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GIuLTo GIR0NDI

Residenze patrizie a Mantova Decorazioni del Rinascimento e del Manierismo

Copyright 2012 © <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER Via Cassiodoro, 19 - 00193 Roma

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Impaginazione e copertina ROSSELLA CORCIONE

Progetto grafico: <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER

Tutti i diritti riservati. E vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza II permesso scritto dell'Editore.

Girondi, Giulio Residenze patrizie a Mantova: decorazioni del Rinascimento e del Ma-nierismo / Giulio Girondi - Roma: <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER, 2012 - 192 p. : ill. (LermArte ; 8)

ISBN 978-88-8265-738-3

CDD 700.9452 1. Mantova

GruppoSicla LL]*1O sRL Via Fratelli Bandiera 18 - Mantova Via XX Settembre 17 - Mantova

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Giampiero Baldassari, Stefano Cimarosti, Federico Cipolla, Adriana Cremonesi, Riccardo Freddi, Alfredo e Giovanni Lord.

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RESIDENZE PATRIZIE A MANTOVA

Decorazioni del Rinascimento e del Manierismo

<<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER

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A Giacla,

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SOMMARIO

RINGRAZIAMENTI . P. 11

1. Ii primo Rinascimento 14404550 . 13

A. PRIME ESPERIENZE RINASCIMENTALI. CIRCA 1440-70 ...................................................... 13

B. L'wo A MANTOVA DI ANDREA MANTEGNA, L'EMULAZIONE DELLO STILE "ALL'ANTTCA"

DA PARTE DEL PATRIZIATO TRA QUATTRO E CINQUECENTO.............................................. >> 15 C. MODELLI GONZAGHESCHI E VALENZA ARCHITETTONICA DELLA DECORAZIONE DIPINTA >> 19

C. 1. La Camera degli Sposi e le deco razioni murali negli anni di Andrea Mantegna. 1470-1510............................................................................................................ >> 19

C.2. Persistenza dell'architettura diinta dopo la morte diAndrea Mantegna. 1510-40................................................................................................................ >> 20

D. TRABEAZIONI DEL SECONDO QUATTROCENTO E DEL PRIMO CINQUECENTO:

INFLUSSI ED EREDITA DEL MANTEGNA E DELL'ARTE DI CORTE ......................................... . 22

D. 1. Architravi e cornici delle trabeazioni ................................................................... . 22

D.2. Cli oscilla. 1480-1540 ......................................................................................... >> 23

D.3. Fregi con palmette, girali e motivifitomorfi. 1470-1520..................................... >> 24

D.4. Fregi con cornucopie. 1480-1520......................................................................... >> 25 D.5. Fregi con putti. 1470-1500 .................................................................................. >> 26

D.6. Animali 1470-1500 e delflni. 1500-40 ................................................................ >> 26

D. 7. Fregi con tondi. 1470-1500 ................................................................................. >> 27

E. Nuovi SCHEMI COMPOSITIVI NELLA PITTURA DEL PRIMO QUARTO DEL CINQUECENTO >> 28

F. 1. Nuovi scenari dell'arte di corte mantovana ......................................................... >> 28

E.2. Profihi di busti umani e diflgure antropomorfe tra girahi. 1500-30 ..................... >> 29

E.3. Grihhi, putti su grihhi, mostri grilliformi tra girahi. 1520-40 .................................. >> 30

E.4. Figure antropomorfe e mostri visti difronte. 1500-40 ......................................... 31

E.5. Decorifitomorfi con piccoli animali. 1500-20 ...................................................... . 32

F. 6. Putti, figure antropomorfe e rappresentazioni dzinte. Scambi di artisti e di modehhi tra ha corte ed ilpatriziato. 1510-30 ........................................................ . 33

F. 7. Evoluzione deifregi monocromi del primo Rinascimento ................................... . 35 E.8. L'avvento del colore. 1521-40 .............................................................................. >> 36

E DECORAZIONI DELLE PAIRETI NEL PRIMO RINASCIMENTO.................................................. >> 37

G. S0FFITTI A VOLTA DEL PRIMO RINASCIMENTO ................................................................ >> 39

G. 1. Volte del secondo Quattrocento .......................................................................... . 39

G.2. Volte delprimo Cinquecento .............................................................................. >> 40

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8 Giulio Girondi

H. SOLAT LIGNEI DEL PRIMO RINASCIMENTO ........................................................................... >> 41

H. 1. Eredita' medioevali ed infiuenze lombarde .......................................................... >> 41

H.2. Mensole, travz, travetti scivoli ed impalcati....................................................... >> 43 H.3. Persistenza di lattole tardo-gotiche nei solai rinascimentali................................ >> 45

H. 4. Lattole rinascimentali del tardo Quattrocento e del primo decennio delCinquecento ................................................................................................... 46

H.5. Lattole degli anni '20 e '30 del Cinquecento ...................................................... >> 47

2. Giulio Romano e la sua eredità 1524-60 circa ......................................................... . 49

A. L'Avo A MANTOVA DI GIuLTo ROMANO.................................................................... >> 49

A.1. L'arrivo diun'arte nuova ..................................................................................... . 49

A.2. L'avvento dello stucco ......................................................................................... >> 50

A.3. Il rinnovamento nella decorazione: grandi raffigurazioni al naturale ................. >> 51

B. IL RINNOVAMENTO DEL GUSTO PER LE PARTITURE ARCHITETTONICHE DIPINTE .................. >> 52 B. 1. Architetture dzinte negli anni di Giulio Romano. 1524-46............................... >> 52 B.2. Grandi decorazioni architettoniche dopo la morte di Giulio Romano.

1546-60................................................................................................................ >> 54

C. INNOVAZIONE E TRADIZIONE NEI FREGI PAPJETALI: PALAZZO TE, GLI ALTRI CANTIERI

GONZAGHESCHI E LE RICADUTE DEL NUOVO STTLE SULLA CITTA....................................... >> 56 C. 1. La sala dei Cavalli efregi derivati ....................................................................... . 56 C.2. Ilpalazzo del cardinale Ercole Gonzaga e altrifregi dzinti al naturale................... >> 58 C.3. La camera di Ovidio efregi derivati ..... .... ... ................ ... ........ .... ... .... ... ...... . ........ >> 59 C. 4. La camera delle Imprese e fregi derivati.............................................................. >> 59 C.5. La camera delle Teste nell'appartamento di Troia e le camere dell'ala nord di

PalazzoYe ............................................................................................................ >> 60

C. 6. La camera cardinalizia nella villa Vescovile di Quingentole e fregi derivati >> 61

C. 7. Il salone della casa di via Massari 11 e le sue fonti giuliesche............................. >> 62

C.8. Fregi monocromi. 1530-50 .................................................................................. >> 63 C. 9. La prima generazione di grottesche mantovane. 1530-60 ................................... >> 64

D. L'AGGIORNAMENTO DELLA DECORAZIONE DELLE COPERTURE.......................................... >> 65 D.1. Volte.................................................................................................................... >> 65 D.2. Solai lignei ............................................................................................................ >> 66

3. lii Manierismo oltre l'eredità di Giulio Romano. 1560-1630................................. >> 69

A. APOGEO E DECLINO DEL DUCATO DI MANTOVA.............................................................. >> 69

B. LA CONTINUITA DELLA VALENZA ARCHITETTONICA DELLA DECORAZIONE TRA

CINQUEE SEICENTO...................................................................................................... >> 72

B. 1. Decorazioni a finto marmo nel secondo Cinquecento. 15 70-1600 ....................... >> 72

B.2. Apparati architettonici diinti nel ducato di Guglielmo e nella prima eta' vincenzina. 1560-90 ....................................................................................... >> 73

B.3. Colonne tortili e loro eredita' giuliesca. 1550-80.................................................. >> 75

B.4. Cariatidz, telamoni e rocce. 1570-1600 ................................................................ >> 76

B.5. Architetture dzinte nella Mantova diAntonio Maria Viani. 1595-1630 >> 77 B. 6. Pergolati e decori vegetali sulle pareti delle residenze mantovane tra

Cinquee Seicento ................................................................................................. . 80

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Sommario 9

C. GROTTESCHE MANTOVANE DEL MANIEPJSMO 81

C. 1. Impaginazione complessiva deifascioni e loro eventuale integrazione nelle partiture architettoniche diinte. 1560-1630....................................................... >> 81

C.2. Grottesche con cartigli geometrici e lineari. 1560-90 ........................................... 82

C.3. Cartigli alti come ifascioni. 1560-1630 ............................................................... >> 83 C.4. Cartigli arricciati. 1560-1600 ............................................................................... . 84

C.5. Riquadri conformati ad edicole in una camera di casa Cavazzi. 1569-78 85 C.6. Grottesche senza riquadri. 1550-90 ..................................................................... . 86

D. CARATTERI DI NOVITA E DI CONTINUITA NET FASCIONI DELLA SECONDA META DEL

CINQUECENTO E DEL PRIMO SEICENTO .......................................................................... . 88

D.1. Volute arboree e racemi vegetali. 1560-90.......................................................... >> 88

D.2. Fascioni con cartigli e racemi vegetali. 1580-1620 .............................................. >> 89

D.3. Fascioni con cartigli senza racemi vegetali. 1580-1 620........................................ 90

D.4. Fascioni con cartigli retti da putti. 1580-1630 .......................................... I .......... >> 91

D.5. Fascioni derivati dall'appartamento di Vincenzo II. 1610-30 ............................. >> 91

D. 6. Fascioni con pannellifigurati. 1560-1630 ........................................................... 92

E. SOLAT E VOLTE DEL MANIERISMO ................................................................................... . 94 E. 1. Deco razioni pittoriche di volte nell'eta' di Guglielmo Gonzaga ........................... . 94 E.2. Volte di ambito vianesco con riquadri dzinti ...................................................... . 94 E.3. Volte con grottesche tra Cinque e Seicento.......................................................... >> 97

E.4. Deco razioni a stucco nelle volte del tardo Cinquecento e deiprimo Seicento 98

E.5. Esempi di quadrature nelle volte mantovane del primo Seicento ........................ . 99 E. 6. Solai lignei 'sfondati" nella Mantova tra Cinque e Seicento ............................... >> 100 E. 7. Solai cassettonati a doppia orditura tra Cinque e Seicento .................................. >> 101

F. ICONOGRAFIA E FONTI DEl DECOIRI MANTOVANI DEL MANIEIUSMO ................................... >> 102

F. 1. Scelte iconografiche nelle decorazioni mantovane del Manierismo...................... >> 102

F.2. Fonti iconografiche del decori mantovani tra Cinque e Seicento ......................... >> 104

POSTFAZIONE

CENTRALITA DELLA CORTE ED EMULAZIONE DEL PATRIZIATO

TRADIZIONE LOCALE ED ESPORTAZIONE DEl MODELLI ..............................................................>> 107

BIBLIOGRAFIA........................................................................................................................>> 109

INDICE DEl LUOGHI DI MANTOVA E PROVINCIA........................................................................>> 121

INDICEDEGLI ARTISTI .............................................................................................................>> 125

REFERENZE FOTOGRAFICHE.....................................................................................................>> 127

TAVOLE.................................................................................................................................>> 129

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RINGRAZIAMENTI

Grazie a tutti coloro i quali hanno creduto in questo progetto editoriale, a partire da mia madre e da mio padre che mi hanno sempre appoggiato e da Giada che, con amore, mi ha accompagnato in questa avventura. Senza l'aiuto di Stefano L'Occaso questo libro sarebbe stato molto diverso; a lui va tutta la mia piü sincera gratitudi-ne. Ringrazio anche tutti quelli che, a vario modo, hanno contribuito a questo lavoro ed in particolare: Paolo Bertelli, lo studio di restauro Bifioni e Negri, Stefano Bocchi, don Alberto Bonandi, Beatrice Bottazzi, Stefano Benetti, Alessandro Colombo, Gianfranco Ferlisi, Daniela Ferrari, Paola Ferrari, Massimo Ghisi, Rosanna Go-linelli, Stefania Goffredi, Andrea Guastalla, Pietro Liberati, Giancarlo Malacarne, Mons. Giancarlo Manzoii, Francesco Melli, Marco Mondini, Dino Nicolini, Nicolô Portioli, Marco Rebuzzi, e tutto ii personale dell'Ar-chivio di Stato di Mantova, della Fondazione d'Arco e della Fondazione Mazzali. Voglio ringraziare <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER per avermi messo nelle condizioni migliori per riuscire a completare questo lavoro ed i numerosi sponsor che ne hanno reso possibile la pubblicazione. Un grazie anche alle istituzioni - Comune di Mantova, Comune di Quingentole, Comune di Castiglione delle Stiviere, Diocesi di Mantova, Provincia di Mantova, Soprintendenza ai Beni Storici e Artistici delle Province di Cremona, Brescia e Mantova - che hanno rinuniciato ai diritti per la pubblicazione deile fotografie. Ringrazio pure gli amici dell'Editoriaie Sometti per avermi messo a disposizione II proprio archivio fotografico.

Un ringraziamento particolare va alle molte famiglie che hanno aperto le porte delle proprie case: Aiberi-ni Daiprà, Amadasi, Arria, Ballabeni, Baruffaldi, Benedini, Bertuccio, Biffi, Bini, Bovi, Cazzaniga, Cimarosti, Corbellani, Cordioli Monesi, Fario Gasparini, Fontanih, Formizzi, Garosi, Gobbi Frattini, Goffredi, Goldoni, Lena, Leoni, Lotti Giovanni e Claudio, Mani, Moreschi, Nizzola, Novellini, Rivara, Signorini, Spezia, Vifiani, Zanmatti, Zaniboni. Grazie anche agli amici de "La Cronaca di Mantova" (ed in particolare a Werther Gorni), del pub Tre Scalini e dell'erboristeria La radice di vita e del negozio Gelsomini di Anghinoni. Un ringrazia-mento anche alla Legatoria Perna, al Gruppo Sicla (nella persona di Claudio Lipreri), allo Studio Mantovani e Associati, alle società Ii Poeta del Quotidiano Sri, Al Borgo Sri, Pavarotti Casa. La mia gratitudine va anche ai ristoranti La Masseria, 11 Cigno, Ai Garibaldini, Villa Schiarino e Villa Cavriani.

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1. IL PRIMO RINASCIMENTO 1440-1550

A. PRIME ESPERIENZE RINASCIMENTALI. CIRCA 1440-70 (Tav. 1)

Sul finite della prima meta del XV secolo, a Mantova risultano già attivi alcuni pittori ii cui linguaggio espres-sivo appare legato alla riscoperta dell'antichità classica, anche se le "poche opere superstiti sono culturalmente contraddittorie". Infatti, le frammentarie testimonianze artistiche del periodo sembrano oscillate tra influssi rinascimentali veronesi e padovani - già allineati al nuovo stile toscano - ed altri ancora tardo-gotici prove-nienti dall'area lombarda. Recentemente, Stefano L'Occaso ha messo ordine alla serie di nomi emersi dalle carte d'archivio ed in parte già noti agli studi: in questa sede si vuole ricordare come dal secondo decennio del Quattrocento lavorarono stabilmente per la corte di Mantova Zanino Corradi da Cremona (padre di un Bartolomeo attivo anche a Padova) e Pier Matteo da Fabriano. Nel 1435 è documentato per la prima volta ii pavese Michele Liombeni, che condivise il titolo di pittore di corte con ii milanese Domenico de Medici (do-cumentato a Mantova tra II 1442 ed il 1471) e che fu capostipite di una rinomata famiglia di pittori: Michele generô Anselmo e Gianluca, a sua volta padre adottivo di Tommaso e del celebre pittore isabelliano Lorenzo Liombeni, meglio conosciuto come Leonbruno. Per quanto riguarda ancora ii contesto culturale lombardo, tra i numerosi artisti che ebbero contatti con Mantova si devono anche ricordare Girolamo da Cremona, Belbello da Pavia (documentato sin dal 1442), Jacopino da Milano, Gabriele di Antonio Maineri, Jacopo Valperga e Samuele da Tradate. A proposito del nuovo linguaggio all'antica furono fondamentali i contatti con il Veneto. Intorno al 1460-62 fu a Mantova Stefano di Antonio da Verona (forse Stefano Falconetto) ii quale dipinse la cappella di San Giovanni Battista nel Sant'Andrea prealbertiano. Da Verona, giunsero anche Nicolô Solimani (documentato a Mantova nel 1446 e tra il 1454 ed il 1497) e Francesco di Oliviero da Verona (citato nel 1456).

Nella Mantova dell'Umanesimo, un'iconografia che sembra avere goduto di una certa fortuna fu quella degli Uomini illustri. Sulla base della biografia di Vittorino da Feltre, scritta da Francesco Prendilacqua, Pi-sanello potrebbe aver dipinto un ciclo con Uomini dotti (includendo lo stesso Vittorino), ma questa ipotesi affascinante non è ancora dimostrabile 2 . E invece certo che, tra il 1456 ed il 1459, il protonotario apostolico Guido Gonzaga fece realizzare una "camera Socratis" nella sua residenza mantovana, poi abitata dal cardinale Francesco Gonzaga ed oggi, dopo innumerevoli trasformazioni, sede dell'Accademia Nazionale Virgiiana e del Conservatorio Lucio Campiani 3 . Nel 1890 all'interno del palazzo riemerso i reSti di un ricco ciclo di Uomini illustri (poi coperti da intonaci o andati distrutti) nel quale, all'interno di tre ordini di arcate, si riconobbero filosofi, personaggi mitologici e della Bibbia: Abramo, Zoroastro, Semiramide, Inaco, Giacobbe, Prometeo, Giuseppe, Democrito, Platone, Assuero, Ester, Diogene, Anassagora, Eschilo 4 . Come giustamente notato da

1 L'OccAso 2006a, p. 47. 2 MARIANI CANOVA 1981, pp. 202-203.

L'OccAso 2006a, pp. 51-52. 4 lvi, p. 52.

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14 Giulio Girona'i

Stefano L'Occaso, i dipinti potevano forse trovarsi sotto un porticato al piano terra, in linea coi suggerimenti di Filarete. Probabilmente la fonte letteraria per questa iconografia fu lo Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais - citato nel 1407 nella biblioteca gonzaghesca - che fu anche alla base del probable prototipo del nostro ciclo, ovvero degli Uomini illustri affrescati da Masolino da Panicale nel 1432 nel palazzo del cardinale Giordano Orsini a Monte Giordano, a Roma.

I rari apparati decorativi conservati che risalgono alla prima fase del Rinasimento non sembrano accostabii ad alcun nome; tuttavia, almeno in linea di massima, sembra emergere una qualche egemonia culturale lombar-da. Tra i primi ornati che, pur mantenendo una chiara impostazione tardo-gotica, appaiono influenzati dal nuovo linguaggio all'antica, si deve citare una camera al piano terra della casa di piazza Stretta 2. Qui, al di sotto di un solaio ligneo a doppia orditura, troviamo un fascione costituito da pannelli decorati da una fitta successione di girali fitomorfi verdi e di fiori rossastri su uno sfondo bianco, ancora profondamente memori delle esperienze de-corative locali della fine del Trecento e dei primi decenni del Quattrocento 5 . Al centro di ogni riquadro troviamo un'arma gentiizia racchiusa - e questa sembra essere una novità importante - non entro un decoro poliobato, ma all'interno di un tondo vagamente toscaneggiante. Un altro elemento di gusto toscano sono le due cornici che racchiudono, in alto ed in basso, II fascione; queste sono ornate da un flare di dentelli secondo un costume già prettamente rinascimentale. D'altra parte, i contatti tra Mantova e gli esponenti delle avanguardie artistiche florentine sono documentati almeno fin dai soggiorni virgfliani di Flippo Brunelleschi negli anni '30 e '40 del Quattrocento6. La presenza, tra gli altri, di uno stemma marchionale gonzaghesco permette di datare questo fregio dopo il 1433, anno dell'investitura imperiale di Gianfrancesco a primo marchese di Mantova.

Negli anni seguenti, gli apparati ornamentali si impreziosirono di vari elementi decorativi: ad esempio, nel palazzo degli Uberti si trova un interessante fregio in cui, sempre sopra un fondo bianco, troviamo putti alati a cavallo di draghi, frammisti a ghirlande con, alternati, stemmi gentilizi e busti di Cesari visti di profio e, forse, ispirati a monete e medaglie antiche. Questa decorazione, forse già riferibile agli anni 1460-70, merita una certa attenzione anche perché, al di sotto del fregio, vi è un'architrave in cui compaiono motivi all'antica (in partico-lare due modanature, una sopra l'altra, con fUsarole ed ovoli e dardi).

A questo periodo sembrano risalire anche altre decorazioni in cui compaiono putti. Nella casa di via Conciliazione 90 troviamo un lacerto con un putto (questa volta senza au) tra pissidi ed ampi racemi vegetali impreziositi da grandi flori rossastri. Questo fregio sembra essere stato eseguito con lo stesso cartone dell'ap-parato decorativo che impreziosisce l'atrio della casa di via XX Settembre 17, anche se la mano che eseguI il dipinto sembra essere un'altra, ed anche le cromie impiegate sono differenti. In ogni caso i due ornati sono di una certa importanza perché testimoniano la diffusione dell'uso dello spolvero per II riporto dei disegni pre-paratorisull'intonaco già in tempi antichi, come del resto e provato anche dall'affresco del 1450 raffigurante i Tre Consoli proveniente dall'Università dei Mercanti8 e dal ciclo di Pisanello nel Palazzo-Ducale 9 . Nella casa di via XX Settembre 17, i putti sono frapposti a ghirlande (nella casa di via Conciiazione se ne intravede solo un inizio) contenenti lo stemma della famiglia Cavazzi ed un monogramma, oggi molto lacunoso. Sembrano riconoscibii le lettere GB, divise da una croce: potrebbero essere le iniziali di Bartolomeo Cavazzi che, come riportato dallo storico ottocentesco Carlo d'Arco, nel 1474 e detto "civis notarius Mantuae de c[ontrat]a equi"°. Gli affreschi della casa nell'antica contrada del Cavallo mostrano un fascione in cui l'architrave è arricchita da finti archetti pensili con conchiglie, secondo un gusto ancora tardo-gotico testimoniato in città da alcuni cornicioni di architetture religiose erette nel terzo quarto del XV secolo' t . Al contrario, nella casa di

'SUITNER 1989a, pp. 15-16. 6 L'OccAso 2005, p. 23, 84-86. 'L'OCCASO 2006a, pp. 48,51 propone una datazione alla fine degli anni '50 del Quattrocento; tuttavia lo stesso autore (comunicazione

orale) propende oggi per un momento pifi tardo. 8Ivi,p.48.

CASTRICHINI 1996, p. 76. '°-Archivio di Stato di Mantova (d'ora in poi ASMN), Documenti Patrii D'Arco (d'ora in poi DPA), Famiglie Mantovane (d'ora in

poi fm), vol. II, C. 190. 1 L'Occso 2009b, pp. 60-61; L'OccAso 2011d, p. 93.

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1. Ii primo Rinascimento 15

via Conciiazione, l'architrave è già compiutamente rinascimentale grazie alla presenza di un filare di dentelli. Anche se non si tratta di una decorazione di un ambiente interno, sembra comunque importante ricordare che un fascione simile - pure compreso tra due fasce di dentelli - compare nel cortile di palazzo Valentini in corso Vittorio Emanele 1152 12.

B. L'AmIvo A MANTOVA DI ANDREA MANTEGNA, L'EMIJLAZIONE DELLO STILE "ALL'ANTICA" DA PARTE DEL

PATRIZIATO TRA QUATTRO E CINQUECENTO (Tav. 2)

Anche se, come si è già visto, pittori rinascimentali erano già attivi a Mantova sul finire della prima meta del XV secolo, il nuovo linguaggio "all'antica" nella decorazione murale si impose nella terra dei Gonzaga con l'arrivo di Andrea Mantegna, trasferitosi nella città virgiliana verso la fine del 1459, ma già in contatto con il marchese Ludovico II prima del 1457' s . Come noto, Mantegna, oltre a dedicarsi alla pittura su cavalletto, fu un valente maestro anche nella decorazione murale e attraverso questa arte poté esprimere su grandi superfici le proprie concezioni relative all'ornamentazione all'antica. Fin dagli anni padovani - si pensi alle architetture dipinte nel-le quinte prospettiche della cappella Ovetari - Andrea immaginô apparati ornamentali ispirati alla classicità, ma fu a Mantova che pote sviluppare appieno ii suo vocabolario decorativo' 4 , rielaborando i modelli dell'antichità classica", per poi impiegarlo negli apparati ornamentali sia di facciate' 6 , sia di ambienti interni' 7 . Se, almeno in linea di massima, al Mantegna è ascrivibile il gusto complessivo (e forse in qualche caso anche l'ideazione) delle decorazioni murali mantovane della seconda meta del Quattrocento, le realizzazioni spettarono perlopiü alla sua bottega (o ai suoi imitatori). Ciô spiega la grande differenza in termini qualitativi a volte riscontrabile tra le singole realizzazioni ispirate perô sempre alle medesime formule compositive e "sposta II problema attributivo sulla ricerca delle matrici formali e del momento dell'invenzione del modello"8.

Per comprendere questo fenomeno appare giusto ricordare subito un caso eclatante, anche se poco noto, di una decorazione realizzata all'interno di una casa privata direttamente influenzata dall'arte di corte. Nel pa-lazzo Pastore a Castiglione delle Stiviere troviamo alcuni lacerti (probabilmente riferibii intorno al 1500) che sembrano essere derivati direttamente da invenzioni di Mantegna 19 . In uno di questi dipinti Si vedono figure a cavalcioni di mostri marini in parte ripresi dall'incisione della Zuffa20 . Inoltre, II Giudizio di Salomone, oggi al Louvre, potrebbe avere ispirato l'omonimo soggetto nel palazzo di Castiglione delle Stiviere; tuttavia, l'affresco è in controparte e presenta alcune varianti rispetto al dipinto di Mantegna.

Per quanto riguarda la città, si deve ricordare un fascione riemerso nella casa di via Broletto 50, all'ultimo piano del corpo di fabbrica a cavallo di vicolo Leon d'Oro. Si tratta di decori, ottenuti ripetendo un medesimo cartone, che mostrano una scena di battaglia di chiara impronta mantegnesca. Per questi dipinti, che mostrano una pennellata abbastanza sciolta, potremmo proporre una datazione forse già dopo il 1500 e sicuramente dopo il 1490, anno di rientro di Mantegna dal soggiorno romano (1488-90). Infatti, anche se non conosciamo la fonte grafica per questa composizione, gli affreschi potrebbero essere memori di un qualche antico riievo con battaglie (come ye ne erano posti sugli archi di trionfo e sui sarcofaci) mediato attraverso disegni che, dopo ii ritorno di Mantegna, a Mantova certamente non mancavano21.

12 SUITNER, NIc0LINI 1987, p. 71. 13 L'OCCASO 2005, p33. 14 Sul primo periodo mantovano di Mantegna cfr. TANZI 2008, pp. 177-186. 15 RAUSA 2006, pp. 182-188 da integrare con FAVARETTO 2010, pp. 46-50, BONDON 2010, pp. 55-69 e GIULIANO 2010, pp. 17-51. ' L'OccAso 2009a, pp. 16-17. 17 Zuccou 2006b, p. 82. 18 SUITNER 1989a, pp. 16-17. 19 Rossi 1999, pp. 151-157. 28 Per la fortuna di questa invenzione di Mantega cfr. CANOVA 2008, p. 281, INGRAVALLO 2008, p. 282, LITTA 2008, p. 286 e L'OccAso

2008c, p. 285. 21 ELAM 2008, p. 383.

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La diffusione di questi modelli decorativi desunti dall'arte di corte si spiega considerando lo "spirito di emulazione" della classe dirigente mantovana nei confronti della dinastia gonzaghesca 22 . Infatti, II marchese Ludovico II coinvolse, incentivandoli, anche i privati cittadini nel processo di Renovatio Urbis che, nell'arco di pochi decenni, portô al pressoché completo riassetto della città. Dopo avere consolidato II proprio potere poli-tico, ii marchese fu finalmente pronto a occuparsi della propria capitale, la cui inadeguatezza apparve evidente quando papa Pic, II Piccolomini convocô a Mantova, ii 1 giugno 1459, i rappresentanti degli stati cristiani per indire una crociata contro ii Turco. Nei decenni successivi, ii globale riassetto della città voluto da Ludovico, e proseguito dai suoi successori, comporto pii interventi integrati tra loro e realizzati secondo ii nuovo stile ri-nascimentale importato a Mantova dagli architetti toscani. A11'interno della reggia venne riallestito il medievale castello di San Giorgio (a cui si lavorava nel 1458) il cui cortile, cuore della trasformazione in palazzo marchio-nale, risale al 147223. Ai tempi di Federico I Gonzaga, figlio di Ludovico II, risale la Domus Nova che, perô, rimase incompiuta a causa della prematura morte del marchese (1484)24. Ii cuore della civitas nova dei mercanti venne risistemato secondo la volontà di Ludovico II di "imbellire et honorare le piazze", seguendo un dettame che riecheggia nel VII libro del De Re aediflcatoria25 . Ii marchese stabill un proprio patrocinio sui principali simboli della vita politica, economica, sociale e religiosa mantovana: tra le altre cose, il marchese riedificô i pa-lazzi comunali2t , eresse la casa del Mercat027 e questi interventi si sarebbero dovuti integrare con altri progetti menzionati da Alberti - "Sancto Laurentio, la logia et Vergilius" - che, perô, non vennero realizzati 28 . Al con-trario, nel 1472 Ludovico II intraprese ii cantiere albertiano di Sant'Andrea29 , che sostitul l'antica abbazia be-nedettina e che fu idealmente collegata al San Sebastiano, iniziato nel 1460 e posto all'altro estremo della città.

A questa impresa di trasformazione della città i Gonzaga chiamarono a partecipare anche i privati cittadini che, sulla base delle loro possibiità economiche, cercarono di costruirSi la casa pii bella e appariscente secondo i dettami del nuovo gusto. La realizzazione di una sontuosa dimora nel nuovo stile metteva in luce II committente come generoso mecenate30 . In questo modo la coStruzione di un palazzo divenne il momento in cui la vita pub-blica e la vita privata finirono per coincidere: la realizzazione della propria dimora non era solo un'azione utile a se stessi, ma un servizio alla comunità. A riprova di ciô si deve considerare che a partire dal XV secolo, per ricordare la realizzazione del palazzo di famiglia, il committente decise di fare apporre il proprio nome all'interno degli apparati decorativi del proprio palazzo. Di norma viene posta un'iscrizione a ricordo dell'impresa. Tipici sono i pilastrini angolari con il motto famigliare e la data di inizio o fine lavori e pare che il piü antico sia quello della casa del Mantegna, in via Acerbi 47 (1476)31. Tra le vane epigrafi celebrative, è particolarmente interessante quella che corre lungo la fascia marcapiano di palazzo Bonatti (corso Vittorio Emanuele 11122):

Nell'anno del Signore 1514, sotto Francesco Gonzaga, quarto marchese, gonfaloniere di Santa Romana Chiesa, it cavaliere e giurisperito Francesco Bonatti pose. Al tempo di Federico Gonzaga, terzo principe, ottimo e clementissimo, it giureconsulto e cavaliere Antonio Bonatti edificô da vivo, dalle fondamenta, a proprie spese, questa casa, qualunque

essa sia, decoro eterno delta patria e delta famiglia, nell'anno di grazia 148132.

Prendendo Spunto dall'epigrafe posta da Francesco Bonatti, occorre ora riflettere sulla nuova classe dirigente mantovana del Rinascimento a cui la famiglia citata apparteneva. A partire dal secondo Quattro-

22 SUITNER 1989a, pp. 16-17. 23 L'OCCASO 2006b, pp. 25-26. 24 TOGLIANI 2003 pp. 96-98. 27 BLANCHI CARPEGGIANI 2006, p.31. 26 COFANI et al. 2008. 27 FERLIsI 2001. 28 CALZONA 2011, p. 35. 29 Per la cronologia del cantiere albertiano cfr. JOHNSON 1975. ° TENENTI 1995. In generale cfr. SETTIS 2010.

31 SIGNOmNI 2010. 32 GraoNDI 2004, pp. 25-30.

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1. Ii primo Rinascimento 17

cento la dinastia dei Gonzaga si circondô di una nuova elite di famiglie devote alle quali venne demandata l'effettiva gestione dello stato33 , gestione che in un'epoca intrisa di valori di matrice feudale (e opportuno ricordarlo) era intesa come servizio alla persona del principe e non ad un'istituzione astratta34 . A differenza dell'antica nobiltà medievale, le nuove elite del basso Medioevo e del Rinascimento basavano la loro fortuna non su pretese feudali, ma sulla crescente stabilità patrimoniale derivata da attività economiche e lavorative, come ii commercio, le professioni ed ii servizio al principe. Contemporaneamente perô, II vertice della socie-ta non poteva dirsi raggiunto in assenza di un titolo nobiliare. Ciô è forse da leggersi anche come una delle conseguenze dell'investitura imperiale di Gianfrancesco Gonzaga a marchese (1433), che ristabiliva e legit-timava i legami di matrice feudale. Fu cos! che, come ogni corte che si rispetti, anche i Gonzaga iniziarono a creare i loro nobili. In realtà l'investitura imperiale a loro concessa non permetteva la creazione di veri e propri nobili (prerogativa che arriverà solo nel Cinquecento), ma concedeva la possibilità di creare cavalieri, come appunto accadde nel caso dei Bonatti 3 ' e dei Valenti36 . Al proposito sembra fondamentale ricordare gli studi di Marino Berengo sulle elite italiane di Antico Regime 31. Per ii noto storico, il "patrizio non è nobile", o perlomeno non necessariamente, ma piuttosto appartiene a una "classe dirigente mercantile in ascesa" e l'Italia fondamentalmente è "terra di patriziati". A Mantova esistevano si famiglie di antica nobiltà, come ad esempio gli Andreasi38 , ma spesso le famiglie che contavano nella società dell'epoca o non avevano un titolo o erano arrivate ad averlo in epoca tarda. Come scrive la Lazzarini, i nobili mantovani (nobili solo perché ricchi) furono "aristocraticizzati nel Cinquecento e nel Seicento" con l'effettiva acquisizione di feudi e di titoli, ma ii ceto nobiliare, di nuova o vecchia origine, sotto i Gonzaga non fu perô "mai realmente irrigidito e normativamente configurato" come invece era accaduto in altre città lombarde come Cremona o Milano39. Di fatto l'élite mantovana era molto eterogenea ed era costituita da famiglie con stone molto diverse tra loro, ma con un dato in comune: la vicinanza alla famiglia Gonzaga. Con la formazione della corte, a partire da-gli inizi del Quattrocento, il rapporto tra i Gonzaga e le famiglie piü ricche di Mantova si fece pii stretto e attorno al signore si andô a formare un insieme di personaggi illustri di diversa origine e professione: notai, ambasciatori, amministratori, ecclesiastici e uomini d'arme. Alcuni di questi provenivano da casate che ac-crebbero la loro fortuna in epoca comunale (come gli Agnelli 4° e i Cavniani) 41 , altni appartenevano all'aristo-crazia feudale (come gli Andreasi42 e gli Ippoliti) 43 , ma molti erano uomini nuovi, imprenditori nel ramo della lana e mercanti (si pensi agli Strozzi44 e ai Valenti) 45 , esperti di legge (come i Bonatti) 46 , notabili della corte (come gli Arrivabene) 47 o addirittura forestieri accolti benignamente dai Gonzaga (da Firenze i Nerli 8 , da Bagno di Romagna i Guidi, da Milano i Castiglione", da Fermo i Guerrieri)". E chiaro che durante questo periodo furono proprio queste nuove famiglie di burocrati e cortigiani le pin attive nell'attività edilizia, ed è

" Istituzioni 2001. LAZZARINI 2005; ROMANI 2005; da integrare con MOZZARELLI 2010.

" Gntoi'rni 2004, pp. 19-23. 36 GntoNDI 2009a, pp. 13-32. ' BERENGO 1975, p. 192.

FERRARI 2001, pp. 45-61. LAZZAMNI 2005, p. 497.

40 CASTAGNA, PREDARI 1991, pp. 44-48. 41 lvi. pp. 191-200 42 FERRARI 2001, pp. 45-Si. ° NAVARRINI 1998.

GUAITA 1993, pp. 15-20. '° GIRONDI 2009a, pp. 13-32. 46 GIR0NDI 2004, pp. 19-23. ° CASTAGNA, PREDARI 1991, pp. 81-89. 48 CASTAGNA, PREDARI 1992, p. 169. ° Faiasi 2003. 50 CASTAGNA, PREDARI 1991, pp. 173-182. 51 MEZZADRELLI 1993, pp. 33-34.

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altrettanto ovvio che, proprio a causa dello stretto legame con la dinastia gonzaghesca, le loro nuove residen-ze seguirono i dettami del nuovo gusto di corte.

A questo punto sembra opportuno interrogarsi su quali fossero i modelli di riferimento delle elite. Una premessa appare d'obbligo. La casa rinascimentale, anche quella di un principe, sembra essere in ultima analisi il frutto del felice incontro della tradizione medievale con la riscoperta umanistica dell'abitazione all'antica2. All'interno del contesto mantovano del secondo Quattrocento, dove poche erano le tracce archeologiche signi-ficative ed in un momento antecedente alla divulgazione a stampa di Vitruvio e delle sue interpretazioni, questa affermazione va perô mutuata con particolare attenzione perché nella città di Virgilio l'antico e nel XV secolo fondamentalmente quello desunto dai contatti con Padova (attraverso Donatello e soprattutto Mantegna)53 e con Firenze, grazie agli architetti toscani giunti alla corte dei Gonzaga. E a Firenze, definita da Federico da Montefeltro la "fontana di tutti gli architettori" 54 , che sembra doveroso guardare per trovare i riferimenti culturali e progettuali delle novità introdotte nel contesto mantovano. Nel clima della città medicea nacquero esempi paradigmatici come la nuova casa di Cosimo 155, caratterizzata da una conformazione planimetrica del tutto nuova in cui la sequenza "di ingresso a botte/cortile quadrato e porticato/giardino - secondo Bruschi - forse vuol riprendere, per la prima volta, quella della vitruviana <<casa degli antichi>>" 56. Con le conoscenze archeologiche dell'epoca, la comprensione del testo vitruviano era un'impresa ostica 57 , e la sequenza degli spazi di ingresso era in assoluto uno dei problemi piü ardui. Come sostenuto da Fiore, il solo che sembra averla corn-presa a suo tempo fu Leon Battista Alberti, a cui va ii merito di avere capito che l'atrio per i Romani non era lo spazio di ingresso prospiciente la strada, ma ii cortile, detto anche cavedio. Alberti

[ ... ] preferisce evitare uno stretto esame filologico del testo vitruviano 6 nel De re aedificatoria propende per una sintesi caratterizzata da termini nuovi, dove lo spazio centrale, da lui chiamato sinum - o cuore della casa secondo la felice traduzione del termine da parte di Orlandi - è già chiaramente enunciato come il principale elemento caratterizzante la nuova disposizione all'antica58.

Furono questi i principi che Alberti, Fancelli e Manetti Ciaccheri, il primo a fermarsi stabilmente a Manto-Va59 , portarono con loro dalla città medicea e che, stando alle realizzazioni, sopravvissero in gran parte nella città gonzaghesca anche quando all'inizio del '500 le edizioni di Fra Giocondo (Venezia, 1511) e Cesare Cesariano (Como, 1521) interpretarono in modo differente rispetto alla tradizione toscana e alle intuizioni albertiane le logiche dell'abitazione all'antica60.

Questi principi vennero integrati con la tradizione del mondo delle corti medievali che prevedeva un per-corso che terminava nella sala delle udienze, dove ii principe teneva la sua corte 61 . Dopo II grande salone, in posizione puus defilata, erano poi poste le camere private, di solito pressoche inaccessibii. Anche a Mantova i palazzi del patriziato urbano, ispirati agli stessi principi delle residenze marchionali, non mostrano sostanziali novità per quanto riguarda l'impostazione complessiva della distribuzione e delle funzioni 62 . Rispetto alle pre-cedenti residenze medievali, ai palazzi del XV secolo bastarono alcune semplici innovazioni, e dotti richiami umanistici, per modificare radicalmente II significato degli spazi. Ad esempio, il cammino che dall'ingresso portava alla sala delle udienze divenne un percorso cerimoniale e l'occasione per la messa in pratica dei principi

52 Per II caso mantovano cfr. GIR0NDI 2010a. " FAVARETTO 2010.

Bisuscni et al. 1978. ' Ii Palazzo Medici 1990.

56 BRUSCHI 1998, p. 105. ' CARPO 2001.

58 Fioius 2006, p. 99. CARPEGGIANI 2004, pp. 217-218.

60 PELLECCHIA 1992. 61 F0LIN 2010, pp. 22-30. 62 GIR0NDI 2010a.

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1. Il primo Rinascimento 19

dell'abitazione all'antica delle teorie di matrice vitruviana. E chiaro come, in un contesto di questo genere, le innovazioni apportate nel campo degli apparati decorativi abbiano giocato un ruolo chiave nella nuova defini-zione della casa rinascimentale.

C. MODELLI GONZAGHESCHI E VALENZA ARCHITETTONICA DELLA DECORAZIONE DIPINTA

C. I. La Camera degli Sposi e le deco razioni murali negli anni del Mantegna. 1470-1510 (Tav. 3)

Allo stato attuale degli studi, dagli archivi sono riemersi solo pochi nomi dei vari aiuti che affiancarono ii Man-tegna nelle decorazioni murali 63 . All'interno della reggia gonzaghesca, ai tempi di Ludovico II è nota la presenza di un Jacobus de Londres (1473) e, già durante ii marchesato di Federico I, di Marino di Jacopo da Lubiana, o Marino d'Istria (1479). I mandati di pagamento dei cantieri marchionali - abbastanza ben conservati tra II 1485 e la prima meta del Cinquecento - hanno restituito alcuni nomi: nel 1485, nel secondo anno del marchesato di Francesco II, sono testimoniati Giovanni Luca Liombeni - figlio di Michele da Pavia e autore di un fregio nell'appartamento nel Castello di San Giorgio di Isabella d'Este - "Francisco de Verona" (forse II Bonsignori), "Antonio de Papia" e, ovviamente, Andrea Mantegna. Costantino, Gian Luigi, e Zaccaria de Medici (figli di Domenico di Cristoforo) nel 1487 sono documentati a palazzo Arrivabene64.

Vediamo ora di provare ad approfondire i caratteri compositivi delle decorazioni murali mantovane del Rina-scimento. Per prima cosa e opportuno specificare come la valenza architettonica di questi ornati non sia una novità per la storiografia locale. Infatti, già nel 1989 la Suitner scrisse che "ii fregio mantovano, nella sua essenza, è quindi una sorta di trabeazione" i cui modelli sono, conseguentemente, gli ordini architettonici della classici6 65 . L'autrice si riferisce in particolare alla fascia di raccordo tra parete e soffitto nel caso esso sia costituito da un solaio ligneo. Dall'antico venne perlopiü ripreso, anche se con alcune rielaborazioni, l'ordine corinzio sia nella sua impostazione complessiva - con la composizione in architrave, fregio e cornice - sia nel disegno dei dettagli ornamentali.

Per quanto riguarda Mantova, innanzitutto si deve ricordare l'emblematico caso della Camera degli Sposi, che di certo ebbe modo di influenzare direttamente lo sviluppo delle arti virgiiane. In questo caso, come in altri im-portanti testi pittorici del Rinascimento italiano, la decorazione all'antica - con i suoi riferimenti alla romanità, vista come fonte per la legittimazione del potere - fu sviluppata con una partitura architettonica. Di diretta derivazione da Mantegna66 si deve segnalare ii motivo ad anelli in finto marmo intrecciati, già usato a Padova da Donatello nell'altare del Santo", e ripreso dal Mantegna a Mantova anche nella propria abitazione 68 , nel San Bernardino da Siena della Pinacoteca di Brera 69 , e nel disegno per II noto arazzo dell'Annunciazione70 . Questo motivo compare in vane realizzazione mantovane databili intorno agli anni '80 del Quattrocento: lo troviamo infatti tra i merli della facciata di via Massari 11-13 11 , tra quelli (oggi murati) del palazzo di via Bertani 29-31, tra le colonne dipinte della casa di via Frateffi Bandiera 172372 e nello zoccolo di una camera aifrescata nel palazzo Andreasi in via Cavour 7973

Dalla camera degli Sposi derivô in gran parte la concezione architettonica della decorazione murale man-tovana del Rinascimento ed appare significativo notare che, fino all'incirca alla morte del Mantegna (1506), i

63 L'OccAso 2003, pp. 138-139, 142, 149. 64 L'OCCASO 2005, p. 77. 65 SUITNER 1989a, pp. 16-17. 66 SIGNORINI 2007a, pp. 346-335. 67 AG0sTI 2008, p. 40; CAVAZZINI, GALLI 2008, pp. 56-57. 68 FEmIsI 2006, p. 166. 69 TANZI 2008, pp. 183, 187; UCCELLI 2006, p. 50. Milano, Pinacoteca di Brera, Reg. Cron. 188. ° Fawn GazzINI 2010.

71 VIscHI 2009, pp.56-57. 72 lvi, 2009, pp. 46-47.

L'OCCASO 2009a, p. 16. Evidentemente, si tratta di una preesistenza all'intervento cinquecentesco di Girolamo Andreasi (cfr. FERRARI 2001, pp. 21, 27) o di una tarda persistenza del motivo stesSo.

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piedritti degli ordini architettonici dipinti negli interni mantovani non furono colonne, ma - come nella Camera degli Sposi - paraste, che in molti casi dall'immaginario mantegnesco ripresero anche la decorazione a candela-bre monocrome. Seppur privi della decorazione a candelabre, pare giusto menzionare i dipinti, databii ancora alla fine del XV secolo, del "camerino dell'Architettura Dipinta", oggi inglobato nell'odierno corridoio dell'ap-partamento di Guastalla nel Palazzo Ducale 74 . Questo apparato ornamentale e significativo perché rappresenta uno degli effettivi modelli per la decorazione nelle abitazioni private; infatti, mentre nella Camera degli Sposi tra i piedritti trovano posto scene dipinte, nel camerino in questione vi sono, invece, campiture bianche arric-chite solo, sotto la trabeazione, da oscilla.

Da una camera al piano terra della casa Cavazzi in via XX Settembre 17, forse riferibile ad un momento prossimo all'anno 1500, proviene una parasta con candelabra monocroma su fondo ocra. Una datazione intor-no al 1500-20 potrebbe avere un ambiente al piano terra della sede mantovana del Politecnico di Milano, nel primo Rinascimento appartenente ad una dimora privata, ma successivamente inglobata nel convento delle Convertite di Santa Maddalena75 . Di un certo interesse sono i capitelli, pseudo-corinzi; qui, al posto delle foglie di acanto, troviamo girali fitomorfe, come in un capitello del cortile della villa Ghirardina a Motteggiana e in quelli di testa del portico della casa del Mercato in piazza Marconi. Inoltre, al posto delle volute vi sono delle foglie di acanto rovesciate, come in alcuni capitelli dei portici di corso Umberto I, in quelli di piazza Marconi 16 e della casa della Cervetta in piazza Erbe. Non sembra poi inopportuno ricordare - anche se non si tratta di un'abitazione - i pilastri della navata della chiesa della Madonna della Vittoria 76 . Qui, le paraste prevedono fondi di vario colore, a imitazione dei marmi antichi, mentre negli esempi precedenti ê presente solo l'ocra, forse a imitazione del finto mosaico in oro della Camera degli Sposi. In uno strappo proveniente da una casa demolita della contrada Bellalancia, e databile alla fine del Quattrocento, il fondo e b1u 77 , mentre e rosso in una parasta riemersa in un ambiente al piano terra del palazzo di via Nievo 20, databile - sulla base degli altri apparati ornamentali, intorno al 1480-1500. Nello stesso palazzo è di grande interesse l'andito di ingresso, ma della decorazione architettonica si sono conservati solo i capitelli. All'interno di questo panorama, sembra un'eccezione significativa II pilastro scanalato che compare in uno degli apparati ornamentali della casa del Mantegna, eretta a partire dal 147678.

C.2. Persistenza dell'architettura dzinta dopo ía morte diAndrea Mantegna. 1510-40 (Tav. 4)

I casi piil significativi conservati di decorazioni caratterizzate dall'ordine architettonico risalgono alla prima meta del Cinquecento. In questo periodo, quando presenti, i pilastri troveranno spesso una conformazione piü complessa. Nel salone di palazzo Andreasi, in via Cavour 79 (ristrutturato trail 1522 e II 1535) essi assumeranno ad esempio una forma. a T 79 . In un'altra camera poco nota dello stesso palazzo e nella sala dello Zodiaco nella palazzina della Valle (annessa al Museo di Palazzo d'Arco) troviamo il tema dell'intersezione degli ordini reso attraverso la ripetizione modulare del sistema "all'antica" dell'arco inquadrato da piedritti. In particolare, in questi ultimi dipinti, eseguiti dal Falconetto 80 , la parasta corinzia che regge la trabeazione e decorata da raffi-nate panoplie di gusto veneto ed i due piedritti pseudo-dorici che sostengono gli archi presentano candelabre a fondo blu81 . Archi (ma senza il tema dell'intersezione degli ordini) compaiono anche nell'andito di ingresso dell'attuale Museo della Città, ricavato nel volume eretto tra II 1511-12 quale ampliamento del palazzo di San

SUITNER 1989b. BIANc0NI, GIR0NDI 2007, pp. 17-19.

76 BAZZOTTI 2006a. L'OccAso 2011a, p. 119, n. 69. FERLIsI 2006, p. 155, da integrare con FI0RE 2010, p. 575. FERRARI 2001, p. 28.

80 SIGN0anII 2007b, pp. 130-170. 11 lvi, p. 130 per un confronto con II portale del palazzo in via Carlo Cattaneo 6 a Verona.

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1. Ii primo Rinascimento 21

Sebastiano 82 . In un'altra camera affacciata su via Cavour di palazzo Andreasi troviamo pilastri piii semplici, memori ancora delle esperienze quattrocentesche. Ricche candelabre ornano anche le paraste lignee, oggi col-locate nell'appartamento di Vincenzo I nel Palazo Ducale, forse provenienti dal palazzo di San Sebastiano83. Da segnalare sono anche le paraste della camera del Pavone nella villa Vescovile di Quingentole, databii al 152025 84 . Qui, i piedritti mostrano candelabre policrome che, in un certo senso, ricordano quelle del salone dello Zodiaco della palazzina della Valle e presentano interessanti capitelli pseudo-corinzi con cornucopie al posto delle volute. A Mantova, capitelli di questo tipo compaiono nel cortile di una casa di vicolo Salita 8 ed uno del tutto simile è nel fondale architettonico del dipinto della Circoncisione del Mantegna, databile al 1460 circa, oggi nella Galleria degli Uffizi di Firenze, ma originariamente nella cappella del Castello di San Giorgio86.

Dopo la morte di Mantegna (1506), accanto a paraste, troviamo anche colonne: si pensi, ad esempio, ad un lacerto riemerso nella loggia della casa di via Fratelli Bandiera 12, forse databile poco dopo ii 1514 (come gli altri decori della residenza) 87 . Nella casa della Beata Osanna Andreasi, in via Frattini 9, troviamo due camere databii al 1510-25 dove compaiono colonne a bulbo88 , secondo una particolare tipologia abbastanza diffusa nel contesto dell'Italia settentrionale. In particolare, per quanto riguarda Mantova, si deve ricordare un candelabro scolpito a bulbo, già attribuito all'Antico, oggi conservato nel Museo della Città89.

Una decorazione dal gusto ibrido isabelliano/giuliesco compare nella sala al primo piano della canonica di Sant'Egidio (in via Frattini 36). Sappiamo che anticamente nel camino della sala (oggi perduto) compariva il nome di Bartolomeo Cavazzi; egli fu rettore di Sant'Egidio dopo lo zio Ludovico, morto nel 1530, il quale aveva iniziato la ricostruzione della canononica ed il cui nome compare ancora in una cornice lapidea di una finestra al piano terra90 . Bartolomeo ingrandI la chiesa nel 1553 e completô la canonica entro il 1561, data che compare nella targa commemorativa posta nell'angolo con ii vicolo. In via ipotetica, i decori della sala potrebbero essere stati tra i primi interventi commissionati in canonica dal rettore Bartolomeo negli anni 1530-40. Gli ornati della sala prevedono colonne composite in marmo rosso che reggono una trabeazione con un alto fregio di cui si parlerà in seguito.

Ii grande salone di palazzo de Grado in piazza San Giovanni 3 sembra essere aiquanto tardo ed in esso, forse, vennero reimpigati vecchi cartoni, dipinti perô con una pennellata morbida e fluida che suggerisce una datazione complessiva agli anni '30 del Cinquecento. Forse, la presenza dello Stemma di Isabella d'Este puô suggerire una data ante quem, ovvero la morte della marchesa avvenuta nel 1539. Negli anni '30 del Cinque-cento II palazzo era abitato da Lucrezia de Grado - figlia del famoso medico gonzaghesco Antonio - e da suo marito, Camillo Capilupi, alla cui famiglia appartenne fino al XVII secolo91 . La presenza nel salone, accanto agli stessi Gonzaga e d'Este, di quello Capilupi, potrebbe confermare quanto detto. Conseguentemente, una data post quem potrebbe essere il 1520, anno di morte di Antonio de Grado. Inoltre, una datazione tarda per questi dipinti è suggerita anche dalla presenza di telamoni (oggi pressoché illeggibili ed in gran parte ricoStruiti dai recenti restauri) che ci conducono già verso la divulgazione in città delle innovazioni stilistiche e compositive raffaellesche introdotte a Mantova da Giulio Romano.

Una precisazione sembra opportuna: a parte il salone dello Zodiaco della palazzina della Valle (che mostra, tra le arcate, complesse raffigurazioni astrologiche) e quello di palazzo Andreasi (del quale, in veto, nulla si puô dire a causa della totale perdita della parte inferiore dei decori) i vari casi citati continuano, secondo la tradizione consolidatasi nei decenni precedenti, a mostrare campiture bianche tra i piedritti e non scene dipin-

82 BELLUZZI 2002, pp. 254-256. 83 BE1OzAGHI2012,p. 101. 84 BERSELLI, BORGHI 2011, pp. 103-105. ' Pcci-iior'i 1930, p. 46.

86 ATTARDI 2008. Firenze, Galleria degli Uffizi, inv. 1890, n. 910. TELLINI PERINA 2005, p. 87.

88 BAZZOTTI 2006b, pp. 198, 207-209. 89 RODELLA 2008, pp. 138-139. Sulla diffusione di queste colonne dr. GIR0NDI 2010c. 90 Gssi 2006, p. 61. 91 FEmulu 2001, p. 54. Su Antonio dr. Rebecchini 2002, p. 198 nota 49. ASMn, DPA, fm, vol IV, c. 337.

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22 Giulio Girondi

te. A conclusione di questo discorso puô essere significativo notare come lo schema compositivo dell'ordine architettonico non sia stato impiegato a Mantova solo nelle decorazioni delle residenze patrizie, ma anche negli ornati delle chiese, come ad esempio sembrano testimoniare i dipinti della cappella Striggi in Santa Maria della Carità (1523 circa)92.

D. TRABEAZIONI DEL SECONDO QUATTROCENTO E DEL PRIMO CINQUECENTO: INFLUSSI ED EREDITA DEL MAN-

TEGNA E DELL'ARTE DI CORTE

D. 1. Architravi e cornici delle trabeazioni

Dopo avere parlato dei piedritti, veniamo ora ad esaminare, seppur rapidamente, le trabeazioni degli apparati ornamentali mantovani del Rinascimento. In molti casi, le architravi non sono particolarmente originali e mo-strano le fasce intervallate da decori classici (ovoli e dardi, filari di perle, fusarole e dentelli) e questo uso, come Si visto in precedenza, e testimoniato già poco oltre la metà del Quattrocento: si pensi, uno per tutti, al fascione del palazzo degli Uberti. Tra la fine del XV Secolo e l'inizio del successivo, gli esempi sono numerosi ed elencarli tutti sembra fuori luogo; pin interessante sembra, invece, citare le eccezioni. Nell'atrio del palazzo di via Nievo 20(riferibile, come gli altri decori della residenza, agli anni 1480-1500) la trabeazione è particolarmente sottile e l'architrave è costituita, di fatto, solo da un flare di perle. In queSto apparato ornamentale anche i piedritti sono risolti in modo inconsueto e, sopra i capitelli, compaiono dei quadrati (quasi fossero dei pulvini) nel cui centro sono appesi gli oscifia. Nel camerino "dell'architettura dipinta" del Palazzo del Capitano (riferibile all'incirca agli stessi anni) l'architrave e composta da una successione di modanature 93 . Nei dipinti tardo-quattrocenteschi di una casa in corso Garibaldi le modanature che compongono l'architrave sono di una certa complessità e nella fascia inferiore compaiono archi poliobati come nel precedentemente citato fascione del palazzo degli Uberti94. Per quanto riguarda II primo Cinquecento si deve ricordare una camera al piano terra della casa della Beata Osanna AndreaSi in cui l'architrave mostra un disegno alquanto elaborato conferitole dal motivo del naStro annodato Sulla seconda fascia". In uno strappo, proveniente da una casa demolita nella contrada Bellalancia e databile a cavallo dell'anno 1500, l'architrave sembra essere una libera reinterpretazione dell'ordine classico e, di fatto, presenta una sola fascia (arricchita dal motivo del cancorrente) poSta tra modanature96.

A partire dagli anni '70-'80 del Quattrocento, e fin quasi alla meta del Cinquecento, sono numerosi i casi in cui gli apparati ornamentali sono composti da due faSce Sovrapposte: una inferiore (costituita da una sottile trabeazione con un fregio fitomorfo alquanto semplice) ed una superiore, composta solo da un fregio di gran-di dimensioni in cui trovano posto Svariati motivi ornamentali, dei quali si parlerà in seguito. Tra gli eSempi pin antichi si devono citare i decori di palazzo Secco a San Martino Gusnago, databii dopo ii 1477. Questa soluzione compare anche in una serie di strappi, conservati nel Museo della Città, provenienti dal palazzo di Gian Maria Calvisano, ristrutturato a partire dal 1494, di cui si conservano ancora le facciate ed II cortile rinascimentale98 . QueSto motivo ornamentale continuerà ad essere impiegato anche nella prima metà del Gin-quecento. Una camera della casa di piazza Storta 2 forse risale al 1500-20 (come suggerirebbero anche gli altri apparati ornamentali di cui si parlerà in seguito), ma in questo caso le due fasce sovrapposte hanno le medesime dimensioni. Nell'appartamento di Corte Vecchia di Isabella d'Este - decorato tra il 1522 ed II 1523 - troviamo questa impostazione, ma i rapporti proporzionali sono di nuovo come quelli degli esempi quattrocenteschi e la

92 GmoNDI 2010b, pp. 13-21. SUITNER 1989b. ZUCCOLI 1999, p. 82, fig. 24. BAZZOTTI 2006b, pp. 198-199.

96 L'OccAso 2011a, p. 118, nn. 65-68. TELLINI PERINA 1961a, pp. 342. BAZZOTTI 1993, p. 279 ritiene i decori dci rifacimenti ottocenteschi. L'OCCASO 2009a, p. 20. BROWN 2005, pp 125-130.

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1. Ii primo Rinascimento 23

stessa cosa vale anche per i dipinti di una camera al piano terra della casa di via Chiassi 59100, e per una al piano superiore del palazzo di via Mazzini 22 (databii entrambi al 1520-30, anche se gli ultimi appaiono oggi molto restaurati). Agli anni '30 sembra forse risalire l'apparato ornamentale del piano nobile del già citato palazzo de Grado in piazza San Giovanni 3.

Per quanto riguarda le cornici a coronamento delle trabeazioni dipinte nei fascioni delle residenze manto-vane, spesso nella decorazione murale era presente solo una modanatura (perlopii priva di ornamenti) imme-diatamente sopra il fregio, mentre il resto della decorazione era, di fatto, demandato agli ornati dei solai lignei di cui si parlerà in seguito. In alcuni casi, gran parte della cornice ê resa nella decorazione murale: si pensi, per quanto riguarda gli anni '80 del Quattrocento, all'andito del palazzo di via Nievo 20 (ma, in questo caso, ii sof-fitto è a volta e non è ligneo) ed ai saloni (oggi frazionati in due livelli) di palazzo Arrivabene (decorato intorno al 1487) e della casa di via Franchetti 13. Una datazione di questo tipo (1480-90) sembra avere anche uno strato dei decori della loggia della villa Vescovile di Quingentole, in cui troviamo una successione di modanature desunta con precisione antiquariale dal mondo classico: a quarto di cerchio con ovoli e dardi, gocciolatoio (a sezione rettangolare) e a gola rovescia. La SteSSa formula decorativa ritornerà anche all'inizio del Cinquecento, come dimostrano alcuni decori nel palazzo Pastore di Castiglione delle Stiviere'°', la camera decorata del Poli-tecnico, una già citata Stanza al piano terra della casa della Beata Osanna Andreasi ed alcuni ornati nell'appar-tamento di Corte Vecchia di Isabella d'Este.

Altre volte, la cornice poteva prevedere una fascia a dentelli, come ad esempio accade in una casa già citata in corso Garibaldi, riferibile agli anni '70-'80 del Quattrocento. Una soluzione simile compare anche in in alcu-ni Strappi, provenienti da una casa demolita nella contrada Bellalancia e databili a cavallo del 1500, oggi con-servati nel Museo di Palazzo Ducale 102 . Agli anni 1510-20 risalgono forse i fascioni - in cui compaiono ancora dentelli - nella casa di via Isabella d'Este 22 ed anche II salone del palazzo de Grado in piazza San Giovanni 3 (1530-40) mostra questo motivo ornamentale.

Nella casa del Mantegna - iniziata nel 1476 (come testimonia il pilastrino angolare) e decorata nei decenni successivi - compaiono importanti fascioni in cui gli ornati sono chiusi da cornici che, sostanzialmente, ripren-dono la diviSione delle architravi in fasce, intervallate da perle e fusarole. Un motivo ornamentale simile, privo perô delle decorazioni accessorie, compare anche nel fascione di una camera al piano nobile del palazzo de Grado (1530-40).

D.2. Gil oscilia. 1480-1540 (Tav. 5)

Al di Sotto delle trabeazioni dipinte, sia in presenza di piedritti, sia in loro assenza, gli apparati decorativi del primo Rinascimento potevano (nei casi piü ricchi) essere completati da un vasto repertorio di osciiia, ovvero di elementi decorativi appeSi ai fascioni affrescati. Anche in questo caso, il modello è l'arte del Mantegna: si pensi ad esempio alle lunette della Camera degli Sposi ed alle decorazioni ad essa iSpirate nel Castello di San Giorgio.

Ii ieit motiv di questo tipo di ornati SOflO sicuramente i festoni ed i nastri a cui potevano essere accoStati di-versi elementi desunti dall'antichità classica e dalla vita di corte dell'epoca. Nelle sale del già citato palazzo Secco (post 1477), tra festoni e nastri elaboratissimi, troviamo armature e stemmi gentiizi posti entro ghirlande tonde. Nel salone di palazzo Arrivabene (all'interno del quale nel 1487 lavorarono i fratelli de Medici), lo stemma di famiglia è racchiuso in uno scudo un p0' astratto e, come osciiia, troviamo anche tabuiae ansatae con epigrafi latine. Sfortunatamente, molte di queste sono lacunose, ma altre sono ancora ben leggibii; in una troviamo un versetto del libro del Siracide (5:15) HONOR ET GLORIA IN SERMONE SENSATI. In un'altra vi è scritto CLAEM[E]NTIA ROEORATUR THRONUS REGIS, che potrebbe essere una rielaborazione di un versetto del libro dei Proverbi (20:28): "Misericordia et veritas custodiunt regem et roboratur dementia thronus eius".

100 MARANI, AMADEI 1977, fig. 30. 101 Rossi 1999, p. 156. 112 L'OccAso 2011a, p. 118, nn. 65-68.