topi rendono annualmente inutilizzabileuna quantità di cibo sufficiente a sfamare 100milioni di persone per un anno intero!

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Sebbene il Ratto delle chiavichesia ben conosciuto, in Sardegna nonviene quasi mai distinto dall'altraspecie, il Ratto comune. Coi terminiMerdòna, Mardòna e Merdòa(Campidano), Medròna (Vi l l a s i-mius, Capoterra), Merdàna (Desu-lo), Madròa (Mogoro e Sarrabus),Ràzzu (Tempio, Gallura), Irràzzu(Gallura), Sòriga (Perdas de Fogu),Sòriche (Centro), Sòrighe (Logudo-ro), Sòrigu (Dolianova, Sassari),Sarròni e Serròni (Sassari), Ràttu(Carloforte) si suole indicare infattientrambe le specie. Ai vari Sòrighe,Sòrighe, Tòpi etc. viene talvoltaaggiunto l'aggettivo mànnu (gran-de), per distinguerli dai Topi chesono più piccoli. Alcuni chiamanoil Ratto delle chiaviche Merdòna demàra perché gradisce i luoghi umidicome paludi, acquitrini, fogne echiaviche, che appunto in sardosono detti màra; per lo stesso moti-vo a Tempio si usa il termine Ràzzudi fògna. Quest'animale è conside-rato schifoso e repellente tanto chein alcuni paesi del Campidano pero ffendere una persona si suol dire:"Fàcci de Merdòna (Faccia di Topodi fogna)" oppure "Ses una merdò-na, ti fàzzu pappài da sa Gàttu (Sei

un Topo di fogna, ti faccio mangia-re dal Gatto)".

Il Ratto delle chiaviche si distin-gue dai Topi per le grosse dimen-sioni e dal Ratto comune per avereil corpo più tozzo, il pelame piùrigido e grossolano, le orecchie piùcorte, la coda più piccola della lun-ghezza testa–tronco e mole maggio-re. La colorazione della pellicciasuperiormente varia dall'ocra fulvoal grigio lavagna, mentre è grigia-stra con sfumature crema o fulvonel ventre. Originario delle localitàsteppose della Cina settentrionale edella Mongolia, si è diffuso in tuttoil mondo associandosi all'uomocome commensale. In Sardegna èpresente con la sottospecie tipica,R. n. norvegicus (Berkenhout,1769), che vive anche nelle restantiparti d'Italia.

Il Surmolotto vive sia in apertacampagna che a stretto contatto conle abitazioni umane fino ad un'alti-tudine di 1500 m. Nel primo casopredilige località umide in vicinan-za di paludi, stagni, canali e fiumi;nel secondo caso invece frequentasoprattutto le fogne, gli immondez-zai e le parti più basse di stalle, por-cili, fienili, magazzini, pagliai erimesse. Di abitudini notturne, dota-to di ottime capacità fossorie e dicarattere molto aggressivo (al puntoche non esita, se messo alle strette,ad avventarsi anche su Cani, Gatti eperfino sull'uomo), è in grado disfruttare qualsiasi fonte alimentaresia animale che vegetale, in virtùdel suo regime alimentare fonda-mentalmente onnivoro. Aggrediscee divora non solo animali domesticicome polli e anatre (per l'uomo icolpevoli sono sempre le Donnole ele Volpi), ma anche uccelli selvaticidi svariate specie e loro nidiacei,piccoli Insettivori, altri Roditori,insetti, molluschi d'acqua dolce,crostacei e all'occasione si nutreanche di carogne. Nemmeno i pescipossono dormire sonni tranquilli

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Ratto delle chiaviche

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107. Ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus).Originario delle steppe della Cina e della Mon-golia, è diventato cosmopolita seguendo l'uomo.Poiché frequenta luoghi sporchi e malsani comefogne e immondezzai, è considerato da tuttischifoso e repellente. È un animale molto robu-sto ed adattabile, capace di cadere da un'altezzadi 10 m senza subire gravi danni, passare attra-verso fori di soli 3 cm di diametro, entrare inun'abitazione risalendo lungo lo scarico delw a t e r, ricolonizzare in brevissimo tempo unambiente derattizzato, al ritmo di 6 piccoli perparto ogni 2 – 3 mesi. Per tutti questi motivi lalotta che l'uomo ha intrapreso contro questa spe-cie non ha finora dato risultati positivi, soprat-tutto se considerata a lungo termine. (Disegno:Luigi Zanda).

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quando il Ratto delle chiaviche è inazione perché quest'animale è per-fettamente in grado di catturarligrazie alla sua abilità nel nuotare enell'immergersi. Nelle fogne e negliimmondezzai si ciba di sostanze indecomposizione; pratica anche ilcannibalismo. In genere è piuttostosedentario e opera in un territorio diampiezza proporzionata alla quan-tità di cibo presente. Generalmenteil raggio d'azione del Surmolotto siaggira intorno ai 100 m di distanzadai suoi rifugi. Quando però maturail grano, il mais, il girasole etc., sisposta ogni notte (anche di 2 – 2,5km) dalle zone in cui normalmentevive per andare nei campi a divora-re grandi quantità di questi alimentivegetali: alla temperatura di 20°Cun Ratto delle chiaviche abbisognadi un quantitativo giornaliero dicereali pari al 10% del suo pesocorporeo. Allo scopo di limitare ilnumero dei Ratti nelle campagnecoltivate, gli agricoltori di moltipaesi usano costruire nei propricampi particolari tane per Donnolee Volpi che, essendo per l'appunto iprincipali nemici dei Ratti (oltre airapaci notturni), ne limitano note-volmente il numero e riducono inmodo sensibile i danni causati daquesti Roditori.

Durante la stagione riproduttiva,che va da febbraio a settembre, imaschi e le femmine non formanocoppie fisse e quando una di questeentra in calore viene ripetutamentemontata da diversi maschi. Dopouna gestazione di 20 – 24 giorni, lafemmina partorisce in un nido bentappezzato, spesso comune a piùpartorienti dello stesso branco, da 6a 12 piccoli, nudi, ciechi e inetti.Questi vengono allattati per circa 3settimane e dopo un mese e mezzosi rendono indipendenti; acquiste-ranno la maturità sessuale a 2 – 3mesi di vita. L'allevamento dei neo-nati viene praticato da più femminein comune e, se una di queste

muore, i suoi piccoli vengono gene-ralmente allattati dalle altre. Ladurata della vita è stata valutata daalcuni studiosi sui 7 anni, da altriintorno ai 3.

Il Ratto delle chiaviche scava allabase degli edifici e negli argini deicanali e dei fiumi le sue tane, conpiù di un'entrata e con lunghe galIe-ne, che si allargano in camere utiliz-zate come dormitori, come nido ocome magazzini per le provviste. Eun animale gregario che si riuniscein gruppi sociali, originati spesso daun'unica coppia, all'interno dei qualisi stabilisce una gerarchia, probabil-mente basata sul peso dei singolianimali, cosicché gli esemplari piùpesanti sarebbero anche quellidominanti. I componenti di un bran-co, che si riconoscono per mezzodell'odore tipico del loro gruppo,aggrediscono e scacciano qualsiasiestraneo che penetri nel loro territo-rio. Spesso però nei branchi moltograndi succede che animali prove-nienti da altri gruppi riescano adunirvisi, garantendo così un certoricambio genetico.

Nella competizione col Rattocomune, quello delle chiavicherisulta vincente e in genere il primoviene scacciato dalle località fre-quentate dal secondo. Le due speciesi incontrano nello stesso ambienteprincipalmente negli edifici umani,dove il Ratto delle chiaviche occu-pa i piani inferiori e quello comunei piani superiori: questo fatto èdovuto alle scarse capacità arrampi-catorie del Surmolotto. Il grandesuccesso del Ratto delle chiavichenel conquistare nuovi ambienti vacercato non solo nelle sue qualitàfisiche, nella sua grande adattabilitàe quindi nella poca specializzazio-ne, ma anche nell'org a n i z z a z i o n edei suoi gruppi sociali. All'internodel branco infatti gli animali comu-nicano fra di loro e si trasmettono lepiù svariate informazioni sull'am-biente esterno. Si formano anche

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Nella pagina seguente.108. I Ratti vivono in gruppi familiari, compostida un certo numero di esemplari che si conosco-no reciprocamente. Le singole colonie non sonoaperte ai conspecifici provenienti da altri gruppie, se un esemplare estraneo sconfina, esso vieneminacciato da uno dei possessori del territorioche, rizzandosi sugli arti posteriori, digrigna identi minacciosamente ed emette un suonocaratteristico. Questo comportamento normal-mente è sufficiente a mettere in fuga l'invasore.Quando il Ratto estraneo, sentendosi forte erobusto, non batte in ritirata, si verificano vio-lenti combattimenti che in genere si concludonocon la fuga o talora con la morte di uno dei duecontendenti

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109. All'interno di una colonia di Ratti dellechiaviche, fra i singoli individui si stabilisceuna gerarchia, basata principalmente sulla moledei vari animali. Gli esemplari più piccoli occu-pano in genere i gradini più bassi della scalagerarchica e, quando incontrano un individuodominante, assumono particolari posture ritua-

lizzate, atte a riconoscerne la supremazia e adevitare un possibile scontro. L'individuo dibasso rango manifesta sottomissione prostran-dosi davanti al dominante (1) o avvicinandosicol capo basso fino a mettergli il muso sotto ilcorpo (2) oppure imitando la posizione normal-mente assunta durante la spulciatura (3).

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delle vere e proprie tradizioni chevengono poi tramandate di genera-zione in generazione. I principalinemici di questa specie sono i cani,i gatti, i Mustelidi, gli uccelli rapacidiurni e notturni e i serpenti.

L'uomo da molto tempo combattecontro i Ratti una guerra che, allostato attuale, appare persa in parten-za. Si calcola infatti che il rapportouomo–Ratto sia di 1:1 e in certezone addirittura di 1:3. Ciò significache al mondo esistono più Ratti cheesseri umani, malgrado le continuecampagne di derattizzazione. Questaenorme diffusione dei Ratti è dovutaad alcune caratteristiche che questianimali hanno conseguito nel corsodella loro evoluzione, come la man-canza di particolari specializzazionialimentari, l'elevato tasso riprodutti-vo, la grande adattabilità ai più sva-riati ambienti e l'imprevedibilità chesi manifesta in ogni situazione concomportamenti del tutto inattesi daparte di alcuni esemplari di unapopolazione, che non sono sempregli stessi. In particolare un Rattopuò, ad esempio: cadere da unadecina di metri senza riportare graviconseguenze; passare attraversoaperture del diametro di circa 3 cm;entrare in un appartamento attraver-so lo scarico del water o veniresciacquato giù dal gabinetto senzaa ffogare; nuotare continuamente perpiù di 800 m; arrampicarsi su unmuro verticale di mattoni; penetrarein un edificio rodendone i muri diqualunque spessore, anche se sonoin cemento armato o in alluminio;riprodursi nelle celle frigorifere contemperature di –15°C; ricolonizzareun ambiente derattizzato in pochimesi al ritmo di 6 piccoli per partoogni 2 –3 mesi. Se si considera infi-ne che le città umane rappresentanoper questi Muridi una fonte inesauri-bile di alloggi e cibo, si comprende-ranno poi facilmente i motivi delloro grande successo come com-mensali dell'uomo.

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I danni causati dai Ratti sonoveramente ingenti. Ciascun esem-plare consuma annualmente 10 – 20kg di cibo, ma ne rende inutilizzabi-li almeno 10 volte tanto per l'abitu-dine di assaggiare un po' di tuttospiluccando qua e là: ogni sorta diderrata viene rosicchiata e per giun-ta inquinata con l'emissione di fecie urina. Si ritiene che la quantità dialimenti che i Ratti fanno sparire intutto il mondo durante un annobasterebbe per nutrire 100 milionidi esseri umani nello stesso lasso ditempo! Gravi sono inoltre i dannicausati ad ogni tipo di strutturacostruita dall'uomo: vengono tran-quillamente rosicchiati fili dellelinee elettriche, fili del telefono,cemento armato e tubi di plastica odi piombo. Pericolosissime sonoinfine le conseguenze per la saluteumana perché i Ratti sono vettori digravi malattie come la peste bubbo-nica trasmessa dalle loro pulci, l'i-drofobia che viene trasmessa diret-tamente attraverso la saliva, la lep-tospirosi ittero–emorragica e la sal-monellosi che contagiano l'uomoattraverso la loro urina e le lorofeci.

Contro i Ratti l'uomo le ha tenta-te proprio tutte, ma finora ha fallito.Le trappole classiche non servono amolto. Le esche avvelenate funzio-nano meglio ma, oltre ad esserepericolose per gli animali domesticie soprattutto per i bambini, nonuccidono tutti gli individui di unalocalità. Questo singolare fatto siverifica sia perché i Ratti hanno l'a-bitudine di spiluccare un po' di tuttoe quindi non sempre ingerisconouna quantità letale di veleno e siaperché essi non mangiano mai uncibo conosciuto da poco, in presen-za di un compagno che sta male.Attualmente questi Roditori vengo-no combattuti con prodotti cheimpediscono la coagulazione delsangue e uccidono a causa delleemorragie interne; tali prodotti,

somministrati a più riprese, condu-cono a morte lentamente, per cui iRatti non riescono a collegare lafine dei compagni con l'alimentoavvelenato e non imparano quindiad evitarlo. In Scozia tuttavia sonorecentemente comparsi ceppi resi-stenti agli anticoagulanti e, malgra-do la lotta serrata subito intrapresacon ogni mezzo conosciuto, esisto-no oggi Ratti che possono tolleraredosi di anticoagulanti superiori di100 volte a quella normalmenteletale. Questo fenomeno è una con-seguenza della selezione naturale:in una popolazione infatti possonoesistere individui resistenti alle dosiutilizzate, che non muoiono e gene-rano figli simili a loro, portatoricioè di quei geni che conferisconotale resistenza. Questi a loro voltasono sottoposti allo stesso meccani-smo selettivo da ulteriori sommini-strazioni del veleno, per cui, nelgiro di alcune generazioni, possonocomparire ceppi particolarmenteresistenti. Inoltre più veleno si usa epiù velocemente avverrà questofenomeno selettivo. Ultimamente siè notato che i Ratti sono moltoattratti dai computers a causa dellaloro insistente emissione di ultra-suoni. Si ritiene che tali vibrazionisonore siano simili a quelle emessedai piccoli in difficoltà e che perquesto motivo attirino gli adulti;altri pensano invece che il computersimuli un segnale sessuale. Comun-que sia, si sta tentando di costruireuna trappola, costituita da una pic-cola camera a gas, nella quale ilRatto entra, attirato da questo tipodi ultrasuoni.

In attesa di trovare un sistemaderattizzante veramente eff i c a c e ,che forse non ci sarà mai, il migliormodo di limitare il numero di questifastidiosi Roditori è quello di incen-tivare la presenza dei loro predatorinaturali: Gatti, Donnole, Volpi euccelli rapaci notturni. All'azionedei Carnivori i Ratti non potranno

mai adattarsi perché il predatoreseleziona la preda catturando gliesemplari meno dotati, ma questa, asua volta, seleziona il predatoremeno abile grazie alla sua migliora-ta capacità di sfuggirgli: l'adatta-mento è dunque reciproco. D'altron-de il problema non è quello didistruggere i Ratti, ma di limitarnelo sviluppo demografico entro limi-ti ecologicamente tollerabili, fattoche si verifica normalmente lontanodallo sproporzionato numero dirifugi e di fonti alimentari off e r t idalle città. Ancora una volta è l'uo-mo ad aver creato il problema colsuo, spesso folle, modo di vivere!

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Oltre ai nomi generici di cui si èparlato a proposito del Ratto dellechiaviche, il Ratto comune vieneanche chiamato dalle popolazionisarde Merdòna de teulàda, se vivesui tetti, Merdòna de cresùra, seabita fra le siepi, Ràzzu de campà-gna e Tòpi de molìnu (Gavoi).

Il Ratto comune si distingue dalRatto delle chiaviche per avere ilcorpo più slanciato, dimensioniinferiori, orecchie più lunghe e codamaggiore della lunghezza testatron-co. In Sardegna, Corsica, Sicilia eItalia centro meridionale è presentela sottospecie R.r. frugivorus (Rafi-nesque, 1814), che si distinguedalle altre varietà per le dimensionileggermente inferiori (lunghezzatesta–tronco 15,5 – 18,4 cm; coda16,3 – 19,9 cm), per il colore delleparti superiori bruno fulve e delleinferiori bianche o crema. Alcuniautori ritengono che questa sotto-specie sia solo una fase di coloredella razza R.r. a l e x a n d r i n u s(Desmarest, 1819), da noi assente ed i ffusa nella maggior parte delleregioni mediterranee. In Sardegnaveniva anche usato (e forse lo vienetuttora) il termine Merdòna nièdda,

riferito a esemplari molto scuri ocompletamente neri, probabilmenteappartenenti alla sottospecie tipicaR. r. rattus (Linnaeus, 1758). Que-sta forma è assente nell'Isola, tutta-via pare che, in passato, occasional-mente potesse trovarsi nelle localitàportuali trasportata dalle navi nellequali spesso vive. Si è sempre rite-nuto che il Ratto comune fosse ori-ginario dell'Asia sudorientale, madall'esame dei cromosomi dei Rattiasiatici se ne è dedotto che le popo-lazioni, diventate cosmopolite comecommensali dell'uomo, sono quelledell'India meridionale. L'invasionedell'Europa è più antica di quellaoperata dal Ratto delle chiaviche erisalirebbe all'ultima glaciazionesecondo alcuni studiosi, agli inizidel Medioevo secondo altri. Conl'arrivo di quest'ultima specie ilRatto comune ha progressivamenteperso terreno ed oggi frequenta pre-feribilmente le zone non abitate dalprimo.

Nei climi freddi il Ratto comunevive come commensale nelle abita-zioni coi tetti in legno o in edificicome magazzini, pollai, fienili estalle, stabilendosi principalmentenelle parti asciutte ed alte. Nei climipiù caldi, come quelli mediterranei,torna spesso a vivere allo stato sel-vatico, prediligendo località asciuttee ricche di vegetazione non moltoalta e intricata (cespugli, rovi etc.),sovente in vicinanza di frutteti e dipinete. È anche facilmente reperibi-le nelle stive delle navi e più rara-mente nelle fogne. Di abitudini pre-valentemente notturne ed arborico-le, ottimo corridore e saltatore,nuota meno bene del Ratto dellechiaviche e rispetto a questo hameno attitudine allo scavo, sebbeneanch'esso possa scavare tane nelterreno, nelle cavità dei muri o nellefessure dei pavimenti e dei tetti; frai cespugli costruisce dei grossi nididi forma sferica con stecchi e fogliesecche. La sua dieta è per lo più

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Ratto comune

110. Areale europeo di Ratto comune (Rattusrattus).

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111. Ratto comune (Rattus rattus). Originariadell'India meridionale, questa specie nel compe-tere col Ratto delle chiaviche è perdente, per cuivive preferibilmente nei luoghi non frequentatida quest'ultimo. Il Ratto comune lo si trova incase coi solai di legno, pollai, stalle e fienili,dove si stabilisce nei microambienti più asciutti,che sono in genere situati ad una carta altezzada terra. Si arrampica con notevole destrezzagrazie ad un particolare adattamento degli arti:le piante delle zampe presentano infatti deirigonfiamenti, atti ad aumentare la presa durantel'arrampicamento. Tale caratteristica anatomicaè meno sviluppata nel Ratto delle chiaviche, cheper l'appunto si arrampica con minor frequenza,prediligendo gli ambienti posti al livello delsnob o ipogei. (Disegno: Luigi Zanda).

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onnivora con una certa predilezioneper le sostanze di origine vegetale.Si nutre infatti principalmente difrutti, semi, bacche e parti di piante,ma anche di insetti, piccoli Mammi-feri, lumache, uova e nidiacei diuccelli. Pratica perfino il cannibali-smo, benché in misura inferiore diquanto non faccia il Ratto dellechiaviche. Ha l'abitudine di ammas-sare provviste in zone spessodistanti dalla propria tana. Conducevita per lo più gregaria, riunito ingruppi familiari che vivono in unterritorio ben difeso e delimitato dasegnali odorosi.

Gli accoppiamenti possono averluogo durante tutto l'arco dell'annoe, dopo una gestazione di 20 –24giorni, la femmina partorisce da 1 a15 piccoli (in media 7, eccezional-mente fino a 20), che vengono allat-tati per 3 settimane. Al momentodella nascita sono nudi, ciechi (gliocchi sono occlusi da palpebreappiccicose), sordi e privi di denti.Pesano circa 5 g, ma crescono velo-cemente: a 15 giorni aprono gliocchi; a 3 settimane completano losviluppo della dentatura con lacomparsa dei molari e cominciano anutrirsi di cibi solidi; fra la quarta ela sesta settimana si rendono infineindipendenti. Poiché la madre puòrimanere gravida subito dopo ilparto, talora capita che i giovanivengano scacciati a 3 sole settimanedalla nascita quando la femmina èprossima ad un nuovo parto. Lamaturità sessuale può essere rag-giunta intorno al terzo mese di vita.H ritmo riproduttivo, come nelRatto delle chiaviche, è elevatissi-mo e si possono avere da un mini-mo di 3 a un massimo di 6 figliateall'anno per ogni femmina. La dura-ta della vita viene da alcuni studiosivalutata sui 7 anni, da altri, in basead osservazioni compiute in catti-vità, intorno ai 4 anni. Viene preda-to dagli stessi animali che insidianoil Ratto delle chiaviche.

In condizioni di particolaresovrappopolazione, spesso piùesemplari utilizzano lo stesso nidoe, a causa dell'eccessiva vicinanza,può capitare che, giocando e lottan-do, le code si aggroviglino in modopressoché inestricabile. Di questigrovigli, che pare capitino solo aiRatti comuni a causa della lunghez-za della loro coda, ne son stati fino-ra descritti una cinquantina; ingenere avvengono fra 6 – 12 esem-plari, ma si son riscontrati casi incui son rimasti coinvolti oltre 30individui. Questa situazione puòcondurre alla morte degli animalioppure alla frattura delle vertebredella coda e alla rottura degli anelli,che però non danno origine a parti-colari piegature dell'appendice cau-dale.

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112. Il Ratto comune è in grado di arrampicarsisu corde, rami verticali privi di particolari appi-gli e strutture in legno delle case grazie ai cusci-netti plantari ben sviluppati e alla lunga codache usa per sostenersi.

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113. La lunga coda dei Ratti comuni, tanto utilenell'arrampicamento, può in certi casi rivelarsisvantaggiosa o addirittura fatale. In condizionidi particolare sovrappopolazione, infatti, piùRatti utilizzano gli stessi covi e, giocando o lot-tando, può capitare che le loro code si aggrovi-glino in modo quasi inestricabile, determinandofratture delle vertebre caudali e talora la morte.Di questi grovigli, chiamati "Re dei Ratti", nesono stati finora descritti una cinquantina.

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Nell'antichità la presenza delTopolino domestico veniva consi-derata come un avvenimento dibuon auspicio sia dalle popolazioniche dalla maggior parte delle lororeligioni. Di queste credenze sitrova ancora qualche ricordo in Sar-degna. Nella Marmilla e nell'Arbo-rea sognare un Topolino era consi-derato presagio di ricchezza e pro-sperità; in altre località si credevainoltre che, se si trovavano Topi nelgrano trebbiato e lasciato all'apertoper qualche settimana, la cosa fosseda considerarsi come un segno difutura fortuna. Molto diffusa intutta l'Isola è tuttora la simpaticausanza di lenire il dolore e il fasti-dio che i bambini provano per laperdita di un dente di latte, dicendo-gli di nasconderlo in un angolodella casa perché in seguito passeràil Topolino. Questo, non visto,prenderà il dente lasciando al suoposto un gruzzoletto di soldi. Natu-ralmente il Topolino domestico nonsa nulla di questa storia al contrariodei genitori del bambino che furti-vamente effettuano lo scambio.Numerosi sono i proverbi cheriguardano il Topolino domestico;

ovviamente questi proverbi sonousati in senso metaforico perchériferiti sempre a situazioni esclusi-vamente umane, partendo da carat-teristiche e comportamenti tipici delTopolino o ritenuti tali. Così sisuole dire: – per indicare personeche vivono in stato di evidentemiseria o anche per anziani chesono più soggetti alle malattie: A mùrus bèccius no màncant is Tòpis. Nei muri vecchi non mancano i Topi. (Campidano) In dòmu bèccia no màncant is Tòpis. Nella casa vecchia non mancano i Topi. (Campidano) A mùros vèzzos no màncan' Sòriches. Ai muri vecchi non mancano i Topi. (Bitti) – per coloro che fanno qualcosa,approfittando dell'assenza di chi lipotrebbe controllare: Càndo non bi est s'Attu sos Sòrighes ischèrtiant. Quando non c'è il Gatto i Topi scherzano. (Logudoro) Su Sòriche jòcat càndo su Gàttu non best. Il Topo gioca quando il Gatto non c'è. (Gavoi) Ube non b'a's'Attu, càda Sòrighe est a càmpu. Dove manca il Gatto, ogni Topo è padrone. Is Tòpis bàllant càndu sa Gàttu est in arnòris. I topi ballano quando il gatto è in amore. (Cagliari) – per luoghi, case o stanze disador-ni, vuoti e quindi poco invitanti: Si b'occhìdet su Sòriche a mazzuuccu.Ci si uccide il Topo col randello. (Nuoro) – per persone che tramano le piùsvariate macchinazioni, ma alla finevengono sempre scoperte: No àlzat Sòrighe a tràe che nonpèset ischimùzu.

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Topolino domestico

114. Areale europeo di Topolino domestico(Mus musculus).

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azzùccu. Ci si uccide115. Topolino domestico (Mus musculus).Èfacilmente distinguibile dai Ratti per la piccolamole: le dimensioni del suo corpo, esclusa lacoda, variano infatti fra i 5,4 e i 9,3 cm. Poiché iToporagni sono assai poco noti a causa delleloro abitudini notturne, il Topolino domesticorisulta il Mammifero più piccolo conosciuto dalpopolo sardo, come sembra attestare anche ilseguente proverbio logudorese: "Uno monte hatfacto unu Sòrighe (Una montagna ha partoritoun Topolino)". Tale massima viene usata a pro-posito di persone che sembra debbano fare gran-di cose e alla fine fanno solo ridicolaggini.(Disegno: Luigi Zanda).

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Non sale Topo sulla trave che non faccia rumore. (Chiara-monti) – per coloro che hanno rapporti conuno strozzino o con persone noteper la loro grettezza: Dàe su Sòriche càsu! Dal Topo compra il formaggio!(Nuoro) Non pèdas pàne da–e sos Sòriches.Non chiedere pane ai Topi. (Orune)– per persone che si intestardisconoa fare qualcosa che può risultaremolto pericolosa: Sòrighe imbizzàdu ad su casu, nonparat fina a bi lascàre su nàsu. Il Topo abituato al formaggio, nonsi disabitua fino a lasciarci il naso.(Logudoro) – per persone che, dopo un lautopasto, bevono molta acqua: Hant mandigàdu Sòrighes saildos.Hanno mangiato Topi salati. (Logu-doro) – riferito ad un "fiasco" teatrale:Arisèru in teàtru ci podìas cassài suTòpi a barrìtta. Ieri sera in teatro si poteva cacciareil Topo col berreto. (Cagliari) – per chi affida qualcosa di prezio-so, le sue ricchezze o la sua fiduciaa persone note per la loro disonestà: Raccumandài su làrdu a is Tòpis.Raccomandare il lardo ai To p i .(Meridione) Incumandài su càsu a is Tòpis.Raccomandare il formaggio ai Topi. (Campidano)– per persone che vengono vantatericche non essendolo:Pàgu bèni de is Tòpis.Poco bene dei Topi.(Meridione)– per coloro che acquistano da per-sone sbagliate, risultandone imbro-gliati:Comparai su làrdu da is Tòpis.Comprare il lardo dai Topi.(Campidano)– per persone che, a causa della lorofiducia nel prossimo, perdono qual-cosa:

No lèssis(ti) su làrdu po is TòpisNon lasciare il lardo ai Topi.(Campidano, Trexenta)– per persone di cui è bene nonfidarsi:Sa fide de su Attu cun su Sòrighe.La fiducia Gatto–Topo. (Logudoro)– per coloro da cui ci si aspettagrandi cose ed alla fine fanno soloridicolaggini:Unu mònte hat fàctu ùnu Sòrighe.Una montagna ha partorito unTopo.(Logudoro)– per persone povere e sfortunatealle quali non mancano difficoltà acausa della miseria:Dòmu de pàlla nomancànt mài Tòpis.Nel pagliaio nonmancano mai i Topi.In dom 'e pàllano dòi mànca Tòpisi.Nel pagliaionon mancano Topi. (Trexenta)

Sfuggito fino a metà del secoloscorso all'attenzione degli studiosi,ma sicuramente presente in Sarde-gna già nel periodo romano, ilTopolino domestico prende nell'Iso-la i seguenti nomi: Sòriche (Cen-tro), Sòrighe (Logudoro, Planarg i a ,Montiferru, Goceano, Baronie,M a rghine, Barigadu, Ocier, Seulo),Sòrihe (Baronie, Barbagia Ollolai),Sòricu (Logudoro), Sòrigu (Dolia-nova, Sassari, Angiona), Sòrixi(Campidano, non più usato; Oglia-stra), Sòrigi (Ogliastra), Tòppi oTòpi (Campidano, Sulcis, Parteolla,Trexenta, Sarcidano, Ogliastra, Sar-rabus, Gerrei, Marmilla, Oristanese,Isili, Orroli, Villasimius, Capoter-ra), Tòppe (Fonni, Busachi, Laco-ni), Tòpe o Tòpe de òmo (Desub),Ràzzu (Tempio, Gallura, Angloria),Razzarèddu e Razzìttu (Te m p i o ) ,Rattin (Carloforte), Rattèta e Rattò(Alghero), Tòpi de mùru, Tòpi demitra, Sorighèddu, Sorichéddu,Sorighittu, Topixèddu, Tòpi dedòmu e Castagnèdda.

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Le parole Sòrighe, Sòricu etc.sono generiche e, avendo il solosignificato di Sorcio, vengono talo-ra accompagnate dall'aggettivominòre per distinguere quest'anima-le dai Ratti, che hanno per l'appuntodimensioni maggiori.

Il Topolino domestico è facil-mente riconoscibile dai Ratti per lepiccole dimensioni e dal Topo sel-vatico per avere le forme menosnelle, gli occhi più piccoli, le orec-chie che, ripiegate in avanti, rag-giungono appena l 'occhio, e lezampe corte con le posteriori all'in-circa della stessa lunghezza delleanteriori. In Sardegna, come nellagrande maggioranza dei paesi medi-terranei, è presente con la sottospe-cie M.m. brevirostris Wa t e r h o u s e ,1837; questa razza viene distinta daquella tipica per le dimensioni leg-germente inferiori (lunghezzatesta–tronco 5,4 –9,3cm; coda9,5–l0 cm) e per la colorazionedella pelliccia, superiormente dicolor bruno ocraceo soffuso di neroed inferiormente fulvo biancastro ofulvo ardesia.

È stata anche descritta un'altraspecie appartenente a questo gene-re, che in Sardegna sarebbe rappre-sentata da Mus spicilegus caocciiKrausse, 1920. Tuttavia oggi lamaggior parte degli specialisti con-sidera tutti i Topolini domestici, siache vivano in campagna o in abita-zioni umane, come appartenenti adun'unica specie Mus musculus epertanto M.s. caoccii viene conside-rato un sinonimo di M.m.breviro-stris.

Originario del bacino del Medi-terraneo e dell'Asia centromeridio-nale, questo piccolo Roditore si èdiffuso in tutto il mondo come com-mensale dell'uomo; la mancanza diuna sottospecie endemica e di qua-lunque resto fossile pleistocenicodepongono a favore di un'introdu-zione passiva, in Sardegna, da parte

dell'uomo.D'inverno, il Topolino domestico

frequenta principalmente le abita-zioni umane, i granai, i vecchi edifi-ci e i magazzini; spesso lo si trovain mezzo alle derrate alimentari oaddirittura in magazzini frigoriferoper la conservazione della carnecon temperatura di ben 10°C sottozero. In campagna preferisce margi-ni di boschi e zone ricche di cespu-gli, situate sia in pianura che inmontagna. Ottimo corridore, buonsaltatore, capace di arrampicarsicon notevole abilità, quest'animaleè attivo soprattutto di notte, maspesso è possibile sorprenderlofuori dai rifugi anche durante le orediurne. Di alimentazione fondamen-talmente onnivora, ha però una par-ticolare predilezione per i cereali eper tutti quegli alimenti fatti dicereali. All'occorrenza tuttavia nondisdegna semi, sostanze vegetali ingenere, rifiuti, carne, formaggio egrasso. Il cibo viene ricercato trami-te l'olfatto, molto sviluppato, cheserve anche per ritrovare le pisteabituali marcate con urina.

L'accoppiamento può avvenire inogni stagione dell'anno, con unapunta massima in primavera e inestate. Dopo una gestazione di 19 –23 giorni, la femmina partorisce, inun nido ben rivestito con materialisoffici e scavato in cavità naturali onei crepacci dei muri, da 4 a 8 pic-coli (fino a un massimo di 13).Questi sono nudi, ciechi e inetti,pesano 1 – 1,5 g e misurano 2,5 cm.Vengono allattati per circa 18 giornie dopo un mese si rendono indipen-denti. La maturità sessuale vieneraggiunta a 1,5 – 3 mesi d'età. Unafemmina è in grado di partorire da 4a 6 volte nel corso di un anno. Ladurata della vita è di circa 2 – 4anni, ma in cattività può giungereanche fino a 6. Il Topolino domesti-co vive riunito in gruppi, moltosimili a quelli formati dai Ratti,situati in territori delimitati da mar-

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chi odorosi e difesi contro i conspe-cifici che non siano dello stessobranco. Fra i maschi, meno fra lefemmine, regna un ordine gerarchi-co, che tuttavia non è molto rigido.Una particolare caratteristica delTopolino domestico è quella di pos-sedere la capacità di autoregolare inmodo del tutto naturale le nascite:in caso di sovrappopolazione infat-ti, per motivi ormonali, le femminenon entrano in calore (soprattutto segiovani), la loro vagina resta chiu-sa, l'utero si assottiglia e non avvie-ne l'ovulazione. Il Topolino dome-stico, al pari dei Ratti, possiedeanche un altro particolare meccani-smo riproduttivo che porta ad uncontrollo dell'eccessiva densitàdemografica. Le femmine sonoinfatti sensibili a particolari sostan-ze emesse dai conspecifici e avvie-ne facilmente che una femminaappena fecondata non porti a termi-ne la gravidanza e riassorba lo zigo-te (uovo fecondato) in presenza diun maschio estraneo o del suoodore. Tale fenomeno si manifestaanche dopo alcuni giorni di gravi-danza e in tal caso vengono riassor-biti gli embrioni. Poiché una fem-mina ha più probabilità di incontra-re un maschio estraneo in condizio-ni di elevato sviluppo demografico,questo fenomeno sembra essere unvero e proprio sistema di controllodelle nascite.

Il Topolino delle case viene pre-dato da quasi tutti i Carnivori, daRatti, serpenti, uccelli rapaci diurnie soprattutto notturni. Anche questoMuride è vettore di malattie e causadi danni all'economia umana, mamolto raramente diventa un graveproblema per l'uomo perché i critericostruttivi della moderna edilizianon gli forniscono i rifugi di cuiabbisogna, come invece avveniva inpassato. A riprova, inoltre, che nes-sun animale è completamente utileo completamente nocivo, sta il fattoche il Topolino domestico può

anche renderci qualche servigiodivorando blatte e altri insetti, chespesso infestano le nostre case. Idanni cagionatici da questo piccoloRoditore sono inoltre ampiamentecompensati dall'importanza chequesto Topo ha assunto come ani-male di laboratorio, essendosi rive-lato un importantissimo ed insosti-tuibile soggetto di ricerca scientifi-ca in campo medico e biologico.

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Questo Topo in Sardegna nonviene distinto da quello domestico epertanto prende gli stessi nomi.Alcuni chiamano Tòpi de mònti,T.de su sàrtu, T.de bòscu, T.arèsti oT. de campàgna i Topolini che siincontrano allo stato selvatico. AdIsili usano invece il termine Sòrigu.

Facilmente rinoscibile dai Rattiper le dimensioni minori, differiscedal Topolino comune per avereforme più snelle, occhi più svilup-pati e sporgenti, orecchie grandiche, ripiegate in avanti, sorpassanogli occhi e andatura saltellantedovuta al grande sviluppo degli artiposteriori, nettamente più grandi diquelli anteriori. Il Topolino selvati-co vive in Sardegna e nei paesimediterranei con la sottospecieA.s.dichrurus (Rafinesque, 1814),che si distingue dalla forma tipicaper le dimensioni leggermente mag-giori (lunghezza testa–tronco 8,5 –11,2 cm; coda 8 – 10,9 cm) e per latinta della pelliccia, che è di colorbruno rossiccio pallido con toni gri-giastri e giallastri superiormente ebiancastro inferiormente. Per questaspecie è stata postulata una penetra-zione quaternaria, ma l'assenza di

resti fossili pleistocenici e di unasottospecie endemica, unitamente alfatto che sia frequente al livello delmare e che capiti spesso di trovanonelle barche lasciate sulla spiaggia,rendono più probabile una suaintroduzione passiva in Sardegna daparte dell'uomo.

Capace di vivere sia al livello delmare che in montagna, questoMuride gradisce soprattuttoambienti con una ricca vegetazionedi basso fusto, dove trova protezio-ne e riparo. Sarà dunque frequentenei campi, nei margini e nelle radu-re dei boschi, nei parchi e nei terre-ni cespugliosi in genere. Durantel'inverno può stabilirsi nei pianiinferiori di abitazioni umane, fienilied altre costruzioni rurali. Buoncorridore ed ottimo nuotatore, èanche capace di compiere salti finoa 60 cm di lunghezza grazie allacoda, che viene usata come appog-gio e come bilanciere. Poco paurosoe abbastanza socievole conduce vitaprevalentemente crepuscolare e not-turna alla ricerca del cibo, che con-siste soprattutto in semi, parti dipiante erbacee, grano, bacche, fruttae più raramente invertebrati e pic-coli Vertebrati. Nella cattiva stagio-ne si ciba preferibilmente di ghian-de, semi di erbe, bulbi di gigliaceeselvatiche e lumache, che usa cattu-rare scavandone i rifugi invernali.In primavera–estate predilige gliinsetti, i semi, le gemme e le partitenere delle piante erbacee, procu-rando anche danni ai campi coltiva-ti dove divora le piantine appenagermogliate. In autunno, ove pre-senti, si nutre abbondantemente diolive cadute al suolo divorandone lasola polpa. I noccioli, assieme aipiù svariati alimenti, vengono inve-ce conservati in magazzini, che pos-sono essere ubicati in luoghi diversidalle tane in cui normalmente vivee che vengono accuratamentemimetizzati con foglie secche, stec-chi ed erbe. Queste provviste ven-

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Topo selvatico

116. Areale europeo di Topo selvatico (Apode-mussylvaticus).

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117. Varie fasi della cura del mantello da partedi un Topo selvatico.

gono poi consumate durante l'inver-no, quando la quantità di cibodisponibile si riduce notevolmente.Nelle abitazioni umane si nutreprincipalmente di farina, grano ealtre derrate alimentari.

Vive in tane scavate nel terreno adiscreta profondità, provviste di piùingressi, corridoi, camere di sog-giorno, nidi e magazzini e situatenei margini e nelle sponde erbosedei campi, preferibilmente fra leradici degli alberi o dei cespugli. Ilnido per l'allevamento dei piccoli èben foderato con erba e muschio eviene situato anche in nidi di uccel-li, sotto i cumuli di legname o nel-l'erba. Gli accoppiamenti hannoluogo principalmente fra marzo esettembre; dopo una gestazione di23 giorni, la femmina dà alla luceda 3 a 8 piccoli (in media 5) ciechi,nudi ed inetti, lunghi circa 3 cm edel peso di 2,5 g. I neonati vengonoallattati per 15 – 20 giorni e si ren-dono indipendenti alla fine dellaterza settimana di vita. Ogni femmi-na partorisce in media 3 volte all'an-no. La maturità sessuale viene rag-giunta all'età di 2 mesi; la duratadella vita viene valutata sui 3 anni.Più robusto del Topolino domesticolo scaccia dai luoghi in cui vive. IlTopolino di campagna è predato daquasi tutti i Carnivori, dai serpenti edagli uccelli rapaci diurni e soprat-tutto notturni.

Nessuna specie sarda della fami-glia dei Muridi è protetta dallalegge perché trattasi di animalimolto prolifici, adattabili, invadentie spesso dannosi.

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118. Topo selvatico (Apodemus sylvaticus). Lamancanza di reperti fossili pleistocenici, nonchél'assenza di una sottospecie endemica della Sar-degna depongono a favore di una probabilepenetrazione passiva a seguito dell'uomo, anchese non si può escludere che questa specie siaarrivata circa 1 milione d'anni fa attraverso ilponte corso–toscano. Si distingue dal To p o l i n odomestico per avere le orecchie più grandi e gliarti posteriori nettamente più sviluppati di quellianteriori. Frequenta ambienti ricchi di vegeta-zione di basso fusto, situati sia a livello delmare che in montagna. (Disegno: Luigi Zanda).

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Poco conosciuto a causa delle sueabitudini, prevalentemente notturne,il Quercino viene per lo più ignora-to dalla maggior parte della popola-zione sarda, ad eccezione di coloroche frequentano spesso le campa-gne perché capita di trovarlo di

giorno mentre sonnecchia nel suonido. Nelle poche località doveviene riconosciuto prende i seguentinomi: Sòrighe arvurìnu, Sorigheàl-zu (Logudoro), Sòrighe de campà-gna (Logudoro), Sòrighe 'e chèlcu(Logudoro), Sòrighe de màtta(Logudoro), Sòrighe de àrvure(Goceano), Sòrighe 'e mònte (Bari-gadu), Sòrighe 'e padènte (Baronie),Sòrigh' 'e ilixi (Ogliastra), Sòrighede àrbule (Barbagia Ollolai), Sòri-che de padènte (Nuorese), Sòrihe 'epadènte (Baronie), Medròna crabi-stàda (Villasimius), Topi de màtta eTop' 'e màtta (Sulcis–Iglesiente),Tòpe de màtta (Mandrolisai, Barba-gia Belvì), Tòpe 'e màtta (Ogliastra,Barbagia, Seulo), Topi de pa~ dènti(Parteolla, Trexenta, Sarcidano),Tòpi de sònnu (Campidano), Meil-lòni (Genoni), Mai/IOni (Marmil-la). A Mogoro viene chiamatoMaillòi; in tale località, riferendosia persone profondamente addor-mentate o dormiglione, si usa dire:"Dròmidi comènti Onu Maillòi!(Dorme come un Quercino!)".

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Quercino

119. Areale europeo di Quercino (Eliomys quer-cinus).

120. Il Quercino costruisce i propri rifugi nellecavità degli alberi, in nidi abbandonati di uccel-li, in edifici diroccati o anche in mezzo aicespugli. Il nido, che ha forma globulare, pre-senta in genere più gallerie dotate di camererivestite con materiali morbidi. I nidi per ill e t a rgo invernale sono più semplici e vengonoubicati in profonde cavità degli alberi, sottoterra o anche in stalle, fienili, legnaie ed altrifabbricati umani.

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121. Quercino (Eliomys quercinus). A causadelle sue abitudini prevalentemente notturne,non è molto conosciuto dalla popolazione sarda.Coloro che lo distinguono chiamano questo Gli-ride Maillòni, Meillòni, Medròna crabistàda etc.A Mogoro è in uso il seguente detto: "Dròmidicomènti ùnu Maillòi (Dorme come un Querci-no)", usato per persone che hanno l'abitudine didormire a lungo. Probabilmente questo prover-bio si riferisce al fatto che il Quercino, come ilGhiro, trascorre l'inverno in letargo, oltre a son-necchiare nel suo nido durante le ore diurnedella buona stagione. (Disegno: Carlo Erminio).

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Questo detto deriva dall'abitudinedel Quercino di sonnecchiaredurante il giorno nel suo nido o dipassare l'inverno in letargo.

Il Quercino si riconosce facil-mente da tutti gli altri Roditori sardiper la presenza di una caratteristicamascherma facciale nera, che partedai baffi e arriva, passando per l'oc-chio, fin dietro le orecchie. Presentainoltre forme snelle, occhi grandi,narici separate da un solco, labbroleporino, zampe anteriori tetradatti-li, coda lunga ricoperta di peli e ter-minante con un ciuffo di color neroad apice bianco, parti superiori gri-gio chiaro con collo e dorso rossic-ci, parti inferiori biancastre o arde-sia, muso e faccia di color fulvo eguance bianche. Penetrato in Sarde-gna quasi sicuramente attraverso ilponte corso–toscano, il Quercino hadato origine alla sottospecieE.q.sardus Barrett Hamilton, 1901,endemica del Massicciosardo–corso; questa forma si distin-gue dalla razza tipica per avere ilcranio più profondo, la coda provvi-sta di un anello subterminale neropresente anche nella sua parte infe-riore e dimensioni mediamente piùpiccole (lunghezza testa–tronco11,5 – 14,2 cm; coda 10,5 – 11 , 9cm).

Predilige principalmente la mac-chia mediterranea, i campi coltivaticon frequenti muretti a secco, i frut-teti, i querceti, le sugherete, i margi-ni dei boschi e i filari di fico d'In-dia, dal livello del mare fino allamontagna. Passa la giornata addor-mentato nel suo nido, situato a nonpiù di 3 m d'altezza in fessure dellerocce, in cavità degli alberi, in edi-fici diroccati o anche in mezzo aicespugli. Il nido, di forma globularee compatta, è molto ampio all'inter-no; viene costruito principalmentecon muschio, foglie ed erbe, fine-mente sminuzzati, e rivestito conmateriali morbidi (lana, muschio,penne etc.). Il nido del letargo è più

semplice di quello dove passa ilresto dell'anno e viene in genereubicato in profonde cavità deglialberi e del terreno, ma anche installe, fienili, cataste di legno, fes-sure dei soffitti e dei pavimenti. Ingenere si mette in attività al crepu-scolo e ricerca il cibo sia sugli albe-ri che nel terreno. Si alimenta per lopiù di vegetali (noci, nocciole, frut-ta fresca e secca, ghiande, bacche eteneri germogli), anche se nondisdegna insetti, piccoli Mammife-ri, uccelli, nidiacei e lucertole. Hal'abitudine di accumulare provviste,che poi consuma durante le pausedel letargo invernale nelle giornalemiti.

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122. Posizione che il Quercino assume duranteil letargo invernale.

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A fine febbraio o ai primi dimarzo finisce la latenza invernaleiniziata in autunno inoltrato e inaprile hanno luogo gli accoppia-menti, che proseguono fino a tuttomaggio. Dopo una gestazione di22– 28 giorni, la femmina partori-sce nel nido da 1 a 7 piccoli nudi,ciechi e inetti, che vengono allattatiper circa 1 mese. Durante gli spo-stamenti fuori dal nido, i giovani sidispongono in fila l'uno dietro l'al-tro e vengono così controllati e gui-dati più facilmente dalla madre.All'età di circa due mesi comincia-no a condurre vita indipendente e a1 anno raggiungono la maturità ses-suale. Il ritmo riproduttivo non èelevato come quello dei Muridi:ogni femmina infatti partorisce ingenere solo 1 volta all'anno e maipiù di due. La durata della vita è di

circa 6 anni. Caratteristica delQuercino è quella di non avere, aldi fuori del periodo riproduttivodurante il quale avvengono lotte frai maschi, alcuna gerarchia con isuoi simili, anche se conviventinello stesso nido.

Viene predato dai Mustelidi(Donnola e Martora in Sardegna),dal Gatto selvatico, dagli uccellirapaci notturni, talora dall'astore eanche dai serpenti. Nella competi-zione coi Ratti è perdente per cuinon è frequente nelle località densa-mente popolate da questi Muridi.Contro i predatori terrestri il Quer-cino mette in atto un curioso com-portamento simile a quello dell'au-totomia della coda nelle lucertole.Quando uno di questi animali sisente minacciato da vicino, agitacon vigore la coda nella speranza

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123. Quando i giovani Quercini cominciano aseguire la madre fuori dal nido, restano semprea stretto contatto l'uno dietro l'altro, formandotipiche carovane.

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che il predatore, soprattutto se pocoesperto, si lanci su questa attrattodal suo evidente contrasto cromati-co. A questo punto il Quercino stac-ca la parte di pelle della coda che èstata afferrata e fugge, lasciando ilnemico completamente disorienta-to. Le vertebre messe a nudo ven-gono poi recise con un morso del-l'animale una volta essiccatesi.Questo sistema difensivo è peròutile in genere solo una volta perchésono pochi i casi in cui si assiste aduna rigenerazione, seppure parziale,della parte recisa. Il Quercino puòcausare consistenti danni ai fruttetiin quanto, nel nutrirsi di frutti, nonne mangia mai uno intero, ma limordicchia un po' tutti. Come con-tropartita risulta però utile nellepinete perché è ghiotto di larvedella processionaria parassita deipini.

Il Topo quercino è un animalevivace, poco aggressivo ed abba-stanza socievole, che in pocotempo, anche se catturato da adulto,

impara a riconoscere l'allevatore,arrivando a prendergli il cibo dallemani e a rispondere ai suoi richia-mi.

Il Quercino è protetto in tutto ilterritorio italiano dalla legge n. 503del 5 agosto 1981 ed inserito fra glianimali dell'allegato III di cui sideve regolamentare lo sfruttamento.La legge regionale n. 32 del 28aprile 1978 non ne parla esplicita-mente ed il Decreto sul calendariovenatono non prende per nulla inconsiderazione questa specie. Poi-ché il Quercino è presente in Sarde-gna con una sottospecie endemicaed è diventato poco frequente acausa degli incendi che distruggonoi suoi habitat, sarebbe invece oltre-modo opportuno che venisse stabili-ta un'ammenda anche per la sua cat-tura, detenzione e uccisione. Al finedi evitare un'ulteriore rarefazione diquesta specie sono poi raccomanda-bili i rimboschimenti con querce,lecci, sughere ed arbusti tipici dellamacchia mediterranea.

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124. Quando un Quercino è raggiunto da unpredatore agita con vigore la lunga coda, dotatadi un evidente contrasto cromatico. Il comporta-mento ha la funzione di far sì che il nemico silanci sulla coda; se questo fatto si verifica, ilQuercino stacca la parte di pelle afferrata efugge, disorientando così il predatore. Le verte-bre caudali messe a nudo vengono poi recisedall'animale.

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In Sardegna il Ghiro è conosciutoprincipalmente da contadini epastori, mentre la maggior partedella popolazione ne ignora l'esi-stenza. Ciò è dovuto non solo allesue abitudini notturne, ma soprat-tutto all'enorme diminuzione cuiquesto animale è andato incontronegli ultimi 50 anni, tanto che oggiè ritenuto in grave pericolo d'estin-zione. Le cause di questa rarefazio-ne sono da ricercarsi nell'accanitacaccia che i pastori gli hanno sem-pre dato per necessità alimentari,nella grande moria verificatasi nel1947 a seguito di un'annata moltoscarsa di ghiande e nella progressi-va riduzione del suo habitat. Chia-mato Ghiru (Logudoro, Nuorese,Campidano), Ghiri (Oristanese),Can' 'è sèrra (Barigadu), Sorigàrgia(Seulo), Sòriche de padènte e Sòri-che campinu (Nuorese), Sorihe 'epadènte (Barbagia Ollolai), Maillò-ni (Parteolla, Trexenta, Sarcidano,Marmilla, Genoni), Maillòi (Mar-milla, Mogoro), è sicuramente pre-sente (ma non in grande numero)nel Sopramonte di Urzulei, di Orgo-solo e di Oliena oltre che nei boschidi Talana.

Il Ghiro è facilmente riconoscibi-le per avere forme snelle, capo etronco lunghi quanto la coda,zampe anteriori tetradattili, orecchiepiccole, coda molto pelosa su tuttala sua lunghezza, dorso grigio bru-nastro argentato, ventre bianco gial-lastro e gola ocra. Di probabilepenetrazione quaternaria attraversoil ponte corso–toscano, il Ghirovive in Sardegna (e forse anche inCorsica) con la sottospecie endemi-ca G.g.melonii Thomas, 1907, chesi distingue dalla forma tipica peravere dimensioni inferiori (lunghez-za testa–tronco 15,4 – 16,5 cm;coda 13,3 – 14,2 cm) e coda coltratto scuro solo nel suo terzo dista-le.

Prevalentemente arboricolo pre-dilige i boschi, i lecceti e i frutteti,sia in pianura che in montagna, finoad un'altitudine di oltre 1000 m.Passa le ore diurne addormentato, astretto contatto coi suoi compagni,in un nido costruito con erbe,fuscelli e sterpi e situato in fessuredelle rocce e del terreno, in cavitàdi alberi o anche in mezzo ai cespu-gli. Questo nido, di forma tondeg-giante, ha sempre più ingressi, èfornito di magazzini per le provvi-ste ed è rivestito con materiali mor-bidi e soffici (lana, penne, muschioe peli). Il Ghiro è attivo nelle orenotturne, durante le quali ricerca ilcibo sugli alberi e nei cespugli, sal-tando da un ramo all'altro, distantianche i m, ed arrampicandosi suitronchi grazie alle sue notevoli qua-lità acrobatiche. Tali capacità sonodovute ai piccoli e robusti artigli,che gli permettono una buona presasulla corteccia degli alberi, nonchéalla presenza di particolari ghiando-le nella pianta degli arti, che produ-cono una sostanza vischiosa alloscopo di migliorare l'adesione alsubstrato, ed alla folta coda, cheviene utilizzata come organo diequilibrio e di sostegno. Nel buio siorienta grazie alla vista e in modo

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Ghiro

125. Areale europeo di Ghiro (Glis glis).

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126. Ghiro (Glis glis). In passato questa specieera assai più frequente; poi la caccia operata daipastori per cibarsene, la deforestazione, gliincendi e, pare, una grave moria dovuta adun'annata molto scarsa di ghiande ne hannodeterminato la diminuzione. Il calendario vena-torio non prende in considerazione né il Querci-no, né il Ghiro: sarebbe invece assai opportunoproteggerli perché sono entrambi presenti nelMassiccio sardo–corso con una sottospecieendemica. (Disegno: Carlo Erminio).

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particolare al senso del tatto situatoprincipalmente nelle vibrisse e neicuscinetti tattili della regione fac-ciale, della mandibola e degli avam-bracci. Anche il senso dell'olfatto èben sviluppato e risulta importantis-simo nella ricerca del cibo, che con-siste in ghiande, frutta, semi, casta-gne, noci, nocciole, germogli, inset-ti, giovani Micromammiferi, luma-che, uova e nidiacei di uccelli. Inautunno, fra la fine di settembre eottobre, il Ghiro inizia il periodo dilatenza invernale, che termina inprimavera nei mesi di aprile e dimaggio. Durante il letargo vengonoconsumate soprattutto le riserve digrasso accumulate nel propriocorpo, mentre le provviste ammas-sate nel nido durante la buona sta-gione servono per nutrire l'animalequando si sveglia, debilitato, dallungo sonno; nelle zone non parti-colarmente fredde può accadereche, nelle giornate più miti, il Ghiroesca dal letargo per consumare unaparte delle provviste, che in talmodo si esauriscono prima del defi-nitivo risveglio. I rifugi nei qualipassa la cattiva stagione hanno l'im-boccatura per lo più rivolta versosud e sono situati nelle cavità deitronchi o fra le radici; in genere,però, scava un nido sotterraneoprofondo 50 – 100 cm, che terminain una camera centrale. Spesso piùesemplari utilizzano lo stesso nidoallo scopo di riscaldarsi a vicenda.

Fra maggio e ottobre, ma princi-palmente in luglio, avvengono gliaccoppiamenti. In questo periodo ilGhiro si cerca un territorio da cuiscaccia i conspecifici e lo marchiacon caratteristici segnali odorosisimili a strisce umide. I marchi odo-rosi vengono impressi poggiando laregione anale sul substrato e muo-vendosi in avanti a piccoli passi;hanno la funzione di avvertire glialtri Ghiri che il luogo è occupato eche il proprietario è ben deciso adifenderlo anche lottando accanita-

mente, se necessario. Una volta sta-bilitosi nel proprio territorio ilGhiro, maschio o femmina che sia,emette frequenti grida che hanno lafunzione di facilitare la localizza-zione di un animale dell'altro sesso.Dopo una gestazione di 30 – 32giorni, la femmina dà alla luce nelproprio nido, rivestito con materialid'origine vegetale, da 3 a 10 piccolinudi e ciechi, che vengono allattatiper circa 3 – 4 settimane. I piccoliGhiri, dopo aver poppato, spessoleccano avidamente il muso dellamadre per succhiare una certa quan-tità di saliva; pare che questa abbiala proprietà di facilitare loro ladigestione. A due mesi i giovani sirendono indipendenti e dopo unanno raggiungono la maturità ses-suale. In genere si ha 1 solo parto,

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127. Posizione assunta dal Ghiro durante illetargo invernale.

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128. In prossimità del parto, la femmina delGhiro si dispone in posizione supina e manmano che i piccoli nascono li poggia su di sé inmodo che possano trovare i capezzoli. Nei gior-ni successivi i neonati, ancora glabri, ciechi enudi, saranno in grado di cercarli da soli.

ma in certi casi anche due: uno ingiugno e l'altro in agosto. La fem-mina, nei primi giorni dopo lanascita dei piccoli, non abbandonamai il nido e ne impedisce l'accessoanche al padre, che potrà conoscerei cuccioli solo quando questi saran-no completamente rivestiti di pelo:vale a dire dopo circa 2 settimane.Allora il maschio provvede a pulirlie a difenderli, oltre che a guidarlinelle prime esplorazioni all'esternodel nido. Spesso l'intera famiglia vain letargo nello stesso rifugio e icomponenti si separeranno solonella primavera successiva. Puòanche capitare che il maschio nonprenda mai parte alla cura dellanidiata. Se la femmina si accorg edella presenza di qualche predatorenelle immediate vicinanze del nido,trasferisce al più presto l'intera cuc-ciolata in un altro rifugio; per farciò afferra i piccoli sulla schiena onel fianco in un punto che sia all'in-circa il baricentro del corpo.

Il Ghiro viene predato soprattuttodalla Martora, dal Gatto selvatico edagli uccelli rapaci notturni.

Come il Quercino, anche il Ghironon gode in Sardegna di alcuna par-ticolare protezione legislativa; pro-tezione che invece risulta assaiu rgente, sia perché quest'animale èpresente con una sottospecie ende-mica e sia perché è diventato raris-simo. A Seulo, per esempio, i pasto-ri dicono che un tempo il Ghiro eramolto frequente e che essi se necibavano, mentre ora è del tuttoscomparso. Al fine di salvare lerestanti popolazioni sarde, sarebbeinoltre opportuno salvaguardare learee in cui ancora vive.