I nostri 67 anni...generazione. E ha sempre lavorato per creare valore stabile nel tempo, come...
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Cari amiche e amici, con grande piacere do a tutti voi un
caloroso benvenuto alla 67esima Assemblea pubblica di
Assopetroli Assoenergia.
Ringrazio tutte le Autorità presenti: quelle in rappresentanza
del Governo, del Parlamento, delle Istituzioni politiche, della
Pubblica Amministrazione, delle Organizzazioni di settore e
delle Associazioni di consumatori.
È stato un anno importante per tutti noi che ci avvicina al
traguardo non lontano dei 70 anni di storia associativa.
Una lunga traiettoria nella rappresentanza di un settore
importante.
Costellata da molte sfide che hanno impresso il nostro segno
nel panorama dell’energia italiana.
Dobbiamo fare ancora leva su questa passione per l’energia.
E sul nostro essere piccola e media impresa italiana. Perché
nonostante tutti i limiti dimensionali di questo modello, è
una storia straordinaria di produttività, di valori positivi, di
identità profonda.
Nessuna delle imprese qui oggi ha mai pensato il suo futuro
nell’ottica della prossima trimestrale, ma come minimo del
prossimo triennio. Quando non addirittura della prossima
generazione. E ha sempre lavorato per creare valore stabile
nel tempo, come motore spontaneo di coesione sociale e
benessere diffuso.
Orgogliosi di queste origini non siamo certo dei nostalgici.
Anzi, guardiamo al domani cercando energie nuove per
combattere le molte battaglie che ci aspettano.
I nostri 67 anni
Passione perl’energia
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Prima di tutto, però, va rivendicato con decisione il ruolo
delle nostre imprese.
Dal 1949 contribuiamo a offrire al Paese l’energia di cui ha
bisogno.
E oggi, con 1.000 imprese associate occupiamo 15.000
addetti e riforniamo i consumatori sulle nostre 12.000
stazioni di servizio stradale.
Questa offerta, sommata a quella del settore extra-rete,
copre più di metà della distribuzione nazionale di carburanti.
Nei servizi promuoviamo l’efficienza nella produzione e
nell’utilizzo dell’energia.
Lo facciamo con un’infrastruttura distributiva unica per
capillarità.
Abbiamo il primato di aver raccolto la sfida della transizione
energetica quando le sue potenzialità erano praticamente
sconosciute.
Queste imprese sono una chiara dimostrazione di
adattamento ai continui cambiamenti del settore.
Oltre alle imprese, c’è la loro rappresentanza che ha un ruolo
cruciale.
Innanzitutto per far comprendere l’importanza di questo
settore e contrastare l’opinione diffusa, quanto sbrigativa,
che il sistema del petrolio di cui siamo parte, sia un retaggio
sporco e superato del passato.
Non è così.
La sfida dellatransizione
Il ruolo centraledelle nostreimprese
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Pochi sistemi industriali e distributivi possono rivendicare un
ruolo altrettanto avanzato e strategico per l’economia
nazionale. Ed un impegno per il rispetto dell’ambiente e
l’innovazione altrettanto ragguardevole.
Eppure la consapevolezza di tutto ciò è colpevolmente
oscurata nel dibattito pubblico e nelle scelte dei decisori, con
esiti punitivi spesso incomprensibili.
Per far valere le nostre ragioni dobbiamo allora compattare
le fila e rimboccarci le maniche. E il modo per farlo è uno
solo: dare ancora più forza e sostegno a questa associazione.
Assopetroli Assoenergia è la sede privilegiata, la più incisiva,
per affrontare i problemi di oggi e di domani.
Per questo anche la nostra appartenenza a Confcommercio -
Imprese per l’Italia, che è il nostro punto di attacco sulle
questioni nazionali oltre i confini del settore.
Recentemente, anche la formazione online delle nostre
imprese, che abbiamo voluto per calarci dentro la
complessità del presente.
Attraverso UPEI, la voce dei petrolieri indipendenti in Europa,
contribuiamo attivamente anche allo sviluppo delle politiche
dell’Unione.
Ad esempio con il position paper sul mix energetico del
domani all’insegna della sostenibilità.
Il documento appena presentato appoggia l’utilizzo sempre
maggiore di biocarburanti avanzati, biometano, Gnl e degli
altri prodotti in grado di darci un’energia sostenibile.
Assopetroliin Europa
Il valoredell’associazione
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Ma al contempo, ricorda ciò che tutti sanno, ma spesso
dimenticano: il petrolio e i prodotti raffinati resteranno
centrali nel sistema europeo ancora per decenni.
La sfida è minimizzarne l’impatto, puntando sulla qualità dei
carburanti tradizionali e sull’integrazione con le fonti
alternative - rinnovabili e non - per un mix energetico
rispettoso dell’ambiente.
Le nostre imprese sono la piattaforma distributiva di questa
innovazione.
Cari amiche e amici,
è inutile nasconderlo: siamo in trincea da molti anni e ci
resteremo.
Non a caso “Energie da difendere” è lo slogan di questa
Assemblea.
Come tutte le imprese vogliamo un Paese più moderno ed
efficiente. Per superare il ciclo economico stagnante che ha
fiaccato in molti imprenditori la voglia di scommettere.
Soprattutto delle nostre imprese che, vivendo nel mercato
domestico, fanno i conti con una domanda ancora troppo
flebile.
Un dato per tutti. Negli ultimi dieci anni l’Italia è il paese della
UE che ha visto il calo più forte nei consumi petroliferi
(-31,6%).
Nell'ultimo anno occupazione, consumi, produzione, credito
sono andati avanti a singhiozzo.
Energieda difendere
La stagnazionedopo la crisi
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In Europa la situazione non è meno problematica, nonostante
il triplo shock positivo della politica monetaria espansiva, di
prezzi dell’energia straordinariamente bassi e di tassi di
cambio favorevoli.
Malgrado questa convergenza, il contesto rimane
profondamente instabile.
L’emergenza migranti, le molte crisi aperte nel Mediterraneo,
la frenata della crescita cinese, l’instabilità dei mercati
finanziari, diffondono incertezza.
La stessa costruzione Europea è messa in crisi dalla
percezione di una deriva tecnocratica lontana dalla gente. E
guardiamo preoccupati al riaffacciarsi di particolarismi
nazionali, di cui la Brexit è solo la parte più evidente.
Questi fattori accrescono per l’Italia la necessità di correre
verso la modernizzazione.
Bisogna premere l’acceleratore delle riforme nella direzione
di rimettere al centro l’impresa, motore principale di crescita
e occupazione, per rendere il Paese di nuovo attrattivo per
investimenti e lavoro.
Nell’ultimo rapporto della Banca Mondiale sull’ ”Ease of
doing business index”, l’Italia si colloca al 45° posto. Dodici
posizioni sotto la Spagna e dietro perfino alla Bielorussia.
Abbiamo un campo d’azione enorme per una
riorganizzazione del Paese che è solo iniziata.
In questa logica va sfruttata ogni sinergia tra le riforme,
quelle già avviate e quelle da avviare.
Necessità diriforme
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Mercati e concorrenza, fisco, pubblica amministrazione,
giustizia, energia e ambiente, sono i tasselli di un complesso
mosaico da rimettere insieme.
L’adozione delle riforme dispiega i suoi effetti nell’arco di
anni.
È fondamentale dare rapidità e coerenza alla loro attuazione.
Anche alle riforme istituzionali.
Da qualunque prospettiva si guardi al problema, è necessario
favorire maggiore stabilità politica, processi legislativi più
efficaci, migliore capacità amministrativa.
Questo cammino va sgombrato da politicizzazioni fuorvianti.
Modernizzare l’architettura istituzionale è una priorità
concreta. A partire dalla riforma del Titolo V in materia di
Energia.
Sulle politiche di bilancio, va fatto di più nella spending
review che va razionalizzata a fondo con tagli selettivi che
incidano davvero sugli sprechi.
Utile estendere i meccanismi di acquisizione della PA in
centrali di acquisto trasparenti. L’esperienza Consip nel
nostro settore è positiva e va estesa altrove per ridurre la
difformità di prezzi e la qualità dei servizi, talvolta abnorme.
Giustissimo anche il riordino delle Partecipate impostato
dalla Riforma della Pubblica Amministrazione. Ma bisogna
andare più a fondo.
Decine di queste aziende sono tecnicamente fallite da anni.
Ma continuano a drenare risorse pubbliche ingentissime, con
gestioni opache e inefficienti.
Modernizzare ilPaese
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Razionalizzarle non è fare semplici tagli. Ma dare opportunità
di sviluppo industriale ai servizi pubblici locali.
Con questi interventi si recupera spazio per la ripresa degli
investimenti pubblici che è vitale per molti settori chiave
della nostra economia.
Non possiamo più aspettare.
L’ultimo anno è stato dominato dall’instabilità anche dei
prezzi del greggio.
I Paesi produttori riescono ormai a stento a governare il
mercato.
Il 2015 ha fatto registrare il record storico negli ultimi 40 anni
di surplus produttivo.
L’eccesso medio di offerta è arrivato a 1,7 milioni di
barili/giorno.
E questo, nonostante una domanda mondiale nella maggiore
crescita degli ultimi 10 anni (quasi a 95 milioni di
barili/giorno), scorte a livelli record dal 2010, e taglio degli
investimenti produttivi di 500 miliardi di USD nel biennio
2015-2016.
Con uno squilibrio così grande, i produttori hanno tentato la
difesa delle quote di mercato anziché dei prezzi, che infatti
sono crollati.
Dai 67 USD di maggio 2015, ai 36 USD di metà dicembre, fino
al picco negativo di 26 USD a metà gennaio.
Andamento delpetrolio
Razionalizzare lespese
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L’accordo di Doha di metà febbraio 2016 ha permesso alle
quotazioni di risalire intorno ai 35 USD e progressivamente di
ritornare intorno ai 50 USD lo scorso maggio.
Con questi fondamentali anche il 2016 si manterrà su livelli
relativamente bassi, stimati tra i 30 e i 50 USD.
Questa dinamica si è riflessa sul prezzo dei carburanti con
effetti positivi sull’economia reale.
Nel 2015 la media del prezzo al consumo della benzina, al
netto della componente fiscale, ha fatto segnare un
decremento del 21% rispetto all’anno prima, con un valore
medio di 0,532 €/litro.
La media del diesel un calo addirittura maggiore del 23,5%,
con un valore medio netto di 0,535 €/litro.
Purtroppo, agli occhi del consumatore il crollo delle
quotazioni è stato occultato dal permanere di un carico
fiscale elevatissimo.
Nel 2015 le tasse sui carburanti hanno pesato mediamente
oltre il 65% del prezzo finale della benzina, e il 62% del prezzo
del gasolio.
In valore assoluto, la differenza del peso fiscale tra Italia e
paesi europei è stata, nel 2015, di ben 0,229 €/litro.
Nell’andamento dei prezzi industriali, invece, lo Stacco Italia
ha fatto registrare, per la prima volta, un valore negativo di
circa 7 millesimi di €/litro.
Sulle tasse dei carburanti pendono nel prossimo biennio
(2017/2018) clausole di salvaguardia che rischiano di far
aumentare pesantemente sia le accise (per 570 milioni di
In Italia prezzi piùbassi
Fiscalità suicarburanti
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euro) che l’IVA (dal 10 al 13% nel 2017 per l’aliquota ridotta,
dal 22 al 25% nel 2018 per l’aliquota ordinaria).
Sono aumenti che vanno scongiurati.
Il Governo lo ha già dichiarato, ed è irrinunciabile che
mantenga l’impegno per non soffocare questa debole
ripresa.
Più in generale va interrotto l’abuso di queste coperture a
scoppio ritardato che scaricano sul futuro le scelte dei
governi passati.
Lo scollamento temporale, anche politico-elettorale, tra una
misura di politica economica e i suoi effetti, confonde le
responsabilità della Politica.
Questo incide alla fine sul funzionamento stesso di una
democrazia.
La lunga crisi economica e il carico fiscale sui carburanti sono
le cause dell’illegalità che si è propagata nel nostro mercato.
Assopetroli lo denuncia da anni.
Il problema è esteso, complesso e in forte crescita.
Lo attestano i risultati dell’attività ispettiva delle Forze
dell’Ordine che tutti conosciamo.
Un primo aspetto riguarda i continui attacchi ai punti vendita.
I distributori stradali sono il secondo bersaglio della
criminalità predatoria nelle classifiche del Ministero
dell’Interno.
Legalità
Clausole disalvaguardia
L’attacco ai puntivendita
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Abbiamo bisogno di sinergie sistematiche con le Forze
dell’Ordine per contrastare questa minaccia costante.
Prevenire gli attacchi è possibile rafforzando la security.
Ma la leva principale resta incentivare il pagamento
elettronico.
Occorre abbassare i costi delle commissioni interbancarie e
renderle compatibili con questo mercato.
A fronte del valore corrente di 1,450 €/litro di benzina, quasi
1 euro sono tasse.
E il margine operativo lordo dell’ultimo anello della
distribuzione è ormai di soli 2/3 centesimi al litro.
In queste condizioni non sono sostenibili i costi interbancari
di un qualunque altro settore commerciale, e le soglie fissate
dal Regolamento UE dell’aprile 2015 sono inadeguate.
Va messa in campo un’iniziativa del Governo per sviluppare il
pagamento elettronico in questo comparto.
La categoria funge - di fatto - da esattore per conto dello
Stato. Senza percepire alcun aggio e con grande rischio
personale.
Questo è un tema di difesa che non si può rinviare.
Il secondo aspetto dell’illegalità riguarda il fenomeno delle
frodi e del contrabbando di carburanti.
Dalle imprese nei territori sale una richiesta pressante di
aiuto che abbiamo trasferito alle Istituzioni.
La concorrenza sleale che si innesta sul contrabbando si è
propagata in tutto il Paese.
Il pagamentoelettronico
Concorrenzasleale
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Ciò avviene a detrimento anche della qualità dei carburanti,
con rischi seri per l’ambiente e i consumatori.
Sia nel canale distributivo della rete che in extra-rete, vaste
aree del mercato sono aggredite da circuiti opachi o illegali
che vendono sistematicamente in dumping, desertificando
l’offerta intorno.
Oltre al danno erariale, preoccupa l’omologazione al ribasso
della concorrenza, la marginalizzazione delle piccole e medie
imprese, l’enorme perdita di valore che il settore sta
subendo.
Ma l’anno alle nostre spalle non è trascorso invano.
Si è diffusa consapevolezza del problema e alcuni interventi
sono alla nostra portata.
L’obiettivo era avviare un tavolo tecnico sotto la regia del
MEF.
Questo obiettivo è stato raggiunto ed è doveroso ringraziare
il Governo, le Forze dell’Ordine, le Agenzie fiscali che vi
partecipano.
Al tavolo abbiamo portato le proposte confluite nel
documento sottoscritto con Unione Petrolifera.
È un contributo aperto, non un Protocollo di Legalità statico
di sola comunicazione.
C’è bisogno di una revisione accorta del quadro normativo e
delle prassi.
Vanno colmate le lacune che si sono manifestate e che
risultano anacronistiche anche rispetto alle potenzialità degli
attuali sistemi informativi.
Tavolo legalità
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Ciò non è in contrasto con la semplificazione.
Non bisogna credere che la medicina sia sovraccaricare il
settore di nuovi obblighi indifferenziati.
Per le piccole e medie imprese sarebbe il colpo finale.
Occorre invece un intervento dinamico e selettivo, adattabile
al mutare di fenomeni in continua evoluzione.
È essenziale anche la cooperazione tra le Agenzie Europee e
le Forze dell’Ordine degli Stati comunitari, perché i problemi
hanno spesso una dimensione transnazionale.
Infine è fondamentale l’impegno del tessuto economico e del
mondo della rappresentanza che, per quanto ci riguarda,
resterà massimo.
Anche Energia e Ambiente sono cruciali per il futuro di
queste imprese.
La filiera distributiva del petrolio è protagonista del cambio di
paradigma che lega ormai l’impresa, la tutela dell’ambiente,
la salute dei cittadini.
Il nostro apporto in questo campo è ragguardevole:
investimenti nella sicurezza della rete stradale, dei depositi e
delle flotte; diffusione dei carburanti alternativi; tracciabiIità
dei rifiuti; bonifiche; promozione dell’efficienza energetica
negli usi finali.
Siamo sulla trincea di questo cambiamento. E vogliamo
segnalare i miglioramenti che possono aiutare lo sviluppo del
Paese.
Energia eAmbiente
Il contrastoselettivo
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La legge sugli Ecoreati ad esempio va migliorata perché non
distingue tra inquinamento colposo e doloso. Manca di
coordinamento con la disciplina specifica del Codice
dell’Ambiente e finisce per rallentare la messa in sicurezza
tempestiva dei siti contaminati.
Per una tutela efficace occorrono meccanismi premiali.
L’inquinamento non doloso va depenalizzato, nei casi in cui
alla contaminazione segua il ravvedimento e il recupero
immediato dei siti.
Sulla qualità dell’aria: è importante che i Piani regionali siano
aggiornati con cadenza più ravvicinata, e che le policy siano
uniformate con linee guida del Ministero dell’Ambiente.
Vanno evitate incoerenze che comportano costi indebiti su
consumatori e imprese.
Ancora più importante è migliorare lo stato delle conoscenze
sulle emissioni dei principali inquinanti.
Molte Regioni ad esempio non hanno ancora istituito il
catasto unico degli impianti termici. E legiferano senza
effettivamente conoscere, imponendo misure spesso
palliative quando non dannose.
È emblematico il Piano della Qualità dell’Aria della Regione
Lazio. Un caso unico in Europa.
Da un lato vieta ogni combustibile liquido nel riscaldamento
delle abitazioni, perfino i biocarburanti e gli assimilati.
Dall’altro, lascia campo aperto ai combustibili al momento
più inquinanti: le biomasse legnose, a cui l’ISPRA addebita nel
Il casoRegione Lazio
Ecoreati: la colpanon è dolo
I piani dellaqualità dell’aria
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Lazio il 96% delle emissioni di particolato, il 95% di
Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), il 90% delle diossine.
Se non sarà corretto, questo divieto estrometterà le nostre
imprese dal mercato.
E paradossalmente - visti gli incentivi - spingerà nuovi
consumatori verso legna e pellet, aggravando ulteriormente
il bilancio delle emissioni regionali.
Anche su scala nazionale non mancano le contraddizioni.
Dal 1990 al 2013 si è realizzata la rivoluzione dei motori: da
Euro 1 ad Euro 5, e oggi addirittura Euro 6.
Uno sforzo poderoso del sistema produttivo.
Si è abbattuto di 28 volte l’inquinante più pericoloso: le
polveri sottili frazione PM2,5.
Un calo di quasi il 60% in 20 anni.
Purtroppo dal 2003 in poi, mentre calavano le emissioni delle
auto, aumentavano di pari passo quelle delle biomasse che si
diffondevano a scapito dei combustibili tradizionali.
Insomma: con una mano si finanziava l’auto ecologica, e con
l’altra si incentivava la biomassa, vanificando 20 anni di
politiche per il miglioramento dell’aria.
Nel 2014 l’ISTAT rilevava che il consumo di biomasse per
riscaldamento era arrivato a 19 Mton. Praticamente il doppio
di quanto stimato fino allora, di cui la metà circa sfuggirebbe
al mercato formale.
In queste contraddittorietà, si susseguono le misure punitive
nei confronti del nostro settore.
L’impatto dellebiomasse
Politichedivergenti
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Ma i cittadini meritano chiarezza.
Al prossimo blocco del traffico, quando si cita genericamente
il contributo degli impianti di riscaldamento, si parli non di
gasolio, ma piuttosto di legna e pellet.
E quando si parla di mobilità si ricordi che ad esempio in
Lombardia i fumi dei motori sono ridotti al 14% delle polveri
inquinanti. E anche sommandovi l’abrasione di pneumatici e
dei freni, l’intero traffico arriva a produrre appena il 27% di
tutte le polveri fini, contro il 45% di stufe e caminetti.
Insomma è necessario che la tutela ambientale abbia
maggiore coerenza.
Vanno tenuti insieme la mitigazione del clima, la qualità
dell’aria, l’innovazione tecnologica, ed anche la competitività
del sistema.
Non è possibile che energia, salute e clima rimangano aree di
policy sovrapposte senza coordinamento dei processi
decisionali.
Bisogna ragionare criticamente sulle opzioni energetiche con
valutazioni integrate, basate sul ciclo di vita dei prodotti e dei
servizi (life cycle assessment).
Migliori strumenti di valutazione portano a sottolineare
l’importanza di politiche neutrali dal punto di vista
tecnologico, anche dentro la transizione verso un’energia
meno carbon intensive.
Altrimenti si corre il rischio di allocare le risorse su strumenti
relativamente inefficienti.
Il dovere dellachiarezza
Life cycleassessment
Neutralitàtecnologica
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Quella che ci attende è una sfida epocale per l’ambiente. Ma
lo è anche per la competitività tra fonti energetiche, sistemi
industriali, aree economiche.
Questo aspetto è centrale.
Oggi più che mai ecologia deve essere buon governo.
Nelle dinamiche dei nostri comparti emergono altrettanti
punti di difesa.
Nella Rete domina ancora lo squilibrio strutturale dell’offerta,
solo in parte attenuato dall’accenno di ripresa dei consumi
dell’ultimo anno.
Per tenere in vita circa 23.000 impianti stradali il sistema
sopporta extra-costi ormai insostenibili.
La razionalizzazione contenuta nel DdL Concorrenza non
risolverà tutti i problemi, ma va nella direzione giusta: ridurre
i punti vendita, anzitutto gli incompatibili, e almeno una
parte degli improduttivi, facendo leva su una semplificazione
ragionevole delle bonifiche.
Speriamo che il provvedimento venga approvato – senza
ulteriori modifiche – per procedere alla sua attuazione.
Oltre a questo occorre ampliare la gamma dei prodotti e dei
servizi.
Per questo abbiamo sempre sposato l’iniziativa delle Regioni
che obbligano i nuovi impianti ad erogare almeno un
carburante gassoso.
La Rete stradale
DdL Concorrenza
Lo scontro sulterzo prodotto
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E non abbiamo condiviso i rilievi anticoncorrenziali sollevati a
riguardo anche dal Governo.
Restiamo convinti della necessità di favorire uno sviluppo
qualificato della rete, con l’offerta di tutti i carburanti
richiesti dai consumatori.
Soprattutto, difendiamo l’idea che questo non sia un settore
da svendere, ma da modernizzare. E questo non avverrà mai
se lo abbandoniamo alle sirene del sottocosto.
Il suo valore va difeso in una visione di efficienza
complessiva.
La recente sentenza della Corte Costituzionale ha sancito la
legittimità della Legge Regionale che era stata impugnata.
L’obbligo del terzo prodotto è stato giudicato commisurato
agli obiettivi e proporzionale.
La consideriamo una vittoria del buon senso, tanto più che un
apposito Decreto stabilirà i casi di possibile deroga.
In una prospettiva più ampia, qualificare la Rete significa
anche sviluppare il GNL e l’elettrico e supportare le politiche
su smart city e smart mobility che cambieranno il volto delle
nostre città.
Su questo fronte cresce l’interesse degli operatori a
diversificare.
Salvo alcune categorie merceologiche che godono ancora di
vincoli ingiustificati, accanto ai tradizionali bar e autolavaggi,
la Rete evolve in molte direzioni.
La capillarità dei punti vendita e la prossimità ai consumatori
sono le nostre leve.
Smart mobility
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Pensiamo a parcheggi di scambio, a servizi di car sharing, alla
ricarica dei mezzi elettrici, ma anche a servizi di spedizione e
recapito, a punti d’informazione turistica, alla promozione di
servizi e prodotti del territorio.
Aprirsi al nuovo è una necessità.
Oltre alla marginalità ridotta, connessa all’erogato medio di
solo 1.300 mc, continuano ad aumentare i costi delle
strutture.
Tassazione locale, aggiornamento delle attrezzature self-
service, cartellonistica, sicurezza ambientale, automazione,
security.
La linea della redditività si sposta sempre più in basso e non
si può restare fermi.
Tra i costi industriali in crescita ci sono anche i biocarburanti
miscelati nei prodotti.
Incidono significativamente sulla competitività delle imprese
perché non si trasferiscono in modo neutro sui prezzi al
consumo.
Nella Rete con marchio, l’onere si scarica sul retista con
meccanismi contrattuali talvolta asincroni e poco trasparenti.
In alcuni casi addirittura con adeguamenti retroattivi, non
verificabili.
Dato l’impatto sul conto economico non è più possibile
questa aleatorietà.
Occorre uno sforzo dell’industria per fare chiarezza su questo
aspetto dei rapporti commerciali.
Redditività in crisi
Chiarezza suibiocarburanti
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A valle della filiera, vogliamo ricordare l’attuazione del
contratto di commissione che abbiamo tipizzato con le
rappresentanze dei gestori.
Nel modello italiano il servizio al cliente non è una zavorra,
ma un punto di forza che non va liquidato.
È però indispensabile innovare continuamente, non solo le
forme contrattuali, ma in generale l’efficienza dei punti
vendita per ogni possibile recupero di produttività.
Risponde a questo anche l’aggregazione degli operatori per
realizzare economie di scala che ormai sono indispensabili.
Tutti i prodotti non venduti sulla rete sono distribuiti nel
canale extra-rete.
È un segmento vitale della distribuzione che soddisfa settori
produttivi fondamentali: dalla logistica all’agricoltura, dalla
marina alla Pubblica Amministrazione, ed anche al settore
residenziale.
I nostri depositi e le nostre flotte garantiscono una
distribuzione flessibile e competitiva dal Brennero a
Lampedusa.
In questo segmento della distribuzione si commercializzano
circa 30 miliardi di litri di prodotti all’anno per un
controvalore, a prezzi correnti, di circa 40 miliardi di euro.
Su queste vendite le dilazioni di pagamento alla clientela
raggiungono medie preoccupanti di 90, anche 120 giorni.
Nel complesso quindi forniamo al Paese un sostegno
creditizio rilevantissimo di circa 10 miliardi di euro costanti.
Settore Extra-Rete
Il ruolo delgestore
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È una funzione mai sottolineata abbastanza, e densa di
implicazioni pesantissime.
Senza questo apporto il sistema imploderebbe, perché
l’accesso al credito bancario resta per molti nostri clienti un
problema.
In via di fatto, la nostra funzione creditizia è quindi
imprescindibile. Tanto quanto quella energetica.
Ma questo mette le nostre imprese in una condizione di
straordinaria vulnerabilità.
La crisi dei consumi e l'altissimo rischio di credito associato
alle vendite, sono i problemi fondamentali del settore.
Il Decreto Legislativo n. 192/2012 (recepimento della
Direttiva 2011/7/UE) ha introdotto un regime dei pagamenti
più restrittivo nelle transazioni commerciali.
Ma non ha realizzato la correzione del mercato sperata:
permangono elevati rischi sui tempi della riscossione, che si
sommano a quelli di insolvenza della clientela.
Il problema è reso esplosivo dal carico fiscale sugli oli
minerali.
Il valore delle merci è gonfiato da IVA e Accise che oggi
pesano circa il 70% del prezzo al consumo.
Ciò moltiplica a dismisura il rischio di credito e l’onere
finanziario che sopportiamo.
Siamo un caso unico nel commercio e per questo dovremmo
avere tutele specifiche.
Rischio creditizio
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Ad esempio la deducibilità totale degli oneri finanziari dal
reddito d’impresa, e soprattutto il recupero diretto della
componente accise se il nostro debitore va in default.
Purtroppo non è così. Ed anzi nuove norme peggiorano le
aspettative.
La riforma della magistratura onoraria dello scorso aprile
(Legge 28 aprile 2016, n. 57 Delega al Governo per la riforma
organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui
giudici di pace) ha trasferito al Giudice di Pace, tra l’altro, la
competenza sulla materia condominiale e la giurisdizione sui
crediti fino a 30.000 euro.
In questo perimetro ricadono molti nostri crediti e, per
intero, la competenza su uno dei nostri più importanti
mercati di sbocco.
Date le condizioni in cui versano gli Uffici del Giudice di Pace
siamo preoccupati.
Le strutture amministrative hanno scoperture medie di
personale del 35% e più.
Occorrerebbe formare il personale ed ampliare gli organici.
Ma la costante riduzione delle risorse porta a valutazioni
pessimistiche.
In città come Roma un banale decreto ingiuntivo del Giudice
di Pace può richiedere oltre un anno, contro i due mesi circa
del Tribunale ordinario.
Le conseguenze negative sulla tutela dei crediti sono
evidenti.
Bisogno di tutele
I tempi dellagiustizia
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È importante che i decreti attuativi della riforma correggano
il tiro.
Abbiamo bisogno di tempi della giustizia più certi e
confidiamo nell’impegno promesso a riguardo dal Ministero
competente.
Sul fronte operativo, occorre un dialogo più aperto con le
Compagnie petrolifere per inquadrare meglio i rapporti con i
rivenditori.
Va attualizzato il confronto sul problema
densità/temperature che rimane un nervo scoperto delle
relazioni commerciali.
C’è poi il tema della qualità verificabile dei prodotti.
Soprattutto della componente biocarburanti, incidente non
solo sul costo, ma anche sull’affidabilità dei prodotti.
Sono aspetti di rilievo che devono trovare una composizione
tra le singole aziende, ma se occorre, anche con il
coinvolgimento delle Rappresentanze.
Sul piano normativo abbiamo finalmente ottenuto importanti
chiarificazioni che danno più certezza agli operatori.
La Circolare 6D del 18/06/2015 dell’Agenzia delle Dogane e
dei Monopoli ha chiarito aspetti controversi sulla tenuta delle
contabilità e dei cali tecnici dei prodotti assoggettati ad
accisa.
È un risultato a cui abbiamo lavorato a lungo. E l’impegno
dell’Agenzia in questa circostanza è ragione di particolare
apprezzamento.
Compagniepetrolifere
Interventinormativi
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Un nuovo fronte di intervento si è invece aperto con il D.M.
225/2015 che regola le forniture di prodotti petroliferi alle
imbarcazioni commerciali.
Purtroppo il provvedimento è penalizzante per i depositi
commerciali che forniscono il settore marina.
Sono aziende che coprono ad esempio i porti meno
accessibili, le piccole flotte di pescherecci, le draghe operanti
nei porti e nei fiumi.
Il provvedimento rischia di metterle fuori mercato ed ha
effetti restrittivi sulla concorrenza che ci penalizzano.
Si è determinato un irrigidimento che incoraggia anche le
grandi imbarcazioni a rifornirsi nei porti concorrenti dei paesi
confinanti.
Rischiamo la perdita di competitività dell’offerta turistica con
danno all’indotto delle economie locali.
Sul tema è necessario un confronto rapido per una modifica
del Decreto che salvaguardi il nostro ruolo.
L’Extra-rete è interessata anche ai nuovi carburanti come il
GNL.
Nel documento di consultazione per la Strategia Nazionale
per lo sviluppo di questo prodotto abbiamo evidenziato il
nostro potenziale come sviluppatori dell’infrastruttura
distributiva.
È però fondamentale dare certezza alle norme e stabilità agli
indirizzi attuativi, affinché le piccole e medie imprese
possano davvero giocare la loro partita.
Il nostro terzo fronte d’azione è l’efficienza energetica.
Bunkeraggi arischio
Settore Energia
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Sia a livello europeo che italiano, l’efficienza affronta al cuore
le vulnerabilità del nostro sistema energetico:
dipendenza: l’Unione Europea importa il 53%
dell’energia che consuma. In Italia addirittura oltre il
75%. La bolletta energetica europea arriva a costare
circa 400 miliardi di euro;
infrastruttura obsoleta: il 75% del parco immobiliare è
a bassa efficienza;
inquinamento: in alcune parti d’Europa, tre quarti del
particolato fine è dovuto a sistemi di riscaldamento
che utilizzano combustibili solidi (carbone e biomassa).
Per questo l’efficienza è considerata dall’Unione come
l’energia del futuro. E ha assunto il rilievo strategico di una
fonte energetica a se stante.
In Europa il raffreddamento e riscaldamento degli edifici
assorbe il 50% dei consumi finali.
Accogliamo pertanto con favore la recente strategia europea
sulla materia (Heating and Cooling Strategy).
Ma anche qui va ribadita l’importanza di un approccio
neutrale dal punto di vista tecnologico, partendo da alcuni
dati elementari.
Il 75% dei combustibili utilizzati nel riscaldamento è di origine
fossile, circa metà gas (rif. anno 2014).
Più di 20 milioni di caldaie in Europa sono alimentate da
combustibili liquidi tradizionali.
Efficienza:l’energia delfuturo
25
Il 90% dell’alternativa rinnovabile nel riscaldamento è la
biomassa legnosa, comunemente bruciata su impianti
inefficienti, senza adeguata captazione delle polveri, con i
problemi che abbiamo visto sulla qualità dell’aria.
In questo contesto i combustibili tradizionali non potranno
non pesare per molti anni nel mix energetico del continente.
Lavorare sull’efficienza è quindi una strada obbligata per
progredire verso gli obiettivi di neutralità carbonica.
Perché l’energia più pulita è quella non consumata.
Quella che a parità di condizioni, riusciamo a risparmiare con
l’uso avanzato e consapevole delle risorse.
Le nostre imprese del settore Energia sono protagoniste di
questo cambiamento.
Nel riscaldamento, modernizzare i sistemi di produzione e di
regolazione può consentire il 40% di risparmio energetico.
Indipendentemente dal combustibile utilizzato.
Ad esempio anche installando caldaie ad alto rendimento
alimentate da un combustibile evoluto, come è oggi il gasolio
dei motori diesel.
Abbiamo condotto uno studio scientifico su questo tema che
presenteremo presto alle Istituzioni interessate.
In Italia il recepimento della Direttiva sull’Efficienza
Energetica ha fornito un importante quadro strategico che
aiuta ad accelerare gli interventi.
Il Decreto Legislativo n. 102/2014 ha imposto l’obbligo di
riqualificazione energetica degli immobili occupati dalla
L’efficienzaenergetica inItalia
Efficienza per laneutralitàcarbonica
Protagonisti delcambiamento
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Pubblica Amministrazione. E l’obbligo di diagnosi o sistemi di
gestione dedicati per grandi imprese ed energivori.
Nel residenziale sono stati imposti contatori intelligenti e
fatture più trasparenti per favorire un consumo consapevole.
Il provvedimento ha istituito, inoltre, il Fondo Nazionale per
l’Efficienza Energetica che è uno strumento di supporto
importante.
Nell’edilizia, le ESCo potranno fornire un contributo ancora
più importante se riusciremo a superare alcuni problemi
quali:
la mancanza diffusa di una cultura dell’efficienza;
la facilitazione e la sburocratizzazione dell’accesso al
credito;
la stabilità e certezza degli incentivi.
In questa direzione vanno i certificati bianchi e la nuova
versione del conto termico.
Ma occorrono meno complessità burocratiche e tempi di
erogazione degli incentivi più rapidi.
Anche a costo di aiuti meno significativi, che talvolta hanno
deformato il mercato.
Ogni azione sull’efficienza deve puntare a realizzare
interventi strutturali e integrati, che comportino benefici
stabili sull’ambiente e le tasche dei consumatori.
Le leve di crescitadel settore
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Cari amiche e amici,
il quadro di oggi mostra quante energie sane da difendere
abbiamo in questa Associazione.
Non abbiamo mai creduto di farlo invocando recinti protetti,
né con una visione conservativa del nostro ruolo.
Lo dimostrano i 67 anni di storie aziendali in continua
evoluzione che qui dentro si raccontano.
Nel mercato continueremo ad essere fattore di pluralismo e
concorrenza. Ma anche di sicurezza e innovazione.
È una missione che si accompagna a un’idea delle relazioni
con politica, Istituzioni e controparti incentrata sulla
responsabilità condivisa.
Nessuno progredisce da solo. Soprattutto in questa fase del
Paese così complessa e piena di incertezze.
In questa condizione il partenariato con le Istituzioni non è
solo una prospettiva naturale, ma necessaria. Pur nel rispetto
della nostra autonomia.
Né noi, né le Istituzioni possiamo fare a meno di questo
rapporto che va reso sempre più stretto e fruttuoso.
L’impegno di Assopetroli Assoenergia va da sempre in questa
direzione.
E per il bene delle nostre imprese di certo continuerà.
Grazie a tutti Voi per l’attenzione e un sentito augurio di
buon lavoro.
Conclusioni