I miei giorni con Padre Pio · a favore di Padre Pio. Questo non solo era assurdo, ma si capiva che...

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I miei giorni con Padre Pio padre Guglielmo Alimonti OFM Cap

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I miei giornicon

Padre Pio

padre Guglielmo Alimonti OFM Cap

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Presentazione

Perché non scrivere prima queste memorie?Avevo la sensazione che, pur così importanti per

me, potessero non avere interesse per gli altri.La Chiesa prima o poi definisce la vita dei Santi,

perché nessuno più di essi onora il Vangelo e la santitàdella Chiesa stessa.

Infatti Padre Pio ha ricevuto l’onore degli altaridall’autorità infallibile della Chiesa.

Io avrei continuato a tenere questi ricordi nel se-greto del cuore, perché mi piace vivere intimamenteciò che appartiene al mio intimo.

Solo alcuni di questi episodi li ho citati nella col-lana “Voce dell’anima”.

Ora però non potevo dire di no all’esortazioneamorevole di Sua Eccellenza Monsignor Michele Ca-storo, vescovo di San Giovanni Rotondo, Vieste eManfredonia.

La sua attività di Pastore e la sua dedizione allaCasa Sollievo e ai Gruppi di Preghiera è attenta e amo-revole.

Pertanto della mia piccola fatica, oltre che al miocaro Padre Pio, faccio dono a lui.

Spero di far cosa gradita ai figli e devoti di PadrePio e a chiunque ama la verità.

L’Autore

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Venafro (Is) 29 maggio 2011 - Centenario della presenza di Padre Pio

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Figlio mio!

Così mi ha chiamato l’uomo che ha portato nelle suecarni le piaghe visibili di una croce invisibile.

Salito sulla croce vi è rimasto per cinquant’anni eavrebbe voluto restarci fino alla fine del mondo.

Con la preghiera è stato il segno della fede.Con la sua immolazione è stato il segno della esigente

speranza cristiana. Con la sua carità ha reso visibile l’amore infinito del

cuore di Gesù.Dai suoi occhi, spesso rossi di pianto, veniva una luce,

che gli permetteva di leggere anche nella coscienza più ag-grovigliata, come in un libro aperto.

Quella lettura diventava una confessione ad alta voce,se ciò era per il bene dell’anima che si presentava a lui.

Il suo era l’aspetto del profeta, che si fa voce di Dioper scuotere e salvare.

Era pronto a sorridere e a scherzare per rallegrare amicie confratelli, che conversavano con lui nei rari momenti disosta.

Il suo cuore, aperto e sanguinante, come quello di Gesùin croce, era l’amabile rifugio per tutti, santi e peccatori.

La sua carità oltrepassava ogni immaginazione. Non viveva più per se stesso. Era la copia vivente di

Gesù.Come premio all’amore e al dolore che lo hanno con-

sumato, Gesù gli ha consentito di fondere il suo cuore di sa-cerdote col proprio cuore di Salvatore del mondo.

Per la vita intera ha camminato nel deserto senza ri-

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paro e nel buio mistico senza pareti per accompagnare, sor-reggere e guidare i numerosi fratelli, che Dio gli ha affi-dato.

La Chiesa ha stentato a definirlo, ma alla fine eral’unica voce autorizzata a dichiarare infallibilmente l’esem-plarità di vita, l’eroicità delle virtù, la somiglianza a Cristo,il merito dell’umiltà davanti a Dio e dell’obbedienza senzariserva alla sacra autorità.

Gesù ne ha fatto un martire. La Chiesa ne ha fatto unsanto. Il popolo di Dio ne ha fatto un rifugio per tutti i do-lori e tutte le speranze.

Per me è Padre, Maestro, Fratello e Amico.È dono prezioso di Dio alla mia vita.Sono indegnamente anche suo concittadino “onorario”.Grazie, Padre Pio. Grazie, Pietrelcina.

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Pietrelcina (Bn) 4 ottobre 2000 - Consegna delle chiavi della città a padre Guglielmo Alimonti e padre Mario Manganelli

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Questo fraticello

Ero fratino nel Seminario Serafico di Sulmona (Aq).Stando tra i Cappuccini, qualcuno di essi ogni tanto ci

parlava di Padre Pio, il frate in fama di santità della provin-cia religiosa di Foggia.

Ci dicevano che portava le stimmate di Gesù nellemani, nei piedi e nel costato.

Faceva profezie, era dotato di carismi speciali ed eravisitato da tanta gente ogni giorno.

In quel periodo lessi e rilessi la prima biografia di SanLeopoldo Mandic, che era morto nel 1942, due anni primache io entrassi in seminario. Mi dicevo: non ho potuto co-noscere Padre Leopoldo, ma Padre Pio è vivo!

La brama di andare da lui per abbracciarlo, ricevere lasua benedizione e chiedergli di pregare per me, mi ardevaforte nel cuore. Mi accompagnava dalla mattina alla sera.

Ma tanto in seminario, come in noviziato e fino al sa-cerdozio, alla mia richiesta di andare da lui mi risponde-vano, che a noi cappuccini era vietato, perché la nostrapresenza poteva essere interpretata come una propagandaa favore di Padre Pio.

Questo non solo era assurdo, ma si capiva che era unpretesto giustificabile solo ai loro occhi. Mi rassegnavo col-locando la cosa nell’ambito dell’obbedienza, ma la spe-ranza di arrivare prima o poi a Padre Pio, era sempre forte.

Ormai sacerdote, fui trasferito a Pescara. Conobbi unafamiglia devotissima di Padre Pio. Spesso mi raccontavanodei loro viaggi a San Giovanni Rotondo e dei grandi segnidi santità del Padre.

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Conoscendo il mio desiderio, un giorno mi invitaronoad andare in macchina con loro.

Il superiore me lo permise, ma sotto la mia responsa-bilità.

Negli anni del Seminario più volte mi era venuto insogno. Un giorno mentre ero nel piazzale a giocare con icompagni, Padre Pio si affacciò da una finestra del con-vento e mi sorrideva, sventolando la mano in segno di gio-ioso saluto.

La sera che giungemmo a San Giovanni, accettai didormire in albergo per non disturbare a quell’ora i frati.Alle quattro del mattino eravamo a pregare con la folla deipellegrini sul sagrato. Alle cinque entriamo in chiesa. Misono fermato in fondo alla chiesa. Mi sentivo indegno.Tutto mi sembrava già troppo.

Una signora con gentilezza mi disse: -Padre, lei è unconfratello di Padre Pio, perché si ferma qui? Vada, vada insacrestia vicino a Padre Pio-.

Feci in tempo a vederlo e poi seguii la sua Messa dalmatroneo con alcuni religiosi e vari medici della Casa Sol-lievo.

Il Padre fece il ringraziamento e poi si recò nel confes-sionale. Io ero incerto sul come avvicinare Padre Pio.

Ecco vedo venirmi incontro il M. R. Padre Raffaele daSant’Elia a Pianisi. Mi conosceva tramite sua sorella, cheviveva a Pescara.

-Vieni, vieni-, mi disse affettuosamente -ti presento aPadre Pio-.

Entriamo in convento. Padre Pio stava tornando in cella, tenuto sottobraccio

da due confratelli.

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Padre Raffaele mi presenta al Padre, dicendo: -Padrespirituale, questo fraticello viene dall’Abruzzo e si racco-manda alle vostre preghiere-.

Mi ritrovo sottobraccio al Padre, che prima mi scrutacon due occhioni neri fino alle midolla e poi dice: -Ah, sì?-e mi sfiora il viso con un ceffone.

Io avevo sempre pensato: se mai arriverò a Padre Pio,la prima cosa che merito è un ceffone.

Ma il Padre immediatamente trasforma quel gesto inuna carezza dolcissima, sfiorando il mio viso; poi stringe ilmio braccio contro le sue costole così forte da sembrareche non l’avrei potuto più staccare

È quello che farò fino alla morte.

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Suona il vespro

Ero cappellano dell’ONARMO (Opera Nazionale As-sistenza Religiosa Morale Operai). Programmavo il miolavoro di assistenza settimana per settimana.

Un’“Opera” impegnativa e benefica, voluta dalla SantaSede per portare l’assistenza spirituale nel mondo operaio.Per oltre venti anni ho trascorso giorni e notti nelle fabbri-che, nelle ferrovie e nelle aziende della città di Pescara. Lanomina veniva direttamente dal Vescovo ordinario. Que-sto mi ha dato la possibilità di portare molte volte con pul-lman e con mezzi privati tanti operai da Padre Pio. Glioperai spesso venivano insieme alle proprie famiglie. Par-tecipavano i dirigenti delle ferrovie, i direttori di aziende ei proprietari di imprese. Molti di loro poi diventavano bravitestimoni di Padre Pio, suoi figli spirituali e attivi collabo-ratori nei Gruppi di Preghiera.

Quasi settimanalmente potevo essere vicino al Padre.Se ero solo andavo con una “cinquecento FIAT”, attempatasì, ma che mai mi ha lasciato per strada. Impiegavo solita-mente tre ore, pur premendo abbastanza l’acceleratore.

Per viaggiare più tranquillo chiesi a Padre Pio di pro-teggermi nella guida. Egli mi rispose: -Sì, così se mandiqualcuno nel fosso, puoi dire che sono stato io!-

Gli dissi: -Padre, mi affido a lei, perché al fosso non civoglio andare io e non ci voglio mandare nessuno-. Sorri-demmo insieme.

In uno di questi viaggi arrivai alle due del pomeriggio.Sapevo che a quell’ora il Padre era solo a pregare sulla

veranda, mentre i confratelli si godevano un riposino po-

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meridiano per poi riprendere con più energia l’impegnodella giornata, lì sempre lunga e faticosa. Non suonai ilcampanello, per non disturbare. In cuor mio dissi al Padre:mandami qualcuno ad aprire, così posso stare vicino a te,poi, come suonerà la campana del vespro, io tornerò fuorie busserò per entrare. Sento subito un passo alle mie spalle:è un infermiere della Casa Sollievo. Tira fuori la chiave edapre. Si fa da un lato e mi dice: -Padre, si accomodi-.

Raggiungo il Padre. Lo saluto con immensa gioia e loringrazio. Egli mi abbraccia e mi invita a sedermi accantoa lui. Fino alle tre rimango a pregare anch’io. Eravamo soli.

Alle quindici puntualmente suona la campana del ve-spro. Io non mi muovevo da lì. Dopo qualche minuto PadrePio si volta verso di me con uno sguardo intenso e mi dice:-Hai sentito la campana del vespro?-

Mi alzai e tornai fuori come promesso; per poi suonaree rientrare.

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Così piccolo

Il clima natalizio vicino a Padre Pio mi ricordava la ce-lebrazione della nascita di Gesù come l’avevo vissuto dabambino e da fanciullo in famiglia. Rinnovava nel miocuore di figlio di San Francesco quello che avevo goduto,trascorrendo più volte il Natale nella città d’Assisi.

Il presepio in quei santuari mi trasportava spiritual-mente alla grotta di Betlemme e alla Grotta dei Pastori, vi-cino a Betlemme.

Il Natale di Gesù è la festa delle feste, come lo defi-niva il Serafico Padre.

Egli bramava che tutto il mondo potesse esultare e can-tare per accogliere il Figlio di Dio, che nasce sulla terra.

Diceva che tutti, uomini ed animali, debbono far festa.Aggiungeva: “Se potessi, andrei dall’Imperatore per dirglidi far gettare grano per le strade affinché gli uccelli pos-sano mangiare in abbondanza”.

I suoi biografi raccontano, che a Greccio, la notte diNatale, dopo aver cantato da diacono il Vangelo, fu vistocol Bambino Gesù vivo tra le braccia, e pronunciando leparole: “Bambino di Betlem” sembrava che avesse il mielein bocca. Del resto la storia del presepio nelle chiese è unastoria tutta francescana. Non parlo del mistero, ma dellasua rappresentazione, ridotta a scene e canti di menestrelli.

Io facevo del tutto per trascorrere a San Giovanni Ro-tondo qualche giorno durante le feste natalizie.

Quando il giorno dell’Epifania Padre Pio offriva ilBambino da baciare, i fedeli vivevano una emozione par-ticolare.

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Molti baciavano prima il Bambino e poi, furtivamente,la mano del Padre.

Negli ultimi anni era il celebrante che si recava sul ma-troneo e portava a Padre Pio il Bambino.

A Pietrelcina, e credo anche a San Giovanni Rotondo,si conserva il Bambinello baciato da Padre Pio.

Dalla signora Pia Forgione, nipote del Padre, ho avutol’incarico di far restaurare la culla di Padre Pio, quella chepoi fu donata con firma di notaio ai Cappuccini del con-vento di Pietrelcina.

L’episodio che diede luogo a ciò che voglio testimo-niare in ordine al Bambino Gesù e a Padre Pio, avvenne aSan Giovanni Rotondo.

Desideravo tanto avere un’immaginetta di Natale conla Sacra Famiglia benedetta dal Padre.

Al momento opportuno mi recai davanti a lui con l’im-maginetta fra le mani. Il Padre era seduto.

Come sempre in questi casi mi inginocchiai e lo pregaidi benedirla. Accadde quello che non immaginavo.

Padre Pio, tenendo la mano sinistra poggiata sulla miaspalla, puntò il dito della mano destra sulla figura della Ma-donna. Mi domandò: -Chi è?- -È la Madonna-, risposi.

Poi portò il dito su San Giuseppe e domandò: -Chi è?-Ho risposto: -È San Giuseppe-. Poi indicando il Bambinodormiente nella culla, continua: -E questo chi è?- -Padre-,rispondo, -È Gesù Bambino-.

Si erge nella persona, allarga le braccia, e fissandominegli occhi, esclama: -Ma così piccolo!-

Rispose al pensiero che mi tormentava in quei giorni:Gesù Bambino è grande, perché è Dio.

Il mio amore per Lui è ancora troppo piccolo!

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Stai lì e prega per me

Nell’età della fanciullezza a chi mi domandava: -Cosavuoi fare nella vita?- Rispondevo sempre: -Voglio fare ilmedico pilota-.

- Perchè?-- Mi piace curare i malati e volare nell’azzurro del

cielo-.Mi appassionavo alla geografia per conoscere i popoli

lontani. Motivi vari mi costrinsero a frequentare le scuoletecniche di avviamento professionale.

In quegli anni ci ritrovammo tra gli orrori della guerra.Subivamo le angherie e le minacce dei soldati tedeschi,

che ci cacciavano dalle case e ci deportavano verso il nord:Trieste, Udine, Bolzano, meno esposte alla conquista al-leata.

Io sono sempre sfuggito a quelle retate facendo anchecentinaia di chilometri a piedi tra fame, freddo e pericoli dimorte. Prima che ci trovassimo nella morsa dei tedeschi esotto i bombardamenti americani, uscivo da scuola e mitrattenevo nel convento dei Cappuccini del mio paese. Ebbidai Padri l’incarico di tenere pulita e ordinata la bibliotecadel convento.

La frequenza durò più di due anni. Ero appassionatodi letture. Lessi tra l’altro intere collane missionarie el’opera colossale del cardinale Guglielmo Massaia “I mieitrentacinque anni di missione”. Sbocciò in me la vocazionecappuccina missionaria.

La guerra mi costrinse a ritardare l’ingresso in semi-nario. Mi proposi di fare mia la vita e il nome del Massaia.

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Per questa particolare vocazione, durante tutti gli annidi studi, mi affidarono l’associazione missionaria studente-sca della “Divina Pastora”, Patrona delle missioni cappuc-cine.

Ne ero assai felice e mi davo da fare. Però avevo decisodi andare da Padre Pio prima di partire per le missioni.

Sentivo profondo il bisogno di confessarmi da lui e diaffidarmi al suo consiglio e alla sua preghiera.

Ero pronto a partire per le missioni. Per questo avevogià studiato la lingua spagnola. Sarei andato in Colombia.

Giunse in Italia il vescovo di quel territorio per la vi-sita ad limina. Venne da me e mi disse: -Sono venuto aprenderti. Tutti ti aspettiamo-.

Ma in quel momento il futuro della mia vita sacerdo-tale era cambiata.

Perché?In uno dei viaggi a San Giovanni m’ero proposto di

domandare a Padre Pio: -Il Signore mi vuole nelle mis-sioni?-

Una volta vicino al Padre, trascorro giorni senza ricor-darmi della domanda.

Sulla via del ritorno con mia confusione e meravigliami accorsi della dimenticanza. Programmai a breve sca-denza il prossimo viaggio col preciso scopo di avere il suoconsiglio.

Mi vergogno a dirlo; si ripete la stessa dimenticanza.Inutile dire quanto in un successivo viaggio ci tenevo

a risolvere un problema per me così importante.L’affetto mi legava al Padre e al bisogno della sua

guida amorosa, tuttavia in caso il Signore l’avesse voluto,sarei partito senza indugio per le missioni.

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Per la terza volta stavo ripartendo senza rivolgere aPadre Pio quella domanda. L’avevo abbracciato per salu-tarlo e mi aveva dato, come sempre, la sua benedizione.

Ero già sulla porta quando, mi richiama e mi domanda:-Ma tu dove sei?-

-Sono a Pescara, Padre-. Egli con quel tono profetico,che non ammette replica, aggiunge: -Bene; stai lì e pregaper me-.

Cancellato il pensiero delle missioni, ho impiegatoanni a capire tutto il significato di quelle sue parole.

Era facile capire: “Prega per me”. Non altrettanto facile capire che pregare per lui signi-

ficava anche “lavorare con lui”. È questa la missione, cheDio ha voluto, e ne sono felice.

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Pescara - Ponte del mare e statua dell’Immacolata

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Pescara senza mare

Era iniziata la primavera. Le giornate limpide facevano a gara nel regalare ogni

mattina nuove gemme alle piante e teneri boccioli alle rose.Le pratoline ricamavano i prati, i campi e i bordi delle

strade. Nella limpida sera puoi passare in rassegna le co-stellazioni.

Le stelle brillano di luce più nitida. La luna si mostra senza contorni sfocati. Nel meriggio il sole è vigile e generoso senza ecces-

sivo calore e viaggia affondato dentro l’azzurro. La natura è piena di energia e di promesse.La gente è giuliva e con la voglia di fare. Tutti sembrano riscoprire emozioni della fanciullezza.Forse era proprio questo il mio stato d’animo quel

giorno vicino a Padre Pio. Vedevo anche lui lieto e prontoalle sue intelligenti battute.

La mattina, partendo per San Giovanni Rotondo, miavevano regalato una magnifica crostata. Riempiva di gra-devole profumo l’abitacolo della vettura.

Padre Onorato era incaricato di portare da mangiare aPadre Pio, che rimaneva nella sua cella.

Gli dissi: -Padre Onorato, permettimi di venire insiemea te e di poter offrire a Padre Pio un poco di questa cro-stata-.

Chi me l’aveva affidata, aveva insistito di farla assag-giare al Padre. Padre Onorato cercò di dissuadermi.

Diceva: -Tanto è inutile! Quando mai Padre Pio hamangiato la crostata!-

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Alla fine accondiscese.Poggiammo tutto sul banchetto, che fungeva da mensa

al centro della stanza. Il Padre si sedette. Diede un veloce sguardo al cibo. Maccheroni in

bianco, un piattino di verdura scondita e un pezzetto di ri-cotta.

La novità era la porzioncina di crostata. Ci invitò a sederci. Gli augurammo buon appetito.Toccò i vari cibi con la punta della forchetta e accan-

tonò tutto. Si fermò a far girare nel piatto il pezzetto di crostata. Fu l’unica cosa che assaggiò e ingoiò a fatica.Padre Onorato mi guardò; non voleva credere ai suoi

occhi. Il Padre avvia la conversazione. Chiede: -Da dove viene questa crostata?- -Viene da Pe-

scara-.-Oh, Pescara senza mare!- esclamò in tono divertito.Noi due, l’uno dopo l’altro, ci affrettammo a dire che

si sbagliava.-Padre, Pescara è proprio vicino al mare; c’è anche il

porto-. La nostra descrizione non lo interessò più di tanto. Nonostante la buona volontà, non riuscimmo a capire

il senso di quella battuta.Padre Pio non poteva ignorare che Pescara è sul mare. Passarono mesi.In quel periodo Padre Pio fu più provato del solito nella

salute. A me il medico aveva ordinato una cura di mare.Ne avevo voglia e bisogno. Pensando però alle condizioni del Padre, feci una pro-

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messa: Signore, rinuncio alla cura, ma ti prego, fa’ staremeglio il Padre.

Passa l’estate. Intanto avevo completamente dimenticato la battuta di

Padre Pio. Un giorno d’autunno ci ritrovammo nella stanza del

Padre, proprio come quel giorno.Di colpo mi si illuminò la mente: è vero. Per me quest’anno Pescara ... senza mare!

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Pescara - Panorama della città vista dal mare

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Porta questa pianta al Padre

Era di pomeriggio. Appena arrivato sostai in preghieranella penombra della chiesa di Santa Maria delle Grazie.L’immagine della Madre di Gesù col Bambino lattanteispira tenerezza e confidenza. Ai piedi di quell’altare misentivo piccolo come il Bambino Gesù avvolto dall’amoredella sua mamma. Guardarla, invocarla, abbandonarsi aLei, infondeva conforto e sollievo. Mi alzo e attraverso ilpresbiterio per salire dal Padre.

Vedo una signora, che mi tende una rigogliosa pianta dicanfora, che emanava un delizioso profumo. Mi prega diportarla a Padre Pio. Valuto la situazione. Il dono è gra-zioso e fatto con semplicità e affetto verso il caro Padre.Lo recherei su con immenso piacere, ma so che quell’inno-cente gesto può sembrare una indebita ingerenza. Per unepisodio del genere m’ero preso tempo addietro un severorimprovero. La donna continuò a supplicarmi, ma ritenni dinon poterla accontentare.

Dentro di me immaginavo l’amara delusione di quellapoverina, mentre lei non poteva immaginare il dispiacere,che provavo io nel doverle dire di no. In cuor mio ho dettoal Padre: perdonami se ho sbagliato. Sai quanto mi costa.Purtroppo nell’ambiente giravano persone malvagie, cheinsospettatamente facevano il diabolico mestiere di dela-tori e menzogneri per colpire Padre Pio. Il Padre era serenoe sempre pronto a prendere su di sé qualunque immeritatapena. Avrebbe voluto risparmiare fastidi ai suoi amati con-fratelli. Forse anche a questo si riferiva quando, poco primadi morire, disse tra l’altro a Padre Pellegrino: “Chiedo per-

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dono ai confratelli per i fastidi che ho dato”. Egli era sem-pre pronto a perdonare chi ribadiva i chiodi delle sue pia-ghe. Si è autodefinito “Cireneo”.

Ha sempre pregato e offerto se stesso per la conver-sione e la salvezza dei peccatori vicini e lontani. Turbato datali pensieri raggiungo il Padre, che mi abbraccia. Salutoquelli che erano intorno a lui. Mi siedo e rimango in silen-zio a pregare come gli altri. Dopo alcuni minuti Padre Piocon un cenno invita uno dei Padri ad avvicinarsi a lui. Que-sta volta era Padre Alessio. Gli sussurra qualcosa. PadreAlessio va nella cella del Padre e torna fuori con un ramo-scello di canfora in mano. Padre Pio gli fa cenno di conse-gnarlo a me. Fui preso da commozione.

Bisbigliai un grazie. È storia che non si dimentica.

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Adesso puoi andare

L’episodio accadde in uno dei primi incontri nel con-fessionale con Padre Pio. Sto attento a non dimenticare nes-sun peccato in confessione e a concepire nel mio cuore ilpiù sincero pentimento.

Il Padre all’epoca confessava gli uomini nella sacre-stia vecchia. Era lì per alcune ore del mattino, però il turnopiù impegnativo e affollato era quello del pomeriggio.

La fila degli uomini cominciava dal fondo della chiesapiccola. Tutti in piedi e in assoluto silenzio. Eventualmenteci fossero dei sacerdoti, potevano mettersi, senza prenota-zione, dopo ogni cinque fedeli.

A ognuno di noi, lì in attesa, accadeva di rovistare lamemoria e la coscienza.

Lo volevamo noi penitenti e lo voleva Padre Pio con-fessore per conseguire una piena purificazione dell’animae godere la pace e la consolazione del perdono di Dio.

Padre Pio col dono della scrutazione dei cuori era digrande aiuto al penitente.

Sappiamo bene che la confessione o è conversione o èconfusione. Ma con quel giudice, non poteva restare la con-fusione. Egli leggeva nella coscienza, e se non eri preparatoe pentito, ti rispediva. In caso poi di omissione o di ostina-zione ci scappava una severa rampogna.

Padre Pio era pronto a prendere su di sé i castighi diDio meritati dai peccatori, ma voleva la loro conversione.

Quanti ne ho visti cambiare radicalmente vita dopo laconfessione col Padre! Venivano e tornavano da ogni partedel mondo.

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Quel confessionale era il tribunale della verità e dellamisericordia, e spesso anche dei prodigi. Chi ha fatto comeme quell’esperienza ha da raccontare.

Ricordo il caso d’una ragazza americana che parlavasolo l’inglese. Era la nipote di Maria Pyle.

Uscita dal confessionale, raccontò alla zia preoccupata,che Padre Pio aveva parlato, capito e risposto nel più per-fetto inglese.

Scrutazione di cuori, profezie, conversioni e guarigionierano all’ordine del giorno.

Quelli che uscivano piangendo, di solito erano quellipiù contenti.

Ognuno affidava al Padre bisogni propri e altrui,d’ogni genere, soprattutto di ordine spirituale.

Si stampavano nel cuore le sue parole di fede, le suepaterne ammonizioni, le sue calde esortazioni, i suoi pre-ziosi consigli.

Io ricordo tutto quello che per anni ha riversato nellamia anima in confessione. Questo senso di gratitudine mispinse a dirgli al termine della confessione: “Padre, sonofelice d’essermi confessato con lei”.

Non l’avessi mai detto!Con le braccia tese verso di me in atto di rimprovero e

di implorazione, mi dice ad alta voce: -Ti sei confessato et’ho dato l’assoluzione. Adesso che vai cercando? Mi devifar perdere tempo? Vattene!-

Fu come l’abbattersi di un fulmine sulla mia testa. Ad-dolorato e confuso gli baciai la mano e mi alzai dicendo: -Sì, sì, me ne vado!-

Mi affliggeva avergli procurato inconsapevolmente undispiacere.

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In realtà andavo via, ma non avevo capito il motivo delrimprovero. Ero proprio avvilito.

Non mi ha dato tempo di fare un passo. In tono severoha aggiunto: -Ma dove vai? Tira quella tendina-.

Il sole della finestra lo investiva. Mi avvicinai alla fi-nestra e pian piano allargai la tendina.

Mi dice: -Rimettila come stava-. Lo faccio. A quel punto la confusione dentro di me era

totale.Ed ecco ancora la sua voce: -T’ho detto, tira quella ten-

dina!-Obbedisco.Nel frattempo, insieme alla vergogna, che provavo a

causa dei presenti, una fulminea ispirazione mi dice: tu haisbagliato, perché con le tue parole hai fatto l’elogio alla suapersona e Padre Pio giustamente, nella sua umiltà, ti ha la-vato la testa.

In quell’istante mi arriva rabbonita e tenera la voce delPadre: -Adesso, puoi andare-.

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Di dove sei

Erano passati anni dal mio primo arrivo a San Gio-vanni Rotondo. Ormai ero e mi sentivo di casa in quel con-vento. Spesso mi ritrovavo insieme ai confratelli aconversare attorno al Padre. Così era possibile stringere fradi noi una fraterna amicizia. Padre Pio gradiva la nostracompagnia ed era premuroso con tutti.

C’era tanta gioia.Una mattina, appena risaliti dalla Messa, mi domanda: -Tu di dove sei?-Sapevo che Padre Pio non si lasciava andare a do-

mande di pura curiosità. Alla sorpresa si aggiunse l’imba-razzo. Pensai d’istinto che il nome del mio paese,sconosciuto nell’ambiente, non avrebbe detto niente aPadre Pio. Sarebbe stata una risposta inutile. Per veloce de-duzione, risposi: -Vengo da Pescara-.

Era una risposta inesatta e altrettanto inutile, perché ilPadre questo lo sapeva già. Basta. La cosa finì lì. Passòqualche settimana.

In circostanza diversa, il Padre mi ripeté la domanda. Io non cambiai la risposta. Dopo qualche tempo una

terza volta. Mi sembrava un copione. Senonché l’ultima volta accadde qualcosa di assoluta-

mente imprevisto. Il Padre si rivolge a me e pronuncia delle frasi nel dia-

letto più stretto del mio paese. Rimasi stupefatto. Nella mente si affollavano gli inter-

rogativi. Ciò rimandò la mia memoria ad altri episodi delgenere.

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Per esempio una volta che volli esprimere la gioia diessere vicino a lui, aggiunse subito: -Io ti ho visto da primache tu nascessi-.

Ora rimaneva da sciogliere quel “di dove sei”. Molti anni dopo con una solenne cerimonia a Pietrel-

cina, il Sindaco della città, presente il Prefetto di Bene-vento, altre autorità e illustri personalità del territorio, alsuono della banda e su uno splendido palco mi proclamò“Cittadino Onorario di Pietrelcina”.

Ricordai la domanda di Padre Pio. In cuor mio dicevo: adesso capisco bene. Il mio paese ora è anche Pietrelcina, che mi ha adottato.Oggi risponderei: Padre, sono tuo concittadino!

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Pietrelcina (Bn) - Madonna della Libera

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Chi ha guidato

Avevo lavorato alacremente nei primi giorni della set-timana per ritagliarmi i due giorni da stare vicino al Padre.Era tanta la gioia dell’attesa, che sembrava già di essere ar-rivato là. Circa le 23 stesi una coperta sul pavimento dellastanza e mi coricai con la speranza di non finire ingoiatodal sonno profondo. Volevo partire appena la mezzanotte.

Improvvisamente mi scoppia un mal di testa terribile.Che fare? Vado lo stesso? Ce la faccio? Riprendo sonno.Un fastidioso prurito inizia a pizzicarmi la gola. Comincialo stimolo della tosse. Istintivamente mi opponevo ad unamano invisibile che mi sollecitava ad alzarmi. Ero così stor-dito dal sonno che non pensavo più al viaggio.

Quando finalmente fui padrone dei miei sensi, tuttotornò chiaro. Guardai l’orologio: non c’è più tempo da per-dere. Mi alzo, mi lavo. Monto in macchina. L’aria era fre-sca e il cielo pieno di stelle. Giungeva nitido il rumore delmare. In convento era pieno il silenzio della notte. L’unicoin movimento ero io. Se qualcuno mi avesse sentito, miavrebbe dato del matto. Parto. Sull’asfalto la cinquecentosbuffava, perché spingevo l’acceleratore. Non c’era l’au-tostrada. Si percorreva tutta la nazionale, poi la superstradada Termoli a San Severo. Da lì la vecchia strada per salirea San Giovanni. Ma ancora lontano, alle curve di Ortona,il mal di testa riprende a martellare le tempie. Quasi mi siappannava la vista per il dolore. Che fare? Tornare indietroo andare avanti? Era comunque un rischio. Ricorro alla miaancora di salvezza. Dico: Padre, guida tu, altrimenti io vadofuori strada e a te arriva solo la notizia di me! All’istante

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una mano morbida e fresca mi sfiora il viso e mi accarezzala fronte. Il malessere scompare. Proseguo in perfetta tran-quillità. Non ricordo quanto tempo impiegai, ma ebbi lachiara sensazione di essere arrivato con molto minor tempodel solito. Terminata la Messa del Padre, vado a salutarloin cella. Dopo l’abbraccio mi domanda con un’aria miste-riosa: -Da dove vieni tu?- Rispondo: -Da Pescara-.

-E come sei venuto?--Con la macchina, Padre-.-E chi ha guidato?-Io totalmente dimentico del pericolo corso e della pre-

ghiera rivolta a lui, ho risposto semplicemente: -Ho gui-dato io-.

Il Padre solleva un braccio nell’aria e in tono deluso,esclama: -Ah!- Non aggiunse altro.

Sulla via del ritorno, ricostruendo quel colloquio, ri-cordai tutta la vicenda e mi vergognai di me stesso. Corsicol pensiero al Padre per dirgli: porto un macigno sulla co-scienza. Fra qualche giorno tornerò. Ti prego di rivolgermile stesse domande.

Che Padre paziente! La settimana dopo mi vede arri-vare imbarazzato e vergognoso.

Egli mi ripetecome una litania lestesse domande.

Quando alla finerispondo: -Ha gui-dato lei-, mi tende lebraccia e mi stringe asé con un sorriso, chemi riempie il cuore.

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Mi devi “sciancare”

Si usa dire “sciancato” a chi ha le anche rovinate, percui non ce la fa a camminare.

Questo fa pensare al flagello della “crurifazione”, cheveniva eseguita sui condannati alla crocifissione per provo-care la morte sicura. Perché Padre Pio mi rimproverò di vo-lerlo “sciancare”? Assolutamente lungi da me una simileidea! Ho offerto la mia vita per lui.

Dicevo a Gesù: se la mia vita intera può valere un mi-nuto della vita del Padre, prendi subito me e concedi unminuto di più alla vita del Padre, immolato per la conver-sione dei peccatori e per la salvezza delle anime.

Quando i miei impegni ordinari me lo permettevano iomi recavo pellegrino solitario in questo o quel santuarioper trascorrere una giornata di preghiera e di digiuno.

Ne avevo bisogno per rafforzare il mio spirito, e ren-dere più efficace il mio apostolato nell’OFS regionale, nel-l’ONARMO, nei Gruppi di Preghiera e come segretario peri religiosi della CISMAM (Conferenza Episcopale Abruz-zese-Molisana). Temendo di non fare bene ogni cosa,m’ero proposto di chiedere in confessione al Padre quale diesse era il caso di lasciare.

Il Padre mi prevenne: -Figlio mio, ricordati che Dio ègiusto e dà il premio pari ai meriti-. In altra circostanza,sempre riguardo a questo mio pensiero, mi disse: -Non ti ri-sparmiare!-

Dunque io avevo bisogno di puntare sulla preghiera. Alla guida della macchina tornavo verso sera da una

di queste giornate di raccoglimento. La strada era acciden-

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tata e piena di curve. Bisognava attraversare una serie diponti, perché il torrente sottostante andava a zig-zag. Iponti erano antichi e i parapetti alti impedivano la buona vi-suale.

All’inizio di uno di questi ponti mi sono trovato da-vanti una macchina in sosta. Non c’era modo di schivarla,non c’era tempo di frenare. Attimi fatali! Con gli occhiaperti andavo inevitabilmente contro quell’ostacolo. Hosentito un brivido di gelo dalla testa ai piedi.

Senza frenare, la macchina si ferma. Prima di ripren-dermi e di scendere è passato qualche minuto. Ho girato losguardo sulle montagne intorno per rendermi conto che nonstavo sognando, ma era realtà. L’unica cosa che sono riu-scito a pensare in quel momento l’ho detta a me stesso: do-mani andrò a ringraziare il Padre. La mattina dopo sonoandato. Quando mi sono trovato davanti a lui, volevo subitoaccennare allo scampato pericolo e ringraziarlo di avermisalvato la vita.

Il Padre, che era seduto, non mi ha dato tempo. Solle-vando le braccia d’impeto, come chi deve parare un guaioimprovviso, esclama: -Ma tu mi devi “sciancare” in tutto?-

Ho provato un attimo di dolore e di sconforto, comenell’istante in cui la macchina si era fermata sul ponte.

Affaticare Padre Pio! Non era proprio quello che vo-levo. Gliene chiedo ancora perdono.

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Sangue sulle strade

Dal momento in cui ho conosciuto Padre Pio frequen-tavo San Giovanni Rotondo, perché volevo stare vicino alPadre. Non ero stato a Pietrelcina.

Conoscevo bene tutti i familiari del Padre, a comin-ciare dal fratello Michele, alla nipote Pia.

Sapevo il nome dei luoghi di Pietrelcina cari al Padree di tutte le notizie che i biografi ci davano sulla sua infan-zia, su papà Grazio e Mamma Giuseppa.

Sapevo l’evento delle stimmate dette invisibili, di DonSalvatore e della profezia di Fra Pio sulla futura presenzadei frati a Pietrelcina.

Sapevo i fatti più importanti di Piana Romana, delpozzo scavato dal papà, dell’Olmo e della capannuccia.

Sapevo delle frequenti lotte col demonio nella casa delfratello Michele e dell’apparizione del Sacro Cuore nellachiesa di Sant’Anna quando ricevette la Prima Comunione.

Più tardi ho preso a frequentare Pietrelcina e a cono-scere da vicino quella brava gente, timorata di Dio e de-vota di Padre Pio. Ho raccolto notizie e compilato qualchetesto-guida per i pellegrini.

Nel primo pellegrinaggio riuscii a portare diecimila fe-deli. Invitai a presiedere la solenne concelebrazione il Car-dinale Samorè. Il rito si svolse nello stadio, l’unico luogocapace di contenere quella folla. Il vescovo di Benevento,Calabria, fu felicissimo; ugualmente i frati e gli abitanti diPietrelcina.

Ora il calendario fisso dei viaggi a Pietrelcina è di trevolte l’anno: la nascita, la stigmatizzazione e la prima

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Messa del Padre oltre a solenni ricorrenze e celebrazionipromosse dai Cappuccini.

Pensando alle visite dei pontefici a San Giovanni Ro-tondo, immagino che prima o poi questa gioia toccheràanche al paese che ha dato i natali al grande Santo dellestimmate.

A Pietrelcina ho dedicato il primo dei cinque volumidella collana “Voce dell’anima”. Ha per titolo: “Pietrelcina,tu non sei più piccola”.

Dall’eternità Dio ha puntato il dito della speranza suquesta terra, come lo aveva puntato tanti secoli fa sulla terraumbra.

Assisi e Pietrelcina vivono la luce epifanica d’un ge-mellaggio, che durerà fino alla fine del mondo.

La Chiesa esulta quando pronuncia questi due nomi.Si può abbandonare alla letizia celeste quando invoca Fran-cesco e Pio. Padre e Figlio hanno sposato la radicalità evan-gelica della povertà, la via maestra dell’umiltà, la reginainconfondibile di tutte le virtù: la carità.

Quel giorno del quindici di agosto, festa dell’Assunta,lo volli trascorrere accanto a Padre Pio. Ho potuto godermitante ore di seguito la presenza del Padre.

Il Padre Guardiano, Padre Carmelo da San Giovanniin Galdo, quando mi ha visto arrivare, è rimasto sorpreso edha esclamato: -Oggi scorre sangue sulle strade e tu sei ar-rivato fin qui!-

Ho risposto che ci tenevo molto a trascorrere la festadella Madonna vicino al Padre.

Mi sono voltato a guardare il Padre: aveva un sorrisodi gioia e di compiacenza. Sotto lo sguardo della Madonnae di Padre Pio, non scorre sangue.

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Dammi il tuo fazzoletto

Ritenevo una grazia singolare il poter stare vicino allapersona del Padre. Ero immensamente felice di prestargliall’occorrenza qualche umile e filiale aiuto. I momenti incui mi toccava questo gradito compito era o la mattina sulmatroneo o nel pomeriggio sulla veranda.

Il Padre era abitualmente raccolto in preghiera con lacorona del rosario, che scorreva continuamente fra le suedita. Non mi permettevo di aprire conversazioni, se non pernecessità di qualche consiglio o per il bisogno di confes-sarmi. In tal caso, rimanendo sempre con la corona fra lemani, egli chinava amorevolmente il capo verso il peni-tente e ascoltava.

Il giorno a cui si riferisce questo episodio Padre Piostava seduto, sul lato sinistro del matroneo. La sua sediaveniva collocata molto vicino al parapetto in modo che, al-zando gli occhi, poteva vedere agevolmente sia il taberna-colo al centro dell’altare e sia più su l’immagine dellaMadonna delle Grazie, che allatta Gesù Bambino.

Attualmente l’immagine di Padre Pio inserita nel mo-saico, è posta sul lato destro, con le braccia aperte e il visorivolto alla Madonna.

Dalle sue biografie e dall’esperienza di fatto io sapevo,che durante la preghiera, Padre Pio si effondeva in abbon-danti lacrime. Chiaro dono di Dio.

Raccontavano i confratelli più anziani, che da novizioe da studente, le lacrime scorrevano fino al pavimento,tanto che i suoi compagni ci scherzavano sopra con dellebattute affettuose.

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Il Padre pregò il Signore che gli togliesse questo dono,senza privarlo di quella tenerissima dolcezza, che gli inon-dava l’anima e gli struggeva il cuore.

Proprio come quando a Pietrelcina supplicò Dio e ot-tenne che non si vedessero le ferite delle stimmate, ma po-tesse continuare a sentire tutto il dolore, perché, diceva:“Quello lo voglio e lo bramo”.

Quel giorno stando in piedi a poca distanza dal Padreavevo notato che il suo grande fazzoletto, quello che nellagenerazione passata usavano i contadini, era ormai zuppodi lacrime. Da tempo aspettavo l’occasione di avere unatale reliquia. Non ne avrei approfittato per tenerlo io -anchese questo mi avrebbe fatto immensamente contento-, maper dividerlo in tanti pezzetti e darli ai malati, che mi co-noscevano e me lo chiedevano.

Ho pensato di offrirgli il mio, asciutto, e farmi dare ilsuo, bagnato. L’impresa non era facile. Il Padre, intuendoche io cercavo quell’oggetto come una reliquia, mi avrebbefatto una bella sgridata e i frati mi avrebbero allontanatoda lui.

Ma era un’occasione davvero opportuna e io non vo-levo rinunciarci. Lo sguardo mi andò sull’immagine dellaMadonna. Questo mi suggerì la soluzione del caso.

In silenzio rivolsi a Lei questa preghiera: -Madonnamia, di’ tu al Padre di accontentarmi senza una sgridata-.

Mi avvicino e con affetto gli propongo lo scambio: -Padre, dammi il tuo fazzoletto bagnato, ti do il mio che èasciutto-.

Mi ha guardato in atto di rimprovero, ma in quel-l’istante si volta verso la Madonna, come se da lì una vocelo richiamasse.

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Il tempo di qualche secondo, poi si volta verso di me eaccetta lo scambio, dicendo affabilmente: -Va bene. Prendiil mio e dammi il tuo-. Due favori in uno.

Ho ringraziato la Madonna ed anche il Padre.Un piccolo gesto, un piccolo fiore. Ma anche un pic-

colo fiore può spandere un grande profumo.

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Apri quella porta

È il mese di gennaio, sono le quattro del mattino. Sono accanto a Padre Pio in sacrestia. Fuori c’è buio e pioggia battente. Le cime dei pini

lungo il viale dell’orto si piegano sotto le sferzate del vento.A tratti il sibilo somiglia a lontani ululati. Il freddo è in-tenso. La folla dalla mezzanotte prega senza interruzionesul sagrato. Alla preghiera in varie lingue alternano cantipopolari.

Con l’immancabile rosario scandiscono all’infinito ilPadre Nostro, le Ave Maria, il Gloria al Padre, seguite dagiaculatorie al Cuore di Gesù e alla Madre di Dio.

Quando arrivo di notte, anch’io trascorro le ore pre-gando con loro, nell’attesa che si apra la porta della chiesa.

Negli ultimi anni la chiesa si apriva alle cinque, quandoil Padre iniziava la celebrazione della Messa. La folla si ri-versava in tutta fretta dentro la chiesa. Si stringeva intornoall’altare, felice di partecipare all’Eucaristia.

Padre Pio, raccolto e sempre sofferente, era il focolareche emanava luce di fede, garanzia di speranza e calore del-l’amore di Dio. La folla era unita a lui spiritualmente, inun cuor solo e un’anima sola. Gli occhi di tutti erano sul ce-lebrante e il cuore di tutti era su quell’altare per farsi donoe offerta con Padre Pio e con Gesù.

Quella mattina alle quattro il superiore scende in sa-crestia per dire sottovoce qualcosa a Padre Pio, che pre-gava seduto presso il banco della sacrestia.

Il Padre si comprimeva di continuo il fazzoletto controgli occhi per asciugare il flusso delle lacrime.

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Ascolta il superiore e poi con umiltà gli dice: -Apriquella porta, non vedi che brutto tempo? Lì fuori la gentesta male!-

Il superiore, allargando le braccia, risponde con evi-dente disagio: -Padre, non posso-.

Certamente Padre Pio non intendeva suggerire una di-sobbedienza. Proponeva una eccezione per motivo di ca-rità. Mi strinsi ancora di più al Padre. Mi mordeva ildesiderio ardente di abbracciarlo e di consolarlo. Avrei vo-luto proprio fare qualcosa per risparmiargli quelle lacrime.

Chiesi a Dio di racchiudermi nel cuore trafitto di PadrePio, come Padre Pio si racchiudeva nel cuore trafitto diGesù.

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Che mi hai portato da mangiare

I primi incontri con Padre Pio avvenivano sempre col bi-sogno di chiedere. La fede e la pace per se stessi. Guarigioneper parenti e amici. Consigli su cure e ospedali da scegliere.Giovani sbandati; matrimoni in crisi. La Casa Sollievo era laclinica per gli ammalati. La chiesa era la clinica dello spirito.Padre Pio rappresentava “il dare” e tutti noi “l’avere”. Non sipoteva fare altrimenti. Il “santo” era lui! Quanto gli potessecostare ognuna di quelle migliaia di suppliche, taluna vera-mente disperata, non preoccupava gli altri e forse nemmeno cisi pensava. Nei santi la spinta è la carità, nella gente comuneè il bisogno. Alla fine anche questo strano rapporto spingel’umanità fino alla Provvidenza e alla misericordia di Dio. Infondo la stessa Redenzione di Gesù e la mediazione dellaChiesa hanno la stessa sorgente. Man mano che andiamo per-fezionando la fede, comprendiamo che la carità è dovere diogni cristiano. Si impara che dietro la dissolvenza dell’amoreappare il volto di Gesù. Quando questa verità si fa chiara, sul-l’asse della bilancia anche noi mettiamo “il dare” primadell’“avere”. Come si faceva questa conquista? Constatando lecondizioni di Padre Pio e osservando la sua immolazioned’amore. Egli viveva l’eroismo quotidiano del servo obbe-diente e del fratello generoso. Per sé non chiedeva che pre-ghiere e patimenti. La passione di Gesù era il suo vero cibo.In me è cresciuto di giorno in giorno il desiderio, di farmi ci-reneo del “Cireneo di tutti”, come egli stesso si è definito.Questa è la via per cui ci guida la parola del Vangelo e l’ascesicristiana. Ogni vero discepolo deve essere pronto a bere il ca-lice del Maestro per seguire le orme del Maestro. Sono sta-

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zioni in successione: rinnegamento, accettazione, sequela.Quando hai deposto il bagaglio che ingombra, cominci a cor-rere, come i discepoli dietro Gesù e come i frati dietro il Po-verello Serafico.

Quel giorno! Partii per San Giovanni Rotondo offrendola giornata di digiuno per Padre Pio. Portai con me solo unabottiglia d’acqua e un tozzo di pane secco per ogni evenienza.Quando mi misi a letto poggiai l’una e l’altro sul tavolo. Dopola mezzanotte, io non so come, mi vidi il Padre vicino al letto.Aveva le ginocchia piegate, ma non toccava per terra. Michiede: -Che mi hai portato da mangiare?-

Provai imbarazzo: proprio oggi che non ho portato nullacon me il Padre ha bisogno! -Padre ho soltanto una bottigliad’acqua e un pezzetto di pane-. Il Padre non cercava quelloche avevo; cercava me. Rimase del tempo in quella posizione,parlando di Gesù e del Paradiso. Alla fine mi accarezzò il visocon le mani. Mi benedisse e andò via senza aprire la porta,come quando era entrato.

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È bella la Madonna

La presenza di Padre Pio mi riempiva, mi consolava,mi fortificava. Anche nelle ore in cui non gli ero accanto,me lo sentivo vicino. Dovunque, in convento, in coro o inchiesa, mi seguiva l’eco del suo respiro affannoso, lo stri-sciare lento di quei sandali di cuoio. I colpi di quella tosseostinata, che lo tormentava a causa della bronchite cronica.

Quando me lo permettevano i confratelli, negli sposta-menti da un punto all’altro, ero sempre al suo fianco. So-stenerlo mi dava forza, mi comunicava pace. Avevobisogno di lui, perciò il Signore mi ha portato da lui.

Dalla prima volta che mi ha stretto a sé ho sentito den-tro di me queste parole: “Tu volevi vedere San Francesco?Eccolo!” Soprattutto con l’esempio, Padre Pio mi ha gui-dato a San Francesco.

Col passare dei mesi si faceva strada in me il desideriodi una foto vicino a Padre Pio. Non era di estrema impor-tanza. Era come il bisogno di fermare anche sulla carta unattimo di quel tempo di grazia, che tanto velocemente fug-giva. Il pensiero che il Padre ci avrebbe lasciato era remotoe mai ne abbiamo fatto oggetto di conversazione.

Si voleva eterno il tempo vicino a lui. Purtroppo nullaè eterno, in questa terra d’esilio. Comunque una foto ri-cordo la desideravo.

Mi sembrò opportuno parlarne con Padre GiacomoPiccirilli, il fotografo ufficiale del convento. Ero abba-stanza in confidenza con lui. Mi rispose che era possibile,ma bisognava cogliere un momento adatto, sia per non di-sturbare Padre Pio e sia per l’opportuna riservatezza.

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Finalmente! Eravamo noi due col Padre. Padre Gia-como era già pronto con la macchina fotografica in mano.Gli ho detto: -Suggeriscimi quello che debbo fare-.

-Prendi quel quadro della Madonna appesa al muro.Avvicinati a Padre Pio e fagli la prima domanda che tiviene in mente-.

Sono andato col quadro in mano davanti al Padre e,mostrando l’immagine, gli ho chiesto: -Padre, è bella laMadonna?-

Non fu una domanda salomonica! Io stesso dovevo sa-pere quanto è bella la Madre di Dio.

Padre Pio, guarda la Madonna, come incantato, poivolge lo sguardo a me. Sembrava dire: tu parli di bellezza... la Madonna è Paradiso!

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Padre Guglielmo Alimonti mostra a Padre Pio un quadro della Madonna

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Una foto mancata

Per tanti anni Padre Pio aveva l’incarico di dare la be-nedizione eucaristica serale. In quel tempo non c’era laMessa vespertina. La funzione “serotina” prevedeva il ro-sario seguito dalla benedizione col Santissimo Sacramento.Seguiva la preghiera di visita e di riparazione a Gesù Sacra-mentato. A quella si univa la preghiera di San Bernardo allaMadonna: “RicordaTi, o pietosissima Vergine Maria, ...” ilcelebre Memorare.

La voce del Padre, quando recitava queste due pre-ghiere, metteva brividi di commozione. Egli stesso talvoltasi commuoveva fino alle lacrime. Credo che ne circolinoancora dei nastri con la registrazione.

Si capiva quanto era grande il suo amore a Gesù eMaria e quanto gli stavano a cuore i peccatori.

Quando questa funzione serale fu sostituita dallaMessa vespertina, il Padre la seguiva dal matroneo.

I religiosi della famiglia e i sacerdoti ospiti lo sapevanoe approfittavano anche per salutare il Padre.

Vi si recavano anche infermieri e medici della CasaSollievo e laici, che avevano libero accesso in convento.

Nell’ultimo periodo il Padre veniva aiutato a salire escendere le scale da due confratelli.

Una sera che toccò a me di sorreggere il Padre, volevouna foto accanto a lui nel momento in cui usciva dallachiesa per tornare in cella. Come fare?

Tra varie persone, che avevano in mano una macchinafotografica, vidi un sacerdote francese.

Pensai: di lui mi posso fidare.

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Prima di recarci a pregare lo accostai e in francese, gliespressi il mio desiderio.

Gli suggerii i dettagli. Doveva essere veloce e riser-vato. Il giorno dopo avrebbe sviluppata la foto e mel’avrebbe data. Gli avevo precisato che doveva cogliere ilmomento in cui il Padre sarebbe arrivato sul pianerottolo,prima di scendere la gradinata. Non ho detto niente a nes-suno e ancor meno al Padre per non metterlo in imbarazzo.

Nel momento in cui ci avviamo verso l’uscita, guardoil prete. Ripetutamente gli faccio cenno.

Quello non mi rivolge lo sguardo. Non si muove. È inginocchio e sembra incantato alla vista di Padre Pio.

Il Padre rimane fermo circa due minuti in attesa diquella foto. Guardiamo insieme il prete il quale mi avevadetto: “Tu chiedi permesso al Padre col pensiero, così nonmi sgrida”.

Altro che sgridare! Il Padre ha aspettato fermo insiemea me, poi mi guarda e si stringe le spalle per farmi capire:ti devi rassegnare, la foto non si fa.

È la foto mancata ... che non dimenticherò.

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Non disturbare il Padre

La mia vicinanza a Padre Pio mi consentiva affettuosafamiliarità con i confratelli della Provincia monastica diFoggia. Ero sempre dietro di loro e non ho mai pensato chepotessero togliermi qualcosa donatami dalla bontà di Dio.Ero felice di raccogliere, come dice la donna del Vangelo,le briciole che cadevano dalla mensa. Mi commuove an-cora oggi il ricordo delle premure di padre Mariano Palla-dino, padre Onorato Marcucci, padre Adriano, fraModestino e tanti altri.

Non solo mi permettevano di stare accanto al Padrequanto volevo, ma spesso mi davano la possibilità di sosti-tuirli. Il Padre nella sua pazienza e nella sua carità era con-tento così. Vedendolo sofferente, chi sa che avrei fatto perdargli qualche sollievo.

Un giorno d’estate vedendo il sudore assommarsi allasua alta temperatura febbrile, gli ho chiesto se gradiva unbicchiere d’acqua fresca.

Mi ha risposto di no.A distanza di minuti per ben tre volte gli ho ripetuto la

domanda. Alla fine il Padre, mi ha detto amabilmente sor-ridente: -Uagliò, se l’aggia fa pe’ te!-

Cioè va bene, se debbo farti questo favore!Ho chiesto scusa. Quel giorno c’era padre Alessio ad assistere il Padre.Un po’ burbero nei modi, ma sempre molto attento e

affezionato a Padre Pio. Il Padre stava più male del solito.Padre Alessio lo aveva obbligato a stare a letto e gli

aveva steso sopra parecchie coperte oltre l’imbottita.

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La temperatura alta e la tosse martellante gli affatica-vano oltremodo il respiro. Io fuori la porta, nel corridoio,seguivo tutto. Agli occhi di padre Alessio dovetti sembrareun cacciatore in agguato. Non avevo l’intenzione di entrarenella stanza del Padre; un ardente desiderio di vederlo, sì.Quando dovevo ripartire Padre Pio mi dava sempre la be-nedizione e l’abbraccio. Era questa la speranza che mi in-chiodava quel giorno fuori la sua porta. Improvvisamenteincomincia a squillare il telefono nella saletta in fondo alcorridoio, lontano dalla stanza del Padre.

Nessuno andava a rispondere.Padre Alessio decide di andare.Passando davanti a me, mi punta il dito e mi dice seve-

ramente: -Non disturbare il Padre-.Gli prometto gentilmente che non l’avrei fatto. Intanto che lui è di là, Padre Pio si libera dalle coperte,

e appoggiandosi con le mani alla parete, arriva fino a me.Mi benedice e mi abbraccia.Mi sussurra: -Adesso puoi andare!-.

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Per te che vuoi

Il fratello maggiore di Padre Pio, Michele, viveva a sanGiovanni Rotondo, in casa della figlia, Pia. Al tempo eraanziano, lucidissimo, ma non usciva più di casa. Godevadelle premurose cure e continue attenzioni della signoraPia, e dei numerosi nipoti.

Andavo spesso e volentieri a fargli visita. La mattinadopo la Messa del Padre gli portavo la Comunione. Mi in-trattenevo a conversare con lui. Era molto contento di ve-dermi. Raccontava episodi della fanciullezza vissuti infamiglia e particolarmente in compagnia di Francesco, fu-turo Padre Pio.

Ricordava quella volta che Francesco volle usare lafalce, ma inesperto com’era, si tagliò quasi completamenteil dito mignolo. Michele lo fasciò con delle foglie e unarozza pezzuola, senza medicarlo perché mancava tutto ilnecessario. Gli proibì di raccontare l’incidente ai genitori.

Dopo alcuni giorni Michele tolse la rudimentale fascia-tura e vide con meraviglia, che il dito del piccolo France-sco era perfettamente guarito.

Volentieri ora viveva a San Giovanni per stare vicino alsanto fratello. Finché stette bene partecipava alla Messa diPadre Pio all’alba e poi si tratteneva in convento dove go-deva dell’affettuosa simpatia dei frati.

Una mattina dopo la Comunione gli ho chiesto daquanto tempo non vedeva Padre Pio.

Mi ha risposto: -Viene tutte le mattine. Si trattiene pocoperché deve celebrare la Messa e ha tanto da fare in chiesa.Anche questa mattina è stato qui-.

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Era l’inconsapevole testimonianza di una bilocazionedel Padre, il quale, come tutti sapevano, non usciva più dalconvento. Alla morte del caro fratello Padre Pio, provò ungrande dolore.

I familiari mi inviarono un telegramma. Corsi a SanGiovanni. Durante la celebrazione funebre stetti vicino aPadre Pio sul matroneo. Quando il corteo si avviò versol’uscita della chiesa, Padre Pio si alzò in piedi, tenne fissolo sguardo sulla bara del caro fratello, poi si sciolse in unpianto dirotto. Dopo qualche minuto lasciai il Padre inchiesa e seguii il corteo fino al cimitero. Assistetti alla tu-mulazione. Quando il muratore ebbe terminato di sistemareogni cosa, baciai la tomba, lasciai la cappella e tornai inchiesa. Il Padre era lì. Mi inginocchiai vicino a lui senzadisturbarlo. Quando alzò la testa per guardarmi, gli dissiquasi sottovoce: -Padre, nel cimitero tutto a posto-.

Mi disse: -Per te che vuoi?-Risposi: -Padre, la sua benedizione-. Mi poggiò le mani sulla testa e mi benedisse.

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Padre Pio al capezzale del fratello Michele

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A tutto deve pensare Padre Pio

Andavo sempre più constatando i singolari carismi delPadre e la forza della sua carità. Il suo aiuto preveniva, ac-compagnava, garantiva. Come il calore del sole, scioglievae consolava. Il mio spirito si apriva a lui con l’atteggia-mento del bambino sicuro tra le braccia della mamma.

Trovavo la preghiera come l’ha definita Padre Pio “ilrespiro dell’anima”, insieme provavo l’acquietarsi delleansie, la pace nel combattere i difetti, la gioia di amare e ildesiderio di offrirmi con gioia al servizio di Dio e alla de-dizione per il prossimo.

Mi sentivo spiritualmente al posto giusto e deciso aproseguire nonostante il peso della debolezza umana e ilfurore del nemico, che mai depone le armi.

Rivivevo la primavera della mia consacrazione a Dioe il bisogno di appartenere totalmente a Lui. Imploravol’amore e la protezione della Vergine Maria, la carezza be-nedicente del Padre San Francesco, la difesa dell’Arcan-gelo San Michele, la compagnia amorevole del mio Angelocustode. Mi sentivo sostenuto dalla preghiera di Padre Pio.

Un mattino mi gettai in ginocchio davanti a lui, di-cendo: -Padre, tu conosci i miei desideri e le mie debolezze,dammi la tua benedizione-.

Il Padre, senza dire nulla, stese le braccia e posò pro-lungatamente le sue mani aperte sulla mia testa.

Provavo benessere nello spirito e un dolce vigore checopriva la mia nudità interiore.

Avrei voluto che quei momenti non fossero mai finiti.Al termine della giornata mi ero ritirato sul matroneo

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per dedicarmi alla preghiera. Nel frattempo i frati eranoscesi al refettorio per la cena. Restai lì, pensando: se debboandare, ci pensa Padre Pio.

Dopo un bel po’ arriva trafelato un confratello e midice: -È ora di cena e tu stai qui? Vieni, il superiore mi hamandato a chiamarti-.

Andai di corsa e mi scusai. La mattina seguente incontro Padre Pio nel corridoio. Appena mi vede esclama: -Mangiare o non mangiare!

... a tutto deve pensare Padre Pio?-

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Padre Guglielmo Alimonti, in alto a destra, si intrattiene con Padre Pio e al-cuni confratelli sulla veranda

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Purché per il bene

I frati sempre più spesso parlavano dell’opportunitàd’una grande Via Crucis sul fianco della montagna tra laCasa Sollievo e il convento. Ormai la piccola antica ViaCrucis lungo la salita del Santuario non si prestava più allapratica del pio esercizio, perché c’era continuo traffico dimacchine e via vai di gente.

Approntato il progetto, i frati si misero alla ricerca del-l’artista. L’opera che si voleva collocare in un posto cosìimportante, esigeva un artista bravo.

Riferirono a Padre Pio la risposta negativa di vari scul-tori ed egli consigliò di rivolgersi al celebre scultore Mes-sina, convertito. La commissione si recò da lui.

Egli apprezzò l’invito e ringraziò, ma rispose cheormai le sue mani non erano più adatte ad un tale lavoro.Quelli precisarono che erano stati consigliati dallo stessoPadre Pio di rivolgersi a lui.

Messina rispose: “Se è così non posso dire di no, masarà Padre Pio a darmi la forza”.

Al termine confidò: “Neppure da giovane ho avutotanta forza nelle mie mani”.

Oggi tutti sanno l’affetto e la devozione dello scultoreper Padre Pio.

Infatti dopo la conversione Messina si recava volen-tieri a San Giovanni Rotondo e vi portava degli amici. Nelmondo degli artisti parlava della sua gratitudine versoPadre Pio. Desideravo tanto dare anch’io il mio piccolocontributo per la spesa. Mi informai sul costo di una singolastazione. Pensai di coinvolgere qualche benefattore di mia

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conoscenza. Mi affidai alla preghiera. In quel periodo tornòper una vacanza in Italia, uno dei miei fratelli, emigrato inBrasile. Gli confidai il mio desiderio. Acconsentì volentierie mi consegnò l’offerta che però non era sufficiente allaspesa totale d’una stazione. La mattina seguente consegnainelle mani del Padre la somma ricevuta. Padre Pio l’accettòe aggiunse affabilmente: -Figlio mio, purché per il bene!-

Quelle parole mi infusero grande conforto, cancellandoil dispiacere di non aver potuto fare di più.

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San Giovanni Rotondo (Fg) 21 marzo 2010 - Via Crucis dei Gruppi di Pre-ghiera abruzzesi sul Monte Castellano

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Che c’è scritto

La gente, che sapeva dei miei viaggi a San GiovanniRotondo e della mia familiarità con Padre Pio, mi affidavaspesso lettere da consegnare al Padre o consigli e aiuti spi-rituali da chiedere.

Contento di essere aiutato, ero altrettanto contento diaiutare figli e devoti del caro Padre.

Io stesso prima di andare da Padre Pio avevo un certotimore. Pensavo: il Padre, che scruta le coscienze, forse miaccoglierà con un ceffone o mi manderà via.

Colsi l’occasione per inviargli un biglietto in cui chie-devo la sua benedizione. In cuor mio pensai: se accoglie ilbiglietto, accoglierà anche me; se rifiuta il biglietto, signi-fica che rifiuterà anche me. Ero certo che attraverso di luisi manifestava a me la volontà di Dio.

Il latore di quel biglietto, mi raccontò: “Appena PadrePio l’ha preso se l’è posto nella tasca del petto”.

La notizia mi consolò. Decisi di andare subito.Ho detto altrove l’amorevole accoglienza del Padre.

Ora vado ad altro.Una volta fui incaricato di chiedere preghiere per un

ammalato da parte dei suoi familiari. Padre Pio ascoltò conla solita attenzione e poi allargò le braccia come a signifi-care: ormai è inutile.

Rimasi sorpreso perché l’infermo non era in gravi con-dizioni. Tornando seppi, che nell’ora in cui m’ero rivolto alPadre, l’infermo era già morto.

Un’altra volta portavo con me una lettera da conse-gnare al Padre, ma io l’avevo completamente dimenticato.

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Prima di ripartire,andai a salutarlo. Mi la-sciò fare alcuni passiverso l’uscita, poi mi ri-chiamò: -Uagliò, quellalettera la riporti a chi tel’ha data? Bella figuraci fai!-

Tra la vergogna e lariconoscenza mi affret-tai a consegnargliela.

Il biglietto di cuisto per dire ha un’altrastoria.

Mi era stato affi-dato il giorno prima di partire per San Giovanni. Lo misi intasca e stavo andando via, ma la persona interessata mipregò di leggerlo per correggere eventuali errori. Spiegaiche non era assolutamente giusto, né garbato da parte mialeggere un biglietto indirizzato a Padre Pio. Insistette alpunto che dovetti leggerlo.

Un’occhiata veloce e assicurai che andava bene così.Arrivai dal Padre. Appena si presentò il momento op-

portuno, gli consegnai vari biglietti che avevo con me.Quando gli porsi quello che avevo letto si rifiutò di ac-

cettarlo. Con voce decisa mi chiede: -Che c’è scritto?- Rispondo semplicemente: -Padre, è per lei-. Replicò: -Lo so bene, ma dimmi che ci sta scritto-. Non aggiunsi spiegazioni, né giustificazioni.Con imbarazzo riuscii a fargli accettare il biglietto.

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Che t’importa

Qualcuno aveva puntato il dito su di me. Non ne avevocolpa. La mia discrezione era tale che al posto dell’abitoavrei indossato l’anima per mettere sotto gli occhi di tuttila mia sincerità. Padre Pio però era sempre uguale con me.Non mi faceva mancare affetto. Decisi di stare un po’ ditempo lontano, ma vivevo angosciato i giorni che passavosenza vedere il Padre. Un’amara vacanza. Avevo la pre-ghiera e l’amore del Padre, ma mi mancava lo sguardo deisuoi occhi, il suono della sua voce, quel profumo di santità,che aleggiava intorno alla sua persona. Non era una puni-zione, ma certo una dura prova.

Padre Mariano Palladino, scherzando, mi diceva: -Tumi sembri il cagnolino di San Rocco, stai sempre all’ul-timo posto. Aspetti che cada la mollica per te-. Il Signoresa quanto amore nutrivo nel mio cuore per tutti quei fra-telli, che come me volevano bene al nostro santo confra-tello. Pregavo per il Padre.

Quel “Prega per me” mi risuonava dentro ad ogni re-spiro, e sapevo con certezza, che egli non mi faceva man-care la sua preghiera. Recitavo i miei rosari passeggiandonel viale interno del convento di Pescara, che va dalla sta-tua dell’Immacolata a quella di San Francesco col lupo diGubbio.

Una notte mi viene in sogno Padre Pio. Uno di queisogni che vivi come una realtà. Egli si affianca a me, checammino con la corona tra le mani.

Mi guarda sorridente e mi dice: -Che aspetti a venire?-Felice e confuso stavo cercando le parole per una ri-

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sposta. Guardandomi negli occhi, aggiunse: -Lo so. Causadegli altri! Ma tu vieni; che t’importa?-

La pedagogia dei santi rispecchia la bella libertà delVangelo. Partii subito per San Giovanni Rotondo.

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Quanti anni ha

Salii in macchina quando mancavano almeno tre oreall’alba. A qualunque costo volevo assistere alla Messa delPadre. Così la mia giornata cadeva lieta e feconda.

Le ore scorrevano placide come le onde di un fiume.Sorprese e consolazioni non mancavano mai.

Vicino a Padre Pio capitava di vivere in ansia quandole sue condizioni di salute s’impennavano, o la febbre sa-liva troppo o la tosse si faceva insistente e dolorosa.

Dal momento che poggiai le mani sul volante una do-manda martellante: “Tuo padre quanti anni ha?”

Non capivo il perché. Facevo il conto degli anni di miopadre, pronto a dare la risposta esatta a chiunque. Un fattodel genere non mi era mai capitato.

In quel periodo mia madre aveva problemi di salute,ma mio padre stava bene. Il ritornello continuava.

In quel periodo il Padre non scendeva più al refettorio.Padre Onorato ed io portammo al Padre in cella qual-

cosa da mangiare, che poi regolarmente rimaneva tutto lì.Approfittai per chiedere al Padre di potermi “confes-

sare” prima che scendesse in sacrestia a confessare gli uo-mini. Aspettai nella saletta del primo piano, a sinistra dellagradinata che porta in sacrestia e al corridoio d’ingresso.

Il Padre era accompagnato da quattro confratelli che sisedettero accanto a noi. Egli mi fa cenno di iniziare la con-fessione. Alla presenza di altri? Il Padre ha insistito. Su-davo freddo. Balbettai delle parole, ma i miei occhicorrevano su quelle persone. Mi chiedevo: ma perché nonse ne vanno?

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A quel punto, Padre Pio domandò loro: -Avete sentitoquello che ha detto questo qui?-

Quelli si stupirono della domanda. Non avevano sen-tito nulla.

Pensai: ecco un’altra sorpresa. Che ne potevo sapereio! Mi tranquillizzai e feci tutta la mia confessione. Al ter-mine sentii il bisogno di raccomandare a Padre Pio la salutedei miei genitori.

Quando gli nominai mia madre mi fece cenno di sì colcapo, ma colsi un fulmineo passaggio di tristezza nei suoiocchi. Mia madre volò al cielo qualche anno dopo.

Appena gli feci il nome di mio padre, mi chiese: -Quanti anni ha?- Gli dissi l’età.

Egli con lo stesso tono di voce, aggiunse: -E beh! cheva cercando?-

Sentii un tonfo al cuore! Pensai: gli resta poco da vi-vere! Ma perché il Padre me l’ha detto in quel modo? Per-ché non in tono affettuoso?

In quell’istante entra Padre Adriano per accompagnareil Padre dagli uomini, che aspettavano di confessarsi.

Padre Pio gli domanda: “Quanti sono?”.“Quindici o sedici”.“Sai quanto fanno quindici e sedici?”. Padre Adriano

ha capito che Padre Pio scherzava.Invece quella somma corrispondeva alla somma di

anni che a mio padre restavano da vivere. Infatti mio padresi è spento quasi centenario, col nome di Padre Pio sullelabbra.

In quella confessione ho sentito a lungo il profumo digigli e rose.

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Tu la sai lunga

Non finirò mai di ringraziare il Signore per avermifatto nascere da genitori di profonda fede cristiana.

Il papà faceva l’autista presso due ditte contempora-neamente per mettere assieme un guadagno sufficiente eportare avanti la famiglia di sette figli. Di giorno raramenteavevamo la gioia di vederlo. Tornava la sera tardi e partivala mattina presto, ma tanto la sera che la mattina veniva ac-canto al nostro letto e ci baciava uno ad uno.

Sapevamo che appena prendeva lo stipendio si recavanel convento dei Frati Minori di Orsogna (Ch) e lì lasciavaun’offerta per i frati e un’altra per la celebrazione d’unaSanta Messa. Fu felice quando seppe che ogni mattina iomi fermavo nel convento dei Cappuccini a Guardiagrele(Ch) per servire tutte le Messe dei Padri per poi di corsaraggiungere la scuola in città. E ancora di più si compiac-que quando gli dissi che mi sarei fatto Cappuccino.

Mia madre ci raccontava a tavola e dopo cena moltestorie di santi. Sembrava un’enciclopedia! Amava moltoSan Francesco d’Assisi.

Da giovane entrò nel terz’Ordine Francescano ed erafedelissima a tutti gli impegni di figlia di San Francesco.Anche in casa spesso si raccoglieva in preghiera. Aiutavae confortava tutti.

Mi mandava ogni giorno a portare da mangiare ora al-l’uno ed ora all’altro povero del quartiere. Lei e il babbo miconfidarono che nel giorno di nozze erano andati a SanGiovanni Rotondo per ricevere la benedizione di Padre Pioe affidare a lui la famiglia. Ora tanti anni erano passati.

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Mancavano pochi mesi al 50° anniversario di nozze. Dopo una vita di tanti sacrifici ben meritavano un dono

speciale. La speranza nell’aiuto del Padre, la fiducia nellasua bontà e nella sua paternità mi incoraggiavano a portarlida lui. Restava una difficoltà.

Mi domandavo se le loro condizioni fisiche non otti-mali mi consentivano di farlo. A loro non dissi nulla fino aquando non decisi. Avevo prima bisogno dell’approvazionedel Padre. Il suo eventuale assenso, lo consideravo moltopiù che un semplice parere. Per me voleva significare chetutto sarebbe andato bene. Pertanto mi rimaneva da chie-dere espressamente tale permesso. Quando scendiamo insacrestia alle tre del mattino per la preparazione alla santaMessa, colgo il momento opportuno. Mi inginocchio e glichiedo: -Padre, io voglio portare qui i miei genitori per ilcinquantesimo di nozze. Posso farlo?-

Padre Pio in tono di ammonimento, mi disse: -Uagliò,tu la sai lunga!-

Non aveva detto di no. Li portai e furono felici.

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Guardiagrele (Ch) - Chiostro del Convento dei Cappuccini

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L’Aquila 25 luglio 1956 - Ordinazione sacerdotale di padre Guglielmo Ali-monti. Nella foto insieme al papà Nicolangelo, la mamma Gentile, la sorellaLidia e al fratello minore Mauro

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Ce l’hai trovata la neve

Era il mese di gennaio. Il termometro era sceso ineso-rabilmente. Al rigore della temperatura s’era aggiunta laneve. Io avevo programmato il mio viaggio a San Giovannicon la solita 500. Tutto quello che stava accadendo rendevad’ora in ora più rischiosa l’andata. Era iniziativa personaleper cui dovevo decidere da solo. Del resto nessuno miavrebbe detto: vai. Io invece volevo andare a qualunquecosto.

Prima di mettermi a letto la sera pregai il Signore di il-luminarmi, perché nemmeno volevo prendere una deci-sione azzardata. Riposai qualche ora. Mi svegliai.Fioccava. Il vento attaccava la neve al vetro della finestra.Mi tornava in mente l’episodio delle cronache francescane.

Mentre San Francesco pregava, dentro la chiesetta de-serta, fuori lampi e tuoni da finimondo. Il Santo, pensandoche quello fosse un castigo di Dio per i suoi peccati, dissea se stesso: “È il caso che io esca e venga punito senza por-tare alcun danno a questa chiesetta”. Aprì la porta e uscìfuori: era tutto silenzio; una notte splendida, un cielo pienodi stelle. Ringraziò il dolce Signore e restò lì a contemplarele bellezze del creato, e la misericordia dell’OnnipotenteAltissimo Dio. La stessa notte Frate Illuminato ebbe la vi-sione del Paradiso, dove il trono più bello era vuoto. Do-mandò di chi fosse e perché vuoto. Gli risposero che erastato di Lucifero e che ora spettava a Frate Francesco perla sua umiltà. Incanto da rivivere nello spirito dei Fioretti.

Mi sentii deciso a partire. Scesi in garage. Le miescarpe avevano qualche buco.

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Una volta in garage aprii gli sportelli della macchina evi gettai dentro tutti gli attrezzi che mi potevano essere utiliin caso di neve alta. Ci misi una grossa fune; una pala perla neve; sacchi di iuta da mettere sotto le ruote se la vetturafosse andata in panne. Mi procurai una pila e un vecchiopastrano. Quando tutta questa scorta mi sembrò sufficiente,misi in moto la macchina. La difficoltà era tanta. Adagio,procedevo sullo strato di neve. Percorrevo la vecchia nazio-nale, perché non c’era ancora l’autostrada.

Dopo Termoli non c’era più neve. Leggeri fiocchi va-gavano nell’aria, ma sembravano bianche farfalle a passeg-gio. La luce del giorno ormai era piena. Oltrepassai SanSevero. Alle pendici del Gargano mi raggiunse un solemite. Luce e sole sembravano aver dato il via ad una festadi gioia e di colori. Più di tutto mi sorprese il vedere lungoquelle pendici tante ginestre fiorite.

So che a gennaio non fioriscono le ginestre. Tra l’altrofra tutte le piante solo le ginestre vedevo fiorite. Ero stupitoda questo insolito spettacolo. Arrivo in convento.

Chiedo di poter parlare con Padre Pio. Il Padre mi venne incontro e mi domandò: -Beh! Ce

l’hai trovata la neve?-L’unica risposta possibile fu l’abbraccio commosso.

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Se ti sente

Fra Anastasio da Roio, (Aq) fu compagno di noviziatodi Fra Pio e frequentarono insieme il corso filosofico e teo-logico.

Fra Anastasio era figlio di un pastore abruzzese. Il papàogni anno trasferiva il gregge nelle Puglie e per lo più nellazona del Gargano. Era la cosiddetta “transumanza”. Sver-navano e poi a primavera tornavano a pascolare sulle pen-dici del Gran Sasso e della Maiella.

La storia della transumanza abruzzese è legata a quelladel tratturo, striscia ininterrotta di terra riservata al passag-gio delle greggi.

Di fra Anastasio, che si era fatto cappuccino laggiù, sa-pevo ben poco. Mi dicevo: beato lui che ha potuto viverenell’età più bella vicino ad un santo. Ora si era a prima-vera.

Dalla finestra della stanza di Padre Pio e dai finestronidell’attigua veranda si vedevano i tanti mandorli in fiore.L’arido Gargano appariva un giardino con gli alberi vestitidi perle. In lontananza si vedeva l’azzurro del cielo abbrac-ciare la densa e sottile striscia di mare. Uno spettacolo dellanatura, che metteva giovialità addosso.

La mattina stetti più tempo del solito vicino al Padre.Sul tardi gli chiesi il permesso di ripartire. Egli mi invitò asedermi vicino a lui.

Abbozzò un sorriso poi mi disse: -Adesso ti raccontouna storia simpatica. Ti parlo di fra Anastasio, abruzzesecome te. È stato mio compagno di studi. Ci volevamo tantobene.

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Una notte, durante l’anno del noviziato, eravamo incoro. Come sai, dopo il mattutino a luce spenta, si fa la “di-sciplina”.

Tutti i religiosi usavano le catenelle di ferro.Era di venerdì e perciò avevamo anche digiunato.Durante la disciplina, che durava generalmente dieci

minuti, si cantava insieme ad alta voce il “miserere”.Fra Anastasio, che era vicino a me, improvvisamente

sbotta in una protesta. Si lamenta dicendomi: «Ma ti paregiusto? Digiunare, senza dormire e adesso pure le botte!Lo sai che ti dico, Fra Pio? Domani me ne vado».

Io sottovoce gli dissi: «Sta’ attento! Se il maestro tisente, ti manda via davvero». Subito si calmò e stette zitto.

Il maestro non aveva sentito e la storia finì lì-.Il Padre un po’ divertito si chinò verso di me e mi disse:

-Su, stai almeno fino a domani-.Fu il regalo di quel giorno.

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Se ci riesci

Padre Pio insegnava con l’esempio a coltivare il silen-zio, a custodire il raccoglimento, a vigilare sul proprio spi-rito. Il suo insegnamento è affidato anche ai suoi scritti.

Le lettere ai propri Direttori e ai figli spirituali costitui-scono un tesoro di sapienza teologica e ascetica.

L’Epistolario vedrà la luce più tardi. Ai suoi Direttori egli apre i tesori delle sue esperienze

mistiche. Ai figli e alle figlie spirituali ha riproposto conforza irrompente la sapienza del Vangelo. Ha indicato levie della santità con consigli e regole di un’ascetica anticae sempre nuova.

Quello che fu il piccolo Francesco Forgione è diventatouno straordinario forgiatore di anime. Padre Pio ha cono-sciuto voli mistici fino alla sfera dei Serafini e ha combat-tuto perfino fisicamente contro il demonio.

Parlando di “Barbablù” e del “Cosaccio” racconta delleprove terribili e vittoriose contro il potere infernale.

Tutto per Gesù!Tutto per le anime!Lungo questo percorso di perfezione egli ha compiuto

“una missione segreta, nota a Gesù e a lui!”. Sono parolesue.

La Chiesa avrà tutto il tempo per approfondire gliaspetti più rivelatori di questo mistico dei giorni nostri.

A chi gli chiede dove cercarlo dopo la morte risponde:“Cercatemi in ogni tabernacolo del mondo”.

Immedesimato nell’amore di Gesù, fuso con la pas-sione del Salvatore, si fa dono per chiunque lo cerca. È la

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parola di Paolo: “Il mio vivere è Cristo ... (Fil 1,12-26 ). Nonsono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2,20).

Aveva scritto al confessore, che il suo cuore non c’erapiù, perché era fuso con quello di Gesù.

L’amore che ci ha creati e l’amore che ci ha redenti citrasforma in amore.

Gesù chiede al Padre, di renderci una cosa sola con Luicome Egli è una cosa sola col Padre. Questa è la “Beatitu-dine”.

Ma torno alla cronaca.Alla solita ora ero solo in sacrestia vicino al Padre. Fuori il buio era fitto. Il Padre estrasse faticosamente

da dentro la manica dell’abito un fazzoletto bianco. Si ve-deva che era nuovo. Lo girò e rigirò tra le mani.

In uno dei quattro angoli il fazzoletto aveva un grossomarchio rosso, vi era cucita, una “esse”. Non so perché ilmio pensiero corse alla prima lettera della parola “satana”.

Vidi che il Padre si affaticava a staccare quel marchio.Nulla da fare.

Gli dissi: -Padre, dammi il fazzoletto, lo tolgo io-.Mi consegnò il fazzoletto, dicendo: -Se ci riesci-.Provai a lungo, ma invano.Glielo riconsegnai: -Padre, non ci riesco-.Il Padre lo riprese fra le mani, ci passò un dito sopra e

la “esse” scomparve.

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Loreto (An) 25 aprile 1995 - Convegno dei Gruppi di Preghiera di Padre Piodell’Italia Centrale. Presiede la celebrazione Eucaristica il Cardinal LuigiPoggi

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Pescara - 25 luglio 2006 50° di sacerdozio

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Sei figlio di San Francesco

Di giorno in giorno gli insegnamenti, i consigli e leesortazioni del mio Padre spirituale moltiplicavano i se-gnali di luce sul mio cammino. La sua pazienza e la suabontà mi fortificavano. Chiunque si affidava a lui potevaessere sicuro della sua assistenza.

Scherzando un giorno disse: “Quando io afferroun’anima, non la mollo più”. Garanzia confortante.

Più volte ha risposto alle mie richieste d’aiuto: “Figliomio, tutto quello che posso”.

Ad un signore insistente fino all’esasperazione disse:“Gesù mi ha risposto di no. Che lo debbo prendere per ilcollo?”

L’efficacia della sua preghiera è nei fatti e spiega senzacommenti il grande accorrere di popolo.

Ci chiediamo perché a volte Dio non esaudisce la no-stra preghiera. Sant’Agostino risponde perché chiediamo“Malum, mala, mali”, ossia chiediamo in modo sbagliato,o chiediamo le cose sbagliate, oppure siamo attaccati alpeccato.

Occorre ricordare l’atteggiamento e le parole che ci in-segna Gesù nel Padre Nostro: “Sia fatta la tua volontà”.

Nessuno sa meglio di Dio qual è il vero bene per noi.Gesù aggiunge: “ Cercate prima il regno di Dio e la sua

giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt

6,33). Gesù dice anche: “Se dunque voi, che siete cattivi, sa-pete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vo-stro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielochiedono!” (Lc 11,13).

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La preghiera è stata definita la grande missionaria checi porta a Dio. Ma questa volta io volevo da Padre Pio dipiù della sola preghiera.

Da tempo andavo maturando il desiderio di un testa-mento spirituale. Ritenevo sufficienti anche poche parole,ma con esplicita finalità di un testamento spirituale, che miguidasse per il resto della vita. Le sue parole, avrebbero si-gnificato la precisa volontà del Signore su di me.

Padre Pio mi ascoltò, ma non scrisse un testamento perme. Con la sapienza e la schiettezza del santo, mi guardòseveramente dicendo: -Tu sei religioso, figlio di San Fran-cesco, sacerdote e Cappuccino per di più!-

Stavo chiedendo ciò che ho già: il testamento di SanFrancesco.

Padre Pio mi ha ricordato il dovere della fedeltà.

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Sono andati a San Gabriele

Il Padre Superiore ed altri Padri di San Giovanni Rotondo con due pullman di pellegrini diretti a San Ga-briele dell’Addolorata, fecero tappa nel nostro Santuario aPescara.

Li ospitammo con grande gioia. Celebrarono e poi ri-presero il cammino per Isola del Gran Sasso. Li acco-gliemmo come se ognuno di essi ci regalasse Padre Pio.

Avevo tanto desiderato di vederli nel nostro Santuario.Ad Isola ci accomuna il titolo della Madonna Addolorata.A San Giovanni Rotondo ci accomunava l’affetto a PadrePio. Era un titolo aggiunto a quello di essere confratelli inSan Francesco.

Io avevo in programma di recarmi il giorno stesso daPadre Pio. Nella tarda mattinata partii. Trovai il Padre indiscrete condizioni. Dopo la preghiera, l’ascolto delle con-fessioni e l’incontro con alcuni amici e benefattori, PadrePio si trattenne in fraterna conversazione con me e qual-che altro confratello. Mi tornava in mente la grande devo-zione di Padre Pio verso San Gabriele.

Sapevo della lettera che egli scrisse da Pietrelcina perchiedere al Superiore la “Vita di Fra Gabriele dell’Addolo-rata” prima ancora che il Santo fosse beatificato e canoniz-zato. Padre Pio era incantato dall’amore di quel giovanepassionista verso la Madonna Addolorata. È la ragione percui San Gabriele ha affascinato da sempre anche me.

Di lui ho letto molto ed ho anche tenuto pubbliche con-ferenze e trasmissioni radio. E quando mi era possibile, an-davo a trascorrere la giornata in ritiro e preghiera davanti

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alla sua urna. Poiché ho la grazia di vivere in un Santuariodell’Addolorata ho sempre chiesto al Santo di insegnarmiad amare la Madonna e a meditare i suoi dolori.

Da studente egli diceva ai suoi compagni che “I doloridella Madonna erano il suo Paradiso”. Io attesi l’attimo op-portuno per inserire nella nostra conversazione la notiziadel Superiore e dei fedeli, che la mattina erano stati ospitinel nostro Santuario.

Padre Pio tutto contento aggiunse: -Sono andati a SanGabriele-.

Pronunciò queste parole con felice compiacenza, comese avesse voluto dire: io sono con loro.

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Isola del Gran Sasso d’Italia (Te) - Santuario di San Gabriele dell’Addolorata

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Vuole fare carriera

Il comico Carlo Campanini, convertito da Padre Pio,diceva: “Se avessi l’humor di questo santo, riempirei i tea-tri”.

Il Padre sapeva essere arguto, sagace e divertente.Con quella vena naturale tingeva di squisita comicità

anche le più semplici barzellette. Ci distraeva e ci rassere-nava. Arricchiva la conversazione con quell’accento napo-letano dall’infallibile efficacia. Le sue battute coglievano disorpresa.

Grande risata di tutti i frati, ci fu quando padre Costan-tino Bianco, tornando dalla visita presso tre celebri medici,si fermò in mezzo alla porta del refettorio e disse ai frati,che erano a mensa: -Oh, tre professori mi hanno detto chenella mia testa non c’è niente!-

Era partito con un sospetto tumore al cervello.Tra le esclamazioni e le voci di tutti si udì distinta

quella di Padre Pio: -Ah, Costantino, ma ci volevano treprofessori per dire che nella testa tua non ci sta niente!-

Padre Pio aveva tanto pregato per lui.Tutti capirono la battuta del Padre. Fu una gioia inde-

scrivibile.Quando raccontava quell’episodio, padre Costantino

piangeva di commozione. Ho letto la bella testimonianzache scrisse successivamente. Conservo un piacevole ri-cordo di lui.

Il frate che accompagnò per un periodo di tempo PadrePio al confessionale, metteva in ordine la folla con un vo-cione da spaventare.

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Una signora tremante, esclamò: -Ma chi è questo qua?-Padre Pio, rispose garbatamente, ma tanto da farsi sen-

tire da tutti: -È Garibaldi!-Così cambiò il timore in una bella risata.Raccontando ai confratelli momenti della sua fanciul-

lezza, diceva: “Ero un maccherone senza sale”.Questo aspetto gioviale e umanissimo di Padre Pio è

la prova di quanto i santi sanno stare con tutti e sanno por-tare il sorriso dovunque.

L’episodio in cronaca conferma la benevolenza e lacordialità del Padre.

Arrivò un confratello dall’Emilia Romagna, giovane evivace. Chiese permesso ai presenti e si inginocchiò da-vanti al Padre. Io ero seduto proprio accanto a Padre Pio.

Quello aveva in mano un promemoria con le domandeda fare. Quando ebbe esaurito l’elenco, proseguì a ruota li-bera. Sembrava un rituale. Il Padre rispose una serie di “sì”.

Quello prendendo sempre più coraggio dice: -Padre,prega il Signore, perché i miei superiori capiscano, che an-ch’io valgo qualcosa!- Testuali parole.

Padre Pio, allibito guardò verso di me e disse: -Ma que-sto vuole fare carriera!-

Certamente Padre Pio dovette pregare, perché quel fra-tello imparasse ad accettare con umiltà la volontà dei suoiSuperiori.

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Castelgandolfo (Roma) 8 agosto 1989 - Udienza dal Santo Padre

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Non vuole sopportare niente

C’è una esperienza che prima o poi facciamo tutti nellavita. Avviene quando scoppia dentro di noi una bufera, cheti sbatte da una parte all’altra. Tu chiedi soccorso ma in-vano. Chiami, ma la voce si perde lontano senza risposta.Ti senti una barca senza ormeggi nella furia della tempesta.Fai appello alle parole della fede, invochi il soccorso diDio, la speranza ti regge, ma a tratti anche questa si assot-tiglia come una debole fiammella.

Sai che Dio non tradisce, ma temi per castigo il suo ab-bandono. Dio purifica le anime passandole per il fuocodella prova. Ma quanto si fa lunga quella prova! Sembranon finire mai. E tu continui a gridare con tutta la forza del-l’anima. Si fa sempre più urgente il soccorso, finché al cul-mine del dramma accade il miracolo.

Gesù dorme. Lo scuoti. Gli dici come i discepoli spa-ventati: “Maestro, non t’importa? Stiamo affondando!”

Ti prendi un rimprovero. Poi Egli ordina al mare tem-pestoso: “Taci” (cfr Mt 8,23-27).

L’anima si scioglie come il gelo a primavera. Ti sfiorala brezza di Dio. Un canto, sconosciuto prima, scende comebenefica rugiada nel cuore. La prova t’ha portato via unpezzo della vecchia armatura, ma ha snellito lo spirito e ge-nerato nuova energia. Si è compiuta la volontà di Dio.

A volte sono gli altri, volenti o nolenti, a spingere lavacillante barca verso scogli insidiosi.

Né tu, né loro sapete il perché.Hai imparato che tacere è la cosa migliore. C’è uno

solo che ti può difendere. Non sei tu. Lui lo fa se vuole.

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Il bene che hai cercato di fare ti scivola attorno e cadeper terra, come la pioggia. Anche in questo caso i tempinon contano niente. Non ti senti colpevole di certe accuse.Ma se sei chiamato a difenderti già devi essere grato a chiti ascolta e magari non ti crede. È un groviglio non di co-scienza, ma di rapporti umani e perfino fraterni. Sai che sisoffre, ma sai anche che si cresce. Insieme si cresce anchecosì. E se tu non ti stanchi di amare, capisci fino in fondocome è bello amare. Puoi chiudere il capitolo esclamando:“Signore, sono felice. Va bene così”.

A volte a mezza strada ti viene da gridare: “Gesù, nonce la faccio più!”

In quel periodo le prove mi erano piombate addossotutte assieme. Finalmente riuscii ad andare dal Padre.

Arrivai di sera. Ma solo la mattina in sacrestia mi fupossibile avvicinarlo. Intorno a lui c’erano varie persone, anoi familiari.

Padre Pio richiamò la loro attenzione, additando me,che mi stavo avvicinando, e ad alta voce disse: -Vedetequesto qua? In Paradiso ci vuole andare, ma non vuole sop-portare niente!-

I marinai dicono: se vuoi prendere il pesce devi esserepronto a bagnarti il vestito.

Gesù dice di più: conviene perdere la vista e bracciapur di guadagnare il Regno dei cieli (cfr Mt 5,29-30).

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Vai, vai

Una delle tante belle parabole del Vangelo racconta cheun uomo, scavando in un campo, trovò un tesoro. Tornò acasa, vendette tutti i suoi beni e comprò quel campo (cfr Mt

13,45 ss).È decisione, che dà la possibilità di arricchirsi.Il Signore mi ha guidato a Padre Pio e in lui ho trovato

il tesoro.La sapienza popolare insegna che, chi ha trovato un

amico, ha trovato un tesoro. Padre Pio per me era moltopiù che un amico. Potevo confidargli ogni pensiero, ognidesiderio, ogni dubbio, ogni angustia, ogni tentazione, ogniproposito, ogni timore, ogni speranza.

Ma quel che conta di più, è che ho potuto affidarglil’anima, il cuore e tutto me stesso. Subordinavo i miei im-pegni alla possibilità di arrivare a lui e trattenermi a lungovicino a lui. Quel tempo era oro per la mia vita spirituale.Avevo tutto da imparare. È una verità talmente importanteche non finirei mai di parlarne. Ma un giorno per legge-rezza mi privai della compagnia del Padre.

Prima di partire da Pescara avevo promesso a delle per-sone, che sarei tornato il pomeriggio del giorno seguente.

Quella seconda metà della giornata e la mattina dopopotei godermi la vicinanza col Padre senza difficoltà. Misembrava che il Padre fosse lì tutto per me. Ne ero felice.Così anche nelle prime ore del pomeriggio. Era come se inconvento ci fossimo soltanto noi due. Guardai l’orologio.

Il ricordo della promessa mi sollecitava a ripartire, mastavo così bene lì!

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Il conflitto interno durò qualche ora. Alla fine decisi diandare. Mi inginocchiai davanti al Padre, chiedendo la be-nedizione.

Mi benedisse. Però capii che non era contento. In tono di rimprovero mi disse: -Vai, vai!-Partii, ma col rimprovero della coscienza. Per accor-

ciare i tempi non feci la strada normale. Volli passare per laforesta umbra. Dentro quel bosco mi ritrovai in un grovi-glio di strade senza segnaletica. Ero completamente diso-rientato. Fui obbligato a tornare indietro e seguire la stradanormale.

Corsi tanto e ciò nonostante arrivai in ritardo.

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Maria ti guidi

Dall’Ascensione alla Pentecoste il timone della Chiesaè stato nelle mani di Maria, la Madre di Gesù. Non c’è statoun affidamento pronunciato da Gesù a tale scopo. La figuradi Maria impersonava più di ogni altro la figura di Gesù.L’attenzione degli apostoli e dei discepoli era su di lei. LaChiesa gerarchica era già costituita, ma il cuore dellaChiesa era un motore ancora da accendere.

Dalla promessa di Gesù gli Apostoli avevano l’asso-luta certezza dell’avvento dello Spirito Santo. Lì nel Cena-colo, in preghiera, lo Spirito era il fuoco atteso per generarela Sposa di Cristo. Il Padre stava per affidare all’umanità ilsupremo deposito dell’Amore.

Quella del Cenacolo fu una vigilia fatta non tanto dalcorpo col digiuno, ma fu vissuta nel profondo dell’animacon la potenza dell’orazione. La liturgia di quei giorni s’in-nalzava sulle ali della memoria e della parola, e sull’emo-zionante comune testimonianza della vita, passione, mortee risurrezione di Gesù.

L’immagine dell’Ascensione riempiva ancora i loroocchi e struggeva di nostalgia i loro cuori. Erano scesi fe-lici dal Monte, perché benedetti, ma indeboliti dall’assenzavisibile del Maestro: “Lo vedrete tornare ...” (cfr At 1,11).Questa era l’essenziale certezza! Ma a che distanza di se-coli!

Nel gruppo del Cenacolo erano tutti testimoni, maognuno dei discepoli portava nella propria natura umana leferite comuni a tutti gli uomini, con l’aggiunta di alcunedebolezze rivelate nella sequela.

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Una sola era l’“Intatta”: Maria. Illibata nell’anima da sempre, Madre vergine. Privilegi

che la Chiesa chiarirà e affermerà sempre più dogmatica-mente. Lei era in grado di dichiarare: “Grandi cose ha fattoin me l’Onnipotente ...” (Lc 1,49).

La Chiesa fin da quei giorni ha capito che Maria èl’unica perfetta nell’obbedienza, nel servizio e nell’amore.Il suo “Fiat” al Signore non contiene riserve e nulla si perdedi quanto il Padre ha deposto in lei. Per questo Egli le af-fida di portare nel cuore la Chiesa, come le aveva affidatodi portare nel seno il Verbo.

Nel cenacolo la Chiesa tutta insieme conosce final-mente la “Madre”.

Ogni parola che il Vangelo di Luca racconta sull’an-nuncio, sulla nascita, sull’infanzia, è risuonata per la primavolta tra quelle pareti. Lì fu visibile il tabernacolo dei se-greti divini. Lì la Chiesa ha succhiato il latte della tene-rezza di Maria per imparare ad essere madre.

Chi può descrivere la felicità del cuore di Maria nelgiorno in cui lo Spirito Santo inonda di fuoco il cuore deidiscepoli di Gesù? Lei sa meglio d’ogni altro, che da quelgiorno in poi la Chiesa diventa amore e riempirà d’amoreil mondo. A questi pensieri l’anima trabocca di gioia. Vor-rei gridare a tutti che Maria è la meraviglia di Dio in mezzoagli uomini.

Torno a Padre Pio.Egli è vertiginosamente innamorato della Madre di

Gesù. Che luce nei suoi occhi quando li posava sul voltodella Madonna!

Un giorno lo pregai di scrivermi un pensiero sull’im-maginetta della Madonna da conservare come prezioso ri-cordo personale.

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Mi mostrò le mani gonfie, le dita livide. Non era pos-sibile. Io mi scusai e non ci pensai più.

Trascorsero molti giorni ed ecco che un pomeriggio,mentre eravamo seduti intorno a lui sulla veranda, mandòPadre Alessio nella sua stanza.

Questi tornò con una immaginetta della Madonna tra lemani.

Il Padre vergò per me lentamente dietro l’immaginettaqueste parole: “Maria ti guidi col suo materno sorriso”.

A quella sorgente io bevo.Quel “sorriso” è il segno della speranza che apre i miei

giorni.

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Dove siete diretti

Portare qualcuno a conoscere Padre Pio per me valevasdebitarmi con chi questa gioia aveva procurato a me e pro-lungare una catena di beneficati. Il Padre giustamente ciinsegnava ad affidare un’anima prima a Dio e poi a lui. So-leva dire infatti: “Nelle mani del Signore io sono come unapalla nelle mani di un bambino”.

Ripeteva nelle sue lettere ai Direttori spirituali: che Diooperava in lui, per sola grazia e misericordia, senza alcunmerito. Questa confessione di Padre Pio corrisponde perfet-tamente all’insegnamento di Gesù: “Quando avete fattotutto, dite: sono servo inutile!” (cfr Lc 17,10).

Padre Pio si sente sempre più indegno della bontà di-vina. Ha sempre il timore di abusare della sua misericordia.Definisce “meschinella” la propria anima.

È vero figlio di San Francesco, il quale vive nello stu-pore della misericordia e teme che Dio lo ritenga “degnodello profondo inferno”. Obbliga Frate Bernardo a metter-gli il piede sulla bocca e a gridare: “Francesco, figlio diPietro Bernardone, sei degno d’ogni castigo di Dio”.

Fa eco a queste parole l’affermazione paolina: “GratiaDei sum, id quod sum”; “Quello che sono lo sono per gra-zia di Dio” (cfr 1 Cor 15,10). L’umile attribuisce a Dio i meritidella propria bontà, il superbo attribuisce a se stesso, ciòche è merito di Dio. L’insegnamento della parabola evan-gelica del pubblicano e del fariseo. È compito della Chiesadefinire l’opera di Dio che si prende cura dell’uomo e ciòche è dell’uomo, che si umilia davanti a Dio. Volevo por-tare da Padre Pio un sacerdote, che in vita sua aveva cono-

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sciuto solitudine e dolore a cominciare dalla perdita pre-matura del papà e della mamma. Non vedevo mai un sor-riso sul suo volto. Bramavo vederlo libero dal peso deiricordi, col cuore sereno e aperto ai doni del Signore. Fecitanto per convincerlo a venire con me da Padre Pio. Civolle molto tempo, finalmente si decise. Andammo in mac-china. Arrivammo presto. Dopo la Messa lo invitai a se-guirmi in sacrestia per salutare il Padre e ricevere la suabenedizione. Quando mi trovai vicino al Padre mi voltai,non c’era più.

Mortificato diedi il mio abbraccio al Padre, che pur ve-dendomi solo, mi chiese: -Dove siete diretti?- Gli risposi:-Da lei, Padre-.

Bastò il sorriso di Padre Pio a cancellare tutto il dispia-cere d’essere solo davanti a lui. Infatti mise la domanda alplurale, mentre mi vedeva da solo. Certamente per accon-tentarmi benedisse anche lui. Qualche notte dopo sognai lamamma del confratello. “Grazie” mi disse “del regalo chehai fatto a mio figlio”.

Descrissi al confratello i lineamenti della sua giovanemamma, che io non avevo conosciuto. Si commosse.

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Sempre così

È possibile paragonare il corso di una giornata al corsodella vita? E perché no?

Ci sono delle giornate che scorrono come un fiume inpiena. Si riesce a portare a termine ogni cosa. Le azioni sisusseguono come il sovrapporsi di covoni di grano sullacatasta. La capacità del pensiero e dell’azione sospingonoavanti. Avvertiamo che la nostra vita mutua da ogni cosa ri-sorse sconfinate. Funzionano così anche le ricerche umanee giungono ad offrirci possibilità e sistemi più perfetti.

I santi sanno valorizzare innanzitutto il tempo.Essi più degli altri riflettono sul fatto che il tempo non

è nelle nostre mani. Inoltre operano proiettandosi versol’eternità. Chiunque ha fede sa che il tempo è moneta perassicurarsi la vita eterna.

L’ascesi cristiana spinge lungo questa direzione per al-lontanare dalle radici del male e spingere alla conquista deivalori spirituali. La purificazione della mente, dell’anima edel cuore, ha un alto prezzo.

A San Giovanni Rotondo rimasi stupito e affascinatodal ritmo di Padre Pio nelle ventiquattr’ore.

Con dieci giornate delle mie non avrei riempito unadelle sue. Decisi di piegare la mia volontà a ritmi più forti.

La fede era la chiave di tutto e la condizione per soste-nere la buona volontà. Occorreva l’abbandono totale al-l’amore di Dio e all’azione della grazia. Perseverando si vaal traguardo.

Padre Pio andava avanti negli anni, ma non cedeva unmetro al ripiegamento.

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Io mi aggrappavo al suo esempio sacerdotale france-scano e più ancora al suo aiuto di Padre Spirituale.

Egli mi educava a indirizzare le forze.Quante volte ci illudiamo pensando che abbiamo ade-

guata la nostra volontà a quella di Dio!-Padre -gli dissi un giorno-, chieda a Gesù, che mi aiuti

a patire ed amare come fa lei-.Mi rispose: -Stai fresco se incominci dalla croce!-Accanto a lui vivevo un desiderio e un timore. Il timore di dovermi allontanare da lui. Il desiderio di essergli sempre vicino.Un mattino mi venne spontaneo inginocchiarmi da-

vanti a lui prima della Messa per dirgli: -Padre, quando tunon ci sarai più, come farò?-

Mi guardò negli occhi e con carità e amore mi rispose: “Sempre così!”

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Se ce lo ritrovi

Ero felice quando mi riusciva di accompagnare in cellail confratello che portava da mangiare al Padre.

In verità il suo desinare spesso consisteva nel toccarecol cucchiaio e con la forchetta il frugale pasto.

Infatti in certi giorni sapendo che nulla sarebbe riuscitoa digerire, nulla ingeriva.

A volte si capiva che la sola vista dei cibi gli procu-rava nausea. Si sforzava di non far trasparire questa diffi-coltà. Questo rendeva più evidente la sua gratitudine versoi premurosi confratelli.

Seduto su un umile banchetto di legno tirava fuori rac-conti e allegre barzellette fino a rendere tranquilli tutti.

Non voleva in altri l’ombra dell’ansia per causa sua.Ragione in più per cui andare da lui anche per portar-

gli il cibo diventava una gara. In ogni circostanza comunicava umiltà. Trasmetteva

gioia. Così anche nelle cose più piccole appariva la gran-dezza del suo animo di amico, di fratello e di Padre.

Bussammo alla porta della cella, che in realtà non eramai chiusa del tutto.

Seduto con la corona del rosario tra le mani, pregava.Abitualmente volgeva lo sguardo al quadro della Madonna,che pendeva ai piedi del suo letto.

Ci accolse col sorriso.Rispose con semplicità al nostro saluto francescano e

si dispose davanti al piccolo tavolo, che fungeva da mensa.Avviò egli stesso la conversazione. Eludeva le frasi

convenzionali.

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Sapeva essere ogni volta originale con ammirevolespontaneità. Quello era il Padre, se stesso di sempre: undono per tutti. In genere poche erano le domande, che cipermettevamo; mentre ci faceva piacere ascoltare attenta-mente quelle che egli rivolgeva a noi. Si interessava dellenovità sulla nostra vita e le nostre attività.

Prima di andare via io presi un piatto dentro il qualec’era quello che il Padre non aveva mangiato e lo posai sulvicino armadio.

Avevo intenzione di tornare più tardi a riprenderlo perfarne dono a persone care o inferme.

Il Padre notò quel gesto.Gli spiegai: -Tornerò a riprenderlo-.Padre Pio scrollando il capo esclamò: -Se ce lo ritrovi!-Capii che chiunque poteva portarlo via.Il Padre volle risparmiarmi il dispiacere d’una delu-

sione.

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Ringraziali da parte mia

Ero cappellano delle ferrovie. Col passare del tempoandavo maturando il proposito di accompagnare un pelle-grinaggio di ferrovieri a San Giovanni Rotondo. La mia as-sistenza copriva il tronco da Ancona a Pescara.

Ne parlai a Padre Oddo, francescano, cappellano diAncona. Condivise e incoraggiò l’idea, aggiungendo op-portuni suggerimenti. Insieme chiedemmo un incontro in-formativo con i vari capistazione titolari. Furono tuttid’accordo. Il nome di Padre Pio metteva assieme anche icolori più diversi della politica, che nel settore ribolle sem-pre ed ha radici lontane.

Stilammo il programma. Lo feci stampare ed affiggerein tutte le stazioni ferroviarie interessate. Ne inviammo a ti-tolo di informazione anche alla stazione di Foggia e di Bo-logna. Mi dedicai ad un’azione capillare nei varicompartimenti e nei vari settori. Si richiedeva opportuna-mente un contatto diretto con le singole persone. Scopriiuna ricchezza di cordialità e di fede inaspettata.

Molti si prestarono a collaborare. Decidemmo la sta-gione: primavera.

I capistazione stabilirono di riservare sei vagoni in cuiraccogliere tutti i partecipanti da Ancona a San Severo.Nella stazione di San Severo avremmo trasferito i pelle-grini su una carovana di pullman. Tra ferrovieri e familiarieravamo seicento persone. Da San Severo fino a San Gio-vanni io sarei passato da un pullman all’altro per pregareinsieme con loro. A tutti spiegai l’efficacia della preghieraper ottenere ogni dono da Dio, sottolineandone l’impor-

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tanza a vantaggio dei malati e di qualunque sofferenza. Liassicurai che in quel modo avremmo dato sollievo anche aPadre Pio. Particolarmente pregammo il Signore che glidesse la forza di star bene e di poterci accogliere e benedire.Ogni gruppo recitò cinque Pater, Ave e Gloria per le suemistiche piaghe.

Giunti a Santa Maria delle Grazie, i pellegrini sceserodai pullman e si raccolsero sul sagrato. Quando fummo tuttilì entrammo in chiesa.

Io corsi dal Padre al quale avevo dato la notizia di que-sto gruppo speciale di pellegrini. Lo trovai raccolto sul ma-troneo.

Egli si alzò e si affacciò per guardare quei fedeli. Quelli, appena ricevuta la sua benedizione, esplosero

in un devoto e fervoroso applauso. Temetti un rimproverodal Padre per questo. Non mi disse nulla. Anch’egli videin quel gesto spontaneo un umile segno di affetto e di gioia.A quel punto confidenzialmente gli chiesi: -Padre, comesta?-

Mi rispose: -Figlio mio, fino a mezz’ora fa, mi sentivomolto male. Ora sto bene. Voi avete pregato per me. Rin-graziali da parte mia-.

Al ritorno uno dei ferrovieri testimoniò, che appenamesso piede in chiesa, scomparve improvvisamente il maldi denti che lo affliggeva da vari anni.

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Non puoi metterti a sedere

Avevo dodici anni. Giocando con un gruppo di compa-gni all’altalena mi sbilanciai troppo. Le mie mani perserola presa della fune e caddi di schiena sul selciato dellastrada. Fu un volo di cinque metri. L’impatto fu terribile.

Battendo al suolo mi si bloccò il respiro e mi si oscuròla vista. Il viso mi diventò cianotico. Stavo morendo.

Il mio fratello più grande, che era lì vicino, mi rag-giunse con un balzo, mi scosse, cercò di rianimarmi. Misollevò la testa e mi percosse le guance. Ebbi dei brividi esentii lentamente liberarsi le vie respiratorie. Ero salvo, maa causa di quel colpo alla spina dorsale, non mi era possi-bile rimanere a lungo seduto. Quella posizione mi procu-rava un dolore irresistibile. Potevo camminare, correre efare ogni altro movimento all’infuori dello stare seduto pro-lungatamente. Dinamico per natura, io, seduto non ci stavomai, quindi la cosa non mi preoccupava più di tanto.

Ormai erano passati molti anni e non ci pensavo più. Da sacerdote però, nell’esercizio delle confessioni, mi

trovavo in difficoltà. Facevo del mio meglio.Quando al mattino accompagnavo Padre Pio in sacre-

stia dove rimaneva in preghiera fino alle cinque, io restavoin piedi. Ero così giovane, non mi stancavo. Per discrezionemi tenevo sempre a qualche metro dal Padre.

In quel mistico silenzio inaspettatamente risuonòchiara la voce di Padre Pio: -Uagliò, ma tu non ti puoi met-tere a sedere?-

Mi meravigliai perché ero di spalle a lui in quel mo-mento.

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Stupito risposi: -Padre, non importa, grazie-.Dopo un quarto d’ora di nuovo il Padre ripete: -Ma tu,

non ti puoi mettere a sedere?--Padre, - risposi -, mi dispiace che si disturba per me;

va bene così-.Non passarono più di dieci minuti e il Padre ripeté per

la terza volta la stessa domanda.Mi resi conto allora che il Padre aveva ben altra inten-

zione che quella di una semplice domanda.Compresi che non dovevo restare in piedi. Lo ringraziai affettuosamente, presi una sedia e mi misi

a sedere. Vi restai quasi due ore.Da quella mattina la mia spina dorsale non ha più dif-

ficoltà. Posso restare seduto anche molte ore di seguito.

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Fammi andare da questo qua

La Chiesa raccomanda di meditare i “Novissimi”:morte, giudizio, inferno, Paradiso. Sono passaggi obbliga-tori i primi due; è spaventoso l’inferno, è necessario il Pa-radiso. Gesù con l’Incarnazione, la Morte e la Risurrezioneha costruito il ponte per farci balzare dalla nostra vita ter-rena alla beatitudine eterna. Ora tocca a ciascuno di noi farela propria parte.

Gesù ha messo a nostra disposizione la fede, la graziae la misericordia. Ci esorta a fare penitenza per non cor-rere il rischio di perderci. E penitenza significa per noi bat-tezzati “conversione continua”. Mezzo e fine di taleconversione è anche la consacrazione religiosa. Per me siaggiunge il sacerdozio. Tornano in mente le esortazioni delvangelo e dell’apostolo San Paolo, ma anche la regola fran-cescana, che io ho professato. Aggiungo che io avevo di-nanzi a me l’esempio di Padre Pio, immagine vivente diGesù Crocifisso. È come avere davanti una finestra apertada dove puoi guardare l’orizzonte sconfinato o il cielo stel-lato. In me si era fatto assiduo il pensiero del giudizio di-vino, severo e inappellabile ed anche il timore di espiarenell’aldilà.

Nel purgatorio le pene sono severe e l’attesa è tormen-tosa per rimorso e sofferenza. Queste considerazioni mispinsero a rivolgere una fervida preghiera alla Madre diGesù: “Madre mia, di’ a Gesù che il purgatorio voglio farloquaggiù, affinché quando chiuderò gli occhi alla scena diquesto mondo, io possa riaprirli di là per vedere Gesù”.

Mi aspettavo senza dubbio prove dure, ma in realtà mi

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apparvero insopportabili. Tutti sembravano avere qualcosacontro di me. Tutto mi si abbatteva addosso come una bu-fera infernale: solitudine, avversione, angoscia mi stringe-vano in una morsa gelida. Con i giorni dimenticai quellapreghiera e piombai in una confusione totale. Quando misentii del tutto perso sembrò uscire il sole. Mi tornò pace eserenità. Non sapevo che spiegazione darmi, ma capivo cheil Signore mi era venuto in aiuto.

Finalmente posso correre da Padre Pio. Era tardiquando giunsi in convento. La mattina potei abbracciarlo.Gli chiesi di confessarmi.

Al termine mi disse: -Figlio mio, non ricordi che haichiesto tu alla Madonna di soffrire? Io ho visto che tu unpo’ camminavi e un po’ ti fermavi. Allora ho detto: «Fammiandare da questo qua»-.

Al suo arrivo dunque era tornato il sereno nel mio spi-rito.

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Ognuno fa qualcosa

Nelle poche frazioni di tempo di distensione consentitea Padre Pio dalle sue intense giornate, noi volentieri ci rac-coglievamo intorno a lui. La sua presenza prima ancora chele sue parole ci stimolava a riflessioni di vita.

Infatti la conversazione scorreva piacevole e benefica.Si parlava con sincerità e spontaneità. Sembrava che

ci fossimo messi d’accordo per indirizzare il discorso a mo-tivi di lieta fraternità per indurre il Padre a sorridere e rilas-sarsi. Quei confratelli erano veramente encomiabili.

Questo clima portava il Padre a partecipare al dialogoe a mettere in campo le sue battute e magari le sue amenebarzellette. Egli ci voleva vedere tutti sereni e gioiosi, comesi conviene ai buoni figli di San Francesco.

Fa da monito l’episodio narrato nelle cronache france-scane. Un frate, schivando l’amabile conversare con i fra-telli, era sempre in disparte. Si esprimeva solo con i gesti,come se temesse di essere distolto dalla contemplazione.Lo vide San Francesco e invano lo mise in guardia controil demonio della superbia. Quel frate dopo qualche annoabbandonò l’Ordine.

Si dice che aria e sole danno vita e bellezza ai fiori.Ogni parola è come un petalo e ogni pensiero come unfiore. La bontà e la grazia serafica di Padre Pio ci dona-vano nostalgia d’innocenza, fino a sentirci come i piccolisulle ginocchia della madre. Era una constatazione che avolte ci scambiavamo, tanto che la cosa non ci meravi-gliava più, ma sempre ci consolava.

Un giorno eravamo più numerosi intorno al Padre.

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I più giovani ne avevano da raccontare. Sembravanogiornalisti dalle mille esperienze. Erano proprio bravi; glialtri attenti e divertiti. Padre Pio si associava alla risata e aicommenti. Quella sera eravamo sul terrazzino ed era quasisceso il buio per cui c’era la luce accesa. Alcuni di noierano seduti, altri in piedi. Un giovane frate era in piediproprio di fronte al Padre e la sua testa si trovava perfetta-mente all’altezza dell’interruttore della luce.

Scoppiando nella risata, mandò la testa indietro espense la luce. Ci fu un’esclamazione generale: Oh! Oh!

Seguì un attimo di silenzio per capire l’accaduto. Quelpoveretto un po’ mortificato si scusò e riaccese la luce.

In quel silenzio la voce di Padre Pio commenta:“Ognuno fa qualcosa”.

Fu la battuta della serata.Nella mia vita vorrei fare qualcosa di più che spegnere

una lampadina!

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E qua … qua

Padre Pio ha vissuto cinquant’anni di crocifissione.Caso unico nella storia della Chiesa.

Sappiamo da testimoni che hanno visto la grande e do-lorosa piaga della spalla. Nei suoi scritti fra ModestinoFucci lo conferma e a me l’ha riferito ripetutamente a voce.

Sappiamo della coronazione di spine e della flagella-zione, che per affermazione dello stesso Padre Pio ai suoiDirettori, si ripeteva immancabilmente ogni settimana.

Uscì tempo fa sulla rivista “Casa Sollievo” in primacopertina una foto in cui Padre Pio appariva nella figuradell’Hecce homo. Era la persona di Padre Pio con la co-rona di spine e i rivoli di sangue. Si ritardò a pubblicarla neltimore che qualcuno potesse pensare ad un fotomontaggio.

La foto fu scattata da un sacerdote.Abbiamo la cosiddetta “camicia della flagellazione”,

che il Padre donò alla sua nipote prediletta, Pia Pennelli,la quale gli aveva chiesto un ricordo personale. È conser-vata a Pietrelcina, nel convento cappuccino. È comprovatadalla firma del notaio e della signora Pia, che mi raccontavaquesto evento sempre con grande commozione. È dentrouna grande teca di vetro. Sono ancora visibili le striatureoblique, trasversali e verticali del sangue, che il Padre ver-sava sotto i colpi dei demoni. La temperatura corporea,controllata mattina e sera alla presenza dei medici, spessosuperava i 40° e talvolta andava anche oltre 50°. Non diconulla di nuovo. Questo e altro è stato scritto e da tantotempo. A tutto questo si può aggiungere il tormento, che incerti periodi, gli procurava l’ingerire cibi e bevande.

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Certamente le veglie e le fatiche prolungate del con-fessionale rappresentavano un altro notevole sforzo per ilsuo fisico già tanto provato. La somma di queste sofferenzeè un martirio. Ebbene, al dire dello stesso Padre Pio: “Unistante di martirio spirituale è molto più terribile di millemartiri fisici”.

Assommando tutto comprendiamo quale martirio siastata tutta la vita di Padre Pio. Ricordiamo l’offerta che egliha fatto di sé a Gesù. L’ha scritto nell’immagine-ricordodella sua ordinazione sacerdotale e l’ha ripetuto in quelladel 50° delle stimmate.

Padre Pio è un gigante di santità, che la Chiesa puòvantare ai giorni nostri, spesso sbiaditi e confusi tra sofismi,scetticismo e indifferenza religiosa.

Giovanni Paolo II invita i cristiani a “ringraziare Diod’averci dato Padre Pio e d’avercelo dato in questo tempo”.

Racconto qui una piccola testimonianza personale.Sulla veranda, ero solo vicino al Padre. Lo vedevo stre-

mato. Il suo pallore mi preoccupava. Ad un certo momento,nel bisogno di esprimergli tutto l’affetto, mi sono inginoc-chiato dinanzi a lui e gli ho chiesto con tenerezza: -Padre,dimmi come stai-.

Il Padre, portando la mano destra sulla tempia, mi hadetto: -Ho la testa che mi scoppia-.

Passando le dita davanti agli occhi ha continuato: -Hogli occhi che mi si crepano- E infine poggiando la manoaperta sul lato sinistro del petto, ha scandito lentamente: -E Qua! ... qua! ...-.

Poi quasi che volesse rimproverare se stesso per quellaconfidenza, ha riportato le mani sulle ginocchia ed è rien-trato nel suo silenzio.

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Di fronte a quella confessione mi sono sentito trafig-gere dal dolore; un dolore impotente; una preghiera di cle-menza a Gesù; un’offerta di me stesso, come possibilesoccorso. Anch’io mi sono immerso nel silenzio.

Proprio la preziosità di questi momenti mi hanno fattotacere per anni la mia esperienza con Padre Pio.

Il mio grazie a Gesù, sarà eterno.

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Datela prima voi a me

Il sacerdote ha dalla Chiesa l’ufficio di assolvere, con-sacrare e benedire. Con le labbra annunzia e consacra; conla mano assolve e benedice. La liturgia e il popolo di Diolo chiamano continuamente a svolgere questo compito. Altermine del Sacrificio Eucaristico licenzia l’assemblea delpopolo di Dio, accompagnando con la benedizione quel sa-luto. La sua benedizione sigilla l’arrivo e il commiato dellavita, cioè il nascere e il morire.

I fedeli baciano riverenti le mani del sacerdote perchéportano per sempre il profumo del crisma che le ha consa-crate. Quanta grazia passa per quelle mani. Mani benedette,mani che benedicono. E il sacerdote ha da Gesù l’ordinedi benedire anche quelli che lo maledicono, come ha l’or-dine di perdonare nel nome di Dio ogni peccatore che con-cepisce il pentimento, si ravvede e trova la forza diaccusare i propri peccati. Egli è eletto da Dio e mandatodalla Chiesa ad offrire il triplice dono: la Parola, il Perdono,il Pane.

Padre Agostino da San Marco in Lamis, conoscendo lacagionevole salute di Padre Pio, gli preconizzò nel discorsodella Prima Messa: “Non sarai un predicatore, ma sarai un«Confessore»”. Io direi che è stato il confessore del secolo.

In cinquantotto anni di ministero sacerdotale ha vistofolle interminabili di penitenti intorno al suo confessionale.

Il Pontefice Paolo VI disse: “Padre Pio confessava damane a sera”.

Giovanni Paolo II ha detto che l’apostolato di PadrePio “Si è svolto tra due poli: altare e confessionale”.

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Padre Pio, giovane sacerdote, stando a Foggia, dice alsuo Direttore che la gente l’assilla nel tribunale della con-fessione e che egli talvolta si mette le mani nei capelli, per-ché non può accontentarli tutti.

Dalla mano di Padre Pio sgorgava il sangue oltre chela benedizione. La stretta di mano poteva costargli moltodolore.

Una signora, sentendo che il Padre parlava ad altavoce, pensò che fosse a causa della sordità per cui ricorsealla energica stretta di mano convinta di farsi capire così.

Il Padre a stento riuscì a sfilare la mano, dicendo: -Oh,che di buono io ho soltanto l’udito!-

I gruppi di pellegrini chiedevano ed aspettavano sem-pre la sua benedizione. Di solito si fermavano per la recitadel rosario di fronte alla sua cella, sul piazzale detto ap-punto “del rosario”. Al termine il Padre dava la benedizionee salutava, sventolando il fazzoletto.

In vari filmati si vede il Padre che compie questo gesto.A questo proposito si racconta un episodio da Fioretti.Una sua figlia spirituale, veniva dalla Svizzera. Il treno

fece ritardo e lei non arrivò in tempo per l’ultima benedi-zione del mattino. Salendo lungo la via del Santuario in-contrava gente che scendeva. Le dissero: è inutile che vaisu, il Padre ha già dato la benedizione.

La signora non si scoraggiò. Saliva ripetendo: “Padre,dammela la benedizione. Dammela grande, grande”.

Padre Pio pregò il confratello di aprire la finestra eprendere un lenzuolo. Salutò sventolando il lenzuolo ediede la benedizione all’unica pellegrina.

La poverina, stupita, tese le braccia verso il Padre pian-gendo di gioia.

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Per i religiosi della fraternità andare a ricevere la bene-dizione serale del Padre ed augurargli la buonanotte era di-ventato un incontro atteso. Io mi univo con gioia a queiconfratelli.

Avveniva semplicemente.Il Padre ci aspettava.Il Superiore, se c’era, oppure il padre più anziano di-

ceva: “Padre spirituale, siamo venuti a ricevere la tua be-nedizione”.

Il Padre rivolgeva uno sguardo a tutti e poi diceva:“Datela prima voi a me”.

Ricevuta la nostra benedizione ci benediceva e poidava a ciascuno il bacio della buonanotte.

Così insieme alla sua benedizione, ci dava la suabella lezione di umiltà.

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San Giovanni Rotondo (Fg) 22 marzo 2009 - Via Crucis dei Gruppi di Pre-ghiera abruzzesi all’interno del Santuario della Madonna delle Grazie

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Fatima (Portogallo) 14 luglio 2011 - Inizio della Via Crucis

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Prega come puoi

Dal giorno in cui Padre Pio, senza che glielo chiedessi,mi aveva guarito dal dolore alla schiena, incominciai a pen-sare di chiedergli la guarigione dal male, che mi procuravalo stare in ginocchio.

Si sa quanto spesso il sacerdote per motivi liturgici ètenuto a rimanere in ginocchio.

Il mio continuo timore era quello di dare cattivo esem-pio ai fedeli, mettendomi in piedi o seduto, mentre tuttisono in ginocchio. O sopportare disagio e sofferenza.

Altrettanto sarebbe imbarazzante stare a spiegare ilperché. Per cui volta per volta si risolve nel modo più op-portuno. In fondo non era un ostacolo che rendesse impos-sibile il mio compito sacerdotale. Rimaneva una piccolacroce.

Ora Padre Pio mi aveva aperto lo spiraglio della spe-ranza. Pensavo: se mi ha ottenuto una grazia non richiesta,tanto più vorrà ottenermi la grazia, che gli chiederò.

La logica umana, che cammina per deduzioni, non ve-deva una ragione contraria. La mediazione di Padre Pio vaben oltre questa portata. Insomma col passare dei giorniavevo molto riflettuto sulla possibilità sia di chiedere chedi ottenere. Del resto ero ben certo che il Padre avesse giàletto questo desiderio in fondo alla mia anima.

Quante volte mi aveva dato la dimostrazione che nullaignorava di me, neppure il più remoto dei miei pensieri.

Nei primi tempi, quando io facevo fatica ad aprirglitutta la mia coscienza, mi disse con un sorriso di incorag-giamento: “Uagliò, io ti rivolto come un calzino”.

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Adesso e non da adesso dico: meno male!Studiai bene il momento più opportuno e le parole più

adatte. Al termine della confessione, che feci di primo mat-

tino in sacrestia, umilmente, gli confidai: -Padre, io facciofatica a stare in ginocchio quando prego. Chieda lei a Gesùche mi liberi da questo fastidio-.

La risposta fu immediata e chiara: -Prega come puoi-.

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Alla finestra per il saluto

Padre Pio al mattino e al pomeriggio benediceva dallafinestra della sua cella i fedeli che si radunavano per la re-cita del rosario sul piazzale prospiciente la sua cella.

Al termine della preghiera essi salutavano a gran voceil Padre, augurandogli la buona giornata o la buonanotte.

Al Padre faceva piacere rispondere a quel saluto,aprendo la finestra, e sventolando con affetto il fazzolettoin risposta allo sventolio di tanti fazzoletti.

Nei periodi in cui il Padre stava male e non ce la facevaa scendere in chiesa per celebrare e confessare e neppure adalzarsi dal letto per salutare quei fedeli, li invitava insisten-temente ed amorevolmente a pregare e a pregare anche in-sieme. I pellegrini, e soprattutto i suoi figli spirituali, ognivolta che potevano si riunivano per la recita del rosario.

Questi paterni messaggi gradatamente scendevano nelcuore e si diffondevano sempre più. Erano già il seme diquella meravigliosa catena spirituale che sarebbero stati ifuturi “Gruppi di Preghiera”. Con questo “esercito dioranti”, “un fiume di anime che pregano” - come li definìil Pontefice Paolo VI -, Padre Pio apriva ai suoi figli la viamaestra della preghiera, donava alla Chiesa una forza rin-novata per le necessarie e incomparabili vittorie sul demo-nio e trasmetteva preziosi segni di speranza per l’umanitàafflitta da vizi e disorientamenti.

Questi Gruppi sono isole felici o - come li ha definitilo stesso Padre Pio - “lievito di fede e focolai d’amore”.

Ormai sono circa quattromila in tutto il mondo ed ione ho fondati, in Italia e fuori, quattrocento.

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Per questo Padre Pio mi ha voluto vicino a sé e a que-sto dedicherò fino alla fine le mie forze.

A gloria di Dio e conforto dei tanti vescovi e sacerdoti,che ho incontrato nel mio apostolato, posso affermare cherealmente i membri di questi Gruppi sono anche obbedientie attivi cooperatori di parrocchie e di comunità. La loro di-visa è tutta interiore, la loro ricchezza è Gesù, la loro inso-stituibile e feconda madre è la Chiesa.

Anch’io mi sono trovato su quel piazzale a vivere bri-vidi di gioia nel vedere la compiacenza paterna di PadrePio benedicente.

A noi non giungevano le sue parole soltanto bisbigliate,ma la sua commozione e il suo sguardo amoroso sì.

Più grande ancora era la mia gioia quando potevo tro-varmi in quella circostanza dentro la sua cella, accompa-gnandolo e sorreggendolo fino alla finestra.

Avevo anche sperato di poter riportare con me uno diquei fazzoletti con cui il Padre rispondeva al saluto dei fe-deli.

Un giorno, in modo del tutto imprevisto, mi trovai pro-prio solo accanto al Padre. Al suo cenno ci avvicinammoalla finestra. Il Padre mi disse: -Dammi il tuo fazzoletto-.

Io abitualmente porto dentro la manica dell’abito il faz-zoletto. Quale non fu la mia amarezza quando cercai in-vano il fazzoletto! Chi sa cosa avrei dato per averlo! Matant’è. Non ce l’avevo. All’amarezza si aggiunse un pen-siero doloroso: ancora una volta non sono in grado di of-frire al Padre qualcosa che egli mi chiede. E so che michiede molto più di un semplice fazzoletto.

Padre, quanto vorrei amare Gesù e saperlo consolarecome fai tu!

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Ancora

Il rapporto speciale di Padre Pio col proprio AngeloCustode fa parte di quel corredo straordinario di carismi dicui godeva il nostro santo confratello. Basta aprire il suoEpistolario per trovarne conferma. Egli ne parla aperta-mente e ripetutamente sia ai suoi Direttori che ai suoi figlispirituali. Tra l’altro il Padre racconta, che mentre i demonilo percuotevano con inaudita violenza, il suo “Angiolino”se ne stava in un angolo della stanza. Non è corso neppurequando il Padre con insistenza l’ha chiamato in aiuto. Pas-sata la bufera, si è avvicinato con dolcissimo affetto. PadrePio se n’è lamentato e l’ha rimproverato. L’Angelo ha spie-gato che Gesù non glielo ha permesso e ha concluso: “Tu,fratellino mio, devi essere certo del mio amore. E dopotutto, l’hai visto: hai vinto tu!”.

Una mattina con la sua abituale confidenza padre Eu-sebio Notte, che per qualche tempo l’ha assistito, vedendotutta la corrispondenza già pronta per essere spedita, men-tre la sera avanti era tutta ammucchiata lì, gli ha detto: -Padre spirituale, non mi dire che da solo tu hai potuto farequesto. Sono certo che ti ha aiutato il tuo Angelo Custode-.

Padre Pio sorridendo gli ha risposto: -Ma certo, non èun dormiglione come te!-

Il Padre vedeva e parlava col proprio Angelo, e allostesso modo vedeva e parlava con i nostri Angeli. Non erararo sentirlo dire: “Se non puoi venire tu, mandami il tuoAngelo Custode”.

Le testimonianze a questo proposito sono veramentetante.

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Da piccoli si hanno tante paure per cui il pensiero del-l’Angelo custode ci dà sicurezza. Crescendo, ci sentiamoautosufficienti e il pensiero dell’Angelo si fa raro.

Padre Pio, come del resto molti Santi, ci insegna a rin-graziare il Signore, che ci ha messo vicino un amico, invi-sibile sì, ma altamente prezioso.

Nonostante sapessi bene di questo speciale rapportodel Padre con gli Angeli, mi stupì profondamente quelloche mi accadde una notte a San Giovanni Rotondo.

Andai a riposare abbastanza tardi e nel timore che lastanchezza mi impedisse di svegliarmi in tempo, stesi unacoperta e mi misi a riposare sul pavimento.

Alle due e mezzo mi ritrovai sveglio. Ne approfittaiper dare l’augurio della buona giornata al Padre, inviando-gli il mio Angelo.

Lo feci insonnolito. Dopo essermi lavato il viso, man-dai una seconda volta l’Angelo, scusandomi con lui se ap-profittavo della sua bontà.

Verso le tre vado personalmente dal Padre per accom-pagnarlo in sacrestia dove rimaneva a pregare fino all’oradella Messa. Come arrivo sull’uscio della sua stanza, glirivolgo il saluto: “Buona giornata, Padre!”

Il Padre esclama ad alta voce: “Ancora!”Aveva proprio ragione: era la terza volta!

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Queste porte sono tutte aperte

Da fanciullo la figura di San Michele Arcangelo mi haaffascinato. Quell’aria di guerriero di Dio, dimostra che èl’invitto difensore dei diritti sacrosanti del Signore. Il modostesso con cui l’arte sacra tradizionale lo rappresenta, invitaa confidare nella sua potente difesa contro Lucifero e l’in-fernale esercito. È lì con la spada sguainata e col piede sullatesta di lucifero.

Da piccolo recitavo questa giaculatoria appresa dai no-stri anziani: “San Michele Arcangelo, Principe delle cele-sti milizie, grazie e gloria a te e ai tuoi santi Angeli”.Ripetendo questa bella invocazione mi sentivo accendere ilcuore di amore e di devozione verso il fedele amico di Dioe del popolo di Dio. Questo amore è diventato più forte dalgiorno in cui ho conosciuto San Francesco d’Assisi e sonoentrato a far parte della schiera dei suoi figli.

Si sa l’ardente devozione del Serafico Padre versol’Arcangelo San Michele. In suo onore San Francesco fa-ceva ogni anno un’intera quaresima. Speciali eventi dellasua vita sono legati a questo periodo penitenziale.

Trovandomi così spesso a San Giovanni Rotondo misbocciò nel cuore un vivo desiderio: recarmi alla Grotta diSan Michele, in Monte Sant’Angelo, facendo a piedi an-data e ritorno in giornata.

Una mattina dopo la Messa, appena il Padre è risalitoin cella, sono andato da lui.

Mi sono inginocchiato e gli ho detto: -Padre, io desi-dero andare e tornare a piedi alla Grotta di San Michele.Mi dà la sua benedizione?-

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-Sì, ti benedico. Vai, figlio mio. Ci sono andato anch’ioa piedi-.

Anni dopo ebbi conferma dai confratelli di questo suopellegrinaggio, che dovette costargli fatica e dolore inde-scrivibile a causa delle piaghe dei piedi.

Di ritorno pregai e sostai un poco sul sagrato.Poi mangiai una frutta che avevo con me. Invece di suonare il campanello chiesi al Padre di

aprirmi. Spinsi il portone. Si aprì. Non c’era nessuno. Cosìtrovai aperte tutte le porte fino a raggiungere la mia stanza.Mi sentivo felice e commosso. Il Padre mi aveva esaudito.

La mattina vado per accompagnarlo in Chiesa. Era-vamo in due a sorreggere il Padre, uno da un lato e uno dal-l’altro. Il Padre sottovoce continuava la sua preghiera.

Quando arriviamo alla porta della sacrestia la troviamoinsolitamente spalancata.

Il Padre interrompe la preghiera; si volta verso dime e dice: -Oh, ma queste porte sono tutte aperte?-

La sera avanti, alla mia richiesta, le aveva aperte tutte.E bisogna dire che il portinaio la sera era attento a chiu-

dere a chiave tutte le porte.

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Vuoi bene alla Madonna

Qualche teologo ha definito la Madonna, “l’arcobalenodi Dio”, perché nel suo seno, con l’Incarnazione del Verbo,si compie la pace fra Cielo e terra.

Gesù è la salvezza, Maria è il canale per cui passa lasalvezza.

Gesù è il capo, la Chiesa è il corpo, Maria è l’anelloche congiunge il corpo al capo.

Maria, senza peccato, è Madre del Redentore e colla-bora più di ogni altra creatura alla Redenzione.

La Chiesa lungo il cammino della salvezza dichiaracon le definizioni infallibili le grandezze della Madre diGesù. Tali definizioni ce la rivelano e ce l’additano semprepiù in collaborazione con Gesù e con la Chiesa.

Le apparizioni di risonanza mondiale di questi ultimisecoli sono un magnificat di eventi meravigliosi, che mo-strano la Madre di Dio in mezzo all’umanità in cammino.Maria, come Gesù, come il Vangelo, non appartiene ad untempo della storia, ma la intesse con le sue dita unite aquelle di Dio.

Ad Ein Karim fu lei, la Madre novella, a cantare il Ma-gnificat; ora sono i figli di Dio, che passano per il suocuore, come Gesù passò nel suo seno.

La Chiesa d’Oriente porta la palma nel proclamare gliinni, le lodi, le invocazioni più ispirate in onore della Theo-tokos. Poi si mette in marcia l’esercito dei Santi dellaChiesa d’Occidente, che aggiungono perle raggianti allapreziosa corona di gloria dell’Assunta, Regina del cielo edella terra.

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Sono commoventi i titoli che l’umile popolo di Dio ag-giunge di volta in volta a quelli ufficiali della Mediatricedelle grazie. Si direbbe che ogni città e ogni paese ne hatrovato uno proprio.

Come Gesù volle lanciare nella Chiesa la devozione alsuo Sacro Cuore, affidandone la missione a Santa MariaMargherita Alacoque, così la Madonna, ha affidato il mes-saggio della devozione al suo Cuore Immacolato ai tre veg-genti di Fatima e particolarmente a Lucia.

La liturgia ci presenta insieme ora i Sacri Cuori.La santità, l’amore, la missione di Maria continua con

quella di Gesù.San Francesco, da quel secolo ormai lontano, affidò la

grande sua famiglia alla Vergine Immacolata. Il beato Tom-maso da Celano, il più grande biografo del Santo, ci diceche egli elevava alla Madre di Dio lodi tali e tante che nes-suna lingua saprebbe ripetere.

Il grande fiume del francescanesimo ha la sua origineproprio in un luogo dedicato alla Madonna, cioè SantaMaria degli Angeli.

Anche nell’amore sconfinato verso la Madre di Dio,Padre Pio mi appariva un novello San Francesco. Mi riem-piva il cuore di gioia tale e amore, che traspariva da ogniparola e da ogni gesto.

Stando vicino a lui provavo la viva sensazione, che laMadonna coprisse anche me, quando avvolgeva la personadel Padre.

Così maternità di Maria e paternità di Padre Pio mi ri-paravano insieme. Stavo proprio meditando questa conso-lante verità quel pomeriggio sulla veranda vicino al Padre.

Ero seduto alla sua destra.

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Padre Pio si voltò verso di me e pronunciò, scandendo,queste parole: -Ma tu, vuoi bene alla Madonna?-

Mi sentii un nodo in gola. Mi alzai e in ginocchio ri-sposi: -Padre, alla Madonna io voglio tanto bene che dasempre ho affidato a Lei la mia vita e il mio sacerdozio-.

Il Padre guardò lontano, sorrise e tacque.Mise un sigillo per sempre sulla mia vita.

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Fatima (Portogallo) 15 luglio 2011 - Padre Guglielmo Alimonti davanti all’effigie della Madonna

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Che bel tramonto

Mi rattristava vedere il Padre che faceva sempre piùfatica a camminare. Ormai per alzarsi e sedersi e per por-tarsi da una parte all’altra aveva bisogno dell’aiuto di unconfratello. Il mio pensiero correva avanti nel tempo, tut-tavia mi rifiutavo di immaginare il corpo del Padre distesodentro una bara nel sonno della morte. Avevo bisogno diPadre Pio vivo. Ci aveva abituati a godere della sua com-pagnia, della sua parola, del suo sorriso.

A volte si aveva la sensazione che il tempo si fosse fer-mato, forse perché questo era il nostro desiderio, altre voltefuggiva sorprendentemente.

La felicità dovrebbe essere eterna anche sulla terra, mapoiché il tempo non è che vigilia, occorre uscire dal tempoed entrare nell’eternità per godere il “sempre”.

Quando Gesù incominciò a dire ai discepoli che liavrebbe lasciati per ritornare al Padre, essi erano assalitidalla tristezza. E Gesù spiegò, che se lo avessero amato ve-ramente, non sarebbero caduti nella tristezza.

Quanto era difficile capire e ancora più difficile accet-tare! I suoi discepoli dovevano pagare il prezzo della debo-lezza, della paura e dell’abbandono del Maestro per poiritrovarlo nella luce della Risurrezione e per godere la con-ferma dell’amore nel fuoco della Pentecoste.

Anche per noi la Pentecoste scoppia dopo l’alba dellaRisurrezione. Il crogiuolo della fatica si nutre di speranza.

Il comandamento della carità è vestito, che non siamosempre pronti ad indossare, e neppure il sì del sacrificio èfacile da pronunciare.

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Quanto è difficile essere creature nuove!Padre Pio era in questo insegnamento.Il 4 settembre del 1916 scriveva a Maria Gargani: “Sol-

levate il vostro sguardo in alto; accrescerete il vostro corag-gio ... sursum corda! Vi rianimi a tutto il merito del trionfo,l’ineffabile consolazione, l’immortale gloria che ne ridondaa Dio” (Ep III, p 244).

Il Padre versava sangue per ottenere la conversione deipeccatori e la purificazione dell’anima dei figli suoi. Pen-savo alla squisita carità con cui abbracciava i nostri cuori.

Cercavo nella mia miseria l’obolo della vedova da im-bucare nel salvadanaio di Padre Pio. Che cosa?

Una preghiera in più, un dovere compiuto meglio, unosforzo di pazienza, un gesto di carità, un’offerta più pura dime stesso nel ministero sacerdotale, un sì più lieto all’ob-bedienza e all’osservanza della mia vita religiosa e cappuc-cina.

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San Giovanni Rotondo (Fg) - Tramonto sulla chiesa di San Pio

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Mi sentivo ancora lontano dall’essere creatura nuova.L’impegno però di servire Gesù e di non deludere

Padre Pio era sincero.Terminata la benedizione eucaristica vespertina, ci ri-

trovammo con Padre Pio nel terrazzino vicino alla suacella. Ognuno aveva qualcosa da dire.

Io quel giorno avevo digiunato per il Padre.Ad un certo punto la conversazione si interruppe.Io, per dissipare l’imbarazzo del silenzio, guardando il

sole che si rifrangeva attraverso i vetri delle finestre circo-stanti, esclamai: -Che bel tramonto!-

Padre Pio, sempre attento a tutto, pacatamente scan-dendo, disse: -Dipende, se hai mangiato o stai digiuno-.

Ovviamente gli altri non poterono capire il riferimentodi Padre Pio, ma io fui premiato da quelle parole.

Per lui non c’erano segreti.

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San Giovanni Rotondo (Fg) - Chiesa di San Pio vista dall’alto

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Fa’ la parte tua

L’amore di Padre Pio ricadeva come pioggia beneficasu tutti e specialmente su chi si affidava a lui. Era luce, con-forto, aiuto e consolazione. Insomma, i figli suoi Padre Pioli nutriva in abbondanza.

Consigliava, guidava, educava, e all’occorrenza nonrisparmiava il rimprovero, ma sentivi comunque che tiaveva preso per mano. Sano o malato, da vicino o da lon-tano, tranquillo o in pericolo, il suo soccorso era sempreassicurato e tempestivo.

Padre Pierluigi, missionario e medico, tornava dal-l’Africa ed era diretto, via aerea, a Londra per un con-gresso. Ero lì. Invano il Padre ha tentato di dissuaderlo:“Tu là non ci devi andare”.

“Padre, l’ho promesso e mi hanno pagato il viaggio,non posso tirarmi indietro. Mi dispiace di non poterti obbe-dire. Ti chiedo la benedizione e parto”.

Il Padre rimase in silenzio. Quello partì.Una settimana dopo era lì a raccontare la paura e il ri-

schio di precipitare in mare.Disse a Padre Pio: -Lì ho capito perché mi dicevi di

non andare-.I piloti americani alla guida degli aerei che dovevano

bombardare i centri abitati del Gargano raccontano di averevisto nel cielo davanti a sé un uomo gigantesco con labarba, che deviava gli aerei. E per di più le bombe si sgan-ciavano da sole sulla zona di montagna, dove non c’eranessuno. Quando il comandante della flotta aerea venne asapere di Padre Pio, volle conoscerlo.

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Il Padre, come se lo vide davanti, gli disse: -Tu seiquello che ci voleva fare fuori tutti-.

Una contadina di San Giovanni, mentre raccoglieval’ulivo, non s’era accorta d’essersi esposta sull’orlo del bur-rone. Ha sentito una mano invisibile, che la spingeva al si-curo. Quando è andata a ringraziare il Padre, s’è sentitadire: -Ma tu, vuoi stare attenta a quello che fai?-

Gli episodi si potrebbero moltiplicare.Io però voglio richiamare l’attenzione sulle grazie di

ordine spirituale.Le conversioni: ecco il capitolo interessante e più lumi-

noso del lungo e prodigioso ministero sacerdotale di PadrePio. Non è possibile fare un elenco di questi “felici ritorni”alla vita cristiana.

La condotta di ciascuno di essi diventava edificante te-stimonianza di fede, di preghiera, di apostolato e di carità.

Parecchi di essi hanno dato inizio a Istituti, Congrega-zioni e Associazioni religiose o attività ed opere di bene.Uomini di teatro, dell’arte, della scienza e perfino uominidella politica, a contatto con Padre Pio, sono divenutisplendidi figli della Chiesa. La voce più alta rimane quelladei sacerdoti, dei vescovi, dei Papi e dei Santi.

Questa realtà, corona della santità di Padre Pio, da unaparte mi faceva gioire immensamente, dall’altra mi facevavedere sempre meglio le lacune del mio ministero sacer-dotale. Mi ricordava il periodo dello studio quando avevomaturato, in forza di questi timori, la decisione di essereCappuccino, ma di rinunciare assolutamente all’Ordina-zione sacerdotale. Alla fine dovetti cedere alle insistenzedei miei Direttori spirituali e dei Superiori.

Diventavano più ricorrenti i giorni di timore.

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Decisi di parlarne a Padre Pio, ora che gli avevo affi-dato la mia anima, il mio sacerdozio e tutto me stesso.

Al termine della confessione gli spalancai il cuore di-cendo: -Padre, affido a lei tutte le anime che il Signore af-fida a me-.

Egli, sollevando le braccia, esclamò: -E a quante manile affidiamo?-

Insistetti: -Padre, delle mie so di non potermi fidare-.Il Padre, dopo un attimo di silenzio, disse: -E va bene!

Però fa’ la parte tua-.Non poteva abbandonarmi a me stesso e neppure po-

teva prendere tutto il mio peso su di sé. Così mi ha lasciatorimandato alla preghiera di San Francesco ai suoi fratiprima di morire: “Fratelli, io ho fatto la parte mia. Dio viaiuti a fare la vostra”.

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Per chi è

Mi sembrava giusto affidare alla preghiera di Padre Pionon soltanto la mia persona e il mio apostolato, ma la no-stra fraternità e il nostro Santuario.

Fare la parte mia, come mi aveva raccomandato PadrePio, significava anche questo.

Bramo che questo Santuario della Madonna dei SetteDolori sia una sentinella spirituale per la città di Pescara;una stazione di riposo e una sorgente di ristoro per tanti fe-deli e tanti pellegrini. Sia il cuore della città.

Certamente la Madonna non vuole vedere la gente soloa maggio per la festa della pioggia e a giugno per la festapopolare.

La Madonna vuole benedire ogni giorno i suoi figli easpetta di essere visitata per consolare ed essere consolata.

Il commercio, l’industria, la fatica non bastano a ren-dere felice una città. Ho avuto l’opportunità di promuovereil restauro sia del convento che del Santuario. Ne ringrazioGesù e la Madonna.

Poiché la Madre di Gesù è bella, anche la sua casa deveavere bellezza artistica e profumo di preghiera, deve esserel’anticamera del Paradiso.

Come la madia deve essere piena di farina, così lachiesa deve risuonare di canti e di Eucaristia.

Anche oggi la Madre dice a Gesù: “Non hanno piùvino” (cfr Gv 2,3).

Il vino è la fede, è la speranza, è la pace, è l’amore.Anche oggi ripete a noi quello che disse a Cana di Ga-

lilea: “Fate quello che Egli vi dirà” (cfr Gv 2,5).

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Per la preghiera della Madre, Gesù dona a noi “il Panedella vita e il calice della salvezza”.

Papa Paolo VI ha detto che i santuari sono le clinichedello spirito, infatti lì si amministra il perdono e la ricon-ciliazione.

Non volevo che tutto questo fosse un sogno o un desi-derio del mio cuore.

Con questa intenzione volli offrire a Padre Pio un qua-dretto in vetro e metallo con l’immagine della Madonnadei Sette Dolori.

Il Padre lo guardò, lo baciò e mi chiese: -Per chi è?-Ho risposto: -È per lei, Padre-.Lo tenne un po’ fra le mani e poi lo poggiò sul como-

dino della stanza, vicino al suo letto. So che l’ha messo nelsuo cuore, insieme al mio desiderio.

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Pescara - Basilica Santuario della Madonna dei Sette Dolori

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Questo è il mio sangue

Il sacerdote sa che quando sale l’altare per rinnovare ilsacrificio di Gesù, è come se salisse sulla croce per chie-dere nuovo sangue di redenzione. Egli ripete le parole delmistero e il mistero si compie.

Gesù scende tra le sue mani nell’ostia e scende nel ca-lice. Quel pane si trasforma per volontà del Redentore inpane eucaristico, pane di vita, Sacramento. Quel vino nonè più vino, ma Sangue per lavare, nutrire e salvare. Questoha fatto Gesù. Questo deve fare il sacerdote.

È il mistero della fede da proclamare appena compiuto.L’assemblea dei fedeli nel massimo del silenzio, del rac-coglimento, e dell’adorazione l’accoglie. Mistero è l’azionedi ogni sacramento. Mistero è la grazia che nell’infusioneo nell’immersione battesimale invade l’anima e cancella lamacchia di origine.

Mistero è l’azione della divina misericordia, chequando il sacerdote dice “ti assolvo”, ridona all’anima losplendore della sua innocenza e della sua somiglianza conDio che l’ha creata.

Mistero è l’azione del fuoco dello Spirito Santo, cheall’Unzione crismale del vescovo o suo delegato, riveste diverità e di potenza d’amore divino lo spirito della creaturaumana e l’arricchisce dei santi sette doni: Sapienza, Intel-letto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timore di Dio.È un patrimonio indescrivibile che dallo Spirito Santopassa ad abitare nell’anima, nella mente e nel cuore del-l’uomo, che così acquista vigore più che sufficiente per mi-litare nella testimonianza della fede.

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È lo stesso fuoco che a pochi giorni dall’Ascensionedi Gesù al Cielo, scese visibilmente secondo le promesse diGesù, sui discepoli riuniti a pregare nel Cenacolo conMaria, sua Madre.

È Mistero di Dio che parla all’uomo.È Mistero di Dio che si fa uomo.È Mistero l’Uomo-Dio che si lascia condannare e cro-

cifiggere.È Mistero anche la sua Risurrezione.È Mistero la sua Pasqua.La celebrazione dell’Eucaristia non è soltanto fare me-

moria di Gesù, ma di ogni parola e di ogni gesto della suavita e della sua morte e Risurrezione e della promessa delsuo ritorno.

Cleonice Morcaldi chiese a Padre Pio: “Tu soffri du-rante la Messa?”

Padre Pio rispose: “Come Gesù sulla croce, per quantoè possibile ad umana creatura”.

Era l’unione mistica e reale di Padre Pio al sacrificiodel Calvario.

Chi ha avuto la grazia di prendere parte alla celebra-zione della Messa di Padre Pio, ha visto la totale immola-zione con Gesù. Io generalmente seguivo la Messa delPadre dal matroneo. Accanto a me c’era sempre il giovanis-simo dottor Pavone. Ho taciuto per anni la testimonianzache sto per fare.

È verità che posso solo raccontare ma non provare.È verità che in nessun modo posso provare agli altri.

Tuttavia lo faccio solo a lode di Dio e per invitare chi vuolea ringraziare Dio con me.

Celebravo dopo la Messa del Padre nell’altare di San

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Michele, uno degli altari laterali posti sulla navata destradella chiesa.

Nel bere il calice io non ho provato il sapore del vino,ma tutto il sapore del sangue. Solo allora e mai altrove.

Ripeto sull’altare di ogni giorno: Sangue di Gesù, la-vaci. Sangue di Gesù, salvaci!

Che dono ci hai fatto, Gesù, quando hai detto: “Questoè il mio sangue!”.

E che dono hai fatto al sacerdote quando gli hai co-mandato di ripetere: “Questo è il mio Sangue!”

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San Giovanni Rotondo (Fg) - Crocifisso delle stimmate

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Che stanno facendo

Da qualche tempo avevo notato sul lato destro della sa-crestia nuova una staccionata. Chiudeva e affiancava unagradinata in cemento grezzo, che scendeva in un vano sot-tostante. Di giorno s’udivano sul versante dell’orto un granrullare di scavatori elettrici e il rimbombo di mazze pesantiche rompevano la pietra. Dall’intensità dei rumori si ca-piva che i lavori procedevano a ritmo serrato, come se cifosse fretta di portare tutto a termine nel minor tempo pos-sibile. Intanto cresceva a vista d’occhio da un lato dell’ortoil mucchio di massi e detriti estratti.

I frati a questo proposito erano molto riservati.Questo atteggiamento era assolutamente comprensi-

bile. Pur operando sempre in piena legalità, s’intende,quello che si faceva lì rischiava sempre di infrangersi con-tro lo scoglio più imprevedibile.

Padre Pio dalla sua cella percepiva quei rumori.Vedendo dalla finestra il mucchio di pietre che cre-

sceva, domandò cosa ci facessero là; gli fu risposto che ser-vivano da un’altra parte.

Trascorsero vari mesi. Il lavoro era andato moltoavanti. La cripta era quasi terminata, ma quella staccionataera ancora lì. Dopo la celebrazione della Santa Messa ilPadre rientrava in sacrestia sorretto dai confratelli. Io se-guivo il Padre. A fianco a lui c’era anche il Superiore.

Il Padre, giunto di fronte alla staccionata, domandò alSuperiore: -Che state facendo?-

La risposta fu evasiva: -Stiamo facendo dei lavori-. Ciòera ben chiaro, ma quali lavori non disse.

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Insomma il discorso della “Cripta” dove c’era da pre-parare tutto per una degna sepoltura dell’uomo delle stim-mate, non era possibile farlo proprio con lui.

Si sa che Padre Pio aveva pronunciato parole quasi te-stamentarie per ricompensare l’affetto del popolo di SanGiovanni. Nella sua umiltà aveva parlato di un cantuccio diquella terra per restare in mezzo a loro, in caso i Superioril’avessero consentito. Oggi la lapide che riporta le sue pa-role è esposta su una parete della cripta di Santa Maria delleGrazie. I superiori hanno esaudito il suo umile desiderio.

Attualmente l’urna del corpo di San Pio è nella criptadella nuova chiesa dedicata al suo nome. È situata dietrouna parete e purtroppo solo parzialmente visibile al pub-blico. Sempre a proposito della vecchia cripta, i frati d’al-lora ricordano che quando tutto era terminato e proprio allavigilia della sua morte, Padre Pio disse al Superiore: -Do-mani verrà il vescovo. Fate dare la benedizione laggiù-.

Benedetto fu quel luogo. Benedetto sei tu, Padre, chesempre ci hai benedetto.

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San Giovanni Rotondo (Fg) - Cripta. Padre Pio vi è stato sepolto fino al 25aprile 2008

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Padre, che faresti

Padre Pio ha affermato che Gesù lo ha “scelto senzaalcun merito per essere aiutato nel grande negozio di sal-vare le anime”. Fa parte della missione della Chiesa e losarà fino alla fine dei secoli.

All’interno del popolo di Dio ci sono i grandi condot-tieri, i luminosi testimoni, i gloriosi martiri del sangue edell’amore. Percorrono decisi la via aperta da Gesù. LaChiesa li educa, li sostiene, li manda, li glorifica, li invoca.

Santa Chiara, la pianticella di Francesco, dice che leiha uno specchio e si chiama Gesù. Nelle quattro celebri let-tere che scrive alla regina Agnese di Praga, riversa tutto ilsuo amore verginale e di esultanza di sposa.

Del resto Maria, la Madre Vergine e Immacolata delRedentore, è la prima ad elevare con giubilo profetico eineffabile il canto del Magnificat. È l’inno di lode e di gra-titudine, che risuona nella Chiesa. È certamente l’inno cherisuonerà in eterno nel regno dei beati, poiché allieta edonora il cuore di Dio. È una gara celeste: Osanna! Gloria!Alleluia! Un santo ha detto che chi salva un’anima assi-cura la propria.

C’è una schiera di anime portate a Gesù dai grandiSanti, ma anche dai molti santi senza aureola. Sono infi-nite le anime che nel nascondimento pregano, operano esoffrono per portare i fratelli a Gesù. Sapremo solo in Cieloa quanti umili genitori, operai, oppressi, insegnanti, edu-catori, dobbiamo la pace del mondo e la conversione deipeccatori.

Ha fatto bene la Chiesa nei secoli più recenti a mettere

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in luce l’eroismo silenzioso di tanti suoi figli. GiovanniPaolo II ne ha ascritto una schiera all’Albo dei Santi e deiBeati.

Io ringrazio Dio per avermi fatto nascere in una fami-glia credente e praticante. Per avermi fatto conoscere SanFrancesco d’Assisi e chiamato alla sua sequela. Per avermiaperta la strada che mi ha portato a Padre Pio.

Il Signore non mi poteva dare di più.Ricordo con commozione la mia mattutina e quoti-

diana preghiera da adolescente nella chiesa dei Cappuccinidi Guardiagrele (Ch) dinanzi all’immagine di San France-sco. Lo supplicavo che mi ottenesse dal Signore la voca-zione serafica. Ora sono felice di indossare il suo abito e diprofessare la sua Regola. Sono grato al Signore perché haaffidato la mia anima e il mio sacerdozio ad uno dei figlipiù santi del Serafico Padre. Nell’esperienza quotidiana diquesta gioia si faceva più forte la speranza della salvezza.

Tante volte dicevo mentalmente al caro Padre Pio: iolego il mio cingolo al tuo, così sarò sicuro di non perdermi,ma di venire con te in Cielo.

Certamente il Padre leggeva nel mio cuore questi pen-sieri. Sapevo allora e so anche adesso di essere ogni giornonella sua preghiera.

Un giorno, stando solo vicino a lui, non ho potuto farea meno di chiedergli, inginocchiato ai suoi piedi: -Padre, seil Signore ti dicesse quando sarai in cielo, che uno dei tuoifigli corre il rischio di perdersi eternamente, che faresti?-

Mi ha risposto: -Gli chiederei semplicemente di tor-nare sulla terra per ricominciare da capo a patire, pur di sal-varlo-.

Parola di Padre Pio!

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Io non mi tiro indietro

Padre Pio viveva ogni giorno la totale oblazione di sestesso. La preghiera ne era l’ispirazione, la carità ne era laragione, l’immolazione sacrificale ne era la perfezione. Ilprimo posto nel suo cuore era di Gesù, i tesori da salvareerano i suoi fratelli. Gesù, il re delle anime, lo sospingevairresistibilmente allo zelo ardente per il bene delle anime edei corpi. La carità era la sua missione. Guarire e conver-tire era come una chiave, che Gesù aveva messo nelle suemani. Il pensiero che un’anima potesse finire tra le fiammedell’inferno lo tormentava. Egli non dava tregua a se stessopur di strappare dalle unghie del demonio un’anima. Erasempre pronto a promettere preghiera e aiuto a chi si affi-dava a lui. Frequente era l’espressione: “Non mi rispar-mierò”.

Un giorno che ero intenzionato a domandargli a qualedei molti impegni potevo rinunciare, egli mi prevenne, di-cendomi: “Non ti risparmiare”.

Il suo consiglio non era: fare meno per fare bene, mafare tutto e fare meglio. Egli trasmetteva ai suoi figli que-sto proposito di generosità. Ci insegnava che pace e letiziasi trovano soltanto nel fare la volontà di Dio. Ci additavaimmancabilmente l’esempio di Gesù, della Madre celestee dei santi. Quante volte l’ho sentito ripetere: “Fatevisanti”.

Basta aprire l’Epistolario per vedere con quanta forzae calore esortava alla pratica delle virtù, a cominciare dal-l’umiltà fino alla carità, che le riassume e le perfezionatutte.

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In questo messaggio era contagiante ed efficace, per-ché egli per primo viveva ciò che insegnava.

Il Servo di Dio Giacomo Gaglione andò da lui, perchéera disperato al pensiero di rimanere tutta la vita sopra unasedia a rotelle. Appena incontrò lo sguardo di Padre Pio,dimenticò quello che voleva chiedere.

Scrisse nel suo diario: “Vedere Padre Pio e dimenticarela ragione del mio viaggio fu tutt’uno. Padre Pio mi feceun’operazione chirurgica. Mi levò una testa e me ne miseun’altra, la sua”.

Gaglione tornò a casa felice della sua croce e prestodivenne un apostolo.

Fondò l’associazione “Apostolato della sofferenza”,formando una catena di anime liete di vivere in comunionela sofferenza e di farsi offerta per salvare in quel modo sestesse e i fratelli sani nel corpo, ma infermi nello spirito.

Lo scultore Berti ripeteva: “Padre Pio è un forgiatore disanti”.

Un giorno sentii Padre Pio che diceva: “Quandoprendo un’anima non la mollo più”.

Disse anche: “Un’anima vale tutto il sangue di Gesù”.E per salvare le anime egli ha versato “sulla croce” il

suo sangue unito a quello di Gesù. -Padre-, - gli dissi un giorno, -Lei ora prega per me e

mi aiuta, ma, quando non ci sarà più, ci potrò contare lostesso?-

Egli prontamente mi rispose: -Figlio mio, io non mitiro indietro-.

La Scrittura dice che Dio “è fedele”.Possiamo essere certi, che allo stesso modo, lo sono i

Santi.

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Roma - Città del Vaticano - 1° ottobre 1983. Udienza del Papa Giovanni PaoloII ai Gruppi di Preghiera di Padre Pio. Sulla destra padre Guglielmo Alimonti

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Capodiserra (Villa Santa Lucia “Aq”) 15 agosto 2009

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Buona notte

Frequentare Padre Pio mi faceva sentire in comunionespirituale con lui. Trovavo guida, sostegno e conforto. I do-veri sacerdotali mi riuscivano meno faticosi. Certamenteera sulle sue spalle il peso maggiore della mia crescita spi-rituale. Me ne rendevo conto attraverso mille segni. Eglimi correggeva anche con un gesto, con un atteggiamento,con uno sguardo. Io ero attento a cogliere questi segni.

Più facile era quando ci scappava l’aperto rimprovero.Ne ero infinitamente grato al Padre e a Gesù, che mi ha

dato il Padre.Sento dolorosamente il bisogno di chiedere perdono a

Gesù e al Padre per ogni volta che quegli aiuti ho sciupato.Posso affermare che la direzione spirituale non è finita conla sua morte, confermando quel “Sempre così” che ungiorno mi promise. Un timore fin dall’inizio mi stringevail cuore. Ormai definivo “giorno” il tempo che avrei vissutoalla sua presenza e il tempo che il Signore mi avrebbe an-cora concesso dopo il distacco da quella presenza. Questaseconda parte della mia vita la chiamavo “notte”.

Questa distinzione non vuole essere offesa al Signore,così generoso con me. Anche i confratelli e tutti i figli delPadre sparsi nel mondo chi sa cosa avrebbero dato per fer-mare lì il tempo. Certamente tanti, come me, ripetevano aGesù l’offerta di se stessi in cambio di un’ora della vita diPadre Pio.

Vengo alla drammatica ora che tenevo lontana dal pen-siero.

Era terminata la giornata piena di lavoro e di preghiera.

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Fra pochi giorni ci sarebbe stata tanta festa intorno alPadre per il 50° anniversario della stigmatizzazione.

Sul sagrato e dentro la chiesa avrebbero fissato le tran-senne per regolare il movimento delle decine di migliaia difedeli, che sarebbero accorsi a San Giovanni Rotondo.

Ci recammo nella stanza del Padre per avere la sua be-nedizione e augurargli la buona notte. Il Padre era coricatosul fianco destro, quindi era rivolto a noi. Mi avvicinai perultimo. Mi chinai dicendo: “Buona notte, Padre” e lo baciaisulle guance.

Il Padre tese le mani e mi attirò a sé. Mi restituì con te-nerezza il bacio e trattenne il mio viso stretto al suo, ripe-tendo cinque o sei volte: “Buona notte, figlio mio!”.

Mi scossero brividi di commozione, ma non seppidarmi una spiegazione. Fu l’ultimo abbraccio del Padre.

Così iniziavo la “Notte”.

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Giovedì santo

L’unica Messa in “Coena Domini” in fraternità vienecelebrata dal Superiore. A San Giovanni Rotondo il Supe-riore delegava Padre Pio. Noi accorrevamo volentieri aquella celebrazione. Era il modo di poter ricevere anchenoi sacerdoti la Comunione eucaristica dalla mano piagatadel caro Padre. Io aspettavo da un anno all’altro quel mo-mento. Si viveva una profonda commozione di spirito.

La gente era sempre molto numerosa. Si riempivanotutti gli spazi della chiesa. Dopo che il Padre aveva termi-nato di comunicare noi all’interno del presbiterio, i sacer-doti si recavano a distribuire la Comunione a tutti i fedeli.Ci voleva comunque più di mezz’ora.

Nel frattempo Padre Pio restava seduto e appoggiatocon le mani all’altare.

Io e l’altro confratello che eravamo a fianco del Padre,lo abbiamo visto diventare via via più pallido. Abbiamo de-ciso di accompagnarlo dietro l’altare. In tutta fretta ab-biamo preparato una sedia e un inginocchiatoio, perchépotesse appoggiare le braccia e la testa. Il confratello è tor-nato all’altare, anche per tranquillizzare gli altri. Io sonorimasto solo, in piedi davanti al Padre.

Gli occhi su di lui e le mani a sfioragli carezzevolmentela testa. Pregavo col cuore trepidante. Non sapevo se ilPadre era fuori dei sensi o assorto nella preghiera. Egli cer-tamente viveva in quei minuti l’esperienza sacerdotale esacrificale con Gesù. Passarono circa quindici minuti.

Lentamente sollevò la testa. Mi guardò.Appoggiai un attimo il suo capo al mio petto.

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Sussurrai: -Coraggio, Padre mio!-Insieme ai confratelli l’aiutammo a tornare all’altare.La folla quasi non si accorse.Sembrò una comprensibile sosta durante la distribu-

zione dell’Eucaristia.Era il Giovedì Santo. Padre Pio era già sul Calvario.

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Un garofano, uno stelo

Nella ricorrenza del cinquantesimo delle stimmate, cifurono grandi preparativi di festa. Ricordo che al Padre re-galarono migliaia di bellissimi garofani. Quando il Padrevide tutti quei fiori esclamò: -Mi avete fatto diventare ungiardiniere!- Padre Pio, giardiniere, lo era veramente, ma dianime. Quelli ed altri fiori furono usati per adornare l’altaree la chiesa.

In convento piovvero telegrammi, telefonate, lettere,biglietti d’auguri.

La gente in chiesa, sul piazzale e in tutti gli spazi adia-centi pullulava. Ognuno aveva un desiderio, o forse tuttiavevano lo stesso desiderio: vedere, salutare, avvicinare,baciare le mani a Padre Pio e ricevere la sua benedizione.

Si calcolò che tra pellegrini e residenti la folla supe-rava le centomila persone. Fu una festa di cuori e di anime.

C’era gente di ogni razza e di ogni continente. Quel-l’umanità che Padre Pio con cinquant’anni di crocifissionee di amore andava accogliendo, benedicendo, sollevando,salvando, era lì.

Il Padre Superiore obbligò il Padre, che in verità appa-riva molto debole, a celebrare la Messa cantata. La regi-strazione filmata di quella celebrazione mette in evidenzal’enorme sforzo, che fece il Padre dall’inizio alla fine.Fummo colti da sgomento quando fece il gesto del salutofinale, ripetendo con voce spezzata dalle lacrime: “Addio,figli miei!” Passò in cella il resto della giornata.

Dovette essere adagiato sul letto con la speranza di ri-prendere le forze. Poi la sua salute precipitò.

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Quello che accadde nel prosieguo della notte fino al-l’ultimo suo respiro, lo sappiamo dalla celebre testimo-nianza di Padre Pellegrino. Ogni anno viene letta alla folladei fedeli che accorrono a San Giovanni per la grande ve-glia del ventidue settembre.

Io voglio raccontare ciò che accadde in chiesa quandoil corpo del Padre fu esposto nella bara alla venerazionedei fedeli.

La fila composta, silenziosa, raccolta nel pianto, duròtre giorni. Noi religiosi eravamo in cerchio intorno allabara. Ci alternammo nella veglia. La gente ci dava oggettida toccare al corpo del Padre per avere più che un ricordo,una reliquia. Qualcuno che di nient’altro poteva disporresi sfilava una scarpa.

Il terzo giorno un signore mi fece cenno di prendereuno di quei tanti garofani,toccarlo al corpo del Padre edarlo a lui. Fu l’inizio. Dopopoche ore, di garofani nonce n’era più neppure uno.Dentro i vasi, qua e là, eranorimasti soltanto alcuni steli.Chiesero anche quelli e pre-sto finirono.

Qualche anno dopo, unodi quei fedeli, che aveva ri-cevuto uno stelo, mi disse:“Padre, lo stelo che mi diedeè diventato una pianta”.

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Uno di quei veli

Dopo la morte del caro Padre, il suo corpo rimase espo-sto davanti all’altare, fuori del presbiterio.

Era stato sistemato in una cassa di legno senza coper-chio, per cui potevamo vederlo e toccarlo. Potevamo cam-biare i fiori che la gente ci offriva o deponeva ai suoi piedi.Soprattutto era possibile sostituire il piccolo merlettobianco steso sul suo volto. Era sottile e trasparente. Pote-vamo soddisfare il desiderio di poter prendere quel veloper qualche malato o per qualche benefattore.

Vicino a noi c’era il professor Enrico Medi. Col voltoaffondato nelle mani piangeva come un bambino. Ognitanto andava a consolare con una carezza la consorte, cheera seduta ai piedi dell’ambone, a destra dell’altare. Sape-vamo tutti il profondo affetto, che legava quei virtuosi co-niugi a Padre Pio. Quando stava bene il Padre era felice divederli e benedirli. Scherzando diceva all’onorevole Medi:“Sei un chiacchierone”.

Il professor Medi, vice Presidente dell’Euratom, incan-tava quando parlava dell’astronomia, dell’universo e dellesue sapienti leggi. Diceva che ogni cosa lo riconduceva adammirare il creato ed a prostrarsi davanti al Creatore. Alpari della sua scienza incantava la sua fede. I vescovispesso lo invitavano a parlare al clero e ai fedeli. Si conser-vano alcune sue conferenze e discorsi toccanti e illumi-nanti. Uno dei discorsi più celebri è quello che tenne aPrato, città notoriamente atea e marxista. Parlava volentieriai giovani e sapeva infondere in loro il bisogno di Dio e ildesiderio delle virtù.

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Mentre iniziavano i preparativi per la festa del Padre,egli spontaneamente si recò dal Papa a chiedere la benedi-zione per il suo caro Padre Pio. Arrivò tutto raggiante. Siinginocchiò davanti a Padre Pio e disse: -Padre, sono statodal Santo Padre e le porto la sua benedizione-.

Padre Pio, commosso, s’inchinò a quelle parole e rin-graziò affettuosamente il professor Medi.

A Medi un giorno fu chiesto: “Professore, perché, lei,uomo di scienza, appena può corre qui da Padre Pio?”

Egli con la semplicità dei grandi rispose: “Perché quiil soprannaturale è naturale”.

Vicino ad un gigante di santità come Padre Pio, si vedee si tocca ciò che appartiene alla realtà della fede e quindiall’invisibile, come appunto è il mondo soprannaturale. Oraeravamo al secondo giorno.

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San Giovanni Rotondo (Fg) settembre 1968 - Convegno dei Gruppi di Pre-ghiera di Padre Pio per il Cinquantesimo delle stimmate. I Gruppi seguono sulsagrato della chiesa la Via Crucis meditata

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Interminabile era la fila di gente che veniva a rendereomaggio e a rivolgere una preghiera.

Mi mossi per andare verso il presbiterio. Il Professores’avvicinò e mi sussurrò con quell’afflizione, che portavastampata sul volto: -Padre, mi dia uno di quei veli che co-prono il viso di Padre Pio. Io e mia moglie lo desideriamotanto-. L’ho accontentato subito. Mi ha ringraziato gentil-mente. Medi è già Servo di Dio. Speriamo che un giorno laChiesa lo iscriva nell’Albo dei Santi.

Funerali di Padre Pio - A sinistra con gli occhiali padre Guglielmo Alimonti

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Roma Basilica di San Pietro 29 settembre 1990 - 40° Fondazione dei Gruppidi Preghiera. Sua Santità, Giovanni Paolo II, padre Gerardo De Flumeri epadre Guglielmo Alimonti

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Mi prestava la chiave

Il terzo giorno, Padre, il tuo corpo fu tolto dalla barascoperta e passato in un’altra, sempre di legno, ma copertacol vetro. Un altro passo di separazione. Un po’ alla voltati allontanavi.

Prima ti parlavo e mi parlavi, ti abbracciavo e mi ab-bracciavi. In questi due giorni ti vedevo e ti toccavo. Ora tivedo, ma non ti posso toccare più. Rimango con gli occhifissi sul tuo viso, quasi aspettando che tu li riapri e miguardi. Non vaneggio.

Solo chi conosce un dolore simile, può capire. Lamorte! Ecco la tragedia umana. Di fronte ad essa è possi-bile rimpiangere adeguatamente, ciò che ci ha tolto il pec-cato originale.

Lo Spirito Santo ha soffiato su di me a tempo oppor-tuno. Ho potuto fare col Padre i patti necessari. Ho avuto lesue promesse. Le ricordo una ad una e non oserei mai pen-sare, che possa dimenticarle lui.

Questo lo so e l’ho scritto in queste pagine.Con i miei peccati io ho deluso il Padre. Tuttavia sono

certo che egli non mi abbandona, ma mi ottiene misericor-dia dal Padre Celeste, dal Figlio Redentore e dallo SpiritoConsolatore. Ora non deve far fatica per chiamare la sua“Mammina”. È con lei.

Ora invisibilmente può alimentare in me la speranza dinon perdermi. Quanto è distante la mia bontà dalla sua!

Eppure io non voglio essere lontano da lui. E bramo, e voglio, e spero che sia così.Padre, io ti parlo ogni giorno. Ti racconto tutto.

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Tu non stancarti di starmi vicino e di aiutarmi.Hai detto che dopo la morte avremmo dovuto cercarti

in ogni tabernacolo del mondo. Lì è la tua vita e lì deve es-sere la nostra. E sia eucaristico ogni istante, che il Signoreci concede di vivere. Gesù è il Paradiso. Stare con Lui econ te è il modo di sperimentare nel tempo la beatitudine dichi adora ed ama. Ora ripiego le ali dello spirito e torno apregare, come facevo ogni notte, sulla tua tomba. Ora seipassato nella cripta nuova. Io di rado sono lì. Appena fututto sistemato nella cripta vecchia, cercai il modo di re-starti vicino, come facevo in sacrestia la mattina primadella tua Messa.

Padre Paolo Cuvino, che ti aveva amministrato l’Oliodegli infermi, aveva la chiave della cancellata di ferro checircondava la tomba. Segretamente me la prestava ed io,venivo a tenerti compagnia fino all’alba.

Ora abbi cura tu del mio tramonto.

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I funerali di Padre Pio

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La transumanza

Era una famiglia di Pescara. Persone di profonda fedee molto devote di Padre Pio. Mi offrirono un passaggio.Arrivai con loro a San Giovanni Rotondo e mi sentii in do-vere di portarli in convento e farli incontrare col Padre. Lipresentai e chiesi la benedizione per tutti noi. Il Padre alzòla mano benedicente, poi, fissando lo sguardo lontano, esciogliendo le parole in un sorriso di compiacenza disse: -Abruzzesi, vogliamoci bene!-

Quelle parole mi scesero nel cuore come una rugiadabenefica. Dentro c’era, per così dire, sapore di profezia, diaugurio, di affetto. Quel giorno sentii l’anima ristorata eimmersa nella gioia.

Di bene al Padre gliene volevamo tanto. A volte per unattimo si affacciava la domanda - in realtà smentita dai fatti:-Ma il Padre sa quanto bene gli vogliamo?- Questa certezzaper noi era buona e nutriente più del pane. Perciò ora sen-tire dalle labbra del Padre l’invito a “volerci bene” ci era diuna immensa consolazione.“Abruzzesi, vogliamoci bene”.

È noto a tutti che l’Abruzzo più di ogni altra regione,ripetutamente durante il corso dell’anno si riversa a SanGiovanni Rotondo e a Pietrelcina. Questa è ciò che ho chia-mato: “la transumanza”. Non portiamo greggi dai monti aipiani per i verdi pascoli. Guidiamo fedeli a decine di mi-gliaia dove è vissuto e dove è nato Padre Pio.

Lupi, progettista della Casa Sollievo, non è più l’uniconome di abruzzese legato alla storia del Santo delle stim-mate. Le greggi, che ora trasportate col treno, vanno a sver-nare nelle pianure pugliesi, appartengono ad una storia di

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costume e di economia tramontata. Pochi la ricordano e po-chissimi ci fanno caso. Quante realtà nuove sono nate! Oral’Abruzzo cerca un Santo: quello di San Giovanni Rotondoe di Pietrelcina. Pioniere di queste folle Dio, per sua mise-ricordia, ha voluto me, umile cappuccino. Nessuno era de-bitore più di me verso il San Francesco dei nostri giorni,inchiodato alla croce e con le ferite sanguinanti per oltrecinquant’anni. A quella fonte serafica Dio mi ha dato lagrazia di bere misericordia, conforto, luce, consolazione.

In tre date particolari questa folla di miei conterranei siriversa a San Giovanni Rotondo: in un pellegrinaggio re-gionale a primavera quando inizia la Quaresima per prepa-rarsi nel modo più conveniente alla celebrazione dellaPasqua.

La notte del 22 settembre per la “Veglia” divenutaormai l’appuntamento universale di tutti i figli, devoti econfratelli di Padre Pio. La folla, in assoluto e commossosilenzio, riascolta la lettura della testimonianza del Tran-sito di Padre Pio, scritta da Padre Pellegrino Funicelli.

Il terzo incontro è riservato ai giovani.In ognuna di queste date è implicita la confessione e

comunione generale. Nella circostanza non fanno fatica,perché nei tanti Gruppi di Preghiera si vive già una intensavita eucaristica.

Pietrelcina è ugualmente meta per tre volte l’anno.Il 25 maggio, giorno della nascita del caro Padre Pio.

Tutto lì parla di provvidenza, di semplicità e di umiltà. È lospecchio della vita delle generazioni povere di beni, ma ric-che di fede. Le altre due date sono quelle della prima Messadi Padre Pio nel proprio paese, cioè il 14 agosto; e quelladelle prime stimmate, dette invisibili, cioè il 7 settembre.

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Gli abruzzesi si sentono come pesci nel proprio marein questi luoghi, perché assommano ciò che portano a ciòche trovano.

All’offertorio di solito c’è un agnello, simbolo dei pa-stori e del popolo della nostra terra. I canti di animazionesono la voce ispirata dal caldo amore a Padre Pio che “civuole bene” e al quale vogliamo bene.

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San Giovanni Rotondo (Fg) 21 aprile 1978 - Pellegrinaggio regionale deiGruppi di Preghiera d’Abruzzo. All’offertorio viene portato l’agnello

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Pietrelcina (Bn) 25 aprile 1985 - Pellegrinaggio regionale dei Gruppi di Pre-ghiera d’Abruzzo. Stadio celebrazione eucaristica

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Indice alfabetico

A tutto deve pensare Padre Pio . . . . . . . . . . . . . . pag. 52Adesso puoi andare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 24Alla finestra per il saluto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 111Ancora . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 113Apri quella porta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 40Buona notte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 139Ce l’hai trovata la neve . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 65Che bel tramonto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 120Che c’è scritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 56Che mi hai portato da mangiare . . . . . . . . . . . . . . . “ 42Che stanno facendo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 131Che t’importa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 58Chi ha guidato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 29Così piccolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 14Dammi il tuo fazzoletto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 37Datela prima voi a me . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 104Di dove sei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 27Dove siete diretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 87È bella la Madonna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 44E qua ... qua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 101Fa’ la parte tua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 123Fammi andare da questo qua . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 97Figlio mio! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 7Giovedì Santo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 141Io non mi tiro indietro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 135La transumanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 151Maria ti guidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 84Mi devi sciancare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 31Mi prestava la chiave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 149

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Non disturbare il Padre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48Non puoi metterti a sedere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 95Non vuole sopportare niente . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 80Ognuno fa qualcosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 99Padre, che faresti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 133Per chi è . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 126Per te che vuoi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 50Pescara senza mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 19Porta questa pianta al Padre . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 22Prega come puoi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 109Purché per il bene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 54Quanti anni ha . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 60Queste porte sono tutte aperte . . . . . . . . . . . . . . . . “ 115Questo è il mio sangue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 128Questo fraticello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 9Ringraziali da parte mia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 93Sangue sulle strade . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 35Se ce lo ritrovi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 91Se ci riesci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 69Se ti sente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 67Sei figlio di San Francesco . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 73Sempre così . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 89Sono andati a San Gabriele . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 75Stai lì e prega per me . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 16Suona il vespro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 12Tu la sai lunga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 62Un garofano, uno stelo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 143Una foto mancata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 46Uno di quei veli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 145Vai, vai . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 82Vuoi bene alla Madonna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 117Vuole fare carriera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 77

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DATI BIOGRAFICIDI PADRE GUGLIELMO ALIMONTI

Padre Guglielmo Ali-monti nasce a Guardiagrele(Ch) il 17 ottobre 1929 con ilnome di Alessandro da Nico-langelo e Gentile Salvatore.

Quarto di sette figli, cre-sce in una famiglia operosa etimorata di Dio. La madre,terziaria francescana, lo educa all’amore di San Francesco.

Sin da piccolo frequenta il convento dei Cappuccini; èsolerte chierichetto, servendo tre messe ogni mattina. Amatrascorrere molte ore del giorno nella biblioteca, immersonella lettura.

Studente alle scuole superiori dal 1941 al 1943, duranteil periodo della guerra, matura la vocazione sacerdotale edentra nel Seminario cappuccino di Sulmona il 18 novembre1944. Nello studio e nella preghiera percorre le tappe delcammino di consacrazione al Signore: la vestizione il 23ottobre 1948; la professione temporanea il 24 ottobre 1949;la professione perpetua il 21 novembre 1953; l’ordinazionesacerdotale il 25 luglio 1956.

Prende da religioso il nome di Guglielmo in onore diGuglielmo Massaia, missionario in Africa.

Assistente spirituale di Istituti, Seminari e Monasteri;dell’Ordine Francescano Secolare, della Gioventù France-scana, dell’Organizzazione Nazionale Assistenza Reli-gioso-Morale Operai; per oltre dieci anni segretario della

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Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana (CISMAM) edei Gruppi di Preghiera di Padre Pio.

L’incontro con il Cappuccino stigmatizzato ha segnatola sua vita sacerdotale. Padre Pio divenne il suo Direttorespirituale e gli affidò l’apostolato dei Gruppi di Preghiera:un esercito orante, lievito e fermento della Chiesa e dellasocietà.

PUBBLICAZIONI

* RITRATTO FRANCESCANOQuattro volumi, di poesie scritte nel 1982, ottavo cente-nario della nascita di San Francesco d’Assisi

* IN ATTESA DELLO SPOSOCommento poetico al Pater, Ave e Gloria

* VOCE DELL’ANIMACinque volumi di poesie dedicate a Padre Pio

1. Pietrelcina ... non sei più piccola2. Orma sulla roccia3. Uno con l’agnello4. In cammino5. Occhi sull’anima

* DENTRO L’ARCOBALENOCollana di poesie in tre volumi

1. L’eco dei passi2. Arco nello spazio3. Ad ali aperte

Page 159: I miei giorni con Padre Pio · a favore di Padre Pio. Questo non solo era assurdo, ma si capiva che era un pretesto giustificabile solo ai loro occhi. Mi rassegnavo col-locando la

* IMMAGINI E PAROLECommento alle pitture di Francesco Gentile dedicate aPadre Pio

* Conferenze, relazioni, articoli e commenti pubblicatisulla Rivista “Casa Sollievo della Sofferenza”

* Riflessioni su testi biblici in opuscoli ad uso del Gruppidi Preghiera di Padre Pio

* L’ORA PIÙ BELLAVolumetto di 33 brani sulle varie parti della SantaMessa

* COLORI DEL VESPRO - Due volumi di temi vari

* VERONICA PEROZZI - Una biografia “essenziale”

* VENTO IMPETUOSOSette volumi di poesie dedicate a uomini eccelsi per san-tità e virtù

* I MIEI GIORNI CON PADRE PIO

* VICINO A PADRE PIODue volumi di poesie dedicate a personaggi vissuti ac-canto a Padre Pio

Page 160: I miei giorni con Padre Pio · a favore di Padre Pio. Questo non solo era assurdo, ma si capiva che era un pretesto giustificabile solo ai loro occhi. Mi rassegnavo col-locando la

a cura del:Centro Regionale Gruppi di Preghiera di Padre Pio

Santuario Madonna dei Sette Doloritel fax 085/41115865125 PESCARA

e-mail: [email protected]