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D opo molti an- ni, finalmente la nostra scuo- la ha acquisito una con- creta identità: attraverso una serie di passaggi graduali, si è giunti ad una soluzione definitiva. L'iter progressivo, che ha portato all'intitolazio- ne della scuola, ha trova- to il suo culmine con la scelta, “a furor di popo- lo”, del nome del filo- sofo calabrese Tomma- so Campanella. L'elezio- ne è avvenuta mediante un'operazione di discer- nimento svoltasi in due diversi passaggi: una pri- Il limite della conoscenza umana Q uello che unisce tutti gli uomini sin dall’alba dei tempi è la sete di conoscenza, ma questo bisogno, insito da sempre nell’umanità, deve pur avere un limite. Infatti, nonostante sia scientificamente provato che ogni individuo usi so- lo il 10% del potenziale del proprio cervello, esi- ste, seppur minima, una possibilità che egli tra- scenda questo limite sino ad arrivare ad una cono- scenza suprema. Tuttavia, secondo alcune teorie, se ciò accadesse, l’uomo po- trebbe diventare comple- tamente incapace di pro- vare sentimenti. In questo caso, cosa ne sarebbe di lui? Cosa ne sarebbe di questo essere capace di amare, di questo essere che, quando sbaglia, si rialza con il doppio della forza? Probabilmente, di- venterebbe solo un ricor- do sbiadito, sino a scom- parire del tutto. Dunque, l’uomo ha bisogno di im- porsi un limite; ha biso- Belvedere Marittimo « ...questo grandissimo libro che continuamen- te ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’univer- so), non si può intendere se prima non s’impara a inten- der la lingua, e conoscer i ca- ratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua mate- matica, e i caratteri son trian- goli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a inten- derne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro la- birinto.» (Galileo Galilei, Il Saggiatore, Capitolo VI, 1623)Disciplina dai più con- siderata difficile e noiosa, la matematica ha sempre avuto una cattiva reputazione, forse perché in pochi hanno saputo (e quindi l’Universo) e l’U- niverso è scritto in lingua matematica allora anche l’ar- te è scritta in lingua matema- tica.La matematica, in effetti, rappresenta una chiave di let- tura delle grandi opere d’ar- te; basti pensare alle opere Rinascimentali per le quali gli artisti si sono rivolti pro- prio alla razionalità della ma- tematica per una migliore rappresentazione del reale e per l’elaborazione di nuovi canoni architettonici, formu- lando regole di proporzione e di misura come la tecnica della prospettiva.Ma come può la Matematica essere pa- ragonata all’Arte? La rispo- sta potrebbe risultare non im- mediata soprattutto a chi non è un matematico, o almeno a chi non è mai stato affascina- to da tale materia. Eppure il FATTORE che lega la mate- Festina lente! I n Lezioni Americane Calvino scrive che vi- viamo “nell’epoca in cui l’esperienza delle grandi velocità è diventa- ta fondamentale nella vita umana”. Il termine “con- templazione” sta quasi sparendo dai vocabolari, perché obsoleto: la vita perde la sua implicita bel- lezza, la quale sfuma, si lascia cadere nell’ansimo di una corsa sfrenata con- tro il tempo. I media bom- bardano con i loro “pac- chetti dati” formati da una serie infinitesimale di no- tizie: lo slogan ha sostitui- to l’orazione, l’immagine il concetto, mentre la pa- rola è stata svuotata dai suoi significati nascosti, simbolici, e non rappre- senta altro che se stessa, nel suo lampante (e, spes- so, volgare) rivelarsi. Con Babel non vogliamo ral- lentare il tempo, svisce- rarlo fino a fermarlo del tutto, magari dormendo sulle parole, tergiversan- do su linee vuote di pen- siero; ma neanche brucia- re le tappe, bypassare l’e- sistenza e ciondolare su una comunicazione piatta ed omogenea, che non of- fre alcuna opportunità di crescita né a chi scrive né a chi legge. Invece, abbia- mo intenzione di adottare metodi e linguaggi di tra- smissione attuali, vicini alle esigenze del mondo moderno, ma senza per- dere il senso di bellezza e l’importanza della rifles- sione. Vogliamo, cioè, contemplare, con gli oc- chi di oggi, le realtà che ci circondano. Festina lente, motto morale e condizio- ne di esistenza. Affrettati lentamente. ma cernita di numerosi nomi di personaggi im- portanti del luogo e non, che si è conclusa con l'individuazione di tre sole personalità di rilie- vo (oltre al suddetto vin- citore, Daniele Fasanella e Rino Gaetano). L'ulti- mazione del processo di scelta, in seguito, è av- venuta tramite un son- daggio online a cui ha partecipato attivamente tutta la comunità civile di Belvedere. I risultati hanno innanzitutto rile- vato un importante af- fluenza al voto: 2076, in- fatti, gli elettori che han- no espresso la loro pre- ferenza. Il sondaggio si ANNO 2 - NUMERO 2 - MARzO 2011 è concluso poi con 988 voti per il filosofo cala- brese, 914 per Rino Gae- tano e 174 per Daniele Fasanella. Come tutte le scelte importanti, anche questa non è stata esente da critiche e polemiche. Molti infatti hanno bia- simato e le modalità di scelta e il risultato. In questo, Campanella quindi si rivela essere quasi profetico, quando asseriva, cioè, di voler debellare i tre mali estre- mi, tra i quali appunto annoverava i sofismi e l'ipocrisia. Giulia, Luigi e Sara. matica all’arte è proprio la CREATIVITA’. Il matemati- co De Morgan affermò: “la facoltà che mette in moto l’invenzione matematica non è il ragionamento, bensì l’im- maginazione”. Il pensiero matematico sarebbe perciò dettato dalla creatività e dal- l’immaginazione. Certamen- te alcune operazioni o dimo- strazioni non lasciano indif- ferente il lettore che non può non cogliere l’ordine, la sin- tesi, la pulizia formale e la chiarezza del procedimento quindi l’ eleganza e la bellez- za. Perciò perché non consi- derare la matematica come un’opera d’arte? Forse un’o- pera non ancora terminata e in continua evoluzione.Rie- sci ad individuare il limite del cerchio?? L.Calafiori L’arte è matematica o la matematica è arte? esplicare la sua bellezza intrin- seca.Nell’Antica Grecia con “mathematikè tékhne” si inten- deva l’arte di imparare con me- todo e logica. La matematica quindi è un’arte? Nella loro evoluzione le due discipline so- no state spesso complementari tra loro. Mettendo in relazione i 3 elementi (Universo, Mate- matica e Arte) e sfruttando la proprietà transitiva si può di- mostrare come l’arte è mate- matica ma anche che la mate- matica è un’arte. Una relazio- ne, si dice transitiva se, presi tre elementi A, U e M, se A è in relazione con U, U è in relazio- ne con M allora A è in relazio- ne con M. Perciò presi l’Arte (A), l’Universo (U) e la Mate- matica (M) si può affermare: se l’arte è imitazione della realtà Chiara Riente I Licei di Belvedere avranno un nome Io nacqui a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia. gno di qualcosa che impe- disca alla sua peculiare na- tura di mescolarsi con il divino. Ma, allora, qual è il suo reale ruolo nell’uni- verso? Quale il suo poten- ziale massimo, oltre cui non può sollevarsi? Quasi impossibile dare una ri- sposta completa, ma l’uo- mo può riuscire ad essere tale anche non conoscendo tutto ciò che lo circonda. Infatti, se tutti fossero con- sapevoli del fatto che “è saggio colui che sa di non sapere”, forse ci si rende- rebbe conto che Dio ci ha creati, belli o brutti, alti o bassi, con pregi e difetti. Quale sia il vero valore di questi è ancora ignoto, vi- sto che in tutti noi c’è qualcosa di speciale, ma la realtà è che la particolarità di una persona si nota quando essa riesce, con grande abilità, a palesarla. Raffaele CIanni Davide Perrone

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Dopo molti an-ni, finalmentela nostra scuo-

la ha acquisito una con-creta identità: attraversouna serie di passaggigraduali, si è giunti aduna soluzione definitiva.L'iter progressivo, cheha portato all'intitolazio-ne della scuola, ha trova-to il suo culmine con lascelta, “a furor di popo-lo”, del nome del filo-sofo calabrese Tomma-so Campanella. L'elezio-ne è avvenuta medianteun'operazione di discer-nimento svoltasi in duediversi passaggi: una pri-

Il limite della conoscenza umana

Quello che uniscetutti gli uomini sindall’alba dei tempi

è la sete di conoscenza,ma questo bisogno, insitoda sempre nell’umanità,deve pur avere un limite.Infatti, nonostante siascientificamente provatoche ogni individuo usi so-lo il 10% del potenzialedel proprio cervello, esi-ste, seppur minima, unapossibilità che egli tra-scenda questo limite sinoad arrivare ad una cono-scenza suprema. Tuttavia,

secondo alcune teorie, seciò accadesse, l’uomo po-trebbe diventare comple-tamente incapace di pro-vare sentimenti. In questocaso, cosa ne sarebbe dilui? Cosa ne sarebbe diquesto essere capace diamare, di questo essereche, quando sbaglia, sirialza con il doppio dellaforza? Probabilmente, di-venterebbe solo un ricor-do sbiadito, sino a scom-parire del tutto. Dunque,l’uomo ha bisogno di im-porsi un limite; ha biso-

Belvedere Marittimo

«...questo grandissimo

libro che continuamen-

te ci sta aperto innanzi

a gli occhi (io dico l’univer-

so), non si può intendere se

prima non s’impara a inten-

der la lingua, e conoscer i ca-

ratteri, ne’ quali è scritto.

Egli è scritto in lingua mate-

matica, e i caratteri son trian-

goli, cerchi, ed altre figure

geometriche, senza i quali

mezi è impossibile a inten-

derne umanamente parola;

senza questi è un aggirarsi

vanamente per un oscuro la-

birinto.» (Galileo Galilei, Il

Saggiatore, Capitolo VI,

1623)Disciplina dai più con-

siderata difficile e noiosa, la

matematica ha sempre avuto

una cattiva reputazione, forse

perché in pochi hanno saputo

(e quindi l’Universo) e l’U-

niverso è scritto in lingua

matematica allora anche l’ar-

te è scritta in lingua matema-

tica.La matematica, in effetti,

rappresenta una chiave di let-

tura delle grandi opere d’ar-

te; basti pensare alle opere

Rinascimentali per le quali

gli artisti si sono rivolti pro-

prio alla razionalità della ma-

tematica per una migliore

rappresentazione del reale e

per l’elaborazione di nuovi

canoni architettonici, formu-

lando regole di proporzione

e di misura come la tecnica

della prospettiva.Ma come

può la Matematica essere pa-

ragonata all’Arte? La rispo-

sta potrebbe risultare non im-

mediata soprattutto a chi non

è un matematico, o almeno a

chi non è mai stato affascina-

to da tale materia. Eppure il

FATTORE che lega la mate-

Festina lente!

In Lezioni AmericaneCalvino scrive che vi-viamo “nell’epoca in

cui l’esperienza dellegrandi velocità è diventa-ta fondamentale nella vitaumana”. Il termine “con-templazione” sta quasisparendo dai vocabolari,perché obsoleto: la vitaperde la sua implicita bel-lezza, la quale sfuma, silascia cadere nell’ansimodi una corsa sfrenata con-tro il tempo. I media bom-bardano con i loro “pac-chetti dati” formati da unaserie infinitesimale di no-tizie: lo slogan ha sostitui-to l’orazione, l’immagineil concetto, mentre la pa-rola è stata svuotata daisuoi significati nascosti,simbolici, e non rappre-senta altro che se stessa,nel suo lampante (e, spes-so, volgare) rivelarsi. ConBabel non vogliamo ral-lentare il tempo, svisce-rarlo fino a fermarlo deltutto, magari dormendosulle parole, tergiversan-do su linee vuote di pen-siero; ma neanche brucia-re le tappe, bypassare l’e-sistenza e ciondolare suuna comunicazione piattaed omogenea, che non of-fre alcuna opportunità dicrescita né a chi scrive néa chi legge. Invece, abbia-mo intenzione di adottaremetodi e linguaggi di tra-smissione attuali, vicinialle esigenze del mondomoderno, ma senza per-dere il senso di bellezza el’importanza della rifles-sione. Vogliamo, cioè,contemplare, con gli oc-chi di oggi, le realtà che cicircondano. Festina lente,motto morale e condizio-ne di esistenza. Affrettatilentamente.

ma cernita di numerosinomi di personaggi im-portanti del luogo e non,che si è conclusa conl'individuazione di tresole personalità di rilie-vo (oltre al suddetto vin-citore, Daniele Fasanellae Rino Gaetano). L'ulti-mazione del processo discelta, in seguito, è av-venuta tramite un son-daggio online a cui hapartecipato attivamentetutta la comunità civiledi Belvedere. I risultatihanno innanzitutto rile-vato un importante af-fluenza al voto: 2076, in-fatti, gli elettori che han-no espresso la loro pre-ferenza. Il sondaggio si

ANNO 2 - NUMERO 2 - MARzO 2011

è concluso poi con 988voti per il filosofo cala-brese, 914 per Rino Gae-tano e 174 per DanieleFasanella. Come tutte lescelte importanti, anchequesta non è stata esenteda critiche e polemiche.Molti infatti hanno bia-simato e le modalità discelta e il risultato. Inquesto, Campanellaquindi si rivela esserequasi profetico, quandoasseriva, cioè, di volerdebellare i tre mali estre-mi, tra i quali appuntoannoverava i sofismi el'ipocrisia.

Giulia, Luigi e Sara.

matica all’arte è proprio la

CREATIVITA’. Il matemati-

co De Morgan affermò: “la

facoltà che mette in moto

l’invenzione matematica non

è il ragionamento, bensì l’im-

maginazione”. Il pensiero

matematico sarebbe perciò

dettato dalla creatività e dal-

l’immaginazione. Certamen-

te alcune operazioni o dimo-

strazioni non lasciano indif-

ferente il lettore che non può

non cogliere l’ordine, la sin-

tesi, la pulizia formale e la

chiarezza del procedimento

quindi l’ eleganza e la bellez-

za. Perciò perché non consi-

derare la matematica come

un’opera d’arte? Forse un’o-

pera non ancora terminata e

in continua evoluzione.Rie-

sci ad individuare il limite

del cerchio??

L.Calafiori

L’arte è matematica o la matematica è arte?esplicare la sua bellezza intrin-

seca.Nell’Antica Grecia con

“mathematikè tékhne” si inten-

deva l’arte di imparare con me-

todo e logica. La matematica

quindi è un’arte? Nella loro

evoluzione le due discipline so-

no state spesso complementari

tra loro. Mettendo in relazione

i 3 elementi (Universo, Mate-

matica e Arte) e sfruttando la

proprietà transitiva si può di-

mostrare come l’arte è mate-

matica ma anche che la mate-

matica è un’arte. Una relazio-

ne, si dice transitiva se, presi

tre elementi A, U e M, se A è in

relazione con U, U è in relazio-

ne con M allora A è in relazio-

ne con M. Perciò presi l’Arte

(A), l’Universo (U) e la Mate-

matica (M) si può affermare: se

l’arte è imitazione della realtàChiara Riente

I Licei di Belvedere avranno un nome

Io nacqui a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia.

gno di qualcosa che impe-disca alla sua peculiare na-tura di mescolarsi con ildivino. Ma, allora, qual èil suo reale ruolo nell’uni-verso? Quale il suo poten-ziale massimo, oltre cuinon può sollevarsi? Quasiimpossibile dare una ri-sposta completa, ma l’uo-mo può riuscire ad esseretale anche non conoscendotutto ciò che lo circonda.Infatti, se tutti fossero con-sapevoli del fatto che “èsaggio colui che sa di nonsapere”, forse ci si rende-

rebbe conto che Dio ci hacreati, belli o brutti, alti obassi, con pregi e difetti.Quale sia il vero valore diquesti è ancora ignoto, vi-sto che in tutti noi c’èqualcosa di speciale, ma larealtà è che la particolaritàdi una persona si notaquando essa riesce, congrande abilità, a palesarla.

Raffaele CIanni

Davide Perrone

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babel 2anno 2 numero 2

marzo 2011Pagina

Facebook: il Fenomeno del XXI Secolo

Così preziosa come il vino così gratis come la tristezza.*

Trama semplice,s v o l g i m e n t oscontato, perso-

naggi mediocri a voler es-sere clementi. Esatto, pro-prio loro, gli “eroi” di “tremetri sopra il cielo” misottraggono tempo nelmodo peggiore, imprigio-nandolo tra frasi scontate,luoghi comuni ed erroriortografici.Step, bello edannato, scontatezza qua-si ridicola, dai trascorsiturbolenti conquista Babi,insulsa ragazzetta, diame-tralmente opposta al ca-rattere dell’amato cava-liere in motocicletta, que-sti con slancio romanticocommuovente conquistala giovinetta con unascritta recante queste sen-tite parole: “io e te 3msc”,scritto con sudore, fatica,lavorio d’ingegno, quasifosse un moderno Leo-pardi e quella una con-temporanea Silvia o, an-cor meglio, un Dante per-vaso dal sentimento d’a-more che lo travolge e lolega alla sua Beatrice. Il

De gustibus disputandum est

contorno che avvolge i duegiovani amanti riempie l’at-mosfera di sensazioni vere,profonde, per nulla superfi-ciali, dove solo animi sensi-bili possono elevarsi a co-tanta perfezione idillica. Unlinguaggio giovane, checonquista, anzi, stordisce,descrive con minuzia di par-

ticolari le vite di questiesuli ripartiti o in banderissose, basti ricordarePollo, Schello, Lucone, oin gruppetti di donnic-ciuole griffate, ocheggian-ti alla continua ricerca diamori fiabeschi e al con-tempo scapigliati. Così ,d’un tratto avviene l’in-

contro, al di là del tempoe dello spazio, al semafo-ro il nostro idolo incrocialo sguardo di una timidascolaretta di buona fami-glia ed è subito in unistante amore. Come nonsi può rimanere affascina-ti da tale indomito mec-canismo? Il trasporto è ta-le da inibire le dinamichedi risposta alla domanda.Il tono ovviamente sarca-stico evidenzia il sensod’orrore scaturito nel do-ver anche solo sfogliarequeste pagine, le mie dita,infatti, non collaboranotemono di essere conta-giate, irrimediabilmentecontagiate da quei dialo-ghi demenziali pseudode-cadenti di una generazio-ne priva di alcun senso, dialcuna valenza, di alcunareale profondità. Diffi-coltà di cartapesta affron-tano questi soggetti dallasuperficialità disarmanteforse per tedio, forse permancanza concreta diquel quid capace di tra-sportarli oltre quei luoghi

comuni dei quali si nutro-no avidamente . Abitanocastelli d’ignoranza, vi-vono in strade esasperata-mente sordide, respiranoaria appestata dall’odorenauseabondo del lorostesso vuoto esistenzialee se ne compiacciono,ammesso e non concessoche se ne rendano con-to.Tra la vacuità dei di-scorsi, tra il sentimentali-smo melassoso che seccala gola provocando spa-smi convulsi e la scurri-lità dei versi in rima cheabilmente la mente com-pone in seguito alla stuc-chevole letturina, il mon-do che si palesa dinnanziagli occhi è artefatto, di-storto come visto dal fon-do di un bicchiere, si assi-ste all’aggirarsi di questifiguri che ruotano sempreattorno alle stesse situa-zioni che oscillano tra ilmelodrammatico ed il ri-dicolo all’interno del loromicrocosmo dove l’ov-vietà riesce a scadere neldisinteresse di un attentolettore che già dalle primerighe arriverà al finale econ dispiacere ripenserà a

quel denaro speso così inmalo modo. Nulla intriga,tutto annichilisce. Questacarta stampata non ha al-cun aroma, alcun profu-mo, è priva di magia let-teraria ma anche di unqualsiasi scopo ludico, ri-creativo. Stereotipo in-contra stereotipo gene-rando situazioni stereoti-pate. Piace al popolo del-la superficie, viene di-sprezzato dalla gente de-gli abissi. Oltre lasuperficie il vuoto, il gri-gio assoluto ed assordan-te, tra gli schiamazzi, igrugniti e i fumi di queldelirante racconto.But-tando quel volumetto sul-la scrivania, osservo co-me questa lo sostenga afatica, piego allora la te-sta da un lato e dalla dif-ferente prospettiva l’in-tuizione acquista i conno-tati di genialità, il posto diquella copertina con il si-lenzio in mezzo non è lì.

dei temi trattati in questofilm, che ha fatto incassa-re ai produttori cifre dacapogiro – si parla di oltre190 milioni di dollari – afronte di una spesa di soli(si fa per dire) 47 milioni.

Nonostante lo scetticismoche ha accolto inizial-mente l’idea di un film suFacebook, per la critica“The Social Network”riassume lo spirito di unagenerazione e di un’epo-

“Che bella giornata“ è ladivertente commedia diChecco Zalone, che te-stimonia la sua bravuradi comico e di regista al-le prime armi. Tutta lavicenda ruota sull’inna-moramento di un bislac-co vigilante nei confron-ti di una studentessa ara-ba, che lo abbindola perriuscire a far saltare inaria la Madonnina delDuomo di Milano. Iniziacosì la loro frequentazio-ne, dalla quale emerge-ranno molte differenze,ma con sorpresa, anchenumerosi punti di contat-to.Attraverso il comporta-mento a dir poco origi-nale del vigilante, quasida scemo del villaggio,Zalone dipinge un qua-dro piuttosto realisticodella società italiana, fo-calizzando l’attenzionesulle diversità sociali eculturali e sul diffusotentativo di aggirare lalegge e i meriti, caratte-ristica piuttosto comunea questi tempi. Il popoloitaliano, da nord a sud,ne esce bastonato, ma lapellicola manterrà intattala voglia di sorridere sulvolto degli spettatori,senza fare scelte volgario inadatte, ma rimanen-do fedele alla sua bona-ria semplicità di cabaret-tista di zelig.

La libertà di stampa si rifà al concet-to di libera espressione del propriopensiero, che ora come ora nellascuola pubblica è andato un po’ a far-si friggere. Gli insegnanti non devo-no criticare il governo, i dirigenti nondevono criticare il governo, gli alun-ni, il personale ATA, i canarini, i gat-ti, i cani, NESSUNO DEVE CRITI-CARE IL GOVERNO. Almeno se-condo il nostro quanto mai demo-cratico Ministro dell’Istruzione.Quindi questo ci induce a pensare cheanche un giornalino scolastico comeBabel non dovrebbe criticare il go-verno. Ma non abbiamo detto che lastampa DEVE essere libera? Altri-menti non si chiama informazione, sichiama in un modo che per educa-zione chiamerò qui “compiacimentodel potere governativo”.

Allora è da decidere. Che cosa vo-gliamo essere? Chi vogliamo essere?Che tipo di scuola vogliamo creare,che alunni vogliamo formare? Com-piacenti ed ignoranti, o scomodi edintelligenti?E voi direte: tutto questo macello peruna cosa così astratta ed indefinita,per pensare quello che ci pare, direquello che ci pare ad un microfono oscrivere quello che ci pare su ungiornalino scolastico?Si Signori. Tutto questo solo perLEI: La Libertà di Pensiero, di Opi-nione, di Stampa.La cosa più preziosa che questa no-stra malandata e maltrattata Repub-blica costituzionale ci abbia mai da-to.

Giulia Arena

La libertà di per sé sembra essere fa-cilmente raggiungibile, e spesso vienefatta coincidere con la possibilità diesprimere idee senza costrizioni, o diassumere atteggiamenti che non se-guano espressamente le regole dettatedalla morale comune. In realtà, se nonci fermiamo ad una interpretazioneepidermica del concetto, la libertà pre-suppone ed include la responsabilità.Dobbiamo essere consapevoli cioèche quando ci esprimiamo su alcunesituazioni, quando ci comportiamo inun dato modo, quello che ci circondapuò subirne ripercussioni, e d’altraparte la libertà altrui può inconsape-volmente innescare, nella nostra di esi-stenza,meccanismi di difficile gestio-ne. Facile allora emettere proclami dilibertà, difficile esserlo veramente. An-che perché risulta fondamentale avere

qualcosa di interessante da dire, qual-cosa di accattivante da consegnareagli altri non dal punto di vista este-tico ma etico. Viene da pensare allo-ra che, in alcuni casi, la mancanza dilibertà sia dovuta alla mancanza diidee che solo lo studio paziente, ac-corto, laborioso può offrirci. La Cul-tura quando non si vanifica in un pu-ro gesto formale, ma permea il no-stro animo ci fornisce strumenti in-terpretativi efficaci su cui fondare lalibertà , quella reale, di pensiero.Pretendiamo di essere liberi, preten-diamo di esprimere la nostra respon-sabilità, riappropriamoci della capa-cità di elaborare pensieri e di operarescelte senza farci ammaliare da chi ,con false chimere, ci illude che esse-re liberi coincida con la vanità del-l’essere.

Prof.ssa Daniela Calomino

*tratto da “Se ti tagliassero a pezzetti” di F. De andrè.

SignoRa LibeRtà, SignoRina FantaSia

La68° edizionedei GoldenGlobe ha visto

trionfare su tutti il discus-so e travagliato film: “TheSocial Network”. Migliorfilm drammatico, migliorregista, miglior sceneg-giatura e migliore colon-na sonora originale: que-ste le quattro categorie incui la pellicola diretta ma-gistralmente da DavidFincher (già conosciuto algrande pubblico per ifilm: “Fight Club” e “Ilcurioso caso di BenjaminButton”) ha trionfato. L’i-narrestabile fenomenoFacebook, la figura enig-matica del suo fondatoreed il concetto moderno diamicizia sono solo alcuni

ca. Ma cos’è realmenteFacebook? Dietro la clas-sica ed alquanto obsoletadefinizione di “commu-nity-chat online”, si na-sconde (a detta dello stes-so fondatore MarkZuckerberg) “la vogliadella gente di andare suInternet e curiosare sugliamici”; così, il secondosito web più visitato almondo (secondo solo al-l’onnipotente Google) sifa specchio di una societàsempre più edonista ed at-tratta in maniera esponen-ziale dal vizio e da unostile di vita decisamentelascivo. Contravvenendoa qualsiasi previsione, ilfamoso settimanale statu-nitense “Time” ha eletto

come “Man of the Year2010” proprio MarkZuckerberg, relegandoal secondo posto il fon-datore e portavoce prin-cipale di “Wikileaks”Julian Assange. Le mo-tivazioni di tale ricono-scimento sono da ricer-care nell’innovazione enella spregiudicatezzache hanno contrasse-gnato il progetto “Face-book”: oltre mezzo mi-liardo di utenti attivifanno del più popolaredei Social Networkun’infernale macchinada soldi dal valore di 14miliardi di dollari.

Sara Gentile

Andrea Perrone

Recensione

“Che bellagiornata”

Lucia Gazzaneo

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I piccoli campioni

babel 3anno 2 numero 2

marzo 2011Pagina

Marlane: ricchezza e povertàLa Marlane era una fab-

brica di tessuti, fondata

nell’ottobre 1957 a Praia

a Mare dal noto impren-

ditore Stefano Rivetti,

Conte di Val di Cerva

che partì dal Piemonte

per sbarcare nella vicina

Maratea. Riuscì a realiz-

zare il progetto grazie

agli incentivi della Cassa

del Mezzogiorno: la fab-

brica etichettata oggi

come la “Fabbrica dei

veleni”. Le due fabbri-

che nate a Maratea ed a

Pria venivano distinte

con la denominazione

“R1” per la prima, ”R2”

per la seconda; la “R”

stava per Rivetti. All’in-

terno della fabbrica era-

no presenti vari reparti:

filatura, carderia, tintoria

e finissaggio; dopo una

decina di anni la carderia

fu tolta a Praia, in cui

venne però trasferita la

tessitura, e contempora-

neamente a Maratea.

Questa fabbrica offriva

tanti posti di lavoro: i di-

pendenti erano 1500

unità di uomini e donne

provenienti anche dai

paesi limitrofi, mentre il

personale e le varie mae-

stranze venivano dal

nord e avevano prestato

servizio per diversi anni;

successivamente venne

assunto altro personale

locale che si occupava

dell’assistenza: i capore-

parto. Il Conte Rivetti

riuscì ad innescare a

Praia un boom economi-

co, i cosiddetti “anni

d’oro”, i quali portarono

visitatori sia del posto

che delle zone vicine.

Nel 1969 la Marlane fu

assorbita, a causa del fal-

limento della ditta Rivet-

ti, dall’E.N.I. (Ente Na-

zionale Idrocarburi),

protrattasi fino agli anni

80 quando subentrò la

Marzotto S.p.A. per con-

tinuare fino alla fine de-

gli anni 90. In seguito si

registrò una diminuizio-

ne del personale: gli ope-

rai scesero da 1500 a

200; dopo di che chiuse

definitivamente i batten-

ti trasferendo all’estero i

macchinari che si trova-

vano all’interno della

fabbrica. Tale situazione

creò un grave disagio

economico per Praia, per

i giovani residenti e non,

che si trovarono senza

lavoro. Testimonianze

dimostrano che la chiu-

sura della Marlane portò

molti disagi, come quella

dell’ex operaio D.F.: ama-

reggiato dalla chiusura della

fabbrica afferma oggigiorno:

”Mi fa tanta rabbia vedere

re una ricchezza così

grande”. Oggi l’ex Mar-

lane si trova ad affronta-

re un processo di pre-

sunte morti bianche, cir-

ca 100 operai deceduti,

quattordici le persone in-

dagate che si occupava-

no della sicurezza del re-

parto della tintoria e del-

lo smaltimento dei colo-

ranti, accusati di disastro

ambientale, lesioni ed

omicidio colposi. Queste

accuse sono partite dai

lavoratori e dalle fami-

glie degli operai decedu-

ti che sono stati affette

da malattie: cancro ai

polmoni, allo stomaco,

alla trachea… Il proces-

so sta andando avanti da

più di dieci anni. Gli ex

dipendenti e i famigliari

chiedono un risarcimen-

to morale anche se so-

stengono che non c’è

nessun rimedio a tutto

questo, ma solo dolore e

rabbia; chiedono giusti-

zia e sicurezza sul posto

di lavoro perché non è

giusto che persone inno-

centi debbano pagare un

prezzo talmente alto: la

vita!

Zurigo, Svizzera – Il 5Luglio 2010 la FIFA siunì all’editoriale FranceFootball nella creazionedel nuovo sigillo, da con-tinuo a quello che, dal1956, è famosamentechiamato “Pallone D’O-ro”, un premio annualemolto prestigioso cheviene donato solo a gran-di giocatori. L’anno sola-re 2010 è stato molto ap-passionante, l’Inter havinto 5 trofei sui 6 dispu-

tati laureandosi Campio-ne D’Europa e recente-mente, anche CampioneDel Mondo con la vitto-ria del Mondiale perClub. In ambito naziona-le, l’eccitante vittoria allaFIFA World Cup in SudAfrica della Spagna alle-nata da Del Bosque. Perla prima volta i baschi,sul tetto del mondo. Finoa questo maggio il favo-rito era El Principe DiegoMilito per il goal in fina-

le di Tim Cup contro laRoma (1-0), per i tantigoal nella Serie A Tim esoprattutto, la doppiettanella finalissima di Ma-drid contro il BayernMonaco(2-0). Sorpassatodai pronostici da un suostesso compagno, WesleySneijder, che ai Mondialiè diventato capocanno-niere, giocando un’otti-ma competizione, ma, al-la fine, la vittoria è statadei baschi che si sonoimposti per 1-0 con ilgoal decisivo di AndresIniesta. Per mesi i prono-stici hanno fatto la loro,favorendo più giocatoriin tempi diversi in vistadi un’annata dove, a dirlatutta, non c’è mai statoun netto supremo, matante nuove novità nelpalcoscenico europeo emondiale. Andiamo al-l’assegnazione, 10 Gen-naio 2011, scontato ilpremio al miglior allena-

Da pallone d’oro a cucchiaio di legno

Premiato l’argentino fra mille polemiche, secondo pallone d’oro consecutivo.

Benito Tarantino è un

ragazzo di 17 anni nato

il 15 dicembre 1993 a

Praia a Mare, provincia

di Cosenza. E’ un ragaz-

zo con la passione per le

due ruote.. passione per

la quale investe il suo

futuro: diventare un mo-

tociclista di un certo ca-

libro. Fino ad ora ha

partecipato a campiona-

ti italiano cominciando

a correre nelle Minimo-

to per poi accedere a ca-

tegorie nazionali di

maggior spessore dove

sono arrivati i primi ri-

sultati partecipando ai

seguenti campionati:

- Mini GP categoria

Open, primo classifica-

to stagione 2007/2008;

- Trofeo Kawasaki 250

categoria Stock, primo

classificato stagione

2 0 0 8 / 2 0 0 9 ;

- Trofeo Kawasaki 250

categoria Super Sport,

primo classificato sta-

gione 2009/2010;

Dallo scorso anno,

inoltre, gareggia per il

Team Velocisti di Ve-

nezia, affrontando un

percorso motociclisti-

co che gli darà l’op-

portunità di crescere

accanto ai propri col-

leghi. Quest’anno af-

fronterà il campiona-

to italiano velocità ca-

tegoria 600 Stock che

inizierà il 4 aprile

2011 al circuito di

Misano. I timori per

la nuova stagione so-

no presenti: avrà una

nuova moto, molto

più potente, e avver-

sari con qualche anno

di esperienza in più in

questa categoria. Il

suo sogno, come d’al-

tronde quello di ogni

ragazzo che pratica

questo sport, è quello

di approdare nel cir-

cus del Motomondia-

le. Il suo idolo è l’au-

straliano Troy Bayliss

e tifa per Valentino

Rossi. Il suo numero,

quello sulla sua moto, è

il 34, scelto sì dalla so-

rella ma che è stato il nu-

mero di un altro motoci-

clista conosciuto a livel-

lo mondiale: Kevin

Schwantz. Speriamo che

un giorno questo nume-

ro, oltre ad accostarlo al

grande Schwantz, lo

possiamo affiancare an-

che a lui.. buona fortuna!

Rova Impieri

tore dell’anno (Josè Mou-rinho,), si passa a quello,che fino a poco tempo fa,veniva considerato ‘il pre-mio al miglior giocatoredell’anno’, Josep Guar-diola annuncia il vincitore:Lionel Messi. Momenti incui i silenzi fanno da unicosottofondo per ricoprirel’inattesa scelta, che è stataconsiderata da molti opi-nionisti. Sensazione che laFIFA abbia premiato il fe-nomeno argentino in meri-to alle sue doti globali, madi fatto, l’attaccante delBarcellona, premiato colPallone D’Oro anche nel-l’anno 2009, quest’annonon ha fatto una stagioneda protagonista assoluto,anche se i meriti ci sono,‘La Pulce’ non è mai statodecisivo nelle partite in cuiBarcellona e Argentina so-no state sbattute fuori (ri-spettivamente da Cham-pions, causa Inter, e dalMondiale, contro la Ger-mania), ed i vari PalloniD’Oro che avevamo vistoassegnare in questi annierano per meriti puramentestagionali. Il nome è unacosa, ciò che fa, è un’altra.Un’assegnazione sbaglia-ta, a discapito dell’eroespagnolo Iniesta, e al lea-der nerazzurro Sneijder.

una struttura così grande con

porte e finestre chiuse, ridot-

ta a residenza per topi. Que-

sto è quanto hanno provoca-

to le autorità locali che nulla

hanno saputo fare per salva-

Raffaele Cianni

Assunta Aurelio

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SPECIALE FESTA DELLE MATRICOLE 4ANNO 2 NUMERO 2MARZO 2011

PAGINA

Il 21 Dicembre 2010si è tenuta, presso ilocali della Vecchia

Fattoria, gentilmente of-ferti dal proprietario, la“festa delle matricole”,organizzata da I licei diBelvedere Marittimo. Illicenziamento di fine an-no non è mai stato cosìrocambolesco: con la ve-locità di una frecciascoccata, tale manifesta-zione è sicuramente “vo-lata di bocca in bocca”,direbbe De André, fino adiventare, a tutto diritto,un evento mondano.Canti e coreografie adallietare gli animi deipresenti, rappresentazio-ni allestite dagli studen-ti, aiutati dai vari tutorche la scuola quest’annoha adottato come figli.Un vero e proprio palco-scenico, la sala da ballodella discoteca, dove iragazzi hanno racconta-to i loro sogni attraversoil ballo e la musica. Lascuola di Belvedere, in-somma, sembra volerpercorrere la strada delsuccesso, per così dire,hollywoodiano di alcuninoti Istituti, ambendo adiventare quasi succeda-nea del modello ameri-cano: comunicazione ci-bernetica e cura dell’im-magine sono infatti ipunti cardine del pro-gramma ufficioso diquest’anno, ma quali so-no i margini entro cuioperare? Non è sbagliatocercare una soluzionecomune tra le novità diun’epoca, che pone da-vanti a sé un mondo vir-tuale e fanatico dell’e-stetismo, e le esigenzeparticolari degli alunni.

Ma se la corda viene ti-rata troppo, rischia dispezzarsi. Allora, la so-luzione più opportuna èquella di rincorrere lenuove tendenze, ma en-tro determinati limiti.Che la cura dell’imma-gine non diventi narcisi-smo, che non soffochil’obiettivo principaleche ogni scuola dovreb-be perseguire: lo studio.Una festa è pur sempreuna festa, una scuola unascuola. Ciò che non sideve perdere è il limiteche le contraddistingue.Non è il caso, ovviamen-te, de I Licei, che riman-gono comunque, senzaombra di dubbio, unodei punti di riferimentopiù importanti per i gio-vani del territorio, unluogo di ritrovo, una ca-sa che offre numeroseopportunità di crescita,che è da sempre la cosapiù importante.

Apocalittiche di-scese di cavalie-ri blasonati

brandenti lame illumi-nate squarciano il tram-busto “discotecante”,l'occhio sceglie la vir-ginea dama dalle “bat-tenti” ciglia, dal sorri-so luccicante. Incoro-nazioni, intrighi, tradi-menti all'aurea corte“Bellumvideriana”. Iltanto bramato istanteesplode nei frizzi e neilazzi, macchia i diva-netti della “fattoria”dove distrattamente an-noiate, senza “spleen”,osservano divertite ilfluire del tempo velocele greggi, tra espressio-ni maccheroniche e di-sarmanti frivolezze, igiullari volteggiano, in-chino su inchino, esila-rante avventura. Di ve-detta (in) fide guardieaccorte, consapevol-mente inconsapevoli.Tuona il sovrano bat-tendo lo scettro sull'in-sofferente pavimento,l'oro non copre la terra

arida, brilla, ma nongermoglia. Baldanzosefanciulle celano all'om-bra di ventenni piumatile risa di scherno, ilsottile, malevolo verbo.Nelle segrete, sotto laluce, nell'aria pesante escura un tintinnio di ca-tene, la polvere sale,riempie il vuoto vorti-coso. Nel buio gemiti,respiri, cigolii. La festatra menestrelli assona-ti, cortigiani sfiancatidalle danze tribali,chiude le porte al buoncostume comune. Dellacaotica sala in movi-mento resta qualche fo-glia stropicciata da unaltisonante, stonata ta-rantella che affoga nel-le fetide acque dellaviltà.

I Licei di Belvedere succedanei delmodello americano.

Alla corte degli erori decadenti

Sara Gentile

Luigi Calafiori

FESTA DELLE MATRICOLE

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SPECIALE FESTA DELLE MATRICOLE

Martedi 21 di-cembre i ra-gazzi de “I li-

cei” di Belvedere Ma-rittimo si sono ritrovatinei locali della “Vec-chia fattoria” per fe-steggiare le matricoledell’anno scolastico2010/2011. A questoevento hanno parteci-pato anche le scuolemedie diBuonvicino,Santa Ma-ria del Cedro,Orsomar-so,Praia a Mare e SanNicola Arcella. La salaera gremita di ragazzi.Durante la festa gliospiti hanno visionatoun video riguardante leattività della scuola eassistito a delle perfor-mance preparate daglialunni. Alcuni di essi sisono esibiti in vari ge-neri di balli,altri invecehanno suonato e canta-to. Durante i festeggia-menti due allievi hannoricevuto un attestato dimerito per aver presola magna cum laude(100 e lode) agli esa-mi di stato dell' annoprecedente. La festasi è conclusa con iringraziamenti daparte del Dirigentescolastico Prof.ssaMaria Grazia Cian-ciulli che ha auguratobuone feste a tutti. Lapreside gentilmenteha risposto alle do-mande che le abbia-mo fatto:"Ci puòspiegare l'importanzadel tutor?".La presideha risposto:"il tutorha una funzione di

supporto per lo studen-te e assume il compitodi introdurre il ragazzonella scuola e aiutarlonei momenti di biso-gno". Alla domanda:"Perchè è una festa de-dicata a loro?" La pre-side ha dichiarato:"Per-chè è un momento diaccoglienza,è necessa-rio creare un clima fa-vorevole di inserimen-to per agevolare la so-cializzazione visto chenella nostra scuola i ra-gazzi provengono dadiversi comuni". Infinealla domanda:" Qual'èil suo augurio per lematricole?". La presideha risposto:"Auguro unfelice anno nuovo e chesia un anno di crescita edi realizzazione perso-nale".

Marta Silvestri

FESTA DELLE MATRICOLE

Momenti di accoglienza, riflessione e divertimento...

Giorno 21 Dicem-bre 2010 si è te-nuta presso i lo-

cali della “VecchiaFattoria” “La festa del-le matricole”, eventopreparato e voluto daglistudenti de “I licei diBelvedere Marittimo”.Lo scopo della festa èstato quello di acco-gliere in primo luogogli alunni delle scuolemedie dei paesi limitro-fi, e poi è stato un mo-do come un altro percondividere spunti diriflessione e momentidi svago. La festa è sta-ta un mezzo mediantecui gran parte degli stu-denti hanno avuto lapossibilità di mettere inluce il proprio talentonelle varie disciplineartistiche. Gli inse-gnanti incaricati nellacoordinazione dellospettacolo hanno as-sunto un ruolo fonda-mentale per la buona

riuscita della giornata.Il tutto si è svolto al-l'insegna della gioia edel divertimento. Lamusica nelle sue varieforme ha padroneggia-to nell'intero spettaco-lo, con essa gli alunnihanno cercato perquanto possibile di co-municare messaggi im-portanti e profondi. Ciòche ci ha animato espinto è stata la vogliadi mettere in musica lanostra interiorità, i no-stri sentimenti le nostresperanze, e soprattuttola nostra passione. Lelinee melodiche unitealla profondità delleparole hanno dato vitaad uno spettacolo checi ha visti cantori, stru-mentisti ma soprattuttoprotagonisti di un even-to in cui l'arte unita al-l'emozione hanno do-minato il palcoscenico.

Giusi Minervini

5 ANNO 2 NUMERO 2MARZO 2011

PAGINA

Eugenio Undicino

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Nello scorso nu-mero abbiamoconcentrato la

nostra attenzione sull’a-spetto morfo-sintatticoutilizzato come tradeunion fra la lingua latinae quella italiana. In que-sto invece preferiamodelineare i tratti di unmetodo utilizzato perl’apprendimento di unalingua madre. Quanti divoi hanno detto che il la-tino è una lingua che nonusa più nessuno definen-dola addirittura “mor-ta”? Sicuramente tutti.In parte avete anche ra-gione perché in Italia illatino si studia come unalingua “morta” dato chei fenomeni linguisticivengono ancora fatti ap-

prendere agli studentisecondo i modelli tradi-zionali. Infatti nellescuole italiane si studia-no i costrutti latini soloper tradurre frasi e ver-sioni e non si hanno ap-plicazioni a livello par-lato. Invece il metodoØrberg, che viene uti-lizzato da alcune nazionicome l’Inghilterra perstudiare il latino, è radi-calmente diverso daquello tradizionale per-ché gli studenti lavoranoprima su un contesto lin-guistico, da cui poi, divolta in volta, sono invi-tati a dedurne le normee, quindi, obbliga glistudenti a consolidareuna rigorosa conoscenzadella morfologia e della

sintassi latina. Allora cichiediamo perché in In-ghilterra, la cui linguanazionale non deriva dallatino, quest’ultimo sistudia con un metodo in-duttivo mentre in Italia,dove parliamo una lin-gua che deriva da esso,questo non avviene? Dicerto questo metodo nonfarà tornare il latino inauge, ma almeno nessu-no potrà insinuare che èuna lingua “morta”. No-nostante i metodi anti-quati di apprendimentoutilizzati nel nostro Pae-se noi crediamo che illatino vada studiato conmolta attenzione datoche cultura è sinonimodi tale lingua.

babel 6anno 2 numero 2

marzo 2011Pagina

Davide Perrone

L’utilità del latino nel 2011 (in secundis) Siamo donne

L’evoluzione coltempo ha portatoalla parità dei

sessi,in altre parole:noidonne abbiamo più au-torità,come gli uomi-ni;loro di conseguen-za,sono diventati sem-pre più simili alle don-ne. Fino a una decinadi anni fa,la canzoneche rappresentava me-glio le donne era quel-la famosa di Jo Squilloe Sabrina Salerno. Vela ricordate:”Siamodonne,oltre alle gambec’è di più…”. Ecco,ioin questi giorni guardola tele e penso:”Siamodonne,oltre alle gambenon c’è quasi più nul-la.” Rien de rien. Dicoio,ma è possibile chenelle pubblicità le don-ne siano così deficien-ti? Perché devono farcisembrare delle svampi-te che,senza arte néparte,si ritrovano a farecose senza senso?!Ora,lasciamo perdere levallette che in tv bastache mostrino le lorograzie per portarsi a ca-sa uno stipendio che dasolo sfamerebbe duefamiglie. Prendiamo lesemplici pubblicità. Peresempio,quelle degli

corso. Evidentementel’olezzo suscitato da que-sti lavori arriva fino alledelicate narici delle ra-gazze nello scomparti-mento che,intelligente-mente,coprono l’odoremettendo sui condiziona-tori un assorbente. E ri-dono come matte. Robada farti cadere le braccia.Da quando un assorbenteprofuma? E chi farebbemai una cosa così fuoriluogo? Certo non noi.Siamo donne.

assorbenti. Allora,è ve-ro,in quei giorni lì noisiamo un po’ intrattabi-li,ma non perdiamo la ra-gione. Quindi perché nel-le pubblicità degli assor-benti le donne sono intel-ligenti come una scatoladi cartone? Ho il ricordodi uno spot,dove un ma-nipolo di fulgide idiote,siritrovava a fare un viag-gio in treno,per andarenon si sa dove. Cosa suc-cede? Succede che il tre-no si ferma e alla ferma-ta ci sono dei lavori in Sara J.

Not good enough

E’ iniziato tuttoquasi per scher-zo. E’ iniziato un

giorno, un pomeriggio,mentre mi rendevo con-to di star mangiandotroppe fette di torta.Andai in bagno , chiusila porta alle mie spalle.Una mandata, due man-date. D’istinto apriil’acqua nel lavandino ,non volevo dover darespiegazioni. A quelpunto tutto divenne pe-ricolosamente facile :mi abbassai , infilai duedita in gola, giù, finoalla fine. E mentre ve-devo scorrere lungo lepareti del cotto rosaquello strano fiumemarrone, poltiglioso epuzzolente ero felice dime stessa, perché ave-vo trovato la soluzioneai miei problemi.Hosempre odiato il mioaspetto fisico e, di fatti,tutti mi hanno semprepresa in giro a causadei miei 54 kg che chis-sà perché sembranomolti di più e pesanocome il piombo. Odioguardarmi allo spec-chio perché quella pan-cia e quei fianchi nonne vogliono sapere di

andarsene e fanno a ga-ra per mettersi in mo-stra, se appena appenaindosso una magliettapiù aderente. Salire sul-la bilancia per me nonesiste così come nonesiste mangiare nullasenza aver calcolatoogni singola caloria.Non esistono pizze, tor-te , gelati. E quando lamia forza di volontàviene meno, è il panico.Divento nervosa , in-trattabile, inizio a dete-starmi , perché non rie-sco a non cedere allemie debolezze . vorreiperfino ritornare indie-tro nel tempo e impe-dirmi di mangiare. Eappena sono sola, scap-po in bagno per tentaredi rimediare alla miacattiva azione. E ognivolta è una corsa con-tro il tempo, perché iltempo mi è nemico.Perché più tempo passada quando ho mangiato, più diventa difficilebuttare fuori tutto, piùdevo spingere giù, piùmi manca il respiro.Quante volte ho cercatodi “ arrivare più lonta-no ”, strozzandomi evedendo il fiume colo-

rarsi di rosso . Non homai capito se sia colpadelle unghie che graf-fiano la gola se puniscotroppo il mio corpoche… in cambio mi re-gala sangue.All’inizioera tutto perfetto. Poivomitare ha iniziato aprivarmi di qualsiasienergia, allora piange-vo perché temevo dicollassare. Ed è andataanche peggio quando,oltre al cibo , ho inizia-to a vomitare la mia tri-stezza , la mia rabbia,la mia delusione. Comese si potesse veramentevomitare il male che sisente dentro ! Ma, pa-radossalmente, stavobene . Un attimo ditranquillità pura, cuiseguivano ore intermi-nabili di morte interio-re . Non ero più io…Hocercato di venirne fuorimilioni di volte, ma…ogni volta mi sento co-me intrappolata comein una camera di vetriappannati, grido aiuto,ma non abbastanza in-tensamente da poterfarmi sentire dal di fuo-ri. E nessuno si chiedemai cosa ci sia dentroai miei sorrisi, nessunosi avvicina così tantoalla mia finestra spor-ca…Intanto continuavoa provarci . E questavolta sono convinta diriuscire , di poteresmettere. Ho promessoa me stessa di… non loso , questa volta lo de-sidero veramente . Nonvoglio più lasciarmicondizionare dalle miestupide manie di perfe-zione , di conformismoestetico. Non vogliopiù essere bulimica.

3 S

L’estate 2010, primaper temperature traquelle rilevate da un

secolo a questa parte, nonsolo ha sciolto tutta la ne-ve caduta, ma ha continua-to a erodere le lingue gla-ciali. Però ci sono anchebuone notizie: le tecnichesperimentate per salvare ighiacciai funzionano. Ec’è chi riesce anche acrearne, ex novo, di artifi-ciali. Su un ghiacciaioCiardoney, non protetto,che si estende sul versantecanavesano del Gran Para-diso, durante lo scorso in-verno sono stati misuratida 4300 a 5400 mm di ne-ve, che possedeva ancheuna forte densità (400 kgper metro cubo). Nono-stante ciò a fine stagioneestiva non solo si erasciolta la neve caduta, maanche il ghiaccio sotto-stante era diminuito dai 15ai 90 cm di spessore. Co-me mettere un freno a que-sto ritiro? Applicare un te-lo geotessile per protegge-re parte del ghiacciaio dairaggi solari. ChewangNorphel invece è un inge-gnere della protezione ci-vile del Ladakh, una re-gione al nord dell’Indiaracchiusa fra Karakorum e

Himalaya. Là i ghiacciaidelle più alte vette del pia-neta sono la fonte primariadi acqua per gli agricolto-ri delle vallate sottostanti,dove la piovosità non su-pera i 50 mm all’anno.Purtroppo, però, l’acqua discioglimento dei ghiacciaiarriva solo a partire da lu-glio inoltrato, quando ètroppo tardi per avere rac-colti rigogliosi. I campi,infatti, hanno bisogno dimolta acqua, soprattuttotra marzo e aprile, all’epo-ca della semina. Per risol-vere questo problemaNorphel ha creato minighiacciai artificiali a quo-te più basse in modo chequesti si sciolgano già nel-la tarda primavera. Il siste-ma sfrutta piccoli corsid’acqua, attivi tutto l’an-no: l’acqua è deviata versovalli ombrose dove sonocostruite dighe di pietrache creano vasche di po-che decine di metri qua-drati. Perché l’acqua rac-colta in queste pozze sitrasformi in ghiaccio è suf-ficiente che la temperaturascenda durante la notte an-che di pochi gradi sotto lozero. L’operazione vieneripetuta più e più volte, co-sì che il ghiaccio si accu-

mula fino a spessori cheraggiungono anche ilmetro. I vantaggi che sipossono ricavare da si-mili ghiacciai sono nu-merosi. Innanzitutto,possono essere costruitivicino ai campi che ne-cessitano di acqua; poi,proprio perché non sonograndi, si sciolgono fa-cilmente non appena latemperatura sale oltre glizero gradi. Infine nonhanno alcun impatto sul-l’ambiente, sono rinno-vabili anno dopo anno ei loro costi sono inferio-ri, anche di un decimo,rispetto a invasi artifi-ciali che contengono lastessa quantità di acqualiquida. Per quanto inge-gnosi, però, i teli protet-tivi e i ghiacciai artifi-ciali non sono la solu-zione definitiva per fer-mare l’arretramento deighiacciai del pianeta: illoro salvataggio si potràprobabilmente avere so-lo attraverso uno stop ef-ficace al riscaldamentoglobale del clima.

Ghiacciai: una fonte di vita

Francesco Branda

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babel 7anno 2 numero 2

marzo 2011Pagina

stranamente decisi di fare ungiro per il mio istituto. Misoffermai su vari particolariche, in cinque anni non ave-vo mai notato. E poi eccomiqui, la campanella è suonataed è finito tutto, come un in-cantesimo che si rompe o il

Sono passati al-l’incirca sei mesidal mio ultimogiorno di scuolae lo ricordo comese fosse ora. Pri-ma del suonodella campana

Zampilli di inchiostroUna serie di omicidi mac-

chia pagine; l’inchiostrotiene integra la mente e loscorrere delle dita – comeun coltello ed il sangue.Così si dipinge la chiave diquesto legame.L’ossessivaprecisione si spalma lungoil nero; l’estensione di pen-sieri, dalle vene all’artificioumano della penna, prendela Vita, abbraccia la Morte:follia.Densa e scura, comeuno sguardo – e fredda, dacorpi e dita consumati.

È carne. Inspira. È propriocarne, che buon odore.Labusta di plastica, silenzio-sa, si lacera ad ogni vertigi-ne a cui è sottoposta; metrida terra e centimetri daidenti, questo malsano can-n i b a l i s m o .Siamo tutti carne. Quasi.

Quello di cui siamo fatti èla causa di ogni nausea; poila terra vomita e tutto siriempie di sangue. Siamo ilsuo tumore.Quell'animaleavrebbe dovuto guardarsimorire; le pozze al postodegli occhi in cui sguazza-no i suoi anfibi – un salto,un altro, oh bimbo cattivoti sporcherai tutto.È questo,che avrebbe dovuto vederequell'animale: il vaneggia-mento dei suoi occhi cheaffogano, nascono bolle,fantasie soffocate che poiesplodono. Nel modo piùsilenzioso che ha una vitadi urlare.È tutto qui: guardanel mare e guardati affoga-re, è come guardarsi negliocchi quando si muore; so-no gli stessi atomi – mi cre-di? Allora ti uccido – che siscontrano, più veloci, più

pesanti e – Inspiri ogni atomoche ingoi tentando di respira-re. È la tua carne.Animale,dovresti guardarti morire.Lacarta è bagnata – è sangue, losai? È strano, lo sai. Sembraun acquarello. Forse puoi pro-vare a dipingerci dei papaveri.Tirala fuori.Il richiamo forteche sente nelle narici le stri-

scia nel cranio; quando arrivaal cervello è già tutto sul ta-volo, già tutto aperto, tra lemani, le dita – è sangue.Sei un animale.Hai le dita

maldestre tra le interiora e gliatomi mentre negli occhi siimpicca il tuo senno. Polsisulle tempie, questo legamedi denti e saliva; divora, ani-

cose importanti che gli era-no rimaste nella vita,le uni-che che quella sera poteva-no togliergli il respiro e ri-darglielo contemporanea-mente. Pensava a quella

In quei giorni si aspettavala pioggia a Leblanch. Ilviandante era ancora lì, di-steso su quell’immensoprato verde. Non era anco-

ra pronto per compiere lasua missione e allora stavalì,immobile,come se con-templare il cielo infinitofosse un’attesa ansimanteverso l’arrivo della notte.

Era ancora così chiaro dapoter vedere il giardino fi-no alla sua insenatura: inquel periodo dell’anno nonfaceva mai buio a Leblan-ch. Pensava. Pensava alle

male, divora.Povero uccel-lo – per ogni tuo taglio trarespiri e nuvole, una gocciadi petrolio ti incolla le piu-me e le zampe e – I tuoi oc-chi si muovono, nascondi iltuo vizio tra i capelli e lestelle; stai diventando undemonio e tingi i papave-ri.Visioni di leoni e canini,tra l'oppio e le labbra, ed icorpi – ossa, pelle, muscolie poi morsi. Hai l'occhiodel felino, uccidi la ragione

e lecchi via lamorale da ognisquallido carto-ne.Sbavi rabbiasul tuo viso, finsulla fronte,macchi l'equili-brio tra la vistagià buia.Lapuzza di vomi-to è poi insop-portabile.Io mip e n s o .Tra il cervelloed i nervi ho

uno specchio: straziantecome unghie tra i muri dicella dove lo so lo so aiu-to! Mi chiuderanno nellapazzia.Ondeggio.Dentro – oltre le ossa, sen-za macchine, si sente il ri-gurgito che sale: la miaconsapevolezza, schifata,già rifiuta un gesto insensa-to. Ho mangiato della carnecruda ed era buona, sapevadi morte e poi di violen-za.Ci sono solo avanzi didisgusto, mischiato alla bi-le ed al resto di me; all'ac-qua che riempie tutti noiche ora è rossa e sembrasangue – e mi soddisfa per-ché ci vivo, ma se dovessirespirare nelle vene morireieppure - respiro per vive-re.Il segreto dell'uccidere sinasconde in questo scem-pio.

Alessia Zumpano

notte continuando a tortu-rarsi quelle unghie come sefossero loro la causa deisuoi graffi,e non la sua vo-lontà autolesionista. Erasdraiato lì acontemplarla notte,domandavaal silenzio ediscuteva lepossibili ri-sposte mu-gugnandofra sé e séed era unasorta di for-za di gravità che spingevagli angoli della sua bocca ainclinarsi irrimediabilmen-te verso l’alto. Accompa-gnò questi pensieri con unmovimento della manoquasi a volerli scacciarevia. Annuiva ma quali fos-sero i suoi pensieri non sisapeva. Guardava quellaluna bianca che riflettevaquella sua luce così chiarasull’unico alberello che viera in quel giardino alla suasinistra. Non possiamo di-mostrare cosa ci dice la co-scienza, ma lo sappiamocomunque. Il viandantequesto lo sapeva. Erano lequattro e mezzo, lui era an-cora ridotto all’ombra di sestesso. Si era visto costret-to ad affrontare da solo larealtà e ad accollarsi il la-scito dei ricordi, compitosuperiore alle sue forze.Era con l’anima e il voltoavvelenati dal rimorso. Unsogno ingannevole, unaterra di sciacalli e lui nonaveva resistito. Era quasiun mendicante con in pu-gno un grumo di amarezzee fallimenti ossessionatodal rimpianto di ciò che era

stato. Sembrava invecchia-to, trasandato, privo di tonomuscolare ma era soloquella notte, quella male-detta notte di sputi e pen-

s i e r i .N o nbronto-lava più,a v e v aaffidatoal silen-zio las u aemozio-ne ma ilv i s o ,

quel viso, raccontava tantecose non con tono di rim-provero, solo con unaprofonda stanchezza. Sem-brava una punizione divinala sua vita. La colpa era lasua, aveva imparato a men-tire e le sue labbra conser-vavano ancora l’amaro del-le sue ultime brontolate pa-role. Bellezza pura irruppenel cielo e, come miele de-stinato alla sua bocca, unagoccia toccò il suo labbro.Distese le braccia come peracchiappare e assaggiare lapioggia che continuava acadere con una dolcezzauniforme, attutita. La senti-va mentre posò le sue brac-cia nel prato, mentre gli oc-chi si chiudevano, mentredormiva. Accompagnò isuoi sogni come una radiomal sintonizzata che, rima-sta accesa durante tutta lanotte, trasmetteva unosconclusionato rumorebianco che lasciava appenaintuire i bisbigli in linguestraniere e i frammenti dimelodie sconosciute. A Le-blanch,quella notte, si

Maria Rita D’amico

risveglio da un bel sogno.Davvero un bel sogno. E’proprio vero che uno riescead apprezzare il valore dellecose quando sono passate,quando sono finite. Ed io,fortunatamente, posso affer-mare che i miei cinque anni

me li sono goduti tutti. Siè vero, se mi guardo in-dietro più di una volta midefinisco uno stupido peri vari errori commessi;mali rifarei tutti, dal primoall’ultimo, perché mihanno aiutato a cresceree, si spera, a non com-metterli più. Ho avutol’occasione di conoscereprofessori, compagni etanti amici che si sono ri-velati persone meravi-gliose. Avrò il piacere diportarle sempre nel micuore. Ora, lasciando daparte questo mio animomelenso, mi ritrovo cata-pultato sui libri di storiadel diritto romano chesono brutti da vedere, ol-tre che da studiare, e cheper il momento non sem-brano avere un’ultimapagina. All’università hodei professori eccellenti

che però sembrano degli I-pod, con i pulsanti play e

stop. Non si fermano davan-ti a nulla, in classe può scop-piare anche una guerra civileche il loro unico obbiettivoresta terminare il libro. An-che l’università ha i suoiaspetti positivi, non frainten-detemi, come ad esempio lapossibilità di uno studio au-tonomo. Alcune volte troppoautonomo. Si perché questopuò rivelarsi controprodu-cente se ci si rilassa troppo.Se devo darvi un parere one-sto a me manca la scuola. Mimancano i banchi tutti scrittidove non si può la mano sot-to perché corri il rischio diimbatterti in gomme da ma-sticare fossilizzate. Mi man-cano le assemblee d’istitutoche anche se non sempre rie-scono ad essere occasioni diconfronto sono sicuramenteun modo per stare tutti insie-me. E mi manca il suono diquella campanella troppospesso ignorata, che potevasuonare due o tre volte ma icorridori restavano semprepieni. Purtroppo non si puòtornare indietro e non sareb-be neanche giusto, perché lìdovevo starci cinque anni ecosì è stato. Quando mi capi-ta di passare da scuola un po’vi invidio, perché io lì ora so-no solo un ospite ma poi sorri-do perché mi torna in menteche lì ho trascorso gli anni piùbelli della mia vita.

Vincenzo AmorosoUniversità Federico II Napoli

A L e b l a n c h l a t e r r a n o n r e s p i r aScrittura Creativa

Page 8: I : , , . F ! I Licei di Belvedere avranno un nome · 2015-03-31 · agli occhi è artefatto, di-storto come visto dal fon-do di un bicchiere, si assi-ste allLaggirarsi di questi

babel 8anno 2 numero 2

marZo 2011Pagina

BACHECA

Belvedere – Eccel-lente il risultatoconseguito da “I Li-

cei” di Belvedere Maritti-mo, nella prima fase eli-minatoria delle “Olimpia-di della Cultura e del Ta-lento – Premio Oriana Pa-gliarini”, svoltasi online loscorso 25 gennaio sullapiattaforma “netlearning”della “Molise spa”. La ga-ra, patrocinata dalM.I.U.R. e dal Ministerodella Gioventù e quest’an-no ormai giunta alla suaseconda edizione, ha vistocompetere tra di loro ben316 squadre appartenenti

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Olimpiadi della cultura: due squadre del liceo classico ammesse alle semifinali nazionalia 79 diverse città d’Italia,che hanno così potuto sfi-darsi su una prova compo-sta da 50 domande di logi-ca e cultura generale intrentacinque minuti ditempo. Quattro le squadrepartecipanti del nostro isti-tuto, ognuna composta dasei componenti; solo duetra queste, tuttavia, sonostate in grado di accederealle semifinali nazionali: i“Maneba” della classe VG (Giulia Minervino, Mi-chele Miscia, Luigi Cala-fiori, Marina Imperio, Ma-ria Pia Biondo insieme aGianluca Grimaldi della

classe V I) e “ I Saggi Ter-roni” della classe III G(Alessia Mollo, Sara Pon-te, Valentina Rizzaro, Ales-sandra Cairo, Mario Trica-rico Rosano). Le squadre sisono non soltanto distinte alivello regionale, ma addi-rittura nazionale, riportan-do – nel caso della primasquadra - il primo postocon un punteggio di100/100 parimenti ad altre8 squadre italiane. Grandesoddisfazione, però, ancheper l’altra squadra del liceoclassico, che ha conquista-to un’ importante quarta po-sizione. Superata questa

prima fase, il secondo turnodella gara si terrà a Civita-vecchia il 7 marzo a bordodella nave “Cruise Barcello-na”, dove i concorrenti avran-no la possibilità di pernottaredalla notte prima.L’organizzazione hagià specificato le mo-dalità di svolgimentodelle semifinali: quat-tro test rispettivamen-te di logica, lingua eletteratura italiana, at-tualità mista a do-mande di musica egeografia ed infineuna prova a sorpresa.

Arena GiuliaBranda Francesco

Calafiori LuigiCianni Raffaele

Prof.ssa Daniela CalominoProf.ssa Annalisa Basile

Dott. Antonello Troya

Responsabili RedazioneFrandina RosarioGazzaneo Lucia

Gentile SaraImpieri Rova

Minervini GiusyPerrone Davide

Pinzaru AlexandraSilvestri Marta

Terranova MarziaUndicino EugenioZumpano Alessia

Mandato GionatanPerrone Luca

Tovi questo numero su:www.liceobelvedere.com

Grafica a cura di

Le squadre a contendersil’accesso alla finalissimasaranno stavolta solo 100,delle quali solo 30 potran-no successivamente recar-si il 4 aprile a Tolfa (RM)

per mostrare tutte le loroabilità e il loro talento.

Michele Miscia

Perché la Pasqua non è sempre lo stesso giorno?

All'inizio del Cristianesimo, la risurrezione (e quindi la Pasqua) era ricordata ogni domenica. Successivamente, la Chie-

sa cristiana decise di celebrarla soltanto una volta l'anno, ma non tutti erano concordi per stabilire una stessa data dell'e-

vento.Le controversie terminarono con il concilio di Nicea nel 325 d.C., che affidò alla Chiesa di Alessandria d'Egitto il

compito di decidere ogni anno la data.Partendo dalle norme dei concilio di Nicea, per le quali la Pasqua doveva cadere

la domenica seguente la prima luna piena di primavera, oggi la data si calcola scientificamente, sulla base dell'equinozio

di primavera e della luna piena, utilizzando per il computo il meridiano di Gerusalemme, luogo della morte e risurrezio-

ne di Cristo.

La data si trova sempre tra il 22 marzo e il 25 aprile. E' da notare come la data della Pasqua ortodossa non coincida con

quella cattolica, perché la Chiesa ortodossa utilizza per il calcolo il calendario Giuliano, anziché quello Gregoriano. Per-

tanto, la Pasqua ortodossa cade circa una settimana dopo quella cattolica.

Che cosa è la Psicostasia?

La pesatura dell'anima, ossia il giudizio

divino dopo la morte. Partecipavano al

giudizio Thot, Anubi, Osiride e 42 giu-

dici, usavano una bilancia per controlla-

re la veridicità della confessione del de-

funto. Su un piatto il cuore (la coscien-

za), sull'altro la piuma della Dea della

giustizia Maat. Se il primo è più pesan-

te, il defunto è condannato a essere di-

vorato da un mostro. Se, al contrario, ri-

sulta più leggero della piuma, è salvo.

La presenza di una bilancia connessa al

concetto di valutazione della verità, giu-

stificherebbe il fatto che proprio tale

simbolo sia stato poi scelto, ancora ai

nostri giorni, per indicare, appunto,

l'imparzialità della giustizia.

Il mitologico Talo era stato...Il mitologico Talo era stato posto dal re Minosse a guardia dell'isola di Creta.

Gli stranieri che vi si avventuravano, non avevano alcuna possibilità di scampo:

dopo aver arroventato il proprio corpo, che era di bronzo, egli li serrava fra le

smisurate braccia, bruciandoli vivi. Venne ucciso dalla maga Medea: ella riuscì a

farlo addormentare con un sortilegio e poi recise la membrana che, all'altezza

d'una caviglia, chiudeva l'unica vena del suo corpo.

Alcune tribù

africane si ta-

tuano

Alcune tribù afri-

cane si tatuano

non per ragioni

estetiche, ma per-

ché sono convinti

che gli dèi proteg-

gono dalle ferite

dei nemici le parti

dei corpo tatuate.

Gli indigeni di TahitiAnticamente, gli indigeni di Tahiti,

l'isola della Polinesia, non seppelli-

vano i loro morti: li deponevano su

tavole ad una certa altezza dal suo-

lo, lasciandoli in pasto agli uccelli

rapaci.

Anche gli inglesi hanno una loroAnche gli Inglesi hanno una loro torre pendente: è

quella con il «Big Ben», del Parlamento di Londra,

inclinata verso il Tamigi. L'inclinazione va imper-

cettibilmente ma progressivamente aumentando:

due centimetri e mezzo in ogni secolo.

Nel prossimo numero :

“Reportage dall’Inferno”Viaggio attraverso i sette vizi capitali dei giovani.

Un'opportunità in più!Quest'anno la nostra scuola si è mostrata an-

cora più vicina dei precedenti anni alle esi-

genze culturali degli alunni. Infatti, le attività

extrascolastiche regolate dal Programma

Operativo Nazionale (PON) sono: “Scienze

on stage”, “I macrovertebrati come indicatori

dell'ambiente dei corsi d'acqua”, “Ayer, Hoy

Y manana”, “Preparazione all'esame PET”,

“Dal Teatro alla Vita dal Teatro alla Vita” ,

“Olimpiadi della matematica”. La formazio-

ne degli alunni, come sempre, è al primo po-

sto.

AleGiulia , Sara , Luigi