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INTRODUZIONE AL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 1

II SEMESTRE

A.A. 2009-2010

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO

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Francisco de Vitoria De Indis(1539):

E’ contro il diritto naturale che l’uomo tratti da nemico un altro uomo senza una ragione.

…Ogni animale ama il suo simile (Eccl. 13, 19). Così, sembra essere conforme al diritto naturale

l’amicizia nei confronti di tutti gli uomini, ed essere invece contro natura evitare il contatto

(consortium) con uomini inoffensivi

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Francisco de Vitoria De Indis

I diritti naturali dei popoli:1.Ius communicationis: il diritto naturale di socievolezza e

comunicazione;2.Ius peregrinandi et degendi: il diritto naturale di circolare e

viaggiare;3.Ius commercii: il diritto di commerciare con gli altri popoli;

4.Ius occupationis: il diritto di appropriarsi delle cose inutilizzate;

5.Ius migrandi: il diritto di trasferirsi in altri paesi e di acquisirne la cittadinanza;

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Francisco de Vitoria De Indis

I diritti naturali dei popoli:

1.Ius praedicandi et annunciandi Evangelium: il diritto naturale di predicare il Vangelo;

2.il diritto-dovere di correctio fraterna degli indigeni;3.il diritto-dovere di proteggere i convertiti dai loro

signori;4.il diritto di difendere i propri diritti anche con la

guerra;

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Francisco de Vitoria De Indis

Se gli indios volessero impedire agli spagnoli l’esercizio del diritto delle genti, come il commercio e le altre cose dette, gli spagnoli devono dapprima con

motivazioni e persuasione evitare lo scandalo, e mostrare con ogni mezzo che non vengono a recare loro danno, ma vogliono amichevolmente risiedere nella

loro terra e percorrerla senza causare loro danno alcuno. Devono mostrarlo non soltanto con le parole, ma anche con i fatti (…). Nondimeno, se dopo le

ragioni date loro, gli indios non volessero cedere, e ricorressero alla violenza, gli spagnoli potrebbero difendersi e prendere ogni precauzione necessaria alla

loro sicurezza, poiché è lecito respingere la forza con la forza. E non solo questo: essi possono anche costruire fortificazioni e difese, se in altro modo non è possibile essere sicuri; se patissero poi ingiuria, possono con l’autorità del sovrano vendicarla per mezzo della guerra, e avanzare gli altri diritti della

guerra

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Francisco de Vitoria De Indis

Questi indios, benché non siano, come si è detto, del tutto incapaci di giudizio, tuttavia sono poco distanti dagli esseri amenti, per cui sembra che non siano idonei a costituire e amministrare un Stato legittimo e ordinato in termini umani e civili. Perciò non hanno

leggi adeguate, né magistrati, e non sono nemmeno capaci di governare sufficientemente la famiglia. Per questo mancano anche

di scienze ed arti, non solo delle arti liberali, ma anche di quelle meccaniche, e di una agricoltura accurata, di artigiani e di altre molte cose utili e perfino necessarie alla vita umana. (…) Sono

quasi come le fiere e le bestie, e consumano alimenti non trattati, né pressoché migliori di quelli delle bestie. Pertanto potrebbero

affidarsi al governo di uomini più capaci e intelligent

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Gines de Sepulveda:

In prudenza e in accortezza, in virtù e in umanità questi barbari sono inferiori agli spagnoli come i bambini sono inferiori agli adulti e le

donne agli uomini, fra loro e gli spagnoli corre la stessa differenza che vi può essere fra gente feroce e crudele e gente di eccezionale clemenza,fra esseri straordinariamente intemperanti ed esseri

temperanti ed equilibrati, la stessa differenza – oserei dire – che intercorre fra le scimmie e gli uomini.

...Le popolazioni di tal fatta per diritto naturale devono obbedire agli uomini più civili, più assennati, per essere governati da costumi e

abitudini migliori. Ma, qualora ammoniti, rifiutino il comando, possono essere costretti con le armi, e tale guerra sarà giusta per diritto naturale,

come testimoniano Aristotele, Tommaso e Agostino

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Lezione n. 2

II SEMESTRE

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Michel de Montaigne Essais

Ora mi sembra (…) che in quel popolo non vi sia nulla di barbaro e di selvaggio, a quanto me ne

hanno riferito, se non che ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi; sembra infatti che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idea delle opinioni e

degli usi del paese in cui siamo. Ivi è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l’uso perfetto

e compiuto di ogni cosa.

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Michel de Montaigne Essais

Non mi rammarico che noi rileviamo il barbarico orrore che c’è in tale modo di fare, ma piuttosto il fatto che, pur giudicando le

loro colpe, siamo tanto più ciechi riguardo alle nostre. Penso che ci sia più barbarie nel mangiare un uomo vivo che nel mangiarlo

morto, nel lacerare con supplizi e martìri un corpo ancora sensibile, farlo arrostire a poco a poco, farlo mordere e dilaniare

dai cani e dai porci (come abbiamo non solo letto, ma visto recentemente, non fra antichi nemici, ma fra vicini e concittadini e, quel che è peggio, sotto il pretesto della pietà religiosa), che

nell’arrostirlo e mangiarlo dopo che è morto

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Michel de Montaigne Essais

Essi sono selvaggi allo stesso modo che noi chiamiamo selvatici i frutti che la natura ha prodotto da sé nel suo naturale sviluppo: laddove, in verità, sono quelli che col nostro artificio abbiamo alterati e distorti dall’ordine generale che dovremmo piuttosto chiamare selvatici. In

quelli sono vive e vigorose le vere e più utili e naturali virtù e proprietà, che invece noi abbiamo imbastardite in questi, soltanto per adattarle al

piacere del nostro gusto corrotto. (…) Non c’è ragione che l’arte guadagni il punto d’onore sulla nostra grande e potente madre natura.

Abbiamo tanto sovraccaricato la bellezza e la ricchezza delle sue opere con le nostre invenzioni, che l’abbiamo soffocata del tutto. Tant’è vero

che dovunque riluce la sua purezza, essa fa straordinariamente vergognare le nostre vane e frivole imprese

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Abbé Raynal Histoire des deux Indes

Barbari Europei! Lo splendore delle vostre imprese non ha ispirato affatto soggezione. Il loro successo non me ne ha nascosto l’ingiustizia. Io mi sono spesso imbarcato con il pensiero sui vascelli che vi portano

in queste contrade lontane; ma sceso a terra con voi, e divenuto testimone dei vostri misfatti, mi sono separato da voi, mi sono

precipitato tra i vostri nemici, ho preso le armi contro di voi, ho bagnato le mani nel vostro sangue. Lo dichiaro qui solennemente. E se

smetto almeno per un attimo di vedervi come dei nugoli di avvoltoi affamati e crudeli, con così poca morale e coscienza quanta ne hanno questi uccelli da preda, possa la mia opera, possa la mia memoria, se

posso sperare di lasciarne una dietro di me, cadere nell’estremo disprezzo, essere un oggetto di esecrazione!

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D. Diderot Supplément au voyage de Bougainville

Il tahitiano, del quale vuoi impadronirti come se fosse un animale, è tuo fratello. Voi siete due figli della

natura; quale diritto hai su di lui che non abbia lui su di te? Sei arrivato; ci siamo forse gettati sulla tua persona? Abbiamo forse saccheggiato il tuo vascello? Ti abbiamo

catturato ed esposto alle frecce dei nostri nemici? Ti abbiamo messo a lavorare i campi insieme agli animali?

Noi abbiamo rispettato in te la nostra immagine

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I. Kant Per la pace perpetua

L’America, i paesi dei negri, le Isole delle spezie, il Capo di Buona Speranza, ecc., all’atto della loro scoperta erano per loro terre di nessuno, non tenendo essi in nessun conto gli indigeni. Nell’India orientale (Indostan), con il pretesto di

stabilire ipotetiche stazioni commerciali, introdussero truppe straniere e ne venne l’oppressione degli indigeni,

l’incitamento dei diversi Stati del paese a guerre sempre più estese, carestie, insurrezioni, tradimenti e tutta la rimanente serie dei mali, come li si voglia elencare, che affliggono il

genere umano

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Lezione n. 3

II SEMESTRE

A.A. 2009-2010

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Francisco de Vitoria De potestate civili (1528), § 21:

L’intero mondo, che in un certo senso è una repubblica, ha il potere di emanare leggi giuste e convenienti per tutti, che

costituiscono il diritto delle genti. Da ciò consegue che coloro che infrangono il diritto delle genti, sia in pace che in guerra, commettono crimini mortali, almeno nel caso delle

più gravi trasgressioni come violare l’immunità degli ambasciatori. Nessun regno può scegliere di ignorare questo

diritto delle genti, perché esso ha la sanzione del mondo intero (totius orbis authoritate).

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F. SuarezDe legibus ac Deo legislatore (1612), II, XIX, 5:

Il genere umano, sebbene diviso in vari popoli e regni, ha cionondimeno una unità non solo di specie (specificam), ma anche per così dire

politica e morale. Questa unità è indicata dal precetto naturale del reciproco amore e della misericordia, precetto che si estende a tutti,

anche agli stranieri, di qualunque nazione siano.

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H. GrotiusDe iure predae commentarius:

…Gli uomini concordano nel modo più enfatico sulla proposizione che ci si addice avere cura per il benessere degli altri; perché l’accettazione di questa obbligazione può essere quasi definita come una caratteristica

distintiva dell’uomo. (…) In ciò consiste quella fratellanza tra gli uomini (hominum inter se cognatio), quello stato mondiale (mundi

civitas), raccomandatoci così frequentemente e così entusiasticamente dagli antichi filosofi e in particolare dagli Stoici, la cui prospettiva

Cicerone adotta. Questa concezione è dunque alla base dell’affermazione di Florentinus che a causa di una certa parentela

(cognatio) stabilita tra noi dalla natura è sacrilego (nefas) che l’uomo insidi un suo simile, un precetto che Cicerone molto propriamente

ascrive al diritto delle genti

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H. GrotiusDe iure belli ac pacis (1625), Prolegomena, § 23:

Se non c’è alcuna società che possa sussistere senza il riconoscimento di diritti reciproci, come Aristotele dimostra

attraverso l’esempio notevole di una società di briganti, a maggior ragione quella società che include l’intero genere

umano o numerosi popoli non potrebbe farne a meno. Ed è ciò che ha riconosciuto molto bene quello che ha detto che non si deve mai fare qualcosa di disonesto, nemmeno in favore della

patria [Cicerone, De officiis, I, XLV]. Aristotele biasima fortemente coloro che, mentre non vogliono consentire a

nessuno di comandare loro senza averne il diritto, nelle loro relazioni con gli stranieri non si preoccupano mai di ciò che è

giusto e ingiusto

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H. GrotiusDe iure belli ac pacis (1625), I, I, 14:

Il diritto delle genti è quello che acquista forza obbligatoria per effetto della volontà di tutti i popoli, o almeno della maggior parte di essi.

Dico della maggior parte, perché a parte il diritto naturale, che è anche chiamato diritto delle genti, non si trova altro diritto che sia comune a tutte le

nazioni. Spesso ciò che è diritto delle genti da una parte della terra, non lo è dall’altra…

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H. GrotiusDe iure belli ac pacis (1625), I, I, 14:

Ora il diritto delle genti si prova nello stesso modo del diritto civile non scritto, vale a dire

attraverso la pratica perpetua e la testimonianza degli esperti. Poiché, come nota molto bene l’oratore Dione Crisostomo, questo diritto è

l’opera del tempo e dell’uso…

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Lezione n. 4

II SEMESTRE

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T. HobbesLeviathan, I, XIV:

Il diritto naturale è “la libertà che ogni uomo ha di usare il suo potere, come egli vuole, per la

preservazione della propria natura, vale a dire, della propria vita, e per conseguenza, di fare qualunque cosa nel suo giudizio e nella sua

ragione egli concepirà essere il mezzo più atto a ciò”.

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T. HobbesLeviathan, I, XII:

Durante il tempo in cui gli uomini vivono senza un potere comune che li tenga tutti in soggezione, essi si trovano in quella condizione che è chiamata guerra e tale guerra è quella di ogni uomo contro

ogni altro uomo. La guerra, infatti, non consiste solo nella battaglia o nell’atto del combattere, ma in un tratto di tempo, in cui è

sufficientemente conosciuta la volontà di contendere in battaglia. (…) Infatti, come la natura delle condizioni atmosferiche cattive

non sta solo in un rovescio o due di pioggia, ma in una inclinazione a ciò di parecchi giorni insieme, così la natura della guerra non

consiste nel combattimento effettivo, ma nella disposizione verso di esso che sia conosciuta e in cui, durante tutto il tempo, non si dia

assicurazione del contrario. Ogni altro tempo è pace…

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T. HobbesLeviathan, I, XIII:

… Perciò tutto ciò che è conseguente al tempo di guerra in cui ogni uomo è nemico ad ogni uomo, è anche conseguente al tempo in cui

gli uomini vivono senz’altra sicurezza di quella che la propria forza e la propria inventiva potrà fornire loro. In tale condizione non c’è

posto per l’industria, perché il frutto di essa è incerto, e per conseguenza non v’è cultura della terra, né navigazione, né uso dei prodotti che si possono importare per mare, né comodi edifici, né macchine per muovere e trasportare cose che richiedono molta

forza, né conoscenza della faccia della terra, né calcolo del tempo, né arti, né lettere, né società, e, quel che è peggio di tutto, v’è

continuo timore e pericolo di morte violenta, e la vita dell’uomo è solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve .

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T. HobbesLeviathan, I, XVIII:

Si dice che uno stato è istituito, quando una moltitudine di uomini si accorda e pattuisce, ognuno con ogni altro, che

qualunque sia l’uomo o l’assemblea di uomini cui sarà dato dalla maggior parte, il diritto a rappresentare la persona di

loro tutti (vale a dire, ad essere il loro rappresentante), ognuno, tanto chi ha votato a favore quanto chi ha votato

contro, autorizzerà tutte le azioni e i giudizi di quell’uomo o di quell’assemblea di uomini, alla stessa maniera che se fossero propri, al fine di vivere in pace tra di loro e di

essere protetti contro gli altri uomini

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T. HobbesLeviathan, I, XIII:

Si può per avventura pensare che non vi sia mai stato un tempo né uno stato di guerra come questo, ed io credo

che generalmente non vi sia mai stato su tutto il mondo: ma vi sono molti luoghi nei quali gli uomini vivono così,

ai tempi nostri. Infatti, in parecchi luoghi dell’America, i selvaggi, se si eccettua il governo di piccole famiglie la

cui concordia dipende dalla concupiscenza naturale, non hanno affatto un governo, e vivono, oggigiorno, in quella

maniera brutale che ho detto prima.

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T. HobbesLeviathan, I, XIII:

Anche se non ci fosse mai stato un tempo in cui gli individui fossero in condizione di guerra l’un contro l’altro, tuttavia in

tutti i tempi, i re e le persone dotate di autorità sovrana, a causa della loro indipendenza, si trovano ad avere continue

gelosie, e ad essere nello stato e nella posizione dei gladiatori che stanno con le armi puntate e gli occhi fissi l’uno sull’altro, cioè, con forti, guarnigioni e cannoni alle

frontiere dei loro regni e con spie continuamente nei territori che sono vicini a loro; ciò è una posizione di guerra. Ma per il fatto che così essi sostengono l’industria dei loro sudditi, non segue da ciò quella miseria che accompagna la libertà

dei singoli.

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T. HobbesLeviathan, I, XIII:

il diritto delle genti e la legge di natura sono la stessa cosa. E ogni sovrano, nel procurare la sicurezza del suo popolo, ha lo stesso diritto che può avere qualunque uomo particolare nel procurare la sicurezza del suo stesso corpo. La stessa legge che detta agli uomini che non hanno governo civile quel che

essi devono fare e quello che devono evitare, l’uno nei riguardi dell’altro, detta le stesse cose agli Stati, cioè alle

coscienze dei principi sovrani e delle assemblee sovrane, non essendovi corte di giustizia naturale se non nella coscienza,

dove non regna alcun uomo, ma Dio…

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Voltaire,Le Siècle de Louis XVI:

Da un pezzo si poteva considerare l’Europa cristiana (tranne la Russia) come una specie di grande repubblica divisa in più stati, gli uni monarchici, gli altri misti, quali aristocratici, quali popolari, tutti però in reciproca comunicazione,

con una stessa base religiosa, benché divisi fra varie sette, con gli stessi principi politici e di diritto pubblico, ignoti nelle altre parti del mondo. Questi

princìpi impongono alle nazioni europee di non far schiavi i loro prigionieri, di rispettare gli ambasciatori dei nemici, di accordarsi sulla preminenza e su

taluni diritti di certi capi, quali l’imperatore, i re e altri minori principi, e di mantenere con saggia politica, fin quando è possibile, un equilibrio di forze

con l’opera continua dei negoziati protratta fin nel mezzo della guerra, tenendo le une presso le altre ambasciatori o altri spioni meno onorandi che possono

informare tutte le corti dei piani di una sola, dar di conserva l’allarme in Europa e garantire i più deboli dall’invasione, a cui il più forte è sempre

disposto…

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Lezione n. 5

II SEMESTRE

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Tommaso d’Aquino:

Le condizioni della guerra giusta:

1) Deve essere proclamata dal principe (ovvero dall’autorità legittima);

2) Deve derivare da una giusta causa, e cioè da «una colpa da parte di coloro contro cui si fa la guerra»;

3) l’intenzione di chi combatte deve essere retta, e cioè mirare «a promuovere il bene e ad evitare il

male».

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Hugo Grotius:

Una guerra sarà giusta, nello stesso senso in cui si dice testamento giusto, giuste nozze […]. E’

importante fare questa precisazione perché molti, mal interpretando il termine giusto,

ritengono che tutte le guerre cui questa qualifica non attenga siano condannate come

inique o illecite.

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Hugo Grotius:

Perché la guerra sia solenne secondo il diritto delle genti si richiedono due condizioni: in primo luogo che entrambe le parti che la fanno siano investite nella loro nazione

dell’autorità sovrana; e in secondo luogo che si osservino determinate formalità.

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Hugo Grotius:

la ragione per cui alle nazioni è parso bene così, consiste nel fatto che volersi pronunciare sulla giustizia di una guerra

tra due popoli sarebbe pericoloso per gli altri, che in questo modo si troverebbero coinvolti in una guerra

altrui. […] C’è anche da dire che, sia pure in una guerra legittima, non si può mai sapere, attraverso indicazioni

esteriori, quale sia il giusto limite accordato per difendersi, per proteggere i propri beni, o per infliggere una punizione; è quindi parso più conveniente lasciare

questa valutazione alla coscienza dei belligeranti, invece che ad arbitri esterni .

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E. de Vattel, Droit des Gens:

La prima regola di questo diritto, nell’ambito di cui stiamo trattando, è che la guerra regolare, quanto ai

suoi effetti, deve essere considerata giusta da entrambe le parti. Ciò è assolutamente necessario

(…) se si vuole dare un po’ d’ordine e di regole ad uno strumento violento come le armi, fissare dei

limiti alle calamità che produce e lasciare una porta sempre aperta al ritorno della pace […].

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E. de Vattel, Droit des Gens:

Così i diritti fondati sullo stato di guerra, la legittimità dei suoi effetti, la validità delle conquiste fatte con le armi, non

dipendono per nulla – da un punto di vista esteriore, e in un ambito umano – dalla giustizia della causa, ma dalla

legittimità dei mezzi in se stessi, ossia da tutto ciò che è necessario perché la guerra sia regolare (une guerre en forme). Se il nemico osserva tutte le regole della guerra

regolare, noi non siamo autorizzati a lagnarci di lui, come se avesse infranto il diritto delle genti: egli pretende tanto

quanto noi di esercitare un proprio buon diritto. Non abbiamo altra risorsa che la vittoria, o di cercare un

accomodamento .

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E. de Vattel, Droit des Gens:

La guerra regolare (guerre en forme) può essere chiamata “anche guerra regolata, perché vi si osservano alcune regole prescritte o dalla legge naturale o adottate per consuetudine. Bisogna

accuratamente distinguere la guerra legittima e regolare (legittime & dans les formes) da quelle guerre informali e illegittime, o meglio da quei

brigantaggi, che si fanno o senza l’autorità legittima o senza un motivo apparente o ancora

senza formalità o solamente per saccheggiare”.

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E. de Vattel, Droit des Gens:

Per capire bene il fondamento di questa distinzione è necessario rammentare la natura e il fine della guerra legittima. La legge

naturale la consente solo come rimedio contro l’ostinata ingiustizia. Da qui derivano i diritti che concede (…) e ancora da qui le regole che

bisogna rispettare. E visto che è possibile che l’una o l’altra parte abbia il buon diritto dalla propria parte, e che nessuno, data

l’indipendenza delle nazioni, possa giudicare, per tutto il periodo della guerra, la condizione dei due nemici è la stessa. Perciò quando una nazione o un sovrano ha dichiarato guerra a un altro sovrano a

causa di un contenzioso che si è aperto fra di loro, la loro guerra è ciò che chiamiamo una guerra legittima fra nazioni, e regolare; e (…)

secondo il diritto volontario delle genti gli effetti sono gli stessi da una parte e dall’altra, indipendentemente dalla giustizia della causa.

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E. de Vattel, Droit des Gens:

Niente di tutto questo vale per una guerra informe e illegittima, chiamata con più ragione

brigantaggio. Intrapresa senza nessun diritto, senza neppure un motivo apparente, essa non può

produrre effetti legittimi né conferire alcun diritto a colui che ne è l’autore. La nazione

attaccata da nemici di questo tipo non ha alcun obbligo di osservare nei suoi confronti le regole

prescritte per la guerra regolare (guerre en forme): li può trattare come briganti.

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E. de Vattel, Droit des Gens:

se le altre [Nazioni] pretendessero di (…) giudicare [una Nazione], esse attenterebbero alla sua libertà, la

colpirebbero nei suoi diritti pù preziosi. Inoltre, ciascuno tirando la giustizia dalla sua parte, si attribuirebbe tutti i

Diritti della Guerra, pretendendo che il suo nemico non ne abbia alcuno, che le sue ostilità non siano che atti di

brigantaggio, di infrazioni al diritto delle genti, degne di essere punite da tutte le Nazioni. La decisioni di diritto, della controversia, non ne sarebbe avvantaggiata e la

disputa diverrebbe più crudele, più funesta nei suoi effetti, più difficile da terminare

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E. de Vattel, Droit des Gens:

1) La guerra regolare (Guerre en forme), per quanto riguarda si suoi effetti, deve essere considerata come giusta da una

parte e dall’altra;2) Poiché il diritto è reputato eguale tra i due nemici, ciò che è

permesso all’uno, in virtù dello stato di guerra, è anche permesso all’altro;

3) Questo diritto delle genti volontario, ammesso per necessità e per evitare mali peggiori, non attribuisce a

colui le cui armi sono ingiuste un vero e proprio diritto, capace di giustificare la sua condotta e rassicurare la sua

coscienza, ma solo l’effetto esteriore del diritto e l’impunità tra gli uomini.

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INTRODUZIONE AL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 3

II SEMESTRE

A.A. 2009-2010

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Articoli preliminari:

1. Nessun trattato di pace deve considerasi tale, se è stato fatto con la tacita riserva di pretesti

per una guerra futura;

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Articoli preliminari:

2. Nessuno Stato indipendente (non importa se piccolo o grande) può venire acquistato da un

altro per successione ereditaria, per via di scambio, compera o donazione;

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Articoli preliminari:

3. Gli eserciti permanenti (miles perpetuus) devono col tempo scomparire interamente;

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Articoli preliminari:

4. Non si devono contrarre debiti pubblici in vista di controversie fra Stati da svolgere

all’estero;

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Articoli preliminari:

5. Nessuno Stato deve intromettersi con la forza nella costituzione e nel governo di un

altro Stato;

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Articoli preliminari:

6. Nessuno Stato in guerra con un altro deve permettersi atti di ostilità che renderebbero

impossibile la reciproca fiducia nella pace futura: come, ad esempio, l’assoldare sicari ed avvelenatori,

la rottura della capitolazione, l’istigazione al tradimento nello Stato al quale si fa la guerra, ecc…

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

La guerra è (…) solo il triste mezzo necessario allo stato di natura (dove non esiste tribunale che possa giudicare secondo il diritto) per affermare con la forza il proprio

diritto, non potendo in tale stato esser considerata nemico ingiusto nessuna delle due parti (perché ciò

presuppone già una sentenza giudiziaria) e decidendo solo l’esito del combattimento (come nel cosiddetto

giudizio di Dio) da quale parte stia il diritto:

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

ma tra due Stati non è concepibile una guerra punitiva (bellum punitivum) poiché tra essi non sussiste un rapporto di superiore ad inferiore. Ne segue che una guerra di sterminio

in cui la distruzione può colpire contemporaneamente entrambe le parti ed ogni diritto venire soppresso, darebbe

luogo alla pace perpetua unicamente sul grande cimitero del genere umano. Una simile guerra, e con essa l’uso dei mezzi che vi conducono, dev’essere pertanto assolutamente vietata.

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Primo articolo definitivo:

“La costituzione civile di ogni Stato dev’essere repubblicana”

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

La costituzione fondata in primo luogo secondo i principi della libertà dei membri di una società (in quanto uomini), della dipendenza di tutti da

un’unica legislazione (in quanto sudditi), in terzo luogo dell’uguaglianza di tutti (in quanto

cittadini) è quella repubblicana

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Secondo articolo definitivo:

“Il diritto internazionale deve fondarsi su un federalismo di liberi

Stati”

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

I modelli di unione internazionale:

Lo «Stato di popoli (Völkerstaat)» o «Civitas gentium»

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

«Per gli Stati, nel rapporto tra loro, è impossibile pensare di uscire dalla condizione di della mancanza di

legge, che non contiene altro che la guerra, se non rinunciando, esattamente come fanno i singoli individui, alla loro libertà selvaggia (senza legge), sottomettendosi

a pubbliche leggi costrittive e formando uno Stato dei popoli (civitas gentium), che dovrà sempre crescere, per

arrivare a comprendere finalmente tutti i popoli della

terra»

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

I modelli di unione internazionale:

La «federazione di pace» o «federazione di popoli (Völkerbund)»

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

«Questa federazione non si propone la costruzione di una potenza politica, ma semplicemente la

conservazione e la garanzia della libertà di uno Stato preso a sé e contemporaneamente degli altri Stati

federati, senza che questi si sottomettano (come gli individui nello stato di natura) a leggi pubbliche e alla

costrizione da esse esercitate »

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Per gli Stati che stanno tra loro in rapporto reciproco non può esservi altra maniera razionale per uscire dallo stato naturale senza leggi, che è soltanto stato di guerra,

se non rinunciare, come i singoli individui, alla loro libertà selvaggia (senza leggi), consentire a leggi

pubbliche coattive e formare così uno Stato di popoli (civitas gentium) che si estenderebbe sempre più ed

abbraccerebbe infine tutti i popoli della terra.

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STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Ma poiché essi, secondo la loro idea del diritto internazionale, non vogliono ciò affatto e rigettano quindi in

ipotesi ciò che in tesi è giusto, così, in luogo dell’idea positiva di una repubblica universale (e perché non tutto

debba andare perduto) rimane soltanto il surrogato negativo di una lega permanente e sempre più estesa, come unico

strumento possibile che ponga al riparo dalla guerra e arresti il torrente delle tendenze contrarie al diritto, sempre però con

il continuo pericolo che queste erompano nuovamente

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

Terzo articolo definitivo:

“Il diritto cosmopolitico dev’essere limitato alle condizioni dell’universale

ospitalità”

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALEI. Kant, Per la pace perpetua:

…Ospitalità significa che il diritto che uno straniero ha di non essere trattato come un nemico a causa del suo

arrivo sulla terra di un altro. Questi può mandarlo via, s ciò non mette a repentaglio la sua vita, ma fino a quando

sta al suo posto non si deve agire verso di lui in modo ostile. Non è un diritto di accoglienza a cui lo straniero possa appellarsi (…) ma un diritto di visita, che spetta a

tutti gli uomini…