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I GRANDI PENSATORI DELL’ISLAM CONTEMPORANEO_____

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RingraziamentiUn grazie particolare agli amici e preziosi allievi: al dott. Nasser Ismail per la consu-lenza linguistica sulle fonti in lingua araba, il riscontro puntuale delle trascrizioni, laverifica delle informazioni storiche sui Fratelli Musulmani; al dott. Andrea Duranti, chenon mi ha fatto mancare il suo utilissimo sostegno.Il ringraziamento più grande al mio compagno Giuseppe, sempre vicino nei momentidifficili, per l’infinita pazienza.

Nota sulle trascrizioniSi è preferito semplificare al massimo la trascrizione dalla lingua araba, evitando i segnidiacritici e utilizzando gli allungamenti vocalici solo per i termini tecnici arabi, i titoli divolumi, i titoli di giornali, i nomi di enti, istituzioni, case editrici. Nell’indice dei nomi pro-pri, i personaggi arabi sono indicati seguendo la struttura del nome nella lingua araba.

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Patrizia Manduchi

Questo mondo non è un luogo per ricompense

Vita e opere di Sayyid Qutb, martire dei Fratelli Musulmani

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Copyright © MMIXARACNE editrice S.r.l.

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ISBN 978–88–548–2771–4

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: agosto 2009

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Questo libro è dedicato a tutti coloro che sono morti per quello che hanno scritto.

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Non sono d’accordo con te, ma darei la vita per

consentirti di esprimere le tue idee.

Voltaire

Khaled presentò a taha gli amici dello studentato:

erano tutti contadini, brava gente, molto devoti e

poveri. taha cominciò ad andarli a trovare ogni

giovedì. recitavano insieme la preghiera della sera,

poi si mettevano a chiacchierare. Grazie a quelle di-

scussioni comprese per la prima volta che la so-

cietà egiziana era ancora una società preislamica: il

potere infatti ignorava la legge coranica e i principi

divini venivano profanati in pubblico. la legge

dello stato permetteva gli alcolici, l’adulterio e

l’usura. Comprese anche il significato del comu-

nismo che era nemico della religione, e gli orribili

crimini commessi da ‘abd al-Nasser contro i Fra-

telli Musulmani. insieme a loro leggeva i libri di

‘abu al-a‘la al-Mawdudi, Sayyed Qutb, Yusef al-

Qardawi e ‘abu Hamed al-Ghazali.

‘ala al-aSwaNi, Palazzo Yacoubian, Feltrinelli 2006

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Indice

Introduzione

I protagonisti del pensiero radicalista, – Perché Sayyid Qutb,

Capitolo IGli anni della formazione. Un bambino di paese

L’autobiografia, – La scuola e il kuttab, – L’Islam popolare: geni,demonietti e posseduti da Dio, – La scoperta dell’amor di patria e dell’ingiustizia sociale,

Capitolo II

Dall’entusiasmo nazionalistico alla giustizia sociale nell’Islam

I primi anni al Cairo, – L’impiego al Ministero dell’Istruzione e le primepubblicazioni, – La giustizia sociale nell’Islam (1949),

Capitolo III

Il viaggio negli Stati Uniti: l’America che lui ha visto

L’arrivo nel Nuovo Mondo, – Il soggiorno a Greely, Colorado, – Il diariodi viaggio, – Gli americani, – I riprovevoli gusti degli americani,

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Capitolo IV

Una nuova nascita. L’adesione ai Fratelli Musulmani

I Fratelli Musulmani, – Il rientro in Egitto e l’affiliazione alla Fratellanza, – La rivoluzione benedetta, – Il carcere, il processo e la condanna

Capitolo VMa‘alim fı ’l tarıq: i suoi “quaderni dal carcere”

Dentro e fuori dalle patrie galere, – L’opera più impegnativa: All’ombradel Corano (1952-1959), – Il testamento politico: Pietre Miliari (1964),

– Le pagine del Ma‘alim, – L’avanguardia di Dio, – Il grande rifiutoe la terribile repressione,

Capitolo VI

La straordinaria diffusione del suo pensiero

Dal martirio alla celebrazione, – L’inizio della strada, ‒ I devotiseguaci: Mustafa Shukri, – I devoti seguaci: ‘Abd as–Salam Faraj, –I nuovi qutbisti: ‘Abdallah Yusuf Mustafa ‘Azzam, – I nuovi qutbisti:Ayman al-Zawahiri,

Appendice I – Bibliografia completa delle opere di Sayyid Qutbcon l’anno della prima edizione

Appendice II – The world is an undutiful boy!

Bibliografia

Indice dei nomi

Indice

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Introduzione

L’obiettivo di questo lavoro è quello di approfondire la biografia diun personaggio noto a studenti e studiosi dell’Islam contemporaneocome uno dei grandi del pensiero fondamentalista islamico, le cui ela-borazioni concettuali costituiscono ancora oggi l’impalcatura ideologicadella formazione personale di migliaia di militanti protagonisti delle vi-cende più drammatiche del mondo islamico negli ultimi decenni.

Si tratta dell’egiziano Sayyid Qutb, teorico di riferimento dell’interagalassia radicalista e figura di spicco dei Fratelli Musulmani egiziani,giustiziato sotto Nasser nel , le cui opere circolano più o meno clan-destinamente ancora oggi, a oltre quarant’anni dalla morte del loro au-tore, in tutto il mondo musulmano, dal Marocco all’Indonesia, e ovun-que vengono lette con lo stesso interesse da migliaia di personestimolando polemiche e opinioni molto contrastanti.

Tuttavia, per meglio comprendere il personaggio in questione, il suoruolo nel dibattito intellettuale nell’Egitto dell’epoca e, non ultimo, le mo-tivazioni fondamentali del suo straordinario successo e della sua tragicafine, non possiamo partire direttamente dalla sua vita e dalla sua scrittura,perché il suo pensiero si inserisce in un plurisecolare filone, del quale èdebitore, e solo ripercorrendone le origini — seppure a grandissime li-nee — possiamo collocare meglio questo personaggio e la sua elabora-zione teorica nella storia del pensiero islamista radicale. È necessaria dun-que una breve (assolutamente non esaustiva) parentesi iniziale epropedeutica, prima di dedicarci all’oggetto specifico del nostro lavoro.

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. Preferiamo qui utilizzare il più diffuso termine “fondamentalismo”, ormai entrato nel-l’uso comune, al posto del più corretto e specifico “radicalismo”. Entrambi i termini saranno uti-lizzati nel presente lavoro, sostanzialmente come sinonimi.

. Quello che viene definito il network dell’internazionale jihadista è in realtà una galassia dimovimenti militanti e spesso armati che si richiamano al jihad contro l’Occidente, sbrigativa-mente definiti dai mass–media come filiali di al–Qµ‘ida (La base). Per una prospettiva storica, cfr.B. ETIENNE, L’islamismo radicale, Rizzoli, Milano ; più recenti e specifici sulla “rete del ter-rore”, cfr. G. KEPEL, Jihad. Ascesa e declino. Storia del fondamentalismo islamico, Carocci, Roma e L. WRIGHT,The looming tower: al–Qaeda and the road to /, Alfred A. Knopf, New York, ed. it. Le altissime torri, Adelphi, Milano .

. In particolare fra il (quarta guerra arabo–israeliana e “vittoria” delle petro–monarchiesaudite contro Israele e Occidente) e il (rivoluzione iraniana, accordi di Camp David, inva-sione dell’Afghanistan da parte dell’“infedele” russo).

. Grazie non solo alle potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione, ma anche all’ambi-guità del suo messaggio, fortemente demagogico e utopistico, come ci ricorda Oliver ROY nelsuo L’echec de l’Islam politique, Seuil, Parigi .

Introduzione

I protagonisti del pensiero radicalista

L’ideologia che sottende allo sviluppo di quel fenomeno cono-sciuto con il nome di fondamentalismo islamico è decisamente menonota rispetto all’attivismo politico, alle azioni cruente dei gruppi ter-roristici, alle vicende dei protagonisti del jihadismo contemporaneo.

In realtà non è possibile prescindere dall’elaborazione teorica chesta dietro la “rete” organizzativa, poiché il fondamentalismo islamicoè innanzitutto una rivoluzione culturale, che parte dalla ideologizza-zione della religione, da una visione principalmente politica dell’Islam,incentrata sul progetto di instaurazione di uno Stato basato sullasharı‘a, la Legge sacra dell’Islam.

Nonostante l’Associazione dei Fratelli Musulmani, nata alla fine de-gli anni Venti, sia universalmente riconosciuta come il movimento fon-datore di questa particolare corrente di pensiero, è negli anni Sessantache la rinascita dell’Islam comincia ad essere meglio teorizzata, trovandoradicamento concreto a partire dal decennio seguente, con sorpren-dente successo, in contesti geo–culturali del mondo islamico molto di-stanti fra loro.

Il messaggio fondamentalista promette di restaurare la società giustae genuina dei primi tempi dell’Islam, afferma che l’Islam è la soluzionea tutti i problemi delle società musulmane e che il buon musulmano devecombattere contro tutti i nemici interni ed esterni dell’Islam, mantenendo

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. Per qualche sintetico ma assolutamente stimolante contributo sul pensiero radicalista isla-mico cfr. Y.M., CHOUEIRI, Il fondamentalismo islamico, Il Mulino, Bologna ; R. GUOLO, Il par-tito di Dio: l’Islam radicale contro l’Occidente, Guerini e Associati, Milano e R. GUOLO, Ilfondamentalismo islamico, Laterza, Bari .

Introduzione

un comportamento integerrimo e rigoroso e rigettando le contaminazionie l’atteggiamento di sudditanza culturale verso l’Occidente.

Anche a causa dell’assoluta mancanza, nella stragrande maggioranzadei Paesi del mondo musulmano, di altri spazi di libertà di espressioneche non siano la moschea, l’ideologia radicale si diffonde con relativafacilità rispetto ad altri discorsi politici, che trovano ben poca dispo-nibilità da parte dei regimi al potere, e conquista ampie fasce di po-polazione, soprattutto nei ceti medio–bassi.

La capillare opera di islamizzazione dal basso che i movimenti met-tono in essere si pone l’obiettivo — come i militanti islamici sottoli-neano nei loro slogan — di islamizzare la modernità e non di moder-nizzare l’Islam, e lo fa sfruttando il pensiero di quelli che sonoconsiderati i grandi maestri dell’ideologia radicale.

Questa corrente di pensiero ha una storia lunga quasi quanto l’Islamstesso, che in questo contesto non potrà che essere condensata in po-chi, fondanti passaggi storico–ideologici.

Un virtuale punto di partenza si può evidenziare già nel IX secolo,quando nasce — in ambito sunnita — la più rigida fra le scuole (ma-dhhab) teologico–giuridiche islamiche, quella hanbalita, che rivendicaun maggior attaccamento alle fonti principali del diritto islamico, il Co-rano e la Sunna, la tradizione del Profeta, rispetto alle precedenti cor-renti di pensiero, che legittimavano un più ampio uso dell’ijtihad, ov-verosia dell’interpretazione personale in tutto il procedimento dielaborazione della Legge islamica, la sharı‘a.

Ahmad ibn Hanbal (m. ), il suo prestigioso fondatore, nasce edopera a Baghdad, la capitale dell’impero abbaside, in un periodo digrave crisi religiosa e politica e propugna un deciso ritorno alle fonti,alla lettera della rivelazione e del modello profetico, per salvare una co-munità confusa dal punto di vista ideologico di fronte al moltiplicarsidi pensieri eterodossi.

La diffusione del suo pensiero fu sempre molto contenuta poiché lasua rigidità gli alienò le simpatie di molta parte dei dotti in ‘ilm (scienza

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Introduzione

religiosa), e ancora oggi il suo raggio d’azione si può sostanzialmentecollocare entro i confini della penisola arabica, proprio perché sarà re-cuperata dal movimento wahhabita, altro fondamentale tassello diquesto percorso ideologico.

Ma prima di parlare di wahhabismo saudita, è opportuno fare uncenno ad un altro personaggio, illustre teologo e oppositore politico digrande coraggio e coerenza intellettuale, indiscusso modello teorico epratico per il pensiero fondamentalista contemporaneo, che conside-riamo come un secondo tassello di questa stringata storia del pensieroradicalista islamico.

Ritenuto il “grande maestro” dei pensatori che fanno capo ai mo-vimenti di pensiero radicali contemporanei, lo shaykh al–islam, il si-riano Ahmad ibn Taymiyya — che avremo modo di riprendere nelprosieguo di questo lavoro — visse nella Damasco mamelucca al-l’epoca delle invasioni mongole (secc. XIII–XIV). Fu spesso imprigio-nato per le sue idee rigoriste ma soprattutto per l’atteggiamento aper-tamente ostile nei confronti dei governanti che accusava di esseredeboli nei confronti dei Mongoli invasori e delle loro consuetudini,scendendo a compromessi e svilendo la propria identità religiosa e cul-turale. La sua proposta era molto decisa: un’interpretazione il più pos-sibile vicina a quella letterale dei Testi sacri, l’applicazione inflessibiledella legge e il ricorso al jihad armato. Morì nel a Damasco, nelcarcere dove aveva passato lunghi anni.

Per individuare il successivo passo della storia della diffusione delpensiero radicalista dobbiamo giungere al XVIII secolo.

Attraverso l’opera dei suoi tanti discepoli, il pensiero di ibn Tay-miyya non scomparve e s’incontrò con un più tardo movimento,grazie a Muhammad ibn ‘abd al–Wahhab, un predicatore che era de-cisamente privo dello spessore intellettuale e teologico del siriano, maera altrettanto se non più intransigente; imbevuto entusiasticamentedelle idee del grande teologo, egli dà inizio alla sua fortunata batta-glia contro le contaminazioni dell’Islam, la corruzione dei suoi uominidi potere e di religione, la degenerazione dottrinale e dei costumi, ilculto dei santi e le pratiche di devozione popolare che rasentano lasuperstizione.

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Introduzione

Wahhab riuscì, dopo molte traversìe, a trovare l’appoggio di Mu-hammad ibn Sa‘ud, emiro di Dar‘iyya, una piccola oasi del Najd. Il prin-cipe era destinato a divenire il capostipite della potentissima dinastiadei Sauditi, fondatori dell’Arabia che da essi prende nome.

La bay‘a (alleanza di reciproca fedeltà) del che Wahhab strinsecon Muhammad ibn Sa‘ud è l’atto di nascita del wahhabismo qualeideologia di Stato del regno saudita.

Il successivo momento, quello che sancisce il passaggio dal “proto-fondamentalismo” che sin qui abbiamo descritto, al fondamentalismoa noi più noto, quello che data dalla seconda metà del XX secolo, è lanascita dei Fratelli Musulmani, cui dedicheremo ampio spazio nel pre-sente lavoro.

Siamo nell’Egitto della fine degli anni Venti, quando un maestro ele-mentare, Hasan al–Banna’, darà origine ad uno dei movimenti più im-portanti di tutta la storia del mondo islamico, la Fratellanza Musulmana(al–ikwan al–muslimun). L’Egitto è governato da una dinastia corrottae asservita al potere coloniale britannico: la voce di al–Banna’ si leva con-tro le ingiustizie sociali, lo svilimento della cultura e della religione, laperdita della dignità araba, l’allontanamento dalla propria fede religiosae dai costumi che ad essa sono intimamente legati. Banna’ non è un teo-rico, ma un abile organizzatore e un grandissimo oratore: in breve il suomovimento si diffonde a macchia d’olio in Egitto e in tutto il VicinoOriente sino a divenire un’organizzazione articolata e molto attiva.

Per quanto il movimento dei Fratelli Musulmani non si rifaccia di-rettamente né al pensiero di Taymiyya né al wahhabismo, l’influenzadelle idee di questi teologi del passato è indubitabile e il connubio conil formidabile apparato di propaganda (da‘wa) della Fratellanza daràorigine ad un nuovo tipo d’ideologia, quella che propugna “l’utopiadello Stato islamico”, ovverosia l’instaurazione di uno Stato basato sullasharı‘a, come la soluzione di tutti i mali delle società musulmane at-traverso l’azione, il militantismo di massa, la propaganda incessante.

Il Corano è la soluzione! (Al–qur’an huwa al–hall!) è stato ed è an-cora oggi uno degli slogan più fortunati della militanza islamica.

In un’altra regione dello sterminato mondo musulmano, una nuovavoce di grandissima importanza per il nostro discorso si fa sentire nel

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Introduzione

momento storico cruciale che porterà alla fondazione dello Stato pa-kistano (): Abu’l–A‘la al–Mawdudi, che nasce nel in quellaparte dell’India che sarebbe divenuta Pakistan, diviene giornalista aDelhi e poi a Lahore, dove conosce il grande poeta Muhammad Iqbale fonda l’associazione islamica Jam‘iyya–i islamı, che guiderà sino allasua morte. All’indomani della nascita del Pakistan il suo pensiero si con-centra sulle modalità della costituzione di uno Stato islamico governatodalla sharı‘a e nel quale venga riconosciuta solo l’autorità di Dio, tra-endo anch’egli ispirazione dai principi di rigorismo e puritanesimo ela-borati dai già citati protagonisti di questa storia del pensiero. Mawdudifu un instancabile divulgatore, più volte incarcerato, ma la sua posizionepolitica rimarrà di tutto rilievo: la jam‘iyya assumerà in Pakistan unruolo importante soprattutto dopo il colpo di Stato del generale Zia ul–Haqq nel e ancora oggi è politicamente molto rilevante.

Sarà proprio Mawdudi ad influenzare più da vicino e direttamenteil protagonista del presente lavoro, la cui parabola umana e intellettualesi sviluppa all’interno dell’Associazione dei Fratelli Musulmani sino altragico epilogo e il cui pensiero si inserisce a pieno titolo, pur con moltielementi di originalità, in questo solco tracciato dai vecchi e nuovi teo-rici di un Islam che si vuole autentico e pertanto in lotta continua contutte le degenerazioni e le contaminazioni del mondo, alla ricerca di unapurezza che, sola, porta alla rinascita e al superamento di tutte le crisi.

Perché Sayyid Qutb

Chiunque si accinga a tracciare la biografia di un personaggio sa chesi tratta di un’impresa ardua e destinata comunque a ottenere un ri-sultato sempre parziale. A questa regola non fa certo eccezione questolavoro poiché la vita di Sayyid Qutb si presenta ancor più difficile daseguire per almeno due ordini di ragioni.

In primo luogo si tratta di un personaggio schivo e introverso, la cuiparabola umana e il cui pensiero hanno subìto una serie di metamor-fosi sorprendenti e di difficile spiegazione.

Le sue vicissitudini personali, strettamente intrecciate alla grandestoria dell’Egitto, hanno trasformato questo defilato professore, fer-vente nazionalista e scrittore discretamente noto nell’Egitto degli ultimi

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. Nonostante la furia iconoclasta di alcuni sedicenti teorici dell’ultima ora abbia travoltoanche Qutb, di fatto la sua figura è fra quelle meno criticate dai più recenti pensatori dell’Islammilitante, probabilmente per l’estremo sacrificio compiuto che lo ha reso martire.

Introduzione

anni della monarchia e nei primi dell’era nasseriana, in una figura dispicco della Fratellanza Musulmana, tanto ostinato e intransigente darifiutare le avances del giovane governo repubblicano, fino a tramutarsiin un pericoloso sovversivo di cui il regime egiziano dovette liberarsi,con una sentenza frettolosa e pesante come un macigno.

In secondo luogo, la figura di Qutb — nel momento in cui è di-ventato uno shahıd (martire) dei Fratelli Musulmani — ha acquisitoun’aura di “santità” e molte informazioni su di lui sono diventate perquesto decisamente meno attendibili.

Qutb è divenuto in breve un mito per i suoi estimatori (e un “mo-stro” per i suoi detrattori) e dopo la morte le sue pagine scritte sonostate rivedute, corrette, reinterpretate da altri, al punto che ci si può le-gittimamente chiedere ancora oggi se il suo messaggio non sia stato tra-visato, o perlomeno oltremodo estremizzato dai suoi seguaci.

Fatto sta che Qutb è il più noto teorico del radicalismo estremistacontemporaneo e le sue teorie, accanto a citazioni coraniche e riferi-menti agli hadıth del Profeta, hanno costituito il nutrimento essenzialeper migliaia di fautori dell’utopia dello Stato islamico e del jihad plane-tario, fino a divenire oggi un “maestro” riconosciuto anche dai massimiesponenti di Al–qa‘ida.

Non va inoltre dimenticato che la parabola umana e intellettuale diSayyid Qutb è un modello di riferimento per quanti (e non intendiamoqui solo radicalisti islamici) vedono in lui soprattutto un intellettualeperseguitato e ucciso, solo ed esclusivamente per le sue idee, coerentee coraggioso oppositore allo Stato autoritario egiziano nato dalla Ri-voluzione degli Ufficiali Liberi del .

Nonostante ci s’imbatta inevitabilmente nella figura di questogrande e controverso pensatore ogniqualvolta ci si occupi di fonda-mentalismo islamico, sono ancora pochi i contributi in lingua italianatesi ad approfondirne specificamente la figura, a partire dalla sua bio-grafia e dall’analisi della sua ricca produzione.

Sempre presente nelle antologie di pensatori radicali, citato con moltafrequenza per alcuni suoi riferimenti considerati insuperati nell’elabora-

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. Nessuna delle tre opere ha una traduzione completa in lingua italiana, per cui ci riferiamo alleedizioni originali in arabo e alle traduzioni in lingua inglese che di seguito verranno riportate in nota.

Introduzione

zione teorica del pensiero militante, Qutb continua ad essere, nonostanteuna nutrita pubblicistica su di lui sia in lingua araba che nelle lingue oc-cidentali, un protagonista oggi relativamente poco conosciuto fuori dalmondo islamico, meno noto sicuramente di altri sedicenti maîtres à pen-ser di cui conosciamo molti aspetti della vita personale e pubblica e le cuifarneticazioni talora vengono presentate all’opinione pubblica mondialecome alti contributi all’elaborazione teorica del radicalismo islamico.

La vita intellettuale di Qutb copre un periodo di più di quarant’anni,dal suo primo articolo nel (Al–hayya al–jadıda, La vita nuova), finoal , data di pubblicazione del suo ultimo lavoro, Ma‘alim fı ’l–tarıq(Pietre miliari).

Qutb fu un autore molto prolifico: scrisse decine di libri, articoli ed al-tro materiale, di genere estremamente vario, passando dalla saggistica allanarrativa, dal racconto autobiografico ad un ponderoso commentario delCorano che occupa ancora oggi un posto di tutto rilievo tra i tafsır con-temporanei, pur non essendo considerabile tale in senso tecnico. Molte sueopere sono state edite in svariate edizioni, talora piuttosto diverse l’una dal-l’altra, tradotte in tutte le lingue occidentali, in persiano, in ebraico, men-tre una trentina di suoi scritti non sono mai stati ufficialmente pubblicati.

Abbiamo scelto — consci della soggettività e dei rischi insiti in taleopzione — di seguire la sua biografia basandoci, in particolare, su trefra le sue numerose opere, per sintetizzarne l’evoluzione umana e in-tellettuale: la sua autobiografia, Tifl min al–qary’a (Un bambino dipaese), pubblicata per la prima volta nel ; il breve ma icastico dia-rio di viaggio, Amrıka allati ra‘aytu (L’America che io ho visto) del ,e infine il celeberrimo e dolente Ma‘alim fı ’l–tarıq (Pietre Miliari),l’opera scritta interamente in carcere e pubblicata per la prima volta nel, tuttora uno dei libri più censurati e nello stesso tempo più letti ecommentati nel mondo musulmano.

Ovviamente incontreremo e tratteremo nel nostro percorso altreopere di Qutb, ma queste tre ci aiuteranno a scandire meglio i passaggidella sua vita.

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. Forniamo in appendice la lista completa delle opere di Sayyid Qutb con l’anno della primapubblicazione.

Introduzione

Questa scelta è motivata dal fatto che i tre testi in questione, pur nonessendo certamente annoverabili fra le grandi opere di questo autore

— ben esprimono a nostro avviso le tre principali sfaccettature della suapersonalità e i tre momenti salienti della sua parabola umana: nell’au-tobiografia, scritta pochissimi anni prima della conversione definitivaall’Associazione dei Fratelli Musulmani, vengono narrati i primi avve-nimenti della sua vita, gli anni dell’infanzia e della prima adolescenza,accompagnati dalla descrizione del difficile contesto in cui la sua fa-miglia viveva e del delicato momento storico coincidente con la nascitadel nazionalismo egiziano.

Il secondo testo, il diario del viaggio in America del , sancisce ilmomento di passaggio, la sofferta ma decisa scelta di schierarsi del tuttoe senza infingimenti, compromessi o cedimenti, con la tradizione, la re-ligione e il sistema di valori e di norme dell’Islam originale, quale essoera predicato dalla Fratellanza egiziana, come risposta quasi istintiva eassolutamente personale al senso di rigetto e disgusto verso una società(quella occidentale, in questo caso nordamericana) percepita comeamorale, falsa, ridicola, volgare e rozza.

E infine il suo Pietre Miliari, l’ultimo suo scritto, l’amara testimo-nianza di un uomo recluso, torturato e ormai prossimo alla condannaa morte, che può essere definito la dolorosa sintesi di un pensiero che,partendo da rivendicazioni sociali e nazionalistiche, e attraverso lostudio e l’interpretazione dei testi fondanti la religione islamica, giungealla riscoperta dell’Islam militante, concreto, dinamico, rivoluzionario.

Psicologicamente, il nostro autore compie un percorso comunealla maggior parte dei teorici del radicalismo, anche se nessuno megliodi lui ha saputo così efficacemente trattare questi temi in uno stile ap-passionato e incalzante, politicizzato, lineare e convincente, divenendoun impareggiabile maestro per migliaia di lettori che riscoprono nellesue sferzanti pagine una versione militante, aggressiva, ma soprattuttoenergica e risoluta dell’identità religiosa islamica.

Fra i tanti riferimenti bibliografici che mi sono stati di grande aiutoper il presente lavoro, i più completi per tracciare la parabola umana

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. Sayyid Qutb, il martire vivente, Maktaba al–Aqsa, Amman .. L’America vista dall’interno attraverso lo sguardo di Sayyid Qutb, Dµr al–Manµra, Gedda .. Sayyid Qutb, dalla nascita al martirio, Dµr al–Qalam, Damasco .. Entrambi editi dalla Routledge, London–New York .. G. KEPEL, Il Profeta e Faraone, Laterza, Milano , p. .

Introduzione

e intellettuale di Sayyid Qutb si sono rivelati quelli tratti dai tre lavorifondamentali del biografo Salah ‘abd al–Fattah Al–Khalidi: SayyidQutb, ash–shahıd al–hayy; Amrıka min al–dakhil bi–minzar SayyidQutb e Sayyid Qutb: min al–mılad ila al–istishhad.

Altrettanto preziosi tutti i lavori di Gilles Kepel, ineguagliati per laquantità incredibile di notizie dirette e di acute intuizioni che mi hannoaiutato a contestualizzare meglio il protagonista del mio lavoro.

Ed ancora, non certo ultimi in ordine di importanza, i recenti volumidi Sayyed Khatab, The Political Thought of Sayyid Qutb e The Powerof Sovereignty: the Political and Ideological Philosophy of Sayyid Qutb,probabilmente la più approfondita analisi di alcuni concetti alla basedel pensiero politico e filosofico di Qutb finora elaborata.

Ma la migliore sintesi della sua personalità l’abbiamo trovata nellestesse pagine di Qutb, all’inizio del suo ultimo lavoro, dove sottolineache lui non è un ‘alim, studioso di scienza islamica, né un faqıh, un giu-risperito, e neppure un trascinatore di folle o una guida religiosa di suc-cesso, ma un adıb, un uomo di penna, autore di romanzi, racconti, cri-tico letterario e politico:

Chi scrive queste frasi è un uomo che ha passato quarant’anni interi della suavita a leggere. Il suo lavoro principale consisteva nel leggere e nel meditare intutti i campi delle conoscenze umane [...] poi egli è tornato alle fonti della suafede e della sua rappresentazione del mondo. Egli ha scoperto allora che tuttoquello che aveva letto era debole, molto debole, paragonato a quel terreno am-pio e solido. Non poteva d’altra parte essere altrimenti! Egli non si è pentitodi aver trascorso quarant’anni in questa occupazione, poiché ha potuto così co-noscere l’ignoranza preislamica nella sua realtà, nelle sue deviazioni, nel suo er-rore, nella sua sedimentazione, nei suoi balbettii e nelle sue pretese. [...] Alcuniassumevano una posizione difensiva di giustificazione del loro Islam. Ma la mia,al contrario, era una posizione offensiva contro questa ignoranza preislamica

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Introduzione

moderna e occidentale, con le sue credenze religiose zoppicanti e situazioni so-ciali, economiche, morali disastrose. [...] E questo individualismo egoista cheimpedisce qualsiasi solidarietà spontanea, esclusa quella cui si è obbligati perlegge! Questa visione materialista, misera, inaridita, della vita! Questa libertàbestiale che chiamano “promiscuità”! Questo commercio di schiavi chiamato“emancipazione della donna”, gli stratagemmi e le angosce di un sistema di ma-trimoni e divorzi così contrario alla vita naturale! Questa discriminazione raz-ziale così marcata e così feroce! A paragone, che razionalità, che prospettivaelevata, che umanità, nell’Islam!

. S. QUTB, Ma‘alim fı ’l–tarıq, tratto da O. Carrè, Mystique et politique, Lecture révolu-tionnaire du Coran par Sayyid Qutb, frère musulman radical, Presse de la Fondation Nationaledes Sciences Politiques, Parigi , pp. –.

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. Anche il fratello più giovane Muhammad (un altro fratello morì appena nato) e le due so-relle (una maggiore e una minore di Sayyid) ebbero una solida istruzione religiosa che li porteràa giocare un ruolo importante nella storia del pensiero radicale islamico: il primo, futuro docenteall’università di Gedda e grande divulgatore delle opere del fratello; le sorelle Amina e Hamida,furono entrambe attivissime nel movimento islamico e divulgatrici instancabili degli scritti di Sa-yyid (la prima scrisse su numerose riviste militanti e la seconda trascorse ben sette anni in carcere).

. Il protettorato britannico era stato ufficialmente proclamato nel .

Capitolo I

Gli anni della formazione: un bambino di paese

L’autobiografia

Nato in un piccolo paesino del Medio Egitto, Musha, a km a suddel Cairo, nel governatorato di Asyut, il ottobre (lo stesso anno diHasan al–Banna’, fondatore della Fratellanza Musulmana), Sayyid Ibra-him Husayn Shadili Qutb è il primo figlio maschio di una famiglia di pic-coli notabili rurali che in passato aveva goduto di floride condizioni eco-nomiche. Una famiglia conosciuta e rispettata per il suo livello di culturae di grande devozione religiosa, ma anche di partecipazione politica poi-ché il padre, Ibrahim Qutb, musulmano pio, era il delegato locale del Par-tito Nazionalista Egiziano, Al–hizb al–watanı di Mustafa Kamil e abbo-nato del suo giornale di partito «Al–liwµ’» (Lo stendardo).

Il partito nazionalista, che rivendicava l’indipendenza dell’Egitto dallaGran Bretagna e un governo parlamentare, nasce nel e sancisce l’ini-zio di un periodo importantissimo della storia egiziana, quello della lottacontro la presenza britannica e la monarchia ad essa sottomessa.

Qutb, dunque, nasce e vive i primi anni della sua vita nell’epoca piùsignificativa della storia della lunga e difficile lotta per l’indipendenza inEgitto e, come vedremo, la sua parabola umana attraverserà tutte le fasi

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. Tifl min al–qary’a, Dµr ash–Shuruq, Cairo . La traduzione utilizzata è: S. QUTB, Achild from the village, edited, translated and with an introduction by J. Calvert and W. Shepard,Syracuse University Press, Syracuse, New York .

. L’opera a cui ci si riferisce è TAHA HUSAYN, Al–ayyam, Dab‘at Amın ‘Abd al–Rahmµn,Cairo, vol. (); vol. (); vol. ().

Capitolo I

salienti della storia dell’Egitto come protettorato britannico, indipendentesotto la monarchia di re Fu‘ad (‒) e poi re Faruq (‒) e,dopo il , repubblicano con i presidenti Neguib e Nasser.

Gli avvenimenti della sua prima infanzia ce li narra direttamente Qutbnella sua autobiografia, significativamente intitolata Tifl min al–qary’a(Un bambino di paese), tale quale lui era e si sentiva, perlomeno finchénon si spostò nella metropoli del Cairo, dove incominciò una nuova vita.

L’autobiografia, nell’edizione originale araba, conta circa duecentopagine ed è divisa in dodici capitoli, dai titoli ricercati e talvolta ironici.Scritta con un taglio quasi antropologico, marca volutamente la distanzafra il bambino protagonista degli episodi singolarmente trattati in ognicapitolo, e l’adulto, scrittore già affermato, che con affetto descrive quelbambino e ricorda quegli avvenimenti.

La pubblicazione precede — come già accennato — di pochi anniil passaggio definitivo alla causa islamica, eppure nulla della meta-morfosi successiva si può rilevare in queste pagine, che si aprono conuna dedica al grande Taha Husayn (‒), celeberrimo intellettualeegiziano e maestro riconosciuto dello stile autobiografico in Egittocon la sua famosa opera Al–ayyam (I giorni), cui Qutb si riferisce sot-tolineando il debito che sente di avere verso di lui.

Questi, caro signore, sono “giorni” come i vostri “giorni”, vissuti da un bam-bino di paese; alcuni sono simili ai vostri giorni e altri differenti. La differenzariflette la distanza fra una generazione e l’altra, un paese e l’altro, una vita e l’al-tra, e dunque la differenza fra una natura e l’altra, una personalità e l’altra. Maanch’essi sono, quando tutto è stato detto e fatto, “giorni”.

Già questa dedica è sorprendente per chi sa che Taha Husayn rap-presenta un simbolo del pensiero riformista e laico dell’Egitto contem-poraneo: processato e rimosso dalla sua carica di Preside della Facoltàdi Arte dell’Università Fuad I (l’allora università del Cairo), prosciolto ericonfermato nella sua posizione solo nel , a causa delle tesi esposte

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. Per un’agile sintesi sulla storia dell’Egitto, cfr. P. BRANCA (a cura di), Egitto. Dalla civiltàdei Faraoni al mondo globale, Jaca Book, Milano .

Gli anni della formazione: un bambino di paese

nella sua opera ash–shi‘r al–jahilı (Sulla poesia preislamica, ), ove nonsolo contesta l’autenticità di buona parte del patrimonio poetico prece-dente l’epoca islamica, a suo avviso contraffatto in epoca più tarda, masoprattutto mette in dubbio il Corano come fonte storica.

Da professore universitario, da rettore di università e poi da mini-stro dell’Educazione del governo egiziano, fu fautore di un rinnova-mento politico basato sul rispetto delle libertà democratiche e sulla se-parazione fra spirituale e temporale nell’amministrazione della societàe, nello specifico campo culturale e dell’insegnamento, della diffu-sione dell’istruzione primaria gratuita per maschi e femmine.

Taha Husayn non solo faceva parte dello stesso ambiente culturalecairota di Qutb, ma gli era particolarmente vicino, come testimonie-ranno varie vicende della vita di quest’ultimo (soprattutto nel periododel suo lavoro presso il Ministero dell’Istruzione).

L’autobiografia di Taha Husayn rappresenta indubbiamente unmodello per il più giovane Qutb: la dedica iniziale vuole essere un de-voto ringraziamento a un grande maestro, anche se l’intenzione cheemerge dai due lavori autobiografici è decisamente differente, essendoHusayn un fautore della necessità di modernizzarsi secondo modelli oc-cidentali, e Qutb un conservatore nostalgico dei tempi passati.

La scuola e il kuttab

Gli avvenimenti dell’autobiografia coprono il periodo fra il e il, quando il piccolo Sayyid aveva dai sei ai dodici anni. Sono paginescritte con tono nostalgico ma anche di severa critica, sulle condizionidi vita e sull’ignoranza che regnava in un piccolo villaggio come il suo,lontano dai centri di potere, dove la vita aveva un ritmo diverso e dovele innovazioni tecniche o culturali arrivavano con molto ritardo emolto difficilmente riuscivano a scardinare il potente sistema di cre-denze e superstizioni che ritmava la vita quotidiana.

L’Egitto era allora ancora sotto dominazione britannica (‒)e solo nelle città si percepiva un certo grado di modernizzazione/occi-

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Capitolo I

dentalizzazione, come Qutb più volte accenna, ad esempio quando trat-teggia efficacemente la figura degli effendi (i signori), appartenenti ainuovi settori della società egiziana, che seguivano con entusiasmo mo-delli e costumi occidentali, «indossavano vestiti puliti e venivano re-tribuiti dal consiglio provinciale». (p. ).

Al contrario, la vita contadina, quasi immutabile da secoli, era scan-dita dai tempi della natura e soprattutto dalle inondazioni del Nilo (elo sarà fino alla costruzione della diga di Assuan, inaugurata ufficial-mente nel ). Qutb racconta di come tutto il villaggio si trasformassein quell’occasione in una serie di isolotti e di quanto i ragazzi si diver-tissero a giocare nell’acqua tuffandosi dal tetto della scuola.

I legami di solidarietà del villaggio costituivano il vincolo sociale piùforte, più forte del senso d’identità nazionale e persino dell’apparte-nenza alla comunità islamica (umma), anche perché nel villaggio con-vivevano da sempre, come in tutto il Medio Egitto, famiglie musulmanee famiglie cristiane.

Il piccolo Sayyid frequentò la scuola del villaggio dall’età di sei anni.In famiglia si discusse animatamente se iscriverlo nella scuola tradi-zionale coranica, il kuttab, come voleva il padre, o nella scuola statale,secondo i desideri della madre. Dopo l’infelice esperienza di un sologiorno nella scuola coranica, di sua spontanea volontà Sayyid abban-dona il kuttab e prosegue nella scuola statale, che descrive di livello in-finitamente superiore per qualità dell’insegnamento, strutture e am-biente umano, nonostante la scarsità di mezzi e l’essenzialità degliambienti.

Sono pagine, quelle in cui ironizza sul presunto insegnamento reli-gioso tradizionale impartito nel kuttab, che non sembrano certo scritteda chi, solo due o tre anni dopo, si iscriverà entusiasticamente alla Fra-tellanza Musulmana e che viene dipinto come il campione della mili-tanza islamica più dura e pura.

Nel kuttab, invece, non c’erano banchi con portalibri, né campanelle, aule, li-bri, calamai e sedie. Al contrario c’era un foglio di latta sul quale gli studentidovevano scrivere con inchiostro fatto di indaco o fuliggine di lanterna o so-stanze simili. Gli studenti portavano i calamai e le penne ovunque andassero.Se recitavano le parole che stavano scritte sulle loro tavolette al “Nostro Mae-stro” e quest’ultimo riscontrava che le avevano ben memorizzate, allora pote-vano cancellarle e scrivere altri versi del Corano su di esse. La maniera di can-

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. Tutte le traduzioni, se non altrimenti indicato, sono a cura della scrivente.

Gli anni della formazione: un bambino di paese

cellarle era disgustosa perché essi dovevano sputare su di esse, passarci la manoe asciugare con un’estremità del vestito. Per questo i loro abiti erano sempresporchi di inchiostro. Egli fu impressionato dal fatto che “il Nostro Maestro”,quando correggeva con inchiostro rosso e notava un errore in ciò che era statoscritto, velocemente leccava le parole scorrette con la lingua e poi asciugava lalavagnetta pulita con il palmo della mano. Gli studenti dovevano allora scriverele parole corrette [...] In ogni caso l’animo del nostro bambino era pieno di ri-pugnanza per tutto ciò che lo circondava. Sentiva un’amara, umiliante solitu-dine. (pp. ‒)

Tuttavia il piccolo Sayyid, ormai rientrato nella scuola statale, nonrinnega certo la sua devozione religiosa, al punto da decidere di studiarefaticosamente e da solo il Corano a memoria, convincendo i suoi com-pagni di scuola a partecipare a competizioni fra la scuola statale e quellasacra (come lui la definisce), che si risolvono inevitabilmente con la vit-toria degli studenti che seguono il nuovo tipo di insegnamento, segnodella supremazia del modello laico statale d’istruzione che erodeva ine-vitabilmente il monopolio dell’insegnamento vecchio stile.

In più — con un delizioso e sarcastico inciso — egli ci delucida an-che su altre “vittorie” del nuovo modello scolastico e sugli imprevedi-bili successi della modernità: il maestro del kuttab che, attratto dal mag-gior guadagno, lascia l’insegnamento religioso e diventa bidello dellascuola primaria statale.

Era uno degli abitanti del villaggio ed era stato nominato bidello della scuola.Precedentemente era stato un ‘arrıf [assistente, N.d.T. ] nel kuttab. Ma era fe-lice di essere passato nella scuola statale poiché il salario di novanta piastre almese era ben superiore alle offerte che riceveva dagli studenti del kuttab, chenon eccedevano le cinque piastre al mese. Nonostante adesso lavorasse comeinserviente, mantenne il suo titolo, “il Nostro Maestro” Abdullah. (p. )

L’Islam popolare: geni, demonietti e posseduti da Dio

L’atmosfera che si respira nel racconto di Qutb è fortemente intrisadalla religiosità popolare, spesso poco o per nulla vicina alla ritualità isla-mica e sempre in equilibrio precario di fronte alle novità della moder-

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. I jinn e gli ‘afarıt sono creature sovrannaturali, citate più volte nel Corano, che fannoparte della tradizione preislamica; possono essere invisibili o assumere varie sembianze, sonobuoni o cattivi, credenti o miscredenti, maschi o femmine e interferiscono nella vita degli esseriumani. Addirittura convertendosi all’Islam possono guadagnare il Paradiso. Gli ‘afarıt (sing. ‘ifrıt)sono una delle tipologie di jinn. Si ritrovano preferibilmente nei luoghi isolati e si crede nascanosotto terra, dove vivono in una società simile a quella preislamica.

. Gli awliya’ (sing. walı) sono gli “amici” (sottinteso di Dio); persone cui vengono riconosciuti,dalla religiosità popolare, eccezionali meriti spirituali e talora persino la facoltà di compiere miracoli(karamat). Sono veneratissimi in tutto il mondo musulmano, sia durante la vita che dopo la morte.

Capitolo I

nizzazione. La devozione popolare si concentrava intorno alla tomba delwalı (“santo”) del paese, lo shaykh ‘Abd al–Fattah, soprattutto in oc-casione dell’annuale mawlid, l’anniversario della sua nascita.

Superstizioni e credenze ancestrali, che cadenzavano la vita quoti-diana, risaltano già dalle primissime pagine della biografia. Il primo ca-pitolo è intitolato infatti Maghzub, deformazione dialettale dell’arabomajdhub, che indica una persona posseduta da Dio, figura che terro-rizzava i ragazzi del paese, ma che incuteva rispetto nella comunità poi-ché i suoi comportamenti eccentrici e irrazionali apparivano un segnodel favore divino.

Il maghzub passava la maggior parte del suo tempo nudo con i peli del corpoe i capelli arruffati e induriti come la pelle di un elefante, e tuttavia uomini edonne non mostravano vergogna o imbarazzo quando guardavano il suo corponudo e sudicio. Ad un’eventuale domanda del bambino, essi avrebbero rispo-sto: “Sta tranquillo. Lui non è più una persona normale; non è più soggetto alleregole della società. È stato toccato dalla santità e non appartiene più al regnoterreno nel quale vive”. (p. )

La vita del villaggio è fortemente condizionata da un mondo paral-lelo, invisibile, di presenze sovrannaturali, maligne per lo più: i jinn egli ‘afarıt, da cui bisognava stare in guardia evitando certi comporta-menti o luoghi, ma contro i quali l’essere umano aveva pochi strumenti.Ne è triste esempio la morte, a soli sette giorni di vita, del fratellino del-l’autore, ucciso — secondo le credenze popolari — dal fratello “ge-mello” invisibile che accompagna per tutta la vita ogni essere umano,ma molto più probabilmente stroncato dal tetano causato dalle cattivecondizioni igieniche durante il parto.

La religiosità popolare sosteneva che solo la recitazione del SantoCorano e l’evocazione dei nomi dei santi (awliya’), insieme all’azione

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. Nella traduzione in lingua inglese da noi utilizzata, erroneamente viene riportato, al postodella Grande Croce, il nome di Gesù Cristo. In realtà i cristiano–ortodossi normalmente giuranoo invocano la Croce e non il nome di Gesù.

Gli anni della formazione: un bambino di paese

di amuleti, opportuni scongiuri e riti di purificazione, potevano far al-lontanare le presenze maligne che si aggiravano sotto varie sembianzefra gli umani.

Chiunque nel villaggio credeva negli ‘afarıt. Quando l’oscurità calava sul vil-laggio dopo il tramonto, le strade diventavano buie [...] Poi c’erano gli awliya ’e i racconti dei loro miracoli narrati dai seguaci, incluso gli esempi della loroabilità nel distruggere o catturare gli ‘afarıt. Le credenze sugli ‘afarıt si con-fondono facilmente con quelle sugli awliya ’ poiché nelle menti semplici e igno-ranti si collegano con le vecchie credenze circa i prodigi e i miracoli e circa leforze del bene e del male nell’universo. (pp. –)

Accanto a queste forme popolari di religiosità, spesso molto di-stanti dall’Islam ufficiale e condivise nel villaggio anche dalle famigliecristiano–copte, avevano grande importanza le pratiche della reli-giosità più ortodossa: le moschee erano numerose (circa dieci nel vil-laggio, secondo quanto riferito da Qutb), l’insegnamento del Coranoe delle tradizioni del Profeta e la lettura salmodiata dei versetti nellecerimonie e nelle ricorrenze erano attività meritorie e di grande pre-stigio per chi (come gli studenti diplomati all’università al–Azhµr cheperiodicamente visitavano il villaggio di Musha o quelli locali che virientravano per trascorrere le loro vacanze) le praticava per la co-munità intera. Un Islam dunque più ufficiale e scolastico, di cui il gio-vanissimo Qutb si nutre e che gli sarà molto utile per il proseguimentodei suoi studi.

Un forte senso di appartenenza religiosa all’Islam che non ostaco-lava la secolare convivenza con altre religioni; solo pochi cenni, per nullapolemici e ostili, nelle pagine di Qutb, sottolineano una gran quantitàdi credenze e riti comuni con le famiglie cristiane:

Questo era accompagnato dall’invocazione del nome di Dio, se uno era musulmano,o dal nome della Vergine Maria e della Grande Croce se uno era cristiano. (p. )

In effetti, come in tutto il Medio Egitto, la presenza dei copti era (etuttora è) consistente, come è testimoniato dai ruderi, presso il villag-

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. La Chiesa copta (l’aggettivo deriva dal nome greco degli antichi abitanti dell’Egitto, Ai-gyptos) si fa risalire alle predicazioni dell’apostolo Marco e fa parte, da un punto di vista teolo-gico, del gruppo di chiese monofisite, che non parteciparono al Concilio di Calcedonia nel incui venne sancita la natura del Cristo a un tempo umana e divina. Segue, dal punto di vista li-turgico, la tradizione del Patriarcato di Alessandria.

. In senso stretto, il giorno della recitazione completa.. La recitazione del Corano inizia con la basmala (“Nel nome di Dio clemente e miseri-

cordioso”) e finisce con il tasdıq, l’affermazione della veridicità della parola di Dio.

Capitolo I

gio di Musha, di un antico monastero, che aveva avuto una discreta im-portanza nei secoli passati.

Se qualche accento sarcastico vi è nell’autobiografia, questo nonviene riservato alle eventuali “stranezze” dei cristiano–copti, quantopiuttosto a certe abitudini islamiche, che avevano perso l’autenticità diuna volta per divenire pratiche vuote di senso. Ad esempio, quella cheriguarda l’arrivo dei recitatori del Corano (chiamati dall’autore, khu-taba’ e poi qurra’) che, in speciali occasioni, quattro o cinque volte al-l’anno, venivano chiamati nelle case per recitare l’intero Testo Sacro,in cambio di un piccolo compenso e di un sostanzioso vitto.

Alcuni — e questi erano quelli veramente devoti — erano molto scrupolosi erecitavano l’intera sezione con il cuore, il giorno di khatma o subito dopo. Maaltri balbettavano e farfugliavano alcuni dei versetti, alzando la voce di tantoin tanto su singole parole o sillabe, tornando poi al loro borbottio. Poi pro-clamavano di aver concluso la loro sezione, annunciando: “Dio onnipotente hadetto la verità”. (pp. ‒)

Fra una recitazione e l’altra, durante il giorno e la notte, erano trat-tati con molta attenzione e a loro erano serviti pasti abbondanti.

Solo alcuni di loro, una piccola parte, mangiavano in maniera educata e con-tenuta, mentre la maggior parte agguantava il cibo voracemente e in manierarozza. [...] Per questa ragione i recitatori di Corano erano molto invidiati nelvillaggio e molte persone si dedicavano alla memorizzazione del Corano, per-ché in tal modo si garantivano cibo abbondante per buona parte dell’anno emangiavano meglio dei più ricchi del paese. (pp. ‒)

In tutta la sua produzione seguente Qutb avrà modo di ribadire, invari contesti, questo suo rigetto verso l’establishment religioso, che giu-dica ignorante, corrotto, ormai lontano dal vero Islam e dalla gente.

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. Ma‘raka al–islam wa’l–ra’smaliyya, Dµr ash–shuruq, Cairo , pp. , ‒. Il termineshaykh (uomo anziano, rispettabile) indica in generale un musulmano dotto, il capo di una isti-tuzione religiosa (ad esempio, al–Azhµr) o di una confraternita; derviscio (darwısh) qui indica ilmistico, il sufi, colui che appartiene ad una tarıqa, una confraternita.

Gli anni della formazione: un bambino di paese

Nella sua opera Ma‘raka al–islam wa’l–ra’smaliyya (La battaglia del-l’Islam contro il capitalismo, ) scriverà:

Altri dubbi scaturiscono dal confondere l’idea della religione stessa con quelliche sono chiamati “uomini di religione”. Costoro sono, fra le creature di Al-lah, i più lontani dal rappresentare l’Islam e il suo pensiero. [...] Ci sono alcuniche pensano che la legge dell’Islam si identifichi con quella di shaykh e dervi-sci! [...] Nulla di ciò nell’Islam puro e corretto. Non ci sono abiti speciali pershaykh e dervisci.

È questo un punto molto importante, che ci consente di aprire unpiccolo inciso su quella che è una caratteristica di tutto il pensiero ra-dicale islamico, sgombrando il campo dalle possibilità di confusione fral’Islam tradizionale e le sue istituzioni ufficiali da un lato e il nuovo mes-saggio di quel radicalismo islamico del quale Qutb sarà il primo riferi-mento teorico, dall’altro. I nuovi militanti non si riconosceranno mainelle istituzioni religiose e anzi l’Islam tradizionale, proprio come inqueste pagine di Qutb, sarà considerato un ostacolo e un freno allo svi-luppo dell’azione militante e rinnovatrice dell’islamismo, poiché inari-dito, sclerotizzato e asservito al potere politico; dunque, un nemico dacombattere in nome di un Islam nuovo, vivo, dinamico, per usare un ag-gettivo caro a Qutb.

La scoperta dell’amor di patria e dell’ingiustizia sociale

Fra i tanti spunti interessanti che la biografia offre al lettore curioso,certamente non si può tralasciare la congiuntura speciale che in queglianni caratterizzava la vita del villaggio: il nascente entusiasmo nazio-nalistico che, anche a così tanta distanza dalla capitale, comincia a ser-peggiare nei piccoli villaggi dell’Alto Egitto.

Si era verso la fine della Prima Guerra Mondiale. La scuola aveva un presidegiovane e infiammato di spirito patriottico. Siccome il padre del ragazzo era un

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. Fu un’indipendenza mutilata, quella del , poiché gli inglesi mantennero un’influenzadeterminante sulla debole monarchia e continuarono a gestire le leve della politica estera.

Capitolo I

membro del comitato del Partito Nazionalista e costante lettore di un quoti-diano, la sua casa divenne un luogo d’incontro per gli uomini del villaggio chesupportavano il Partito Nazionalista [...] Al ragazzo fu permesso di parteciparead alcune discussioni che avevano luogo durante questi incontri, ma altri in-contri erano segreti e nessuno ne sapeva nulla. Egli potè venire a conoscenzadei nomi di Effendi ‘Abbas, dello shaykh ‘Abd al–Aziz Jawish, di MuhammadFarid, Anwar Pasha Turki, Tal’at e Ra’uf e la sua imbarcazione Hamidiyya, checausò danni agli Alleati e sulla quale si raccontavano storie leggendarie. L’in-tero villaggio era dalla parte della Turchia, lo Stato del Califfato islamico, e con-tro gli Alleati, che rappresentavano gli “infedeli” che combattevano l’Islam. [...]Incontri segreti avevano luogo a casa sua. Le porte allora venivano chiuse e levoci diventavano bisbiglii. Questi incontri impressero nella sua mente un sen-timento indefinito che ancora non conosceva. [...] Quando suonò la trombadella grande rivoluzione egiziana, il preside davanti agli studenti riuniti fece unfiero discorso patriottico. Disse che la scuola sarebbe stata chiusa a tempo in-determinato perché lui e i suoi colleghi stavano partendo per fare la rivoluzione.Era dovere di ogni persona! [...] Egli [il ragazzo, N.d.T.] si sentiva esploderedi entusiasmo per la rivoluzione e scrisse discorsi ai quali aggiungeva versi dipoesia [...], li recitava nelle sale di riunione e nelle moschee, dove soffiava lospirito della sacra rivoluzione [...] poi giunse il nuovo, sacro nome — il nomedi Sa‘ad Zaghlul! (pp. ‒)

Sa‘ad Zaghlul (‒) era l’eroe nazionale in quegli anni, capodel partito indipendentista Wafd. Era tanto amato dal popolo che la suaespulsione da parte della Gran Bretagna il marzo , seguita dal-l’esilio a Malta insieme ad altri tre nazionalisti, provocò la rivolta (la“prima rivoluzione”, come allora venne chiamata) degli Egiziani. Circaottocento persone persero la vita in quei giorni ma la rivolta non si placòfinché Zaghlul non fu liberato, il aprile.

La delegazione del Wafd (che in arabo vuol dire appunto “dele-gazione”) si recò a Parigi alla conferenza di Versailles per rivendicarela causa egiziana, non ottenendo tuttavia alcun risultato, anche gra-zie alla dura posizione degli Stati Uniti che si mostrarono favorevolial mantenimento del protettorato britannico. Zaghlul continuò a su-bire persecuzioni e deportazioni (Aden e le isole Seychelles nel ),ma alla fine del protettorato il suo partito dominò — anche se conalterne vicende — la politica egiziana, vincendo le prime elezioni del

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. Per approfondimenti sul filone autobiografico nella letteratura araba, cfr. T. ROOKE, Inmy Childhood. A study of Arabic Autobiography, Acta Universitatis Stockholmiensis, n. ,Almquist & Wiksell International, Stockholm .

Gli anni della formazione: un bambino di paese

gennaio che portarono ad un primo governo wafdista, che duròperò solo fino al novembre dello stesso anno.

La figura di Zaghlul, all’epoca dei fatti che Qutb ricorda, era dunquesenza dubbio quella che meglio incarnava lo spirito nazionalistico e l’en-tusiasmo per la lotta d’indipendenza e il giovane Qutb ne fu letteralmentecatturato: nonostante la giovanissima età, ne divenne un cantore a scuola,scrisse su di lui discorsi e componimenti poetici che leggeva in pubblico,partecipò alle manifestazioni e a tutte le iniziative di villaggio.

Il tema della giustizia sociale, dell’indipendenza e della lotta per ipropri diritti sarà certamente quello dominante del primo Qutb e, comevedremo, non sarà mai posto in secondo piano, neppure quando i suoiscritti diverranno “islamici”.

Di fronte ai grandi avvenimenti della storia dell’Egitto, nell’auto-biografia di Qutb l’elemento strettamente personale è come lasciato unpo’ in sottofondo, a favore della maggiore attenzione verso il tema del-l’atmosfera del villaggio e della vita di un tempo, appartenente ad unpassato ormai distrutto dal progresso e dalla modernità, non disco-standosi in questo dal modello tipico di tutto il fortunato filone delleautobiografie dell’Egitto in quel periodo.

I cenni diretti alla personalità del giovane Sayyid nella sua autobio-grafia sono pochi, brevi, discontinui: dipingono un fanciullo dall’in-telligenza molto precoce e dalle grandi capacità e che, nonostante la gio-vane età, era conosciuto nel villaggio per la sua preziosa e variegatabiblioteca personale, creata con mille sacrifici grazie ai consigli del ven-ditore ambulante, ‘amm (zio) Salih, che vendeva libri di tutti i generiviaggiando in tutti i villaggi della provincia.

Un ragazzo dotato di volontà e coraggio, portato per lo studio e cu-rioso di tutto ciò che aveva a che fare con la cultura, ma anche moltotimido e poco intraprendente, come si nota nell’episodio dell’aperturadella scuola alle ragazze.

La scuola finalmente aprì le porte alle ragazze del villaggio, cosicché esse pote-rono studiare con i ragazzi durante il giorno [...] C’erano solo sette ragazze in tutta

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Capitolo I

la scuola. Sebbene non fossero diverse dalle altre ragazze del paese, la loro pre-senza a scuola produceva una strana atmosfera e un aroma particolare. Que-st’atmosfera era il risultato da un lato dell’accentuata eccitabilità e del celato de-siderio di parlare con questo strano genere, e dall’altro, di una timidezza ingenuae rustica e della paura di punizioni a scuola o a casa se si superavano i limiti [...]Ma tutto questo non impediva ad alcuni dei ragazzi, soprattutto i più grandi, diimportunare le ragazze con parole, anche pesanti, mentre uscivano da scuola, econ gesti e suoni scherzosi. [...] Nel suo caso, l’estrema timidezza e l’educazionefamiliare lo mantenevano lontano da questo tipo di comportamento. Ma questonon significa che avesse un minor desiderio di essere notato. (pp. ‒)

Non manca neppure un accenno al suo primo innamoramento, in-felice come peraltro tutti quelli della sua vita.

L’altra ragazza aveva la pelle scura ma il suo viso aveva un non so che di spe-ciale. Secondo i parametri estetici del villaggio non era bella. Non aveva unacarnagione chiara, il suo naso non era delle giuste proporzioni e la sua boccanon assomigliava certo all’“anello con sigillo di Salomone”. Ma ai suoi occhisolo lei, fra le ragazze della scuola, anzi dell’intero villaggio, sembrava bella. Perlui, il segreto della sua bellezza stava nel suo carattere speciale [...] Quando eglilasciò il villaggio per il Cairo, quel volto rimase nella sua immaginazione comeil suo personale ideale di bellezza. (pp. ‒)

È un’altra peculiarità che lo connoterà fortemente in tutta la sua vita.Qutb non ebbe mai modo di spingersi oltre questi sentimenti platonici e lesue poche esperienze furono piuttosto dolorose. Le sue considerazioni piùtarde sul ruolo della donna nella società islamica ovviamente risentirannodi questa sua aridità affettiva e della non conoscenza del sesso femminile.

La vera donna per Qutb appartiene ad un’unica tipologia: la donnamusulmana, che deve conoscere i diritti che l’Islam le conferisce e ri-spettare i doveri che le impone, perché qualsiasi altra situazione oscelta svilisce il suo pudore e il suo ruolo nella società.

Qutb scrive in Al–‘adala al–ijtima‘iyya fı ’l–islam (La giustizia socialenell’Islam, ):

Per quanto riguarda le relazioni fra i sessi, l’Islam ha garantito alle donne una com-pleta uguaglianza con gli uomini; non permette discriminazioni eccetto che inci-dentalmente e in relazione alla natura fisica, alle consuetudini, alle responsabilità,e in tutte queste non si tratta di privilegi collegati al sesso. Laddove la costituzionefisica, i costumi e le responsabilità sono identici, i due sessi sono uguali; dove si

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. S. QUTB, Social Justice in Islam, tr. da B. HARDIE, Octagon Books, New York , pp. ‒.. S. QUTB, Ma‘alim fı ’l tarıq, The Holy Koran Publishing House, Beirut , pp. ‒.

Gli anni della formazione: un bambino di paese

riscontrano differenze, la discriminazione è conseguente le differenze. [...] Ma ilpunto fondamentale nell’Islam è l’uguaglianza garantita alle donne nella religione,come pure nelle loro proprietà e nei loro guadagni. Nel matrimonio è necessarioil loro consenso, non devono sposarsi per imposizione o negligenza e devono avereuna dote. [...] e mentre oggi noi guardiamo l’Occidente materialista che preferi-sce le donne agli uomini in alcune professioni, particolarmente nel commercio,nelle ambasciate, nei consolati e nei servizi all’informazione, come giornali e viadicendo, non dobbiamo dimenticare il senso deplorevole e disgustoso di questoavanzamento. È una forma di schiavitù e servaggio in un’atmosfera densa di fumodi incenso e di oppio. È l’utilizzo dell’istinto sessuale dei capitani d’industria e deipotentati del mondo mercantile; allo stesso modo il governo impiega le donne nelleambasciate e nei consolati, e gli editori le mandano a racimolare notizie e infor-mazioni. Tutti loro fanno un mero uso delle donne; ed essi sanno che successo puòavere una donna in questi campi. Sanno anche ciò che essa deve dare per rag-giungere il successo. Ed anche se non dà nulla — supposizione assurda — essisanno quali passioni fameliche e quali sguardi animali si posano sui loro corpi ecompromettono la loro reputazione. Ma traggono vantaggio dal bisogno delledonne di un guadagno materiale e di un effimero successo; i sentimenti umani enobili sono ben lontani, ben lontani da loro.

E il discorso prosegue nell’ultimo scritto di Sayyid Qutb, Ma‘alimfı’l tarıq ():

Se la famiglia è la base della società, e la base della famiglia è la divisione del la-voro fra marito e moglie, e l’allevamento dei figli è la funzione più importante dellafamiglia, allora una società si può definire civilizzata. Nel sistema islamico di vita,questo tipo di famiglia predispone un ambiente favorevole nel quale i valoriumani e morali si possono sviluppare nelle nuove generazioni; questi valori e que-ste norme morali non possono esistere se non nell’unità della famiglia. Se le rela-zioni sessuali libere e i bambini illegittimi diventano la base della società, e se larelazione fra un uomo e una donna si basa sulla libidine, la passione e l’impulsosessuale, e la divisione del lavoro non è basata sulla responsabilità della famigliae sulla predisposizione naturale, se il ruolo della donna è semplicemente quellodi essere attraente, sexy e disponibile, e se la donna è liberata dal suo compito ba-silare di allevare i figli e, per sua scelta o per richiesta della società, preferisce di-ventare una hostess o impiegata in un albergo, su una nave o su un aereo, utiliz-zando la sua abilità per la produttività materiale piuttosto che per educare esseriumani, poiché la produzione materiale è considerata più importante e più ono-revole che lo sviluppo del carattere umano, allora una tale civiltà è rimasta indie-tro dal punto di vista umano, è jahilı nella terminologia islamica.

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. L’annuale Festa del sacrificio, che celebra la fine del Grande Pellegrinaggio (hajj) alla Mecca.

Capitolo I

Vedremo in seguito quali conseguenze nefaste conseguono alla de-finizione di società jahilı (la società islamica prima della rivelazionecoranica, dunque ignorante) secondo le tesi di Qutb e dei suoi se-guaci.

Tornando al Qutb bambino, ci piace concludere questa breve ana-lisi con un altro aspetto della sua personalità in formazione, il suo pre-coce senso di responsabilità e di coscienza sociale, che trapela in di-verse occasioni, in particolare in uno degli ultimi capitolidell’autobiografia, intitolato “Il raccolto”, nel quale viene ricordato ilmomento della presa di coscienza delle terribili condizioni di vita deipoveri, qui incarnati da coloro che arrivavano al villaggio dalle deso-late province di Qena e Assuan per lavorare nei campi di Mushadopo le inondazioni del Nilo.

Questi lavoratori stagionali (che tanto ricordano i nostri immigratidi oggi) erano da tutti considerati stranieri «non perché vivessero cosìlontano, ma per il loro aspetto fisico, diverso da quello degli abitantidel villaggio, per il loro abbigliamento, se così si può chiamare, per illoro modo distorto di parlare, e per i loro canti, che narravano solo didolori e pene». (p. )

Persone poverissime che lavoravano e vivevano come bestie permandare a casa la maggior parte dei magri guadagni, cercando di ri-sparmiare anche su un tozzo di pane.

Il giovanissimo Sayyid li osserva con occhio attento e sensibile e lidescrive con grande partecipazione (sono fra le pagine più belle del-l’autobiografia), per poi concludere:

Aveva imparato molte cose quella notte. Aveva imparato che nella vita di al-cune persone la carne è un piacere raro, che molti provano una volta all’anno,in occasione dell’‘id al–adha’. Aveva imparato che il burro è qualcosa di sco-nosciuto nel loro mondo [...] aveva imparato che la farina è un ingredientecon cui hanno poco a che fare, e che al suo posto basta il mais [...] che lo zuc-chero è qualcosa che si trova nelle case dei ricchi. [...] Aveva imparato moltecose, i cui effetti profondi sul suo animo ed il cui forte impatto sui suoi sen-timenti gli sono evidenti solo ora che riflette su di essi di tanto in tanto, eprova vergogna nel profondo dell’animo e disprezzo per se stesso e la sua

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. O. CARRÈ, op. cit.. G. KEPEL, Il Profeta e il Faraone, cit. p. riferisce che la partenza è avvenuta nel .

Gli anni della formazione: un bambino di paese

gente. Si sente un ladro. Ha rubato a questi “forestieri” e a molti milioni comeloro, che contribuiscono alla ricchezza della Valle del Nilo e che rimangonoalla fame. È un ladro! Se ci fosse un legge giusta nella valle, sarebbe mandatoin prigione prima di quelli che la legge considera ladri e criminali. Questa erala sensazione che provava ogni volta che si sedeva per mangiare cibi ricchi,frutta zuccherina o dolci deliziosi o quando godeva dei semplici piaceri dellavita in mezzo a milioni di diseredati. (pp. ‒)

È la scoperta di un forte anelito verso la giustizia sociale, il temachiave del primo Qutb, che infatti a essa dedicherà, qualche annodopo l’autobiografia, il suo primo saggio sociale (che abbiamo già ci-tato e che approfondiremo in seguito), Al–‘adala al–ijtima‘iyya fı ’l–islam (La giustizia sociale nell’Islam), nel , pubblicato mentre l’au-tore era negli Stati Uniti.

La giustizia che Qutb va cercando la trova solo nei fondamenti so-ciali dell’Islam ed è per questo che nel suo primo saggio traccia conti-nui paralleli fra Cristianesimo e Islam, con lo scopo ovvio di evidenziarela superiorità di quest’ultimo. Qutb fa una critica al principio di sepa-razione fra religione e politica, poiché Dio è centro e origine di ognicosa e al suo ordine si deve attenere qualsiasi società che voglia realiz-zare la giustizia fra gli uomini. Tutte le altre forme societarie sono de-stinate a fallire nella ricerca di un sistema che garantisca la vera giusti-zia per tutti gli uomini sulla terra.

È il Qutb “rivoluzionario”, come lo definisce O. Carrè, quello checrede veramente che con il ritorno al passato, con l’abbandono dellecontaminazioni occidentali, con il recupero dell’Islam vero, si possagiungere a fondare una società giusta, egualitaria e solidale.

La sua autobiografia si conclude con la fine della scuola nel ela partenza dal villaggio verso la città del Cairo, nel , per com-pletare i suoi studi, con lo straziante addio ai suoi amati genitori, al fra-tello, alle sorelle, ai parenti e agli amici.

L’autobiografia non poteva che concludersi in questo modo poichéquesto è il momento della fine dell’infanzia, il vero passaggio all’etàadulta per il piccolo Sayyid, che non tornerà mai più a vivere nel vil-laggio dove è nato.

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Capitolo I

Giunse il momento per lui di lasciare il villaggio [...] c’era un compito che lo aspet-tava, e lui si sentiva come un soldato pronto al combattimento [...] I sentimentidel ragazzo erano confusi, la sua mente sconvolta e i suoi pensieri distratti. Nonsapeva se era felice del viaggio al Cairo, che aveva sognato per anni, o triste per-ché lasciava il mondo che aveva conosciuto fino ad allora. (pp. ‒)

È il passaggio da un mondo ad un altro, separati da una distanza in-finitamente superiore ai chilometri fra il piccolo villaggio e la grandemetropoli. È l’altro volto, quello politicamente turbolento e cultural-mente vivace, dell’Egitto degli anni Venti e Trenta, nel quale il gio-vanissimo Qutb si troverà catapultato, e che lo accoglierà con le sue af-fascinanti prospettive e con le grandi opportunità di crescitaintellettuale, politica e religiosa.