I Della Giovampaola, La provenienza del rilievo di Gallus ai Musei Capitolini

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LA PROVENIENZA DEL RILIEVO DI GALLUS AI MUSEI CAPITOLINI E LE TESTIMONIANZE DEL CULTO DELLA MAGNA MATER NELLAGER LANUVINUS IRMA DELLA GIOVAMPAOLA Donato ai Musei Capitolini nel 1737, poco tempo dopo il suo rinvenimento nel territorio di Civita Lavinia, oggi Lanuvio, il noto rilievo in marmo 1 di sacerdote di Cibele 2 , attualmente Il presente contributo, frutto di una ricerca avviata sotto la direzione scientifica della prof.ssa Maria Pia Muzzioli per il Dipartimento di Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia del l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, costituisce parte di uno studio più ampio sulla topografia dell’ ager Lanuvinus in preparazione da parte della scrivente. 1 Nella letteratura scientifica relativa il marmo, che non si è potuto esaminare, è indicato come: bianco in ENSOLI 2000, p. 515 n. 142; pario in CASSIERI-GHINI 1990, p. 170 e in BALDASSARRI 2008, p. 104; lunense in GORDON 1938, p. 58; in VERMASEREN 1977, pp. 152-153 n. 466 e nella scheda inventariale on line dei Musei Capitolini. 2 GIORGI 1738; FICORONI 1740, pp. 50-51; VOLPI 1747, pp. 190-191; WINCKELMANN Mon. II,1, pp. 7-8 tav. 8; BOTTARI 1782, pp. 67-76 tav. XVI; GUATTANI 1784, pp. 27-28; ZOEGA 1808, p. 98; MILLIN 1821, p. 5 n. 15 tav. LXXXII; BAUMEISTER 1887, pp. 801-802 fig. 867; GRAILLOT 1912, pp. 236- 238; HELBIG 1912, pp. 566-567 n. 987; REINACH, Reliefs III, 207, 1; COLBURN 1914, p. 23; STRONG 1920, pp. 207-210; CARCOPINO 1923, p. 237 nota 3; STUART JONES 1926, pp. 254-257 n. 2 tav. 100; CUMONT 1929, p. 49

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LA PROVENIENZA DEL RILIEVO DI GALLUS AI MUSEI CAPITOLINI

E LE TESTIMONIANZE DEL CULTO DELLA MAGNA MATER NELL’AGER LANUVINUS

IRMA DELLA GIOVAMPAOLA

Donato ai Musei Capitolini nel 1737, poco tempo dopo il suo rinvenimento nel territorio di Civita Lavinia, oggi Lanuvio, il noto rilievo in marmo1 di sacerdote di Cibele2, attualmente

Il presente contributo, frutto di una ricerca avviata sotto la direzione scientifica della prof.ssa Maria Pia Muzzioli per il Dipartimento di Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, costituisce parte di uno studio più ampio sulla topografia dell’ager Lanuvinus in preparazione da parte della scrivente. 1 Nella letteratura scientifica relativa il marmo, che non si è potuto esaminare, è indicato come: bianco in ENSOLI 2000, p. 515 n. 142; pario in CASSIERI-GHINI 1990, p. 170 e in BALDASSARRI 2008, p. 104; lunense in GORDON 1938, p. 58; in VERMASEREN 1977, pp. 152-153 n. 466 e nella scheda inventariale on line dei Musei Capitolini. 2 GIORGI 1738; FICORONI 1740, pp. 50-51; VOLPI 1747, pp. 190-191; WINCKELMANN Mon. II,1, pp. 7-8 tav. 8; BOTTARI 1782, pp. 67-76 tav. XVI; GUATTANI 1784, pp. 27-28; ZOEGA 1808, p. 98; MILLIN 1821, p. 5 n. 15 tav. LXXXII; BAUMEISTER 1887, pp. 801-802 fig. 867; GRAILLOT 1912, pp. 236-238; HELBIG 1912, pp. 566-567 n. 987; REINACH, Reliefs III, 207, 1; COLBURN 1914, p. 23; STRONG 1920, pp. 207-210; CARCOPINO 1923, p. 237 nota 3; STUART JONES 1926, pp. 254-257 n. 2 tav. 100; CUMONT 1929, p. 49

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conservato presso la Centrale Montemartini3, è stato più volte preso in considerazione nella storia degli studi sui culti orientali soprattutto per il soggetto raffigurato4, mentre le modalità di rinvenimento e la sua precisa provenienza, pur descritte all’epoca in modo dettagliato, si sono andate via via sfumando

tav. II, 1 (2006 p. 81, tav. II, 1); CALZA 1931, pp. 512, 517; ID. 1932, pp. 228-229 fig. 6; GORDON 1938, p. 58; PIETRANGELI 1951, pp. 20-21 n. 29 tav. II; VERMASEREN 1977, pp. 152-153 n. 466 tavv. 296-297; ILLUMINATI 1988, p. 303; JENKINS 1989, p. 548 fig. 37; TURCAN 1989, p. 60; CASSIERI-GHINI 1990, pp. 170-172 fig. 6; LIMC VIII, p. 762 n. 122 (E. Simon); ENSOLI 2000, p. 515 n. 142; RASPI SERRA 2000, p. 290; EAD. 2002, p. 26 fig. 9-9a; RIEGER 2007, p. 95 (con una confusione tra Lavinium e Lanuvium); BALDASSARRI 2008, p. 104; NIKOLOSKA 2010, p. 20 fig. 35. 3 Dal 31.03.2006 è conservato nel Magazzino del Teatro dell’Opera presso la Centrale di Montemartini, inv. S 1207. 4 L’importanza del rilievo nella storia degli studi sul culto della Magna Mater risiede soprattutto nella rarità del soggetto raffigurato che ha costituito per molto tempo, fino ai ritrovamenti avvenuti nel corso del XX sec., una delle poche rappresentazioni note di un sacerdote di Cibele, variamente datato ad età adrianea o antonina e altrettanto variamente identificato come sacerdotessa o come gallus o come archigallus e spesso, forse a volte anche per un condizionamento dovuto al supposto luogo di rinvenimento, la villa cosiddetta degli Antonini, messo implicitamente in relazione con la diffusione del culto avvenuta sotto Antonino Pio, imperatore a cui una corrente degli studi attribuisce la riorganizzazione di alcuni aspetti del rito frigio, tra cui l’istituzione del taurobolio e dell’archigallato al contrario dell’attribuzione a Claudio sostenuta da Carcopino (1923). Per una bibliografia essenziale su questi dibattuti problemi, oltre la bibliografia citata supra, vd. LAMBRECHTS 1952; BEAUJEU 1955, in part. pp. 45, 270, 312-320; THOMAS 1984; TURCAN 1989, in part. p. 54; SFAMENI GASPARRO 2003, in part. pp. 304-318; COARELLI 2005, in part. p. 79; REMY 2005, in part. pp. 264-268; PENSABENE 2008; per una sintesi sulle fonti vd. D’ALESSIO 2008, in part. p. 388 con bibl. rel. Il ritrovamento nella necropoli di Isola Sacra negli anni Trenta del XX sec. di un sarcofago di un sacerdote della Magna Mater (CALZA 1931, pp. 510-542, tavv. XIV-XVI, in part. pp. 512 e 517; ID. 1932) ha confermato, attraverso il confronto degli attributi tra le due raffigurazioni, alcune peculiarità presenti nel rilievo di Lanuvio, quali il pettorale a forma di naiskos in cui appare l’immagine di Attis assimilabile al prostethidion insegna dei galli, che sembrerebbero consentire di escludere l’identificazione con un archigallo, come del resto sembra suggerire anche l’effeminatezza dei tratti somatici sottolineata dall’acconciatura di tipo femminile.

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fino quasi a cadere nell’oblio. Col tempo infatti, per un processo di semplificazione delle informazioni, non essenziali ai fini della comprensione dell’iconografia, è prevalsa come indicazione della sua provenienza la cosiddetta villa degli Antonini presso Lanuvio5, le cui rovine all’epoca del rinvenimento, nel XVIII sec., ricadevano in terreni di proprietà della famiglia Sforza Cesarini, che per l’appunto donò il rilievo ai Musei Capitolini, come indica l’iscrizione sulla cornice “Ex Dono Ducis Sfortiae Sfortiae”. Più recentemente, rilevandone l’incongruità con l’apparato decorativo di una villa residenziale6, è stato ipotizzato che il rilievo, che sarebbe votivo, sarebbe stato rinvenuto non a Lanuvio bensì a Roma, in una delle tante proprietà urbane degli Sforza Cesarini, come ad esempio l’orto a Marmorata ai piedi dell’Aventino, in cui nel 1702 si rinvenne una dedica votiva a Cibele7. In sostanza, come spesso accade con i reperti rinvenuti nei secoli passati, oggetto di collezionismo per il loro valore intrinseco, gradatamente nel corso del tempo se ne è perduta la nozione della provenienza8, nonostante in questo caso particolarmente fortunato ne sia stata data notizia a stampa all’epoca del rinvenimento.

5 Tale confusione si registra fin dal XVIII sec.; su questo aspetto vd. infra. 6 Pertinenza all’arredo peraltro mai proposta in modo esplicito nella storia degli studi diversamente da quanto si evince in BALDASSARRI 2008, p. 104 (sebbene forse talvolta adombrata come in COLBURN 1914, p. 23 o in CASSIERI-GHINI 1990 o in BELLINI 1995, p. 597, ove il rilievo è elencato tra i reperti provenienti dai resti della cosiddetta villa degli Antonini, talora messo in relazione alla diffusione del culto in età antonina, mentre, a ragione, più spesso è stato considerato di ambito funerario e semmai se ne è indicata la provenienza dai pressi della suddetta villa). 7 L’ipotesi è stata cautamente avanzata da P. Baldassarri (2008, p. 104 e in part. pp. 113-144 nota 31) sulla base della coincidenza della proprietà Sforza Cesarini per entrambi i reperti. Sul luogo di rinvenimento della dedica a Cibele vd. Ficoroni in FEA 1790, p. CXXVII n. 24, luogo in cui recentemente è stata ipotizzata, sulla base di altre argomentazioni, l’esistenza di un luogo di culto della Magna Mater (D’ALESSIO 2008). 8 Vd. supra.

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Infatti l’abate Domenico Giorgi, erudito e studioso di epigrafia, ne fornì una relazione dettagliata in un opuscolo del 17389, corredato anche di un’incisione (fig. 1) raffigurante con estrema precisione il rilievo che suscitò un grande interesse soprattutto per la possibilità che offriva di approfondire alcuni aspetti del culto della Magna Mater. Un’eco di tale interesse si coglie anche nel Volpi che, in un articolo pubblicato nel 1747 sulla villa tiburtina di Manlio Vopisco10, a proposito del supposto rinvenimento nel 1736 di una cista mistica11 menziona il rilievo12, di cui già, poco tempo dopo lo studio del Giorgi, viene indicata come provenienza la cosiddetta villa degli Antonini a Lanuvio. La precisione con cui il Giorgi dà le coordinate del luogo del rinvenimento è davvero esemplare e trova spiegazione nel fatto che l’abate, che prestava servizio al seguito del Cardinale Renato Giuseppe Imperiali13, in quegli anni prefetto della Sacra

9 GIORGI 1738, pp. 169-237; l’opuscolo fu composto per l’amico A. G. Capponi. 10 VOLPI 1747, pp. 163-192. 11 A tale proposito sembra opportuno precisare che il Volpi nella sua dissertazione non parla del rinvenimento di una cista mistica a Lanuvio, sebbene affermi che fu scoperta “nel sito dell’Antica Villa degli Antonini Lanuvina tra Civita Lavinia e Genzano, ora de’ Duchi Sforza Cesarini...” (VOLPI 1747, p. 190), in quanto si riferisce a quella raffigurata nel rilievo (ibidem: “La qual Cista, così da molti stimata..., forma con altri arredi la suppellettile d’un primo sacerdote di Cibele Berecintia, detto Archi-Gallo, in un mezzo rilievo di scoltura de’ bassi tempi, donato dal Signor Duca Sforza Cesarini al celeberrimo Museo Clementino-Capitolino. Ivi si vede una più che mezza figura di Eunuco; quali ad arte facevansi li sacerdoti di Cibele...”). Per una diversa interpretazione del testo del Volpi vd. BALDASSARRI 2008, p. 113 nota 31. 12 VOLPI 1747, in part. pp. 190-191. 13 Nel 1717 l’abate Giorgi, nato a Costa presso Rovigo nel 1690, fu chiamato a Roma al servizio del Cardinale in qualità di bibliotecario e segretario; cominciò allora a dedicarsi a studi eruditi, in particolare all’epigrafia, e a ricerche storico-ecclesiastiche. Sul Giorgi vd. DBI 55, 2000, pp. 311-313, sv. Giorgi, Domenico (M. P. Donato) con bibl. rel. Sull’Imperiali, collezionista di antichità oltre che di dipinti e fondatore di una ricca biblioteca, vd. PROSPERI VALENTI 1987, pp. 17-55.

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Congregazione del Buon Governo e spesso residente a Genzano per assolvere gli oneri della carica ricoperta, conosceva bene il territorio di Civita Lavinia, che doveva percorrere spesso insieme al suo protettore. Non è casuale che proprio tra il 1735 e il 1736 il Giorgi registri in alcune schede manoscritte, conservate presso la Biblioteca Casanatense14, iscrizioni e bolli visti nel territorio di Civita Lavinia15. Su suggestione dell’Imperiali, come dichiarato nel proemio dell’opuscolo, il Giorgi compì lo studio del rilievo, scoperto nelle operazioni di scasso16 effettuate in una vigna, situata a 500 passi da Genzano, pari a 700 metri circa, lungo la via Appia sulla destra per andare a Velletri17, quasi a metà tra la villa degli Sforza Cesarini e Genzano stessa, al limite del confine dell’agro lanuvino, all’epoca più ampio di quello attuale18, come indica la Carta dei Colli Albani realizzata dal Dicastero del Censo (fig. 2), che sebbene sia del 1856 rappresenta un territorio che non

14 Per lascito testamentario dal 1747 i manoscritti del Giorgi sono conservati presso la Biblioteca Casanatense. 15 Vd. infra. Per un approfondimento vd. DELLA GIOVAMPAOLA cs. 16 Presumibilmente quindi a non meno di cm 60-70 di profondità ma anche oltre; nel XVIII sec. le tecniche di impianto di un vigneto non dovevano essere dissimili da quelle praticate in età romana (cfr. Colum. III, 13; Pallad. III, 10; Plin. nat. XVII, 167). 17 GIORGI 1738, p. 172: “...quingentos ferme passus a Cynthiano oppido ad Appiam viam, dextrorsum Velitras petentibus, in ipsis agri Lanuvini finibus, vineaque Canonicorum Lanuvinorum, dum fundi cultor altius terram moliretur. Vidimus nos tabulam eodem illo anno sub finem Aprilis mensis, simul ac illius fama pervulgari coepit, & paullo post quam in villam Lanuvinam, olim Antonini Augusti, nunc Sfortiae Ducis Sfortiae, viri nobilissimi, in cuius ditione Lanuvii, & Cynthiani oppida sunt, devecta fuisset, dum una cum Josepho Renato Imperiali S.R.E. Cardinale amplissimo, Patronoque meo, Cynthiani...”. A conferma della distanza indicata dal Giorgi si ricorda che il Volpi (1732, p. XXV) afferma che la villa distava da Genzano circa 1000 passi “Sita fuit [ossia la villa Sforza Cesarini] in agro quondam Lanuvino, juxta Viam Appiam, nunc mille circiter passus ab oppido Cynthiano [Genzano] distat. Quodque Caesarini Ducis in potestate sit, incolis dicitur Villa del Duca, aut sine addito la Villa”. 18 Più ampio anche dell’ager Lanuvinus su cui vd. infra.

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aveva subito sostanziali modifiche rispetto al secolo precedente se non nei passaggi di proprietà19. Insieme all’Imperiali l’abate potè esaminare il rilievo verso la fine di aprile del 1736 dopo che era stato portato nella villa del Duca, non in situ pertanto. Mai il Giorgi dice che il rilievo era stato rinvenuto nei possedimenti degli Sforza, che però non solo lo detenevano ma lo donarono ai Musei Capitolini a cui giunse nel mese di febbraio del 1737. Come riportato nella Breve descrizione del Museo, ò sia Studio d’antichi monumenti, eretto nuovamente nel Campidoglio dal sommo pontefice Clemente XII […], nota dai codici capponiani, era stato collocato “a mano destra in una finta porta, un Bassorilievo con Deità […] curiosamente ornata con diversi simboli, quale vien riportato dal dottissimo sig.r Abate Giorgi, con erudita dissertazione, dono dell’Ecc.mo Sig.r Duca Sforza Cesarini”20. È ovvio a questo punto chiedersi come mai il Duca possedesse il rilievo, tanto più che in un altro passaggio dell’opuscolo succitato l’abate dichiara che il rilievo era “pervenuto”21 nelle mani dello Sforza Cesarini, parole che lasciano trapelare una certa reticenza in merito alle modalità di acquisizione. Chiarisce alcuni punti oscuri della vicenda la documentazione inedita rintracciata22 dalla quale si apprende che il 3 aprile del 1736 un tale Bartolomeo Marcone aveva rinvenuto il rilievo nel fare scassi nella vigna gravata da canone in favore dei canonici del Capitolo di Civita Lavinia. Avvertito segretamente del

19 Per un approfondimento vd. DELLA GIOVAMPAOLA cs. 20 BAV, Cod. Capp. 91, f. 19v = LANCIANI, Storia degli scavi VI, p. 113; cfr. BAV, Cod. Capp. 300, f. 8v = ARATA 1994, pp. 67, 92. 21 GIORGI 1738, p. 174: “...Tua igitur opera [ossia l’opera di A. G. Capponi], tuoque demum hortatu factum est, ut eruditorum votis Dux Sfortia, in cuius manus devenerat tam insigne monumentum, humaniter obsecundaret, & ad posteritatis memoriam, in Capitolinis aedibus asservandum hisce ferme diebus, nempe mense Februario huius anni tradiderit. Tu vero memoratum monumentum in atrio superiori earundem aedium collocari fecisti, ac typum, qui initio huius meae disceptationis visitur, rem gratam antiquatitatis amatoribus facturus, aeri incidendum curavit...” 22 Sui fondi consultati e una più ampia analisi vd. DELLA GIOVAMPAOLA cs.

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rinvenimento, Stefano Bizzarri, amministratore dei beni Sforza Cesarini a Genzano e Civita Lavinia, si era recato la notte stessa nella vigna del Marcone e aveva scoperto che era stato trovato un “marmo finissimo in quadro […] nel qual marmo vi è scolpita e incavata una dea o sia Reggina di basso rilievo, che nella mano destra rilevata tiene un fiore o sia palma intagliata nel marmo stesso, nella mano sinistra tiene una tazza che dimostra esser piena di frutta, in petto dalla stessa parte sinistra vicino il braccio tiene rilevato come un scettro, dal collo pende una picciola catena, la testa è scuoperta, ma di bellissima struttura, dalla parte sinistra di d.o marmo si vede scolpita prima una figura, che io precisam.e non so che sia, ma ha forma di compasso, appresso si vedono rilevati due istrom.i musicali, e in fine poi un altro ordegno di figura rotonda e per esser sopravenuta la notte e per esser la statua sporcata di terra non ho potuto riprenderne bene tutte le cose distintam.e […].”23. Con queste parole che descrivono il rilievo precisamente, seppur in modo rozzo24, può essere del tutto abbandonata qualsiasi ipotesi su una sua possibile provenienza da Roma. Il Bizzarri nel corso del sopralluogo aveva scoperto anche che erano stati già presi accordi per far portare il rilievo di nascosto a Velletri25, tentativo fallito perché era stata utilizzata una

23 Vd. DELLA GIOVAMPAOLA cs. 24 Parafrasando la descrizione del Bizzarri, riportata supra, il rilievo, di forma quadrangolare, entro cornice alto cm 119 e largo altrettanto raffigura un personaggio in abiti sacerdotali che nella mano destra sollevata tiene una melagrana e tre ramoscelli forse di mirto e nella sinistra protesa una coppa colma di frutta; sulla spalla sinistra è appoggiato un flagello con astragali, ornato alle due estremità con testine di Zeus Idaios, sul petto è un pendaglio a forma di naiskos su cui è raffigurato il busto di Attis; il volto glabro è incorniciato da una pettinatura femminile con scriminatura centrale e ciocche ondulate; all’esterno della nicchia in cui è raffigurato il sacerdote alla sua sinistra sono gli strumenti di culto usati nei riti di Cibele, ossia un tamburello, un flauto dritto e uno curvo incrociati e la cista mistica. Per l’analisi del rilievo vd. da ultimo ENSOLI 2000, p. 515 n. 142. 25 In questo fallito tentativo di vendita clandestina fu coinvolto il Portoghesino, nome con cui era noto a Roma fra’ Giuseppe Maria Figueiredo Fonseca da Evora, ministro generale dei Frati minori,

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barrozza tirata da due soli buoi, insufficienti per il peso del marmo. Così il Bizzarri ne aveva fatto subito condurre una tirata da quattro buoi e, utilizzando gli stessi arnesi che erano stati lasciati nella vigna per tirar fuori dalla terra il marmo, lo aveva fatto portare alla villa Sforza Cesarini, consapevole che ciò avrebbe suscitato l’ira dei Canonici. Tuttavia pensava di potersi avvalere di due elementi in suo favore: innanzitutto il terreno, anche se di proprietà del Capitolo di Civita Lavinia, si trovava nel feudo del Duca e pertanto sottoposto al diritto territoriale e in secondo luogo perché era comunque illegale il tentativo dei Canonici di vendere clandestinamente il marmo a Velletri. La vicenda in ogni caso suscitò un notevole scalpore, i Canonici ricorsero al Vescovo della diocesi di Albano, il cardinale Pico della Mirandola26, e tentarono in tutti i modi di riavere il marmo senza riuscirci. Il rilievo restò custodito nella villa, là dove il 22 aprile il Prefetto della Sacra Congregazione del Buon Governo, l’Imperiali, condusse il Giorgi per farglielo esaminare e soprattutto per fargli decifrare quei simboli, ossia gli oggetti liturgici, che erano stati interpretati fino ad allora come geroglifici27. A questo punto nella documentazione si perde traccia del rilievo fino al mese di giugno del 1736, quando cominciarono le lunghe trattative per la sua acquisizione , di cui

ambasciatore del Portogallo dal 1730 al 1741 e vescovo di Oporto dal 1741 al 1752 anno della sua morte (PIETRANGELI 1990, pp. 63-68). Tra le varie benemerenze del Portoghesino, come l’istituzione di una scuola di teologia e di filosofia nel 1721 presso S. Maria in Aracoeli, dove risiedette a lungo, e nel 1733 la rifondazione della biblioteca aracelitana detta allora Evorana, si ricorda in particolare il restauro del convento di Palazzolo sul lago Albano, indizio della sua frequentazione dei Colli Albani a cui forse si deve l’interessamento al rilievo rinvenuto nel 1736. 26 GALIETI, Contributi..., p. 109. 27 “...Oggi [il 22 aprile 1736] Sua Em.za [l’Imperiali] è stato alla villa per osservar la figura impressa nel noto marmo per far considerare dall’Abb.e Giorgi per sua erudizione quei giroglifici, io peraltro ho detto al vignarolo che rimetta d.o marmo al tinello o lo sepelisca o lo mandi in Roma, se V.a Ecc.za non comanda diversam.te...”; DELLA GIOVAMPAOLA cs. 28 Da questi documenti emerge il forte interesse nutrito per il rilievo dal pontefice, Clemente XII, desideroso di collocarlo nel Museo Capitolino ma

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resta notizia anche nel Diario del Capponi; da questo si apprende che infine il dissidio tra il Duca e i Canonici fu risolto in modo diplomatico con la donazione ai Musei Capitolini .

Da questo breve resoconto dei fatti si evincono due dati utili. Innanzitutto la documentazione raccolta conferma quanto narrato dal Giorgi e pertanto si può concludere che il rilievo non fu rinvenuto in terreni degli Sforza Cesarini ma in una vigna di proprietà del Capitolo di Civita Lavinia, situata sulla destra della via Appia, all’incirca a m 700 da Genzano, pertanto necessariamente ubicabile nella contrada all’epoca denominata Palmetane e non distante dalla linea di confine tra Civita Lavinia e Genzano, come risulta dalla relativa mappa del Catasto Gregoriano (fig. 3). Sebbene i passaggi di proprietà siano stati

in fin dei conti indifferente alla lite in atto per il suo possesso, perché sapeva perfettamente che lo avrebbe incamerato in ogni caso, per diritto se fosse risultato appartenere ai Canonici, per acquisto o meglio donazione se fosse stato del Duca. Quest’ultimo, infatti, pressato da gravi difficoltà economiche, avrebbe certamente esaudito i desideri del papa per compiacerlo nella speranza di un suo aiuto “...dell’amministrazione dell’entrate de’ Feudi per togliere in pochi anni tutto il debito...” (DELLA GIOVAMPAOLA cs.). 29 Diario di Alessandro Gregorio Capponi..., pp. 75-77, 79-80, fig. 21. A dire il vero la donazione non fu semplice, ma travagliata dal dissidio sorto con i Canonici. Pochi mesi dopo il rinvenimento il Giorgi aveva mandato al Capponi, allora incaricato dell’allestimento del neonato Museo Capitolino, una relazione sul rilievo, segnalandolo così come degno di entrare a far parte delle collezioni capitoline. Consultati in merito all’acquisto il pontefice, il Pico e l’Imperiali, il Capponi, con l’antiquario Francesco Palazzi, fu inviato presso il Duca Sforza Cesarini per visionarlo. In pochi giorni il Capponi riuscì a convincere il Duca a donare il rilievo al papa, in modo da quietare i Canonici di Civita Lavinia, che, giustamente, ne rivendicavano ancora il possesso. In cambio il Duca avrebbe ottenuto che sul rilievo fosse incisa la nota iscrizione. Venuto a conoscenza di questa condizione, l’Imperiali fece subito sapere di non approvarla, provocando così una dura reazione da parte del Duca e bloccando di fatto la transazione. Nonostante le sollecitazioni per procedere all’acquisto, il Capponi decise allora di abbandonare le trattative, che però ripresero alla morte dell’Imperiali, avvenuta a gennaio del 1737. Fu così che il 7 febbraio dello stesso anno il rilievo fu finalmente donato dal Duca, che ottenne di veder soddisfatta la sua richiesta. Segato sul retro per ridurne lo spessore, il rilievo fu fatto disegnare dal Campiglia, mentre il Giorgi diede alla stampa la dissertazione succitata.

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numerosi tra il Settecento e l’Ottocento e finora non sia stato possibile rintracciare il suddetto Bartolomeo Marcone in nessun catasto30, tuttavia, anche grazie alle precise indicazioni fornite dal Giorgi, si potrebbe identificare in via ipotetica la vigna in questione nella particella 955 del Catasto Gregoriano, l’unica che presenti le caratteristiche su elencate31. Ciò consente di dissociare, una volta per tutte, il rilievo in esame dagli altri rinvenimenti avvenuti presso la contrada “La Villa”, così denominata per la residenza fatta costruire da Giangiorgio III Cesarini nella prima metà del XVII sec. (poi villa Truzzi quindi

Caratti33) e nota agli antiquari per la presenza di resti antichi identificati fin dagli inizi del Settecento con quelli della villa degli Antonini34 menzionata dalle fonti35.

30 L’identificazione è resa ancora più difficoltosa in quanto con l’espropriazione dei beni ecclesiastici seguita all’unità d’Italia, in applicazione della legge n. 1402 del 19 giugno 1873, anche i beni immobili del Capitolo di prima erezione di Civita Lavinia diocesi di Albano furono venduti; vd. Monografia della città di Roma, pp. 123, 134. 31 La particella 955 è nella contrada e vocabolo Palmetane tra i pochi terreni ancora nel 1820 in enfiteusi del Capitolo di prima erezione di Civita Lavinia (ASR, Catasto Gregoriano, Comarca, brogliardo 9). 32 Su GianGiorgio o GiovanGiorgio Cesarini, indicato come II in alcuni autori ma in realtà III nell’albero genealogico, morto nel 1649, vd. in particolare RATTI 1797, pp. 46-47 e GALIETI 1909. 33 COLBURN 1914, p. 20; TOMASSETTI 1975, p. 305. 34 ADDISON 1718, p. 220 ove però la villa è detta di Marco Aurelio; WRIGHT 1730, p. 314; VOLPI 1732, pp. XXV, 93, 135, tavv. V, IX; FICORONI 1744, p. 55; ESCHINARDI-VENUTI 1750, p. 304; WINCKELMANN 1783, p. 391; Ficoroni in FEA 1790, p. CXX n. 6. Per la letteratura scientifica su tali resti posti al XVIII miglio della via Appia vd. COLBURN 1914, pp. 20-23; NEUDECKER 1988, pp. 164-166 n. 22; CASSIERI-GHINI 1990 con bibl. prec.; FITTSCHEN 1999, pp. 108-109 n. 2; BRUSINI 2000, p. 279; MARZANO 2007, p. 385 L118; da ultimo BALDASSARRI 2008. Sulla proprietà della villa dopo Antonino Pio vd. da ultimo RICCI 2004, in part. pp. 325-327 in cui l’autrice prende in esame iscrizioni di vigili di diverse coorti del III sec. d.C. rinvenute a Lanuvio, poste in relazione al servizio di sicurezza dell’imperatore durante i suoi soggiorni e pertanto indizio dell’incameramento della villa nel demanio imperiale. 35 SHA, Vita Ant. Pii 1.8 (nascita di Antonino Pio in villa Lanuvina); Vita Comm. 1.2 (nascita di Commodo apud Lanuvium) e 16.5 (prodigi nella villa

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Il secondo dato utile, e consequenziale all’individuazione della vigna in cui avvenne il ritrovamento, riguarda il contesto di provenienza e quindi anche l’interpretazione del rilievo, che, anche a causa della confusione finora fatta sul luogo di rinvenimento, è talvolta oscillata tra l’ambito sacrale-votivo36 e l’ambito sepolcrale37. La probabile ubicazione proposta in questa sede porta ad ipotizzare che il rilievo, rinvenuto sembra in giacitura secondaria, fosse pertinente ad un monumento situato lungo la fascia prospiciente la via Appia, forse già distrutto in epoca post-antica, verosimilmente da identificare con un edificio sepolcrale. Questa identificazione è confermata dalla presenza di altri monumenti funerari disposti lungo la strada. Infatti, non lontano dal sito in cui si ipotizza in questa sede che sia stato rinvenuto il rilievo, nello stesso lasso di tempo avvennero altri ritrovamenti, anche in questo caso frutto di lavori agricoli, la cui descrizione, rintracciata in alcuni documenti inediti38, permette di riconoscervi lo scavo di un monumento funerario, non altrimenti noto, individuato e demolito nel 1735 nella vigna Sorbini, gravata da canone a favore del Duca. Sebbene l’individuazione della vigna sia resa alquanto problematica dai numerosi passaggi di proprietà e dalle permute che interessarono l’eredità Sorbini, famiglia detentrice nel XVII-XVIII sec. di diversi terreni situati tra Genzano e Lanuvio, alcuni privati e altri in enfiteusi, tuttavia la descrizione del sito in cui avvenne la scoperta impone di ricercare la vigna in questione lungo la via Appia, anche in questo caso tra Genzano e Lanuvio, probabilmente nella stessa contrada Palmetane in cui si trovava la vigna di Bartolomeo Marcone. Tra i terreni in possesso di questa famiglia nella prima metà del

lanuvina). Reminiscenza della presenza della villa antonina nell’ager Lanuvinus è costituita dalla menzione nel Liber Censuum (LC I, ed. Duchesne, pp. 351-352) di un fundus Antoninianus se si accetta la correzione del toponimo Antinianus proposta dal Galieti (1946-1948, pp. 119-125; cfr. DONATI 1971, p. 237; MARAZZI 1990, pp. 124-125; DE FRANCESCO 2004, p. 241). 36 Ad esempio in BALDASSARRI 2008, p. 104. 37 Ad esempio in ENSOLI 2000, p. 515 n. 142. 38 Per una trattazione più ampia vd. DELLA GIOVAMPAOLA cs.

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XVIII sec. ne compaiono tre posti nella stessa contrada, due dei quali situati lungo la via Appia al confine tra i territori di Genzano e di Lanuvio39, forse, in base a queste indicazioni, identificabili in via ipotetica con la particella 1703 della mappa 9 del Catasto Gregoriano, Comarca, che nel 1820 risulta essere di proprietà di Giovanni Jacobini (fig. 3). È a questa verosimilmente e alle numerose “tavolozze” ossia laterizi rinvenuti dal Sorbini e lasciati in gran quantità ai bordi della vigna che possono essere ascritti i bolli CIL XV, 301. a, 5, 313. 21 e 490 tutti di età adrianea, visti dal Giorgi “in vinea domini Sorbini, in agro Lanuvino, non longe a villa Antonina” tra il 1735 e il 173640, alcuni forse nella stessa occasione in cui si era recato alla villa del Duca per esaminare il rilievo di sacerdote di Cibele. Una situazione analoga, con sepolcri disposti nella fascia liminale della via Appia, si riscontra in prossimità di Genzano, dove, non molto lontano dalla supposta vigna dei Canonici del Capitolo di Civita Lavinia, prima della II guerra mondiale erano visibili due monumenti funerari in opera laterizia, a camera, riportati nella carta archeologica di Lanuvio redatta da Rodolfo Lanciani (fig. 4) che nei suoi appunti ne fornisce anche una sommaria descrizione41.

39 ASR, Catasti pontifici, b. 2748 “Catasto di C. Lavinia rinovato d’ordine della S. Congregazione de Sgravj, e Buon Governo l’anno del Signore MDCCLXVI”, f. 269. 40 DESCEMET 1880, pp. 165 n. CXIV, 171 n. CL, 173 n. CLVII; LANCIANI, Storia degli scavi VI, pp. 113-114. 41 BAV, Cod. Vat. Lat. 13045, f. 249 = BUONOCORE IV, 2001, p. 212: “Escursione a Monte Due Torri 24.I.1900. Sotto Genzano due sepolcri uno sull’Appia stessa, dove l’antica si ricongiunge con la moderna al miglio XVIII. L’altro nel campo, a qualche distanza dalla via. È a due piani con cella e ipogeo, laterizio, di cattiva costruzione. Nel campo rottami, marmi e tegolozza”; l’appunto è corredato da uno schizzo planimetrico del mausoleo, a pianta quadrata con nicchie ai lati, ingresso aperto verso la campagna, dalla parte opposta rispetto all’Appia. Ad uno dei due sepolcri summenzionati sembra sia da riferire la segnalazione di “resti di un sepolcro con una struttura in calcestruzzo con paramento in laterizio alta 4m circa” un tempo situato tra le attuali via L. Longo-via S. Silvestri indicata in MELARANCI

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Da quanto finora esposto sembra di poter ricostruire una distribuzione di monumenti funerari lungo il margine destro della via Appia antica, all’altezza del miglio XVIII, ascrivibili al II sec. d.C., compresi nel settore delimitato dalle odierne vie Montegiove, Emilia Romagna e Calabria (figg. 3 e 5). A questo contesto dunque si può ragionevolmente ascrivere anche il rilievo di sacerdote di Cibele. Si può quindi concludere che il rilievo era pertinente ad un monumento sepolcrale situato lungo la via Appia, in un tratto in cui sono documentati almeno altri tre sepolcri databili allo stesso arco cronologico, verosimilmente circoscrivibile in due casi ad età adrianea. Un ulteriore dato che si evince dalla documentazione esaminata riguarda il tentativo di vendere di nascosto il rilievo a Velletri. Questo elemento, che ricorre anche in altri casi ben documentati, mette in evidenza un fenomeno, forse più frequente di quanto non sia noto, che riguarda la dispersione dei reperti rinvenuti nel territorio di Lanuvio42. Non stupisce dunque che il Cardinali registri proprio nella collezione Borgia43 un’iscrizione votiva posta alla Magna Mater Idea Deorum (CIL XIV, 2094 = CIL VI, 495)44, che il Marini afferma essere stata scoperta nel 1774 a Civita Lavinia45. La presenza di una dedica a Cibele nel territorio lanuvino, unitamente alla sepoltura di un gallo, sacerdote della dea, documentano, nonostante l’esiguità dei dati archeologici, la diffusione del culto tributato alla Magna Mater, forse anche in

2001, tav. 1 n. 63, su cui vd. LILLI 2001, pp. 11-12; da ultimo ID. 2009, p. 115 n. 479. Il sepolcro più meridionale nello schizzo del Lanciani è stato identificato in LILLI 2009, p. 62 con il resto di sepolcro sinteticamente descritto sulla destra della via subito dopo l’incrocio tra la strada moderna e l’Appia antica dopo Genzano in NIBBY 1819, p. 185; ID. 1849 III, p. 559. 42 Su questo aspetto si rinvia a DELLA GIOVAMPAOLA cs. 43 Sulla collezione epigrafica del Museo Borgiano fondato a Velletri dal Cardinale Stefano Borgia vd. Suppl. It. 2 pp. 24-26. 44 CARDINALI 1819, p. 7 n. VI; GORDON 1938, p. 58; VERMASEREN 1977, p. 153 n. 467; CHIARUCCI 1983, p. 85; ILLUMINATI 1988, pp. 302-303. 45 BAV, Cod. Vat. Lat. 9128, f. 208r: “R. ap. me in parva lapis... ex Civitate Lavinia detuli 4 cal. Apr. 1774...”. Per un’ipotesi sulla provenienza di questa iscrizione vd. DELLA GIOVAMPAOLA cs.

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associazione a Iuno Sospita46 o forse più semplicemente in connessione al mito troiano di fondazione di Lanuvio in quanto protettrice di Enea47, probabilmente, accogliendo la datazione del rilievo ad età adrianea48 e svincolandolo dal rapporto finora istituito con la villa degli Antonini, non in connessione con i provvedimenti attuati da Antonino Pio, come sarebbe ovvio dedurre per i natali dell’imperatore, provvedimenti che, come è noto, diedero un notevole impulso al culto49 con conseguente

46 ILLUMINATI 1988, pp. 302-303; PENSABENE 2008, p. 25. 47 L’introduzione del culto di Cibele sul Palatino, nel cuore della città romulea, in un’area sovrastante il Lupercale e adiacente la casa Romuli, aveva lo scopo di evidenziarne il carattere di divinità tutelare, Salutaris, del popolo romano attraverso l’enfatizzazione del mito di Enea, in quanto dea di origine troiana; su questi aspetti vd. COARELLI 2005, in part. pp. 78-79; PENSABENE 2008, p. 25; sull’eroe eponimo di Lanuvio, Lanaios, compagno di Enea in Italia, vd. MANGANARO 1974, pp. 395-397; ZEVI 1989, pp. 256-257; ID. 1999, pp. 321-322, 338-339; per una sintesi da ultimo Rep. 2011, p. 207. 48 Dopo la riforma di Claudio, che aveva comportato una prima e fondamentale riorganizzazione del rito, è con Adriano che si registrano di nuovo degli interventi a favore di una promozione del culto (BEAUJEU 1955, pp. 271-272): per la prima volta, infatti, nel 123-128 e nel 134-135, compare nella monetazione imperiale l’effigie della dea seduta sebbene si tratti di medaglioni in bronzo (cfr. ad es. GNECCHI II, p. 9 n. 1; III p. 16 n. 60, p. 25 n. 2). 49 L’impulso al culto della Magna Mater è testimoniato anche dalla riemissione da parte di Faustina Maggiore sotto forma di medaglione di un aureo di C. Clodius del 39 a.C. raffigurante la vestale Claudia protagonista dell’episodio avvenuto ad Ostia relativo all’introduzione del culto (GNECCHI II, p. 25 n. 9; CAPRIOLI 2007, p. 292). A queste emissioni si aggiungono altri tipi monetali in cui Faustina Maggiore è associata alla Magna Mater Salutaris (BMC Emp IV, nn. 1436-1440), epiteto che indica la funzione salvifica di Cibele, e ad Attis (GNECCHI II, p. 25 n. 8), mentre in un’abbondante serie emessa in occasione dei Vota Vicennalia del 159 l’imperatore compare insieme alla coppia frigia (GNECCHI II, p. 15 n. 57) indizio secondo il Beaujeu (1955, pp. 312-320) di un’associazione della cerimonia, che si sovrappone per la prima volta ai Decennalia, al rito del taurobolio celebrato per la salute dell’imperatore, estensione del culto metroaco legato alla sua persona. Quanto dedotto in merito al rilievo di sacerdote in esame non esclude comunque che, nell’ambito della politica dell’imperatore volta al ripristino degli antichi culti, Antonino Pio, autore del restauro dei templa Lanuvina (SHA, Vita Ant. Pii,

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incremento delle testimonianze archeologiche nel corso del II sec. d.C.50. Allo stesso periodo del resto si ascrive anche la statua di Cibele rinvenuta al confine dell’ager Lanuvinus51 (fig. 6), presso Torre del Padiglione (fig. 7), databile alla prima metà inoltrata del II sec. d.C., che documenta la diffusione del culto metroaco lungo le più importanti direttrici viarie52.

8.3), non abbia promosso anche quello della Magna Mater nella stessa città, oltre a quello di Iuno Sospita (BEAUJEU 1955, p. 293). 50 Per una sintesi sulla diffusione del culto della Magna Mater vd. M. P. Muzzioli supra. 51 Ci si riferisce all’estensione dell’ager Lanuvinus proposta dal Galieti nel 1933 (1933, pp. 143-148 fig. 2) sulla base delle fonti e dei ritrovamenti epigrafici e da allora accolta nella letteratura scientifica, i cui limiti sono stati individuati a nord, al confine con l’ager Aricinus, lungo il fosso di Fontana di Papa e le pendici meridionali del lago di Nemi fino alla Macchia della Cavalleria, a ovest, ai confini dei territori di Aricia e di Ardea, a Monte Giove, a est, al confine con l’ager Veliternus, lungo i fossi della Pilara, di S. Gennaro, dei Prefetti e di Spaccasassi, a sud, al confine col territorio di Satricum, lungo il fosso di Carroceto. 52 Il luogo di culto individuato presso Torre del Padiglione è situato lungo le direttrici Lanuvio-Anzio e Roma-Satricum; vd. QUILICI 1999, pp. 93-112, con bibl. prec., in part. pp. 106-107; ID. 2004, pp. 224-231. Una situazione analoga si riscontra in località Soleluna/Solluna posta nell’ager Veliternus quasi al confine con l’ager Lanuvinus nel punto di incontro tra la via Appia antica e la via Mactorina, odonimo noto da un’iscrizione ivi rinvenuta (NARDINI 1918; Suppl. It. 2, pp. 49-51 n. 13; VINCIOTTI 2004, in part. pp. 247-248 con bibl. prec.; LILLI 2008, passim), importante arteria di collegamento tra Velletri e Satricum. Presso questo nodo stradale, in cui è stato proposto di ubicare la mutatio ad Sponsas nota dall’Itinerario Burdigalense al miglio XXV (MUCCI 1975 con bibl. prec.; inoltre CROGIEZ 1990, pp. 101-102; LILLI 2008, pp. 910-913 n. 1287), nel 1922, in occasione dello scavo di un cimitero cristiano (NARDINI 1918; MANCINI 1924; BOLOGNA 2004, pp. 173-174; DE

FRANCESCO 2004, pp. 50-52, 183; VINCIOTTI 2004, p. 245; LILLI 2008, pp. 915-918 nn. 1293-1299), è stata rinvenuta un’iscrizione funeraria di un sacerdote della Magna Mater (MANCINI 1924, p. 349; Suppl. It. 2, p. 49. n. 12; da ultimo LILLI 2008, p. 919 n. 1304), che, sebbene non in giacitura primaria, sembra costituire una conferma della presenza in questo luogo di un santuario indiziato anche dal toponimo Soleluna/Solluna che conserverebbe per l’appunto il ricordo del culto al Sole e alla Luna, identificati in via ipotetica col culto di Apollo e Diana, ma interpretabili anche come attributi cosmici di Cibele, a cui, in base alla scoperta di una dedica rinvenuta in

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Concludendo, infine, si osserva che l’analisi e la datazione delle principali testimonianze archeologiche qui esaminate sembrano far emergere una convergenza significativa dei dati verso un ambito cronologico abbastanza definito, forse da porre in relazione all’assegnazione di terra colonis suis che il Liber Coloniarum (I, 235, 5 ed. Lachmann), unica fonte al riguardo, attribuisce ad Adriano.

giacitura secondaria già riutilizzata in antico in località Quarti di Presciano (BORSARI 1898; Eph. Ep. IX, n. 599), potrebbe essere associato il culto di Bellona intesa come divinità dalle caratteristiche orientali. L’ipotesi (ILLUMINATI 1988, in part. pp. 295-320 con bibl. prec.) sarebbe confermata anche dalla presenza di una stipe votiva ascrivibile al III-I sec. a.C. (QUILICI

GIGLI-MELIS 1983, pp. 9-18; Rep. 2011, p. 605) nello stesso sito in cui nel III-IV sec. si impiantò il cimitero cristiano.

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IL RILIEVO DI GALLUS AI MUSEI CAPITOLINI

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I. DELLA GIOVAMPAOLA

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IL RILIEVO DI GALLUS AI MUSEI CAPITOLINI

Horti Hesperidum, II, 2012, 1 523

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NIKOLOSKA 2010 = A. NIKOLOSKA, Aspects of the Cult of Cybele and Attis on the Monuments from the Republic of Croatia, Oxford 2010 (BAR International Series, 2086).

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QUILICI 1999 = L. QUILICI, Una statua di Cibele e il rilievo di Antinoo dalla Torre del Padiglione tra Lanuvio e Anzio, «Ocnus» 7, 1999, pp. 93-112.

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I. DELLA GIOVAMPAOLA

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STRONG 1920 = A. STRONG, Sepulchral relief of a priest of Bellona, «PBSR» IX, 1920, pp. 205-213.

STUART JONES 1926 = H. STUART JONES, A catalogue of the ancient sculptures preserved in the municipal collections of Rome. The sculptures of the Palazzo dei Conservatori, Oxford 1926.

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THOMAS 1984 = G. THOMAS, Magna Mater and Attis, «ANRW» II, 17, 3, 1984, pp. 1500-1535.

TOMASSETTI 1975 = G. TOMASSETTI, La Campagna Romana, II, Via Appia, Roma 1975.

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VOLPI 1732 = G. R. VOLPI, Vetus Latium Profanum, V, De Lanuvinis et Ardeatibus, Padova 1732.

VOLPI 1747 = G.R. VOLPI, Intorno alla Villa Tiburtina di Manlio Vopisco, suo sito e magnificenza. Con molte iscrizioni di nuovo scopertesi in Tivoli l’anno 1736, Dissertazione IX, in Saggi di dissertazioni accademiche pubblicamente lette nella Nobile Accademia Etrusca dell’antichissima città di Cortona, II, Roma 1747, pp. 163-192.

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IL RILIEVO DI GALLUS AI MUSEI CAPITOLINI

Horti Hesperidum, II, 2012, 1 525

WINCKELMANN Mon. = J. J. WINCKELMANN, Monumenti antichi inediti, II, Roma 1767.

WINCKELMANN 1783 = J. J. WINCKELMANN, Storia delle arti del disegno presso gli antichi, II, II ed., Roma 1783.

WRIGHT 1730 = E. WRIGHT, Some Observations made in Travelling through France, Italy & c. in the Years 1720, 1721 and 1722, London 1730.

ZEVI 1989 = F. ZEVI, Il mito di Enea nella documentazione archeologica: nuove considerazioni, in L’epos greco in Occidente, Atti del Diciannovesimo convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto, 7-12 ottobre 1979, Napoli 1989, pp. 247-290.

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ZOEGA 1808 = G. ZOEGA, Li Bassirilievi antichi, I, Roma 1808.

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I. DELLA GIOVAMPAOLA

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Didascalie Fig. 1. Archigalli effigies in tabula marmorea Romae in aedibus Capitolinis...,

rilievo di sacerdote di Cibele da Lanuvio, incisione di Paolo Finazzi (da GIORGI 1738, p. 171).

Fig. 2. Saggio della Carta Generale di Roma e Comarca con il rilievo topografico dei Colli Albani disegnato ed inciso nel Dicastero Generale del Censo nel 1856, stralcio (BIASA, Roma XI.30.II, p. 47). Confini del territorio lanuvino in età moderna.

Fig. 3. Elaborazione grafica di una porzione della mappa di Civita Lavinia, sezione IV, elevata nel 1820 (ASR, Catasto Gregoriano, Comarca 9). In evidenza le particelle 955 e 1703 in contrada Palmetane.

Fig. 4. Carta archeologica del territorio di Lanuvio di R. Lanciani (BIASA, MS. Lanc. 85/2, f. 40).

Fig. 5. IGM F. 150, III NO, Albano Laziale, stralcio. Distribuzione di monumenti funerari lungo la via Appia al XVIII miglio (pallino: monumenti funerari noti solo dalla documentazione rintracciata; quadrato: monumenti funerari rilevati da R. Lanciani, BIASA, MS. Lanc. 85/2, f. 40).

Fig. 6. Pianta schematica dei confini dell’ager Lanuvinus e della viabilità principale (da GALIETI 1933, p. 142 fig. 2).

Fig. 7. IGM F. 158, Latina, stralcio. In evidenza il luogo di culto individuato presso Torre del Padiglione.

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IL RILIEVO DI GALLUS AI MUSEI CAPITOLINI

Horti Hesperidum, II, 2012, 1 527

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