I paesaggi rurali storici della Toscana

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    introduzione

    I caratteri originali del paesaggio rurale toscano sicostituiscono nei secoli dopo il Mille allorch per la ripresapolitica, demograca ed economica delle citt, per la lorocrescente domanda di prodotti agricoli-zootecnici anche infunzione dellindustria, e per i loro graduali investimentifondiari e agrari nelle campagne entra in crisi e sidisgrega rapidamente il sistema feudale curtense. Taleorganizzazione territoriale aveva largamente improntato

    lItalia e lEuropa centro-occidentale dallalto Medioevocon forme generali nonostante le rilevanti differenziazioniambientali (geomorfologiche e climatiche). Questa realt,creatasi in seguito alla crisi delle citt in epoca tardo-antica, si era basata su una miriade di piccole comunitcontadine di autoconsumo assoggettate ai poteri signorili,concentrate in castelli o villaggi non fo rticati.Tali comunit avevano elaborato un paesaggio produttivoassai semplicato, basato quasi esclusivamente su campimantenuti aperti (privi cio di recinzioni) coltivati acereali, disposti a corona intorno agli abitati, utilizzabilianche per il modesto allevamento di ovini, equini e bovini.Il bestiame fruiva, come pasture, soprattutto gliappezzamenti che, dopo la coltura cerealicola, eranolasciati a riposo per uno o pi anni; subito al di l deicoltivi si estendeva lambiente dei boschi, degli incolti e nelle pianure degli acquitrini che era riservato in modo

    pressoch esclusivo ai bisogni (allevamento estensivo,pesca) e ai piaceri (caccia) della feudalit laica edecclesiastica.Lo sviluppo del sistema urbano con la conseguentedisgregazione e scomparsa del sistema feudale tra isecoli XII-XIV port alla nascita di nuove organizzazioniterritoriali e di nuovi tipi di paesaggio rurale, sulla base

    dellintreccio di fattori sico-naturali (variet dei caratteridel clima specialmente in rapporto allinuenza del maree dellaltitudine, delle forme del terreno e dei caratteripedologici e del grado di permeabilit dei suoli) e di fattoriumani (diversa incidenza, in termini di polarizzazione, daparte della citt e del suo mercato anche in relazione alladistanza o posizione geograco-topograca delle aree edei luoghi agricoli, diverso impegno imprenditoriale dellapropriet fondiaria).Semplicando, per la Toscana tardo-medievale (i cui carattericontinuarono sostanzialmente a contraddistinguere laregione anche nei tempi moderni e contemporanei, purcon lintroduzione di non poche innovazioni), si parlato da parte degli studiosi dellagricoltura e del paesaggio di una vera e propria tripartizione agraria (e quindi

    (pasture spesso con presenza di rade boscaglie o di pochialberi sparsi, oltre che di fenomeni di erosione in ambientecollinare), rispetto ai boschi (presenti in via eccezionalenelle parti pi adatte del cattivo terreno, quello cioprevalentemente od esclusivamente argilloso punteggiatoda calanchi e biancane).Non mancavano, qui, piccole chiuse arborate: sorta diminuscoli giardini recintati (con siepi vive o morte, maanche con muretti a secco di pietrame) e adibiti a colturearboree di pregio, soprattutto viti, secondariamente olivi,

    alberi da frutto, mori o gelsi, e a colture orticole.Il ne di tale pratica, le cui matrici sono da riferire alsistema alto-medievale, ovviamente, era quello diproteggere le colture intensive dai danni che potevaarrecare il bestiame, che in quelle aree si usava tenereancora allo stato brado in sistemi di campi aperti, nei qualii seminativi nudi si alternavano, appunto, con lunghi riposia pastura.Dalla crisi e disgregazione della mezzadria (esplosaalla ne dellultima guerra per ragioni sia economicheche sociali) sono nati insieme con i paesaggi rivestitidallurbanizzazione o con i paesaggi dellabbandono edella rinaturalizzazione o della riforestazione pianicata nuovi paesaggi rurali, assai pi uniformi degli antichi,prodotti dalla riconversione di mercato attraverso lariorganizzazione del sistema economico (ora basato sullaspecializzazione colturale, in seccagno e in irriguo, sulla

    meccanizzazione e sullazienda capitalistica con salariatioppure sulla conduzione diretta da parte di piccoliproprietari, acquirenti di poderi dalla grande propriettradizionale che si spesso ridimensionata), a prezzo delladismissione di un grande numero di case contadine e villesignorili, quasi sempre riconvertite a funzioni extragricoleo non di rado versanti ancora in stato di abbandono.

    Al paesaggio delle colture promiscue e dellinsediamentosparso apparteneva anche la piana di Lucca, detta delleSei miglia (a Capannori e Porcari), con la sua specicitdelle corti. Trattasi di un sistema agrario del tuttooriginale per la Toscana. Nonostante il costituirsi anchenella Lucchesia di un sistema alquanto tto di villepadronali n dai tempi rinascimentali, il ruolo dellafattoria appoderata rimase sempre modesto: n dal tardoMedioevo, gran parte dei terreni erano condotti, con ilsistema del livello enteutico o dellaftto, da piccoleimprese contadine che non disponevano dei capitalisufcienti a introdurre migliorie agrarie. Con le riformedei governi francesi, moltissimi coltivatori poteronodiventare proprietari o possessori livellari perpetui e

    paesistica, sociale ed economica), pur non mancando altrespeciche Toscane minori.Le tre grandi partizioni paesistiche e sociali essenzialmentesono:la Toscana del piano-colle interno del podere a mezzadria(n dal Rinascimento spesso gradualmente inseritonellassetto di fattoria), ovvero la Toscana delle citt,che (nellarea orentina) veniva percepita come il pibello e (come scrisse il grande storico Fernand Braudelsubito dopo lultima guerra mondiale) il pi commovente

    paesaggio del mondo. Un paesaggio con la maglia ttamenteappoderata e alberata, le sue tante case coloniche e le suetante ville isolate, molte delle quali via via organizzatein centri di fattoria dalla grande propriet cittadina checontrollava la terra. Ma la mezzadria produceva ancheil paesaggio meno apprezzato da viaggiatori stranieri,scrittori ed artisti di ogni epoca, no alla prima met delXX secolo della Toscana senza dolcezza dalberi o dellatifondo a mezzadria (estesa nelle colline argillose delSenese e del Volterrano-Pisano), con i suoi grandi poderi aordinamenti colturali estensivi;la Toscana montana delle comunit di villaggiodellAppennino, delle Apuane e dellAmiata,tradizionalmente percepita come il mondo socializzato ein sostanziale equilibrio ambientale e sociale dei borghicontadini, del castagneto e del bosco, delle praterie edellallevamento stanziale e transumante;

    la Toscana pianeggiante e collinare costiera del latifondo(attuali Maremme di Livorno gi di Pisa e di Grosseto gidi Siena), tradizionalmente percepita come il mondoselvaggio privo della luce della citt e poco frequentatodalluomo, con il dominio dellincolto e della caccia,dellagricoltura estensiva esclusivamente a grano e dellapastorizia, dellacquitrino e della malaria, della miseria

    sociale ed economica diffusa a causa della grandissimaconcentrazione fondiaria della terra in mano a proprietaricittadini assenteisti.

    La Toscana del podere a mezzadriaOvviamente la diversit dei paesaggi riscontrabili nellaToscana poderale rimasta relativamente integra noalla dissoluzione del sistema mezzadrile negli anni delmiracolo economico (pur con le innovazioni dei secoliXVIII-XX, quali lespansione della maglia aziendale e dellecolture arboree e lintroduzione di efcaci sistemazioniidraulico-agrarie orizzontali e di rotazioni continue,oltre che di nuove piante da industria: mais, tabacco,barbabietola, ecc.) il prodotto delle variet dei sistemiagrari in termini subregionali e locali. E ci riguardo

    allincidenza dei seminativi nudi e dei seminativi arborati(con presenza o meno di colture intensive e irrigue peralimentare quotidianamente i mercati cittadini pi vicinicon primizie ortofrutticole), delle piantagioni arboree edel castagneto da frutto, della diffusione dei prati-pascolie del bosco, delle sistemazioni idraulico agrarie e forestalispecialmente collinari (necessarie a mantenere in equilibrioterreni spesso di delicata costituzione siograca), delladensit e della tipologia delle case contadine e delleresidenze padronali con le loro pertinenze funzionali,

    rispettivamente, al lavoro (aie e resedi) o agli svaghi(parchi e giardini, boschetti organizzati per la caccia, vialialberati e piante ornamentali).Trattasi del classico paesaggio a policoltura pi o menointensiva tipico della mezzadria poderale, vale a direi seminativi arborati, con diffusione sia in piano chespecialmente in colle, spesso con alternanza a boschi e apascoli (essenzialmente in collina), con unit di produzionea misura familiare, o poderi, di dimensioni ridotte (inmedia meno di una decina di ettari), e consistenti solodi coltivi o aventi comunque una prevalenza netta deldomesticheto sulle altre destinazioni duso dei terreni(appunto boschi, pascoli e incolti asciutti o umidi) che erasoprattutto espressione delle aziende prossime alle citte ai centri abitati minori. Qui, il suolo era spesso tutto oquasi tutto alberato, salvo le consuete fasce di posticcee alberete (salici e pioppi), ovvero vegetazione arborea

    piantata con funzioni di difesa idraulica lungo i corsidacqua.Non pochi poderi erano soliti integrare, nel sistema dipiano-colle, le colture alberate o il seminativo nudo conil bosco governato a ceduo o tenuto a fustaia pascolata enon di rado con lincolto per pascolo in collina.Non fosse altro che per le differenze climatiche, diverso

    era il paesaggio dellalta collina. Qui il paesaggio tipicodellalberata si integrava con ampi terreni adibiti aseminativo nudo, ma anche con estese aree a boscopasturabile e a bosco ceduo (e non di rado a castagneto),che sui rilievi pi elevati nivano spesso con il prevalereo addirittura dominare: il caso delle Colline Metallifere,dove peraltro la grande propriet e la mezzadria poderalesi alternavano con la piccola propriet e la conduzionediretto-coltivatrice (e con i demani collettivi e gli usicivici) degli agricoltori residenti nei tanti castelli compattidellarea.Connotati del tutto particolari erano poi dati dai paesaggiestensivi delle Crete senesi e volterrane-pisane di Val diCecina e Val dEra, per il predominio delle coltivazionia seminativi nudi e degli incolti utilizzati per il pascolo

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    rappresentare un autentico deserto umano, animato soloda pochi casali (centri direttivi dei latifondi che ospitavanoalcuni salariati ssi e pi numerosi braccianti stagionali)e soprattutto da capanne e ricoveri temporanei degliavventizi che stagionalmente scendevano in gran numerodallAppennino, dallAmiata e dalle Colline Metallifere,come pastori, boscaioli, carbonai, vetturali, giornalieriagricoli, operai della bonica, artigiani, imprenditori efaccendieri, pinottolai, ecc. I coltivi arborati costituivanoristrette isole o corone (protette in chiuse o recinti

    delimitati da siepi morte o vive o da muraglie), persalvaguardare tali preziose piante dal morso del bestiamebrado intorno ai radi e compatti castelli e villaggi ruralisituati nelle colline interne no allAmiata, che ospitavanopressoch tutta la poco numerosa popolazione residentenel territorio.Solo a partire dalla seconda met del XVIII secolo, lavanzatadella bonica lorenese (con le operazioni di natura stradalee idroviaria, le alienazioni fondiarie, labolizione dei benicomuni, degli usi civici e del compascuo, limpianto dellepinete sui tomboli costieri) e della colonizzazione agricolacontribu a trasformare, seppure con molta lentezza, glielementari connotati paesistici e aziendali, indirizzandoliverso stadi pi maturi e complessi.Il fenomeno fu particolarmente vistoso e lineare oltreche nei bacini interni ed inizialmente acquitrinosi dellaToscana (Valdichiana, Valdinievole e Bientina) e nella

    pianura costiera pisano-livornese, dove i poderi e le fattoriea mezzadria, di propriet di enti e famiglie cittadini,cominciarono a nascere nei tempi medicei (secoli XVI-XVII) nella Maremma Pisana oggi Livornese, dove nei tempilorenesi avanzarono bonica e colonizzazione medianteappoderamento mezzadrile. La riterritorializzazionefu invece assai pi lenta e contrastata nella Maremma

    Grossetana, dove i mutamenti di tipo quantitativo equalitativo avvennero, per quasi tutto lOttocento,quasi esclusivamente con la gran coltura cerealicola elallevamento quasi sempre brado, praticati pur sempreallinterno dei latifondi. Soltanto nellinterno collinare, legrandi propriet furono in parte colonizzate con laperturadi poderi mezzadrili o condotti con altri patti di colona(come la quarteria). In pianura, invece, soltanto dalla nedel XIX alla seconda guerra mondiale la bonica pot dirsiconclusa e i vari comprensori furono allora largamenteappoderati a mezzadria; un impulso assai forte allacolonizzazione delle aree di latifondo venne poi dato dagliespropri e dalle assegnazioni di terre della riforma agrariadel 1950.Fino alla met circa del XVI secolo, la pianura costiera

    e grazie pure alle forme di vita molto socializzate, almenono allo scadere dellOttocento la so ciet della montagnaera povera, ma non miserabile e bisognosa di assistenzapubblica, a differenza delle regioni della mezzadria e dellatifondo, dove la miseria connotava il sempre pi estesoceto dei sottoproletari (i braccianti detti p igionali che nonpossedevano bene patrimoniale alcuno).La crisi del sistema agrario montano si rivel per gradi nelcorso del XIX e dei p rimi decenni del XX secolo con tantodi contrazione dellallevamento, abbandono dei terreni

    a coltivazioni e a castagneto da frutto ed emigrazionedenitiva di molti agricoltori ed dovuta a vari fattori,come lavvio di processi di squilibri idrogeologici (contanto di impoverimento delle risorse agro-silvo-pastoralimontane) dopo la liberalizzazione dei tagli boschiviapprovata nel 1780, che condusse ad una vasta distruzionedel patrimonio forestale; la soppressione dei diritti di usocivico e la vendita dei beni comunali (vendita che n peralimentare la formazione di una propriet borghese chesi organizz spesso con poderi a mezzadria detti cascine,il cui ordinamento produttivo era incentrato su castagno,bosco e allevamento). La bonica e la colonizzazioneagraria delle Maremme di Pisa-Livorno e di Siena-Grossetoche offrirono occasioni di lavoro stabile (con conseguentetrasferimento denitivo) a molti abitanti della montagna;la patologia del castagno; la forte frammentazione dellepiccole propriet a causa delle divisioni ereditarie. Solo

    dopo la legge forestale del 1923 la critica realt ambientaledellAppennino e dellAmiata (questultima nel frattempoinvestita dallindustria mineraria del mercurio) torn adessere in larga misura recuperata, mediante estese operedi riforestazione (a base prevalentemente di conifere) edi sistemazione idraulica, che dovevano proseguire noallultimo dopoguerra.

    Le Maremme del latifondoI malarici territori costieri di Pisa-Livorno e di Siena-Grosseto n dal tardo Medioevo erano organizzati dalgrande o immenso latifondo di persone giuridiche e sichedi Firenze, Siena e Pisa, e contraddistinti da unagricolturaa carattere assai estensivo, quale la cerealicoltura alunghe vicende connessa con lallevamento brado stanzialee con il sistema armentizio transumante. La zootecnia siappoggiava, oltre che sui terreni agrari tenuti a riposoper qualche anno dopo la cerealicoltura (ordinamentia terzeria e quarteria), componente generalmenteminoritaria, sulle macchie sempreverdi (in parte governatea ceduo) e sugli incolti sfruttabili come pasture (compresele grandi e piccole zone umide spesso fruite anche per lapesca). Larga parte delle Maremme continu per secoli a

    LaToscana della montagna storicamente incardinata sullaccentramentoinsediativo, sotto forma di castelli e villaggi anche piccoliche rappresentano microcosmi di vita socio-culturaleed economica, grazie soprattutto agli interessi comuniin materia di gestione collettiva e razionale in terminidi salvaguardia dellecosistema dinsieme dei boschie pascoli, talora anche dei castagneti e dei coltivi dipropriet comunale o gravati da diritti di usi civici). Lagrande maggioranza della popolazione si articolava nella

    piccola propriet spesso particellare diretto-coltivatrice esul sistema agro-silvo-pastorale, di norma integrato dallecospicue migrazioni stagionali (specialmente di pastoritransumanti) verso le aree maremmane, e non di radoda occupazioni nei settori dellartigianato soprattuttodel legno o delle attivit estrattive (come il marmo nelleApuane). Ci, approttando anche delle aperture (e quindidelle possibilit di commercio) offerte dalle storichemigrazioni stagionali dei montanini e dalla presenza diinnumerevoli vie di valico o di attraversamento collegantile aree montane con quelle sottostanti toscane e padane.La struttura produttiva montana (dellAppennino, delleApuane e dellAmiata e persino di lembi dellalta collinachiantigiana e metallifera) era fatta di economie familiariprecarie alla continua ricerca di sbocchi occupazionali e dirisorse per la sopravvivenza. Essa usava tradizionalmente,con le piccole aziende polimeriche (frazionate cio in

    pi corpi), tutte le risorse straticate dal fondovalle odalle fasce inferiori no ai crinali: vale a dire, i pochiterreni nei versanti meglio esposti ridotti a terrazze perla coltivazione di modeste produzioni di cereali, legumi ealberi da frutta e dal primo Ottocento della patata (connellAmiata anche una forte presenza, alle quote pi basse,delle colture di viti e olivi), i castagneti e i boschi di cerro

    e prevalentemente di faggio ovunque dominanti (sfruttatiper il pascolo e per ricavarne legname da costruzione eda ardere o carbone), i prati-pascoli naturali e per lo piarticiali daltura, sempre con appezzamenti (in propriet,in possesso enteutico o con diritti duso nelle grandipropriet silvo-pascolative degli enti ecclesiastici e deicomuni) presenti anche nelle diverse fasce altimetriche.Lallevamento soprattutto ovino, praticato spesso pernalit di mercato in boschi e pasture anche comunali,e la coltivazione del castagno (vero albero del pane perla cronica carenza dei prodotti cerealicoli), in continuosviluppo no al primo Novecento, costituivano i fondamentieconomici delle piccole patrie appenniniche e amiatine.Grazie alluso integrato dei beni locali propri e collettivi,alla versatilit professionale e alla mobilit degli abitanti,

    la maglia aziendale (incentrata tradizionalmente sullecorti, vale a dire su pi corpi edilizi monofamiliari che,con i loro annessi, si disponevano intorno ad uno spaziocomune, generalmente aperto, organizzato ad aia conpozzo) si intt vistosamente. La piana di Lucca, con lecolline che la circoscrivono a nord e a sud, assunse lasionomia di un vero e proprio giardino dalla proprietframmentata: diviso in tanti piccoli appezzamenti regolaridelimitati da scoli e lari alberati con viti, gelsi e alberida frutta, intensivamente coltivati sepsso anche con

    ricorso allirrigazione da famiglie numerose di coltivatoridiretti. Nellultimo dopoguerra, anche questo sistemapaesistico stato fortemente destrutturato dallavanzatadellurbanizzazione residenziale e produttiva e dallariconversione agraria delle aziende residue, incentrataora sulle monocolture (specialmente mais e seminativiindustriali).Altro paesaggio originale quello delle poche areedi pianura di bonica sistemate tra la ne del XV elinizio del XVII secolo con ordinamenti colturali allalombarda, vale a dire con cascine capitalistiche dipropriet soprattutto granducale alle Cascine di Firenzee di Prato, a quelle di Buti e di Bientina, di San Rossoree di Coltano (ma non esclusivamente granducale, comedimostra quella di Migliarino-Vecchiano dei Salviati) imperniate su monocolture risicole e foraggere (funzionalia grandi allevamenti bovini da latte e carne). Qui, per,

    rispetto ai grandi spazi padani, le geometriche prateriee risaie, delimitate da lari di pioppi o di gelsi comedimostra il caso della tenuta del Poggio a Caiano con leannesse Cascine di Tavola (Prato) con il tempo, dal XVIsecolo e soprattutto successivamente, furono di regola:o contornate da vicino dallalberata di tipo semplicato(lari di sole viti allevate alte allacero campestre),

    propria delle aree di bonica recente, con estesi poderigestiti da famiglie mezzadrili; o parzialmente indirizzateverso lallevamento anche estensivo di ovini e cavalli, conutilizzazione dei vasti boschi e incolti a pastura presenti(come nelle cascine pisane granducali e dei Salviati).Nonostante la ripresa ottocentesca con lapertura di nonpoche nuove aziende in Valdinievole, Valdarno di Sotto epianura pisano-livornese, Val di Chiana e Mugello-RomagnaToscana da parte di imprenditori che guardavano almodello della cascina padana, dimensionate sul binomioforaggi-bovini da latte e da carne, le cascine toscanehanno risentito fortemente (con tanto di chiusura eridimensionamento) della crisi in cui da tempo versa lazootecnia italiana.

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    a nord del ume Serchio frazionata fra gli Stati dellaRepubblica di Lucca (Viareggio e Montignoso), delGranducato di Toscana (Pietrasantino) e del Ducato diMassa e Carrara (litorale fra Magna e fosso di Cinquale) esprimeva un paesaggio molto simile a quello del latifondodella Toscana costiera a sud del Serchio: era infatti privadi insediamenti stabili e ricoperta da acquitrini insalubri,incolti umidi e asciutti, boschi sempreverdi e decidui,tutti ambienti fruiti stagionalmente per il pascolo, lesemine saltuarie e la pesca dagli abitanti residenti nelle

    colline e nelle montagne restrostanti delle Apuane.Mancava per qui la grande propriet cittadina che davavita al latifondo dei territori litoranei di Pisa, Piombino,Grosseto e Orbetello, perch i suoli erano quasi tutti dipropriet comunale o statale e gravati di diritti di usocivico a vantaggio delle popolazioni locali. Siamo quindiin presenza della realt del paesaggio delle comunanze epiccole propriet apuano-versiliane che nellet modernaand gradualmente a costituirsi con trasformazione inagricoltura intensiva e anche in agricoltura specializzata(in prodotti orticoli con impianti di alberi da frutta epiccoli vigneti o di oliveti a bosco nelle pendici collinaridel Pietrasantino e delle vicine comunit lucchesi) adopera specialmente della piccola, ma anche della mediapropriet (con tanto di costruzione dei primi insediamentiaziendali in forma di piccole case dei coltivatori direttie di un assai minor numero di mezzadri). E ci, via viache gli Stati interessati procedevano tra la seconda metdel XVI e la prima met del XIX secolo alla sistemazioneidraulica dei brevi corsi dacqua che scendono dai montie alla bonica degli acquitrini presenti e alla concessionedei terreni mediante vendita o allivellazione, spesso conobblighi miglioritari dellambiente e dellimpianto dellapineta nel tombolo no ad allora occupato dalla macchiamediterranea.Diversa da tutte le altre aree la realt storicadellArcipelago Toscano. Rispetto al territorio dellacosta maremmana, infatti, le isole toscane maggiori,ovvero Elba, Giglio e Capraia, che contrariamente allealtre minori (Gorgona, Pianosa, Montecristo e Giannutri) mantennero una continuit di popolamento dal tardoMedioevo, costituiscono un mondo a parte, esprimendoforme paesistiche e strutture socio-economiche assaispeciche, per certi aspetti abbastanza simili a quellemontane appenniniche.

    Le popolazioni insulari, per lo pi organizzate in piccolicentri murati e villaggi aperti mantenenti forti legamicomunitari, e ancora pi mobili di quelle appenniniche,si inserirono saldamente nelleconomia e nella culturamediterranea, specialmente grazie alle ricolonizzazionidei tempi moderni. Tale integrazione avvenne mediantele pratiche della pesca, del contrabbando, del commerciodelle eccedenze locali (vino, pescato, sale), oltre che delminerale di ferro o del granito allElba (e in minor gradoal Giglio). Con tali risorse, gli agricoltori isolani residentitutti nei paesi quasi sempre forticati erano solitiintegrare le mediocri produzioni agricole (con le terrequasi esclusivamente collinari ovunque intensivamenteutilizzate mediante ingegnosi terrazzamenti e limpiantodi colture anche specializzate, a partire dalla vite) e glistipendi versati dagli Stati preunitari per mantenervi solidi

    presdi militari, al ne di controllare, da questi avamposti,i nodi di trafco marittimo di rilevante importanzastrategica. I governi dei tempi unitari, con la smobilitazionemilitare, la repressione del contrabbando e la crisi dellanavigazione di cabotaggio, e spesso con la localizzazionedi colonie penali gi pionieristicamente sperimentate dalGranducato intorno alla met del XIX secolo, inferseroun colpo mortale a queste piccole patrie insulari. E lodimostra lattivazione, proprio da allora, dellabbandonodellagricoltura e dellavvio di un continuo movimento

    migratorio che doveva nire per decimare la popolazione edestrutturare molti microcosmi, no alla valorizzazioneturistica: una colonizzazione diretta da imprenditori quasisempre esterni, pregiudizievole nei riguardi degli equilibripaesistico-ambientali e socio-culturali delle comunitisolane, affermatasi compiutamente nella seconda metdel XX secolo.Analogo a quello insulare era il paesaggio rurale prodotto no allo sviluppo turistico dellimmediato ultimodopoguerra nel promontorio dellArgentario, nei versantiterrazzati e nelle corone di propriet particellarecircostanti Porto Santo Stefano e Porto Ercole, tenutia coltivazioni intensive (per lo pi vigneti, ma anchealberi da frutta e ortaggi) dagli abitanti dei piccoli centriportuari, agricoltori e insieme pescatori e marittimi, nondi rado tradizionalmente provenienti dal Napoletano,dalla Spagna e da altri paesi dominati no al XIX secolodagli Asburgo.

    criteri per lindividuazione e il riconoscimento deipaesaggi rurali storici e principali criticit

    Riguardo alla denizione e selezione dei paesaggi storici, doveroso premettere che qualsiasi brano di paesaggiorurale dai contorni dei centri abitati agli spazi apertipi periferici, dalla Toscana insulare e costiera a quelladellinterno e in qualsiasi ambiente morfologico (pianura,valle, collina, montagna) da considerare prodotto ebene storico. Questo in quanto ogni paesaggio rivela,con facile percezione, almeno i principali elementi ecaratteri (insediamenti, manufatti stradali e idraulici,sistemazioni del suolo, forma del parcellare, alberature,ecc.) che gradualmente gli hanno dato corpo e spessore,nel lungo periodo compreso almeno fra lalto medioevo e

    lultimo dopoguerra. Lindividuazione e il riconoscimentodei paesaggi rurali storici della Toscana (si vedano leschede di seguito allegate) sono nalizzati ad interventidi salvaguardia, riqualicazione e restauro (anche informa di riproduzione dei caratteri pi salienti), inconsiderazione della loro vulnerabilit e dei fattori dirischio che ne compromettono gli equilibri.La schedaturaoffre indicazioni descrittive sui principali paesaggi ruraliche si ritenuto di considerare (caratteristiche socio-economiche, paesistiche e insediative) utili ad individuaree a riconoscere nei paesaggi rurali di oggi, nonostantele trasformazioni avvenute, caratteri tradizionali chedanno valore storico allinsieme di ciascun paesaggio. Permaggiore completezza e per approfondimenti alla scalalocale, si riportano di seguito alcuni criteri generali, conriferimento alla ricerca nazionale sui paesaggi rurali storici

    (che ha prodotto il volume Paesaggi rurali storici. Per uncatalogo nazionale, a cura di Mauro Agnoletti, 2010) e nelquadro di attivit promosse dallOsservatorio Nazionale.

    criteri signicativit storica: spazi agrari che rappresentano

    esempi eminenti di un insieme paesaggistico che siqualica come prodotto di un periodo o di pi periodisignicativi della nostra storia regionale;

    autenticit e integrit (alta, media, bassa): deipaesaggi che sono presenti in un determinato territorioda lungo tempo, anche molti secoli;

    stabilit o evoluzione molto lenta nel tempo,valutabile attraverso il confronto tra la cartograa ele foto aeree degli anni 50 con quelle attuali, riguardoalla permanenza di indicatori fondamentali come: ilparcellare agrario e il reticolo degli insediamenti edella viaabilit locale;

    impiego di pratiche e tecniche legate alla tradizione:organizzazione caratterizzata da un ridottoimpiego di energie sussidiarie esterne, in termini dimeccanizzazione, irrigazione, uso di concimazionichimiche e di agrofarmaci;

    presenza, anche parziale, di ordinamenti colturalieconomici locali tradizionali;

    presenza di sistemazioni idraulico-agrarie tradizionali; presenza di un mosaico paesistico tradizionale; signicativa armonia integrativa tra aspetti produttivi,

    ambientali e culturali;criticitVulnerabilit e fattori di rischio per la loro conservazione: abbandono colturale e abbandono delle sistemazioni

    idraulico-agrarie tradizionali; rinaturalizzazione, con aumento della vegetazione

    arbustiva e arborea boschiva, che riconquistano prati-pascoli e coltivi, arrivando anche a modicare lastruttura dei paesaggi e boschi storici in abbandono.Riformazione spontanea di boschi altri rispetto aquelli storicamente umanizzati, con ingresso dispecie arboree diverse in seguito allabbandono dellepratiche di gestione (ad esempio, un castagneto dafrutto o una pineta di pino domestico pu trasformarsiin un bosco misto);

    rischio idrogeologico, come dimostrano i frequentiepisodi di dissesti, legati proprio alla rinaturalizzazione

    spontanea, specialmente per la mancata manutenzionedelle sistemazioni idraulico-agrarie e forestali;

    pressione antropica: il fenomeno riguarda lavanzatadelledilizia a ni residenziali o produttivi(commerciali e industriali, nuova viabilit, grandiimpianti energetici eolici e fotovoltaici e tecnologici),con alterazione della trama paesistica e insediativastorica tradizionale;

    intensivizzazioni agricole: con conseguente sviluppodelle colture specializzate erbacee ed arboree. Talefattore legato specialmente alla trasformazioneindustriale dellagricoltura, secondo un modellodi sviluppo globalizzato che invariabilmente vedenella meccanizzazione e in una riorganizzazionedegli ordinamenti produttivi, volta ad aumentare laproduttivit e ad abbassare i costi della manodopera,

    gli unici indirizzi possibili da perseguire; semplicazione ed omologazione del mosaico

    paesistico: con diffusione delle monocolture in luogodella policoltura e ricomposizione del parcellare;

    alterazione dei caratteri delle architetture ruralitradizionali.

    processi storici di territorializzazione che interessanoi paesaggi rurali dal medioevo ad oggi

    Dal tardo Medioevo no al 1765 circa (prima del riformismolorenese)Crisi del sistema feudale curtense e dellincastellamentoa causa della oritura urbana diffusa; crescitademograca; crescita dei mercati (specialmente noallo scadere del XIII secolo); penetrazione del capitaleurbano e dellimprenditoria nelle campagne; sviluppodellagricoltura e di sistemi agrari di mercato in alcune areedella Toscana (le maggiormente polarizzate dalle citt) inet tardo-medievale e moderna; nascita e diffusione delsistema di fattoria nella Toscana centro-settentrionaleinterna con allargamento dello spazio agrario mediante labonica (in et moderna); sfruttamento semicoloniale dialcune subregioni (Maremma Senese, Piombinese e Pisana)anche da parte di dominazioni esterne (Orbetellano);sviluppo del fenomeno della transumanza dalle regionimontane (toscane e estere) verso le pianure costiere especialmente verso la Maremma Senese.

    Dal 1765 al 1860 circa (dominazione lorenese e Granducatodi Toscana)Massicci interventi del governo riformatore lorenese cheinvestono tutti gli ambiti giuridico-economico-sociali;liberismo economico e unicazione del mercato; abolizionedelle servit di pascolo e di tutti i monopoli e privative ineconomia; liberalizzazione del taglio dei boschi (legge del1780); diffusa abolizione e alienazione dei beni collettivi(con perdita degli usi civici e diffusione della proprietborghese); espansione della mezzadria poderale;boniche e sistemazioni idrauliche con prosciugamento diquasi tutte le aree palustri nella Toscana settentrionale;costruzione della rete stradale rotabile e delle principaliferrovie; forte sviluppo in senso q uantitativo e qualitativodellagricoltura e dellallevamento; avvio dellattivitmineraria; soppressione degli enti ecclesiastici e laicali

    con espropriazione e vendita di grandi propriet fondiarie.

    Dal 1860 al 1955-60 circaCompletamento della rete stradale e ferroviaria;progressiva crisi agraria fra Ottocento e Novecento; ultimaespansione della mezzadria poderale nelle maremme enelle montagne no alla seconda guerra mondiale; bonicaintegrale fascista nelle maremme di Pisa-Livorno e diGrosseto; avvio della Riforma Agraria nella Toscana costieraa sud dellArno; forti correnti migratorie soprattutto dallamontagna e dallArcipelago; disgregazione della mezzadriae riconversione agraria parziale in funzione del mercatonegli anni del miracolo economico, chiusura delle miniere;avvio dellinurbamento in citt e centri minori in sviluppoterziario e industriale.

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    SCHEMA- PAESAGGI RURALI STORICI DELLA TOSCANA DAL MEDIOEVO AL II DOPOGUERRA

    Fino al 1765 circa (prima delriformismo lorenese)

    Al 1860 circa (fine delladominazione lorenese e delGranducato di Toscana)

    Al 1955-60 circa (dopo la Riforma Agraria)

    1A.Paesaggio agro-silvo-pastoraledella piccola propriet e dellecomunanze della montagna

    1A. Forte parcellizzazione e perditadelle comunanze

    1A. Progressivo abbandono e crisi dellacastanicoltura

    1B.Paesaggio del latifondo dimontagna 1B.Parziale trasformazione in grande-media propriet privata a contodiretto e in Paesaggio della mezzadriadi montagna (2E), in fo rte espansione

    1B. Parziale trasformazione in grande-mediapropriet privata a conto diretto e in Paesaggiodella mezzadria di montagna (2E)

    1D. Paesaggio della ricostituzione e dellaspecializzazione forestale

    1C.Paesaggio della policoltura e dellapiccola propriet privata dellAmiataoccidentale

    1C.Stabilit 1C. Stabilit

    2A. Paesaggio della mezzadriapoderale (con e senza fattoria)

    2B. Paesaggio della mezzadriapoderale- Periurbano e dei versantiarborati terrazzati e ciglionati

    2C. Paesaggio della mezzadriapoderale-tipo Chianti con forteincidenza del bosco

    2D. Paesaggio del latifondo a

    mezzadria a indirizzo cerealicolo-pastorale

    2E. Paesaggio della mezzadriapoderale delle piane umide bonificate

    2F. Paesaggio della mezzadria dimontagna

    2A-2F: Forte espansione emodernizzazione di tutti i tipi conestensione alle aree della montagna edel latifondo

    2A-2F: Forte espansione e modernizzazione ditutti i tipi con estensione alle aree dellamontagna e del latifondo

    2G. Paesaggio delle colture orto-floro-vivaistichecontemporanee (per trasformazione eframmentazione di 2A e 2D)

    3. Paesaggio della cascina allalombarda

    3. Parziale trasformazione in 2D 3. Parziale trasformazione in 2D e 5B

    4. Paesaggio della corte lucchese 4. Stabilit 4. Stabilit

    5A. Paesaggio del latifondocerealicolo pastorale

    5A. In lenta ma progressivacontrazione per trasformazione in 5Be 5C

    5A. In fortecontrazione

    5D. Paesaggio dellaRiforma Agraria (dal 1950)

    5B. Paesaggio della mezzadriapoderale della pianura costiera aindirizzo cerealicolo-zootecnico

    5B. Espansionefino al 1950

    5C. Paesaggio della mezzadriapoderale e piccola proprietcoltivatrice della collina interna acampi chiusi a indirizzo cerealicolo-zootecnico

    5C. Espansionefino al 1950 5C. Stabilit e parzialetrasformazione in 5D (dopoil 1950)

    6. Paesaggio delle comunanze epiccole propriet apuano-versiliane

    6. Trasformazione in agricolturaintensiva specializzata della piccola-media propriet

    6. Fortissima contrazione a favoredellurbanizzazione e della specializzazioneorticola

    7. Paesaggio dellagricoltura intensivaterrazzata della piccola proprietdelle isole e dellArgentario

    7. Stabilit 7. Forte contrazione in favore di abbandono eurbanizzazione (maggiore resistenza allElba)

    8. Paesaggio delle Colline Metallifere 8. Stabilit 8. Stabilit e parziale contrazione in favoredellabbandono

    piano paesaggistico

    REGIONE TOSCANA

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    introduzione

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    Dal 1955-60 in poiAbbandono agrario, rinaturalizzazione e spopolamentodella campagna specialmente nelle aree montane emezzadrili, con perdita o alterazione dei caratteri storici(policoltura e coltura promiscua, case contadine, villaggiagricoli); disgregazione della mezzadria e formazionedi aziende capitalistiche con salariati e piccole impresediretto-coltivatrici; riconversione agraria parziale conmeccanizzazione e specializzazione delle produzionidi mercato (viti, alberi da frutta, olivi, cereali, piante

    industriali, foraggi e zootecnia); rimboschimenti nelle areemontane e collinari interne; urbanesimo e urbanizzazionediffusa con sviluppo delle attivit industriali e terziarie,specialmente turistiche nella costa e nelle isole;rivalorizzazione della campagna (parchi naturali,agriturismo e turismo rurale).

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    1A PAESAGGIO AGRO-SILVO-PASTORALE DELLA PICCOLAPROPRIET E DELLE COMUNANZE DELLA MONTAGNA

    localizzazioneAppennino (dalla Lunigiana alla Valtiberina), Amiata, Cetona,Alpi Apuane, lembi delle Colline Metallifere, della Montagnolasenese, dellAlto Chianti (Monte S. Michele)

    caratteristichesocio-economiche

    piccola e piccolissima propriet locale; beni collettivi e usicivici (no al tardo Settecento o allUnit dItalia); alleva-mento e transumanza, migrazioni stagionali anche di forestalie braccianti agricoli o artigiani.

    paesistico agrarieagricoltura di sussistenza nelle fasce montane inferiori (ce-reali di montagna) praticata spesso in campi chiusi: ap -pezzamenti piccoli delimitati da siepi vive, lari di alberi elingue di bosco; grande estensione nelle fasce medie-altedelle superci boschive con spesso radure prative o prateriedaltitudine sfruttate intensamente, specialmente per lalle-vamento; ruolo fondamentale del castagno nella bassa-mediamontagna.insediativeforte diffusione dellinsediamento accentrato di villaggio(spesso di modeste e piccole dimensioni); dimore tempora-nee nei castagneti (metati) e nei prati pascoli daltura esti-

    vi (enili e ricoveri); rari edici rurali sparsi abitati perma-nentemente dagli agricoltori proprietari, con caratteristicheedilizie proprie dei fabbricati in pietra a vista delle regioniappenniniche (cfr. Appendice 1).

    processi evolutiviDal Medioevo no al 1765: formazione e consolidamentoDal 1765 al 1860 circa: lenta ma forte contrazione, perpolverizzazione ereditaria, della piccola propriet; pau-perismo diffuso; primi spostamenti denitivi verso le terrebasse (avvio della crisi che investir la montagna a partiredalla ne del XIX secolo); forte parcellizzazione e perdi-ta delle comunanze e dei diritti di uso civico (di pascolo,legnatico, semina, seconde raccolte dei prodotti agricoli,talora di fruizione dei corpi idrici) nelle terre private; svi-luppo dellallevamento e delle nuove colture di montagna(patata e mais); drastico taglio del bosco che porta adun diffuso depauperamento forestale (vendita di legna e

    carbone, allargamento dello spazio agrario e pascolativo);problemi idrogeologici e di stabilit dei versanti; preva-lenza dellindirizzo silvo-pastorale e zootecnico; gradualediminuzione del ruolo fondamentale del castagno; diffu-sione dellinsediamento sparsoDal 1860 al 1955-60 circa: lento processo di abbandono emigrazione permanente da parte della piccola proprietcoltivatrice; sviluppo del bosco (sia ceduo, sia alto fusto)che diventa la principale risorsa economica; pauperismodiffuso; forte riduzione dello spazio agrario in funzionedel bosco e dellincolto e quindi rinaturalizzazione diffu-sa; estesi rimboschimenti (specialmente di conifere), so-prattutto in conseguenza della legge forestale del 1923;bonica montana; forte deperimento del castagneto (cau-se endemiche sanitarie); crisi nellultimo dopoguerra delsistema mezzadrile, nonostante la specializzazione zoo-

    Garfagnana: paesaggio agro-silvo-pastorale della montagna con insediamento ac-centrato, XVII secolo (Archivio di Stato di Firenze)

    Montagna Pistoiese, Valle del Sestaione: paesaggio agro-silvo-pastorale della mon-tagna con insediamento accentrato, 1950 circa

    Montagna Pistoiese: paesaggio agro-silvo-pastorale della montagna con insediamen-to accentrato, 1711 (G. Luder, Archivio di Stato di Firenze)

    Appennino Tosco-Romagnolo: paesaggio agro-silvo-pastorale della montagna coninsediamento accentrato | OFC 1954 fonteRT-IGM

    Montagna Pistoiese: castagneti da frutto (foto A. Guarducci)

    Appennino Tosco-Romagnolo: paesaggio agro-silvo-pastorale della montagna coninsediamento accentrato

    tecnica e forestaleDal 1955-60 in poi: abbandono agrario e forestale, rina-turalizzazione e spopolamento della campagna con per-dita o alterazione dei caratteri storici (case contadine,villaggi agricoli, metati e enili dei prati pasco li daltura);disgregazione della mezzadria e formazione di aziende ca-pitalistiche con salariati e piccole imprese diretto-coltiva-trici; riconversione agraria parziale con meccanizzazionee specializzazione delle produzioni di mercato (foraggi ezootecnia razionale); rimboschimenti; rivalorizzazione in

    rapporto a parchi e aree protette, agriturismo e turismorurale

    testimonianze letterarieGarfagnanaE quasi tutta gente che possiede un pezzettino per unodi quella poca terra a ridosso della roccia, tenuta su aforza di mura a se cco, che le intemperie si accaniscono avoler portare via; il grano serotino, chiaro a stento, nontutti gli anni riesce a granire prima dei freddi. Valicato ilprimo spartiacque non son pi che radi forteti di faggiofra culmini di roccia ignuda e, nei pianori, prata derbarasa e na, pascolate da maggio a ottobre. Nei fondi qual-che laghetto verde guarda nel cielo [...]. A quei tempi, gliuomini, che avevano braccia e salute, emigravano tutti,andavano in Germania per la stagione, o in America persempre [...].Per lultima era estiva dellanno, su dai paesi di cinquevallate i montanari salgono allAlpe di San Pellegrino perfare le ultime provviste prima dellinverno.A primavera, i carbonai mettevano a fuoco le ultime car-bonaie. Stavano a ragionare intorno ai mucchi di legna,disposta nelle architetture simmetriche. Parlavano discendere ai piani, per lavorare da giornalieri, ai campi,sino a dopo segatura, ch scendono alle maremme a se-gare il grano, per ritornare ai monti a tagliare e cuoceredautunno. Le prata, oltre lo spartiacque, gi erano stel-late di pecore, una qui, una l [...].Un brutto posto, Montelandi, affogato in quella buca. Masopra c quel pianoro con quei laghetti [come il Lago Be-nedetto]: destate era bello (Delno Cinelli, Lucia, Mila-no, Treves, 1933, pp. 25-26, 35, 64-66 e 83).

    AmiataCastagni dappertutto; a ciuf solitari dove il monte pi

    brullo, a selvette dove unacqua appena pullula, a grandidistese nei pianori, nelle piagge a solato. E tra le chiomedei castagni ne il sole dottobre c unintesa segreta, percui tutte le tinte e le variazioni e le sfumature del verde,del giallo, delloro, tra terra e cielo, fanno questaccor-do, questa pace che si chiama lautunno. Borgate e paesi,la Badia San Salvatore, Piancastagnaio, Santa Fiora, Ca-stel del Piano, si rigirano al so le, si crogiolano, sindoranocome cardi. Castelli di pannocchie, spighe gialle, fannocornice a nestre e a balconi. In questo mese poi la vita piena, la stagione delle castagne anche que lla del vino,e le due opre sincrociano. Gran faccende dappertutto(Pietro Pancrazi, Ottobre sullAmiata [1929], in Donne ebuoi de paesi tuoi, Firenze, Vallecchi, 1925/1942, pp.105-111).

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    Alto Casentino: sullo sfondo il paesaggio del latifondo della grande propriet di montagnacon boschi e pascoli, 1780 circa (P. Ferroni e collaboratori, Archivio di Stato di Firenze)

    Alto Mugello, Panna: paesaggio del latifondo della grande propriet di montagna con bo-schi e pascoli, seconda met XVIII secolo (Archivio di Stato di Firenze)

    Stia-San Godenzo: paesaggio del latifondo della grande propriet di montagna conboschi e pascoli | OFC 1954 fonteRT-IGM

    Vallombrosa: paesaggio del latifondo della grande propriet monastica di montagnaincentrato sul bosco (foto A. Guarducci)

    Vallombrosa: paesaggio del latifondo della grande propriet monastica di montagnaincentrato sul bosco, XIX secolo (foto Archivio Italia Nostra)

    Pratomagno-Vallombrosa: paesaggio del latifondo della grande propriet monastica dimontagna incentrato sul bosco, seconda met XVIII secolo (Archivio di Stato di Firenze)

    Antichi castagneti che digradano per le pendici e sallar-gano per creste e per dossi a frondeggiare su tutti i de-clivi della cerchia montana, dove pi chiaro, attorno alleborgate e agli sparsi casolari, savviva il verdeggiare deipascoli e dei colti(Guelfo Civinini, Gesummorto, Milano,Mondadori, 1938, p. 166).

    Lalba intanto incominciava a innerire il cielo verso laparte di R adicofani, e gi apparivano sulle vie delle om-bre nere, incamminate alla miniera, al bosco, alle vigne,

    e a quelle alte carbonaie che fumano, tutto il d, fra icastagni, e paiono indizio di qualche arcana divinit, sen-za tempo, nascosta in quei gioghi (Mario Pratesi, Le duegliuole dellostessa: novella toscana, Nuova Antologia,I (1910), p. 40).

    Col ritorno della bella stagione il paese per un poco sisvuotava. La gente cominciava a sciamare, chi su per lamontagna, alle carbonaie, ai pascoli, ai tagli, chi per altrestrade che dessero speranza di meno fatica e di maggiorfortuna. Certi chiudevano addirittura la loro casa paesa-na, e si portavano dietro anche le donne e i marmocchi(Guelfo Civinini, Trattoria di paese, Milano, Mondadori,1937, p. 234).

    1B PAESAGGIO DEL LATIFONDO DI MONTAGNA

    localizzazioneAppennino, Amiata, Cetona, Apuane, lembi delle CollineMetallifere, della Montagnola senese, dellAlto Chiantidove sono localizzate le grandi propriet soprattutto dienti (Vallombrosa, Camaldoli, La Verna, Badia Tedalda,Montepiano, Abbadia San Salvatore, Badia di Taona sullaMontagna Pistoiese, Teso, Panna, Magona del Ferro, Colti-buono, Montescalari, Moscheta, ecc.)

    caratteristichesocio-economichegrande propriet religiosa e assistenziale (di conventi eabbazie locali e ospedali cittadini) e granducale (Teso,Panna, Magona).

    paesistico agrariespecializzazione forestale: boschi cedui e fustaie di legna-me da opera con larga diffusione delle abetine e pi ancoradelle faggete; prati-pascoli naturali e specializzazione zoo-tecnica (soprattutto ovini con transumanza invernale); ruoloimportante del castagno.insediativeforte diffusione dellinsediamento di villaggio accentrato (an-che di modeste dimensioni); dimore temporanee sui prati pa-scoli daltura (estivi); metati e rari edici rurali permanentisparsi; insediamento religioso (conventi e abbazie). Caratte-

    ristiche proprie descritte per la montagna appenninica (vedischeda 1A).

    processi evolutiviDal Medioevo no al 1765: formazione e consolidamentoDal 1765 al 1860 circa: parziale trasformazione in gran-de-media propriet privata a conto diretto e in Paesaggiodella mezzadria di montagna (2E) in forte espansione nelXIX secolo; sviluppo dellallevamento; drastico taglio delbosco che porta ad un diffuso depauperamento foresta-le (vendita di legna e carbone, allargamento dello spazioagrario e pascolativo); problemi idrogeologici e di stabili-t dei versanti; prevalenza dellindirizzo silvo-pastorale ezootecnico; graduale diminuzione del ruolo fondamentaledel castagno; diffusione dellinsediamento colonico sparsoDal 1860 al 1955-60 circa: estesi rimboschimenti (special -mente di conifere), soprattutto in conseguenza della leggeforestale del 1923; bonica montana; forte deperimento

    del castagneto (cause endemiche sanitarie); crisi del siste-ma mezzadrile nonostante la specializzazione zootecnicae forestaleDal 1955-60 in poi: abbandono agrario e forestale, rinatu -ralizzazione e spopolamento della campagna, con perditao alterazione dei caratteri storici (case contadine, villaggiagricoli, enili, metati); disgregazione della mezzadria eformazione di aziende capitalistiche con salariati e pic-cole imprese diretto-coltivatrici; riconversione agrariaparziale, con meccanizzazione e specializzazione delleproduzioni di mercato (foraggi e zootecnia razionale);rimboschimenti; integrazione delle attivit aziendali conil sistema dei parchi e delle aree protette e con il turismoverde (rivalorizzazione); parziale trasformazione in Pae-saggio della ricostituzione e della specializzazione fore-stale e zootecnica (1D)

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    1C PAESAGGIO DELLA POLICOLTURA E DELLA PICCOLAPROPRIET PRIVATA DELLAMIATA OCCIDENTALE

    localizzazioneMonte Amiata: fascia mediana tra i 400 e i 700 metri, di giun -tura tra lambiente collinare mediterraneo e della mezzadriae quello propriamente montano del castagno e del bosco-pa-scolo della piccola propriet, intorno ai centri abitati, parti-colarmente evidente nella valle del Lente o Conca doro, traArcidosso, Castel del Piano e Seggiano

    caratteristichesocio-economichepiccola e piccolissima propriet locale; beni collettivi e usicivici no allo scadere del XVIII o allinizio del XIX secolo.

    paesistico agrariepolicoltura fortemente intensiva caratterizzata dalle dimen-sioni molto piccole degli appezzamenti; diffusione di vite eolivo e secondariamente di alberi da frutta in forma di colturapromiscua (cereali e specialmente colture arboree) e di ap-pezzamenti specializzati (vigneti e oliveti) di ridotte dimen-sioni., risorse ugualmente utilizzate.insediativepredominanza dellinsediamento di villaggio (borghi, castellimurati, casali aperti, agglomerati sgranati) e rare case spar-se, con le stesse caratteristiche descritte per la montagna ap-

    penninica (vedi scheda 1A).processi evolutiviDal Medioevo no al 1765: formazione e consolidamentoDal 1765 al 1860 circa: lenta contrazione, per polveriz -zazione ereditaria, della piccola propriet, anche se constabilit delle colture di vite e olivo; primi spostamentidenitivi verso le terre basse (avvio della crisi che inve -stir la montagna a partire dalla ne del XIX secolo); par -cellizzazione e perdita delle comunanze e dei diritti diuso civico (di pascolo, legnatico, semina, seconde raccoltedei prodotti agricoli); taglio del bosco e depauperamen-to forestale (vendita di legna e carbone, allargamentodello spazio agrario e pascolativo); graduale diminuzionedel ruolo fondamentale del castagno; avvio dellindustriaestrattiva e integrazione con le attivit agricoleDal 1860 al 1955-60 circa: forte sviluppo dellattivitestrattiva e piena integrazione degli occupati con le atti-vit agricole, che diventano per per lo pi s econdarie (at-tivit part time); forte deperimento del castagneto (causeendemiche sanitarie);Dal 1955-60 in poi: graduale chiusura delle miniere; pro-cesso di migrazione permanente verso la Maremma e icentri urbani non solo regionali; graduale abbandono, conriduzione parziale dello spazio agrario, compreso quellocoltivato a vite e olivo, rinaturalizzazione; tentativi di ri-valorizzazione turistica (agriturismo)

    testimonianze letterarieAmiata: tra Arcidosso, Castel del Piano e Seggiano (l a Con-ca doro).Scrive Imberciadori nel 1979-80, che il versante occiden-tale del Monte Amiata, in provincia di Grosseto, parte dai1734 metri della sua vetta e scende, n verso i mille me -

    testimonianze letterarieCasentino e RomagnaNel 1834 il granduca Leopoldo II di Lorena osserv lam-piezza dei vuoti fatti dalla scure senza riguardo nella fo-resta di Campigna, antico latifondo silvo-pastorale dellO-pera del Duomo di Firenze, allora concessa in aftto aimonaci di Camaldoli, con le diffusecoste nude dellAp-pennino, anche per impiantarvi a spese del bosco circa20poderi miseri sempre, e pi miseri tra poco, quandorilavato dalle piogge il fertile suolo, avanzo del bosco, sa-

    rebber comparsi i anchi petrosi del monte. Nellestate1837 il principe (accompagnato dai selvicoltori Carlo Sie-moni e Antonio Seeland fatti appositamente venire dallaBoemia) scrive:Da S. Godenzo per i prati del Castagno venni alla Fal-terona: le spalle ed il vertice di quel monte erano irti ditronchi giganteschi, nudi, bianchi, rotti, il suolo sparsodelli avanzi caduti, vasto cimitero della nobile foresta.Questi ossami tenevano il posto che avrebbero dovuto oc-cupare le piante e le semente novelle, triste spettacolodi riprovevole abbandono [...]. Il bosco si vedea sparsoin ogni parte di schiappe delle scuri [...], sincontravanole di uomini che mandavano avanti per istradelli cavallie somari carichi di asserelle, fondi di bigoni, pale ed al-tri utensili, e levavano fuori il meglio della foresta comesciame di formiche che avesse invaso. Nella posticcia diCampigna erano rimasti immensi abeti, alcuni gi privi

    delle chiome e guasti, minacciosi di cadere e fracassaremolti dei giovini, ma grandi gi, nati intorno [...]. Nelbel monte del Giro molte delle magniche antenne eranoferite da cappie fatte colla scure per saggiare se il legnoera atto a fendersi per i lavori di bigoni, e quelle feritenon rimarginano e fanno labete non pi adatto per co-struzioni navali. Dalla vasta pendice della Bertesca ave-vano i padri camaldolesi tratti molti dei travi pi grandiper la basilica di San Paolo, perch pi vicini alla strada,ogni altro abbandonato; era guasta e morta. I padri dava -no un albero a scelta per poco, i boscaioli prendevano ilpi comodo, il pi vicino, lasciavano sul suolo gli avanzi.Non si vedeva assegnazione regolare e tagli, niuna curadi riproduzione: il governo non conosceva, li operai delduomo meno ancora: si struggea una foresta unica in Ita-lia. Bisognava trovar rimedio, scioglier laftto [...]. Laforesta dellOpera, patrimonio di Toscana, doveva esserconservata ed amministrata a dovere (Franz Pesendorfer,

    a cura di, Leopoldo II di Lorena, Il governo di famiglia inToscana, Firenze, Sansoni, 1987, pp. 177-178 e 202-203).

    ValtiberinaLe coste alpestri che ancheggiano il ume e la strada,quando muore la vite si rivestono di castagni e di querci;pi avanti, brillano chiare le prime faggete, ed i monti siaprono ai prati o si scosciano nelle radure (Pietro Pancra-zi, In Val Tiberina [1925], in Donne e buoi de paesi tuoi,Firenze, Vallecchi, 1925/1942, pp. 60-67).

    Monte Amiata, Monticello Amiata: paesaggio della policoltura intensiva, 1950 circa(foto Archivio Italia Nostra)

    Monte Amiata, Seggiano: contrasto fra il paesaggio silvo-pastorale dellalta monta-gna e la fascia della policoltura intensiva (foto Archivio Italia Nostra)

    Monte Amiata: contrasto fra il paesaggio silvo-pastorale dellalta montagna e lafascia della policoltura intensiva (foto Archivio Italia Nostra)

    Monte Amiata: contrasto fra il paesaggio silvo-pastorale dellalta montagna e lafascia della policoltura intensiva (foto Archivio Italia Nostra)

    Monte Amiata, Seggiano: piccola propriet e appoderamento con colture intensiveprevalentemente arboree | 1944 fonteIGM, Seggiano 129 IV NO

    Monte Amiata, Seggiano-Castel del Piano: paesaggio delle policoltura intensiva|OFC1954fonteRT-IGM

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    tri, tutto ricoperto di faggi e, n verso i 500 metri, tuttocoperto di castagni. Dai 500 ai 200 metri, in terreno nonpi vulcanico ma calcareo-arenario-argilloso, prevulcani-co, solo il Monte Amiata occidentale si riveste tutto di oli-vi e di viti. Vederlo, stupendo, dal balcone di Montegiovi.Tra le due fasce, la boscosa e la vitata-olivata, si stende-va, no a pochi decenni or sono, lungo il paese di Casteldel Piano, un amore di piccola valle, tutta irrigata da ab-bondantissime acque sorgive e coltivata a prati, lino edorti.

    Dalla zona degli orti comincia e scende verso il ume Len-te (15.629 ettari di bacino) quella che, in diversi secoli, divenuta la conca doro dellAmiata occidentale che,rispetto allorientale, gode di unora pi di sole; nel cielovede riessa la luce del mare e del mare risente, pur di -stante, il respiro, in certe zone collinari nord-occidentali.Ecco il perch dei suoi 600 ha di vigneto, con 30.000 quin-tali di vino, e 1100 ha di oliveto, con circa 3000 quintalidi olio [].La popolazione delle parti dei tre comuni interessati allacoltivazione della vite e dellolivo, Arcidosso con Mon-telaterone, Castel del Piano-Montegiovi e Seggiano, am-monta a circa 6000 persone.Lavorare a viti ed olivi in questa zona non stato maifacile []. Il terreno agrario della valle stato letteral-mente costruito dalluomo, asportando o sotterrandoo sistemando il pietrame in fosse drenate, in strade, inmuri a secco per contenere una morfologia accidentata. Ein questo ambiente che, nel lungo tempo, si instaurataunagricoltura intensiva, con altissimo impiego di manodopera sia per limpianto sia per la coltivazione dellecolture arboree in una frammentazione crescente di pic-coli appezzamenti a conto diretto o a speciale mezzadria.Solo nella parte del Comune di Caste l del Piano-Montegio-vi (circa 1000 ha), alla ne della Seconda guerra mondia -le, si registravano oltre 4000 ditte al nuovo Catasto, conoltre 2000 aziende agrarie.Da qui labbandono graduale degli orti irrigui, delle vi-gne e degli oliveti, o la loro trasformazione in sempre pipiccole coltivazioni part-time. Tanto che Imberciadori sichiede: si salver questa valle del Lente, vocata alla vitee allolivo? Si salver il frutto e lopera del lavoro di diecisecoli di tante generazioni di contadini su terreni petrosie incolti concessi dai Comuni?. Per rispondere ottimisti-camente che, a lungo termine, potr essere attuata una

    ricomposizione fondiaria e unaggregazione di proprietche dovrebbe portare alla formazione di aziende vaste, inprevalenza diretto-coltivatrici, tali da raggiungere unat-trezzatura di economica convenienza e tutto il migliorgrado di meccanizzazione consentito dallasperit delsuolo (Ildebrando Imberciadori, Dalla quercia alla vitee allolivo nella valle del Lente sul Monte Amiata (secc.X-XX), Rivista di Storia dellAgricoltura, XX, 1980, pp.153-184).

    1D PAESAGGIO DELLA RICOSTITUZIONE E DELLA SPECIA-LIZZAZIONE FORESTALE

    localizzazioneAppennino, Amiata, Cetona, Apuane, lembi delle Colline Me-tallifere, della Montagnola senese e dellAlto Chianti

    caratteristichesocio-economichemedia e grande propriet privata e pubblica; selvicoltura, al-

    levamento e sviluppo dellartigianato del legno.paesistico agrarierimboschimenti diffusi di conifere autoctone e alloctone (spe-cialmente pino, abete rosso e bianco, abete douglasia); siste-mazione agraria e forestale e bonica montana dei versanti(terrazzamenti, strade forestali, briglie e altre opere idrauli-che).insediativeCaratteristiche proprie descritte per la montagna appennini-ca (vedi scheda 1A).

    processi evolutiviDal 1860 al 1955-60 circa: formazione e consolidamentoricostituzione dei boschi a partire dal 1860 circa e soprat-tutto dopo il 1923 (legge forestale e normative fascistesulla montagna), con esempi pionieristici dagli anni 30 delXIX secolo nelle propriet granducali (Foreste Casentine-

    si); attivit forestali e zootecniche.Dal 1955-60 in poi: graduale crisi della selvicoltura pro-vocata dalla concorrenza internazionale e dalla perdita diimportanza del legno come materia prima; rivalorizzazio-ne (integrazione delle attivit aziendali con il sistema deiparchi e delle aree protette, sviluppo dellagriturismo edel turismo rurale).

    testimonianze letterarieCasentino e RomagnaLa grande riforestazione attuata tra Casentino e Roma-gna dagli anni 30 del XIX secolo in poi fu gi evidentenel 1854, quando il granduca Leopoldo II condusse con sin Casentino i gli afnch essi vedesser la foresta delliabeti. Il 21 luglio si venne la sera a Pratovecchio: quiveduto il porto dei legnami, le coltivazioni di Marmora-ta, e Stia industriosa per sue manifatture. Si prese lin-dimane per leremo e le faggete e si venne alla Badia a

    Prataglia da me acquistata: salii sullangusto crinale [...].Di poi sentr per la faggeta che ogni raggio di sole cuo-priva nellantica foresta delle verdi travi. La discesa nellaBertesca era ripulita dallimmenso carcame della rotta emorta foresta, e la nuova piantata, or ventenne, proteg-geva dellombra sua; scelsi il difcile sentier dei Forco-nali lungo il rio, nascosto da altera foresta di grossi faggied altissimi abeti, ed a sera ci ridussimo alla Lama: qui prato bagnato da rio che cade dai anchi della Pennae, raccolto, va ad una sega per travi e tavole [...]. Quiera fatta la prima abitazione, vicina stava una vetreria aconsumare li avanzi di bosco ed il frascame; qui pascevanoli bovi del Tiro, e molti tagliatori e conduttori passavanle notti o sotto una tettoia o per lerba sparsi. Fu giornoappena e gi li conduttori si chiamavano colle grida usa-te ed aggiogavano i bovi alle condotte delle antenne per

    Monte Amiata: paesaggio forestale con evidenti zone di rimboschimento (foto Ar-chivio Italia Nostra)

    Consuma: paesaggio forestale con rimboschimento (foto A. Guarducci)

    Foresta Casentinese: paesaggio forestale con evidenti zone di rimboschimento (fotoA. Guarducci)

    Foresta Casentinese: paesaggio forestale con evidenti zone di rimboschimento (fotoArchviio Italia Nostra)

    Montagna Pistoiese: paesaggio forestale con evidenti zone di rimboschimento (fotoA. Guarducci)

    Monte Falterona: paesaggio forestale con evidenti zone di rimboschimento (fotoArchivio Italia Nostra)

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    2APAESAGGIO DELLA MEZZADRIA PODERALE (con e senzafattoria)

    localizzazionecampagne piano-collinari interne polarizzate da citt ecentri minori della Toscana centro-settentrionale interna,con lenta e progressiva diffusione a tutti gli altri ambientidella regione (pianure interne di bonica, maremme dellatifondo cerealicolo-pastorale, montagna)

    caratteristichesocio-economicheorganizzazione agraria fondata sul patto di mezzadria concoinvolgimento di decine di migliaia di famiglie di agricol-tori mezzadri; piccola, media e grande propriet di perso-ne siche ed enti cittadini;

    paesistico agrariepolicoltura-coltivazioni promiscue (seminativo arborato/al-berata); forte diffusione delle colture arboree (vite, olivo,altri alberi da frutta, gelso, pioppo, acero campestre) edelle colture da industria (specialmente paglia, piante tessilie tintorie, anche giaggiolo, tabacco e barbabietola); alleva-mento di molteplici specie animali (da lavoro, da cortile, daingrasso); equilibrio fra attivit economiche e ambiente;diffusione del cipresso e delle piante sempreverdi e orna-mentali; presenza del bosco governato a ceduo o a fustaia inalternanza ai coltivi; sistemazioni idrauliche e forestali che

    evolvono nel tempo (rittochino, cavalcapoggio, girapoggio,ciglionamento e terrazzamento, spina-colmata di monte );forte diffusione di manufatti di sistemazione del suolo (muridi cinta e sostegno)insediativeforte diffusione dellinsediamento agricolo sparso con ruo-lo dei villaggi rurali a servizio delle campagne appoderate;evoluzione e specializzazione diacronica delledilizia rurale;diffusione del sistema di fattoria, con la villa e il suo verde didelizia e con le strutture produttive (specialmente mulini dacereali e da olive, fornaci, ma anche piccoli opici correlatialla lavorazione rurale dei prodotti tessili); capillare viabilitinterpoderale e verso lesterno; forte diffusione delle strut-ture di sacralizzazione dello spazio (chiese rurali, oratori ecappelle votive, tabernacoli o croci). Cfr. Appendice 1.

    processi evolutiviDal Medioevo no al 1765: formazione, consolidamento ed

    espansione territoriale dellappoderamento e del sistema difattoria.Dal 1765 al 1860 circa: forte espansione agraria a dannodi incolti, boschi e paduli (nelle pianure interne, nelle areemontane e del latifondo della Toscana settentrionale); diffu-sione dellinsediamento sparso; intensicazione delle colturearboree (specialmente viti e ulivi); introduzione o potenzia-mento ove gi presenti di nuove colture di mercato (tabac-co, barbabietola da zucchero) e stasi o graduale crisi congiun-turale delle vecchie (paglia, gelso); avvio della modernizza-zione degli ordinamenti agrari (prime rotazioni continue conpiante da rinnovo: leguminose, mais, patata, ecc.); sviluppoqualitativo e quantitativo delledilizia rurale con diffusione dimodelli razionali progettatiDal 1860 al 1955-60 circa: forte espansione generale conestensione anche alle aree della montagna e a quelle del

    le navi e delle travi alle fabbriche della citt. La stradaper la condotta dei legni era fatta, suonava il bosco e ilmonte delle voci delli intrepidi casentinesi che si inco-raggivano al duro e periglioso lavoro: 20 e 25 para di boviad un schio si curvavano sotto il giogo a vincer lerta, sifermavano o prendevano la corsa per non essere raggiuntidallantenna alla discesa, si dividevano in due parti oppo-ste quando erano a superarsi le voltate.Raggiunto che fu lerto ed angusto crine dellAppennino[...] accanto a noi la piaggia era seminata tutta di abe-

    ti, e quelle altere piante nellinfanzia loro erano difesedallerba del prato [...]. Si and poi dove ai anchi dellaFalterona si ergevano pi adulte piantate [...].Lindomani varcai lAppennino alla nuova mia cascina del-la Stradella, dimora per li uomini e le mucche nellestatesoltanto, il pi elevato luogo abitato di Toscana, ove rifugio ai viandanti presi dalle procelle o dalle nevi nel-la via che breve, ma perigliosa, da Casentino nelle Ro-magne. Tutto quasi il montuoso possesso prima guasto ediboscato era adesso ripiantato o riseminato dabeti, daisolchi della sementa col dirado si traevano le pianticellealle regolari piantate. Imitavano lesempio dellIspetto-re Carlo Siemoni altri nelle giogane del Pratomagno fraCasentino e Val dArno di Sopra: luomo possedea larteed avea la ducia di tutti (Franz Pesendorfer, a cura di,Leopoldo II di Lorena, Il governo di famiglia in Toscana,Firenze, Sansoni, 1987, pp. 418-419 e 508-511).

    Tra Monte Pisano e Colline delle CerbaieI boschi immensi, quasi pianeggianti e di una orida ve -getazione che si estendono dalla vetta delle colline, giper la schiena settentrionale no al padule di Bientina ealla Val di Nievole, sorprendono e ispirano un diletto mi-sto di riverenza. Eppure il terreno, che cos ben rivestitoha un aspetto di non o rdinaria feracit, sterile e ingrato[...]. Ma glilluminati possidenti di queste boscaglie, frai quali il sig. Marchese Pucci, il sig. Marchese Vettori eil sig. Priore Albizzi sono de principali, ne comprendonotutto il pregio, e ne hanno una sollecita e giudiziosa cura.Tutti questi boschi son cedui, parte palina di castagno,parte quercioli e altra s imil legna da ardere []. La faci-lit, che offre loro per ismerciare i prodotti de boschi,la vicina citt di Pisa e la non lontana di Lucca (a cui sitrasportano le legna per un canale che traversa il paduledi Bientina) fa s che la vendita ne sia sicura e assai prot-

    tevole; cos che la rendita dei boschi per quelle fattoriemolto notabile []. Sono parecchi i possidenti che hannoriseminato de boschi, ma il sig. Albizzi ha dato il belle-sempio di ridurre a palina e a pineta un podere dettoCampacci che era una di quelle grillaie dove muor di famee sindebita disperatamente il contadino (Corsa agraria,Giornale Agrario Toscano, XIX, 1831, pp. 207-242).

    Castelnuovo Berardenga: podere mezzadrile con seminativo arborato e terreni sodi-vi di propriet di grande famiglia senese, 1709 (A. Ruini, Archivio di Stato di Siena)

    Barberino Val dElsa, Linari: resti del paesaggio della policoltura mezzadrile (fotoA. Guarducci)

    San Donato in Poggio: podere mezzadrile con seminativo arborato, olivi e bosco,1960 circa (foto G. Biffoli)

    Barberino Val dElsa, Linari: resti del paesaggio della policoltura mezzadrile (fotoA. Guarducci)

    Montespertoli, Polvereto: podere mezzadrile di propriet di ente cavalleresco, 1775(P. Lucij, Archivio di Stato di Firenze)

    Valdambra, Bucine: paesaggio della mezzadria poderale a dominanza di seminativoarborato | OFC 1954fonteRT-IGM

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    piano paesaggistico

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    latifondo interno e maremmano, in seguito alla bonicaidraulica (in particolare Valdichiana, Maremma pisano-li-vornese e grossetana); generale e diffusa modernizzazio-ne in campo agronomico per laffermarsi delle rotazionicontinue razionali; diffusione dei primi impianti di colturespecializzate (vite e olivo) non nei poderi ma nei settoritenuti a conto diretto delle fattorie (es. vigneti specializ-zati di Uzzano e Brolio, rispettivamente anni 80 del XIXe inizio anni 30 del XX secolo), spesso su terrazzamenti.Dal 1955-60 in poi:crisi e rapida disgregazione del siste-

    ma della mezzadria poderale dal 1945 agli anni 60; crisisociale (piuttosto che produttiva); abbandono dei poderi(case e coltivazioni); ripresa e riconversione economico-agraria parziale, con meccanizzazione e specializzazionedelle produzioni di mercato (viti, alberi da frutta, olivi,cereali, piante industriali, foraggi per zootecnia); affer-mazione del sistema a conduzione con salariati o dellapropriet diretto-coltivatrice; sviluppo dellagroindustriae dellagriturismo; rinaturalizzazione diffusa con avanzatadel bosco; espansione urbana o con strutture ad uso indu-striale-artigianale-commerciale nello spazio rurale.

    testimonianze letterarieFiesole (territorio)Fredda e ventosa era la straducola che sale da PiazzaMino a San Francesco esolano. Ivi, fra muri e case, gli ul-timi ati dellinverno parevan radunati [...]. E nella pianadonde mero dipartito, lungo i margini della Mensola edella Doccia, ogni sterpo facente siepe ai coltivati avevaminuscole gemme appena visibili [...].Attraverso il fragrante maggio giunsi a sole alto e gi esti-vo, sulla via di Borgunto che sta poco lungi sopra a Fie-sole. Avrei voluto arrivare sino a Montereggi; ma camminfacendo, per quiete straducole ancheggiate da mssivigne oliveti boschi, qua e l popolate da casolari villecastelli, mindugiai ad osservare il paesaggio che sotto dime diventava sempre pi vasto e mutevole [...].Oggi, con questo anticipo di primavera in pieno inverno,salgo a Corbignano, piccolo borgo fra Settignano e SanMartino, situato a met dun poggio dolivi tagliato dalcorso capriccioso della Mensola [...]. Nel passar e ripassarla Mensola, al ponte degli Strozzi e a quello di San Marti-no, ritrovo laccogliente amicizia di strade e luoghi cari aimiei sogni di viandante solitario [...].Di ciascuna via, che sinerpica sui poggi fra lAffrico e la

    Mensola, mi son note le particolari bellezze, le anticheistorie, le favole, le visioni offerte dai luoghi dominantilampio orizzonte [...].Da Settignano, attraverso Gamberaia e da Girone, salen-do un aspro sentiero marginato dolivi, si pu andare sulcolle di Terenzano. Su ambo le strade, che corrono fra icampi, rasenti castelli leggendarii e ville fastose recinteda lecci e cipressi, incontri case coloniche con aie percor-se da loquaci brigate di pollame, ingombre di utensili edi carri, guardate da pagliai alti come campanili, fai co-noscenza con una terra coltivata affettuosamente, lindae prospera, agghindata s da sembrare un immenso giar-dino [...]. Terenzano non ha volto di paese o di borgo. Hacase lontane tra loro, sparse in un vasto territorio. La suachiesuola, che serge quasi sul culmine del poggio e vivein compagnia di due abitazioni coloniche le quali conser-

    chiesuola, che serge quasi sul culmine del poggio e vivein compagnia di due abitazioni coloniche le quali conser-vano nella loro struttura le impronte di ville medievali,rassomiglia, veduta in lontananza, ad uno di quei santuariche i pittori del Trecento ponevano sulla mano tesa deisanti [...].Fra la Capponcina e Montalbano una straducola saprelungo la via Aretina, scavalca la ferrovia e va su, alla ven-tura, ripida e solitaria, verso gli olivi e i lecci di poggioGamberaia [...]. Il viandante che per la prima volta sav-

    ventura in questa parte delle pendici settignanesi, chedolcemente declinano allArno dal lato di levante, nondeve aver riguardo a fermarsi alle due o tre case di con-tadini che incontrer strada facendo per chiedere la viagiusta [...].Nelle mie passeggiate fuori porta, mai avevo battuto lastrada che conduce a San Donato a Torri, che dista daCompiobbi un quarto dora derto cammino [...]. Nel gior-no dellAscensione mi ritrovai a camminare su lo scoscesosentiero che rasenta per un buon tratto il corso del Sam-bre e poi, tagliando campi e boschi, fra prode di giaggiolie ombre di giovani querce, va su verso Poggio alle Tortoree Montebeni [...].Dal borghetto dEllera, che sorge fra Compiobbi e le Sieci,si pu giungere in unora di cammino sulla vetta di Mon-teloro o Monte del lauro, ch nome pi poetico (GuidoFanfani, Invito ai colli orentini, Firenze, Rinascimentodel Libro, 1937, pp. 23, 53-57 e 59-60).

    Impruneta (territorio)Nelle colline dellImpruneta, dopo un temporale dotto-bre, il cielo era grigio e azzurro, e lazzurro degli olivi edegli olmi cui si appoggiano le viti, e il colore nito delleviti autunnali, facevano di tutta la regione del Chiantiun grande specchio del cielo e delle chiare nubi al limitedellorizzonte. Tutto azzurro e grigio, dun color minera-le, in cui i cipressi venivano avanti neri tra quella chia-rezza di colori metallica, e laria limpida e i campi eranotenuti a guardia da cotesti cipressi come gente accorsasulla soglia dun campo e dun casolare (Corrado Alvaro,Itinerario italiano, Roma, Novissima, 1933 (e Milano, Bom-piani, 1941, nuova ed. 1954), p. 53).

    Val di PesaI poderi dei dintorni, tagliati fuori dalle vie maestre,

    erano rilegati tra loro da una rete di viottole vicinali,ancheggiate da lari di viti e ogni tanto segnate allesvolte da cipressi isolati: in questa zona appartata, tuttele voci ed i suoni erano familiari e riconoscibili a distanzadi un miglio, sicch, se in questi itinerari segreti si in-troduceva un estraneo, tutto il vicinato era sbito aller-ta, incuriosito dallavvenimento. Di solito lunico traf -co esterno che penetrava in queste chiuse era costituitoda erbaioli che, col carretto tirato da un ciuco, venivanoa vendere ai villeggianti chi sampieri e cocomeri, o damerciaioli ambulanti, con le loro grandi cassette a zai-no, che fornivano alle massaie forcine e rigatino. Donnee ragazzi, desiderosi di novit, facevano circolo intornoa questi messaggeri del mondo: e l, in mezzo a quellapiccola folla radunata nellaia, potevo anchio, col cuoresospeso, ascoltare paurosi racconti di gore avvelenate, di

    bestiami stregati, di presagi e di apparizioni(Piero Cala-mandrei, Inventario della casa di campagna, introduzionedi G. Luti, Firenze, Vallecchi, 1989 (prima ed. Firenze, LeMonnier, 1941), pp. 23-25 e 27).

    Non lontano, a Faltignano, il nonno aveva fatto dispen-diosamente costruire un grande parco (che agli occhi delgiovane nipote appare gi in rovina) e addirittura un lagoarticiale che unimprovvisa e furiosa inondazione avevapresto provveduto a distruggere.

    Da Montauto un viottolo a saliscendi tra i boschi portavain men dunora alla villa della mia nonna e dei miei ziimaterni, che si chiamava Faltignano [...].Alla ne, con u nultima pettata, si sbucava allimprov-viso dallombra della pineta allaperto della strada ma-estra; e di l cominciava, tutto disteso no a Faltignano,un coltivato solatio che sentivo chiamare il disf atto (chevuol dire, lass, quel terreno da poco ridotto a campi,che i vecchi ricordano ancora quandera bosco). Le strademaestre di queste campagne sono di due maniere: ci sonquelle pigre di fondo valle, che amano camminare al si-curo accanto ai lenti umicelli, e solo sarrischiano, comeunica ginnastica, a scavalcarli ogni tanto con un ponte,per ricominciare collo stesso passo sulla riva di l; e cison quelle pi fantastiche e inquiete, che non si dannopace no a che non si sono inerpicate sul colmo della col-lina, dov pi vicino il cielo di mezzod, e l si tengono inequilibrio sul lo dello spartiacque, per avere il gusto diaffacciarsi contemporaneamente a due vallate opposte.Queste sono le strade che preferisco, perch ci si respirameglio: e tale era quella che portava a Faltignano.Proprio nel punto dove susciva dal bosco cera un cipres-so altissimo e una fornace: indi la via lava a galla suicampi ugualmente declinati in dolcissimo pendio dai duelati, tirata l, diritta e piana, come per disegnare visi-bilmente la spina dorsale dei versanti. Senza schermi dimuri o di siepi, due fossetti appena tracciati la separava-no dal coltivato: bastava allungar la mano per cogliere aldi l i ordalisi affacciati tra i solchi. Fra i tronchi degliulivi, come attraverso le fughe di un porticato, si sco-privano sempre pi lontani, intercalati tra invisibili valli,gli scenari di altre colline digradanti verso l a pianura: evoltandosi indietro, da uno strappo delle poggiate versoFirenze, si poteva scoprire in fondo, a or di un ato dinebbiolina argentea, un bottoncino lilla che era la cupola

    del duomo.Dopo quasi un miglio di questo cammino in bilico sul cri-nale dellaltopiano, si arrivava al bivio della Madonnina:chiamato cos perch da una parte della strada cera untabernacolo isolato, e di fronte, come per fare onoreallimmagine, sallargava a semicerchio una rotonda dicipressi squadrati a spalliera, in mezzo ai quali sboccavala viottola che saliva da Faltignano (Piero Calamandrei,Inventario della casa di campagna, introduzione di G. Luti,Firenze, Vallecchi, 1989 (prima ed. Firenze, Le Monnier,1941), pp. 53-54)

    Val dElsaLa campagna intorno al podere era varia e audace. Ap-pezzamenti in pianura stipati di piante si alternavano acolline sparse di boschi e di campi, tra le quali si aprivano

    valli appena accennate per la loro ampiezza o strette eprofonde come burroni; e quando meno me lo aspettavo,alla svolta di una strada comune allapparenza, allusci-re da un viottolo premuto da fronde, da giovani arbustiinsidiosi per spontanei irritanti movimenti, ci si paravanodinanzi prati di serica erba, prati oriti di rosso, di biancoe di viola, campi stupendamente ordinati e coltivati, e inmezzo ai prati e ai campi case celesti e rosa di contadini,grandi fattorie piene di macchine e di carri, e con stradepulite come via dei Tre Mori [la residenza cittadina], e

    ville con decine di stanze e sale da biliardo e colombaiesul tetto, e torri ai quattro angoli []. A ogni domandaimparavo che tutto era indispensabile nella natura, anchele piante che mi parevano insignicanti e le piante cheritenevo nocive; necessarie erano perno le valli strette eprofonde, non coltivate e che mi facevano venire le verti-gini. Imparavo che le case, le fattorie, le ville erano statecostruite nei luoghi pi adatti, negli unici adatti anzi, perun maggior ordine della campagna, che nei discorsi delnonno mi si presentava gi spontaneamente e meraviglio-samente disposta. E gli uomini combinavano bene con lanatura. Non parlavano che delle piante, del terreno, dellestagioni (Romano Bilenchi, Gli anni impossibili, Milano,Rizzoli, 1940 (rist. Milano, Rizzoli, 1984), p. 21).

    Valdarno di SottoPietro guardava vicino per rendersi conto della curacon cui erano tenuti gli olivi e i lari di viti. Not alcunepergole; in un campo in basso scrse una vizzata (eranochiamate cos le viti che avevano un albero per sostegno).Adesso di vizzate e di pergole non se ne piantavano pi.I campi si cercava di coltivarli in modo pi razionale, manon sarebbe stato possibile sfare quello che gi cera. Bi-sognava che la vite diventasse vecchia e morisse. Finchavesse dato anche un solo grappolo i contadini erano restiia tagliarla. Comerano restii a piantare una vigna con inuovi sistemi. Avversavano i paletti di cemento in cimae in fondo al lare e il lo di ferro che correva trasver-salmente. Sembrava loro una spesa inutile (anche se lasosteneva il padrone). Non sera sempre fatto coi pali ele canne?Anche adesso o gni podere aveva il suo ciuffo di canne daqualche parte; e un buon numero di salci per fornire ilegacci. Li vedevi rosseggiare qua e l.I contadini erano abituati a piantare quello di cui avevano

    bisogno. Anche in quei campicelli stretti cera di tutto.Pi avanti un declivio non era stato diviso coi muri a sec-co: diventava sempre pi precipitoso, non sorprendevache in fondo lavessero lasciato incolto(Carlo Cassola,Lantagonista, Milano, Rizzoli, 1976, pp. 146-147).

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    2B PAESAGGIO DELLA MEZZADRIA PODERALE-PERIURBA-NO E DEI VERSANTI ARBORATI TERRAZZATI E CIGLIONATI

    localizzazionecampagne delle corone delle citt e dei centri minori dellaToscana centro-settentrionale (Firenze, Siena, Prato, Pi-stoia, Arezzo e alcuni centri minori dellalto, del medio ebasso Valdarno), Monte Pisano, Montalbano, Valdinievolee Pesciatino, Pietrasantino e colline lucchesi (versanti asolato).

    caratteristichesocio-economicheorganizzazione agraria fondata sul patto di mezzadria; pre-senza della piccola e media propriet coltivatrice e fondiaria.

    paesistico agrariepolicoltura-coltivazioni promiscue (seminativo arborato/alberata); grande diffusione delle colture arboree (special-mente vite e olivo, con altri alberi da frutta, gelso, pioppo,acero campestre); diffusione dello colture ortofrutticole, infunzione dei vicini mercati urbani (grazie anche allutilizzodei loro riuti organici); equilibrio fra attivit economiche eambiente; diffusione del cipresso e delle piante sempreverdie ornamentali; assenza-scarsit dellallevamento; estensioneminima dei poderi con tutto o quasi tutto il suolo coltivato;sistemazioni con prevalenza di ciglionamento e terrazzamen-to con il sostegno di muretti a secco; forte diffusione di ma-nufatti di sistemazione del suolo (muri di cinta e sostegno).insediativetrama dellinsediamento rurale sparso molto tta; forte diffu-sione della villa residenziale e produttiva (villa-fattoria), conil corredo di parchi e giardini e viali alberati; maggiore diffu-sione di modelli architettonici aulici; capillare viabilit in -terpoderale e verso lesterno; forte diffusione di strutture disacralizzazione dello spazio (chiese rurali, oratori e cappellevotive, tabernacoli o croci). Vedi Appendice 1.

    processi evolutiviDal Medioevo no al 1765: formazione, consolidamento edespansione territoriale dellappoderamento e del sistema difattoria.Dal 1765 al 1860 circa:forte espansione agraria a danno di in-colti, boschi e paduli (nelle pianure interne, nelle aree mon-tane e del latifondo della Toscana settentrionale); diffusionedellinsediamento sparso; intensicazione delle colture arbo-

    ree (specialmente viti e ulivi); introduzione o potenziamen-to ove gi presenti di nuove colture di mercato (tabacco,barbabietola da zucchero) e stasi o graduale crisi congiun-turale delle vecchie (paglia, gelso); avvio della modernizza-zione degli ordinamenti agrari (prime rotazioni continue conpiante da rinnovo: leguminose, mais, patata, ecc.); sviluppoqualitativo e quantitativo delledilizia rurale con diffusione dimodelli razionali progettati.Dal 1860 al 1955-60 circa:forte espansione generale con estensione anche alle areedella montagna e a quelle del latifondo interno e marem -mano, in seguito alla bonica idraulica (in particolare Val-dichiana, Maremma pisano-livornese e grossetana); gene-rale e diffusa modernizzazione in campo agronomico perlaffermarsi delle rotazioni continue razionali; diffusionedei primi impianti di colture specializzate (vite e olivo)

    non nei poderi ma nei settori tenuti a conto diretto dellefattorie (es. vigneti specializzati di Uzzano e Brolio, ri-spettivamente anni 80 del XIX e inizio anni 30 del XXsecolo), spesso su terrazzamenti.Dal 1955-60 in poi:: crisi e rapida disgregazione del siste-ma della mezzadria poderale dal 1945 agli anni 60; crisisociale (piuttosto che produttiva); abbandono dei poderi(case e coltivazioni); ripresa e riconversione economico-agraria parziale, con meccanizzazione e specializzazionedelle produzioni di mercato (viti, alberi da frutta, olivi,

    cereali, piante industriali, foraggi per zootecnia); affer-mazione del sistema a conduzione con salariati o dellapropriet diretto-coltivatrice; sviluppo dellagroindustriae dellagriturismo; rinaturalizzazione diffusa con avanzatadel bosco; espansione urbana o con strutture ad uso indu-striale-artigianale-commerciale nello spazio rurale.

    testimonianze letterarieSiena (dintorni)In quel podere non vera parte che non mostrasse la dili -genza del suo cultore. La valletta ombrosa e umidiccia eratutta coperta di frutti e dortaggi, e terminava laggi colverde del granturco e della saggina; le viti, lungo le faldedel colle, savviticchiavano ai pioppi dondolando al ventoi lievi tralci scherzosi, e gli smilzi ulivelli sarrampicavanosu su no al cimitero, no alla casa, effondendo un coloregrigiastro pel poggio che ricordava una testa umana quan-do incomincia a imbiancare: insomma non vera luogo inquello spazio arioso dove non fosse stato disposto ordina-tamente e quasi con eleganza [].In quel podere verano tutti i doni del buon Dio: vera g ra-no, vino, olio, fagiolami, saggina, zucche, cocomeri, pe-peroni, insalata, stipa pel forno, salci per piegare le viti;e sparse qua e l piante di co antichissime e noderose,sotto le quali un tempo serano riposati i padri domenica-ni col loro bianco cappellone, quando erano proprietari diquella terra ubertosa: per cui Filusella, arando, nuotavanellabbondanza (Mario Pratesi, Leredit, Firenze, Bar-bera, 1889 (e a cura di V. Pratolini, Milano, Bompiani, 1942e 1965; rist. a cura di G. Bertoncini, Napoli, Liguori, 1990),pp. 92-93 e 160-161).

    Era un podere di qualche ettaro, con la siepe di marru-che e di biancospini sulla strada: un piccolissimo appezza-mento pianeggiante e coltivato bene; il resto a pendice,

    no al fosso di unaltra collinetta che regge le mura diPorta Camollia. Lungo i conni, querci grosse e nere, conqualche noce alto alto; e, nei fondi, salici e orti, perchcera lacqua. Dallaia si vedeva Siena [].Il podere, bench piccolo [], era bello; ci si provava unadolcezza che invogliava a starci: cinque cipressi, in la,dietro il muricciolo dellaia; e poi tutto pieno dolivi e difrutti [ciliegi, mandorli, noci, chi, peschi, ecc., oltre aisalci da potare per utilizzarne i virgulti per i legamenti].Qualcuno, dopo aver due o tre volte girato gli occhi at-torno, diceva: se fosse pi grande, piacerebbe meno! [].Il vento aveva portato i ori dei peschi e dei mandorlinuovi, fatti piantare da lui. Per ore intere andava lungoi lari, a vedere se cera entrata la malattia []. Se glisembrava che una vite fosse stata legata male o se il suopalo non stava forte, si faceva portare un altro salcio e

    Collina di Fiesole: podere mezzadrile con villa, XVIII secolo (Archivio di Stato diFirenze)

    Vinci-Carmignano: paesaggio a coltura intensiva della mezzadria poderale | OFC1954fonteRT-IGM

    Dintorni di Sesto Fiorentino: oliveti su terrazzamenti (foto A. Guarducci)

    Dintorni di Fiesole: resti del paesaggio a coltura intensiva mezzadrile a dominanzadi colture arboree (foto A. Guarducci)

    Dintorni di Siena: podere mezzadrile di propriet di ente religioso senese, 1723 (A.D. Mazzantini, Archivio di Stato di Siena)

    Casentino, dintorni di Poppi: paesaggio terrazzato a coltura promiscua, 1930 circa(foto A. Von Borsig)

  • 7/26/2019 I paesaggi rurali storici della Toscana

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    REGIONE TOSCANAlogo

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    l in presenza sua faceva rifare il lavoro(Federigo Tozzi,Con gli occhi chiusi, Milano, Fratelli Trev