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I RAPPORTI TRA GIUDICI COMUNI E CORTE COSTITUZIONALE NEL CONTROLLO SULLE LEGGI IN VIA INCIDENTALE IN ITALIA: L’ESPERIENZA DI 50 ANNI DI GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Roberto ROMBOLI* SOMMARIO: I. Premessa. Alle origini del rapporto tra Cor- te costituzionale e giudici comuni: il modello di giustizia costituzionale approvato in Italia e la determinazione delle vie di accesso per il controllo delle leggi. II. Il controllo diffuso di costituzionalità esercitato dalla magistratura nel periodo precedente l’entrata in funzione della Corte costi- tuzionale (1948-1955). III. La questione di costituzionalità proposta attraverso la via incidentale nei primi anni di at- tività della Corte e la sua incidenza sulla crescita culturale e politica della magistratura e sulla sua sensibilizzazione ai nuovi valori costituzionali. IV. Il rapporto tra Corte e giudici attraverso i momenti più significativi di cinquanta anni di giurisprudenza sul controllo delle leggi in via inci- dentale. A) La legittimazione a proporre eccezioni di costi- tuzionalità: la nozione di giudicee di giudizioe la sua diversa interpretazione nel primo periodo (1956-1970) ris- petto a quello successivo. V. Segue: le poche ipotesi in cui la Corte ha accolto una nozione sostanzialedi giudiceai soli fini del giudizio costituzionale (Corte costituzionale come giudice a quo, la sezione disciplinare del Csm, la Corte dei conti in sede di controllo e gli arbitri nell’ambito dell’arbitrato rituale). L’esclusione del Consiglio di Stato, in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato e degli organi del pubblico ministero. La nozione di giudizio”. * Ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Pisa. 319

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  • I RAPPORTI TRA GIUDICI COMUNI E CORTECOSTITUZIONALE NEL CONTROLLO SULLE LEGGI

    IN VIA INCIDENTALE IN ITALIA: L’ESPERIENZA DI 50ANNI DI GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

    Roberto ROMBOLI*

    SOMMARIO: I. Premessa. Alle origini del rapporto tra Cor-te costituzionale e giudici comuni: il modello di giustizia

    costituzionale approvato in Italia e la determinazione delle

    vie di accesso per il controllo delle leggi. II. Il controllodiffuso di costituzionalità esercitato dalla magistratura nel

    periodo precedente l’entrata in funzione della Corte costi-

    tuzionale (1948-1955). III. La questione di costituzionalitàproposta attraverso la via incidentale nei primi anni di at-

    tività della Corte e la sua incidenza sulla crescita culturale

    e politica della magistratura e sulla sua sensibilizzazione

    ai nuovi valori costituzionali. IV. Il rapporto tra Corte egiudici attraverso i momenti più significativi di cinquanta

    anni di giurisprudenza sul controllo delle leggi in via inci-

    dentale. A) La legittimazione a proporre eccezioni di costi-tuzionalità: la nozione di “giudice” e di “giudizio” e la suadiversa interpretazione nel primo periodo (1956-1970) ris-

    petto a quello successivo. V. Segue: le poche ipotesi in cuila Corte ha accolto una nozione “sostanziale” di “giudice”ai soli fini del giudizio costituzionale (Corte costituzionale

    come giudice a quo, la sezione disciplinare del Csm, la

    Corte dei conti in sede di controllo e gli arbitri nell’ambito

    dell’arbitrato rituale). L’esclusione del Consiglio di Stato,

    in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato e degli

    organi del pubblico ministero. La nozione di “giudizio”.

    * Ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Pisa.

    319

    www.juridicas.unam.mx

  • VI. B) La fase delibatoria: il giudizio di rilevanza e quellodi non manifesta infondatezza svolto dal giudice ed il con-

    trollo del medesimo ad opera della Corte costituzionale.VII. Segue: l’ordinanza di rinvio ed il principio della c.d.autosufficienza della stessa. La necessaria pregiudizialità

    della questione e l’ipotesi di doppia pregiudizialità (costitu-

    zionale e comunitaria). VIII. Segue: i vizi che con maggio-re frequenza la Corte ha rimproverato al giudice, suddivisi

    a seconda che riguardino la motivazione dell’ordinanza di

    rinvio, la determinazione dell’oggetto della questione o

    l’uso improprio dell’incidente di costituzionalità. IX. C) Ilseguito delle decisioni della Corte da parte dei giudici co-

    muni: l’efficacia preclusiva o meno delle pronunce di ca-

    rattere processuale (inammissibilità e restituzione degli at-

    ti), delle sentenze di rigetto e di quelle “manipolative”. Ilcaso delle decisioni c.d. additive di principio. X. Segue:l’efficacia, nei confronti dei giudici, delle sentenze inter-

    pretative di rigetto e delle interpretazioni suggerite dalla

    Corte costituzionale. Il periodo della “guerra tra le duecorti” ed il superamento dello stesso attraverso il riferi-mento al “diritto vivente”. XI. Segue: gli anni novanta el’invito (poi obbligo) per il giudice a seguire la c.d. inter-

    pretazione adeguatrice o conforme. La posizione della Cor-

    te di cassazione, dalla sentenza Anagni del 1998 alla sen-

    tenza Pezzella del 2004: le possibili ragioni di un chiaro ed

    evidente mutamento di giurisprudenza. Le ipotesi in cui la

    Corte costituzionale non può ricorrere alle sentenze inter-

    pretative, ma deve far uso della dichiarazione di incostitu-

    zionalità.

    I. PREMESSA. ALLE ORIGINI DEL RAPPORTO TRA CORTECOSTITUZIONALE E GIUDICI COMUNI: IL MODELLO DI

    GIUSTIZIA COSTITUZIONALE APPROVATO IN ITALIAE LA DETERMINAZIONE DELLE VIE DI ACCESSO

    PER IL CONTROLLO DELLE LEGGI

    Il rapporto tra la Corte costituzionale ed i giudici comuni trova la radicedei successivi sviluppi nel modello di giustizia costituzionale approvatoe poi concretamente realizzato in Italia.

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  • I due modelli che si contrapponevano erano quello nordamericano de-lla judicial review e quello austriaco progettato da Kelsen, i quali, allostato puro, sono tra loro diversificati da una serie di caratteristiche, indi-cate per il primo nella natura diffusa del controllo, nel carattere inciden-tale rispetto ad un giudizio in corso e dichiarativo della eventuale pro-nuncia di incostituzionalità e per il secondo invece nel carattere accentratoe principale del controllo e costitutivo delle decisioni del Giudice costi-tuzionale.

    In Italia, al pari di altri paesi europei, allorché —a seguito del riconos-cimento, successivamente alla seconda guerra mondiale, della natura ge-rarchicamente superiore della Costituzione rispetto alle altre fonti del di-ritto e con la finalità di rendere effettiva e concretamente azionabile talesuperiorità— fu deciso di introdurre il sistema di controllo di costituzio-nalità delle leggi, la scelta seguita fu, com’è noto, a favore di un sistemaaccentrato.

    La diversa tradizione relativamente al valore della legge, al rapportotra le scelte appartenenti al potere politico e le funzioni riconosciute alpotere giudiziario, consigliarono infatti di istituire un organo apposito (laCorte costituzionale), del tutto distinto dalla magistratura e composto se-condo criteri che servissero a garantire una sua particolare sensibilità,anche “politica”, ritenuta necessaria per il delicato compito ad esso affi-dato di sindacare e di poter dichiarare illegittimo un atto provenientedall’organo direttamente rappresentativo del corpo elettorale.1 Non si ri-tenne invece di riconoscere un simile potere al giudice comune, in ma-niera diffusa, sia per il timore che il raffronto tra una costituzione forte-mente innovativa rispetto alla legislazione vigente, ereditata dal regimeprecedente, avrebbe determinato un’eccessiva esposizione da parte dellamagistratura, la quale avrebbe potuto fungere da contrappeso alle sceltepolitiche del parlamento,2 sia per una più generale sfiducia nella sensibi-lità ai nuovi valori costituzionali da parte di magistrati formatisi sulla ba-

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    1 Corte cost. 14 luglio 1989, n. 406, Giur. cost., 1989, 1831, punto 3 del consideratoin diritto, parla, a proposito del nostro modello di giustizia costituzionale, di “una scelta,la quale, oltre alla ponderata valutazione dei modelli preesistenti di garanzia costituzio-nale, si correla all’idea, rimasta portante nel nostro sistema costituzionale, della premi-nenza della legge e degli atti equiparati”.

    2 Sul punto v., volendo, Romboli, “L’applicazione della Costituzione da parte delgiudice comune”, in Ordinamento giudiziario e forense, a cura di Panizza, Pizzorusso eRomboli, Pisa, 2002, 252 e gli Autori ivi citati.

  • se di principi assolutamente diversi, sia infine per il timore che la man-canza del carattere vincolante del precedente giudiziario (stare decisis)avrebbe potuto arrecare pregiudizio al principio della certezza del diritto,per l’ipotesi che una legge fosse ritenuta contrastante con i principi costi-tuzionale da parte di alcuni giudici e non da parte di altri.

    Le discussioni dei costituenti videro al centro del dibattito i due diver-si modi di intendere l’attività del futuro Giudice costituzionale, l’unocentrato sulla natura oggettiva che il controllo di costituzionalità avrebbedovuto assumere, mirando essenzialmente alla eliminazione delle leggiincostituzionali, l’altro invece che vedeva la Corte principalmente comegaranzia dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione ai citta-dini, da tutelare quindi direttamente e non come risultato indiretto dellaeliminazione di leggi incostituzionali.

    Mentre il riconoscimento alla Corte costituzionale della funzione digarante della costituzionalità dell’ordinamento e/o di quella di tutore deidiritti fondamentali avrebbe razionalmente richiesto la previsione di spe-cifiche modalità di accesso, tendenti alla realizzazione principalmenteora dell’una, ora dell’altra delle suddette finalità, da noi l’unica via di ac-cesso prevista risultò in fondo essere quella del giudizio in via incidenta-le. Uno strumento questo, come dimostrato anche dalle esperienze deglialtri paesi, tendente principalmente a sottoporre al Giudice costituzionaleuna legge vista nella sua applicazione concreta e nell’ottica di quanto ne-cessario al giudice per risolvere il giudizio comune (rilevanza-pregiudi-zialità), quindi, almeno sulla carta, più idoneo a realizzare la funzione ditutela dei diritti fondamentali, che non quella oggettiva di costituziona-lità delle leggi.3

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    3 Il modo in certi momenti assai affrettato e non certamente lineare con cui la nor-mativa sulla Corte costituzionale è stata approvata nel decennio 1947-1956 ha aperto un-’ampia ed approfondita discussione, specie nei primi anni di funzionamento della giusti-zia costituzionale, in ordine ai rapporti intercorrenti tra il giudizio costituzionale ed ilgiudizio a quo. Una parte della dottrina, fondandosi principalmente sugli articoli 136Cost. e 16, 22 N.I., ha sostenuto l’assoluta autonomia del processo costituzionale, che simuoverebbe solo nell’interesse generale alla costituzionalità delle leggi, rispetto agli in-teressi fatti valere nel giudizio principale, mentre secondo una diversa linea interpretati-va, fondata sugli articoli 23, 25 e 27 l. 87/1953 e 3 N.I., il processo costituzionale sareb-be da vedersi come una fase del giudizio a quo. Secondo una posizione intermedia sonoda riconoscere nel processo incidentale due distinti interessi, uno individuale per la tuteladi specifici diritti del singolo, l’altro generale e pubblico alla eliminazione di leggi incos-tituzionali.

  • Non vennero infatti approvate le proposte a favore di un ricorso diret-to del cittadino, come tale o come portatore di un interesse qualificato,delle minoranze parlamentari o di un procuratore della Costituzione,mentre l’unica ipotesi di ricorso diretto (quella dello Stato verso leggi re-gionali e delle regioni avverso leggi statali), sia nella previsione costitu-zionale e delle leggi di attuazione, sia nella sua pratica applicazione, si èrivelata niente affatto idonea a consentire alla Corte di svolgere la fun-zione di garante della costituzionalità delle leggi, in senso oggettivo, co-me invece accade normalmente quando la legittimazione in via diretta èriconosciuta in maniera soggettivamente ed oggettivamente più ampia.

    Anche a causa del ritardo con cui è stata data attuazione al titolo V de-lla parte seconda della Costituzione relativamente alle regioni ordinarie,per i primi quindici anni di attività la Corte ha potuto giudicare solo sulleleggi delle regioni speciali (e delle province autonome di Trento e di Bol-zano) e solo queste ultime hanno potuto impugnare in via diretta le leggistatali, ma soprattutto, anche dopo l’attuazione delle regioni ordinarie, laCorte ha elaborato una giurisprudenza in base alla quale le leggi statalihanno potuto essere impugnate solamente per vizi relativi ad una suppos-ta violazione delle regole di competenza e non di altri, diversi parametricostituzionali. Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via diretta èstato, di conseguenza, impiegato, anche da parte dello Stato —il qualepur tuttavia avrebbe potuto impugnare le leggi regionali per qualsiasiviolazione costituzionale— essenzialmente per fini di regolamento dellerispettive competenze legislative.

    Pertanto, se è vero che venne scartata l’ipotesi di assegnare diretta-mente ai giudici il ruolo di controllo (diffuso) delle leggi, è altresì inne-gabile che, risultando quella incidentale l’unica via generale d’accesso epassando questa necessariamente attraverso la decisione del giudice co-mune, il ruolo a questi assegnato finì, più o meno consapevolmente, perrisultare decisivo e di fondamentale importanza per il controllo delle leg-gi in Italia (sistema accentrato, ma ad iniziativa diffusa).

    II. IL CONTROLLO DIFFUSO DI COSTITUZIONALITÀ ESERCITATODALLA MAGISTRATURA NEL PERIODO PRECEDENTE L’ENTRATA

    IN FUNZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE (1948-1955)

    La Corte costituzionale, anche in conseguenza dell’atteggiamento os-truzionistico di alcune forze politiche e della necessità di approvare la le-

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  • gislazione costituzionale ed ordinaria di integrazione ed attuazione diquanto stabilito nella Costituzione, entrerà in funzione soltanto nel 1956.

    Durante il periodo precedente (1948-1955), ai sensi della VII disp.trans. della Costituzione, le funzioni da questa attribuite alla Corte costi-tuzionale vengono svolte da parte del giudice comune. Viene così a rea-lizzarsi, seppure temporaneamente, un sistema di controllo diffuso dicostituzionalità delle leggi, nell’attuazione del quale si pongono alcuniproblemi che avranno (o avrebbero potuto avere) una notevole influenzaanche nel periodo successivo allorché la Corte costituzionale inizierà afunzionare.

    Anche se furono rapidamente superati alcuni problemi che avrebberopotuto limitare fortemente l’attività di controllo delle leggi riconosciutaai giudici,4 questa resta comunque segnata dal fatto che trattavasi di unacompetenza assolutamente nuova, in quanto sconosciuta nel periodo pre-cedente e in più di un’attività sicuramente da esercitarsi per un tempo li-mitato, il che non invogliava certo ad impegnarsi troppo nella stessa.

    Un primo problema che si posero i giudici, nell’interpretare il valore eil significato della Costituzione, fu quello di scegliere tra l’effetto diabrogazione e l’effetto di incostituzionalità, vale a dire tra considerare laCostituzione al livello di ius superveniens che, se in contrasto con le fon-ti vigenti precedentemente approvate, doveva prevalere in virtù del prin-cipio temporale oppure valorizzare la superiorità della nuova fonte op-tando per la dichiarazione di incostituzionalità.

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    4 Stante la non chiarissima formulazione della VII Disp. trans. (“fino a quando nonentri in funzione la Corte costituzionale, la decisione delle controversie indicate nell’art.134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all’entrata in vigore dellaCostituzione”), si era discusso infatti se il controllo di costituzionalità potesse esseresvolto dai giudici direttamente oppure se essi avessero dovuto limitarsi a sollevare laquestione, sospendendo i loro giudizi in attesa dell’entrata in funzione della Corte costi-tuzionale ed ancora se il loro controllo dovesse essere limitato ai soli vizi procedurali o diforma oppure estendersi anche a quelli di merito. La posizione assolutamente prevalentefu nel senso di un giudizio immediato ed esteso al merito. Si vedano, in proposito, Fava-ra, “Una legge costituzionale dimenticata”, Foro pad., 1950, IV, 66 ss.; Azzariti, Proble-mi attuali di diritto costituzionale, Milano, 1951, 176 ss.; Barile, La Costituzione comenorma giuridica, Firenze, 1951, 95; Spadaro, Limiti del giudizio costituzionale in via in-cidentale e ruolo dei giudici, Napoli, 1990, 229 ss.; Costanzo, “Aspetti tecnici dell’espe-rienza storica di controllo di costituzionalità «diffuso» nell’ordinamento italiano”, Studiin onore di M. Mazziotti di Celso, Padova, 1995, 250 ss.

  • La scelta tra abrogazione e incostituzionalità comportava importantie sostanziali conseguenze sul controllo delle leggi da parte del giudicecomune.5 Innanzi tutto aderire alla tesi dell’abrogazione significava rite-nere che, una volta entrata in funzione la Corte costituzionale, questa av-rebbe dovuto occuparsi solamente della costituzionalità delle leggi suc-cessive alla Costituzione e non di quelle precedenti (per le quali sarebberimasto solo il giudizio, inter partes, del giudice comune), con tutte leconseguenze che ciò avrebbe comportato per la “defascistizzazione” de-lla nostra legislazione.

    In secondo luogo ciò avrebbe significato, in pratica, considerare laCostituzione al pari di una lex posterior, anziché di una lex superior, ve-nendo così a far scomparire, a questi effetti, la distinzione fra una costi-tuzione rigida (come quella italiana) ed una costituzione flessibile.

    In terzo luogo fare riferimento al fenomeno della abrogazione ed inparticolare della abrogazione per incompatibilità (c.d. abrogazione impli-cita) portava quasi inevitabilmente a riconoscere tale effetto solo a quelledisposizioni costituzionali espresse in forma assolutamente specifica, talida essere immediatamente applicabili, negando invece valore (ai fini diuna loro applicazione) a tutte quelle disposizioni contenenti principi edescludendo, per queste ultime, l’effetto di indirizzare l’attività interpreta-tiva del giudice.

    E’ questa l’origine ed il fondamento della distinzione tra disposizionicostituzionali programmatiche e precettive (e all’interno di queste tradisposizioni ad applicazione diretta o indiretta o differita) operata in par-ticolare dalla giurisprudenza della cassazione degli anni 1948-1956. Men-tre le prime sarebbero state riferibili esclusivamente al potere legislativoed applicabili solamente dopo l’intervento di attuazione dello stesso, leseconde, se precettive e ad applicazione diretta, avrebbero prodotto l’a-brogazione delle precedenti disposizioni di legge.

    Nel periodo in esame la maggioranza politica opera quello che è statodefinito da Piero Calamandrei l’ “ostruzionismo di maggioranza”, al finedi non dare attuazione e di “congelare” le parti più innovative contenutenella Costituzione.6 La magistratura trova quindi certamente più comodo

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    5 In ordine alla distinzione tra effetto-abrogazione ed effetto-incostituzionalità v., direcente, Politi, Gli effetti nel tempo delle sentenze di accoglimento della Corte costituzio-nale, Padova, 1997, 352 ss.

    6 Per una ricostruzione delle vicende relative alla attuazione-inattuazione della Cos-tituzione, v. Pizzorusso, La Costituzione ferita, Bari, 1999, 11 ss. ed autori ivi citati.

  • rifugiarsi nel formalismo giuridico e quindi far riferimento al criterio de-lla abrogazione, a soluzioni pre-date, evitando così conflitti con il poterelegislativo ed allineandosi, quanto ad effetti (congelamento della Costi-tuzione), sulle posizioni delle forze politiche di maggioranza.

    L’atteggiamento assunto in quegli anni dalla magistratura viene gius-tificato dalla necessità di determinare un procedimento di gradualità nell’attuazione della Costituzione, “in parallelo col procedere della riorganiz-zazione statale e con la formazione, necessariamente di graduale matura-zione, del sentimento collettivo e della coscienza democratica”. La Cos-tituzione è vista come una “rivoluzione giuridica”, la quale “porterebbe arisultati estremamente pregiudizievoli, di carattere sociale e privato, oveoperasse subitamente, con effetti di rottura e di distruzione delle situa-zioni anteriori”, tenuto conto della funzione puramente negativa del sin-dacato di costituzionalità demandato ai giudici, per cui “la giurisdizionedoveva avere vivo e costante quel senso dello Stato e della continuità de-lle sue istituzioni, pur nel mutare degli eventi e delle leggi, che è confor-me alle nobili tradizioni dell’ordine giudiziario”.7

    Il bilancio dell’attività interpretativa della Costituzione da parte deigiudici negli anni di controllo diffuso (1948-1955) è pertanto giustamen-te valutato quasi unanimemente in maniera assai negativa con riguardo airisultati cui essa ha portato per la realizzazione dei valori e dei principicostituzionali,8 anche se, più di recente, alcuni studi hanno concluso es-primendo in proposito un giudizio meno severo.9

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    7 Così Eula, “Magistratura e Costituzione”, Riv. pen., 1956, 1, 339 ss. L’Autore ri-vestiva, al momento dello scritto citato, la carica di primo presidente della Cassazione.

    Nel senso che la distinzione tra norme programmatiche e precettive rese preziosiservizi prima dell’entrata in funzione della Corte costituzionale, v. Chicco, Coronas,“L’interpretazione giudiziale della Costituzione”, La Corte costituzionale (raccolta distudi), Roma, 1957, 633.

    8 Cfr., tra gli altri, Onida, “L’attuazione della Costituzione fra magistratura e Cortecostituzionale”, Scritti in onore di Costantino Mortati. Aspetti e tendenze del diritto cos-tituzionale, Milano, 1977, IV, 503 ss.; Senese, “Relazione”, La magistratura italiana nelsistema politico e nell’ordinamento costituzionale, Milano, 1978, 21 ss.; Bruti Liberati,“La magistratura dall’attuazione della Costituzione agli anni novanta”, Storia dell’Italiarepubblicana, Torino, 1997, III, 141 ss.

    9 Costanzo, Aspetti tecnici dell’esperienza storica, cit., 273 ss.; Bignami, Costituzio-ne flessibile, costituzione rigida e controllo di costituzionalità in Italia (1848-1956), Mi-lano, 1997, 149 ss.

  • III. LA QUESTIONE DI COSTITUZIONALITÀ PROPOSTA ATTRAVERSOLA VIA INCIDENTALE NEI PRIMI ANNI DI ATTIVITÀ DELLA CORTEE LA SUA INCIDENZA SULLA CRESCITA CULTURALE E POLITICA

    DELLA MAGISTRATURA E SULLA SUA SENSIBILIZZAZIONE

    AI NUOVI VALORI COSTITUZIONALI

    Il tema su cui sono stato invitato a svolgere questa relazione concernel’esame dei rapporti tra Corte costituzionale e giudici comuni, nell’arcodei cinquanta anni di funzionamento della giustizia costituzionale in Ita-lia, con riferimento al controllo sulla legittimità delle leggi, attivato attra-verso la via incidentale. Esso rappresenta infatti senza alcun dubbio ilcampo di indagine più importante e proficuo per il tema affidatomi, an-che se pure con riguardo alla competenza a giudicare sui conflitti di attri-buzione —contrariamente a quanto ritenuto in un primo momento, in cuisi pensava che la suddetta competenza riguardasse soggetti diversi e cheil coinvolgimento della magistratura fosse assolutamente marginale o deltutto inesistente— l’autorità giudiziaria è venuta a svolgere un ruolo sig-nificativo, anche se i problemi posti sono stati sostanzialmente diversirispetto a quelli risultanti dal giudizio sulle che esamineremo.10

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    10 Nell’attività svolta dalla corte in questi cinquanta anni si è infatti verificato che iconflitti tra poteri hanno visto, nella assoluta maggioranza dei casi, la magistratura comeparte attiva o, più raramente, come parte passiva del giudizio (si pensi, nella più recentegiurisprudenza, al numero assolutamente abnorme dei conflitti che hanno come parti con-trapposte le camere e l’autorità giudiziaria in ordine all’ambito di applicazione della im-munità per le opinioni espresse dai parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni).

    Ciò anche in considerazione del fatto che la Corte —non accogliendo la posizionedi quanti avevano sostenuto che la legittimazione al conflitto dovesse spettare solo allacassazione oppure al Csm— ha affermato il carattere diffuso del potere giudiziario equindi che l’“organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cuiappartiene” deve essere individuato in ciascun giudice, dal momento che i singoli organigiurisdizionali, esplicando funzioni in situazione di piena indipendenza costituzional-mente garantita, sono da considerare legittimati ad essere parti di conflitti di attribuzione,prescindendo dalla proponibilità di gravami predisposti a tutela di interessi diversi.

    I conflitti di attribuzione tra Stato e regioni sembravano escludere, per definizione,un coinvolgimento della magistratura, dal momento che nessuna rivendicazione o dubbiopoteva sorgere, stante la competenza certamente statale in materia e l’inesistenza di giu-dici regionali.

    Allorché la giurisprudenza della Corte ha ammesso che il conflitto potesse essereutilizzato non solamente quale strumento di vindicatio potestatis, ma altresì per lamenta-re il cattivo uso —con conseguenze negative per l’esercizio delle proprie competenze—

  • Venendo quindi al tema affidatomi, deve essere innanzi tutto sottoli-neato come, una volta che la Corte costituzionale inizia a funzionare,l’atteggiamento della Cassazione in ordine alla possibilità di investire laprima delle questioni di costituzionalità fu in un primo momento assaitiepido, poche sono infatti all’inizio le eccezioni da questa sollevate epiù spesso, di fronte alle istanze di parte, la conclusione è nel senso della“manifesta infondatezza” delle stesse, il che viene ad impedire alla Cortedi esercitare il proprio controllo su tali disposizioni.11

    Al contrario la parte più sensibile della magistratura, rappresentataprincipalmente dai giudici più giovani, inizia progressivamente a vederenella questione di costituzionalità un modo per sollevarsi dalla soggezio-ne alla legge (quando questa sia sospettata di incostituzionalità) ed anchedall’interpretazione della stessa fornita dalla cassazione, favorendo cosìla formazione di una sorta di “alleanza” tra la Corte costituzionale (inte-ressata ad essere investita di questioni di costituzionalità e quindi ad es-sere posta nella condizione di operare per la costituzionalizzazione dell’-ordinamento) ed una parte della magistratura (quella più sensibile allaconcreta realizzazione dei valori costituzionali).

    Il ruolo assegnato al giudice di investire la Corte di una questione dicostituzionalità ha in concreto fatto sì che questi venisse necessariamenteposto immediatamente a contatto con i nuovi valori costituzionali, favo-rendo la loro penetrazione anche nella società. Ciò ha inevitabilmente

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    fatto da altri di un potere ad esso certamente spettante, è divenuto possibile, per la regio-ne, impugnare anche un atto giurisdizionale.

    La disciplina processuale, pensata sulla base di un conflitto come vindicatio, hamostrato le sue evidenti lacune a seguito del possibile utilizzo del conflitto stesso comecattivo uso del potere, ponendo in particolare il problema, ancora aperto, di consentireun’idonea rappresentazione dell’autorità giudiziaria nel giudizio costituzionale, non po-tendosi certo ritenere che a tale funzione possa adeguatamente assolvere il presidente delconsiglio dei ministri (legittimato a costituirsi, in rappresentanza dello Stato), il qualerappresenta, per molti versi, il “nemico naturale” per la indipendenza esterna del giudice.

    Nel giugno 2004 la Corte ha modificato l’articolo 27 delle norme integrative per igiudizi costituzionali, stabilendo che il ricorso della regione deve essere notificato, oltreche al presidente del consiglio, “altresì all’organo che ha emanato l’atto, quando si trattidi autorità diverse da quelle di governo e da quelle dipendenti dal governo”.

    11 Vedi, per tali osservazioni, Pace, “La garanzia dei diritti fondamentali nell’ordina-mento costituzionale italiano: il ruolo del legislatore e dei giudici «comuni»”, Nuove di-mensioni nei diritti di libertà. Scritti in onore di Paolo Barile, Padova, 1990, 122-123. Inproposito v. pure Capurso, I giudici della Repubblica, Milano, 1977, 22 ss.

  • avuto un’influenza anche sul potere di interpretazione del giudice e sulmodo come questo è stato esercitato, ponendo il giudice a contatto con ilpluralismo dei valori espressi dal testo costituzionale ed ampliando quin-di i poteri interpretativi ed il carattere creativo della relativa attività. L’at-tribuzione al giudice comune di una simile funzione nel giudizio sulleleggi ha contribuito certamente ed in maniera determinante alla forma-zione democratica e all’elevazione culturale della magistratura,12 raffor-zando altresì la sua posizione di indipendenza, sia nei rapporti con gli al-tri poteri dello Stato, sia all’interno della stessa.13

    L’integrazione, a seguito del carattere rigido della Costituzione, delprincipio di subordinazione del giudice alla legge con la subordinazionealla legge “purchè conforme ai principi costituzionali”, impone al giudi-ce di svolgere, prima di applicare una legge, un previo giudizio, seppurein via sommaria e delibatoria, sulla esistenza, anche a livello solo dubita-tivo, di vizi di costituzionalità. Il giudice infatti è tenuto in questi casi asollevare anche d’ufficio la questione di costituzionalità e quando unadelle parti esplicitamente lo richieda, a fornire una motivata risposta cir-ca le ragioni che lo inducono a non rimettere la questione alla Corte.14

    Ciò comporta il realizzarsi di una sorta di controllo diffuso sulla costi-tuzionalità della legge, seppure in via di primo, sommario esame e coneffetti limitati inter partes.

    La possibilità di sollevare questioni di costituzionalità ha indubbia-mente affinato le potenzialità interpretative del giudice comune nei con-

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    12 Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, Bologna, 1977, 505, rileva come “non èesagerato dire che è al ruolo attribuito ai giudici di sollevare incidentalmente le questionidi costituzionalità sulle leggi che va ascritta in larga misura la crescita culturale e politicache si è verificata negli anni scorsi nella magistratura del nostro paese e ne ha fatto unaforza viva nell’insieme dell’organizzazione costituzionale”.

    13 In senso contrario, partendo da un diverso concetto di indipendenza del giudice eattribuendo alla stessa un diverso significato, v. Mezzanotte, Sulla nozione di indipenden-za del giudice, in Magistratura, Csm e principi costituzionali, Bari, 1994, 6-9, il quale ri-leva come l’indipendenza del giudice, all’impatto con la pluralità dei valori costituziona-li, si converte nel suo opposto: garanzia di politicità del giudice nel nome del pluralismo,cessando così di essere sinonimo di terzietà per trasformarsi “in salvaguardia di libertàideologica, quasi sinonimo di libera autodeterminazione del giudice, conquistata attraver-so l’uso della tecnica giuridica e protetta dalle forme della giurisdizione”.

    14 L’articolo 24 l. 11 marzo 1953 n. 87 stabilisce infatti che “l’ordinanza che respingala eccezione di illegittimità costituzionale per manifesta irrilevanza o infondatezza, deveessere adeguatamente motivata”.

  • fronti del testo costituzionale —favorendo altresì il sorgere di uno spiritocritico verso la legge e quindi il Parlamento, ritenuti onnipotenti ed asso-lutamente intoccabili nel periodo precedente— ed i provvedimenti di ri-messione di questioni di costituzionalità alla Corte da parte dei giudicicomuni sono andati via via aumentando nel numero e anche nella qualitàdelle motivazioni poste a fondamento delle stesse, specialmente ad ini-ziare dalla metà degli anni sessanta. Spesso infatti le ordinanze di rinviorisultano ampiamente e diffusamente motivate in ordine al requisito della“non manifesta infondatezza”, attraverso specifiche e articolate interpre-tazioni del principio o dei principi costituzionali invocati come parame-tro, tanto da dare l’impressione che il giudice si sia formato una precisaconvinzione (più che un semplice dubbio) circa il contrasto della disposi-zione impugnata con la Costituzione.

    L’estensione del carattere “diffuso” dalla fase dell’iniziativa a quellaanche del giudizio —a seguito ed in considerazione del principio dellac.d. interpretazione adeguatrice o conforme, sul quale tornerò specifica-mente tra poco—15 può dare una giustificazione, certamente accanto adaltre ragioni, del fatto che stiamo invece assistendo negli ultimi anni aduna perdita di significato, sia sotto l’aspetto quantitativo che sotto quelloqualitativo, del giudizio incidentale rispetto al ruolo dallo stesso svoltonegli anni precedenti, pur sembrando non del tutto corretto o quanto me-no eccessivo parlare di una “crisi del giudizio in via incidentale” comemodo di accesso “normale” alla Corte costituzionale.16

    ESTUDIOS EN HOMENAJE A HÉCTOR FIX-ZAMUDIO330

    15 Cfr., infra, paragrafo X.16 In tal senso Siclari, “Verso il ricorso diretto a tutela dei diritti fondamentali?”, Par

    condicio e Costituzione, a cura di Modugno, Milano, 1997, 133.Di recente Ruggeri (“Presentazione”, Le zone d’ombra della giustizia costituziona-

    le. I giudizi sulle leggi, Atti del Seminario del Gruppo di Pisa tenutosi a Genova il 10marzo 2006, in corso di pubblicazione presso la casa editrice Giappichelli di Torino) hasottolineato come la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione ha fattosegnare un notevole aumento delle questioni affrontate dalla Corte in sede di giudizio invia principale rispetto a quelle esaminate in base alla via incidentale, convertendo il ruolodella stessa da giudice dei diritti ad arbitro dei conflitti.

    Il fenomeno è stato altresì segnalato dal presidente della Corte Valerio Onida, nelcorso della sua relazione annuale sulla giustizia costituzionale nel 2005, il quale ha ricor-dato come, nel corso del 2004 e guardando ai provvedimenti adottati con la forma di sen-tenza, si sia assistito addirittura ad uno storico sorpasso del numero delle pronunce chehanno deciso giudizi sulle leggi attivati in via principale rispetto a quelle che hanno defi-nito giudizi proposti in via incidentale dai giudici.

  • IV. IL RAPPORTO TRA CORTE E GIUDICI ATTRAVERSO I MOMENTIPIÙ SIGNIFICATIVI DI CINQUANTA ANNI DI GIURISPRUDENZA

    SUL CONTROLLO DELLE LEGGI IN VIA INCIDENTALE.A) LA LEGITTIMAZIONE A PROPORRE ECCEZIONI DI

    COSTITUZIONALITÀ: LA NOZIONE DI “GIUDICE” E DI “GIUDIZIO”E LA SUA DIVERSA INTERPRETAZIONE NEL PRIMO PERIODO

    (1956-1970) RISPETTO A QUELLO SUCCESSIVO

    Nel ricordare e sottolineare quelli che ritengo siano stati i momentipiù significativi, nel corso dei cinquanta anni di funzionamento dellagiustizia costituzionale in Italia, del rapporto instauratosi tra Corte e giu-dici comuni, può risultare utile suddividere gli stessi a seconda che fac-ciano riferimento: a) alla legittimazione della autorità giudiziaria a pro-porre le eccezioni di costituzionalità ossia alla determinazione, da partedella giurisprudenza costituzionale, della nozione di “giudice” e di “giu-dizio”, nell’ambito del quale l’eccezione può essere sollevata; b) al mo-mento della proposizione della questione e quindi all’esame delibatoriodella stessa che il giudice è chiamato a svolgere d’ufficio o su istanza diparte; c) al seguito delle decisioni pronunciate dalla Corte, vale a direall’efficacia a queste riconosciuta da parte dei giudici.

    Con riguardo al primo aspetto, il prevalere dell’interesse pubblico allacostituzionalità delle leggi rispetto agli interessi concretamente fatti vale-re davanti al giudice a quo, comporta la necessità di un’interpretazionelata degli stessi, al fine di ampliare l’accesso alla Corte e quindi la possi-bilità di eliminare leggi incostituzionali.

    Ciò trova conferma, e contemporaneamente dà una spiegazione, dellainterpretazione estensiva seguita dalla giurisprudenza costituzionale so-prattutto nei primi quindici di attività, fase durante la quale la Corte,sempre allo scopo di eliminare il maggior numero possibile di dubbi dilegittimità costituzionale, non ha esitato ad interpretare l’ordinanza di rin-vio e ad andare a cercare la questione anche quando questa non fosse es-pressa del tutto chiaramente nel provvedimento di rinvio e con l’osser-vanza puntuale di tutte le regole.

    Nel corso di questo periodo (1956-1971) e con riguardo a questioniinviatele da soggetti facenti parte dell’ordine giudiziario, la Corte ha se-guito e sostenuto, con il consenso quasi unanime della dottrina, una let-

    ROBERTO ROMBOLI 331

  • tura ampia ed estensiva dei termini “giudice” e “giudizio”. Fin dal 1957infatti ha avuto modo di chiarire come tali termini sono adoperati dal le-gislatore in maniera generica e con vario significato, per cui se è veroche l’ordinamento ha condizionato la proponibilità di una questione dilegittimità costituzionale all’esistenza di un giudizio, è anche vero che èl’interesse pubblico alla certezza del diritto e all’attuazione della Costitu-zione, con eliminazione delle leggi con essa in contrasto, a dover preva-lere e ad imporre alla Corte di non distinguere, ai fini dell’ammissibilità,a seconda del tipo di giudizio o di processo, categorie dai confini spessoincerti e contestati.

    La Corte ritiene che quando l’autorità giudiziaria, chiamata ad attuarela legge nel caso concreto, dubiti della sua legittimità, essa deve inviare laquestione alla Corte, di modo che la proponibilità dell’eccezione non di-pende dalla qualificazione del procedimento in corso, ma dal fatto che ilgiudice ritenga il dubbio non manifestamente infondato, in quanto diver-samente si arriverebbe alla inaccettabile conseguenza di un giudice cos-tretto ad applicare una legge rispetto alla quale nutre fondati dubbi dicostituzionalità.

    L’esame della giurisprudenza costituzionale di questo primo periodomostra che la Corte ha ritenuto importante e condizione necessaria e suf-ficiente che la questione fosse sollevata da un’autorità inserita stabilmen-te nell’ordine giudiziario, reputando superflua ed irrilevante qualunquealtra indagine sul tipo di attività svolta, mentre non ha avuto concrete ap-plicazioni e sviluppi in questi anni l’ipotesi di organi estranei all’ordinegiudiziario, ma eccezionalmente investiti di funzioni giudicanti che av-rebbe potuto condurre ad una nozione “sostanziale” di giudice, specificaper il processo costituzionale e fondata essenzialmente sul tipo di attivitàe di funzioni svolte.

    Negli anni successivi, sempre con riguardo a questioni sollevate dasoggetti sicuramente inseriti nell’ordine giudiziario, assistiamo ad unachiara e netta inversione di tendenza in senso restrittivo, in evidente con-trasto con alcune delle affermazioni sostenute nel periodo precedente.

    I casi in cui viene negata al “giudice” la legittimazione ad investire diuna questione la Corte si fanno più numerosi e questa introduce un limi-te, nuovo per la sua giurisprudenza, alla possibilità di sollevare questionidi costituzionalità, cioè il carattere giurisdizionale e non amministrativo

    ESTUDIOS EN HOMENAJE A HÉCTOR FIX-ZAMUDIO332

  • delle funzioni dell’autorità giudiziaria remittente, giungendo alla dichia-razione di inammissibilità di questioni sollevate da un giudice fornito dipoteri di decisione, in quanto questi sono esercitati nell’ambito di un pro-cedimento a carattere amministrativo e non giurisdizionale.

    La Corte quindi, a differenza di quanto riscontrato nel periodo prece-dente, non si accontenta più, al fine di riconoscere la legittimazione, chela questione sia stata sollevata da un “giudice” nell’atto di applicare unadisposizione ad un caso concreto, ma richiede che ciò avvenga nel corsodi un procedimento avente carattere giurisdizionale e che la soluzionedell’eccezione sia pregiudiziale per l’emanazione di un provvedimentogiurisdizionale.

    Il concetto di “potere decisorio”, elaborato dalla Corte costituzionaleal fine di riconoscere o negare la legittimazione del giudice, pare doversiintendere in senso ampio, non cioè come provvedimento che definisce ilgiudizio (il che, tra l’altro escluderebbe la possibilità di sollevare ecce-zione di legittimità costituzionale delle norme processuali), ma generica-mente come “decisione” in ordine a una questione rientrante nella com-petenza del giudice e per la soluzione della quale egli ritenga di dovernecessariamente applicare la legge di cui sospetta l’incostituzionalità.

    A differenza di quanto accaduto nel primo periodo, successivamentela Corte ha preso in considerazione, anche se in misura limitata, l’even-tuale esistenza di vizi del procedimento a quo, al fine di pronunciarsi su-lla legittimazione del giudice rimettente, escludendo la stessa nel caso diun giudice manifestamente privo della competenza o della giurisdizionein ordine al giudizio principale.

    La Corte, cioè —pur ribadendo la propria posizione secondo cui even-tuali vizi attinenti alla legittima instaura- zione del giudizio a quo non so-no soggetti al riesame da parte del giudice delle leggi, “poiché l’autono-mia del giudizio di costituzionalità rispetto a quello da cui proviene laquestione preclude alla Corte medesima di sostituirsi materialmente algiudice rimettente nel compiere la valutazione relativa ai prerequisitiprocessuali che precedono l’incardinamento del giudizio di costituziona-lità” (sent. 163/1993)— ha ammesso la possibilità della stessa di rilevareil difetto di competenza o di giurisdizione del giudice a quo, quando essorisulti macroscopico ed accertabile ictu oculi, tale che nessun dubbiopossa aversi sulla sussistenza di quel vizio.

    ROBERTO ROMBOLI 333

  • V. SEGUE: LE POCHE IPOTESI IN CUI LA CORTE HA ACCOLTOUNA NOZIONE “SOSTANZIALE” DI “GIUDICE” AI SOLI FINI

    DEL GIUDIZIO COSTITUZIONALE (CORTE COSTITUZIONALE COMEGIUDICE A QUO, LA SEZIONE DISCIPLINARE DEL CSM, LA CORTEDEI CONTI IN SEDE DI CONTROLLO E GLI ARBITRI NELL’AMBITO

    DELL’ARBITRATO RITUALE). L’ESCLUSIONE DEL CONSIGLIO DI STATO,IN SEDE DI RICORSO STRAORDINARIO AL CAPO DELLO STATO E DEGLI

    ORGANI DEL PUBBLICO MINISTERO. LA NOZIONE DI “GIUDIZIO”

    La Corte costituzionale solo raramente ha ritenuto di accogliere unanozione “funzionale” e “sostanziale” di “giudice” e di “giudizio” ai solie limitati fini del giudizio di costituzionalità, ritenendo cioè sufficiente lasussistenza dell’esercizio di funzioni giudicanti per l’obiettiva applica-zione della legge da parte di soggetti, pure se estranei all’organizzazionedella giurisdizione e posti in posizione super partes.

    Questo finora si è infatti verificato solamente in poche occasioni, laprima delle quali relativa alla legittimazione della stessa Corte costitu-zionale come giudice a quo, nonostante ad altri versi e per altri effetti es-sa abbia in più occasioni negato di poter essere qualificata come autoritàgiudiziaria, mentre altre si sono verificate alcuni anni addietro con riferi-mento alla legittimazione della sezione disciplinare del Csm,17 nonchè alfine di poter giudicare sulle leggi di spesa —che non si prestano ad esse-re applicate in giudizi comuni— con riguardo alla Corte dei conti in sededi controllo, rispetto alla quale la legittimazione è stata riconosciuta “li-mitatamente a profili attinenti alla copertura finanziaria delle leggi dispesa, perchè il riconoscimento della relativa legittimazione, legata allaspecificità dei suoi compiti nel quadro della finanza pubblica, si giustifi-ca anche con l’esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggiche, come nella fattispecie in esame, più difficilmente verrebbero per al-tra via, ad essa sottoposte”.18

    L’ultima, più recente occasione è quella relativa alla legittimazione asollevare questioni di costituzionalità da parte degli arbitri, nell’ambitodell’arbitrato rituale regolato dal codice di rito. La Corte costituzionale siè infatti, inaspettatamente per i più, espressa in senso affermativo, rile-vando come l’arbitrato rituale costituisce un procedimento previsto e dis-

    ESTUDIOS EN HOMENAJE A HÉCTOR FIX-ZAMUDIO334

    17 Corte cost. 2 febbraio 1971, n. 12, Foro it., 1971, I, 536.18 Corte cost. 18 novembre 1976, n. 226, Foro it., 1977, I, 18.

  • ciplinato dal codice di procedura civile per l’applicazione obiettiva deldiritto nel caso concreto, ai fini della risoluzione di una controversia, conle garanzie del contraddittorio e di imparzialità tipiche della giurisdizio-ne civile e concludendone che il giudizio arbitrale non si differenzia daquelli che si svolgono davanti al giudice per la ricerca e l’interpretazionedelle norme applicabili, tra le quali ovviamente debbono ritenersi com-prese anche quelle costituzionali. La Corte giunge così alla conclusioneche “in un assetto costituzionale nel quale è precluso ad ogni organo giu-dicante tanto il potere di disapplicare le leggi, quanto quello di definireil giudizio applicando leggi di dubbia costituzionalità, anche gli arbitri, ilcui giudizio è potenzialmente fungibile con quello degli organi della giu-risdizione, debbono utilizzare il sistema di sindacato incidentale sulleleggi”.19

    L’allargamento della legittimazione agli arbitri è stata accolta con en-tusiasmo da quanti si erano espressi già precedentemente in senso favo-revole, parlando di sentenza “oltre che storica, coraggiosa, ragionevole eutile”,20 mentre altri, più moderatamente, hanno ritenuto la decisione inquestione apprezzabile, ma non affatto necessitata, dal momento che lapossibilità, per l’arbitro, di disapplicare la legge ritenuta incostituzionaleera praticabile e non produceva inconvenienti di rilievo ed hanno sottoli-neato gli indubbi inconvenienti che potrebbero derivare da un punto divista pratico (redazione dell’ordinanza, invio degli atti, notifiche, comu-nicazioni ecc.) per i collegi arbitrali, o segnatamente per alcuni tipi, co-me ad esempio quelli tecnici di cui non fa parte alcun giurista.21

    La riconosciuta legittimazione a favore degli arbitri aveva fatto ritene-re22 che analoga soluzione sarebbe stata seguita dalla Corte anche con ri-

    ROBERTO ROMBOLI 335

    19 Corte cost. 28 novembre 2001, n. 376, Foro it., 2002, I, 1648.20 Briguglio, “Cittadini più tutelati nell’arbitrato rituale”, Il Sole 24 Ore, 25 novem-

    bre 2001.21 Luiso, “Sulla legittimazione del giudice privato a sollevare una questione di costi-

    tuzionalità”, Giust. civ., 2002, II, 59 ss., il quale ritiene che la decisione debba valere pu-re per l’arbitrato irrituale, quando le parti chiedono all’arbitro una decisione della contro-versia, mentre non può valere neppure per l’arbitrato rituale allorchè gli arbitri sianochiamati a giudicare secondo equità, essendo chiaramente irrilevante la risoluzione dellaquestione di costituzionalità di una disposizione normativa dalla quale essi possono pres-cindere per la soluzione della controversia loro sottoposta.

    22 Esposito, “Si aprono le «porte del cielo»: dall’arbitrato al ricorso straordinario alPresidente della Repubblica”, Giur. cost., 2001, 3757 ss.

  • guardo al Consiglio di Stato, in sede di ricorso straordinario al capo delloStato,23 cosa che invece non è accaduta.

    Il problema si è infatti concretamente posto al giudizio della Corte nelcorso del 2004 ed è stato specificamente affrontato e risolto in senso ne-gativo.

    Il Consiglio di Stato, nell’esporre le ragioni a fondamento della pro-pria legittimazione non si richiamava però alla sent. 376/2001, ma svol-geva principalmente due rilievi, il primo dei quali relativo alla pronunciacon cui la Corte di giustizia delle Comunità europee24 ha ritenuto che ilConsiglio di Stato in sede di emissione di parere su ricorso straordinarioal Capo dello Stato costituisce una giurisdizione nazionale ai fini dellaproposizione di questioni pregiudiziali alla stessa Corte Cee, ai sensi dell’articolo 234 del Trattato, fondando tale affermazione sulla constatazionedella presenza di tutta una serie di elementi (origine legale, carattere per-manente, indipendenza, obbligatorietà del suo intervento, esistenza delcontraddittorio ecc.) che avrebbero dovuto far concludere per la legitti-mazione dello stesso organo anche a sollevare l’incidente di costituzio-nalità in ambito nazionale.

    Il secondo riferimento veniva fatto alla ricordata giurisprudenza costi-tuzionale che ha legittimato, attraverso una nozione “sostanziale” di “giu-dice” e di “giudizio” ai limitati fini del giudizio di costituzionalità, laCorte dei conti, nell’esercizio delle funzioni di controllo di legittimitàdegli atti governativi, ritenendo le ragioni poste a fondamento di tale le-gittimazione valide anche per la posizione del Consiglio di Stato in sededi ricorso straordinario al Capo dello Stato.

    ESTUDIOS EN HOMENAJE A HÉCTOR FIX-ZAMUDIO336

    23 La dottrina ha da tempo posto in rilievo come pare indubbia la presenza nel proce-dimento in parola di tutta una serie di elementi o “sintomi” di giurisdizionalità e di altriche invece ne evidenziano il carattere amministrativo, cfr. Esposito, “Ricorso straordina-rio al Presidente della Repubblica e giudizio incidentale di legittimità costituzionale: ana-cronismi decisori del giudice delle leggi”, Giur. cost., 2004, 2249; Tarasco, “La funzioneconsultiva come attività (para)giurisdizionale: questione di costituzionalità deferibile an-che nel ricorso straordinario al capo dello Stato”, Foro amm.-Cons. Stato, 2003, 3874 e“Consiglio di Stato: anche una sezione consultiva può sollevare eccezioni alla Corte cos-tituzionale”, Guida al dir., 2004, 16, 110; Pozzi, Ricorso straordinario al Capo delloStato e principi costituzionali (www.giustizia-amministrativa.it); Pignatelli, “La naturadel ricorso straordinario e la nozione di “giudizio”: la Corte costituzionale e l’«ircocer-vo»”, Giur. cost., 2005, 2149.

    24 Corte Cee, 16 ottobre 1997, cause riunite da C-69/96 a C-70/96, Foro it., 1997, IV,p. 401.

  • La Corte costituzionale ha risolto il problema sostenendo la naturaamministrativa del ricorso straordinario al Presidente della repubblica,citando allo scopo specificamente l’articolo 14, 1 comma, d.p.r. 1199/1971, in base al quale, ove il ministro competente intenda proporre alCapo dello Stato una decisione difforme dal parere del Consiglio di Sta-to, deve sottoporre l’affare alla deliberazione del consiglio dei ministri, ilcui provvedimento, sottolinea la Corte, non può essere, all’evidenza, ri-tenuto di carattere giurisdizionale. In ordine ai due rilievi svolti dal Con-siglio di Stato, la Corte rileva come in entrambi i casi la giurisprudenzacitata non è pertinente, in quanto riferita a situazioni diverse e particola-ri: non quella europea, in quanto relativa ad un tipo di legittimazione di-versa rispetto a quella di sollevare eccezioni di costituzionalità, non que-lla interna, in quanto la legittimazione della Corte dei conti era statamotivata per l’esigenza di sottoporre allo scrutinio di costituzionalità leg-gi che altrimenti ad esso sfuggirebbero.25

    La Corte costituzionale ha poi escluso che il pubblico ministero possaessere equiparato al giudice ai fini della rimessione di questioni di costi-

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    25 Corte cost., 21 luglio 2004, n. 254, Foro it., 2005, I, 1662.L’accoglimento di una nozione “sostanziale” di “giudice”, ai limitati fini del pro-

    cesso costituzionale e di “giudizio” potrebbe condurre la Corte ad estendere la legittima-zione a sollevare eccezioni di costituzionalità ad altri soggetti chiamati ad applicare lalegge in posizione di indipendenza dagli altri poteri dello Stato e di imparzialità rispettoalle parti interessate, quali ad esempio il pubblico ministero, la Banca d’Italia, il Consi-glio superiore della magistratura, alcune autorità amministrative indipendenti, rispettoalle quali è stato sottolineato come ricorrano ragioni analoghe a quelle poste dalla Corte agiustificazione della legittimazione degli arbitri e delle altre ipotesi di legittimazione “ailimitati fini”, potendo il Garante essere costretto a far applicazioni di disposizioni pur ri-tenendo le stesse in probabile contrasto con la Costituzione e trattandosi di leggi chespesso hanno scarsa possibilità di essere applicate in un giudizio comune. Finora la Cortenon ha avuto modo di pronunciarsi sul punto, non essendosi ancora verificata l’ipotesi diuna questione di costituzionalità sollevata da parte di un’autorità amministrativa indipen-dente. La possibilità di intendere in maniera più o meno ampia le nozioni in discorso èdimostrata dal raffronto con l’interpretazione seguita da parte della Corte di giustizia Ceein ordine alla c.d. pregiudiziale comunitaria, ai sensi dell’articolo 234 del Trattato, dovesi parla analogamente di “giudizio pendente davanti ad una giurisdizione nazionale”.Ebbene la Corte costituzionale, mentre si ritiene legittimata a sollevare questioni di fron-te a se stessa come giudice a quo, nega la sua legittimazione a proporre questioni inter-pretative alla Corte di Lussemburgo e gli arbitri, mentre sono stati considerati “giudici”dalla Corte costituzionale, non sono “giurisdizione nazionale” per la Corte di giustizia, laquale, a sua volta ha ritenuto legittimato il Consiglio di Stato, in sede di ricorso straordi-nario, mentre la nostra Corte, come detto, si è espressa in senso contrario.

  • tuzionalità, in quanto il p.m. ha una propria e distinta configurazione or-dinamentale ed ha il potere di esercitare l’azione penale, ma non di emet-tere provvedimenti decisori, non può quindi sostituirsi all’autorità giuris-dizionale e di conseguenza non è legittimato a promuovere il giudizio dilegittimità costituzionale.26

    Quanto infine alla nozione di “giudizio”, esso è stato sempre intesonel senso di procedimento di natura giurisdizionale, escludendo conse-guentemente la possibilità di sollevare questioni di costituzionalità daparte di un giudice nell’ambito di procedimenti aventi carattere amminis-trativo, quali ad esempio quelli relativi all’autorizzazione all’astensionedel giudice, alla concessione del nulla-osta per l’espulsione dello stranie-ro, alla liquidazione dell’indennità di missione ai giudici popolari o allanomina di estranei all’amministrazione, destinati a presiedere, a rotazio-ne, il collegio arbitrale di disciplina per i dipendenti del comune richie-dente.

    VI. B) LA FASE DELIBATORIA: IL GIUDIZIO DI RILEVANZAE QUELLO DI NON MANIFESTA INFONDATEZZA SVOLTO

    DAL GIUDICE ED IL CONTROLLO DEL MEDESIMO

    AD OPERA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

    Per quanto concerne l’aspetto relativo invece alla fase delibatoria (subb), secondo quanto dispone l’articolo 23, 1, 2 e 3 comma, l. 11 marzo1953 n. 87, il giudice, dietro apposita istanza avanzata da una delle partiin causa o d’ufficio, deve sollevare questione di legittimità costituzionale

    ESTUDIOS EN HOMENAJE A HÉCTOR FIX-ZAMUDIO338

    26 La Corte costituzionale ha inoltre escluso la legittimazione a sollevare questioni dicostituzionalità da parte ad esempio di organi giurisdizionali nell’esercizio di funzioniamministrative, del consiglio comunale, della commissione elettorale mandamentale,dell’ufficio elettorale circoscrizionale e del collegio centrale di garanzia elettorale, delcomandante di porto, dei consigli locali dell’ordine degli avvocati e dei collegi locali deiragionieri, dei notai, mentre ha ammesso le questioni sollevate dal Giudice istruttore civi-le, quando questi debba applicare una disposizione processuale allo scopo di emettere unprovvedimento di sua esclusiva competenza, dal giudice di sorveglianza, dalle commis-sioni tributarie, dal commissario regionale per il riordinamento degli usi civici, dallacommissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’ufficio italiano brevetti e marchi, dalconsiglio nazionale forense e dal consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali,dal consiglio della magistratura militare, dall’ufficio centrale per il referendum presso laCorte di cassazione e dall’ufficio regionale per il referendum.

  • allorché dubiti che una determinata disposizione possa porsi in contrastocon la Costituzione, potendo evitare di farlo solo nel caso in cui, con ri-guardo all’istanza di parte, ritenga l’eccezione proposta assolutamentepriva di qualsiasi reale fondamento; essa cioè deve rivelarsi “non mani-festamente infondata”. Accanto a questa condizione l’articolo 23 l. 87/53pone l’altra secondo cui deve trattarsi di una disposizione che il giudiceritenga necessaria ed indispensabile per la decisione del processo (o diun momento dello stesso) pendente davanti a lui (concetto di “rilevanza”della questione di costituzionalità).27

    Circa il rapporto tra Corte costituzionale e giudici comuni riguardo algiudizio di rilevanza, la prima, nonostante le iniziali posizioni contrarieespresse dalla quasi unanime dottrina e pur riconoscendo formalmenteche il giudizio sulla rilevanza spetta al giudice, ha sempre esercitato, econtinua a farlo, un controllo sul giudizio svolto dall’autorità giudiziaria,pur se definendo lo stesso come un controllo “esterno” e limitato al ca-rattere plausibile della motivazione, la quale può essere censurata solo sepalesemente arbitraria o affetta da vizio logico o contraddittoria, non uni-voca o tale da non consentire la verifica del necessario nesso di strumen-talità.

    L’essersi comunque la Corte assunto il compito di sindacare la sussis-tenza del requisito della rilevanza ha portato in alcuni casi ad una con-trapposizione tra la Corte, che ha ritenuto la disposizione impugnata nonapplicabile nel giudizio principale ed il giudice di quel processo il quale,al contrario, sosteneva di non poterne prescindere.

    Si è infatti verificato che l’autorità giudiziaria rimettente, a fronte de-lla decisione della Corte di inammissibilità della eccezione per difetto dirilevanza, ha ritenuto di non poter condividere simile valutazione e con-siderando di dover invece far applicazione della norma censurata ha nuo-vamente rimesso la questione all’esame della Corte, la quale ha rispostoche, in presenza di una pronuncia di carattere decisorio, quale quella cheaccerta il vizio (non sanabile da parte del giudice) della irrilevanza, nonè consentito di riproporre la stessa questione nell’ambito dello stesso

    ROBERTO ROMBOLI 339

    27 A queste due tradizionali condizioni, la più recente giurisprudenza costituzionalene ha aggiunta una terza, vale a dire l’obbligo per il giudice di sperimentare, prima di so-llevare l’eccezione di costituzionalità, la possibilità di una interpretazione “adeguatrice”,cioè in linea con la Costituzione e tale da superare quindi il dubbio di costituzionalità.Sul punto v., infra, paragrafo 10.

  • giudizio, poiché ciò realizzerebbe una impugnazione della decisione de-lla Corte, inammissibile ai sensi dell’articolo 137 costituzionale.28

    Per quanto concerne invece il giudizio svolto dal giudice comune inordine alla sussistenza della condizione di “non manifesta infondatezza”del dubbio di costituzionalità, è sembrato, specie nella seconda metà delcinquantennio della giurisprudenza costituzionale, porsi in rapporto conle pronunce di manifesta infondatezza della Corte costituzionale.

    Sebbene queste ultime non possano certamente ritenersi una forma dicontrollo sull’esame delibatorio svolto dal giudice, pare indubbio chel’oggetto su cui sono chiamati a svolgere il proprio giudizio il giudice aquo prima e la Corte costituzionale dopo, è sostanzialmente identico,consistendo nel valutare se la questione proposta appaia sorretta da qual-che fondamento oppure non sia chiaramente priva di qualsiasi reale con-sistenza, nel qual caso il giudice non deve rimettere la questione al giudi-zio della Corte e questa, qualora ciò avvenga, può dichiarare la manifestainfondatezza con ordinanza emessa in camera di consiglio.29

    ESTUDIOS EN HOMENAJE A HÉCTOR FIX-ZAMUDIO340

    28 Così specificamente Corte cost., ord. 28 marzo 2000, n. 87, Giur. cost., 2000, 873e ord. 14 marzo 2003, n. 63, ivi, 2003, 590.

    Nel senso che sarebbe ipotizzabile, in casi simili, un potere del giudice di disappli-care la disposizione ritenuta contrastante con la Costituzione, v. Pizzorusso, “«Verfas-sungsgerichtsbarkeit» o «Judicial review of legislation»”, Foro it., 1979, I, 1933.

    29 Un elemento differenziale tra i due giudizi viene comunemente indicato nel carat-tere sommario, delibatorio della valutazione operata dal giudice a quo (il quale deve co-munque motivare “adeguatamente” l’ordinanza con cui respinge un’eccezione in quantomanifestamente infondata, ai sensi dell’articolo 24 l. 87/53) in rapporto alla natura pienadel giudizio della Corte (le cui ordinanze sono, ex articolo 18 L. 87/53, “succintamente”motivate).

    Tale differenza, sicuramente valida e presente nella legge, finisce col perdere buonaparte della sua importanza se si passa invece a considerare quale è in concreto il contenutodelle ordinanze di rinvio ed il modo come queste sono motivate dai giudici a quibus.

    Mentre infatti il requisito della rilevanza è molto spesso affermato in modo apodit-tico, dedicando a ciò poche righe, l’impegno dell’autorità rimettente è tutto concentratonel motivare, spesso in maniera assai diffusa e con dovizia di argomentazioni, la “nonmanifesta infondatezza”, tanto da dare chiaramente l’impressione che più di un semplicedubbio, fondato sul fumus boni iuris, si abbia la certezza della illegittimità costituzionaledella normativa oggetto della questione di costituzionalità, come risulta dalle espressionifrequentemente usate, secondo cui la legge si pone in “evidente”, “insanabile”, “palese”,“insuperabile” contrasto con questo o quel principio costituzionale, tanto da far pensareche, in presenza di un controllo diffuso di costituzionalità delle leggi, moltissime, senzadubbio la grande maggioranza, delle ordinanze di rinvio sarebbero decisioni di incostitu-zionalità.

  • Per questo le decisioni della Corte, anche in considerazione dei con-torni non esattamente definiti del concetto di “manifesta infondatezza”,sembrano porsi come indirizzo e guida per l’autorità giudiziaria per lavalutazione dello stesso, indicando in quali ipotesi e sussistendo qualicaratteristiche la questione di costituzionalità non deve neppure essereinviata alla Corte, ma deve essere bloccata nella fase preliminare del giu-dizio di costituzionalità.

    Tale significato è apparso decisamente più evidente allorché la Cortecostituzionale ha iniziato a fare ricorso a questo tipo di decisione nonsoltanto, come avveniva nei primi trenta anni di funzionamento, ad indi-care che sulla stessa questione la Corte si era già pronunciata, ma anchel’assoluta, evidente, inconsistenza di questioni portate per la prima voltaal suo controllo oppure quando la manifesta infondatezza viene dichiara-ta, sulla base di argomentazioni e motivazioni contenute in precedentisentenze aventi ad oggetto disposizioni e casi diversi, anche se analoghi,estendendo in via analogica alle nuove questioni le argomentazioni svol-te nelle precedenti decisioni e ritenendo che le rationes decidendi in esseespresse dovevano considerarsi applicabili anche a quelle, con la conse-guenza di rendere le stesse non solo infondate, ma manifestamente infon-date.

    VII. SEGUE: L’ORDINANZA DI RINVIO ED IL PRINCIPIO DELLA C.D.AUTOSUFFICIENZA DELLA STESSA. LA NECESSARIA PREGIUDIZIALITÀ

    DELLA QUESTIONE E L’IPOTESI DI DOPPIA PREGIUDIZIALITÀ

    (COSTITUZIONALE E COMUNITARIA)

    Il provvedimento attraverso il quale il giudice si pone in diretto con-tatto con la Corte costituzionale è rappresentato dall’ordinanza di rinvio,con la quale l’autorità giudiziaria deve motivare il proprio giudizio posi-tivo in ordine alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza e deve in-dicare i termini della questione ossia le specifiche norme di legge impug-nate ed i parametri costituzionali che si ritengono violati. La Corte infattiha ritenuto illegittima la prassi seguita da alcuni giudici di sospendere, aisensi dell’articolo 295 c.p.c., il procedimento, quando si trovano ad ap-plicare una disposizione di cui sospettano l’incostituzionalità, la quale ègià stata fatta oggetto di altra questione sollevata da altro giudice o dallostesso giudice nel corso di diverso procedimento e pendente quindi da-

    ROBERTO ROMBOLI 341

  • vanti alla Corte. Ciò soprattutto in considerazione del diritto (che verreb-be violato in caso di mera sospensione), riconosciuto alle parti dei giudi-zi a quibus di costituirsi nel processo costituzionale, nonchè dell’obbligodi trasmettere gli atti del giudizio principale alla Corte costituzionale.

    La Corte ha verificato con sempre maggiore attenzione, che in vari ca-si è sembrata vera pignoleria, l’esistenza di tutti i presupposti richiestiper la ammissibilità della eccezione di costituzionalità, richiedendo che ilgiudice fornisca una compiuta ed esauriente motivazione in ordine allasussistenza degli stessi, allo scopo anche di consentire ad essa di svolge-re il proprio controllo sull’effettiva rilevanza della questione e di delimi-tare i termini della medesima. Assai numerose sono infatti, specie a par-tire dalla metà degli anni ottanta, le questioni dichiarate inammissibili omanifestamente inammissibili per mancata o insufficiente motivazione inordine alla rilevanza e/o alla non manifesta infondatezza.

    Nell’ipotesi in cui la norma censurata sia stata abrogata o modificataanteriormente alla proposizione della questione, la Corte sottolinea l’o-nere, per il giudice rimettente, di specificare in modo rigoroso i motividella “perdurante rilevanza” della questione.

    Tutto ciò viene espresso attraverso il richiamo al principio della c.d.autosufficienza dell’ordinanza di rimessione, nel senso che tutti gli ele-menti richiesti per l’ammissibilità della questione debbono risultare es-clusivamente dal provvedimento di rinvio e non possono essere even-tualmente tratti dagli atti del giudizio a quo.

    Sulla base di questo principio costante è la giurisprudenza costituzio-nale nell’escludere, per il giudice, la possibilità di far rinvio, per relatio-nem, alla motivazione contenuta in altra ordinanza pronunciata dalla me-desima autorità giudiziaria nel corso di un differente giudizio oppureall’ordinanza con cui un altro giudice ha sollevato la medesima questio-ne di costituzionalità o ancora alle argomentazioni svolte dalle parti, dapassi estrapolati dagli atti difensivi o da una imprecisata eccezione diparte.

    Con riguardo alla necessaria pregiudizialità della questione di costitu-zionalità, la Corte ha precisato come il carattere di incidentalità presup-pone che il petitum del giudizio non coincida con la proposizione dellaquestione stessa. Di conseguenza ha sovente dichiarato la manifestainammissibilità di eccezioni di costituzionalità quando le stesse risulta-vano non preordinate all’applicazione di una norma necessariamente da

    ESTUDIOS EN HOMENAJE A HÉCTOR FIX-ZAMUDIO342

  • applicare nel giudizio, ma esaurivano immediatamente il petitum dellostesso, presentandosi quindi impropriamente come azione diretta controla norma censurata, in quanto l’eventuale pronuncia di accoglimento av-rebbe esaurito la richiesta nel giudizio a quo, non essendo possibile indi-viduare, una volta venuta meno la norma censurata, quale provvedimen-to ulteriore avrebbe dovuto essere emesso dal giudice per realizzare latutela della situazione giuridica fatta valere dal ricorrente.

    Il giudice comune riveste, come noto, ad un tempo il ruolo di giudicenazionale e di giudice comunitario ed in quest’ultima veste ha la possibi-lità, in certi casi l’obbligo, di rivolgersi, in via pregiudiziale, alla Cortedi giustizia di Lussemburgo per problemi interpretativi relativi alla nor-mativa comunitaria da applicare.

    In considerazione di ciò egli può trovarsi di fronte ad una situazioneche potrebbe presentargli entrambe le necessità, ossia quella di sollevareuna questione di costituzionalità e quella di investire la Corte europeadella questione interpretativa, ambedue da esercitare in via preventivarispetto al giudizio principale. Da qui la possibilità di trovarsi di frontead una “doppia pregiudizialità”, costituzionale l’una, comunitaria l’altrae di dover decidere se esercitarle entrambe in contemporanea oppure aquale delle due dare la precedenza.30

    In proposito la Corte ha esplicitamente affermato il principio secondocui in caso di sostanziale coincidenza tra la questione di costituzionalitàproposta in via incidentale, ed attinente al contrasto delle disposizioniimpugnate con il diritto comunitario, con l’oggetto di un giudizio comu-

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    30 Di recente, di fronte ad un giudice che aveva esercitato entrambe le pregiudizialitàcontemporaneamente, la Corte ha risposto dichiarando manifestamente inammissibile laquestione di costituzionalità, per manifesta contraddittorietà della stessa, in quanto la pre-giudiziale comunitaria tende ad accertare se la norma censurata sia compatibile con l’or-dinamento comunitario, e quindi applicabile nell’ordinamento italiano, mentre la questio-ne di costituzionalità presuppone che la norma, di cui il giudice stesso ha sollecitatol’interpretazione della Corte di giustizia, sia applicabile (ord. 21 marzo 2002, n. 85, Giur.cost., 2002, 774).

    In dottrina cfr. Sorrentino, “E’ veramente inammissibile il «doppio rinvio»?”, inGiur. cost., 2002, 783, il quale rileva come il contemporaneo rinvio, da parte del giudice,pur se contrario sul piano dei principi processuali, appare come per niente contraddittoriodi fronte al rifiuto della Corte di rimettere essa stessa al giudice comunitario il quesito in-terpretativo. Sul punto v. pure Celotto, “Ancora un’occasione perduta per mettere chia-rezza sulle interferenze fra giudizio di costituzionalità e giudizio di «comunitarietà»”, ivi,2004, 1732.

  • nitario pendente davanti alla Corte di giustizia, deve essere riconosciutaprecedenza alla pregiudiziale comunitaria ed ha disposto il rinvio a nuo-vo ruolo del giudizio costituzionale, in attesa della pronuncia della Corteeuropea.31

    VIII. SEGUE: I VIZI CHE CON MAGGIORE FREQUENZA LA CORTE HARIMPROVERATO AL GIUDICE, SUDDIVISI A SECONDA CHE RIGUARDINO

    LA MOTIVAZIONE DELL’ORDINANZA DI RINVIO, LA DETERMINAZIONE

    DELL’OGGETTO DELLA QUESTIONE O L’USO IMPROPRIO

    DELL’INCIDENTE DI COSTITUZIONALITÀ

    Venendo più specificamente alla indicazione dei vizi che, con maggio-re frequenza, la Corte costituzionale ha rimproverato al giudice, sanzio-nandolo con la dichiarazione di inammissibilità (semplice o manifesta)della questione sollevata, essi possono essere raggruppati in tre diversecategorie, a seconda che riguardino: a) la motivazione dell’ordinanza dirinvio; b) la determinazione dell’oggetto della questione; c) l’uso impro-prio dell’eccezione di costituzionalità.

    Per la prima categoria vengono innanzi tutto in considerazione —aparte i casi di valutazione della rilevanza palesemente erronea— le moltedecisioni con cui la Corte rileva, come già detto, la totale mancanza o co-

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    31 Nella specie il rinvio a nuovo ruolo è stato disposto sulla base della indicazione,dall’Avvocatura dello Stato, secondo cui sulla medesima questione era pendente un giu-dizio davanti alla Corte comunitaria, proposto da alcuni giudici nazionali, diversi da que-lli che avevano sollevato l’eccezione di costituzionalità (Corte cost. 1o. giugno 2004, n.165, Foro it., 2004, I, 2299).

    Si vedano in proposito Cartabia, Weiler, L’Italia in Europa, Bologna, 2000, 194ss., dove si pone in rilievo come la Corte costituzionale chiede che il giudice risolva pre-ventivamente la pregiudiziale comunitaria, mentre per il giudice non di ultima istanza ciònon risulta obbligatorio, ma solamente facoltativo.

    Sui rapporti tra giudici nazionali, Corte costituzionale e Corte di giustizia di Lus-semburgo v., tra gli altri, Cartabia, Celotto, “La giustizia costituzionale in Italia dopo laCarta di Nizza”, Giur. costit., 2002, 4477 e la raccolta di saggi in Falzea et al. (cur.), LaCorte costituzionale e le corti d’Europa, Torino, 2003, ed in particolare Salmoni, “LaCorte costituzionale e la Corte di giustizia delle Comunità europee e la tutela dei dirittifondamentali”, 289 e Montanari, “Giudici comuni e Corti sopranazionali: rapporti tra sis-temi”, 119 ss.; Giovannetti, “Riflessioni sul controllo di legalità comunitaria tra Cortecostituzionale, giudici comuni e Corte di giustizia”, Scritti dei dottorandi in onore diAlessandro Pizzorusso, Torino, 2005, 421 ss.

  • munque la insufficienza della motivazione in ordine alla sussistenza delrequisito della rilevanza, della non manifesta infondatezza o relativamen-te al parametro costituzionale.

    In connessione specificamente alla motivazione della rilevanza, è as-sai ricorrente l’ipotesi in cui la Corte ha censurato le questioni di costitu-zionalità poste in modo ipotetico o eventuale, in cui il pregiudizio lamen-tato viene palesato appunto in termini di mera eventualità.

    In alcuni casi invece la Corte ha puntualmente richiamato l’attenzionedel giudice sul fatto che questi, nel motivare il provvedimento di rimes-sione, aveva ignorato l’esistenza di una disposizione di legge in vigoreanteriormente al momento dell’emanazione dell’ordinanza o l’esistenzadi una giurisprudenza costituzionale o di un diritto vivente, l’esame deiquali avrebbe condotto probabilmente il giudice ad una diversa conclu-sione.

    Per quanto concerne il secondo gruppo di rilievi (attinenti alla deter-minazione dell’oggetto della questione), la Corte ha rilevato come l’ec-cezione non può essere rivolta ad interi testi normativi o genericamente a“tutte le norme successive che concorrono alla determinazione” di uncerto effetto, in quanto si rende così impossibile l’identificazione delledisposizioni cui riferire la denuncia, a meno che il vulnus denunciato de-rivi dall’intero corpus normativo.

    In molte occasioni poi la Corte ha rilevato l’errata individuazione daparte del giudice della disposizione impugnata in relazione all’effettocensurato, osservando come quest’ultimo non fosse affatto riconducibilealla disposizione denunciata, mentre in certi casi ha provveduto essastessa ad indicare al giudice quali fossero le disposizioni cui fare riferi-mento.

    Sempre con riferimento alla esatta determinazione dell’oggetto dellaquestione di costituzionalità la Corte a volte ha richiesto il requisito del-la “chiarezza ed univocità”, mutuando lo stesso dalla propria consolidatagiurisprudenza in tema di ammissibilità delle richieste di referendumabrogativo. Di conseguenza ha ritenuto non ammissibili questioni solle-vate in modo contraddittorio o perplesso oppure fondate su due diverseinterpretazioni, senza che il giudice avesse indicato quale intendeva ac-cogliere (c.d. questioni ancipiti).

    Frequente pure le ipotesi in cui la Corte ha fatto notare al giudice aquo l’erroneità dei presupposti interpretativi sui quali egli fondava i suoi

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  • dubbi oppure la non esatta individuazione della disposizione impugnata,osservando come l’effetto denunciato derivava da disposizioni o da uncomplesso di disposizioni diverso rispetto a quelle denunciate o era eli-minabile solo impugnando una disposizione differente

    Da sottolineare in proposito della determinazione dell’oggetto, l’affer-mazione della Corte secondo cui —con riguardo all’ipotesi in cui la dis-posizione impugnata non sia più in vigore al momento della decisione,ma la norma risulti ancora presente nell’ordinamento in quanto riprodot-ta, identica, in altra disposizione—

    la norma contenuta in un atto avente forza di legge vigente al momento incui l’esistenza nell’ordinamento della norma stessa è rilevante ai fini diuna utile investitura della Corte, ma non più in vigore nel momento in cuiessa rende la sua pronuncia, continua ad essere oggetto dello scrutinio allaCorte stessa demandato quando quella medesima norma permanga tuttoranell’ordinamento, con riferimento allo stesso spazio temporale rilevanteper il giudizio, perché riprodotta, nella sua espressione testuale o comun-que nella sua identità precettiva essenziale, da altra disposizione successi-va, alla quale dunque dovrà riferirsi la pronuncia.

    Il terzo gruppo di rilievi riguarda infine quelle ipotesi in cui la Cortelamenta che il giudice abbia fatto un uso improprio dell’incidente di cos-tituzionalità, allo scopo di perseguire risultati estranei alla logica del giu-dizio incidentale. Così allorché sostiene che la vera finalità del giudiceera quella di impugnare surrettiziamente una precedente sentenza dellostesso Giudice costituzionale o di contestare una determinata interpreta-zione da questa fornita.

    La Corte ha inoltre parlato di uso improprio dell’incidente di costitu-zionalità allorchè il giudice tendeva in particolare a farsi accreditare unadeterminata interpretazione della disposizione impugnata allo scopo di farprevalere una interpretazione su di un’altra oppure a proteggere la pro-pria emananda pronuncia definitiva dall’alea di una impugnazione e so-prattutto di un’eventuale annullamento da parte del giudice d’appello.32

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    32 Quest’ultima affermazione si riferisce ad un caso in cui la decisione del giudice diprimo grado, fondata su un’interpretazione costituzionalmente corretta, veniva regolar-mente annullata da parte del giudice d’appello il quale fondava la propria decisione suuna diversa interpretazione contrastante, ad avviso del primo giudice, con i principi costi-tuzionali (ord. 20 marzo 1998, n. 70, Giur. cost., 1998, 724).

  • Ugualmente si è espressa la Corte allorchè ha ritenuto che la questionedi costituzionalità prospettata dal giudice riguardasse in realtà un proble-ma di mero carattere interpretativo, risolvibile cioè attraverso l’uso deipoteri interpretativi spettanti al giudice ed estranea quindi al sindacato dicostituzionalità, preordinato invece a valutare l’incertezza in ordine allaapplicabilità delle norme, bensì ad eliminare la norma viziata. Infine l’u-so improprio della questione di costituzionalità è stato dalla Corte richia-mato anche a proposito di eccezioni di costituzionalità aventi ad oggettonon tanto la disposizione normativa in quanto tale, ma una situazione at-tinente all’erronea applicazione pratica della stessa, ad una situazionequindi patologica, come tale estranea al sistema. La Corte rileva, in ques-te situazioni, che l’effetto lamentato non può ricondursi alla violazionedi una norma, quando il rispetto della medesima eviterebbe il determi-narsi dell’effetto stesso, essendo altri i rimedi stabiliti dall’ordinamento.

    Un tipo di vizio del tutto particolare riguarda infine il possibile, anchenotevole, ritardo del momento in cui, in alcuni casi, la questione di costi-tuzionalità sollevata dal giudice può giungere alla cancelleria della Cortecostituzionale rispetto al giorno della pronuncia del provvedimento dirinvio. In certi casi, fortunatamente assolutamente eccezionali, i ritardisono stati pari anche ad oltre dieci anni.

    In una ormai risalente decisione33 la Corte costituzionale aveva osser-vato come non sono previste sanzioni in caso di eccessivo ritardo da par-te del giudice a quo nel trasmettere gli atti alla Corte, non essendovi al-cun termine perentorio. Successivamente però l’allora presidente Sajaeffettuò una segnalazione di tali ritardi al Csm, il quale provvide ad ema-nare una circolare in cui

    ...riconosciuta l’importanza della segnalazione effettuata dal presidentedella Corte costituzionale in ordine alla frequente tardività di trasmissionedelle ordinanze che sollevano questioni di legittimità (e dei relativi atti),dispone che copia dell’allegata segnalazione sia trasmessa al primo presi-dente ed al procuratore generale della Corte di cassazione, nonché ai pre-sidenti e procuratori generali delle corti d’appello, richiamando l’attenzio-ne degli stessi sull’opportunità di darne notizia a tutti gli uffici giudiziari.34

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    33 Corte cost., 11 marzo 1957, n. 42, Foro it., 1957, I, 1383.34 Ancora più curioso e, sotto alcuni aspetti, anche più inquietante è il caso relativo

    ad una questione di costituzionalità sollevata dal pretore di Palermo con ordinanza emes-

  • IX. C) IL SEGUITO DELLE DECISIONI DELLA CORTE DA PARTEDEI GIUDICI COMUNI: L’EFFICACIA PRECLUSIVA O MENO DELLE

    PRONUNCE DI CARATTERE PROCESSUALE (INAMMISSIBILITÀE RESTITUZIONE DEGLI ATTI), DELLE SENTENZE DI RIGETTOE DI QUELLE “MANIPOLATIVE”. IL CASO DELLE DECISIONI

    C.D. ADDITIVE DI PRINCIPIO

    I rapporti tra Corte costituzionale e giudici comuni non si esaurisconocon la fase delibatoria e la eventuale pronuncia dell’ordinanza di rinviodella questione di costituzionalità all’esame della Corte, dal momentoche, stante la natura pregiudiziale del provvedimento di rimessione, ilprimo destinatario della pronuncia costituzionale sull’incidente risultaessere appunto il giudice a quo. Da qui l’interesse ad esaminare anche irapporti che tra i due soggetti si sono posti con riguardo al seguito delladecisione della Corte da parte dell’autorità giudiziaria ossia all’efficaciadella stessa e/o all’effetto preclusivo derivante per il giudice.

    Appare in proposito necessario distinguere tra pronunce processuali(inammissibilità e restituzione degli atti) e pronunce di merito e, traquest’ultime, tra decisioni di rigetto e di accoglimento (specie manipola-tive e additive di principio).

    Con riguardo alle prime, gli effetti delle due decisioni processuali do-vevano ritenersi diversi, nel senso che la restituzione degli atti certamen-te non impedisce, ma anzi intende sollecitare, una nuova rimessione dellaquestione, per cui simile pronuncia non svolge alcun effetto preclusivo peril giudice a quo. Diversamente per le decisioni di inammissibilità le quali,secondo la dottrina assolutamente dominante, impediscono al giudice dirisollevare la stessa questione nell’ambito del medesimo procedimento.

    ESTUDIOS EN HOMENAJE A HÉCTOR FIX-ZAMUDIO348

    sa in data 14 luglio 1999, mai “regolarmente pervenuta” alla Corte costituzionale a causadi un disguido postale e della quale si dà notizia solo per il fatto che il tribunale di Paler-mo in composizione monocratica (forse lo stesso giudice-persona fisica), a distanza diquasi tre anni (5 marzo 2002), “fa propria l’ordinanza già emessa… in data 14 luglio1999”, il cui testo viene allegato all’atto di rinvio.

    Da quanto si legge nella sentenza della Corte che dichiara infondata la questione,parrebbe doversi ricavare che la seconda ordinanza di rinvio solleva l’identica eccezionedi costituzionalità, ma nell’ambito di un differente giudizio, per cui sorge il sospetto diquale sia la situazione di quel giudizio, sospeso a seguito della prima ordinanza che laCorte afferma (in fatto) “mai ritualmente pervenuta” e (in diritto) “mai regolarmente per-venuta” ed in attesa di una pronuncia della Corte che non arriverà mai (v. sent. 2 marzo2004, n. 76, Giur. cost., 2004, 956).

  • Data l’esistenza di motivi che possono essere eliminati attraverso unsuccessivo intervento del giudice (ad esempio mancata notifica, insuffi-ciente motivazione della rilevanza, inesatta o incompleta individuazionedell’oggetto ecc.) e di altri che, al contrario, non sono nella disponibilitàdi questi (ad esempio atto privo di forza di legge, mancanza di un “giudi-ce” o di un “giudizio” ecc.), sembrava una scelta logica quella di adotta-re, a fronte delle due diverse situazioni, due differenti provvedimenti:quello di restituzione degli atti, ad indicare al giudice che il vizio potevaessere da lui stesso rimosso e la volontà della Corte di non interrompereil rapporto con esso e di sollecitarlo a rimetterle nuovamente, nell’ambi-to del medesimo procedimento, la stessa eccezione di costituzionalità equello di inammissibilità, ad esprimere al contrario l’esistenza di un vi-zio fuori dalla portata del giudice e l’impossibilità per quello di sollevaredi nuovo la stessa questione nell’ambito del medesimo procedimento.

    La giurisprudenza costituzionale non ha seguito con coerenza questadistinzione di ruoli tra i due provvedimenti, ma ha impiegato la pronun-cia di inammissibilità con riferimento ad ipotesi per le quali sarebbe statapiù opportuna una pronuncia di restituzione degli atti, anche se ad ogginon si è mai verificato l’effetto opposto, di un utilizzo cioè della restitu-zione degli atti per l’ipotesi in cui la Corte abbia indicato vizi dell’ordi-nanza di rinvio la cui eliminazione non rientra nella disponibilità del giu-dice.

    Questo ha causato la necessità, da parte della Corte, di distinguere,all’interno delle decisioni di inammissibilità, fra quelle che creano pre-clusione per il giudice a quo e quelle cui non può, al contrario, essere ri-conosciuto un simile effetto. La più recente giurisprudenza, a questo pro-posito, parla di pronunce di inammissibilità di “natura decisoria e non”,intendendo con le prime quelle che precludono al giudice di risollevarela stessa questione nel medesimo giudizio, in quanto la eliminazione delvizio rilevato (ad esempio impugnazione di un atto privo di forza di leg-ge o eccezione sollevata da parte di soggetto non avente la natura di orga-no giudiziario) non sarebbe nella disponibilità del giudice. Le pronuncedi inammissibilità a carattere non decisorio sarebbero, al contrario, que-lle fondate su un vizio eliminabile da parte del giudice (mancata motiva-zione in ordine alla rilevanza o alla non manifesta infondatezza ecc.) equindi non preclusive alla riproposizione dell’eccezione pure nell’ambitodel medesimo giudizio.

    ROBERTO ROMBOLI 349

  • Per quanto concerne invece le pronunce di rigetto costante è la giuris-prudenza costituzionale secondo cui esse, mentre non escludono che altrigiudici, o lo stesso giudice in altri giudizi, sollevi la stessa questione,precludono al giudice rimettente di farlo nel corso dello stesso giudizioche ha dato luogo alla sentenza di infondatezza, dal momento che ciò sirisolverebbe in un’impugnazione della sentenza della Corte, in violazio-ne dell’articolo 137, 3 comma, costituzionale.35

    La Corte ha avuto modo di precisare in varie occasioni che l’effettopreclusivo alla riproposizione di questioni nel corso dello stesso giudiziodeve ritenersi operante soltanto allorché risultino identici tutti e tre glielementi che compongono la questione (norme impugnate, profili di in-costituzionalità dedotti, argomentazioni svolte a sostegno della ritenutaincostituzionalità).36

    Con riferimento a quelle decisioni chiamate “manipolative” —ad indi-care che, con esse, la Corte procede ad una modificazione ed integrazio-ne delle disposizioni sottoposte al suo esame, in modo che queste esconodal giudizio costituzionale con una portata normativa ed un contenuto di-verso da quello originario— può essere richiamato il caso in cui ciò so-llevò alcune resistenze da parte dei giudici. Si parlò di una sorta di “ribe-llione”,37 rispetto a questo tipo di decisioni, da parte di alcuni giudici, i

    ESTUDIOS EN HOMENAJE A HÉCTOR FIX-ZAMUDIO350

    35 Pertanto mentre la Corte costituzionale dovrebbe dichiarare manifestamente infon-data una questione identica ad altra già decisa per l’infondatezza sollevata da altro giudi-ce, dovrebbe invece risolvere la questione per l’inammissibilità allorché sia stato lo stes-so giudice a quo a sollevare la stessa questione nello stesso procedimento in quanto essanon poteva essere, per la preclusione venutasi a creare, rimessa all’esame della Corte.

    36 La Corte in un caso parrebbe far cadere il terzo elemento di cui sopra, dal momen-to che la Corte, di fronte ad una questione riproposta dal Consiglio di Stato con specificoriferimento ad un ulteriore motivo di censura rispetto a quanto rilevato nella precedenteordinanza di rinvio, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione per viola-zione del principio del ne bis in idem e del divieto di impugnazione delle proprie senten-ze, non potendosi la stessa definirsi “nuova”, pur riconoscendo la presenza di “ulterioriargomenti” rispetto a quelli posti a fondamento del precedente provvedimento di rinvio(ord. 6 marzo 2001, n. 48, Giur. cost., 2001, 303).

    37 Il caso più noto è quello dei giudici militari i quali hanno ritenuto di non dover se-guire la parte della sent. 18 luglio 1989, n. 409 (Giur. cost., 1989, I, 1906) che provvedevadirettamente a fissare una nuova pena, dopo aver dichiarato l’incostituzionalità di quellaprevista dalla disposizione impugnata. Alcuni tribunali ritennero di sollevare la questionedi costituzionalità della normativa di risulta,