I re magi
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I RE MAGI
Nelle visioni di suor Anne Catherine Emmerich
Traduzione dal francese e note di Cristoforo Andreoli
Le narrazioni orientali da cui sono tratti i primi racconti sui re magi introdotti in occidente provengono, secondo Clemente di Alessandria, Giovanni Crisostomo e altri, dai Persiani mazdei, mentre secondo Massimo di Torino e altri da ambienti caldei. Entrambe le località geografiche sono, come vedremo, riconducibili alle origini reali dei tre re rivelate da suor Emmerich.
Vidi che, dei tre re magi, i due che erano ancora in vita celebravano in questo periodo
(8 dicembre) con la loro tribù una festa di tre giorni. In questa notte, quindici anni
prima della nascita del Salvatore, essi avevano visto per la prima volta la stella
annunciata da Balaam (Num XXIV, 17) e che con i loro antenati avevano atteso così
a lungo osservando costantemente il cielo. Essi avevano percepito l’immagine di una
vergine che aveva in una mano uno scettro e nell’altra una bilancia con una spiga di
grano su uno dei suoi piatti e un grappolo d’uva sull’altro a fare da contrappeso.
Dopo il loro ritorno da Betlemme, i re magi celebrarono ogni anno, a partire dall’8
dicembre, una festa di tre giorni.
Vidi che, a seguito di questa conoscenza da essi ricevuta il giorno della Concezione
di Maria quindici anni prima della nascita di Gesù Cristo, questi adoratori degli astri
abolirono un orribile costume religioso da tempo in uso fra essi. A causa di
rivelazioni mal comprese e oscurate da influenze maligne, essi praticavano un
innominabile sacrificio di bambini. In vari tempi ed in diverse maniere, essi avevano
sacrificato uomini e bambini.
Vidi che, in un’epoca anteriore alla Concezione di Maria, essi avevano questa usanza:
sceglievano il bambino di una fra le più caste e pie donne della loro religione, la
quale era ben felice di offrire così il suo neonato, e lo scorticavano ricoprendolo di
farina per assorbirne il sangue. La farina impregnata di sangue veniva poi mangiata
come un alimento sacro. Questo spaventoso pasto veniva ripetuto più volte finché
tutto il sangue era esaurito. Dopodiché la carne del bambino era divisa in piccoli
pezzi, distribuita e mangiata.
Li vidi compiere questa innominabile cerimonia con la massima semplicità e
devozione. Mi fu detto che erano giunti a compiere questo orribile rito a causa di
alterazioni e false interpretazioni di certe tradizioni profetiche che prefiguravano la
santa Cena.
Vidi queste abominazioni in Caldea, nel paese di Mensor, uno dei tre re magi che, il
giorno della Concezione di Maria ebbe una illuminazione dall’alto in forma di
visione, a seguito della quale l’orribile culto fu abolito.
Figura 1 La Caldea corrisponde pressappoco alla Mesopotamia, ossia la zona di colore verde che va da Aleppo,
in Siria, a Bassora, in Iraq.
E’ notevole il fatto che gli scrittori dei primi secoli della Chiesa riportavano, fra le
accuse che i pagani, in specie Minucio Felice, muovevano contro i cristiani, anche
questo tipo di calunnia, ossia che essi presentavano ai loro iniziati un bambino
ricoperto di farina per meglio nascondere l’omicidio di cui era stato vittima. Il
neofita doveva ferire più volte il bambino con un coltello in modo che essi potessero
bere il sangue che ne fuoriusciva. Poi essi tagliavano il bambino in piccoli pezzi e lo
mangiavano interamente.
Nel “Milione”, dettato a partire dal 1298 da Marco Polo a Rustichello, si cita una località le cui vicinanze possono essere identificate con Saveh, nell’attuale Iran, accanto a Qom (vedi quest’utlima località sulla carta sopra o su quella sottostante). Vicino Saveh, secondo Marco, vi sarebbe un castello o un villaggio chiamato Cala Ataperistan, ossia Qal-‘a-yi Atashparastra, che in persiano vuol dire “Castello degli adoratori del fuoco”. Attualmente, a tre giornate da Saveh è visibile il villaggio di Qaryat al Mayus (“Villaggio dei Magi”, in arabo), nei cui pressi vi sono rovine zoroastriane. Questo villaggio è a una giornata di viaggio da Kashan, ricordata nella versione francese del Milione come sede di uno dei regni dei Magi. (F. Cardini, I Re Magi, p. 82.).
Figura 2. Kashan, visibile qui poco a sud-est di Qom. Poco a nord-ovest di Qom è invece visibile Saveh.
Nell’ora della nascita di Gesù vidi l’apparizione meravigliosa che si presentò ai re
magi. Essi erano adoratori degli astri e avevano innalzato su una montagna una torre
a forma di piramide1. Qui uno di essi, assieme a diversi sacerdoti, vi si recava per
osservare le stelle. Le loro osservazioni venivano scritte e comunicate agli altri. In
quella notte, credo di aver visto due dei re magi sulla torre. Il terzo, che abitava a
oriente del mar Caspio2, non era con loro. Essi osservavano sempre una certa
costellazione, notandone di tanto in tanto i cambiamenti associati ad apparizioni nel
cielo. Quella notte vidi l’immagine da essi osservata. Essa non si trovava in una
stella, piuttosto, era composta da più corpi celesti fra cui si operava un certo
movimento.
Essi videro un bell’arcobaleno sopra la luna crescente. Sull’arcobaleno era seduta una
Vergine. Il suo ginocchio destro era leggermente sollevato, mentre la gamba destra
era più allungata col piede poggiato sulla luna. A sinistra della Vergine, sotto
l’arcobaleno, apparve un ceppo di vite, mentre a destra si profilò un mazzo di spighe
di grano. Dinanzi alla Vergine si levò un calice, simile a quello usato nella santa
Cena. Da quel calice vidi uscire un bambino, al di sotto del quale vi era un disco
luminoso simile ad un ostensorio vuoto, dal quale partivano dei raggi di luce come
spighe di grano. Questo mi fece pensare al santo sacramento. A destra del bambino
spuntò un ramo alla cui estremità apparve, come un fiore, una chiesa ottogonale con
una gran porta dorata e due piccole porte laterali. Con la mano destra, la Vergine fece
entrare il calice, il bambino e l’ostia nella chiesa, che appariva molto grande
all’interno. Al fondo di essa, vidi una manifestazione della santa Trinità, dopodiché la
chiesa si trasformò in una città brillante, simile alle rappresentazioni della
Gerusalemme celeste.
Mentre guardavo l’interno della chiesa, vidi molte cose nascere e avvicendarsi le une
alle altre, per così dire, anche se non so più in quale ordine. Non ricordo neanche in
che modo i re magi furono istruiti sul fatto che il bambino sarebbe nato in Giudea. Il
terzo re, che abitava più distante, vide l’apparizione alla stessa ora degli altri due.
Tutti e tre provarono una gioia inesprimibile. Essi raccolsero i loro tesori ed i doni
1 La funzione di questa montagna è attestata nella letteratura fiorita tra la Siria, l’Armenia e la Caldea nei primi secoli
dell’era cristiana. Ad esempio, il Libro della Caverna dei tesori, da cui sono tratti il Kitab al –Magall arabo e il Gadla
Adam etiopico, la Cronaca di Zuqnin, altro testo siriano, e l’Opus imperfectum in Matthaeum, tratto da un testo greco.
In codesta letteratura, il monte ha la funzione di preservare la sapienza originale adamitica, rappresentata dalla figura di
Seth, il terzo figlio di Adamo. Si tratta di una funzione simile a quella della “Montagna dei profeti” citata dalla
Emmerich, e che lei stessa, in un luogo della sua narrazione dichiara essere somigliante al monte dove i magi
osservavano gli astri. Il monte dei magi, chiamato in questi testi siriaci “Monte delle Vittorie”, è stato identificato dalla
storiografia moderna nel monte Usidah, al confine tra la Persia e l’Afganistan. Ciò potrebbe tuttavia dipendere dal fatto
che, dopo l’occupazione islamica della Persia, cristiani e mazdei si fossero rifugiati proprio in quella regione. 2 E’ singolare che Kitbuqa, generale nestoriano del re mongolo Hulagu Khan, si dichiarasse (almeno, nella apocrifa
lettera a lui attribuita da Salimbene da Parma) discendente proprio da quest’ultimo re. D’altronde, durante l’avanzata
(iniziata nel 1238) verso Occidente di Batu Khan, nipote di Genghiz Khan, si diceva (negli Annales Marbacenses e
nella Chronique rimée di Philippe Mousket) che i Mongoli puntassero verso Colonia per recuperare le reliquie dei re
magi, di cui si dichiaravano discendenti.
Fra area sciamanica tartara e area culturale mazdaica vi sono state, nei secoli, numerose zone di scambio…(F. Cardini, I
re magi).
mettendosi in viaggio. Solo dopo qualche giorno si incontrarono. Negli ultimi giorni
che precedettero la nascita di Cristo, li vidi sul loro grande osservatorio, dove ebbero
altre visioni.
Quanto è stata grande la misericordia di Dio verso i pagani! Sapete come questa
profezia giunse ai re magi? Ve ne dirò qualcosa, perché al momento non mi è
presente tutto ciò che ho visto. Cinquecento anni prima la nascita del Messia (Elia
visse circa ottocento anni prima di Cristo), gli antenati dei re magi erano ricchi e
potenti più dei loro discendenti, essendo i loro possedimenti più estesi e la loro
eredità meno frazionata in varie parti. Essi vivevano in tende, tranne l’antenato
situato a oriente del mar Caspio, di cui ora vedo la città. Quest’ultima, essendo
costruita sul mare, per evitare le mareggiate ha dei bastioni in pietra sopra i quali si
elevano dei padiglioni. Vi sono delle montagne molto alte da cui vedo due mari, uno
a destra e l’altro a sinistra.
Quegli antenati erano adoratori degli astri, ma avevano anche un culto abominevole
nel quale si sacrificavano vecchi, uomini malformati e bambini. La cosa più orribile
era che questi bambini, vestiti di bianco, erano messi in caldaie dove venivano bolliti
vivi. Tutto ciò venne poi abolito. Si trattava infatti di quei pagani cui con molto
anticipo fu annunciata la nascita del Salvatore.
Questi principi avevano tre figlie esperte conoscitrici degli astri e dotate dello spirito
di profezia. Esse, attraverso una visione, seppero che una stella sarebbe uscita da
Giacobbe e che una vergine avrebbe dato alla luce il Salvatore. Le vergini avevano
lunghi mantelli e attraversavano il paese predicando una riforma dei costumi e
annunciando che un giorno gli inviati del Redentore avrebbero introdotto quei popoli
al culto del vero Dio. Esse fecero molte altre predizioni, anche relative alla nostra
epoca e ad altre successive. Là in alto, a sud del mare, nel luogo dove i loro paesi si
toccavano, i padri delle tre vergini elevarono un tempio alla futura madre di Dio,
dove iniziarono ad offrire sacrifici. La profezia delle tre vergini parlava soprattutto di
una costellazione e degli eventuali cambiamenti che avrebbe subito. Perciò, su una
collina nei pressi del tempio, si iniziò ad osservare questa costellazione, modificando
di volta in volta, sulla base di quelle osservazioni, qualcosa nel culto e negli
ornamenti del tempio. Il padiglione del tempio fu a volte blu, a volte rosso, a volte
giallo o di qualche altro colore. Ciò che mi parve notevole fu che essi, nel loro
calendario, spostarono la loro festa settimanale, che prima era di venerdì, al sabato.
Ricordo ancora come chiamavano quel giorno (qui la suora balbettò qualcosa come
Tanna o Tanneda, senza pronunciare distintamente la parola).
( 25 novembre.) Ho già raccontato come vidi la nascita di Cristo annunciata ai tre re
la notte prima di Natale. Vidi Mensor e Sair nel paese del primo di essi (ossia in
Caldea). Tutti i preparativi del viaggio erano terminati ed essi osservavano gli astri,
soprattutto la stella di Giacobbe, dall’alto di una torre piramidale. Questa stella aveva
una coda, che si dilatò dinanzi ai loro occhi mostrando una vergine brillante dinanzi
alla quale planò un bambino luminoso. Dal lato destro del bambino uscì un ramo alla
cui estremità spuntò, simile a un fiore, una piccola torre a più entrate, che infine
divenne una città. Subito dopo questa visione, essi si misero in cammino. Teokeno, il
terzo re, che viveva più a oriente, a due giorni di viaggio, vide la stessa cosa e partì in
tutta fretta per riunirsi agli altri due, che finì per raggiungere.
L’ultimo arrivato, Teokeno, aveva le tende tendenti al giallo. Lo riconobbi come
colui che, trenta anni dopo, giaceva malato nella sua tenda quando Gesù visitò i re
magi nella loro residenza nei pressi della terra promessa.
Mensor il bruno, battezzato da san Tommaso dopo la morte del Salvatore, ricevette al
battesino il nome di Leandro. Teokeno, il giallo, che era malato quando Gesù si recò
in Arabia, fu battezzato dallo stesso Tommaso col nome di Leone3. Il più scuro, che
era già morto al tempo della visita del Salvatore, si chiamava Seir o Sair. Il
confessore (della Emmerich) le chiese: “Come fu battezzato, dunque ? ”. Lei non si
scompose e disse sorridendo: “era già morto. Dunque ebbe il battesimo del
desiderio”. Il confessore allora disse : “Non ho mai sentito questi nomi. Come si
accordano con quelli di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre? ” La suora rispose:
“Questi non sono i loro veri nomi, ma si riferiscono al loro carattere. Gaspare vuol
dire: Colui che procede con amore. Melchiorre, Colui che gira attorno, che procede
accarezzando, che si avvicina dolcemente. Baldassarre, Colui che coglie prontamente
con la volontà, che unisce prontamente la sua volontà a quella di Dio ”.
La tribù di Mensor aveva un piacevole colore bruno. Quella di Sair era di un bruno
più scuro. Quella di Teokeno era di un colore radioso tendente al giallo. Nessuno
aveva la pelle nera brillante, ad eccezione di qualche schiavo.
Mensor, il bruno, era Caldeo Il nome della sua città suonava come Acaiaia ed era
circondata da un fiume come un’isola. Egli risiedeva abitualmente sulla pianura,
vicino alle sue greggi. Sair, lo scuro, la notte della natività era già dal primo, pronto a
partire. Il suo paese aveva un nome simile a Partermo (forse si tratta di Partiene o
Partomaspio), al di sopra del quale si trovava un lago. Lui e la sua tribù avevano la
pelle di un colore molto scuro con le labbra rosse. Gli altri con lui erano bianchi. Nel
loro paese non vi era che una città, grande quasi come Munster.
Nel 1839, ossia 18 anni dopo la menzione del nome Acaiaia, chi scrive trovò nel
Dizionario delle scuole industriali di Franke: “Achaiacula, fortezza sulle isole
dell’Eufrate, in Mesopotamia” (Ammian., 2 i-2.). Speriamo si possa stabilire una
relazione fra questi nomi4.
3 Il testo più antico ove è riferito della predicazione di Tommaso in India e in Persia è La rivelazione di Adamo al figlio
Seth (Liber nomine Seth), testo di origine siriana del III secolo. Questo testo, fra l’altro, sembra essere la fonte degli altri
racconti di area cristiana sui re magi, compresi quelli citati qui in altre note. 4 Vedi anche la citazione della stessa città, con un nome leggermente diverso, alla fine della sezione sui re magi, quando
si parla delle nozze di Cana.
Teokeno, il bianco, veniva dalla Media, un paese situato più in alto, fra due mari, e
risiedeva nella sua città, di cui ho dimenticato il nome. La città era fatta di tende
poggiate su fondazioni in pietra. Penso che Teokeno, che era il più ricco dei tre ed
aveva rinunciato a più cose, avrebbe potuto raggiungere Betlemme per una via più
diretta, ma aveva compiuto una deviazione per riunirsi agli altri. Credo che abbia
dovuto passare dinanzi a Babilonia per raggiungerli5.
Figura 3. La Media corrispondeva alla parte nord orientale dell’odierno Iran.
I paesi dei tre re, nel loro insieme, formavano come un triangolo6.
Gli antenati dei tre re erano della razza di Giobbe, che in origine aveva abitato nei
pressi del mar Caspio ed aveva avuto possedimenti in altri paesi più lontani. Circa
5 Giovanni di Mandeville (XIII sec.) riferisce che Kashan, città già citata nel Milione (vedi il mio inserto più sopra),
sarebbe stata la località ove i re si sarebbero riuniti prima di mettersi in viaggio. 6 Secondo Erodoto, i Magi erano una tribù sacerdotale, una delle sei tribù di cui era composto il popolo dei Medi, che si
erano stabiliti fin dal IX secolo a. C. nel nord-ovest dell’attuale Iran.
1500 anni prima di Cristo, essi ancora formavano una sola tribù. Il profeta Balaam
era del loro paese. Uno dei discepoli di quest’ultimo vi aveva annunciato la sua
profezia : « Un astro nascerà da Giacobbe », dando istruzioni in proposito. La sua
dottrina si era molto diffusa ed avevano innalzato una torre su una montagna dove
diversi sapienti astronomi vi risiedevano a turno. Questa torre, essa stessa simile ad
una montagna, era larga alla base e terminava a punta. Tutto ciò che veniva osservato
in cielo era annotato e passato di bocca in bocca. A più riprese, queste osservazioni
furono interrotte a causa di avvenimenti di vario genere. Più tardi, essi si dettero ad
empie abominazioni al punto di sacrificare bambini. Essi tuttavia credevano che il
bambino promesso sarebbe nato. Circa cinque secoli prima della nascita di Cristo, le
osservazioni degli astri erano cessate. Il regno era stato suddiviso in tre parti fra tre
fratelli che vivevano separati con le loro famiglie. I fratelli avevano ciascuno tre
figlie alle quali Dio aveva accordato il dono della profezia. Queste, vestite di lunghi
mantelli, percorrevano il paese facendo predizioni sulla stella e sul bambino che
sarebbero fuoriusciti da Giacobbe. Così, le osservazioni astronomiche furono riprese
e, fra le tre tribù, l’attesa del bambino ridivenne molto viva. I tre re magi
discendevano da quei tre fratelli da quindici generazioni che si erano succedute in
linea diretta da circa cinquecento anni7. A seguito di mescolanze con altre razze, il
colore della loro pelle era cambiato fino a divenire molto differente l’uno dall’altro.
Dopo cinque secoli, gli antenati dei re magi non avevano smesso di riunirsi di tanto in
tanto per osservare gli astri. Tutti gli avvenimenti più importanti legati al futuro
avvento del Messia furono loro indicati con segni meravigliosi del cielo. Ne vidi
molti, durante il loro racconto, ma non posso più riferirne con precisione. Dopo la
concezione della santa Vergine, dunque dopo quindici anni, questi segni ribadivano
con più forza che la venuta del Bambino era prossima a verificarsi. Essi videro anche
molti segni relativi alla Passione di Nostro Signore. Erano anche in grado di calcolare
con precisione l’epoca nella quale sarebbe sorta la stella da Giacobbe profetizzata da
Balaam. Essi infatti avevano visto la “scala di Giacobbe” e, contando i suoi scalini e
la successione dei quadri che vi erano impressi, poterono calcolare la venuta del
Salvatore come su un calendario. L’estremità della “scala” terminava con la stella, o
meglio, questa era l’ultima immagine che vi si leggeva. All’epoca della concezione di
Maria, essi avevano visto la Vergine con uno scettro e una bilancia sui cui piatti vi
erano delle spighe di grano e dei grappoli di vite. Più tardi videro la Vergine col
Bambino. Apparve loro Betlemme, simile ad un bel palazzo o una casa ove venivano
accumulate e distribuite abbondanti benedizioni. Videro anche la Gerusalemme
celeste e, fra queste due dimore, una strada oscura, piena di spine, di guerre e di
sangue.
Essi presero tutto ciò alla lettera, credendo che il re atteso fosse nato con grande
pompa e che tutti i popoli gli avrebbero reso omaggio. Perciò essi stessi decisero di
7 Il più remoto testo di area cristiana che si può avvicinare a questo racconto è il Vangelo armeno dell’infanzia, dove si
dice che i re magi fossero tre fratelli che regnavano su tre regni distinti: Melkon sui Persiani, Gaspar sugli Indiani e
Balthasar sugli Arabi.
andarlo ad onorare portandogli dei doni. Essi presero la Gerusalemme celeste per il
suo regno terrestre, ed era lì che credevano di recarsi. Quanto alla strada irta di
ostacoli, pensavano che si trattasse del loro viaggio o di una guerra che minacciava il
nuovo re. Essi non sapevano che era il simbolo della via dolorosa della Passione. In
basso, sotto la scala di Giacobbe, essi videro, ed anch’io vidi, una torre costruita con
arte, molto simile alla torre che vidi sulla montagna dei profeti, dove la Vergine si
rifugiò una volta durante una tempesta. Non so più cosa significasse ciò (forse la fuga
in Egitto). Su quella scala vi era una lunga serie di quadri, molti fra i quali erano
simboli della santa Vergine (di cui qualcuno si trova nelle litanie lauretane), come la
fontana sigillata, il giardino chiuso e anche le immagini dei re che avevano in mano,
chi uno scettro, chi dei rami d’albero. Essi videro questi quadri apparire fra le stelle, e
li videro di continuo durante le ultime tre notti. Perciò, il principale fra i re magi inviò
messaggeri agli altri due. Quando ebbero la visione dei re che offrivano omaggi al
nuovo sovrano, essi si misero in viaggio coi loro doni, non volendo essere fra gli
ultimi a presentarsi al suo cospetto. Tutte le tribù degli adoratori degli astri avevano
visto la stella, ma solo essi la seguirono. La stella che li guidava non era una cometa,
ma una meteora brillante che portava un angelo.
Furono queste visioni a persuaderli a partire aspettandosi grandi avvenimenti. Essi
furono perciò sorpresi di non trovare nulla di ciò che avevano sperato. Essi furono
molto colpiti dell’accoglienza di Erode e dell’ignoranza in cui tutti versavano circa la
nascita del Bambino. Quando giunsero a Betlemme, vedendo una povera grotta al
posto del bel palazzo visto nell’astro, furono assaliti da molti dubbi. Essi tuttavia
restarono fermi nella loro fede, finché, alla vista del Bambino Gesù, riconobbero che
ciò che avevano visto in cielo si era compiuto.
Le loro osservazioni celesti erano accompagnate da digiuni, preghiere e cerimonie,
oltre a tutta una serie di astinenze e purificazioni. Il culto degli astri aveva esercitato
un’influenza perniciosa su persone che erano in rapporto con spiriti malvagi. Quando
questi ultimi avevano le visioni, erano colti da violente convulsioni. Tramite essi
furono introdotti gli abominevoli sacrifici di bambini. Altri, come i re magi, videro le
stesse visioni con chiarezza e tranquillità, pieni di una dolce emozione, divenendo più
pii e umani.
Vidi i re fermarsi qui il giovedi 20 e il venerdi 21, rattristandosi perché anche in
questa città, come nella precedente, nessuno sapeva nulla del re neonato. Tuttavia li
vidi raccontare benevolmente agli abitanti del posto molte cose riguardanti il motivo
della loro partenza, la lunghezza del cammino e le circostanze del loro viaggio. Ecco
ciò che ne rammento:
Il re neonato era stato loro annunciato da molto tempo, penso non molto dopo l’epoca
di Giobbe e prima che Abramo andasse in Egitto (si tratta del 1500 a.C., di cui la
suora parla più sopra, sempre a proposito della prima profezia sul Messia. Dunque,
Giobbe ed Abramo sarebbero vissuti non prima del 2000 a.C). Infatti una truppa di
circa tremila uomini provenienti dalla Media, in particolare dal paese di Giobbe (ve
ne erano anche altri di paesi differenti), fece una spedizione in Egitto giungendo fino
alla contrada di Eliopoli. Non so ancora bene perché si erano spinti così lontano, ma
era una spedizione militare, credo in soccorso di qualcuno. Nonostante ciò, la loro
spedizione era biasimevole, perché diretta contro qualcosa di santo, non so se si
trattasse di uomini santi o di un mistero religioso riguardante il compimento della
promessa divina8.
Nei dintorni di Eliopoli a molti dei loro capi, per mezzo dell’apparizione di un
angelo, fu rivelato di non andare oltre e fu loro annunciata la nascita di un Salvatore
da una vergine, che sarebbe stato onorato dai loro discendenti. Non so più come
accaddero queste cose, tuttavia essi si fermarono, tornarono alle loro terre e presero
ad osservare gli astri. Li vidi stabilire in Egitto delle festività, elevando archi di
trionfo ed altari che ornarono di fiori; dopodiché tornarono in patria. Erano popoli
della Media, adoratori di astri, di gran taglia quasi come dei giganti e una bella pelle
bruna tendente al giallo. Essi andavano con i loro greggi da un luogo all’altro e
dominavano dappertutto con la loro forza superiore. Non ricordo più il nome del loro
principale profeta. Essi erano al corrente di molte profezie e sapevano leggere i segni
provenienti da certi animali. Talvolta gli animali si mettevano di traverso sulla loro
strada preferendo lasciarsi uccidere piuttosto che fuggire. Per loro, ciò era il segno
che dovevano ritornare sui loro passi9.
Secondo il racconto dei re magi, questi Medi, tornando dall’Egitto, avevano
introdotto presso di loro l’arte della profezia iniziando l’osservazione degli astri.
Questa scienza tuttavia cadde in disuso, finché non fu rinnovata da un discepolo di
Barlaam e, mille anni dopo, dalle tre profetesse figlie degli antenati dei tre re.
Cinquecento anni dopo, ossia all’epoca di cui stiamo parlando, la stella era apparsa ed
i re magi la seguivano per andare ad adorare il nuovo re.
8 Da: Il Fisiologo, opera di un anonimo autore greco alessandrino vissuto nel II secolo d.C.:
Esiste in India un uccello detto fenice: ogni cinquecento anni se ne va verso gli alberi del Libano, ed empie le sue ali di
aromi, annunciandosi con un segno al sacerdote di Eliopoli, nel mese nuovo, Nisan o Adar, cioè nel mese di Famenòth
o di Farmuthì. Il sacerdote, avvertito, giunge e carica l’altare di sarmenti di vite: l’uccello allora entra in Eliopoli, carico
di aromi, e sale sull’altare, e il fuoco si accende da sé e lo consuma. L’indomani, il sacerdote frugando l’altare scopre
nella cenere un verme; il secondo giorno lo trova divenuto un piccolo uccello, e il terzo, lo trova divenuto un uccello
adulto; il quale saluta il sacerdote e se ne va nella propria dimora.
Se dunque quest’uccello ha il potere di uccidersi e di rinascere, come possono gli insensati Giudei indignarsi contro le
parole del Signore: “Ho il potere di deporre la mia anima, e il potere di riprenderla” [Giov., 10.18]? La fenice è
un’immagine del Salvatore nostro: Egli è sceso infatti dai cieli, ha steso le sue due ali, e le ha portate cariche di soave
odore, cioè delle virtuose parole celesti, affinché anche noi spieghiamo le mani in preghiera, e facciamo salire un
profumo spirituale mediante buoni comportamenti.
Ra, nella mitologia egizia, dio Sole raffigurato con il corpo di uomo e la testa di falco. Generalmente era considerato il
creatore e reggitore dell'universo; i suoi simboli principali erano il disco solare e l'obelisco. Il culto di Ra fu
inizialmente locale, ma durante l'Antico Regno si diffuse in tutto l'Egitto. Il tempio principale del dio si trovava nella
città di Eliopoli, che divenne un importante centro quando il culto fu adottato come religione di stato. In seguito Ra fu
associato ad altre divinità importanti, in particolare Ammone e Horus. 9 La storiografia attuale assegna ai magi della Media caratteri sciamanici che li differenziano dal successivo culto
zoroastriano insediatosi in quella regione. Secondo alcuni, essi avrebbero conservato caratteri sciamanici pur avendo
adottato la nuova religione. Secondo altri, quando Serse proibì qualsiasi culto non zoroastriano, questa tribù sacerdotale
si disperse, attraverso la Caldea, per tutta l’Asia Minore. In Caldea essi avrebbero appreso il culto degli astri. In tutte
queste teorie vi è sempre la compresenza dell’elemento medo (sapienza sciamanica) e quello caldeo (sapienza astrale),
nonché le problematiche relative all’inserimento del culto astrale nella sapienza sciamanica, il primo visto
evidentemente come elemento successivo al secondo.
Con molta semplicità e sincerità essi raccontavano tutto ciò ai loro uditori,
affliggendosi di vedere che questi ultimi stentavano a credere a ciò che da duemila
anni era stato l’oggetto di studio dei loro antenati.
La più antica citazione dei tre doni dei re magi, oro, incenso e mirra, si trova nel Vangelo dello Pseudo-Matteo, un antico testo aramaico tradotto in latino solo verso il IX secolo d.C.
…Mensor donò piccole barre di oro puro, perché era pieno di sincerità e di carità e
perché cercava la verità con un ardore costante e incrollabile.
Sair, il re più scuro di pelle, avanzò fra i suoi inginocchiandosi con profonda umiltà.
Egli offrì il suo dono con parole toccanti: si trattava di una incensiera d’oro piena di
grani di resina di colore verdastro che pose sulla tavola dinanzi a Gesù. Egli donò
incenso, perché era un uomo che si conformava con rispetto e nel profondo del cuore
alla volontà di Dio, seguendola con amore. Egli restò molto tempo inginocchiato con
fervore, prima di ritirarsi.
Dopo di lui, Teokeno, il più vecchio, per le membra irrigidite dall’età non riuscì ad
inginocchiarsi, ma si mantenne in piedi, profondamente inclinato, ponendo sulla
tavola un vaso d’oro con una pianta verde. Si trattava di un bell’arbusto dal fusto
diritto con piccoli ciuffi arricciati sormontati da graziosi fiori bianchi. Era la mirra10
.
Egli la offrì, perché era il simbolo della mortificazione e della vittoria sulle passioni.
Egli infatti aveva sostenuto costanti lotte contro l’idolatria, la poligamia e le violente
abitudini dei suoi compatrioti.11
10 Le fumigazioni di Mirra sono fortemente purificatrici e amplificano le vibrazioni positive. E’ inoltre utilissima per la
meditazione e la contemplazione. Alcuni la usano per i sacchetti talismanici ed i rituali di guarigione. La Mirra è
prettamente lunare anche se alcuni autori la vogliono sotto l’influenza di Marte e Saturno. Le divinità, ad essa associate
sono Iside e Adone.
11 Iacopo da Varagine (Leggenda aurea) cita, fra i molti significati dei tre doni : oro, simbolo della carità; incenso,
simbolo della preghiera; mirra, simbolo della mortificazione.
La stella che li guidava era come un globo da cui, come da una bocca, usciva una luce
(forse ha usato questa espressione, perché spesso lei vedeva uscire luce dalla bocca
del Signore e dei santi). Il globo sembrava sospeso a un filo luminoso e spinto da una
mano. Durante il giorno vedevo dinanzi ai magi un corpo brillante il cui splendore
sorpassava quello del sole.
Vidi la santa Vergine in piedi presso di loro mentre prendevano congedo. Lei, con in
braccio il Bambino Gesù avviluppato nel suo velo, fece qualche passo per ricondurre
i re all’entrata della grotta, e lì si fermò in silenzio. Ad un tratto, per donare un
ricordo a quegli uomini eccellenti, lei si tolse dalla testa il grande velo di stoffa gialla
trasparente che avvolgeva anche il Bambino12
e lo donò a Mensor. I re accolsero il
dono inchinandosi profondamente. Una gioia piena di rispetto li colse alla vista della
Vergine priva del velo con in braccio il Bambino Gesù. Molte lacrime di dolcezza
versarono lasciando la grotta. Quel velo fu per essi e i loro sudditi la reliquia più
santa che avessero mai posseduto.
….Fra le altre cose, la suora Emmerich vide il Salvatore, dopo la resurrezione di
Lazzaro, ritirarsi al di là del Giordano per sedici settimane. In quel periodo fece
visita ai re magi, i quali, di ritorno da Betlemme, si erano stabiliti in un paese più
vicino a quello della terra promessa. Mensor e Teokeno erano ancora vivi, mentre
Sair, il re di colore, era già morto.
12 Nel Vangelo arabo-siriaco dell’infanzia si racconta che la Vergine fece dono ai magi di una delle fasce usate per
accudire il Bambino. I Magi riportarono il dono in patria e, da adoratori del fuoco, lo gettarono nel fuoco sacro che era
sempre acceso, ma la fascia non bruciò, sicché la adorarono e la riposero fra i loro tesori.
Figura 4. A proposito del luogo ove si sarebbero insediati i re dopo la visita al Bambino, si noti che S. Giustino,
nel I secolo d.C., riferisce che i Magi sarebbero provenienti dalla"Arabia". Pare (si veda F. Cardini, I re magi,
p.16) che “di solito, nella Bibbia per “Arabia” si intenda l’area tra il Higiaz e la Giordania attuali”. Come si vede dalla cartina, dove il Higiaz si trova nella parte inferiore a sinistra, l’area ipotizzata da Cardini si trova “al di là
del Giordano” e a non molta distanza da Betlemme e dalla terra promessa, secondo il racconto della Emmerich.
...In quei giorni la suora Emmerich, nel dormiveglia, cantò più volte delle parole
rimate con un motivo strano assai toccante. Interrogata a proposito, lei rispose: canto
assieme a quei buoni re. Essi cantano così bene parole come queste:
Vogliamo valicare i monti
per inginocchiarci innanzi al nostro re.
…Essi improvvisano quei versi cantandoli in modo alternato. Uno di loro inizia e
tutti gli altri ripetono il verso che ha appena cantato. Poi un altro aggiunge un altro
verso e continuano così cavalcando e cantando quelle dolci e toccanti melodie.
…Ho visto molte volte i tre re in marcia. Camminavano in un percorso elevato
valicando quei monti di cui ho già parlato, dove si trovano quelle pietre sottili simili a
frammenti di vasi. Mi piacerebbe averne una, sono così belle e levigate. Là vi sono
anche altre montagne dove fra la sabbia bianca sono disseminate pietre trasparenti
simili ad uova di uccelli. Le vidi nella contrada dove essi si stabilirono più tardi e
dove Gesù li visitò nel suo terzo anno di predicazione.
…." S. Anna (la madre di Maria), partendo portò con sè molte cose donate dai re
magi, soprattutto stoffe e tessuti. Gran parte di quelle cose furono impiegate nei riti
della chiesa delle origini e ne resta ancora qualcosa ai giorni nostri. Fra le mie
reliquie ho un minuscolo pezzo di una tovaglia del tavolo ove erano disposti i doni
dei tre re e un pezzo dei loro mantelli" .
Nataniele, il figlio di mara, era uno dei bambini che s. Anna aveva riunito per
festeggiare Gesù quando, all’età di dodici anni, insegnò al tempio per la prima volta.
A quella festa Gesù raccontò la parabola di un matrimonio dove l’acqua veniva
trasformata in vino e di un altro dove il vino era trasformato in sangue. Diceva anche
al giovane Nataniele, come scherzando, che un giorno sarebbe intervenuto alle sue
nozze. La fidanzata di Cana era di Betlemme ed apparteneva alla famiglia di
Giuseppe. Dopo il miracolo di Cana, i due sposi fecero voto di continenza. Nataniele
si unì ben presto ai discepoli di Gesù e ricevette il battesimo col nome di Amator. Più
tardi, divenne vescovo. Giunse a Edessa e a Creta, vicino Carpi, poi andò in Armenia
e avendovi compiuto numerose conversioni, fu arrestato ed inviato sulle rive del Mar
Nero. Riavuta la libertà, si recò al paese di Mensor (uno dei re magi). Qui operò su
una donna un miracolo di cui non ricordo i dettagli e battezzò un gran numero di
persone. Fu messo a morte nella città di Acaiakuh, su un’isola dell’Eufrate.
Vi erano lì (a Masfa) delle spie che, avendolo sentito parlare dei re magi e udendolo
proclamare la sua intenzione di far entrare anche i pagani nel regno di Dio, vollero
tendergli dei tranelli. Gesù predicò a loro in termini molto severi dicendo che il
tempo della promessa era venuto e che chiunque fosse rinato nel battesimo credendo
a colui che il Padre aveva inviato ed osservando i suoi comandamenti, avrebbe avuto
parte al regno di Dio. Se dunque i Giudei non credevano, la promessa sarebbe stata
loro ritirata per essere affidata ai gentili.
Non so esprimermi bene, ma egli fece capire che non ignorava di essere spiato,
dicendo ai suoi delatori di andare a Gerusalemme e riferire ciò che avevano inteso.
Gesù disse anche qualcosa su Giuda maccabeo e su altri avvenimenti accaduti in quel
luogo. Quando li sentì elogiare la magnificenza del tempio e la preminenza dei
Giudei sui gentili, egli spiegò loro che il fine della elezione dei Giudei e del loro
tempio era stato raggiunto, poiché colui che il Signore aveva promesso per bocca dei
profeti era ormai giunto a fondare il regno e il tempio del Padre celeste.
Egli parlò della vocazione dei gentili, della stella che apparve ai re magi e del viaggio
da essi affrontato per vedere il Bambino.
…Satana mostrò (a Gesù nel deserto) le caratteristiche di ciascun popolo indicando
con particolare insistenza un paese abitato da uomini vestiti magnificamente e
somiglianti a giganti. Credo fosse la Persia. Il demonio consigliò a Gesù di insegnare
soprattutto colà.
Egli parlò anche della noncuranza circa la pienezza dei tempi, dicendo : « Solo
qualche uomo pio ricorda ancora che trenta anni fa tre re dall’Oriente seguirono la
mia stella con ingenua fiducia. Essi giunsero per vedere il figlio di un re e trovarono
un bambino povero nato tra gente povera, restando tre giorni presso di lui. Se
avessero conosciuto il bambino di un gran principe non li si sarebbe dimenticati così
facilmente ». Tuttavia Egli non disse apertamente che il bambino era lui stesso.