I disegni di Helga

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Oggi vi vogliamo proporre alcune immagini disegnate da Helga, una bambina internata a Terezine poi ad Auschwitz, e che ha saputo documentare in modo molto curato, particolareggiato e semplice la vita del ghetto.

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PRESENTAZIONE DEL LAVORODa ormai dieci anni, nella giornata del 27 gennaio, viene proposto un momento di riflessione, attraverso letture e immagini, su tutte le forme di pregiudizio e razzismo che si sono affacciate nella nostra storia.Vi abbiamo chiesto di esprimere le vostre emozioni dopo l’ascolto di alcune poesie scritte dai bambini di Terezin, ghetto-lager vicino a Praga, dove sono stati internati 15 000 bambini, per i quali gli adulti presenti avevano organizzato una scuola interna, in modo da coltivare, nonostante le sofferenze, la voglia di vivere.

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Oggi vi vogliamo proporre alcune immagini disegnate da

Helga, una bambina internata a Terezin e poi ad

Auschwitz, e che ha saputo documentare in modo molto

curato, particolareggiato e semplice la vita del ghetto.

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PRESENTAZIONE DEI DISEGNI"Disegna ciò che vedi", furono le parole di mio padre dopo che gli avevo portato di nascosto, all´interno del campo maschile, il disegno di un pupazzo di neve. Era il dicembre 1941, poco dopo il nostro arrivo a Terezin. Il pupazzo di neve sarebbe rimasto il mio ultimo disegno veramente infantile. Spinta dalle parole di mio padre mi sentii chiamata, da quel momento in poi, a rappresentare nei miei disegni la vita quotidiana del Ghetto. Queste immagini, che mi avrebbero profondamente segnato, hanno posto fine alla mia infanzia.

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Quasi tutti i miei disegni li ho realizzati nell´"alloggio delle ragazze" L410, dove avevo

un posto nel piano di mezzo di un letto a castello di tre piani, proprio di fianco alla

finestra, da cui vedevo la strada.

Tenendo un blocco sulle ginocchia disegnavo dal mio letto tutto quello che vedevo e

vivevo. Solo alcuni disegni li ho fatti all´aperto, per strada e nei cortili delle baracche.

Nel trasporto verso Terezin avevo portato con me un blocco da disegno, una cassetta

di acquerelli, pastelli e matite colorate.

I colori mi durarono per quasi tre anni. Il prezioso blocco da disegno che avevo

portato da casa era finito presto e in seguito ho usato qualsiasi tipo di carta mi fosse

possibile trovare. In questo modo ho realizzato quasi 100 disegni.

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“Spero di avere fornito in questo modo una viva,convincente e durevole testimonianza, che possacontribuire a non far cadere il passato nell´oblio e aimpedire il ripetersi”

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Prima di essere deportati gli ebrei dovevano consegnare un inventario di tutti i loro averi. Il disegno mostra mia madre che conta i capi di biancheria nel cassettone, mentre mio padre annota le quantità.

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Il mio primo disegno a Terezìn Io feci arrivare di nascosto a mio padre nelle baracche degli uomini. Egli mi scrisse di rimando : "Disegna ciò che vedi".

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Ad ogni persona era concesso un bagaglio di 50 kg. Una valigia poteva essere spedita, mentre il resto doveva essere portato a mano.

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All´inizio, dovevamo dormire sul pavimento e ogni persona aveva circa 1 metro quadrato e mezzo a disposizione. Più tardi furono costruiti dei letti a castello a 3 piani.

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C´era solo l´acqua fredda e dovevamo usarla con moderazione.

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Anche nelle situazioni tristi si poteva sempre trovare un posto e un po´ di tempo per lo svago. Questo ci aiutava ad evadere, per un momento, dalla dura realtà.

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Ad ogni pasto, tre volte al giorno, si stava in piedi in una fila senza fine.Il "menù", che era molto scarso e monotono. Mattino: surrogato di caffè. Mezzogiorno: patate con salsa. Sera: caffè o minestra, 20 gr. di margarina o un cucchiaino di marmellata, qualche volta un pezzo di impasto di carne.

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Nei dormitori affollati cimici e pulci si moltiplicavano ad altissima velocità e rendevano la vita estremamente difficile, specialmente di notte. I tentativi di eliminarle che furono fatti si rivelarono vani.

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Gli affamati cercavano da mangiare nei mucchi di bucce marce e degli avanzi di cucina.

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Gli anziani erano allo stremo delle forze. Ricevevano razioni di cibo molto scarse e cercavano sul fondo dei paioli gli ultimi avanzi di cibo.

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"Eine Laus - Dein Tod" ("Un pidocchio, la tua morte") minacciavano gli avvisi. In una tale situazione i pidocchi, così come le cimici e le pulci, si moltiplicavano abbondantemente. Rendevano la vita insopportabile e trasmettevano le malattie. Nel tentativo di prevenire c´erano ispezioni e disinfezioni obbligatorie dei capelli.

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Le spaventose condizioni dei servizi igienici e il gran numero di persone costantemente sofferenti di diarrea aveva come conseguenza una perenne sporcizia dei gabinetti. Le porte non si potevano chiudere e fuori c´erano sempre persone che cercavano di entrare.

L´epidemia di tifo si diffuse rapidamente. Non c´erano a sufficienza né acqua né medicine. Molte persone morirono.

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I confini del Ghetto di Terezìn erano limitati da alti terrapieni e da fossati. I contatti con il mondo esterno erano severamente sorvegliati. Attraverso il Ghetto passava una strada divisa da una staccionata. Nell´unico punto in cui c´era un passaggio, c´era una barriera che veniva alzata ogni volta che un "ariano" passava per questa strada. Perciò questa era chiamata la "Strada Ariana".

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Ad Auschwitz, dei nudi tavolacci servivano da letti. Dieci persone dormivano su una tavola dove normalmente ci sarebbe stato posto per quattro. C´era una sola scodella di ministra per tutti e dieci e nessun cucchiaio.

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I fili erano elettrificati. Certe volte i prigionieri ponevano fine alle loro sofferenze su questi fili.

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Alla fine della guerra alcuni campi di concentramento furono chiusi per l´avanzata del fronte alleato. I prigionieri furono trasferiti in altri campi. Erano costretti a marciare a piedi, nel freddo gelido, nella neve con abiti leggeri e senza cibo. Quelli che restavano indietro o cadevano lungo la strada venivano fucilati sul posto.

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Ma i bambini anche al ghetto restavano sempre bambini, con i sogni di una vita migliore, tra giochi, cibo e calore.

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Dopo questi disegni vi proponiamo di creare qualche momento di silenzio e di riflessione su ciò che abbiamo visto assieme.

Al termine di questo vi proponiamo di cantare assieme la canzone “We are the World”, che contiene un messaggio semplice ma importante: il futuro del mondo è in mano a noi bambini; noi portiamo nel cuore l’inizio di un mondo nuovo, senza più guerre, odio e sofferenza.

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