i Giugno 2018 D - Io Donna Mamma · 2018-12-04 · Le regole della Dragon Boat “Secondo la...

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Mariateresa Pegoiani

"MMamma, parola che fa agitare i cuori nel bene e nel male.”

Ogni essere umano deve ringra-ziare la propria madre per la vita e per la parte successiva della sua formazione umana e spirituale. L’esempio e l’atteggiamento ver-so la vita in primis lo assorbiamo dalla “mamma” che sia essa biolo-gica o adottiva. Una società senza madri sarebbe una società disu-mana.

“Mamma, parola che fa agitare i cuori nel bene e nel male.” Ogni essere umano deve rin-graziare la propria madre per la vita e per la parte successiva della sua formazione umana e spirituale. L’esempio e l’atteggiamento verso la vita in primis lo assorbiamo dalla “mamma” che sia essa biologica o adottiva. Una società senza madri sarebbe una società disumana. La figura materna ha un ruolo fondamentale nella crescita di un figlio e della famiglia nella società. Le mamme di oggi possiamo de-finirle “multitasking”, essendo in grado di gestire la famiglia, il lavoro ed il tempo libero. La donna nella società occi-dentale sicuramente è più libera di esprimersi nell’abbigliamento, nel-le scelte formative e nelle relazioni. Qualcosa è cambiato anche se pur-troppo la società è ancora maschili-sta sotto molti aspetti ed in altri pa-esi la strada è ancora molto lunga. Alcune donne non vogliono figli per paure indotte ma la maternità è un diritto. Noi di IDM ringraziamo tutte

le mamme in occasione della loro festa. Un grazie alle donne che hanno avuto il coraggio di diventa-re anche mamme. Un grazie alle casalinghe-la-voratrici-mamme che sono alle prese del mestiere più complesso del mondo “essere madri”. A voi che affrontate con ferrea volontà le giornate quotidiane con le difficoltà annesse che la scelta della maternità comporta, sia nella parte affettiva sia nel lavoro e nel far coincidere tutto con i bisogni e le necessità di una famiglia elar-gendo sempre un sorriso, rivolo di balsamica speranza verso la vita. Madri che s’informano leggen-do, studiando, ricercando sempre modi nuovi e si formano parteci-pando a corsi di cucina, di moda, di benessere per se stesse e per tutta la famiglia. Madri nello sport, madri nella scuola, nella politica madri di mille sfumature come arcobaleni colo-rati irradiano la vita di ogni essere umano. Nonostante la madre nel suo ruolo simbolico sia molto esaltata nelle poesie, preghiere, canzoni, racconti, romanzi, e film viene co-munque poco ascoltata ed aiutata e la sua fatica di super mamma tutto fare deve essere ancora rico-nosciuta. Madri e il loro amore materno sono un antidoto all’egoismo del mondo perché sanno dividersi, sacrificarsi e condividere con gli altri. “Gli uomini reggono il mondo, le madri reggono l’eterno, che regge il mondo e gli uomini ”. Cristian Bobin

Buona lettura!

Mariateresa PegoianiEducatrice emozionale,

scrittrice, giornalista, docente

e Direttore di Io, Donna, Mamma

[email protected]

IDMIDM

editoriale numero numero numero

TREnumero

https://idmbrescia.com

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Sommario IO, DONNA, MAMMA il femmiline di Brescia

https://iodonnamamma.it

Luogo pubblicazione: BresciaPeriodicità: bimestrale

free press

Direttore responsabileMARIATERESA PEGOIANI

Direttore editorialeLAURA PENSINI

Marketing e pubblicitàKIM CIMASCHI

[email protected]

[email protected]

Progetto grafico e impaginazione

MARIACARMELA REITANO

Hanno collaborato: Claudia Bertoli

Antonella BoldiniLuisa Bondoni

Michele CurcioMarco Fenaroli

Silvia Fusi Catia Lauria

Renzo Mosca Camilla Verde Parmigiani

Alessandra Pelizzari

Proprietario ed editoreASSOCIAZIONE

PRISMA LUCE APSVia Privata De Vitalis, 30

C.F. 97684530153P.I. 03958030987

StampaMascarini - Calcinato (BS)

DistribuzioneIo, Donna, Mamma

è un free press distribuito in negozi, centri medici, scuole,

teatri e locali selezionati a Brescia e provincia.

Registrazione presso il Tribunale di Brescia

rich. 28/12/2017

in copertina Foto di KSB

DIRITTO DI FAMIGLIALa negoziazione assistita

SERIE TVJane the Virgin

MUSICAAlice Olivari

MILLE MIGLIAMuseo nazionale della fotografia di Brescia

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ART. 14CONVENZIONE ART. 14

Uno strumento utile a sostegno delle imprese

La Provincia di Brescia ha adottato un modello di convenzione art. 14 del DLGS 276/2003

per l’inserimento lavorativo di persone disabili presso cooperative sociali di tipo B

che ricevono commesse di lavoro da imprese soggette all’obbligo di assunzione ai sensi delle legge 68/99. L’azienda committente, che intende avvalersi di questo strumento, stipula con la Provincia di Brescia - Ufficio

Collocamento Mirato Disabili e la Cooperativa Sociale una convenzione finalizzata

all’integrazione lavorativa di persone disabili.

INTEGRA COOPERATIVA SOCIALE ONLUSVia Rose, 24/B - 25126 BRESCIA - Tel. 030.313031 - [email protected] www.integrabrescia.it

INTEGRAZIONE . RISORSE UMANE . CLIENTE

LA SOLUZIONE PER L’ASSUNZIONE OBBLIGATORIA

ATTIVITÀE SERVIZI

L’integrazione con il grupporende gli individui responsabili.Il giusto mix fra integrazione,

risorse umane e cliente.

PULIZIE CIVILI E INDUSTRIALILABORATORIO

INTERVENTIATTIVITÀ COMPLEMENTARI

EDITORIALE

COVER STORYIl Drago di Brescia.Il miracolo urbano della canottieri Bs

UNIVERSO SCUOLANovalis open school

LE INTERVISTE DI IDMW le mamme

PSICOLOGIADiventare mamma

BricolageAuguri mamma!

ECO GREENIl foraging

SPECIALE ristoranti6 Ristoranti sul lago di Garda

NUTRIZIONISTAMangiare bene è una necessità, mangiare intelligentemente è un’arte

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INTERVISTA Chiara Padula - Bolina

LIBRI Nancy Cooklin - Crea te stessaElisabetta CaraccioloTasche piene di sabbia

GIALLO IN CITTÀ "L'Ultima Notte di Mattia C"Terza puntatadi Renzo Mosca

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Arte&Cultura

MOSTRE IN CITTAPinacoteca Tosio Martinengo

Picasso, De Chirico, Morandi100 capolavori del XIX e XX secolo dalle collezioni private bresciane

Felice Bianchettifotografo delle donneci racconta la maternità

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CucinaVegetariana

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ucina Vegana CucinaVegetariana

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ucina Vegana

Ristorante da Michela

La scelta di consumare un pasto vegano non contempla la rinuncia ai sapori decisi : punta alla ricerca del giusto equilibrio

tra delicatezza e sapidità.Il buon cibo è cura per il corpo e nessun’altra cucina è tanto

attenta al benessere dell’organismo.La nostra cucina utilizza solo ingredienti di prima scelta,

il più possibile biologici.Stesso discorso per vino e bevande.

La sapiente lavorazione dei nostri cuochi permette di portare a tavola qualcosa di speciale.

Benvenuti e buon appetito.

Il nostro locale si trova non troppo distante dal centro in Via Fontane 13, Brescia. È gradita la prenotazione al numero 030.6372033

CHIUSO IL MERCOLEDÌ - http://ristorantedamichela.it/RistoranteDaMichela

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Cover Story

il DRAGO di Brescia

Un duro sport per alcuni, un sano passatempo per altri, una infiammata rivalità per tanti agonisti. Amichevole rivalità che la Canottieri Brescia ha già ac-ceso riuscendo in soli cinque anni a farsi conoscere in tutto il territorio nazionale, un po’ per la fama di essere una bellissima famiglia e un po’ per i risultati sportivi che pagaiata dopo pagaiata stanno piano piano arrivan-do.

Una attività sportiva che si concentra sul Dragon Boat, una disciplina di origine orientale ormai molto diffusa in Europa, sorprendentemente aperta a entrambi i sessi e a tutte le età, in perfetto equilibrio tra agonismo e go-liardia.Basti pensare che oltre ad avere una sezione esclusiva-mente femminile, per regolamento gli equipaggi de-vono essere misti e avere un numero minimo di donne, insomma, roba da machi, ma non da machisti.

La Canottieri Brescia si allena da cinque anni in quella che era una cava di sabbia e che oggi si appresta a diventare un’area ecologica facente parte del Parco delle Cave. Un’oasi cittadina che regala bellissimi tra-monti e una tranquillità degna di luoghi ben più lontani.

Ma chi sono le persone che hanno saputo immaginare dei ragazzi divertirsi dove prima c’erano gru e ruspe?

Paliamo con Michele Curcio, che ne è presidente e fon-datore insieme ad un variopinto gruppo di amici, che a guardarli, smetti subito di essere stupito da quello che sono stati capaci di fare, promuovendo la passione per gli sport remieri in ambito bresciano.«La passione ci ha spinti a fondare e far crescere questa società che senza scopo di lucro, anno dopo anno è diventata un punto di riferimento per i canoisti bresciani. L’amore per gli spazi e per l’ecologia ci ha spinti anche

Dragon Boat... «Parlo di una “storia d’amore” di cui non conoscerò mai il finale, ma di cui ricorderò per sempre l’inizio. »

“Non lasciano l’erba, Non lasciano l’erba...”Il refrain finale di una canzone di molti anni fa.

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«Sì, voglio essere un canottiere. Gareggiare e vincere! Perché vincere non è tutto… è la cosa più bella del mondo»

«Perché ciò che l’arte del remo insegna non è mai uguale per tutti! Se si sbaglia l’errore è di tutti, non ci sono tanti corpi e ruoli, ma l’unica mente concentrata sullo stesso obbiettivo!»

a cimentarsi in ambito politico, per far che la cava Nuo-va Beton della famiglia Gaffurini, a cui dobbiamo tantis-simo, diventasse il tanto idealizzato “Parco delle cave”. Le innumerevoli riunioni della “Consulta per l’ambiente”, di cui la Canottieri Brescia è membro effettivo, la par-tecipazione alla “Progettazione Partecipata” del Parco delle cave ha permesso che la società divenisse attore principale nella realizzazione dello stesso.

Credere ai sogni? Io dico sì. Infatti nel 2012 durante una gara svoltasi a Firenze dissi: “parafrasando Martin Luther King, “I have a Dream” vorrei poter mettere in atto il progetto di portare il Dragonboat in questa città, in modo da far conoscere questa disciplina affascinate, ma soprattutto aggregante e socializzante a giovani e non giovani”.Ecco dopo qualche anno posso dire che si sogno si è avverato.

foto e testodi Matteo Cremaschi

MICHELE CURCIOPresidente e fondatore

Il miracolo urbano della Canottieri Brescia.

Tempi in cui il progresso inghiottiva le campagne, ma anche tempi in cui si formava una coscienza ecologi-sta che oggi permette alla natura di prendersi qualche rivincita, che a volte sembra essere un vero e proprio Miracolo Urbano.

Guardando oltre una gru dismessa, a volte, può succe-dere di trovare un angolo di paradiso e un gruppo di

amici appassionati e determinati. È il caso di una giovane e sorprendente realtà, nata otto anni fa con l’idea di portare il canottaggio nel centro di Brescia.

Una disciplina il canottaggio che abbellisce e riempie di fascino luoghi come Oxford, Venezia, Firenze e tante altre storiche città.

www.canottieribrescia.it

Le regole della Dragon Boat “Secondo la leggenda più popolare, la fe-sta delle barche drago ricorda il tentativo di salvare il poeta nazionale cinese Qu Yuan dall’annegamento nel 277 a.C. La barca drago è una canoa a 20 posti lunga 12,40 m e larga 1,12 m e pesa circa 250 kg, con una testa di drago posta sulla punta dell’imbar-cazione. Si rema seduti su assi di legno con una pagaia monopala. I rematori sono 20 (equipaggi maschili, femminili o misti) più un timoniere alla poppa e un tamburino a prua per dare ritmo di remata agli atleti. Le competizioni riconosciute dall’Federazione Italiana Dragon Boat (FIDB) sono i 200, i 500, 1.000 e 2.000 m, ma ci sono gare com-petitive e non su diverse distanze fino ai 30 km”

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«Un’immagine indelebile, sei amici, una pizza, una birra, e la sfida: facciamo la Canottieri Bre-scia!

Sono passati una manciata di bellissimi anni, attraverso emozio-ni, conquiste, tanta adrenalina.

Una sfida che non finisce mai e che continua a cambiarmi e for-marmi, come atleta, donna, ca-pitano.

Salgo in barca, pronta a dare tut-to, e che orgoglio pensare a quel-lo che è stato fatto e a quello che siamo pronti ad affrontare.»

BARBARA POLI. Cofondatrice e capitano della Canottieri Brescia.

«Il drago non è come gli altri sport. Qui la fortuna non esi-ste. La barca che taglia per prima il traguardo non è mai lì per caso. Se smetti di remare quando manca poco alla fine, significa per-dere. E quando vedi che non ne hai più, dai l’anima»

MARCO FENAROLI

«Il Dragonboat è uno sport di squadra dalle mille possibilità, a tutti i livelli, uno sport aggregante, duro e goliardico allo stesso tempo.

Sono cresciuto sull’acqua, quando pio-veva il lago si gonfiava e ci arrivava sotto il balcone. La canottieri era a pochi metri da casa mia, lì sul Verbano il canottaggio era diffusissimo.

Venticinque anni fa trasferitomi a Brescia dissi addio ad una grande passione. Ma la passione di un ragazzino può risve-gliarsi in un momento, specie se hai la fortuna di capitare in una società come questa che ha saputo creare una squa-dra di canottaggio nemmeno partendo dalla barca, ma addirittura inventandosi un lago.

Il mio nuovo balcone sull’acqua.»CA

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«La Canottieri è per me una grande famiglia.

Io li chiamo “bambini speciali”!Atleti, amici, personalità, età e caratteristiche diverse, sarebbe difficile amalgamare tutto, ma il Dragonboat è proprio questo; c’è un ruolo per tutti e si lavora tutti insieme.

È soprattutto questo a darci la carica e a renderci felici e orgogliosi dentro e fuori dalla barca.»

RAFFAELLA SOUSACapovoga

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A dimensione bambino

L’intento della Novalis Open School è unire le tre forme di pedagogia di Steiner, Montessori e della scuola tradizionale, per trar-re il meglio da ognuna. “I bambini di oggi hanno esigenze particolari, e noi vogliamo sviluppare una modalità che si adatti a loro, prendendo spunto dalle tre pedagogie importanti della storia, in modo innovativo e aggiornato”. Spiega Roberta, insegnante della scuola Ma-terna alla Novalis Open School. Libertà, individualità, esperienza e iniziativa sono le parole chiave della filosofia della Scuola.

Da Steiner la scuola Novalis ha acquisito l’idea che il bambino debba convogliare la propria energia nel movimento e nell’uso del corpo. L’obiettivo è fornire ai bambini la possibilità di fare il maggior numero di esperienze possibili,

Una scuola sperimentale, nata dai genitori per i figli, dove esperienza e libertà di espressione sono alla base della crescita dei bambi-ni. La Novalis Open School di Mompiano nasce dall’iniziati-va di Paola e Ludovico, convinti dell’importanza in una scuo-la di fornire maggiori attivi-tà manuali e dare più spa-zio a materie artistiche e musicali. Lezioni di pittu-ra, yoga, multisport, fino al giardinaggio e al vio-lino: la scuola innovati-va che forma i bambini di oggi per prepararli al futuro.

Universo Scuoladi Silvia Fusi

per sviluppare in modo naturale la propria personalità e creatività. Del metodo Montessoriano la scuola ha ripreso invece il concetto di autonomia e manualità: i bambini creano gli strumenti e i libri con le proprie mani, sviluppando le capacità oculo manuali attraverso la vita pratica.

L’offerta formativa della Novalis Open School è co-stituita oggi dalla Scuola Materna e Primaria, con un proget-

to in cantiere per i prossimi anni della scuola Media.

In un edificio in via Sant’Antonio a Mompiano, im-mersa nel verde, la scuola si sviluppa su quattro

piani, ognuno dei quali adibito a un percorso scolastico, e ai laboratori (di musica, di sport,

di arte), oltre al grande e importante giardino.

Oltre alle classi per i bambini e gli insegnan-ti, anche uno spazio comune per genitori e figli, con libri e giochi per tutti, e una sala conferenze dove vengono allestiti concerti: “Abbiamo il nostro calendario culturale, invitiamo ospiti a fare concerti e spetta-coli, anche grazie alla collaborazione con la LABA” racconta Paola, fondatrice della scuola insieme al compagno Ludovico.

La cura del pranzo è lasciata al catering di MensanaBio, per una mensa biologica e ve-

getariana: “è doveroso per noi curare anche l’alimentazione, oltre alla formazione dei bam-

bini” ha sostenuto Paola.

La giornata alla Scuola Materna è molto lenta, scandita soltanto dalle pause merenda,

pranzo e sonnellino. Le lezioni non sono strutturate, in modo da offrire molta libertà ai bambini.

“L’idea principale della scuola è lasciare spazio e tempo ad ogni bambino di fare, provare e raggiun-gere piccoli obiettivi con i tempi personali.

Ad esempio, i lavori con scadenze precise, come per la festa del papà e della mamma o il natale, vengono affrontati molto prima, per dare modo a tutti i bambini di approcciarsi con le proprie tempi-stiche.” spiega Roberta.

La maestra propone attività iniziando a farle, e i bam-bini interessati si avvicinano e sperimentano insieme,

non dà compiti da eseguire.

Già dalla Materna i bambini seguono laboratori: yoga, psico-motricità, nuoto, e tanto altro.

Un progetto significativo è quello dell’orto, che prosegue anche alle elementari: attraverso il contatto diretto con la natura, i bambini ve-

dono e imparano le trasformazioni e i cicli della natura, oltre ad avere la gratificazione di vedere fiorire il frutto del proprio lavoro.

www.novalisopenschool.it

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Universo Scuola

La Scuola Primaria mantiene la stessa impronta pedagogica, specialmente l’idea che le uscite didattiche e le esperienze all’esterno siano fondamentali. “Facciamo lezioni fuori, ogni volta che il tempo ce lo permette, nel nostro giardino, che è molto grande, al Parco Castelli, o anche nella Valle di Mompiano e nei boschi. In que-sto modo i bambini possono sperimentare di più e meglio che in classe” afferma Stefania, maestra alle elementari.

Nella giornata della scuola primaria si susseguono ore di materie curriculari alternate, e laboratori e attivi-tà di vario genere: lezioni di inglese con la maestra madrelingua, modellato con la ceramica, baby fale-gnameria, arte, sport, musica (quest’anno gli alunni stanno imparando il violino), e canto. Interessante è la scelta del “gioca yoga”: i bambini apprendono attraverso l’ascolto, la meditazione, il silenzio e i riti di questa disciplina.

Durante il 4° anno scolastico inoltre, gli alunni pro-vano diversi laboratori con il Teatro dell’Arte che propone giocoleria, burattini, cucina e cucito.

Per le materie curriculari è stata scelta la maestra unica, e un insegnante per ogni altra materia e attività. Continua Stefania: “Le classi sono poco numerose (al massimo 15 alunni), e questo permette a noi insegnanti di seguire bene ogni bambino rispet-tando il tempo di apprendimento di ognuno.

La chiave è lasciare l’espressione libera, dan-do solamente una linea guida.” Ad esempio, fino al 3° anno i bambini scrivono su qua-derni senza righe né quadretti, e possono in questo modo esprimere la loro creativi-tà. Il libro di testo viene creato dai bambi-ni stessi che durante l’anno arricchiscono il loro quaderno.

Direttamente dalla pedagogia steineria-na, la Scuola Novalis ha adottato il siste-ma delle lezioni a epoche, alternando 3 settimane di una materia curriculare con 3 settimane di un’altra, affiancate a tutte le altre.

“Abbiamo notato che quando viene ripresa la materia iniziale, dopo il cambio, i bambini si ricordano tutto, è molto semplice riprendere il discorso concluso tre settimane prima.” affermano Stefania e Paola. “In questo modo i bambini interioriz-zano meglio gli argomenti.

Noi non diamo compiti. Riteniamo che una lezione basata sola-mente su ore frontali in classe seguite da compiti a casa non è producente come si crede, e crea anzi stress nei bambini e nelle famiglie, che devono seguire i figli. Ovviamente dobbiamo seguire il programma ministeriale, ma il nostro metodo ci consen-te di farlo: lavorare tanto e bene in classe rispettando le tempistiche dei bambini dà più frutti.”

L’obiettivo della scuola Novalis è lo stesso di tutte le altre scuole, ma con una modalità diversa per raggiun-gerlo. Tutto il percorso dalla Materna fino alle Medie vuole accompagnare il bambino attraverso il maggior numero di esperienze possibile, in modo che, di fronte alla scelta delle su periori, i

ragazzi abbiano un’idea di cosa gli piace di più e in cosa sono più portati. “Si lavora molto sull’autostima cosicché tutti i bambini

riescano a raggiungere gli obiettivi in tempi diversi.

Questo fa sì che i compagni siano molto solidali tra di loro e si aiutino. Inoltre, evitiamo che un bambino si

trovi in competizione, specialmente con se stes-so: al posto dei voti diamo delle gratificazioni, e

nessuno viene condannato se è più lento o ha difficoltà.” conclude Stefania.

La Novalis Open School è nata nel 2015 come scuola parentale con una pluriclasse, voluta da Ludovico e Paola, dopo l’esperienza del primo figlio in una scuola tradizionale, che hanno spiegato:

“Nelle altre scuole viene dato pochissimo o addirittura nessuno spazio a materie come

arte e musica, che per noi sono fondamen-tali quanto le curriculari”. Dopo la prima

esperienza in una villa a Concesio, grazie alle tante partecipazioni di genitori, e all’aumento

delle iscrizioni, si sono trasferiti in un luogo più grande a Mompiano dove oggi c’è la sede.

La ricerca di nuovi alunni continua ogni anno con open day dedicati e passaparola. Oggi la scuola è arrivata ad

avere un centinaio di bambini tra Materna e Primaria.

A giugno 2017 la Novalis Open School è stata rico-nosciuta legalmente dalla Regione ed entro la fine del 2018, con il completamento del ciclo fino alla 5 elementare, riceverà la parifica.

Per il prossimo anno è in cantiere il progetto per continuare dopo le elementari con la costituzione di classi delle Scuole Medie, in modo da seguire i bambini fino alla scelta delle superiori.

Con la convinzione che il modo mi-gliore per crescere sia provare e

divertirsi nello sperimentare, la Nova-lis Open School di Mompiano offre un

percorso di formazione dell’individuo, seguendo i bambini nel loro sviluppo libe-

ro e creativo, diventando una delle scuole più innovative e all’avanguardia del la provin-

cia bresciana. s

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Com’è essere una mamma al giorno d’oggi? È diverso rispetto a qualche anno fa? In questo speciale abbiamo intervistato 5 donne, che rappresentano diverse condizioni in cui si ritrovano le mamme contemporanee.

Le interviste di IDM di Silvia Fusi

Essere una mamma oggi

Giulia è una donna di 49 anni, mamma di due ragazzini, un maschio di 16 anni e una femmina di 11 anni, casalinga e divorziata. Diventare mamma e creare una famiglia era il suo obiettivo fin da piccola. Dopo il matrimonio e due aborti spontanei, a 31 anni è nato Tommaso, e dopo 4 anni Lucia. Per dedicarsi completamente alla famiglia, ha deciso di non lavorare e fare la casalinga. Purtroppo 7 anni fa il suo sogno si è infranto con la separazione dal mari-to. “All’inizio è stata molto dura, una separazione difficile: oltre ai problemi con mio marito, ho avuto lo shock perché sono passata dal vedere i miei figli quotidianamente, a non vederli per alcuni giorni alla settimana, e quando erano

con il padre io non sapevo nulla di cosa facevano e dove andavano.

Dopo questi anni i miei figli sono rimasti la mia vita: non so se sia la scelta migliore per me stes-sa, ma per il momento non ho bisogno di altro”.

La sua storia di mamma è fatta di tante rinunce e sacri-fici, e soprattutto di compromessi con il padre dei suoi figli. “Ho capito che la cosa più importante nel rapporto con loro è la libertà. Da mamma chioccia che ero, ho dovuto diventare più paziente, e capire che soffocare i miei figli con le domande non era il modo giusto per proteggerli: è meglio lasciare loro la libertà di fare espe-rienze da soli, per poi parlarne con me quando se la sentono”. Il dialogo tra la madre e i figli non è mai man-cato, perché esiste un rapporto di fiducia reciproca.

“Forse con l’arrivo dell’adolescenza avrò degli scontri con mia figlia, ma non me ne preoccupo, perché sono cose normali a quell’età. Anche io litigavo sempre con

mia mamma da adolescente!”. Tuttavia Giulia non deve affrontare tutte le difficoltà da sola, perché i suoi genitori e la sua famiglia la aiutano molto. “I miei figli hanno potuto trovare un modello di figura maschile nei componenti della mia famiglia. Lucia è molto legata a mio fratello, lo zio con il quale va al cinema e con cui può parlare di tutto. Mentre Tommaso è sempre stato vicino al suo nonno: qualche anno fa hanno aggiustato insieme una Vespa, fanno attività tipiche da padre e figlio.”

Nonostante le difficoltà e i sacrifici, tutto viene ripagato dalle soddisfazioni che Giulia riceve dai suoi figli: “tutte le persone che incontro mi parlano benissimo di loro. Quando cresceranno non potrò vederli così spesso, quindi me li sto godendo a pieno cercando di non perdermi nulla delle loro vite, di essere sempre presente e custodire tutti i ricordi. In futuro si vedrà!”.

Maria è la mamma di Pietro, un bambino di 6 anni con la sindrome di Down.

“Essere mamma è difficile, è proprio vero che come si dice è il mestiere più difficile al mondo, ma esserlo di un bambino disabile lo è ancora di più”.

Quando si pensa di diventare mamma, ci s’immagina di esserlo di un bambino sano, normodotato, con una prospettiva di crescita e realizzazione personale, ma quando questo non avviene ci si fa mille domande, su-bentrano mille sensi di colpa, vergogna e paure per il presente e per il futuro.

“Da quando è nato Pietro, faccio i conti con un profon-do senso di colpa misto a vergogna.

Soprattutto agli inizi, mi sentivo una donna inca-pace, diversa, perché non ero riuscita a mettere al mondo un figlio normale, ero arrabbiata per-ché non potevo fare le cose che facevano le altre mamme, le difficoltà che incontravo con mio figlio erano molto diverse da quelle che pre-sentavano le mie amiche quando ci si vedeva per un caffè: pappe, coliche, inserimento all’asi-lo, festine di compleanno, la scelta di uno sport.

Insomma, tutte quelle cose normali di cui parlano le mamme normali con figli normali.

Anche io come mio figlio mi sentivo diversa, con qualcosa in meno e con una prospettiva futura azzerata.

MAMMA MONO-GENITORE

MAMMA CON FIGLIO

DISABILE

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Con il tempo, questo senso di vergogna si è attenuato; in questi anni, ho frequentato molti gruppi di auto-mu-tuo aiuto per familiari di bambini con la sindrome di Down e questo mi ha permesso di non sentirmi più sola e così tanto sbagliata.

Ho conosciuto tanti genitori, tante mamme che come me provavano vergogna, rabbia, senso di ingiustizia, che come me si dovevano confrontare quotidiana-mente con un mondo non preparato ad accogliere la disabilità.

Provo molta rabbia nei confronti della società, la sento ipocrita: si parla di inclusione nelle scuole o nella società solo perché vengono fatti i bagni per disabili o perché al bambino con difficoltà affiancano un insegnante di sostegno a scuola.

Grazie al confronto con altre per-sone che vivono le mie stesse diffi-coltà, che hanno i miei stessi dubbi e timori e soprattutto grazie al mio Pietro, che nel frattempo è cresciu-to e mi ha permesso di conoscere il suo mondo e mi ha insegnato cosa vuol dire veramente affrontare la vita a testa alta tutti i giorni, tutte le mattine riesco ad alzarmi con più grinta e con meno paura di affron-tare l’ignoto per e con mio figlio.

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Chiara è una donna di 46 anni, lavora part-time in un negozio di alimentari di proprietà della sua famiglia d’origine, moglie di Sergio, impiegato di banca, e mamma di Viola, 8 anni, e Samuel, 12 anni.

Fin qui sembra una storia come tante, una fami-glia come tante, con l’unica differenza che sia Viola sia Samuel non sono nati da mamma Chia-ra. Viola, la prima a entrare in famiglia, è stata adottata a tre mesi dalla nascita tramite ado-zione nazionale e Samuel è arrivato dal Brasile all’età di nove anni.

Chiara dice che essere mamma adotti-va non è semplice, quotidianamente ci si scontra con pregiudizi e preconcetti che arrivano dall’esterno, ma anche che lei come genitore si era fatta, oltre ai carichi emotivi che portano dei bambini abban-donati.

Chiara racconta che con Samuel non è stato semplice, perché il bambino solo più tardi si era reso conto di cosa volesse dire “essere adotta-to”, credeva che dopo poco sarebbe ritornato

in Brasile dove aveva lasciato i fratelli. Oggi Samuel frequenta la scuola media, ha buoni risultati grazie alle sue grandi capacità intellettive, ma ha grosse difficoltà nella relazione sia con i pari sia con gli adulti di riferimento che si tramutano in scoppi d’ira e comporta-menti aggressivi.

Chiara lamenta difficoltà di confronto e collaborazione con la scuola “Samuel viene trattato come un ragazzino straniero, capisco non sia facile avere in classe un ragazzo che continua a disturbare, distratto e iperattivo, ma gli insegnanti non si rendono conto del trauma che si porta dietro con tutte le ripercussioni che ne conseguono.

I miei figli hanno un’autostima bassissima e vedono il fallimento sempre dietro l’angolo. Quando vengono fatti degli appunti, soffrono molto, è come riaprire quella ferita profonda, si sentono ancora una volta rifiutati. Pensavo, pen-savamo, di fare del bene, che saremmo diventati genitori aiutando dei bambini che non avevano più una famiglia.

Credevo che i nostri figli sarebbero stati bene, non avrebbero avuto problemi, o per lo meno solo i problemi tipici dell’età, invece, a volte mi chiedo se abbiamo fatto bene, so-prattutto per Samuel, a portarlo via dal suo contesto, forse lì non si sarebbe sentito così diverso”. Anche con Viola ci sono state delle difficoltà, anche se “le perso-ne credono che solo perché un bambino è adottato da picco-lo e perché non è somaticamente diverso, allora è un bambino come tutti gli altri, o addirittura più fortunato e che vada tutto bene.”

Quello che ha aiutato e sostenuto la famiglia di Chia-ra è stato il confronto con altre famiglie adottive, “non è un modo per ghettizzarsi, ma un valido strumento di confronto con chi come noi quotidianamente è in pri-ma linea”, e il supporto specialistico di professionisti che hanno dato significato a ciò che vivono.

Yinchun Hu è il suo vero nome, ma qui in Italia tutti la conoscono come Sabrina. Sabrina ha 46 anni, ma sembra molto più giovane della sua età. All’età di 12 anni si è trasferita in Italia, prima in Puglia per poi approdare a Brescia, con i suoi due fratelli più grandi per raggiungere i genitori che lavoravano da alcuni anni nel nostro Paese.

Sabrina ricorda le difficoltà iniziali “Quando sono arrivata in Italia ero contenta perché rivedevo i miei genitori, ma mi spiaceva aver lasciato i miei amici. Qui era tutto diverso, non capivo quando mi parlavano, i miei compagni

mi guardavano strano. I primi tempi mi sentivo molto sola, era tutto nuovo, non riconoscevo nulla e nessuno, ma fortunatamente c’erano i miei fratelli con me, anche se poi ognuno ha vissuto l’essere qui in maniera diversa.

Il periodo della scuola non lo ricordo molto, solo che all’intervallo stavo da sola e alla fine torna-vo al ristorante dei miei genitori e li aiutavo a servire ai tavoli e lavavo i piatti. Poi tornavo in quella che allora era la nostra casa, una gran-de stanza che condividevamo con un’altra fa-miglia cinese.

La cosa più brutta era la notte, la stan-za era buia e quando dovevo andare al bagno chiamavo mia sorella perché mi accompagnasse, perché avevo paura.

Poi sono cresciuta e ricordo che a 15 anni fre-quentavo una ragazza italiana molto simpati-ca, Barbara. Era la mia migliore amica. Ride-vamo sempre, con lei mi sentivo libera. A mia mamma, però, non piaceva. Dopo qualche anno ho conosciuto un ragazzo italiano, è stato il mio grande amore, ma dopo molti anni, quando è stato il momento di deci-dere di creare una famiglia, mi ha lasciato, non

se la sentiva. È stato molto doloroso. A vent’anni ho conosciuto Andrea, un ragazzo solare, gentile e amante della musica. Abbiamo convissuto per un paio d’anni e alla fine è nata la nostra piccola Elisa. Finalmente, mia madre era contenta, poteva dire anche lei che sua figlia si era sistemata. Soprattutto i primi mesi di Elisa non sono stati semplici, perché lavoravo nel ristorante con i miei fratelli che non volevano che mi portassi al lavoro mia figlia per allattarla, non capivano l’importanza che aveva per me poter stare insieme a lei, vedere i suoi cambiamenti. Sono stati tempi duri anche con Andrea, non ci vedevamo quasi mai.

Stare tutti e tre insieme era una rarità, ma con il tempo le cose sono migliorate: ho chiesto ai miei fratelli di avere i weekend liberi e mio marito ha ottenuto dei turni di lavoro più umani, questo ci ha permesso di vivere di più la nostra famiglia. Oggi, Elisa ha quindici anni. Mi rendo conto che non è semplice per lei essere di razza mista, tante volte torna a casa e piange o è furiosa perché qualcuno l’ha presa in giro: i cinesi la discrimi-nano perché non è totalmente come loro e gli altri la chiamano “cinese” in modo dispregiativo, per intendere che vale poco.

Io e Andrea cerchiamo di dirle che lei è il meglio dell’I-talia e della Cina, ma non sembra convincerla. Sono molto dispiaciuta per lei, non pensavo che innamorarsi di una persona diversa da sé comportasse tutti que-sti problemi. Spero solo che un giorno il mondo possa cambiare per diventare un luogo più accogliente per tutti”.

MAMMA ADOTTIVA MAMMA STRANIERA

Essere una mamma oggiEssere una mamma oggi

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•22 i ONNA,D ammamO,

Rita ha 44 anni e due figli: Martina e Francesco, che oggi sono adolescenti. Lavora nella cucina di un ospedale come cuoca, e da qualche anno ha perso il marito.

Il desiderio di diventare mamma è nato in lei quando era ancora un’adolescente, ma si è concretizzato una volta maturata: “Il momento giusto arriva quando una donna raggiunge la maturità interiore per essere pronta.

Penso che in una coppia, specialmente nei primi anni di vita, i bambini dipendano completamente dalla mam-ma, per quanto sia importante anche la figura del pa-dre.

Come madre, devi metterti in seconda luce, perché le esigenze dei figli vengono prima di tutto.” La nascita dei figli ha arricchito tanto la vita di Rita.

Le difficoltà avute nei primi anni di vita dei bam-bini erano legate soprattutto a una preoccupa-zione che derivava dalle notizie in tv: si parlava molto delle crisi post partum, e temeva che po-tesse succedere anche a lei, e di non poter esse-re responsabile e lucida per i bambini.

“Anche ora che sono cresciuti, le difficoltà maggiori vengono dalla società. Io ho un lavoro, che grazie ai turni, mi permette di gestire bene i figli.

Nonostante ci siano stati dei passi avanti negli ultimi anni, penso che ancora oggi, una donna debba fare un passo indietro nel lavoro, per poter essere una mam-ma, perché la società mette tanti paletti, soprattutto economici, e non fornisce abbastanza aiuti, come asili aziendali o trasporti sufficienti, e non sempre si può con-tare sull’aiuto di amici o parenti.”

MAMMA DI ADOLESCENTI

Essere una mamma oggiDiventando adolescenti, il rapporto dei figli con la mamma sta cambiando, e lei lo nota. Iniziano a formar-si come persone indipendenti, con pensieri e persona-lità diverse.

Si è ormai creato l’”io” personale, e spesso le loro idee sono diverse o opposte rispetto a quelle della madre. “Nelle situazioni in cui ci sono distaccamenti e punti di vista differenti, la mia idea è quella di trovare sempre un compromesso, sia nelle piccole battaglie quotidiane, sia per situazioni più importanti.”

Continua Rita: “voglio che loro vivano piano piano del-le situazioni di indipendenza, e al momento giusto, af-frontino le piccole paure e i problemi, per fargli capire che c’è sempre una soluzione, che possono trovare da soli, o con il mio aiuto, cercando un punto di incontro.

“Le gioie che i figli, anche da adolescenti, rie-scono a darle sono molte: vederli crescere, ve-dere i loro sorrisi genuini di felicità istantanea e fare le cose insieme: “hanno tanta inventiva, che da adulta io ho un po’ perso, mentre loro pensano sempre qualcosa che non ti aspetti, ed è stimolante”. s

Le interviste di IDM

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•24 •25i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Psicologia

Dott.ssa Laura Pensinipsicologa clinica

della famiglia,responsabile

dell’area adozioni del Centro Prisma Luce

Diventare mamma

Secondo alcuni studiosi, il desiderio di maternità è strettamente collegato alla “naturale tendenza fem-minile a tenere dentro di sé e a prendersi cura”. Avere un figlio, soprattutto il primo, rappresenta la più im-portante crisi evolutiva dell’età adulta, poiché con-frontarsi con la propria capacità procreativa significa acquisire la capacità di assumersi responsabilità e di prendersi cura, così come sperimentare il proprio pote-re creativo, incluso quello dell’auto-generazione.

Con la gravidanza, la donna si trova in una posizione particolare: è allo stesso tempo figlia e madre. Que-sta identità duplice la porta a rielabo-rare e confrontare i propri vissuti passati e presenti. Un’iden-tificazione positiva con la propria madre permette alla donna di identificarsi con un genitore capace di dare vita, e con-temporaneamente di richiamare alla memoria se stessa bambina, che porta a una maturazione completa della personalità.

Quando, però, la regressione dovuta alla gravidanza e alla maternità è vissuta come un’esperienza dolo-rosa e difficile, può accadere che si riattivino deside-ri infantili di fusione con la propria madre, mettendo a rischio l’acquisizione completa dell’identità e di un senso di autonomia personale. Questa dinamica porta difficoltà nel creare uno spazio emotivo e psicologico per il bambino.

Secondo alcuni studiosi, il desiderio di maternità è strettamente collegato alla “naturale tendenza femminile a tenere dentro di sé e a prendersi cura”.

Il parto è il momento culmine del processo della ma-ternità. È il momento in cui il bambino, da immaginato, diventa reale, il passaggio tra la situazione di fusione a quella di separazione. Il parto costituisce una separazio-ne fra un prima e un dopo, tra una “perdita”, legata alla conclusione della gravidanza, e “un’acquisizione”, por-tata dalla nascita del figlio. La nascita del figlio, quindi, rappresenta per ogni donna un profondo cambiamen-to. La donna acquisisce una nuova identità: l’essere

madre.

La mamma viene investita da nume-rose trasformazioni psicologiche che si riflettono sulla vita intrapsichica, af-fettiva, relazionale, cognitiva e sociale. Diventare madre significa assume-re su di sé enormi cambiamenti fisici e personali ma anche e soprattutto modi-fiche emotive e so-ciali: la vita di ogni donna che diventa madre cambia pro-fondamente. Si trat-

ta di trasformazioni naturali ma molto delicate.

La maternità può essere un’esperienza emozionante e gioiosa, un’apertura a una nuova vita, quella del figlio, così come quella di donna, di figlia e di compagna, ma può anche generare disagio e profondo dolore ed è per questo che è molto importante valorizzare e soste-nere ogni aspetto del cambiamento in atto per viverlo in pieno equilibrio ed armonia. s

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I NOSTRI SERVIZI

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Sostegno psicologico a minori e ai familiari su: separazioni, difficoltà di coppia, situazioni di maltrattamento

e abuso, stati di sofferenza psicologica, difficoltà scolastiche, crisi adolescenziali.

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•26 •27i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Bricolage

Antonella Boldiniideatrice dei lavori di questa pagina

Auguri mamma!Bouquet di fiori di cartaLa primavera è considerata la stagione della rinascita della natura, dove i fiori tornano a sbocciare e l’aria s’inebria del loro profumo.Realizziamo quindi, restando in tema, un bouquet di fiori in carta crespa che non sfioriscono mai; che si presta a essere anche un porta confetti, in previsione di comunioni, cresime ed altri eventi.

Occorrente:- 6 Rotoli di carta crespa di vari colori (a voi la scelta secondo l’occasione) di 180 g.- 1 Rotolo di carta crespa verde di 40 g. - Perline- Steli in ferro per fiori - Nastri- Colla a caldo

Esecuzione:Prendete la carta crespa di 180 gr. di diverso colore e da ogni rotolo ritagliate delle strisce lunghe 40 cm e alte 5 cm, aiutatevi seguendo la linea che si intravede nella carta stessa. Fig.1 Ora prendete uno dei due bordi orizzontali della striscia e cominciate a tirare la carta fino a formare delle piccole onde. Ripetete per tutte le strisce. Fig. 2-3-4

Avvolgete ora le strisce su se stesse mantenendo l’ondeggiatura che avete creato su uno dei due bordi, nella parte sommitale. In questo modo andrete a formare delle roselline che fermerete alla base con gli steli di filo di ferro. Fig.5-6. Aggiungete le perline al centro della rosellina con un po’ di colla a caldo. Fig.7

Prendete il rotolo di carta crespa verde di 40 gr. e ritagliate in orizzontale tante strisce di carta quante sono le rose. Le strisce devono avere una lunghezza di 9 cm e un’altezza di 7 cm. Fatto questo, prendete una delle strisce e cominciate a tagliarla in verticale formando delle piccole linee pa-rallele, lasciando dello spazio tra una striscia e l’altra, almeno un centimetro di spazio dal margine. Fig.8-9.Assemblate ora le varie parti e otterrete una rosellina come in Fig.10. Realizzate tutte le roselline, unitele insieme fermando il bouquet con del filo di ferro e regolate la lunghezza del gambo. Fig.11

Preparate ora la carta che lo avvolgerà e regolatevi con la misura da tagliare appoggiando le roselline sulla carta stessa. Sulla parte alta della carta che rivestirà il bouquet, con le dita, fate un piccolo orlo. Fig.12Avvolgete la carta intorno al bouquet e fermatelo con dei nastri colorati. Fig.13. Bouquet con confetti.Per questa versione il procedimento è uguale a quello spiegato prima tranne in alcuni passaggi. Prendete i confetti e avvolgeteli uno alla volta con della pellicola trasparente. Fig.14. Avvolgete la carta crespa intorno al confetto fino a formare una rosa. Fig.15

Disegnate delle foglie sulla carta crespa verde, ritagliatele e incollatene due intorno ad ogni rosellina. Fig. 16. Sperando che questi bouquet siano stati di vostro gradimento, auguro a tutti un buon lavoro.

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L’habitat (termine latino che signi-fica (egli) abita) è il luogo le cui caratteristiche fisiche e abiotiche possono permettere ad una data specie di vivere, svilupparsi, ripro-dursi, garantendo qualità della vita, la quale può diminuire o au-mentare in base ai cambiamenti climatici o demografici. È essen-zialmente l’ambiente che può cir-condare una popolazione di una specie.

gastronomiaE’ una parola greca composta da due termini: gastèr e da nomia. Il primo indica lo stomaco o il ventre, il secondo signi-fica norma o regola. Il significato letterale potrebbe essere quindi quello di una serie prescrizioni a giovamento del ventre, ovvero dei piaceri che il riempirlo può darci. è l’insieme delle tecniche e delle arti culinarie.

alimurgiaScienza che studia la possibilità di cibarsi di vegetali selvatici in momenti di caresti

o povertà o per scelta o necessità.

Glossario http://wood-ing.org/glossario/

di Verde Camilla Parmigianiwww.veganset.com

Vegana per gli animali ed amante degli ambienti raffinati.

Fondatrice di Vegan Set il primo blog

sull’alta ristorazione vegan.Made in Italy

ma viaggiatrice del mondo.

Green News

IL foragingA caccia di alimenti selvaticiLa traduzione letterale dall’inglese di ‘Foraging’ è sem-plicemente ‘ricerca di cibo’ ma in realtà questo termi-ne descrive un fenomeno ben più ampio e di recente attualità. Quella che storicamente era una mansione quotidiana ha infatti assunto, oggi, una nuova dimensione. La ricerca per valli e boschi di alimenti selvatici quali bacche, cortecce, erbe e licheni risale ad ere primitive e ad epoche più recenti in cui la carenza di cibo rende-va necessaria questa attività.

Oggi in un panorama completamente diverso, in cui è sufficiente allungare il braccio al bancone del super-mercato, molto del preziosissimo know-how è andato smarrito. Le nuove generazioni sono così chiuse in habitat cittadi-ni ed urbani da aver completamente perso il contatto con gli ambienti selvatici e conseguentemente la cono-scenza degli stessi.

Ecco perché il foraging non è solo un trend per pochi eletti ma bensì una grande opportunità per chiunque. E’ a tutti gli effetti una scienza in quanto sono bandite leggerezze e pericolose improvvisazioni.

L’uomo delle cicogne Un intero villaggio, Zaritsasi, in Bulgaria, si è attivato per salvare alcune cicogne colte di sorpresa da una bufera durante la loro mi-grazione. Tutto il paese si è attivato per il salvataggio ma il fautore dell’operazione, ‘L’uomo delle cicogne’, è Safet Halid, di professione

agricoltore. Ha raccolto alcune cicogne con le ali congelate e gli arti spezzati dal freddo e le ha portate nella sua casa scaldandole e

dando loro del cibo. Poi, grazie al suo passaparola, altri concittadini hanno fatto lo stesso accogliendo le cicogne nelle case e nei fienili.

Allertati anche i veterinari che hanno immediatamente attivato un numero verde. Grazie allo sforzo comune sono stati salvati in totale

quasi un centinaio di esemplari destinati a morte certa.

LE BUONE NOTIZIE IN PILLOLE

Ma il prolificare di corsi e seminari sul tema lo sta rendendo una materia alla portata di tutti e che consente l’accesso a cibo incontaminato e completamente gratuito.

I corsi in questione promuovono la conoscenza di con-cetti di base quali le selezione degli alimenti comme-stibili, i trattamenti cui vanno sottoposti per renderli tali ed il tempo giusto per la raccolta. Un’altra parte fonda-mentale si concentra poi sulle norme che consentono la salvaguardia della biodiversità.

Questa ‘caccia ecologica’ agli elementi selvatici con-sente di reperire materie prime purissime e dai sentori molto marcati. Per questa ragione l’attenzione dell’al-ta ristorazione e dei mixologist di nuova generazione su questo tema è altissima.

Chi si è avvicinato al foraging racconta di un’esperien-za che arricchisce, che consente la comprensione di quanto siamo legati al cibo e di come poterselo pro-cacciare, perché no … anche con fatica, ci avvicini al profondo significato della nostra esistenza.

Uno dei protagonisti più in-teressanti del foraging tutto italiano è il Wood*ing – wild food lab di Valeria Mosca.

Un laboratorio di ricerca e sperimentazione sull’utilizzo del cibo selvatico per l’ali-mentazione e la nutrizione umana. Studiano, raccolgo-no, catalogano, analizzano e sperimentano vegetali sel-vatici o parti di essi ritenuti commestibili e adatti all’uso umano. Tutto in nome della ricerca

di una possibile e vera so-stenibilità alimentare che accolga l’identità cultu-rale dei luoghi e dei tempi passati e presenti, la nostra storia sociale e l’importanza della biodiversità naturale spontanea del nostro paese. Oltre alla parte più acca-demica il Wood*ing – wild food lab deve il suo succes-so ai laboratori amatoriali ed agli straordinari menù degustazione.

www.wood-ing.org

I protagonisti del foragingLA TRADIZIONE VEGETALE I grandi piatti della tradizione inaspettatamente vegani

Carciofi alla romanaQuesta volta si va in Lazio con un piatto tutto primaverile. Il carciofo, già utilizzato in antichità da Egizi e Greci, è appro-dato sino a noi oggi con il suo carico di gusto e proprietà nutritive. La ricetta originale laziale prevede l’utilizzo di una qualità specifica di carciofo ‘La mammola’ dalla caratteristi-ca forma arrotondata. Una cottura dolce trasformerà que-sto ingrediente dalla scorza dura in un tripudio si morbidezza.

Ingredienti:

Carciofi (mammole romane) - Prezzemolo - Mentuccia - Aglio - Olio extravergine di oliva - Limone - Sale

Preparazione

Pulire i carciofi togliendo le foglie esterne e quelle più dure ed eliminan-

do il gambo in prossimità della base. Allargare la corona e pulire l’interno del

carciofo.

Sistemare carciofi e gambi in una ciotola con acqua e limone per evitare che anneriscano.

Fare un trito di mentuccia, prezzemolo ed aglio quindi ag-giungere poco sale e un cucchiaino di olio di oliva.

Riempire l’interno dei carciofi con questa farcia.

Sistemare i carciofi conditi e i gambi in una pentola alta e antiaderente con olio di oliva e lasciar soffriggere in questo modo per un paio di minuti quindi aggiungere sale a piog-

gia e acqua in quantità tale da coprire tutti i carciofi.

Cuocere per circa 30 minuti a fiamma moderata e servire caldi accompagnati dal sugo di cottura.

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•30 •31i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Speciale ristoranti

di Silvia Fusi

SE

Iristorantisul lago di Garda

La primavera è finalmente sbocciata, e con l’arrivo della bella stagione

cresce la voglia di uscire a cena per mangiare all’aperto, meglio se con

una vista suggestiva. Il Lago di Garda, oltre ad una vasta scelta di ristoranti

che offrono piatti locali e innovativi, si avvale anche di bellissime location.

Presentiamo 6 ristoranti rappresentativi, che accontentano tutti i gusti e tut-

te le possibilità, garantendo una cucina di qualità e un panorama mozza-

fiato.

L’angolo gourmet del GardaUna co-proprietà di due fratelli gardesani, giovani e talentuosi. I fratelli Leali si sono messi in gioco nella proprietà di famiglia risalente al 1400 a Puegnago del Garda, dove hanno fondato Casa Leali, che ripropone le tradizioni con innovazione e dina-mismo. Lo chef Andrea Leali è stato nominato nel 2018 il Miglior Chef Emergente per il Gambero Rosso. Andrea unisce talento e tecniche di lavorazione creando proposte innovative che di-stinguono il ristorante da tutti gli altri della zona. I suoi piatti sono accompagnati da una vastissima scelta di vini dalla Cantina Leali, gestita dal fratello Marco Leali, sommelier moderno e di-namico, attivo sulle nuove metodologie del mondo del vino. Casa Leali è un angolo speciale, immerso nelle colline e nei vigneti, divisa in più spazi. Si può pranzare o cenare nel salone principale, allo chef table, con la possibilità di vedere lo chef che cucina i propri piatti “in diretta”, e ancora nella cantina o nel privé. Per l’estate, il ristorante offre la possibilità di mangiare all’esterno a bordo piscina, in una location da favola.

Ristorante Casa Leali

Via Valle, 1 - Puegnago del Garda (BS). Tel. 3665296042

Per spezzare o concludere una bella giornata in spiaggia, non c’è niente di meglio di un buon pasto con-tinuando a godere della vista del lago senza allontanarsi dalla spiaggia. La Baia del Vento a San Felice del Benaco è uno scorcio di lago incontaminato che regala un paesaggio unico. Un ampio parcheggio di olivi permette di lasciare l’auto e dopo qualche decina di metri raggiungere la Spiaggia e il Ristorante. Il ristorante La Baia del Vento offre da più di 20 anni una cucina semplice ma di qualità con piatti di pesce, pizze, verdure fresche, primi piatti e dolci fatti in casa, della tradizione italiana. Andrea Avigo e la sua fami-glia gestiscono il locale per tutta la stagione da aprile ai primi di ottobre. È un locale che soddisfa tutti, con un occhio di riguardo alle famiglie con bambini, grazie ad un menù a loro dedicato e un ampio parco giochi adiacente ai tavoli della terrazza vista lago. Un luogo prezioso dove sentirsi davvero in vacanza, informale e con piatti buoni e genuini.

Andrea e Marco Leali - foto Nicolò Brunelli

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Lo chef Andrea Leali - foto Nicolò Brunelli

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Baia del Vento1

Spiaggia e Ristorante in riva al lago

Via Baia del Vento, 7 - San felice del Benaco (BS). Tel. 0365 626094

l’angolo gourmet del Garda

Speciale ristoranti

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•32 •33i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

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Se si sta facendo un giro nelle colline moreniche che circondano le spiagge del Lago di Garda nel cuore della Val-tenesi, si incontra l’Antica Trattoria Miravalle, a conduzione familiare, che offre piatti genuini e deliziosi. Una storia di famiglia, che negli anni ha mantenuto la tradizione proponendo piatti della tradizione bresciana e del Basso Garda, e materie prime del territorio. Dal 2005 la gestione è affidata a Claudio e Deborah che, insieme ai figli, accolgono i clienti in un ambiente confortevole e familiare, dove degustare piatti tipici che rispettano la stagionalità dei prodotti. Antipasti (come il prosciutto crudo impiattato a ricordare i panni stesi al sole), primi piatti al Bagos e al tartufo nero della Valtenesi, e secondi di carne e pesce di lago. Il tutto accompagnato da vini del territorio, come Chiaretto e Lugana. Durante la bella stagione, i piatti vengono serviti sulla grande terrazza illuminata che dalla collina di Polpe-nazze regala un’ampia vista del Lago di Garda.

Antica Trattoria MiravalleSpiaggia e Ristorante in riva al lago

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Via Sant’Antonio, 15 - Polpenazze del Garda (BS). Tel. 0365 679078

Chiosco SeradelIl regno delle grigliateSe si sta facendo un giro nelle colline moreniche che circondano le spiagge del Lago di Garda nel cuore della Val-tenesi, si incontra l’Antica Trattoria Miravalle, a conduzione familiare, che offre piatti genuini e deliziosi. Una storia di famiglia, che negli anni ha mantenuto la tradizione proponendo piatti della tradizione bresciana e del Basso Garda, e materie prime del territorio. Dal 2005 la gestione è affidata a Claudio e Deborah che, insieme ai figli, accolgono i clienti in un ambiente confortevole e familiare, dove degustare piatti tipici che rispettano la stagionalità dei prodotti.

Antipasti (come il prosciutto crudo impiattato a ricor-dare i panni stesi al sole), primi piatti al Bagos e al tar-tufo nero della Valtenesi, e secondi di carne e pesce di lago. Il tutto accompagnato da vini del territorio, come Chiaretto e Lugana. Durante la bella stagione, i piatti vengono serviti sulla grande terrazza illuminata che dalla collina di Polpenazze regala un’ampia vi-sta del Lago di Garda.

Via Meucci, 75 – Padenghe sul Garda, tel. 030 990 7123

Una certezza di qualità e romanticismo dal 1967. Il Risto-rante da Rino al Porto Torchio di Manerba del Garda re-gala da anni un’atmosfera magica per un pasto a ridosso dell’acqua, cullati dal rumore delle barche ormeggiate. Direttamente dal lago alla tavola, il menù del locale pre-senta piatti classici con il pescato del giorno. Preparati con la genuinità e l’arte dello chef Massimo, si susseguono antipasti, primi piatti realizzati con pasta fresca, e secondi a base di pesce di Lago. I più conosciuti e apprezzati sono i gustosi Tagliolini con Coregone. Gestito fin dall’apertura dalla famiglia Cremonesi, oggi lo chef e la moglie Paola accolgono i clienti in una location elegante e moderna all’interno, e in una magnifica terrazza giardino che si affac-cia sul golfo di Manerba, donando panorami incantevoli. Materie prime fresche, prodotti del territorio come l’olio extra vergine di oliva rigorosamente da frantoio della Valtenesi, e un’offerta di vini che abbracciano tutto il Garda, dalla Valtenesi al Bardolino e al Lugana, fino alle bollicine della Franciacorta.

Ristorante da RinoUn gioiello sul Porto

Via Belvedere, 86 Porto Torchio - Manerba del Garda (BS). Tel. 0365 551125

5

6Dalla tradizione all’innovazione: il Ristorante Capriccio di Manerba del Garda nasce nel 1965 presentando piatti tipici della tradizione bresciana. Gestito fin dagli esordi dalla stessa famiglia, oggi lo chef e patron Giuliana Germiniasi propone piatti ricercati e magistralmente curati a base di pesce di mare. Nel 1999 il Capriccio ha ottenuto la Stella Michelin e da allora mantiene alto questo titolo, che si rinnova ogni anno. Cucina classica, rivisitata in chiave moder-na. Piatti per i palati più esigenti, con particolare attenzione al pesce mediterraneo, preparati dallo chef e presentati dalla figlia Francesca, direttrice di sala. Arrivato a 53 anni di attività, il locale è capace di rinnovarsi restando un punto fermo di qualità non solo sul Lago di Garda, ma in tutto il nord Italia. Il cibo è accompagnato da una location intima ed elegante: l’interno raffinato e classico, e un portico esterno con uno splendido giardino, che regala un’atmosfera romantica, dove gustare piatti ottimi con una vista sul golfo di Manerba del Garda e delle colline circostanti.

Capriccio il ristorante Stellato

Piazza S. Bernardo, 6 – Manerba del Garda (BS). Tel. 0365551124

Speciale ristoranti

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•34 •35i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Esistono una miriade di correlazioni tra cibo e be-nessere psicofisico: ogni alimento ha effetti positi-vi e/o negativi sul nostro organismo, ogni stagione non a caso ci offre determinati alimenti piuttosto che altri. A raccontarci il mondo del “mangiar sano” è la dotto-ressa Ilaria Cancarini, il cui obiettivo è for-nire, a chi le chiede aiuto, indicazioni utili ad intraprendere un modus vivendi con-sapevole, in grado di coinvolgere tutti gli aspetti dell’essere, non solo dal punto di vista fisico ma anche psicologico ed emozionale.

Dottoressa Cancarini, per conoscerla meglio, ci racconti come nasce la sua propensione verso l’alimentazione?

All’ultimo anno delle superiori, nella scel-ta dell’università, ero molto affascinata dalla biologia: in particolare dallo studio dell’organismo umano, degli animali e delle piante. Infatti nel 2012 ho consegui-to la laurea triennale in Scienze Biologi-che e, successivamente, nel 2014 mi sono specializzata in Alimentazione e Nutrizione

umana a pieni voti, presso l’Università degli Studi di Milano. Dal 2015 sono iscritta all’Albo dei Biologi e svolgo la libera professione di Biologo Nutrizionista,

presso diversi poliambulatori specialistici di Brescia, Ghedi, Desenzano e Corte Franca. Durante la mia formazione pro-fessionale ho partecipato a diversi corsi formativi ottenendo vari diplomi, in par-ticolare in: alimentazione nella donna nelle varie fasce d’età (dall’adolescen-za alla terza età) e alimentazione e nu-trizione in età pediatrica e alimentazio-ne nello sportivo. Infatti, dal 2016 sono la nutrizionista della squadra di A1 di pallanuoto dell’AN Pallanuoto Brescia.

Ci descriva il primo incontro con la per-sona che chiede la sua consulenza?

La mia domanda iniziale è: “Come posso esserle utile?” Le risposte ovvia-mente sono molto variegate: da una semplice volontà di migliorare il proprio

aspetto fisico, soprattutto nelle donne tra i 35-55 anni, durante e post gravidanza

e in menopausa, al bisogno di correggere

Dott.ssa Ilaria CancariniBiologa Nutrizionista

presso diversi poliambulatori specialistici di Brescia, Ghedi, Desenzano e Corte Franca e dal 2016 nutrizionista della squadra di A1 di pallanuoto dell’AN Pallanuoto Brescia

Mangiare bene è una necessità, mangiare intelligentemente è un’arte (François De La Rochefoucauld)

Mangiare è il gesto più intimo che l’uomo compie verso se stesso e ver-so gli altri. Attraverso il cibo nutriamo il corpo, la mente e l’anima: gli anti-chi Greci usavano dire che il corpo è il tempio dell’anima e quindi dob-biamo avere cura di quello che introduciamo nel nostro organismo. Nel suo significato etimologico e più completo, “dieta” deriva dal greco dìaita, “modo di vivere”: non definisce, quindi, un ristretto regime alimentare, ma significa “stile di vita”.

Nutrizionista

di Catia Lauria

la propria alimentazione per necessità sportive o per problemi di salute. Infatti sono numerosi i casi in cui i soggetti, spinti dal proprio medico di famiglia, chiedono il mio supporto nella scelta degli alimenti utili sia nella prevenzione che nella terapia di molti disturbi e malattie. Ascolto attentamente ogni sin-gola esigenza per poter cucire su misura un piano alimentare volto all’insegnamento delle corrette abitudini alimentari, al raggiungimento dell’obietti-vo prefissato e a favorire il benessere della persona.

Il mio compito è “educare”, non imporre un regi-me estremo con l’unico scopo della perdita del peso. Mi immedesimo in chi ho di fronte e cerco di motivare e di assistere la persona qualora ci fosse-ro delle difficoltà, spiegando e chiarendo i dubbi, gratificando se si è dimostrato un buon impegno durante il percorso affrontato insieme, in maniera da garantire anche un mantenimento futuro.

Negli ultimi anni si è verificato un significativo au-mento di bambini in sovrappeso: quanto e perché è importante l’educazione alimentare per i bam-bini?

Il crescente aumento dell’obesità infantile sta provocando un vero e proprio allarme sanitario e sociale. Sin dall’infanzia è necessario educare i bambini ad una corretta alimentazione. Sia la fami-glia che la scuola, in tal senso, hanno una grande responsabilità. Proprio quest’anno ho partecipato ad un bando per un corso di alimentazione nelle scuole e lavoro dunque con una terza elementare: il mio compito è sensibilizzare i bambini verso una corretta alimentazione quotidiana durante l’ora di scienze. Spesso è difficile far mangiare ai bambini tutte le pietanze, soprattutto perché hanno un rifiu-to per frutta, verdura, legumi e, a volte, pesce.

Questo progetto prevede anche un laboratorio tra bambini e genitori ed uno sportello di ascolto com-pletamente dedicato ai genitori che potranno av-valersi dei miei suggerimenti: è la famiglia per prima che deve assumere corrette abitudini alimentari (i bambini vanno a specchio) e far diventare il mo-mento dei pasti un’occasione di crescita e dialogo per tutta la famiglia, evitando distrazioni come la tv, cellulari e videogiochi.

L’alimentazione e l’attività sportiva sono i due pila-stri fondamentali di uno stile di vita sano e naturale: vademecum.

Un’alimentazione corretta ed equilibrata rappre-senta il sistema più adatto per soddisfare i partico-lari bisogni energetici e nutrizionali degli sportivi, sia amatoriali sia professionisti, e di tutta la popolazio-ne. La dieta ha un ruolo importante anche nello sport. L’alimentazione è differente in base all’attività sportiva praticata.

Ecco le 5 abitudini da assumere quotidianamente:

1. Attività fisica: mantenersi attivi ogni giorno mi-gliora la salute fisica e psichica della persona, fare le scale anziché prendere l’ascensore ad esempio; anche una camminata veloce di 40 minuti alme-no due volte a settimana favorisce miglioramenti nell’umore e nel metabolismo del soggetto, ridu-cendo il rischio di obesità;

2. Bere almeno due litri di acqua al giorno: man-tenere una corretta idratazione migliora la salute e la digestione aiutando il corpo a regolare la tem-peratura, a lubrificare le articolazioni e a purificarsi da sostanze tossiche;

3. Fare almeno cinque pasti nell’arco della giorna-ta, di cui tre principali (colazione, pranzo e cena) e due spuntini. Non saltare mai i pasti!

4. Frutta e verdura fresca: almeno cinque porzio-ni al giorno;

5. Varietà: variare le scelte alimentari, sia che si tratti di prodotti di origine vegetale, come cere-ali, frutta, verdura o legumi, che di prodotti ani-mali, come carne, pesce e uova, è fondamentale per poter garantire l’assunzione di tutti i nutrienti necessari per la salute e il benessere del nostro or-ganismo. s

Nutrizionista

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•36 •37i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Diritto di famiglia

La negoziazione assistita:

Avvocato Claudia Bertoli

avvocato civilista con qualifica

di mediatrice familiare

Da alcuni anni i co-niugi che decidono di separarsi o divor-ziare possono far-lo senza andare in Tribunale, anche in caso di presenza di figli minorenni.

II Decreto legge n. 132/2014, poi convertito con Legge 162/2014 ha infatti introdot-to anche in materia di se-parazione e divorzio la “ne-goziazione assistita”: come dice l’espressione, si tratta di un procedimento in cui cia-scun coniuge – assistito (e dunque tutelato) dal proprio avvocato – può “negoziare” gli accordi di separazione/divorzio. separazione e divorzio

con l’avvocato senza andare in tribunale. Con l’assistenza dei rispettivi avvocati di ciascun

coniuge, sia la fase delle “trattative” che quella della formalizzazione dell’accordo avvengono al

di fuori del Tribunale: non è dunque necessario de-positare ricorsi in Tribunale, o partecipare ad udien-ze.

Con l’assistenza dei rispettivi avvocati ciascun co-niuge potrà confrontarsi con l’altro e così, auspi-cabilmente, riuscire a raggiungere un accordo su questioni fondamentali: affidamento dei figli, mo-dalità di frequentazione genitori figli, condizioni economiche della separazione o del divorzio (ad esempio entità dell’assegno mantenimento) ed al-tro ancora.

L’accordo raggiunto viene riportato in un atto scrit-to, che gli avvocati invieranno al Tribunale per un vaglio da parte dell’Autorità (in specifico, per un “controllo” da parte del Pubblico Ministero).

Dopodiché, nel caso in cui (specie in presenza di figli minori) l’accordo sia autorizzato, null’altro ser-ve: i coniugi sono separati/divorziati alle condizioni risultanti dall’atto sottoscritto.

Quest’ultimo dunque, una volta intervenuta l’au-torizzazione/nulla-osta del Pubblico Ministero, ha lo stesso valore dei provvedimenti (sentenze o decre-ti) emessi dal Tribunale.

L’atto verrà poi inviato, a cura degli Avvocati, all’Ufficiale di stato civile del Comune, per gli op-portuni adempimenti di legge.

La procedura brevemente descritta deve svolgersi secondo regole e tempistiche ini-zialmente concordate tra le parti, le quali in ogni caso – se aderiscono al procedimento di negoziazione assistita – dovranno con-frontarsi con reciproca lealtà e correttezza.

Sia i coniugi sia i rispetti avvocati avranno, inoltre, l’obbligo di tenere riservate le informazioni rice-vute nel corso della negoziazione, non potendole utilizzare in un’eventuale causa instaurata qualora, dopo confronti e trattative, l’accordo non sia rag-giunto.

La negoziazione assistita rappresenta dun-que, nella sostanza, un’opportunità per i coniugi di esprimere le proprie esigenze e “ragioni” in un ambito che è al tempo stesso “privato” e “tutelante”. s

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•38 •39i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

L’adozione va a scuola

LAURA PENSINI

Strumenti pratici per insegnanti, operatori e genitori

“L’adozione è un viaggio lungo una vita e oltre” Y.M.

ADOPNation

IL TRIMESTRALE DELL'ADOZIONE

Adopnation Rivista

Per informazioni e [email protected]

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•41 i ONNA,D ammamO,

Serie Tv

theJaneirginV

La serie, basata su una telenovela venezuelana, ha come protagonista Jane Gloriana Villanueva, aspirante scrittrice di Miami, con origini sudamericane, fidanzata da due anni con Michael, giovane detective.

Jane è una ragazza dai forti valori, che le sono stati tramandati dalla nonna Alba, molto credente e molto presente nella sua vita.

Altrettanto importante per Jane è la mamma Xiomara, che ama incondizionatamente, e che, rimasta incin-ta molto giovane, ha con Jane un rapporto non solo mamma-figlia, ma soprattutto di amicizia.

Accanto a loro diversi personaggi, che entrano a far parte della vita delle Villanueva, introducendo temati-che e argomenti nuovi.

La trama ha inizio con un equivoco comico/dramma-tico. Jane a 23 anni è ancora vergine, decisa a conser-varsi in attesa del matrimonio con l’uomo che ama,

Prendete una telenovela con i suoi intrecci romantici, unite una sfumatura poli-ziesca e mescolate tutto con tante risate. Questo è Jane the Virgin.

spinta dai moniti ricevuti dalla nonna Alba sulle conse-guenze del sesso prematrimoniale.

Durante una semplice visita ginecologica, viene insemi-nata artificialmente per errore, al posto di un’altra pa-ziente.

L’intreccio è complicato dal fatto che la dottoressa è la sorella dell’uomo a cui appartengono i semi, Rafael, che stava cercando di avere figli con la moglie Petra.

Provate a immaginare di trovarvi nella situazione di Jane, con un figlio in grembo per un errore medico, una gravidanza da portare a termine, che si concluderà con il parto del figlio di uno sconosciuto!

La premessa è già abbastanza intricata, Jane viene a scoprire l’identità del suo padre biologico, nascosta per anni dalla madre, ed è decisa ad incontrarlo.

Il tutto è condito da sottotrame investigative, con miste-riosi crimini e omicidi.

I temi durante le 4 stagioni sono tanti, trattati dagli au-tori con estrema intelligenza e delicatezza, smorzati da una comicità libera e divertente.

Gli attori, specialmente la protagonista Gina Rodriguez (vincitrice del premio come Migliore Attrice di una Serie Comica ai Golden Globe del 2015 grazie al suo ruolo in questo telefilm), hanno saputo interpretare e carat-terizzare i personaggi così bene, che il pubblico finisce per affezionarsi indistintamente a tutti, anche a chi ini-zialmente poteva sembrare ostico.

Tre generazioni di donne dalle origini venezuelane, con tre storie completamente diverse, ma legate da un grande amore e una forte solidarietà che si mostra so-prattutto nei momenti di difficoltà.

Il tema portante della famiglia viene mostrato a partire dalla casa in cui Jane è nata e cresciuta, rivisitato in se-guito con la famiglia che Jane crea con Michael, con il figlio inaspettato, e con Rafael.

Altro tema ricorrente è quello della religione, molto importante per Alba, e che guida le scelte di Jane, che dovrà affrontare il suo rapporto con la Chiesa più volte, anche in relazione all’educazione del figlio.

E ancora il tema dell’immigrazione, della sanità, dell’e-ducazione e del lavoro, ambientati nella società ameri-cana, ma che si ritrovano facilmente anche nel nostro Paese.

Jane the Virgin è una commedia, in cui non mancano tuttavia sfumature drammatiche e spunti di riflessione profondi.

Persino la morte è un argomento che compare nel cor-so delle 4 stagioni (la quinta, prevista in uscita a fine 2018, sarà l’ultima).

Attraverso l’esperienza a contatto con la morte, i perso-naggi ottengono una crescita personale, che li porta a trovare all’interno del dolore la capacità di aggrapparsi a qualcosa per andare avanti e non lasciarsi andare.

Anche in questo modo trionfa quello che appare il vero

protagonista di Jane the Virgin, l’Amore. Jane è circondata dall’amore della mamma, della nonna, del padre ritrovato, dell’uomo che ama e del figlio.

E infine l’amore di Jane per la scrittura, la passione che la protagonista insegue nell’arco delle puntate e della sua vita.

ane the Virgin è un tuffo in un mondo

coloratissimo, dalla vi-vacità latina, un viaggio che fa ridere e piangere allo stesso tempo, che fa sognare insieme a Jane, e che fa rimane-re incollati davanti allo schermo per scoprire le vicende di tutti i per-sonaggi.

J

di Silvia Fusi

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•42 i ONNA,D ammamO,

Alice OlivariMusica

la mia vita

all’insegna

della musica

di Silvia Fusi

Una passione nata da piccola, quando si “esibiva” davanti ai genitori sul divano, un talento originale, e la determinazione che la spinge a non mollare mai. Alice Olivari, giovane cantautrice bresciana, a 25 anni

sta inseguendo il suo sogno di vivere grazie alla musica.

Come è iniziato il tuo percorso di cantante?

“Il mio percorso con la musica nasce un po’ tardi, quando in quarta superiore, dopo tante spinte da parte di amici e parenti, ho deciso di combattere la timidezza e iniziare a seguire lezioni di canto all’Accademia Spazio Musica di Manerba. Da allo-ra ho iniziato a lavorare tutte le estati in serate e concerti sul Lago, ho frequentato l’accademia MAS – Music, Arts & Show di Milano, e ho fatto diverse esperienze, tra cui la più recente, che ha realizzato un mio sogno: nel 2017 ho cantato negli spettacoli di Gardaland per tutta la stagione del Magic Winter all’interno del parco, e abbiamo portato lo show an-che a Montecarlo”.

Quando hai capito che avresti voluto fare della musica la tua vita?

“In realtà è stato un susseguirsi naturale degli even-ti. Amo da sempre la musica. Quando ho iniziato a studiare canto tutti gli insegnanti erano soddisfatti, perché miglioravo velocemente, e questo era sintomo di una dote naturale su cui poter investire. Dal se-condo anno di studio ho iniziato a esibirmi d’estate in locali e piazze, quindi la musica è diventata da subito anche un lavoro per me”.

Finito il liceo, come hai deciso di iscriverti all’Ac-cademia MAS di Milano?

“Ho capito che per specializzarmi nella musica, che è un mondo così vasto e difficile, dovevo studiarla e conoscerla a fondo. Per questo ho deciso di iscri-vermi all’Accademia di Musica, Arte e Spettacolo, consigliata da mio papà, che ringrazio sempre per il grande supporto. L’esperienza in questa scuola mi ha permesso di crescere molto come cantante e artista a 360°”.

Nei tre anni al MAS, Alice ha cantato più volte come corista, tra cui una volta per la band tributo Que-enmania con Katia Ricciarelli e per la rapper Baby K nel concerto di Gaeta. Ha partecipato a una pro-duzione del musical Hair nei più importanti teatri del Nord Italia, e ha realizzato il doppiaggio di un cartone animato.

Quali sono state le soddisfazioni più belle ottenu-te grazie alla musica?

“Sicuramente la soddisfazione principale è la possi-bilità di lavorare con la musica, sia nel piccolo sia in occasioni più significative, perché posso dire di aver reso la mia passione il mio lavoro. Una grande soddi-

sfazione l’ho ricevuta quando ho aperto il concerto di Nek a Manerba del Garda. E’ stata una delle prime volte in cui mi esibivo di fronte a un pubblico così numeroso. Inoltre io sono fan sfegatata di Nek, e al termine del mio concerto mi ha fatto i complimenti dandomi consigli preziosi, e mi ha invitato a conti-nuare a fare musica perché secondo lui ho una lunga strada davanti”.

Oltre che cantautrice, ti definisci un’attivista ve-gana. Come pensi si possa unire la musica alla lotta animalista?

“La musica ha il grande potere di comunicare alle masse, e deve essere sfruttato per far sentire la propria voce e trasmettere il proprio pensiero. Ho sempre amato gli animali, e attraverso la musica cerco di far valere i loro diritti, sensibilizzando il pubblico in maniera più delicata. Da sempre mi esibi-sco ad eventi di beneficenza per associazioni. Per il mio primo cd Sottovoce uscito nel 2015 che contiene due inediti, più del 50% degli incassi è stato devoluto al canile di Calcinatello, dove sono volontaria da anni. Il progetto di cui vado più fiera è la cover de I colori del vento, una canzone dal cartone Pocahontas, che ho realizzato in collaborazione con alcuni miei com-pagni dell’accademia, e che su YouTube ha raggiunto quasi 20.000 visualizzazioni. Abbiamo girato il video tra la fattoria vegana di Magnago e il Parco Natu-rale della Rocca di Manerba del Garda.

Ho scelto questa canzone perché rispecchia esat-tamente il mio pensiero: parla del rispetto per ogni forma vivente, per l’ambiente e per la vita in gene-rale, oltre alla lotta contro tutte le discriminazioni”.

Che progetti hai per il futuro?

“In programma ho diverse audizioni per concorsi musicali e televisivi che hanno lanciato importanti cantanti del panorama italiano. Incrociamo le dita! Mentre il progetto nel quale sono impegnata ora è la realizzazione di un EP di 6 tracce inedite, per il qua-le sto scrivendo e componendo. Inizialmente pensavo di essere un’interprete, ma negli ultimi anni sento l’esigenza di cantare canzoni mie. Noi musicisti sia-mo sempre creativi: se mi sveglio in piena notte con un’idea in testa, devo scriverla o registrarla subito! Scrivo soprattutto in italiano, perché mi permette di comunicare in modo mirato i miei messaggi”.

Che consigli daresti ai giovani che vogliono seguire un sogno?

“Consiglio di volare con la testa, ma tenere i piedi per terra. E’ importante essere determinati e cre-dere in se stessi, ma sempre con umiltà, buttarsi a capofitto, e portare a termine tutti gli obiettivi sen-za arrendersi. E’ giusto accontentarsi delle piccole cose che aiutano a crescere, ma puntare sempre in alto”. s

Oggi Alice insegna canto a bambini e adulti. In attesa dell’uscita del cd, Alice realizza cover in maniera autodidatta di canzoni note: tracce e video sono registrati direttamente con strumenti

in casa. I video vengono condivisi sui suoi social di Youtube (canale Alice Olivari),

Facebook (Alice Olivari @aliceolivaricantante) e Instagram (Alice Olivari @aliceolivarimusic), che si possono seguire per conoscere le novità

di Alice, e supportare la sua musica.

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•44 i ONNA,D ammamO,

Mille Miglia

Museo Nazionale della fotografiadi Brescia

Nel 1953 nasce il Cinefotoclub, l’associazione di fotografi appassionati e negli anni ’80 prende vita l’idea del Museo come esposizione al pubblico del materiale raccolto nel corso degli anni. Il Museo è suddiviso in sezioni:

- Sala dedicata al cinema: dove sono esposti importanti pezzi che raccontano l’evoluzione del cinema per amatori, dai primi tentativi di rendere le riprese alla portata di tutti con il proiettore Pathé Baby del 1921 che supportava la pellicola 9,5 mm e la seguente cinepresa che porta il suo stesso nome del 1923, dal formato maneggevole e facilmente utilizzabile, per passare alle cineprese storiche della Bell&Howell, della Bolex Paillard, per arrivare alle più recenti giapponesi. In questa sala sono ospitate le due fotocame-re utilizzate dalla NASA per studi scientifici e tecnologici.

- Vetrine della storia della fotografia: partendo dagli antenati della fotografia, dalla camera oscura cinquecentesca, per passare nel 1700 alla silhouette e physionotrace, arrivando alla copia della prima fotogra-fia del mondo del 1826, dove viene illustrata la nascita della fotografia, che inizia a diffondersi con l’invenzione di Daguerre nel 1839. Nelle vetrine si possono ammirare pezzi originali di dagherrotipi, ambrotipi, ferrotipi che rap-presentano positivi a copia unica, una rara miniuature dorée, lastre autocromie dei Fratelli Lumière e album che raccolgano bellissime cartes de visite.

- Sala delle macchine fotografiche: le macchine sono raccolte nelle vetrine in base alla casa produttrice, Lei-ca, Zeiss Ikon, Kodak, Agfa, Bencini e Ferrania. In questa sala trovano posto un bellissimo apparecchio francese in legno di fine ‘800 che monta lastre 55x55 cm e la vetrina dedicata alla fotografia stereoscopica.

- Sala della tecnica fotografica: qui troviamo un pezzo di vanto per il Museo, la fotomitragliatrice Zeiss Ikon del 1930, e tutto ciò che serve in fase di ripresa (espo-simetri, flash, lenti, filtri, scatti flessibili) e in fase di sviluppo e stampa.

Il Museo possiede due sale-mostre dove ogni mese si susseguono esposizioni di autori nazionali e interna-

Il Museo racconta la storia della fotografia e del cinema attraverso apparecchiature fotografiche e cinematogra-fiche, dai primi esperimenti fino ai giorni nostri.

zionali. Dal 2013, inoltre, è stata creata la Mostra nel cassetto, uno spazio espositivo che accoglie e ren-de fruibili al pubblico alcune fotografie conservate nell’immenso archivio del Museo.

La Biblioteca foto-cinematografica conta circa 8.000 volumi interamente di fotografia e cinema-tografia.

Il Museo possiede un ingente archivio fotografico, consultabile on line al link https://www.museobrescia.net/archivio/.

Il Museo, inoltre, organizza ogni anno i seguenti Concorsi Fotografici a carattere nazionale (oltre a quelli settimanali e mensili dei corsi foto-grafici):

- Concorso Nazionale San Faustino Patrono di Brescia;- Concorso Nazionale Corsa 1000 Miglia;- Concorso Nazionale di Fotografia Artistica “Premio Brescia”.

L’ingresso al Museo è libero e gratuito. È possibile effettuare visite guidate il martedì-mercoledì-giovedì dalle 9 alle 12

Orari di apertura: martedì-mercoledì-giovedì dalle 9 alle 12 sabato e domenica: dalle 15 alle 18 (ora legale dalle 16 alle 19)

Indirizzo: C.da Carmine, 2F - Brescia www.museobrescia.net facebook: Museo Nazionale della Fotografia Brescia Tel: 03049137 Email: [email protected]

Cenni storici“Nelle vene dei bresciani scorre benzina inve-

ce del sangue”

Antico motto per l’innata passione per le corse nella città della Leonessa che ha vissuto un periodo storico di grandi travagli sociali e

fermenti culturali politici. La prima apparizione di un veicolo da corsa sul territorio è stata il 14 marzo 1899 nel corso del Verona-Brescia-Man-tova-Cremona dove vinse su un triciclo Prinetti

Stucchi Ettore Bugatti.

Da allora i bresciani decisero di fare una gara tutta per loro, iniziando da vari tipi di competi-zioni. Nel corso degli ultimi decenni molte sono state le ricostruzioni della “Corsa più bella del mondo”. Le versioni più attendibili sono state

quelle di Giovanni Canestrini, redattore Gazzet-ta dello sport, nel suo libro” Mille Miglia” 1967 e

di Giovannino Lurani, “La storia delle Mille Miglia”, 1979.

La data ufficiale della nascita delle Mille Miglia è il 2 dicembre 1926. Un percorso a forma di

otto da Brescia a Roma, andata e ritorno.Il 26 marzo 1926, 77 vetture partirono da Bre-

scia per 1.600 km, fu un debutto trionfale.

“Fra i piaceri moderni non ve n’è uno che sorpassi o uguagli quello di un viaggio in au-

tomobile. Nel veicolo nostro, obbediente a noi soltanto, che ci conduce soltanto dove il nostro

capriccio vuole, il bisogno di libertà che è in noi diviene certezza, plenitudine d’evasione, di

possesso dello spazio e del tempo, che tra-scende il limite umano”.

Ada Negri

di Mariateresa Pegoiani

a cura della Dott.ssa Luisa Bondoni

Storica e critica della fotografia

e curatrice del Museo Nazionale

della Fotografia di Brescia

1000MIGLIA

Molte sono le cose in comune tra le corse automobilisti-che Mille Miglia di Brescia e la 24 Ore di Le Mans: sono

quasi coetanee poiché una è nata nel 1927, l’altra nel 1923, e ancora oggi hanno cadenza annuale.

Condividono vincitori e interpreti d’eccezione (da Tazio Nuvolari a Juan Manuel Fangio,

da Olivier Giandebien a Jacky Ickx, da Clemente Bion-detti a Stirling Moss), hanno celebrato i trionfi di marchi

storici dell’automobilismo mondiale come Ferrari, Mercedes, Porsche, Alfa Romeo, Bugatti.

Inoltre i Galli Cenomani originari della regione attorno a Le Mans (Il Maine) si stanziarono in Italia settentrio-

nale anche presso Brixia. Che avessero nel sangue delle caratteristiche riconducibili alla passione e la cura delle

automobili?

Curiosità

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•46 i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Arte

Cul

tura

&

Arte e Cultura

Picasso, De Chirico,Morandi

100 capolavori del XIX e XX secolo dalle collezioni

private brescianedal 20 gennaio

al 10 giugno 2018Brescia, Palazzo Martinengo

(via dei Musei 30)

INTE

RVIS

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OS

TRE

IN

CIT

Pinacoteca Tosio Martinengo

Restituita alla città in uno splendore rinnovatoIl museo è pronto ad accogliere i visitatori.

Dopo 9 anni la riapertura

Felice BianchettiFotografo Delle Donneci racconta la maternità

La storia della Pinacoteca è cominciata con la collezione Tosio, una raccolta di marcato stampo classicista che affiancava a opere dei maestri italiani del

Cinquecento e del Seicento capolavori contemporanei di portata internazio-nale. In questa raccolta, la presenza della pittura bresciana era pressoché limi-

tata alla sola figura di Moretto. Una vera inversione di questa tendenza si può rilevare solo a partire dalla metà del Novecento, quando diviene prevalente

l’interesse per la scuola bresciana e per la pittura della realtà, obiettivo verso il quale tendono principalmente anche le acquisizioni promosse dai direttori del-la Pinacoteca negli ultimi decenni. Entro il quadro collezionistico, spicca per la sua originalità la collezione di Camillo Brozzoni, entro la quale la pittura antica rivestiva un ruolo piuttosto limitato, mentre grande rilievo avevano gli objects

d’art, in un’ottica di respiro internazionale aperta al tema delle arti decorative inteso in chiave pre-industriale (arti applicate) e storicistica (nascita dei revival

stilistici). Particolare cura è stata prestata a un’efficace integrazione tra pittura brescia-

na e pittura italiana, unita a un’integrazione con le arti decorative del tempo – oreficerie, avori, smalti, medaglie, vetri, placchette – collocate con pregiati esemplari lungo il percorso espositivo. A differenza dei precedenti allestimen-ti, si è deciso di allargare il quadro cronologico fino a comprendere la prima

metà dell’Ottocento.Un ringraziamento particolare a tutti quanti hanno supportato la riapertura

della Pinacoteca: con il loro prezioso contributo, è stato possibile il restauro di alcuni importanti capolavori della collezione che saranno fruibili al pubblico in

tutto il loro fascino originario.

https://www.google.it/search?q=pinacoteca+di+brescia+cartella+stampa&o-q=pinacoteca+di+brescia+cartella+stampa&aqs=chrome..69i57.14142j0j8&-

sourceid=chrome&ie=UTF-8

EV

EN

TI

Alessandro Bonvicino, detto il Moretto, Ritratto di gentiluomo, c.1520Budapest, Museo di Belle Arti, inv.90, olio su tela, cm 73,7 x 56.

Giovan Girolamo Savoldo, Annunciazione, c.1530Venezia, Gallerie dell’Accademia, inv.1529, olio su tela, cm 173,5 x 114.

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•48 •49i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Il collezionismo Bresciano in mostra a Palazzo Martinengo che ne consacra le scelte e, complice, si trasforma nel Tempio del collezionismo del territorio, dove si condividerà anche da semplici fruitori la parte più eterea nonché più essenziale di investimenti che hanno attraversato i gusti e la filantropia di illuminati, conservatori e innovatori della nostra cultura territoriale.

Infatti collezionare opere d’arte significa salvare, anche per gli altri (posteri o contemporanei ) frammenti di in-tuizione e apertura mentale umane ad un livello tanto alto quanto profondo, che solo l’arte può comunicare, con cui aprirsi, confrontarsi e migliorare.

Investire in arte, inoltre, anche se può sembrare un sacrificio gratuito e velleitario, come dimostra la storia nei musei è invece una partecipazione attiva all’evoluzione degli individui, perchè fissa particolari momenti del sen-tire nella storia, della società, del gusto, delle aspettative verso il futuro, con cui patteggiare, criticamente e sin-ceramente, oltre il mero sentire condizionato dalla contingenza, verso l’onda di senso evolutiva più autentica.

di Alessandra Pelizzari

Brescia a Palazzo Martinengo dal 20 gennaio al 10 giugno 2018 un imperdibile viaggio nell’arte del xix e xx secolo, attraverso 100 capolavori, da Inganni a De Chirico, da Sironi a Morandi, fino a Burri, Manzoni, Fontana

100 capolavori del XIX e XX secolo dalle collezioni private bresciane

Picasso, De Chirico, Morandi,

La rassegna, curata da Davide Dotti, organizzata dall’Associazione Amici di Palazzo Martinengo, col patroci-nio della Provincia di Brescia e del Comune di Brescia, prosegue l’indagine sul collezionismo privato bresciano avviata nel 2014 con la mostra che proponeva una selezione di dipinti antichi rinascimentali e barocchi, tra cui spiccavano i lavori di Moretto, Savoldo, Romanino e Ceruti.Per questo nuovo appuntamento, il focus sarà invece l’arte fiorita tra il XIX e il XX secolo, prendendo avvio dai lavori dei maestri del neoclassicismo (Appiani, Basiletti, Gigola e Vantini) fino ad arrivare a quelli informali di Burri, Manzoni, Vedova e Fontana degli anni cinquanta e sessanta del ‘900, passando attraverso correnti e movimenti artistici come il romanticismo, il futurismo, la metafisica e il “Ritorno all’ordine”……Il collezionismo bresciano si può suddividere in due distinte categorie: quello di estrazione aristocratico-nobi-liare - che riguarda soprattutto la pittura dell’800 - e quello frutto dell’intuito e della passione per l’arte di indu-striali, professionisti ma anche di semplici appassionati… s

Mostre in Citta,

Picasso, De Chirico, Morandi, 100 capolavori del XIX e XX secolo dalle collezioni private bresciane

Brescia, Palazzo Martinengo (via dei Musei 30)20 gennaio - 10 giugno 2018

Orari: da mercoledì a venerdì, dalle 9.00 alle 17.30; sabato, domenica e festivi, dalle 10.00 alle 20.00

lunedì e martedì chiuso

Info e prenotazioni:tel. 380-4650533; [email protected]

Ufficio stampaCLP Relazioni Pubbliche

Anna Defrancesco, tel. 02 36 755 700, [email protected]; www.clponline.it

Giorgio De Chirico, Piazza d’Italia, 1930, olio su tela, 50 x 60 cm

Pablo Picasso, Natura morta con testa di toro, 1942, olio su tela, 72 x 98 cm

Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attese, 1964, olio su tela, 70 x 90 cm

Giorgio Morandi, Natura morta, 1952, olio su tela, 40 x 55 cm

Fortunato Depero, Ritratto dell’aviatore Azari, 1922, olio su tela, 136 x 93 cm

Giorgio De Chirico, Piazza d’Italia, 1930, olio su tela, 50 x 60 cm

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Intervista all’artista

Felice Bianchetti

Puoi parlarmi della tua formazione professionale, quali sono e come sei arrivato ad acquisire le tue competenze?

La mia formazione parte fondamentalmente da autodidatta, quando avevo sedici anni, amavo andare in montagna e volevo portare a casa i paesaggi che frequentavo. Acquistai una vecchia macchina fotografica, completamente manuale, e il venditore mi dette i primi rudimenti. Sono passati quasi cinquant’anni e, anche se a fasi alterne, la fotografia è sempre stata tra le mie passioni.

So che collabori con associazioni umanitarie e sei membro attivo di un’associazione di fotografia, ne vuoi parlare?

Attraverso la fotografia sono entrato in contatto con alcune associazioni che si occupano di solidarietà, ad esempio l’ANT, che mi ha permesso di realizzare un reportage sulla loro attività di assistenza domiciliare ai ma-

lati terminali, collaboro così da allora e fotografo le loro manifestazioni. Ho collaborato anche con diverse piccole realtà come AZ aiuto allo Zanskar, dove c’è una scuola in una sperduta valle Himalaiana, Mano tesa al Bangladesh, associazione fondata da un amico che opera con alcune tribù del nord del paese. Sono realtà che visito sul posto durante i miei viaggi e poi realizzo dei libri fotografici che dono a loro per beneficenza.

Come nasce l’idea, prima di universo femminile e ora di maternità, come correlativi di riferimento ideale nel mon-do contemporaneo?

Nel 2004 un’amica, Rosetta Zampedrini, mi ha chiesto di realizzare con lei una mostra fotografica sulla donna in oc-casione della festa dell’otto marzo. Da allora, ogni anno, ripetiamo l’appuntamento cercando di trovare spunti nuovi e di indagare realtà diverse. L’idea di seguire una maternità mi ronzava, da tempo, in testa, avevo preso an-che dei contatti per riuscire a seguire un parto in casa, ma per vari problemi, il progetto non è andato a buon fine. Poi è arrivato il momento giusto: persone che non co-noscevo improvvisamente sono arrivate dandomi la loro disponibilità, non ringrazierò mai a sufficienza.

Hai trascorso molte esperienze lavorative all’estero in un mondo come il nostro volto verso la globalità tecnologi-ca, pensi che il contatto umano del reportage sia ancora un’esperienza significativa?

La fotografia di reportage è il genere che preferisco, per-tanto quando vado all’estero per fotografare non ho dub-bi: se devo scegliere tra la visita a una chiesa o ad un mer-cato, scelgo il mercato, se devo scegliere tra un palazzo o la capanna del villaggio scelgo la capanna.Prediligo il rapporto diretto con la gente con la persona ed anche quando la lingua non permette un rapporto diretto riesco sempre a stabilire un contatto che mi arricchisce.

di Alessandra Pelizzari

È un piacere ascoltare dall’esperienza di Felice Bianchetti le sue motivazioni artistiche, sociali e relazionali che hanno incrociato il suo percorso con la nostra rivista Io Donna Mamma con una chiacchierata da condividere.

FOTOGRAFO DELLE DONNE ci racconta la MATERNITÀ

Felice Bianchetti, presidente dell’associazione Click immagine e

cultura, è un fotografo artista del nostro territorio che incentra la sua ricerca soprat-

tutto sul tema del femminile, della donna in tante sue manifestazioni dal lavoro alla pre-ghiera alla maternità.

L’ultimo progetto di questa ricerca è la mo-stra ‘io donna io mamma’, singolare mo-nitoraggio di una gravidanza attraverso la frequentazione di una giovane coppia e la loro famiglia e l’intima raccolta di immagini consequenziali di uno dei periodi che viene raccontato dalle donne come tra i più emo-zionanti della loro vita.

Attualmente, altre sue opere sono in mostra presso il Museo Diocesano di Brescia con donne in preghiera, raccolta di immagini trat-te dal lavoro di Felice che osserva la spirituali-tà e l’interpretazione della ritualità nel mondo femminile per il Festival delle Culture .

Felice Bianchetti è un fotografo/artista auto-didatta, ritiene che l’arte abbia bisogno di una maestra che si chiama VITA, è appassio-nato di viaggi, e negli ultimi anni, molte delle sue energie si rivolgono al mondo femminile, quindi si può dire a pieno titolo che è il foto-grafo delle donne e con il suo ultimo pro-getto celebra la maternità intima, sempli-ce, elegante, emozionante.

Utilizzi la tecnologia di comunicazione per diffondere la conoscenza del tuo lavoro? Se sì quali siti social ritie-ni più efficaci e perché?

Credo di essere stato tra i primi a usare internet, la mia prima esperienza risale al 1992, quando per collegarti alla rete dovevi fare il prefisso 06 in quanto l’unico pro-vider presente in Italia era romano. Da allora non sono riuscito a tenere il passo con i nuovi sistemi di comuni-cazione. I miei lavori li espongo in mostre o in presen-tazioni direttamente a un pubblico presente in sala. So che dovrei aggiornarmi sui nuovi ‘social’ e penso che con la pensione e più tempo a disposizione ci riuscirò.

Usi una progettazione digitale per creare modelli ri-producibili in alcune varianti o ti affidi esclusivamente all’occhio della camera?

Fotografando da tanto tempo mi sono creato quello che definisco “un occhio fotografico”, le cose le vedo già in fotografia pertanto sono portato alla realizza-zione diretta dello scatto, anche se a monte normal-mente esiste sempre un progetto. A volte è solo nella mia testa e a volte è invece scritto su carta sotto for-ma di scaletta.

Da dove trai le ispirazioni per i tuoi progetti?

Amo molto il cinema nordico, i registi del Dogma 95 e il finlandese Kaurismaki sicuramente mi danno continui stimoli, così come il teatro che seguo regolarmente. Ma, tante volte vedi una situazione, senti una notizia, incontri una persona, ed ecco che scatta la scintilla che piano piano si trasforma in un progetto concreto da sviluppare.

Attualmente so che hai in programma una personale che

riguarda proprio il mondo femminile, ce ne vuoi parlare?

Si tratta di una mostra che è stata inaugurata la sera dell’otto marzo a Flero presso Palazzo Loda. Il titolo è molto simile al nome della vostra rivista: IO, DONNA, IO MAMMA. Il tema della maternità volevo affrontarlo da tempo, avevo avuto dei contatti, ma per vari motivi non avevano portato risultati concreti, questa volta invece le combinazioni si sono concatenate nel senso giusto e ho conosciuto Tiziana: una giovane madre di una bambina che era da poco in attesa del secon-do figlio. Quale occasione migliore per fotografare la maternità. Ho iniziato a scattare quando è entrata nel quarto mese, in agosto, era in vacanza a Ponte di Le-gno, con Nicole, e il marito Michele. Da quel momen-to, regolarmente, ho seguito le varie situazioni che si presentavano, dall’ecografia, al periodo di riposo forzato, agli acquisti in un negozio prémaman sino al momento del parto. Ero andato in ospedale quando era in travaglio, con la mia attrezzatura fotografica, purtroppo, per ragioni interne, non ho avuto il permes-so di assistere alle ultime fasi del parto. Ho comunque ripreso i primi momenti di Ilaria, la nuova nata, sia in ospedale sia a casa.

Termina questa chiacchierata-approfondimento con Felice Bianchetti che ringrazio pubblicamente per avermi concesso un po’ del suo tempo.Per cui sicuramente spero che il 2018 ti porti tanta fortuna, e ti ringrazio per la tua disponibilità da par-te di tutto il team della redazione Io, Donna, Mam-ma - il femminile di Brescia. s

Chiunque voglia approfondire e discutere di fotografia con Felice Bianchetti lo può contattare [email protected]

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•52 •53i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Il libro di Chiara, scrittrice bresciana,

pubblicato da E.Book in vendita su Amazon,

intitolato:

Bolina storia di un viaggio

sotto casa

si legge su diversi livelli che variano dall’accettazione della durezza dell’esistenza

al recupero della poesia e dell’energia di vivere

superando i confini delle convinzioni

che portano dolore.

portano al lavoro la propria passione per l’insen-gnamento e l’amore per le nuove generazioni. Questi docenti riescono a salvare la nostra scuola ogni giorno. s

L’intervista

Chiara Padula

Anche tu come molte donne che si decide di intervistare hai una formazione multipla, tra la vita, la passione e la professionalità. Come hai acquisito tutte le tue competen-ze e sei contenta dei risultati oggi raggiunti?

Ho sempre scelto di intraprendere la strada indica-tami dalla mia curiosità, dai miei interessi e dalle mie passioni.

Ovviamente ho pagato le conseguenze delle mie scelte e spesso ho dovuto lottare per mantenere la rotta a me più congeniale.

Certamente se avessi tradito me stessa avrei pa-gato un prezzo più salato, un prezzo per me inac-cettabile.

So che oltre ai molti impegni didattico-cultu-rali sei fortemente impegnata sul fronte dei diritti umani, pensi che essere anche inse-gnante sia importante?

Mi sono avvicinata ad Amnesty International pro-prio cercando sostegno per il progetto Erasmus sui diritti umani, attualmente in fase di realizzazione.

di Alessandra Pelizzari

Nel gruppo di Brescia, che tra l’altro si riunisce pro-prio nella scuola in cui lavoro, l’IIS Tartaglia Olivieri, ho incontrato persone meravigliose e infinite occa-sioni di soddisfare la mia curiosità e la mia voglia di crescita.

Sicuramente essere insegnante condiziona il mio modo di fare attivismo: infatti, quest’anno con il gruppo Brescia sto organizzando un corso di forma-zione docenti che si terrà al Liceo De André.

Il corso tratterà i percorsi didattici redatti da Amne-sty International dedicati ai temi diritti LGBTI, diritti delle donne e diritti dei migranti.

Ci rivolgiamo direttamente ai docenti, in quanto agenti di disseminazione e al fine di incoraggiare l’uso delle metodologie partecipative promosse da Amnesty International.

Hai scritto un libro che tratta un tema duro, ma risolto con la forza della resilienza e del-la positività che ti caratterizzano, ce ne vuoi parlare?

Si tratta di un romanzo breve nato più dall’esigenza di elaborare un lutto personale che dall’aspirazio-

ne a divenire una scrittrice. Il libro intitolato “Bolina: storia di un viaggio sotto casa” tratta il tema della poliabortività e dei pro-blemi che insorgono nella coppia quando si cerca disperatamente di avere un figlio senza riuscirvi.

Ho affiancato al tema drammatico anche la nar-razione di una storia d’amore nata durante una crociera in barca a vela, che, oltre ad alleggerire la lettura, indica la via da seguire per superare il dolore.

A volte la scrittura è una disciplina per cono-scerci meglio, anche per te è così?

Certamente.

Sia la lettura sia la scrittura.

Ho cercato disperatamente libri dedicati al tema dell’aborto spontaneo, ma non ho trovato nulla.

Per questo ho deciso di scrivere e condividere il mio romanzo.

Molte donne tacciono riguardo a questo tipo di esperienza, cercano di cancellarla.

Ma il dolore, per quanto in profondità venga sepol-to, continua a riemergere condizionando negati-vamente la nostra vita fino a quando non decidia-mo di affrontarlo e imparare a “portarlo”.

Scrivere è un mezzo privilegiato di riparazione ed elaborazione del lutto.

E tutti possono farlo, bastano anche poche righe!

Ora sei un’insegnante di sostegno e lavori per la scuola statale in un momento partico-larmente provante e di tensione verso nuovi orizzonti di cambiamento, vedi la forza del-la resilienza anche nei cambiamenti sofferti della scuola italiana?

In Italia si continuano a cambiare pezzi della scuola senza mai toccare i veri nodi problematici e senza avere una visione complessiva delle vere esigenze delle nuove generazioni.

Ogni cambiamento viene fatto sulla pelle di inse-gnanti e alunni, spesso con la pretesa di inaugurare il cambiamento prima di aver formato in maniera opportuna chi dovrà occuparsene.

Per fortuna sono molti i docenti che ogni mattina

Classe 1975, docente di sostegno, abilitata nell’insegna-mento di filosofia e storia, referente CLIL, promotrice e responsabile del progetto Erasmus “Plus Human Rights Education: stand up for your rights” in collaborazione con partner francesi e finlandesi, scrittrice, responsable del gruppo Amnesty International Brescia e…mamma di Luca!

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•54 •55i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Libri

“La grande domanda è: come vuoi vivere il resto della tua vita?Con chi la vuoi condividere?Che esperienze vuoi fare e quali emozioni vuoi provare?Che cosa vuoi che gli altri dicano di te?Il momento giusto per la tua felicità è adesso.L’hai già raggiunto perchè sei perfetta come sei e sei nel posto giusto al momento giusto.Prenditi la piena responsabilità della tua vita per creare te stessa!”

Sullo scaffale:

Crea te stessa Sentimenti, lavoro, famiglia: prenditi quello che meriti. - Sperling & Kupfer

27 edizioni della Dakar, dal 1991 al 2017. Con i personaggi che hanno reso leggendario questo mondo facendo sognare tutti gli appassionati attraverso i deserti dell’Africa, Russia, Cina, Sud America. Piloti e meccanici, team manager e squadre, aneddoti e avventure vissute in prima persona. Un dietro le quinte diver-tente, viaggiando in auto, in camion, in scooter, sulle piste del Marocco con l’Atlas Rally. L’amicizia con Clay Regazzoni, René Metge, Stephane Peterhansel, Fabrizio Meoni, Jutta Kleinschmi-dt, Heinz Kinigadner, Giacomo Vismara, Ciro De Petri: racconti e ritagli di gare passate fra road book, partenze all’alba, tortellini e nottate in cucina aspettando il camion balai. Un racconto scan-dito dalle lettere dell’alfabeto per permettere al lettore di trova-re e dare un filo conduttore a tutte le storie che attraversano gli anni e le diverse competizioni. Inizia dalla macchina da scrivere quando i computer e internet ancora non esistevano, gli articoli

si dettavano al telefono, i rullini attraversavano il mondo nello zainetto di qualcuno per arrivare sui tavoli delle redazioni. Prefazione di René Metge.

Elisabetta CaraccioloTasche piene di sabbia

Dakar e altri rally racconti straordinari e semiseriSperling & Kupfer

Elisabetta Caracciolo Elisabetta Caracciolo ha iniziato a muovere i suoi primi passi nel mondo del giornali-smo nel 1984, nelle radio private poi nelle televisioni ed infine entrando nei quotidiani, al Gazzettino, reda-zione di Treviso. Da lì si è specializzata nello sport motoristico passando al Corriere Motori e La Gazzetta del-lo Sport concentrandosi nello stesso tempo sulle principali riviste come Autosprint, Motosprint, TuttoMoto, Auto Fuoristrada. Nel 1989 seguiva già il fuoristrada, praticandolo con la Federazione Italiana Fuoristrada, seguendo le selezioni del Camel Trophy ed altre gare italiane. Nel 1991 il grande salto e la prima Dakar, in Africa, proprio mentre comincia la sua carriera come speaker ufficiale di eventi legati al mondo del fuori-strada (rally raid, baja, gare di enduro e di cross). Navigatrice per passione, viene risucchiata dal mondo delle competizioni ma deve scegliere se correre o scrivere ed opta per la seconda. Per oltre 20 anni alla Dakar per Gazzetta e Autosprint, da 4 per Motorsport.com ha la fortuna di lavorare in un ambiente che la appassiona e al quale ha dedicato tutta la sua vita. Ha già scritto ‘Dakar Borderline’, pubblicato nel 2002, raccontando la storia del pilota ‘Ciro’ De Petri. Nel 2012 ha aperto un suo blog dedicato alla specialità sportiva: www.worldrallyraid.com

Nancy Cooklin è nata a Lima, in Perù, ed è cresciuta in diverse città del mondo, tra cui Roma, Città del Mes-sico, Lima e San Francisco. Dopo la laurea in Business Administration, si è occupata di marketing, commer-ciale e formazione. È coach certificato PNL (ha studiato direttamente con Richard Bandler, John Grinder, Tad James e Anthony Robbins) e counselor sistemica. Dal 2001 vive in Italia, dove si è formata all’università Bocconi di Milano nel programma di sviluppo manageriale. Con il marito Claudio Belotti, ha una azienda di formazione e coaching, Extraordinary. Lavora con aziende importanti come Axa, Azimut, Bulgari e Jones Lang LaSalle. È autrice di audiocorsi bestseller su iTunes, tradotti in formato e-book in due lingue. Scrive rego-larmente sul suo blog www.nancycooklin.com.

Nancy Cooklin

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•56 i ONNA,D ammamO,

Giallo in Città

"Il Commissario Leali li aspettava davanti al por-tone d’ingresso del civico 6, la palazzina che dava sulla piazzetta dell’Immacolata. I nastri biancorossi della polizia delimitavano ancora molti spazi e i vi-coli in entrata e in uscita sulla piazzetta restavano chiusi a chi non stava indagando. Anche la Tipo del morto era ancora al suo posto, portiera - lato guida - aperta, un fotografo della Scientifica si at-tardava, tutto intorno segni di gesso, lettere gialle appoggiate sull’asfalto, guanti di lattice sparsi dap-pertutto. I due agenti scesero dall’Alfetta che si era arrestata a fianco di quella del Capo.“Che novità…”

“Cose da non credere, Capo, se non ci fosse di mezzo un morto sarebbe roba da Novella Duemila per impiegati statali. Vi faccio strada - rispose Qua-glio mostrando il mazzo di chiavi. Si avvicinarono al portone chiuso, Quaglio azionò le due lunghe chiavi e lo aprì. Leali non disse una parola fino a quando salirono al secondo piano e si fermarono davanti a una porta di ultima generazione, bianca, blindata, con la serratura a tastiera alfanumerica. Suonarono. Nessuna risposta. Suonarono di nuovo, più a lungo. Niente.

“Saranno al lavoro i signori Laura B e Andrea F…” mormorò Leali guardando l’ora. Prendete i nomi completi dalla cassetta della posta, trovateli e fa-teli venire in questura. Dobbiamo fare una chiac-chierata!”

La serratura della porta di fronte, normalissima por-ta con spioncino, fece rumore, due giri di chiave e apparve un signore sulla cinquantina, un poco bol-so e con gli occhi arrossati, in ciabatte e vestaglia. Doveva appena essersi rasato, aveva il viso perfet-tamente liscio ancora umido di crema dopobarba e il profumo della lozione si sentiva a distanza. “Non li troverete qui a Brescia, i signori e la bambi-na sono dai nonni, i genitori di lui, in Sicilia – disse con l’aria contenta di rendersi utile e al tempo stes-so un poco preoccupata per quell’intrusione. Leali lo rassicurò:

“Polizia, sono il commissario Leali, siamo qui per…”“Ah, certo, per il morto, povero signore, ancora in gamba, sempre elegante, distinto, non veniva mai a mani vuote a trovare la signora. Bella don-na, niente da dire, proprio bella. E la bambina? Un amore…”Leali lo interruppe:

“Senta signor…Camisani – lesse sulla targhetta di ottone della porta – perché non ci invita ad entrare e non ci offre un caffè? Sono sfacciato, lo so, ma ci facciamo due chiacchiere, scommetto che lei ha molto da raccontarci!”

Anche l’appartamento del signor Camisani era un covo da scapolo, ma Quaglio e Lullo capirono alla prima occhiata che ci sono tanti tipi di celibi quan-te le stelle in cielo. Questo, per dire, doveva aveva la passione per la caccia al primo posto, non un libro in tutta la casa, solo riviste venatorie, un fagia-no impagliato alla parete e un armadio blindato nella camera da letto. L’uomo lo mostrò trionfante ai suoi ospiti.

“Cinque fucili, due doppiette e tre sovrapposti, e due revolver! Ormai la caccia costa più di un’a-mante giovane, ma cosa volete, alla mia età è una passione senza troppe complicazioni, qualche battuta, qualche spedizione all’estero, ex Jugosla-via più che altro e Russia, e poi mangiare e bere…”“Possiamo vedere le pistole?” – chiese Leali. Il Ca-misani fece scattare un meccanismo che aprì una modanatura nella testata del letto. Estrasse una chiave lunga e scanalata, aprì l’armadio di ferro.“Eccole!”

Due revolver, una Magnum.44 e una Pyton.357, roba da sfondare un muro. I fucili erano strepitosi, di acciaio brunito, decorati con scene di caccia intarsiate in metallo dorato, bellissimi come opere d’arte. Era facile, guardandoli, dimenticarsi che potevano uccidere o semplicemente fare del male.“Grazie”.

Appuntamentocon il giallo

di Renzo Mosca

3a

puntata

L'Ultima Notte Di Mattia CCapitolo terzo

“Accomodatevi in salotto, il caffè arriva subito!”Ora mescolavano il caffè. Il signor Camisani aveva già cominciato a parlare. Leali azionò il registratore vocale e gli mise davanti la fotografia del morto. Lui si bloccò e si portò la mano sulla bocca, smar-rito, come si rendesse conto solo ora che quella persona, che lui aveva visto tante volte, di cui si era fatto un’idea, aveva pensato chissà cosa, non esisteva più. Si riprese, parlando lentamente:

“Faccio la guardia notturna alle Acciaierie Riunite, a Sarezzo. Stacco alle sei, faccio colazione, sei ore di sonno e poi scendo a mangiare un boccone qui sotto, all’osteria San Nicola…”“Veniamo al defunto signor Mattia Chirico…sa ab-biamo un assassino in giro per la città…” lo interrup-pe Leali.

“Certo, capisco…insomma, un quattro anni fa, la bambina andava ancora alla materna, ero in anticamera e sento la porta di fronte che si apre, emette una specie di carillon… Lo so, non è bel-lo, ma l’ora era strana, le due del pomeriggio, dò un’occhiata dallo spioncino e vedo quest’uomo anziano, ancora un bell’uomo, certo, ma insom-ma, per me andava sulla sessantina. Entra, la porta si chiude. Una visita parenti, penso io e torno alle mie faccende.Due giorni dopo la scena si ripete. Lui porta dei dol-ci, no, la prima volta erano dolci, questa volta era gelato di Bedont, sono sicuro!”“Lei pensa ci fosse una relazione? Di tipo sessuale, intendo”.

“Beh, arrivava alle due, tre volte alla settimana, al-meno, e se ne andava prima delle quattro. Dopo qualche minuto usciva lei e andava a ritirare la bambina alla materna, qui in via Cairoli. Ormai fa-cevo la guardia all’entrata e all’uscito. Lui sempre elegante. Sempre un pensiero per lei. Ma una cosa mi colpiva, e rivedo la scena davanti ai miei oc-chi”.Leali, Quaglio e Lullo erano piegati in avanti sul ta-volino da caffè, come se volessero avventarsi sul

povero Camisani:“ Quando lui usciva si girava verso di lei e la signora lo attirava a sé mettendogli una mano sulla nuca e lo baciava a lungo, prima di lasciarlo e di chiudergli la porta in faccia. Ecco, quella scena mi diceva tutto, anche se io non ho mai visto né sentito niente di quello che succedeva là dentro!”“Poi cos’è successo?”

“Niente. Di colpo, dopo quattro mesi di questa sto-ria, direi tra gennaio e fine maggio, lui è sparito, svanito. E io sono andato avanti per un bel po’ a chiedermi cosa fosse successo”.“Svanito…fino a questa mattina. Grazie, signor Ca-misani, il suo caffè era ottimo, la chiameremo in Questura per una deposizione, sarà affare di pochi minuti, stia tranquillo, una firma e via”.Scesero, i due agenti cercarono le sigarette, uno sguardo del Commissario li dissuase.

“Cosa farete, signor Commissario, mi pare di capire che se arrivano domani, non vale la pena di chie-dere un loro rientro…”Leali, appoggiato all’alfetta di servizio, non rispon-deva. Osservava una coppia che nel vicolo san Nicola avanzava verso la piazzetta dell’Immacola-ta, spingendo due trolley e tenendo per mano una bambina di sei, sette anni, occhioni spalancati e bocca aperta.

Lui guardò la donna, gli sguardi s’incrociarono, “Cazzo, no!” riuscì solo a mormorare il Commissa-rio, lei lasciò la bambina e corse avanti, prima che i due agenti potessero fermarla era di fronte alla portiera spalancata della Tipo. Il marito la raggiun-se nel momento in cui lei aveva visto il sangue, le schegge di osso e la materia cerebrale sulla portie-ra e sul finestrino opposto e si lasciava cadere. La sostenne con l’aiuto di Lullo, mentre Quaglio e Leali si rivolsero alla bambina, rimasta sola, in piedi fra i trolley con gli occhi fissi che non vedevano nulla o forse vedevano qualcosa che non si sarebbe più cancellato dalla sua memoria. s

Continua nel prossimo numero...

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