i Crimini Dimenticati Degli Angloamericani.

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18/11/2012 Fenice Europea Ieri come oggi: i crimini dimenticati degli angloamericani. Intervista a G. Bartolone Posted: I ERI COM E OGGI : I CRI M I NI D I M EN TI CATI D EGLI AN GLOAM ERI CAN I LA SICI LI A E L’I TALI A MERI DI ONALE DURANTE L’I NVASI ONE ALLEATA NELLA SECONDA GUERRA MONDI ALE Feder ico Dal Cor tivo per Eur opeanphoenix ha inter vistato lo stor ico siciliano Giovanni Bar tolone autor e del libr o r evisionista “Le altr e str agi”, da anni impegnato in r icer che sullo Sbar co alleato in Sicilia, la Mafia e la Seconda Guer r a Mondiale. D: Pr of. Bar tolone, oggi assistiamo alla sistematica violazione delle più elementar i nor me di compor tamento in caso di guer r a da par te degli Stati Uniti e dei suoi Alleati della Nato. A far ne le spese le popolazioni afghane e libiche e pr ime ancor a quelle ir achene, ser be, somale, vietnamite ecc. Tutto cade nell’oblio mediatico embedded, non se ne par la e al massimo è giustificato come “danni collater ali”. Eppur e questo è già accaduto in Eur opa e nel nostr o caso in Italia, dopo che le for ze d’invasione Alleate sbar car ono in Sicilia con l’Oper azione denominata Husky (Colosso) nella notte tr a il 9 e il 10 luglio 1943: 2500 navi e mezzi da sbar co, ottanta battaglioni di fanter ia, 400 car r i ar mati, 14000 veicoli e 1800 pezzi d’ar tiglier ia. Sette le divisioni di fanter ia, tr e br itanniche, una canadese e tr e statunitensi, una divisione cor azzata Usa, due br igate cor azzate br itanniche e

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Fenice EuropeaIeri come oggi: i crimini dimenticati degli angloamericani. Intervista a G. BartolonePosted:I ERI COM E OGGI : I CRI M I N I D I M EN TI CATI D EGLI AN GLOAM ERI CAN I LA SI CI LI A E L’I TALI A MERI DI ONALE DURANTE L’I NVASI ONE ALLEATA NELLA SECONDA GUERRA MONDI ALEFeder ico Dal Cor tivo per Eur opeanphoenix ha inter vistato lo stor ico siciliano Giovanni Bar tolone autor e del libr o r evisionista “Le altr e str agi”, da anni impegnato in r icer che sullo Sbar co alleato

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Fenice Europea

Ieri come oggi: i crimini dimenticati degli angloamericani. Intervistaa G. BartolonePosted:

I ERI COM E OGGI : I CRI M I NI D I M EN TI CATI D EGLIAN GLOAM ERI CAN I

LA SICI LI A E L’I TALI A MERI DI ONALE DURANTE L’I NVASI ONE ALLEATANELLA SECONDA GUERRA MONDI ALE

Feder ico Dal Cor tivo per Eur opeanphoenix ha inter vistato lo stor ico siciliano Giovanni Bar toloneautor e del libr o r evisionista “Le altr e str agi”, da anni impegnato in r icer che sullo Sbar co alleato inSicilia, la Mafia e la Seconda Guer r a Mondiale.

D: Pr of. Bar tolone, oggi assistiamo alla sistematica violazione delle più elementar i nor me dicompor tamento in caso di guer r a da par te degli Stati Uniti e dei suoi Alleati della Nato. A far ne lespese le popolazioni afghane e libiche e pr ime ancor a quelle ir achene, ser be, somale, vietnamiteecc. Tutto cade nell’oblio mediatico embedded, non se ne par la e al massimo è giustificato come“danni collater ali”. Eppur e questo è già accaduto in Eur opa e nel nostr o caso in I talia, dopo che lefor ze d’invasione Alleate sbar car ono in Sicilia con l’Oper azione denominata Husky (Colosso) nellanotte tr a i l 9 e i l 10 luglio 1943: 2500 navi e mezzi da sbar co, ottanta battaglioni di fanter ia, 400car r i ar mati, 14000 veicoli e 1800 pezzi d’ar tiglier ia. Sette le divisioni di fanter ia, tr e br itanniche,una canadese e tr e statunitensi, una divisione cor azzata Usa, due br igate cor azzate br itanniche e

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una canadese, più truppe aerotraspor tate e for ze speciali, più ingenti forze aeree e navali.

Lei descr ive tutto questo nel suo libro “Le altr e stragi”. Numerosi furono i cr imini di guer racompiuti dai soldati angloamer icani e canadesi, ma al seguito vi erano anche indiani, sudafr icani,australiani neozelandesi, polacchi, tr uppe di colore francesi, greci, polacchi e anche brasiliani.Pr ima di addentrarci nello specifico ci i llustr i la situazione tattica e strategica in cui si trovava inquell’estate del 1943 lo scacchiere del Sud I talia.

Dopo la perdita del Nord Africa, nel maggio del 1943, era quasi sicuro che presto o tardi gli Alleatiavrebbero aperto, come chiedeva Stalin, un secondo fronte in Europa. Non si sapeva però il luogo:Sicilia, Sardegna, Grecia, o altro? I l peso del conflitto fino a quel momento in gran parte gravavasulla Russia, che si lamentava. Durante la Conferenza di Casablanca, Marocco, gli Alleati dopolunghe discussioni, decisero che l’assalto alla Fortezza Europa sarebbe iniziato con lo sbarco inSicilia, la cui conquista avrebbe provocato il crollo del Fascismo e l’uscita dalla guerra dell’I talia.

La Conferenza di Casablanca (nome in codice Symbol) si tenne dal 14 al 24 gennaio 1943, perpianificare la strategia europea degli Alleati per i l resto della guerra. Furono presenti il presidenteAmericano Franklin D. Roosevelt, il premier britannico Winston Churchill e il generale Charles deGaulle, capo della Francia Libera.

Durante la Conferenza, svoltasi all'Hotel Anfa, fu deciso che, dopo la fine delle operazioni militariin Afr ica Settentrionale, si sarebbe attaccata l'I talia, considerata un obiettivo facile (Churchill ladefinì "i l ventre molle dell'Asse" - the soft underbelly of the Axis), sia per la vicinanza alle basiaeronavali alleate in Tunisia, sia per i l suo stato di crisi politico-militare interna. Inoltre, si stabilì unpiano congiunto anglo-americano di bombardamento sistematico della Germania, oltre chedell’I talia, per distruggere i l potenziale bellico dell'industria tedesca e abbattere i l morale dellapopolazione in vista di un futuro sbarco oltre il Vallo Atlantico, rinviato, nonostante i piani studiatinell'estate 1942 (operazione Round-Up), al 1944. I due leader anglosassoni si accordarono anche sulprincipio della resa incondizionata da imporre alle Potenze nemiche: la guerra sarebbe continuatafino alla vittoria finale, senza trattative con la Germania, con l'I talia o con i loro alleati. Era già,infatti, chiaro ai comandi alleati che la resistenza nemica in Africa sarebbe presto finita, presa ormainella morsa da ovest e da est rispettivamente dagli americani e dai britannici.

Churchill e Roosevelt dovevano stabilire una strategia che portassealla definitiva sconfitta dell'Asse in Europa e che nello stesso tempo fosse avallata anche daldittatore sovietico Stalin, loro alleato. La Russia premeva ormai da qualche tempo affinché fosseaperto dagli Alleati i l secondo fronte in Nord Europa, per diminuire la resistenza tedesca su quelloorientale. Le mire di Stalin di dominare l'Europa centrale e orientale erano chiare. Chiedeva chel'impegno angloamericano si tramutasse in uno sbarco nel nord della Francia. Avrebbe evitatoeventuali diversioni degli Alleati nella sua sfera d'influenza. Churchill era consapevole delle mireespansionistiche sovietiche e sebbene le considerasse una minaccia futura, era disposto al momentoa dimostrarsi compiacente. Tuttavia non voleva piegarsi interamente ai voleri russi tanto che la sualinea strategica militare andava a scontrarsi con quella russa. Per Churchill la priorità era di colpireduro l'I talia. Per Londra l’I talia dal punto di vista militare, economico e politico era in pessimecondizioni. Gli italiani, pensava, sottoposti a continui bombardamenti, con i viveri razionati, eranostanchi della guerra e avevano perso fiducia nel Duce e nel Fascismo. L'esercito, valoroso ma malequipaggiato e mal guidato, pieno negli alti gradi di traditori, aveva subito dure sconfitte in Africa epremeva affinché si uscisse subito dalla guerra. Tutto questo rendeva possibile un crollo del regime el'uscita dell'I talia dal conflitto, la quale però poteva anche essere raggiunta tramite uno sbarco nella

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Churchill voleva occupare la Sardegna: avrebbe permesso uno sbarco nell'I talia centrale e da lìun’offensiva nei Balcani. Questa strategia era fortemente osteggiata dal capo di stato maggiorestatunitense Marshall, i l quale, già contrario alle operazioni in Nord Africa, pressava per sbarcarenella Francia settentrionale, sconfiggere la Germania e poi i l Giappone. Ma la sua tesi non convinseRoosevelt, il quale soprattutto per ragioni logistiche considerava lo sbarco in Francia un azzardo:poteva tramutarsi in un disastro tipo Dieppe 1942. Questo sbarco fu rimandato al 1944, prima eranecessario eliminare la presenza dell’Asse nel Mediterraneo, che minacciava le rotte verso l'Egitto.

Le tesi di sir Alan Brooke, capo di stato maggiore britannico, sull'impossibilità di uno sbarco inFrancia, anche per il forte numero dei sommergibili tedeschi e la scarsità di navi trasporto truppe,persuasero gli americani ad attaccare l'I talia, se non si voleva stare a guardare combattere i solisovietici. La strategia di Churchill, di sbarcare in Sardegna, fu subito osteggiata dagli americani, checapirono dove lo statista inglese si sarebbe voluto spingere. La sua strategia era avvertita dagliamericani come la risultante del mai sopito spirito colonialista britannico che tanto era detestato eavversato a Washington. Inoltre Roosevelt, in ottimi rapporti con Stalin, non voleva provocarenuove tensioni all'interno di un'alleanza che era ancora sentita come precaria e contingente. Sidecise così di conquistare la Sicilia allo scopo di alleggerire la pressione germanica sul fronte russo,rendere più sicure le linee di comunicazione nel Mediterraneo e aumentare la pressione sull'I talia.

Churchill accettò la decisione di sbarcare in Sicilia perché se l’I talia si fosse arresa subito, visarebbe stata la ragionevole speranza che anche la neutrale Turchia entrasse in guerra contro laGermania, il che avrebbe portato ad avere un piede nei Balcani e frenarvi l’avanzata sovietica.Churchill nella successiva conferenza di Washington, paventava che l'operazione Husky, il nome incodice dello sbarco in Sicilia, fosse interpretata in maniera limitativa, tant'è che caldeggiòripetutamente, con Eisenhower, comandante in capo delle forze armate alleate nel Mediterraneo, ilcompleto sfruttamento delle opportunità che l’occupazione comportava, ricordando l'importanza deicampi d'aviazione di Foggia e del porto di Napoli. Gli americani non capivano però tantapreoccupazione e diffidavano delle insistenze britanniche nell'occupazione della Penisola.

Nella notte tra il 9 e il 10 luglio iniziava lo sbarco nella cuspide meridionale dell’Isola. Videimpegnate la 7ª Armata del generale americano George Patton e l'8ª Armata del generale britannicoBernard Montgomery contro il 6° Corpo d'armata italiano, comandato dal generale Alfredo Guzzoni,coadiuvato da 3 Divisioni tedesche - la 15ª Panzergrenadier Sizilien, comandata dal generaleEberhard Rodt, la Panzer Hermann Goer ing, agli ordini del generale Paul Conrath e la 29ªDivisione Granatieri corazzati, la celebre Falco (dal 19 luglio), annientata a Stalingrado e da qualchemese ricostituita, comandata dal generale Walter Fries - e dal 3° e 4° Reggimento paracadutisti, agliordini dei tenenti colonnelli Ludwing Heilmann ed Erich Walter e dal gruppo Neapel, formato da unBattaglione del gruppo Fullr iede e dalla 215ª Compagnia corazzata, comandato dal colonnelloGeisler. Nonostante la dura resistenza, le numerose perdite, gli innumerevoli atti d’eroismo el'ottima tattica di sganciamento e ripiegamento attuata dai reparti dell’Asse, specie dai tedeschi, gliAlleati, entrando il 17 agosto a Messina finirono la campagna. Avevano speso più tempo del previstoe ben di più di quanto avevano impiegato i tedeschi a conquistare la Francia, la Polonia e laIugoslavia.

L’enunciazione del nuovo principio della resa incondizionata provocò l’incattivirsi della guerra,della volontà di resistenza dei nemici e una decina di milioni di morti in più. Prima di Casablanca lePotenze durante una guerra cercavano di giungere a un compromesso che chiudesse in anticipo unconflitto in corso. Dopo Casablanca la pace significava la sconfitta totale del nemico.

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Nella campagna di Sicilia, le perdite nelle truppe dell'Asse furono consistenti. Le forze militaripresenti in Sicilia toccarono la cifra di 320.000 uomini. Di questi, quasi 192.000 erano italiani e62.500 germanici. Gli addetti ai servizi erano 60.000 italiani e 5.000 tedeschi.

I militari italiani uccisi furono 4.678. Quelli tedeschi furono 4.325. I prigionieri italiani furono116.681, mentre quelli tedeschi 5.523.

Alla fine della campagna, si registrarono tra le file italiane 36.072 dispersi, mentre tra quelletedesche 4.583.

Gli Alleati lasciarono sui campi di battaglia 2.237 soldati statunitensi e 2.062 britannici. I feritiamericani furono 5.946 mentre quelli britannici 7.137.

I prigionieri americani furono 598, quelli britannici 2.644 (tra cui molti dispersi). In Sicilia siammalarono di malaria 9.892 americani e 11.590 britannici.

La Marina USA ebbe 546 caduti e 484 feriti; in quella britannica vi furono 314 morti e 411.

L’Aviazione americana lamentò 28 morti, 40 feriti e 88 dispersi. Per quella britannica non ho almomento i dati.

Le cifre anzidette sui caduti dell’Asse non furono quelle reali. Perché si riferiscono alle salmeinumate nei cimiteri siciliani. Ben dice i l generale Emilio Faldella, in quel tempo Capo di S.M. delleFF. AA. Sicilia, quando ricorda che: “Molte salme furono inumate sui campi di battaglia, in fossecomuni, che non furono in seguito individuate; Marinai e numerosi Aviatori si inabissarono nei mariintorno all’Isola”.

Non ho il numero delle perdite civili ma furono moltissime.

D: Che cosa avvenne dopo che le tr uppe d’invasione sbarcarono,quale fu i l compor tamento tenuto sul campo nei confronti dei soldati italo-germanici? I br itannici

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distr ibuir ono un manuale a uso delle loro tr uppe, dove gli italiani e la loro ter ra erano dipinti comear retrati e semibarbar i, senza contare i proclami di Patton del tipo “Uccidete, uccidete senza pietà,massacrate con determinazione”, anche i pr igionier i.

Nei primi giorni dopo lo sbarco i comportamenti degli invasori furono molto duri verso i prigionieri everso i civili. Compirono numerose stragi, completamente ignorate dalla storiografia ufficiale. Soloda qualche anno sono state portate alla luce da alcuni studiosi indipendenti. Dopo l’atteggiamentonei confronti degli italiani cambiò: non potevano a sangue freddo assassinare migliaia di prigionieridi guerra. Le rappresaglie potevano colpire anche i loro uomini. E le voci di stragi contro i civili omilitari dell’Asse già cominciavano a circolare. Meglio smettere.

Ai militari alleati furono consegnati due manuali nei quali i siciliani erano dipinti come semibarbarie arretrati. Mi riferisco al Soldier ’s Guide to Sicily, destinato ai soldati, e il Sicily Zone Handbook1943, riservato agli ufficiali.

Gli alleati temevano di più tedeschi, di meno gli italiani. Li avevano visti all ’opera sui vari fronti ene avevano apprezzato il coraggio. Ma sapevano delle deficienze di comando e di armamento delRegio Esercito. Dopo alcuni vergognosi episodi – ad esempio la caduta della piazzaforte di Augusta ele diserzioni di massa di alcuni reparti delle unità costiere, costituiti principalmente da militarianziani, i difensori nell’I sola ebbero una triste sorte: se si arrendevano senza combattere, lidisprezzavano inglesi e tedeschi; ma se si facevano ammazzare in battaglia, allora quel sacrificioappariva inuti le! C’è da dire che la storiografia più recente sta r istabilendo la verità. E i numeri degliitaliani caduti in Sicilia dimostrano il sacrificio e il valore del soldato italiano in Sicilia. Per motivivari molti avevano l’interesse parlare male delle truppe italiane impiegate in Sicilia. Una parte delFascismo repubblicano, ad esempio Farinacci, vide in certi vergognosi episodi accaduti in Sicilia iltarlo che avrebbe portato poi alla crisi dell’esercito dell’8 settembre. L’antifascismo vincitore nonpoteva esaltare i caduti di una guerra fascista, e furono date disposizioni per limitare il numero delleonorificenze per la Campagna di Sicilia. La pubblicistica anglosassone spesso e volentieri ignora lapresenza di truppe italiane durante i combattimenti, e anche quando furono impiegati solo repartiitaliani parla di tedeschi. Sicuramente la preponderanza delle forze nemiche spinse numerosi militarisiciliani, specie quelli dei reparti costieri e delle classi anziane, a sbandarsi e tornare a casa, ma tantialtri impugnarono le armi contro i nemici. Numerosi furono i civili che parteciparono aicombattimenti. E numerosi furono quegli che poi aderirono ai gruppi del Fascismo clandestino,costituitisi già l’indomani dell’occupazione dell’Isola.

Indubbiamente i l discorso di Patton agli ufficiali in Algeria alla vigilia dello sbarco contribuì alcompimento di alcune stragi. Del resto gli angloamericani venivano per occupare una terra nemica:la Sicilia, l’I talia. La loro parola d’ordine al momento dello sbarco era: “Uccidi gli italiani”.

D: Ci può citare gli episodi più famosi, ma al tempo stesso i più sottaciuti per tanti anni, in cui letruppe dei “liberator i” si macchiarono di cr imini di guer ra? Quali furono le misure prese daicomandi Alleati una volta che si vennero a sapere degli eccidi commessi? Vi fu qualcuno che pagòdavanti alla Cor te Marziale o alla fine si prefer ì zittire tutto e mandare assolti o condannati solo apene lievi gli imputati?I l paragone con la strage del Monte Cermis del 1998, dove alla fine nessunodegli ufficiali dell’Us Air Force ha pagato, è d’obbligo; mai nessuna Nor imberga fu istituita per gliAlleati, che invece ancor oggi pretendono di giudicare gli sconfitti e processare anche i loro capi,Saddam e Milosevic sono gli esempi a noi più vicini.

Durante l’invasione della Sicilia gli Alleati si resero responsabili di alcune stragi. Di tre furono

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vittime i civili, di altre i militari italiani.

Penso che ci siano stati anche altr i massacri di militari tedeschi, oltre a quelli dei quali parlo, vistol’odio che avevano gli alleati contro i soldati del Reich, considerati il male assoluto. Salvo alcuneaccuse del generale Rodt per alcune fucilazioni di alcuni soldati arresisi ai canadesi nella Siciliacentrale, non ho al momento altre prove in merito. E’ solo una mia supposizione.

Anche i tedeschi durante la Campagna di Sicilia compirono due stragi di civili - una a Canicattì el’altra a Castiglione – e vicino Messina massacrarono alcuni carabinieri sbandati, presi per disertori.Questi crimini sono stati volutamente dimenticati dalla cultura dominante. Anche se la strage diCastiglione è un po’ nota, soprattutto, ma erroneamente, per essere stata indicata da molti studiosicome la prima strage tedesca in I talia. E’, generalmente, però sconosciuta a livello di massa. Ed ècelebrata sotto tono, durante le annuali celebrazioni resistenziali. Ricordare questa strage avrebbeportato, presto o tardi, a parlare delle altre compiute dagli Alleati in Sicilia.

Quelle avvenute in Sicilia nel 1943 sono tra le pagine più nere della storia militare americane.Pagine sulle quali gli storici negli Stati Uniti discutono da molti anni, mentre in I talia queste vicendesono pressoché sconosciute. Nelle università nordamericane ci sono corsi dedicati a queste stragi,come quello tenuto a Montreal sul tema “Dal massacro di Biscari a Guantanamo”. Negli USA anni fagli esperti di diritto militare hanno valutato le responsabilità dei carcerieri di Abu Ghraib anche sullabase delle precedenti decisioni emesse delle corti marziali che giudicarono i “fucilatori d’italiani”.Perché - com’è agli atti di quei processi - i militari americani si difesero sostenendo di avere soltantoubbidito agli ordini del generale Patton. “Ci era stato detto - dissero - che il generale non volevaprigionieri”.

Per fortuna però da alcuni anni il velo di oblio e di omertà incomincia a squarciarsi, grazie al lavorooscuro ma prezioso di alcuni solitari studiosi, specie siciliani.

L’I sola patì a causa della guerra più di qualsiasi altra regione d’I talia: bombardamenti a tappeto,disoccupazione, carestia, banditismo, stragi, ecc. Solo il terribile flagello della guerra civile le furisparmiato. Del resto la Sicilia nei piani Alleati era indicata col nome in codice di Hor r ified(atterrita, sconvolta). Con fine senso dell’umorismo volevano indicare quali dovevano essere lecondizioni dell’Isola e dei siciliani al momento dello sbarco. La Sicilia fu la prima e la sola regioneitaliana a essere “occupata” e i siciliani furono gli unici italiani a essere definiti e trattati da “nemici”.I l resto dell’I talia, fu, come dicevano gli antifascisti, “liberato” e dall’autunno del 1943, dopo ladichiarazione di guerra alla Germania, gli italiani cominciarono a essere considerati “cobelligeranti”dagli Alleati. I siciliani pagarono sulla loro pelle, tutti i risentimenti, i rancori, gli odi che guerraaveva istillato nell’animo degli Alleati. Sicuramente l’odio, accumulato contro gli italiani durante laguerra, anche se di molto inferiore a quello accumulato contro i tedeschi, considerati i l “nemicoprincipale”, quasi il “male assoluto” da debellare, contribuì a creare la mentalità propizia alcompimento delle stragi. Per David I rving:

“In quegli anni precedenti Nor imberga, i quar tier i generali amer icani prendevano la questionealla leggera. Per fino lo scrupoloso Eisenhower , scr ivendo a George Marshall nel 1943, avevapar lato del problema dei pr igionier i come di un impaccio al quale West Point non aveva preparatoadeguatamente i suoi ufficiali. E ar r ivava ad aggiungere: «Peccato che non abbiamo potutoammazzarne di più». All'inizio degli anni '70, quando fu pubblicato i l car teggio di Eisenhower ,l'atteggiamento era mutato e l'osservazione infelice fu espunta su insistenza del dipar timento dellaDifesa. Se fosse stato Patton a pronunciare quelle parole, i suoi colleghi le avrebbero prese come untipico segno del suo temperamento tr uculento. Ma gli umili soldati venivano addestrati atrasformare le parole in atti, e quando Patton pronunciò effettivamente una fr ase del genere, per

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poco non fu la sua rovina”.

Per Joseph S. Salemi, un docente italoamericano dell’Università di New York, i l cui padre si rifiutòdi sparare a dei civili inermi a Canicattì, l ’immagine che gli Alleati avevano dei siciliani contribuì alverificarsi delle stragi. L’immagine che emerge dalla guida, distr ibuita ai soldati alleati al momentodell’imbarco per Sicilia, non è molto lusinghiera: “I l Soldier ’s Guide to Sicily è un documento didisprezzo, paura e razzismo”. E via elencando. “L’implicazione”, conclude Salemi, “è chiara: isiciliani sono poveri, sporchi, degradati, senza moralità, criminali, viziosi, analfabeti, sessualmenteimmondi ed abituati al pugnale. Per farla breve, non sono umani. Una guida di questo genereprepara il sentiero alle atrocità”.

LE STRAGI DI CI VI LI

LA STRAGE DI VITTORIA

Le stragi in Sicilia iniziarono il 10 luglio 1943. Lo stesso giorno dello sbarco. Nelle ore successiveall’invasione una moltitudine di civili evacuò Acate, dirigendosi verso la vicina Vittoria. Tra iprofughi, in macchina, Giuseppe Mangano, la moglie, Carmela Albani, i l figlio Salvatore Valerio,detto Alberto, i l fratello, Ernesto, capitano medico del Regio Esercito, e la donna di servizio. Dopo ilcasello ferroviario, un gruppo di militari fermò l'auto, dove viaggiava la famiglia Mangano. I lpodestà, dopo aver mostrato i documenti, chiese il rispetto della Convenzione di Ginevraconcernente l’esodo dei civili in zona d'operazioni militari. La r ichiesta esasperò ancora di più queimilitari “avvinazzati e inferociti", che cominciarono a colpire gli uomini e a maltrattare le donne.Tentò di difenderli. Si qualificò. Dopo un attimo d’esitazione, i soldati, notando che l'uomoindossava la camicia nera e portava all’occhiello della giacca la “cimice” del Partito NazionaleFascista, puntarono i fucili, intimando alle donne di entrare in una casa vicina e agli uomini di alzarele mani. Oltre ai Mangano, i militari presero altri uomini prigionieri. In dodici, tutti civili, furonocondotti vicino al caseggiato rurale Iacona e fatti allineare. Alle 19 circa, alcune scariche di mitraposero fine alla loro esistenza. Secondo alcuni testimoni, Valerio, cercò di difendere i l padre, siliberò dal soldato che lo teneva prigioniero, prese un sasso e cercò di colpire un soldato, ma fu ucciso

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da un impressionante colpo di baionetta alla guancia sinistra. Aveva 14 anni, era figlio unico efrequentava il Ginnasio. I corpi restarono insepolti per alcuni giorni. Del capitano non si è saputopiù nulla. Non si conoscono i nomi degli altri fucilati. Non mi sorprenderei se i responsabili dellastrage fossero individuati in alcuni paracadutisti del 2° Battaglione del 505° P.I .R. USA: essi erano"ubriachi" o "avvinazzati ", paracadutisti e hanno occupato Vittoria. A causa del lancio errato eranoandati a finire per sbaglio a Vittoria. Secondo altre voci i Mangano furono ammazzati perché gliamericani vollero rapinarli dell’auto e dei preziosi che i civili portavano con loro. Quest’unità eraaggregata al momento dello sbarco all’82ª Divisione aviotrasportata USA.

LA STRAGE DI PIANO STELLA DI CALTAGIRONE

Alle 17 circa del 13 luglio un’altra strage di civili avvenne a Piano Stella, a un paio di chilometridall’aeroporto di Biscari. A Piano Stella vivevano circa 40 famiglie d’agricoltori, assegnatari di lotti ecase coloniche. Furono assassinati a colpi di fucile mitragliatore i l profugo di Vittoria GiovanniCurciullo, il figlio tredicenne Sebastiano, i calatini Giuseppe Alba, Salvatore Sentina e il reduce dellaI guerra mondiale Giuseppe Ciriacono. Solo i l figlio dodicenne del Ciriacono, Giuseppe, furisparmiato. Tutti erano stati in precedenza prelevati da un vicino rifugio, costruito artigianalmentedal Cir iacono come ricovero familiare dai bombardamenti che avevano per obiettivo il vicinoaeroporto. Nessuno di loro aveva compiuto atti ostili contro gli invasori o possedeva armi. Anzi,qualche ora prima avevano curato un soldato americano ferito. Per lo storico Nunzio Vicino la stragesarebbe una conseguenza dell'intervento in aiuto dei soldati italiani e tedeschi, impegnati controparacadutisti americani nel vicino bosco Terrana, del perito agronomo Fiore, detto “l’ingegnere”, exsquadrista, romano, assegnato come consulente e dirigente tecnico al Borgo. Fiore, avrebbe uccisoun paracadutista nemico, sceso davanti casa sua, provocando la rappresaglia degli americani,avvisati da un altro militare, non notato dall ’“ ingegnere”. Fiore r iuscì a scappare aiutato da alcuniabitanti della zona. Per lo storico Gianfranco Ciriacono, Fiore sarebbe andato via un paio d’oreprima della strage. Seguirono un tentativo americano di occultare i corpi e una denuncia aiCarabinieri. I quali informarono i superiori. Ritengo che i probabili responsabili della strage sianoda ricercare tra i soldati dell'82ª Divisione aviotrasportata.

LA STRAGE DI CANICATTI ’

Un altro eccidio di civili avvenne a Canicattì, Agrigento. Nel registro dei morti risultano i nomi di:Diana Antonio, 50 anni, bracciante; Messina Vincenzo, 40, contadino; Salerno Giuseppe, 31, nato aVillalba, bracciante; Corbo Vincenzo, 22, contadino; La Morella Alfonso, 43, contadino; TodaroVincenza 11, “scolara”. La strage avvenne il 14 luglio, alle 18, nella Saponeria Narbone-Garilli di vialeCarlo Alberto. Ne sarebbe autore il tenente colonnello che si era insediato al Comune comeresponsabile dell'AMGOT, un ente alleato, formato in gran parte da ufficiali della riserva, il cuicompito era di r istabilire le funzioni di governo nelle zone italiane occupate. L’ufficiale quel giorno sitrovava al Municipio in compagnia d’alcuni interpreti del servizio di spionaggio americano. Traquesti militari c'era il padre d’origine siciliana di un docente della New York University e delBrooklyn College, i l professor Joseph S. Salemi. I l professore, a distanza di molti anni ha raccolto latestimonianza del padre, Salvatore, presentata poi in una relazione. Poco prima delle 18 un civileitaliano entra nel Municipio di Canicattì. Lamenta che la popolazione sta saccheggiando il depositodi viveri e la fabbrica di sapone. Chiede l’aiuto degli americani. Sulla strage ci sono due versioni. PerSalemi quando il responsabile dell’AMGOT capì la natura delle lamentele del “proprietario o un suoagente” chiamò un gruppo di P.M. e un sottotenente. Ordinò d’accompagnarlo alla fabbrica ed’arrestare i saccheggiatori. Decise poi di recarsi sul posto di persona. E ordinò a tre appartenenti alG-2 di accompagnarlo. Per Salvatore J. Salemi, che l’accompagnò, “andava alla saponeriadirettamente per sparare …Volle ammazzare qualcuno: la faccia rivelava i pensieri”.

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La P.M. aveva già arrestato dalle 30 alle 40 persone, molte donne e bambini. Dopo il suo arrivo, ilcolonnello ordinò al sottotenente di sparare sui civili . I l giovane restò pietr ificato e non si mosse. I lcolonnello ripeté inuti lmente l’ordine ai P.M. Si rivolse allora al personale del G-2 che l’avevaaccompagnato. Ordinò a ognuno di loro di sparare. Nessuno di loro voleva però uccidere dei civiliinermi. Vedendo che il suo ordine non era stato eseguito, il colonnello tolse dalla fondina una Coltautomatica calibro 45. Fece fuoco ad alzo zero, da una distanza di tre metri circa sui civili inermi.Svuotò tre caricatori. I borghesi cercarono di scappare, e alcuni forse ci riuscirono. Egli però uccise oferì la maggioranza dei civili . Erano imprigionati tra il muro della fabbrica e i militari che libloccavano. Un bambino, di circa 12 o 13 anni, ricevette un colpo nello stomaco. Morì poco dopo. I lsuo stomaco era scoppiato. Per la versione ufficiale, nascosta nei “National Archives”, accadde:

“La mancanza di cibo sfociò in disordini che furono domati solo con gran difficoltà dai 14 M. P. ...Avevano per pr ima cosa sparato sopra le teste della teppaglia turbolenta. Quando cessarono glispar i, la folla scese nelle strade e continuò a ur lare.

I l tenente colonnello McCaffrey allora fece un rappor to sulla situazione al Capo di stato maggioredella 3ª Divisione che diede ordine di fucilare i saccheggiator i catturati in azione, se necessar io,per r istabilire l’ordine, e di chiamare il colonnello Johnson, comandante del 15° reggimentofanter ia, per aiuto. Un plotone di fanter ia e un buon interprete furono mandati dal colonnelloJohnson. Al plotone fu assegnato i l compito di r equisire tutte le armi e le munizioni della città... 50fucili e munizioni furono trovati alla stazione fer roviar ia e un quantitativo maggiore d’armi fur invenuto in altre par ti della città.

In un altr o punto della città, i l tenente colonnello McCaffrey, stava assistendo all’individuazionedei possessor i d’armi e munizioni, catturò un cer to numero di saccheggiator i nell’atto di por tar viadel sapone. Li ar restò. Vide altr i che su car retti tr aspor tavano sapone per le vie. Ordinò loro difermarsi e quando i conducenti continuarono, egli fece fuoco sulle loro teste. I conducentiscapparono. Inseguendo i car retti in fuga, giunse a una fabbr ica di sapone, fuor i della quale c’erauna gran folla, che evidentemente stava saccheggiando il posto. I l tenente colonnello McCaffr ey e i lplotone di fanter ia cer carono di fermare il saccheggio e di ar restare i saccheggiator i. Nonubbidir ono ai loro ordini. I l tenente colonnello McCaffrey allora sparò ad alcuni uomini nella follae i fanti ar r estarono gli altr i. Sei uomini furono uccisi. Qualcuno dei fuggiaschi potrebbe esserestato ucciso”.

Salemi Jr accusa il colonnello George Herbert McCaffrey. I l colonnello fece carriera. Divenne primaresponsabile per la provincia d’Agrigento, poi capo della Regione Militare d’Occupazione 2, Calabriae Basilicata. Chiuderà la carriera militare partecipando con un alto incarico governativo alla guerradi Corea.

Fatto i l danno, bisognava mettere la sordina, non far sapere nulla in giro. Le ripercussioni potevanoessere enormi, le carriere potevano essere compromesse, qualcuno poteva essere accusato di criminidi guerra. Meglio la censura. Tanto pesante che solo oggi, dopo quasi 70 anni, comincia a squarciarsiil velo che copre quelle stragi.

I civili assassinati a Piano Stella forse furono uccisi anche per le parole pronunciate da Patton inuno dei discorsi tenuti a Mostagem, in Algeria, davanti agli ufficiali suoi subordinati. Queste parolefurono poi ripetute dagli ufficiali ai soldati in procinto di sbarcare nella cuspide meridionaledell’I sola. Durante il processo Compton al capitano Jean Reed chiesero se Patton avesse dettoqualcosa sui civili . La risposta fu: “Disse che se le persone nelle città persistevano nel rimanere nellevicinanze della battaglia ed essi erano nemici, noi dovevamo spietatamente ucciderli, spazzarli via”.Anche se Ciriacono e gli altri civili erano rimasti nei pressi delle zone di combattimento, questo non

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ne giustifica l’assassinio. E' sempre un crimine contro l’umanità. Meno giustificata ancora è la stragealleata di Vittoria. I l podestà d’Acate e gli altri stavano sfollando dalle zone di combattimento efurono uccisi a freddo a un posto di blocco. Giuseppe Mangano avrebbe pagato perché ancoraindossava il distintivo del Partito Nazionale Fascista o perché rispondeva in malo modo a dei soldatiitaloamericani, ma gli altri perché furono uccisi? Qual è la loro colpa? Ma indossare il 10 luglio 1943un distintivo del P.N.F. poteva essere considerato un crimine da pagare con la vita? I l P.N.F. era unlegittimo organo dello Stato italiano, già riconosciuto dagli Alleati.

LE STRAGI DI M I LI TARI

LA STRAGE DEI CARABINIERI DI GELA

Le stragi di prigionieri italiani iniziarono con l’invasione. La prima, fino a questo momentoconosciuta, fu compiuta a Gela verso le sette del mattino del 10 luglio 1943. L’eccidio si consumò a 8chilometri da Gela, sulla Statale 115 per Ragusa. In località chiamata Passo di Piazza, i RealiCarabinieri avevano costituito un “posto fisso”. I militari, al comando del vicebrigadiere CarmeloPancucci di Agrigento, dovevano vigilare la linea ferrata che correva parallela al mare, poco distante.Erano una quindicina. Per fortuna però al momento della strage due erano di pattuglia, come daordini, nonostante fosse in corso lo sbarco. Dopo la resa della “stazione”, secondo alcuni documentiufficiali, i carabinieri furono prima disarmati, perquisiti e derubati di tutto quello che avevano diprezioso; poi furono messi allineati al muro vicino al pozzo con le mani sulla testa e fucilati allaschiena. Otto rimasero sul terreno. Tra questi, certamente morì, Michele Ambrosiano, richiamato epadre di cinque figli. Un carabiniere della provincia di Avellino, Nicola Villani, fu ferito gravemente.Tre si salvarono con certezza: i l vicebrigadiere Pancucci e i carabinieri Francesco Caniglia di Oria,Brindisi, e Antonio Cianci di Stornara, in provincia di Foggia.

La figlia maggiore di Ambrosiano, Anna Maria, nel 2010 nutriva ancora rancore contro ilPancucci, i l cui ordine di sparare contro i nemici aveva determinato, a dire della signora, la mortedel genitore. Aveva ancora un astio violento anche nei confronti dello Stato che aveva lasciato lamadre vedova di 35 anni con cinque figli piccoli senza assistenza e con una pensione di 500 lire. Lafamiglia aveva patito la fame e aveva tirato avanti anche grazie all'aiuto del nonno materno,emigrato in America prima della guerra e che inviava dollari e vestiti.

La figlia del defunto vicebrigadiere Pancacci, di Agrigento, ricorda che il papà, dopo la guerra leraccontava, che il posto fisso affidatogli era stato attaccato, dopo il sorgere del sole luglio, da unsoverchiante gruppo di americani. Dopo una resistenza iniziale che era costata la vita di quattrocarabinieri, il sottufficiale, anziano ed esperto anche per avere combattuto in Africa Orientale comeCamicia Nera, per pietà dei sopravvissuti, uno dei quali padre di cinque figli, aveva preso la tovagliabianca del tavolo su cui mangiavano e l'aveva platealmente sventolata per arrendersi. Questo gestonon aveva però fermato il fuoco nemico. Pancucci e i suoi camerati furono poi portati in Algeria. Unelemento oggettivo che in parte conferma la tesi di Caniglia è offerto dal Diario storico della legioneterritoriale dei Carabinieri Reali di Palermo, relativo al periodo dal 10 luglio a1 31 dicembre 1943.Nel brogliaccio erano riportati come deceduti tre carabinieri per “eventi bellici” presso la stazione diPasso di Piazza (Donato Vecce, Antonio Di Vetta, Michele Ambrosiano), mentre 13 dei militari eranocitati come caduti in mani nemiche: Vicebrigadiere Carmelo Pancucci e i carabinieri FrancescoCaniglia, Antonio Cianci, Giuseppe Di Giovanni, Nicolò Gambino, Aldo Gianni, Alessandro Giannini,Mario Imbratta, Raffaele Matera, Annibale Musilli, Giuseppe Rodio, Nicola Villano e GaetanoVitellaro. Mentre Caniglia parla di 12 uomini in organico al posto fisso, i l Diario storico della legionedi Palermo lascia credere che fossero 16 e Cianci racconta di 16-18.

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C'è da rilevare che la redazione del documento fu scritta dal colonnello comandante LauroAndreoli, a Palermo, il 29 febbraio 1944. La Sicilia era stata restituita all’amministrazione delgoverno del Sud del maresciallo Badoglio solo da pochi giorni: l’11. Penso che non sia stato facileaccusare ai propri superiori gli occupanti americani di aver fatto pochi mesi prima una strage inSicilia. Forse il colonnello però pensò che la cosa potesse essere utile all’I talia nel dopoguerra.

Nella notte erano stati lanciati sui cieli della zona numerosi paracadutisti americani. I carabinieri,all’alba, si accorsero che erano circondati dai nemici che intimavano la resa. Uno dei carabinieri,Antonio Cianci, 21 anni, era salito sul tetto della casa per vedere cosa stesse accadendo. Dopo 66anni Cianci racconta la strage:

“Ho avuto la sensazione che l'elmetto di un gruppo di soldati che si stavano avvicinando all ’edificiodove eravamo alloggiati fosse tedesco; erano sei o sette e camminavano nella campagna piuttostoindifferenti. Avevamo ordini, nel dubbio, di sparare e mirai a uno del gruppo; lo colpii perchécadde subito …Io sparavo con il moschetto e loro r ispondevano con i mitr a e avevano i binocoli perosservarci; noi eravamo in tre con il vicebr igadiere e un carabiniere, giovane come me, di Salerno.Dopo un po’, gli amer icani dovettero dare ordine alle loro navi di sparar ci con i cannoni e noiscendemmo subito nelle stanze di sotto; i nemici, vedendo che avevamo smesso di sparare,dovettero avvisare le navi che sospesero i l bombardamento”. Poi gli amer icani si avvicinarono alpresidio: «A quel punto - prosegue Cianci - andai al muro per imetrale: in realtà avevo bisogno dior inare. Ma non ebbi il tempo, perché vidi un gruppo di una decina di soldati nemici.Impressionato (in quel momento ero disarmato), girai su me stesso e r isalii la rampa di scale dicor sa per avvisare i l vicebr igadiere Pancucci che di sotto c' erano i nemici. I l nostro sottufficiale cidisse di appostarci dietro le finestre e r ispondere al fuoco; subito, però, le navi r icominciarono ilbombardamento. Quando Pancucci si rese conto che stavano scoppiando i vetr i delle finestre, che lepor te venivano scardinate e i calcinacci cadevano da tutte le par ti, che la palazzina, centrata, cisarebbe crollata addosso, mi ordinò di espor re alla finestra un lenzuolo; un altro di noi fece lostesso con la tovaglia bianca del tavolo dove consumavamo il r ancio». Bandiera bianca, la r esa deicarabinier i era inevitabile: «Abbandonammo tutte le armi nelle stanze e ci avviammo verso lescale dove due paracadutisti ci aspettavano con le armi puntate; ur lavano e ci facevano capir e agesti di scendere in fi la indiana e con le mani alte e bene in vista. Nel cor ti le fummo allineati tuttiquanti - nel conflitto a fuoco nessuno era stato colpito - e ci fu chiesto se c’erano altr i nelle stanze;alcuni degli amer icani salirono nei locali per controllare. In r ealtà non c’era nessun altro militare.A questo punto la situazione sembrava essersi r asserenata e i paracadutisti ci consentir ono diappoggiare le mani sulla testa con le dita incrociate, per non stancarci». Poi la situazioneprecipitò: «Altr i militar i amer icani ar r ivati in un secondo momento - r icorda Cianci -cominciarono a percuotere con i calci dei fucili le por te dei locali attigui a quelli della caserma, in

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cui erano alloggiati dei contadini. Questo, credo, fece pensare ai nostr i guardiani che avessimomentito e che alle loro spalle ci fossero altr i nostr i compagni asser ragliati. Non stettero a pensarcidue volte e cominciarono a sventagliarci con raffiche di mitra. Quando ci spararono, tre o quattr odi noi mor irono subito, parecchi furono fer iti e io feci finta di essere stato colpito. Siccome milamentavo, ter ror izzato, uno degli amer icani mi venne vicino e mi apr ì la camicia perché io gliindicavo di essere stato fer ito all’altezza del cuore. Quando vide che non avevo niente mi rassicurò:"Good, good". Vicino a me, alla mia destra, c’era un carabiniere mor to; un altr o commilitone diSalerno era gravemente fer ito alla spalla sinistra e piangeva. C’erano altr i carabinier i a ter ra, maero spaventatissimo e non mi accer tai se fossero mor ti o fer iti”.

La sorte aveva risparmiato Cianci, ma le disavventure non erano finite. Fu deportato, con Pancucciin un campo di concentramento gestito dai francesi di De Gaulle, in Afr ica. Ricorda Cianci:

“Dopo una mezz’ora, quando si erano calmate le acque, ci misero in colonna, compresi i feriti, e ciportarono in mezzo alla campagna. Rimanemmo tre giorni sulla spiaggia con un freddo notturnoterribile; ci mettevamo uno sopra l’altro per riscaldarci. Quando ci imbarcarono per l’Algeria, sullarampa delle navi ci perquisirono e rubarono tutto quello che avevamo (portafoglio, denaro, pennestilografiche, collanine d’oro, anelli, orologi). Quando arrivammo in Nord Afr ica, dovemmo fare unamarcia di 60 chilometri …”.

LE STRAGI DI BISCARI

Altri massacri avvennero nella zona di Biscari, l’odierna Acate. All'attacco dell’aeroporto di Biscariandò la 45ª Divisione, detta Thunderbir d, dal totem sulle mostrine. Era formata da indianicherokee, seminole e apache, prelevati dalla Guardia nazionale, provenienti dall’Arizona,dall’Oklahoma e dal New Mexico e cow boy. C’erano anche numerosi italoamericani. Anche se privid’esperienza, gli uomini della 45ª erano tra i più addestrati, sia sul piano tecnico sia su quellopsicologico, dell'intero esercito statunitense ed erano affidati a un ottimo comandante, TroyMiddleton. Inoltre, il generale George Patton, comandante della VI I armata americana li avevaarringati in modo fin troppo esplicito: “Uccideteli, uccideteli, uccideteli”. Addestrarsi agli ordini diPatton non era mai stato uno scherzo ma ora l'addestramento diventava particolarmente durocomprendendo anche 36 ore consecutive in azione, senza alcuna pausa. Quello sulle coste isolane fuil loro battesimo del fuoco. Avevano l'ordine di conquistare entro 24 ore gli aeroporti di Ponte Olivo(Gela), Comiso e Biscari o Santo Pietro: erano necessari per trasferirvi dall’Afr ica gli aerei Alleati. Gliamericani volevano difendere dal cielo le teste di ponte già costituite, mantenere e accrescere lasupremazia aerea nella zona. Gli italiani, oltre a proteggere l'aeroporto, dovevano garantire i l lentoripiegamento delle loro truppe e della Divisione H. Goer ing verso le pendici dell'Etna. Gli americanipensavano di conquistare in breve tempo gli obiettivi. Invece la disperata resistenza di due divisioniitaliane e di poche unità tedesche li fermò per quattro giorni. Questo fatto li fece andare in bestia,causando diverse stragi nella zona.

I l 27 giugno, Patton aveva parlato agli ufficiali dell’Armata avvisandoli su quanto poteva capitare inSicilia. I l generale Albert C. Wedemeyer, che assistette all'evento, scrisse: «Li ammonì di fare moltaattenzione nel caso in cui i tedeschi o gli italiani avessero alzato le mani mostrando l'intenzione diarrendersi. Affermò che qualche volta i l nemico si comportava in quel modo per far abbassare laguardia ai soldati. I nemici in parecchie occasioni avevano sparato sui nostri uomini ignari e avevanogettato granate. Patton avvertì i militari della 45ª di stare attenti e di “uccidere quei figli di puttana, ameno che non fossero stati certi della loro reale intenzione di arrendersi"».

Gli scontri erano stati molto duri vicino a quello che gli americani avevano chiamato “il Viale diAdolph”, la Strada Provinciale 115. Molti persero il controllo dei nervi. Moltissimi erano persuasi

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che Patton avesse ordinato di non fare prigionieri. Decine di soldati, graduati e ufficiali testi-moniarono al processo: “C’era stato detto che Patton non voleva prenderli vivi. Sulle navi che citrasportavano in Sicilia, dagli altoparlanti c’è stato letto il discorso del generale. "Se si arrendono,quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quartacostola, poi spara. Si fottano. Nessun prigioniero! E' finito i l momento di giocare, è ora di uccidere!Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali!”

Di una strage, avvenuta quel maledetto 14 luglio a Santo Pietro, abbiamo due testimoni. Furonomassacrati 33 uomini, 29 soldati italiani e 4 tedeschi. Si erano arresi agli americani. Ma li fucilaronolo stesso. Virginio De Roit, classe 1912, vicentino, di Santa Maria di Camisano, apparteneva alla 3ªcompagnia, CLI I I battaglione mitraglieri. I soldati avevano il compito di difendere l’aeroporto diSanto Pietro. Per difendere l’aeroporto i nostri avevano 200 uomini e sette mitragliatrici Breda; itedeschi della Goer ing avevano aggiunto un cannoncino con quattro artiglieri. A mezzanotte circadel 13 luglio, alla compagnia di De Roit, folta di veneti e di bresciani, arriva l’ordine di salire sugliautocarri tedeschi e di ripiegare su Santo Pietro, lasciando la posizione. Mentre i soldati siaccingevano a ritirarsi, scoppiò l’inferno attorno ad un bunker presidiato da quattro tedeschi e daquattro italiani del 122° reggimento. Erano arrivati i nemici.

De Roit e i suoi camerati investiti da un pesante fuoco nemico furono costretti ad arrendersi. Inemici prima li derubarono d’ogni oggetto di valore. Poi ordinarono di spogliarsi e di togliersi lescarpe. In mutande, camminando scalzi su sassi e rovi, furono condotti fino a uno spiazzo accanto alsughereto. Qualcuno ordinò di scavare una buca e di mettersi in fi la per due. Poi… “Un negro dallafaccia brutta, ricorda a 61 anni dai fatti De Roit, impugnò il parabellum e cominciò a sparare al pettodei primi due, che erano tedeschi. Poi ancora due tedeschi. De Roit, il suo compaesano SilvioQuaiotto e l’anconetano Elio Bergamo si buttano nel vicino fiume Ficuzza. Intanto le mitraglietteamericane compiono l’eccidio. Sotto i loro colpi cade Battista Piardi di Pezzaze: aveva 25 anni, si erasposato l’anno prima. Cade Leone Pontara di Concesio, 23 anni. Cade Mario Zani, contadino d’Iseo.Cade Attilio Bonariva di Lozio. Cadono anche Gottardo Toninelli e Pietro Vaccari di Brescia e altriloro giovani commilitoni. Muoiono il caporale Luigi Giraldi di Brescia, Aldo Capitanio, compaesanodi De Roit. Cade Angelo Fasolo di Camin, Padova. Cadono Salvatore Campailla - siciliano, postino aNervi - e Sante Zogno di Lodi. Bergamo non lo vedemmo più. So soltanto che a casa sua non è maiarrivato”. Altri sette figurano fra i dispersi o i "morti presunti": sono Luigi Ghiroldi di Darfo, AttilioBonariva di Lozio, Leone Pontara di Concesio, Battista Piardi di Pezzaze, Gottardo Toninelli e PietroVaccari di Brescia, Mario Zani d’Iseo.

Nel dopoguerra De Roit parlò della strage anche al suo distretto militare: “Lascia stare - glidicevano - adesso ci sono i partigiani, comandano gli americani”. Così i l massacro è stato affidatosolo al lutto privato delle famiglie. Incerta la sorte dei corpi dei soldati. Secondo De Roit le salmefurono bruciate, poi deposte nel cimitero di Caltagirone. Secondo altre voci furono bruciate con unlanciafiamme, seppellite nel Cimitero di guerra americano di Gela e poi portate in America. Qualcheanno fa su quest’eccidio la Procura di Padova ha aperto un fascicolo. Sconosco i risultati.

Dopo la conquista dell’aeroporto di Biscari, avvenuto nelle prime ore del 14 luglio, il sergenteWest, della compagnia “A” del 180° Fanteria, fu chiamato dal maggiore Roger Denman, dal qualericevette in consegna 46 uomini, tedeschi e italiani. West doveva trasferirli nelle retrovie, lontanodall'aeroporto, in un luogo dove non avrebbero potuto osservare i movimenti delle truppe. I lsottoufficiale designò il caporale Michael Silecchia e i soldati Amerigo Bosso, William Pastore,Herman Redda, Jerry Browne ed Ewald Wilhelm. Dopo aver allineato i prigionieri in due colonne,ordinò di marciare lungo la strada provinciale che collegava l'aeroporto con Acate. Ai prigionieri, perevitare che potessero scappare, fu ordinato di spogliarsi e di togliersi le scarpe. Dopo circa 400metri, i l sergente li fece fermare e separò nove o dieci prigionieri.

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Dalle testimonianze, raccolte, è evidente che la condotta dei prigionieri era buona. Non ci furonotentativi ribellione. Nessuno cercò di fuggire. West manifestò, dopo aver fatto fermare i prigionieri,l'intenzione di ucciderli, dicendo: "Sto uccidendo questi figli di puttana". West chiese e ottenne dalsergente Brown un mitra, una Tommy gun e un caricatore di 30 cartucce. Erano circa le 12 del 14luglio. Nessuno, da parte degli altri soldati presenti, sollevò obiezioni o tentò di bloccare il sergenteWest. Nemmeno i militari italo-americani ebbero pietà dei loro connazionali. Dopo aver fattodisporre i prigionieri in due colonne con la faccia rivolta verso di lui, iniziò a sparare, puntando lamitragliatrice ad altezza d'uomo. Un testimone dichiarò che "i prigionieri iniziarono a urlare e aimplorarlo". Dicevano: "No, no, in italiano". Tutto inutile. West continuava a uccidere, senza pietà.Tre dei prigionieri cercarono invano di fuggire. Uno dei soldati ebbe l'ordine di ucciderli. Mirò eammazzò. Uno dei fuggiaschi cadde cinque o sei passi più avanti. West ricaricò l’arma. Se qualcunorespirava ancora, sparava il colpo di grazia.

Sempre quel 14 luglio, verso le 15, sulla stessa maledetta collina che porta all'aeroporto di Biscari,accade un’altra strage. I l capitano John Compton, della compagnia "A" del 170° fanteria, ordina alsuo combat team l’assassinio d’altri 36 prigionieri di guerra. I l combat team del capitano Comptonaveva avuto solo quel giorno ben 12 morti su 34 uomini. I l combat team cerca di snidare i nemici chebloccano la sua avanzata. C'e una postazione nascosta su una collina che continua a bersagliare lapista. Un italiano si presentò ai nemici con uno straccio bianco. Da quel fortino uscirono in 40:cinque, secondo l’imputato, avevano giacche e maglie civili, ma i pantaloni e gli stivali erano militari.Gli altri erano in divisa. Dire che alcuni prigionieri indossassero abiti civili potrebbe essere unabugia per alleggerire di molto la posizione processuale dell’imputato. Dopo aver visto i prigionieri, i lcapitano ordina al sergente Hair di formare un plotone d’esecuzione per giustiziare quei "figli diputtana" che per tutto i l pomeriggio hanno bersagliato il suo combat team. Li fa mettere in riga e,sotto i l suo comando, ordina la loro esecuzione. In 24 si offrono volontari. In 10 sparano centinaia dipallottole sul mucchio degli italiani. L'inchiesta termina con l'incriminazione del solo ufficiale perl’omicidio di 36 uomini. I loro corpi non furono seppelliti. Giacciono forse ancora là, nella zona deltorrente Ficuzza, ad Acate.

I l giorno dopo, i l cappellano militare della 45ª , William E. King, mentre percorreva in jeep la S.P.Biscari - aeroporto di Biscari, intravide un gruppo di corpi. Contò i resti esanimi di 34 italiani e di 2tedeschi. Erano allineati, invece del casuale cadere in combattimento, senza scarpe e senza camicie.Tutti erano stati colpiti all ’altezza del cuore. Alcuni avevano il cranio aperto, come se fossero staticolpiti da un’ascia o da un badile. Passò circa due ore a discutere con molti soldati che avevanolasciato i loro posti per manifestargli la loro forte insoddisfazione per il trattamento riservato aiprigionieri. Non volevano più andare a combattere: si doveva smettere di ammazzare i prigionieriche “avevano alzato le mani, o che avevano cercato di arrendersi, e l’uccisione di prigionieri allespalle”. Fu proprio grazie alla ferrea volontà del cappellano King se i massacri di Biscari non furonoinsabbiati. King raccontò tutto al tenente colonnello Willerm O. Perry, Ispettore generale diDivisione, figura simile ai nostri pubblici ministeri. Perry riferì al generale Omar Bradley, cheprobabilmente voleva togliersi qualche sassolino dalle scarpe contro Patton. Secondo alcuni storicimilitari quando Bradley seppe di questi incidenti, inorridì e riferì subito tutto a Patton. I l quale,secondo Bradley, liquidò bruscamente l'argomento. Lo definì “una probabile esagerazione”. Pattonchiese all’altro “di dire all'ufficiale responsabile delle fucilazioni di riferire che gli uomini uccisierano cecchini o che avevano tentato di fuggire o qualcos'altro, altrimenti la stampa farà il diavolo aquattro e anche i civili s'infurieranno. D'altra parte, ormai sono morti, e non c'è più niente da fare”.Secondo altri, Patton decise di far processare “quei bastardi”. Bradley però ordinò che i due uominifossero deferiti alla Corte marziale. I due erano imputati di avere “fucilato con premeditatacattiveria, volontariamente, i llegalmente e con crudeltà 73 prigionieri di guerra”.

I l maggiore Roger Denman testimoniò che il 12 giugno ‘43, a Camberwell, Patton avrebbe detto

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agli ufficiali: "L’organizzazione che era in azione non doveva fare troppi prigionieri, di cercare di nonfraternizzare con loro" e che "durante i combattimenti non dovevamo prendere prigionieri,specialmente se erano stati cecchini e avevano combattuto le nostre linee avanzate". Insomma,"l'ordine era di non fare prigionieri nei casi appena citati". La notte stessa dello sbarco, su una dellenavi che trasportavano le truppe, i l colonnello Willam W. Schaffer lo ricordò ai soldati, attraverso glialtoparlanti. Secondo il sergente Brown, Patton avrebbe detto che "non voleva prigionieri". I lleitmotiv, prima di partire dal Nord Africa, era: "Uccidi, uccidi, uccidi; e ancora uccidi". Altretestimonianze dello stesso tenore arrivano soprattutto dai sottufficiali. Gli ufficiali, invece, riportanoversioni diverse del discorso di Patton. Per il colonnello Federech E. Cookson, le parole di Pattonbisogna interpretarle nel giusto significato: "Vero è che desiderava una divisione d’assassini, ma soloquando un nemico avesse continuato a sparare fino a una distanza di 200 metri circa, e poi si fosseavvicinato con le mani in alto in segno di resa, questi non doveva essere fatto prigioniero.Conoscendo bene il generale Patton, posso affermare che lui sicuramente voleva dire che nonbisognava prendere prigionieri durante uno scontro a fuoco”.

La sentenza fu emessa il 3 settembre, lo stesso giorno in cui a Cassibile i l generale Castellanofirmava l’armistizio. La condanna all’ergastolo però fu scontata solo in piccola parte. Qualcuno eraterrorizzato dalle possibili r ipercussioni di quei massacri. Temeva il danno d'immagine in I talia - erastato appena stipulato l'armistizio - e i l rischio di ritorsioni sui prigionieri americani. Si decise ditenere lontano West dagli USA: agli arresti in una base in Africa settentrionale. Quando la sorella diWest però iniziò a scrivere al Ministero della Guerra, a sollecitare l'intervento del parlamentare dellasua contea, qualcuno a Washington incominciò preoccuparsi per un altro motivo: la scottantevicenda poteva finire sui giornali, e, quindi, conosciuta in tutto i l mondo, paesi dell’Asse compresi.

I l 1° febbraio 1944 il capo delle pubbliche relazioni del Ministero della Guerra sollecita al ComandoAlleato di Caserta un “atto di clemenza” per West. Così dopo solo sei mesi, West è rilasciato emandato al fronte. Morirà nel suo letto, in America, dopo molti anni.

Al processo contro Compton, tutti si difesero dicendo che non avevano riposato per tre giorni, chela compagnia aveva avuto numerose vittime e, soprattutto, richiamando il discorso di Patton. Tutti itestimoni - tra cui diversi colonnelli - confermarono le frasi di Patton, quel terribile “se si arrendonosolo quando gli sei addosso; ammazzali”. Alcuni riferirono anche che Patton aveva detto: “Più neprendiamo, più cibo ci serve. Meglio farne a meno”. Compton fu assolto.

Si sviluppò una complessa manovra per nascondere stragi. Rimaste, infatti, sostanzialmenteignorate fino al 2005. Proprio in quei giorni, Patton è in pratica silurato. Nei film e nelle biografiepiù vecchie, la caduta in disgrazia di Patton è collegata agli schiaffi dati a due soldati americani, ri-coverati per “choc da bombardamento” in un ospedale da campo a Troina. Ora però alcuni storicisospettano che la vicenda degli schiaffi fu usata per coprire le stragi di prigionieri: potevano avereeffetti pesantissimi sull'opinione pubblica mondiale, sui rapporti con il governo Badoglio e suiprigionieri americani in mano dei tedeschi.

I l 18 agosto 1943 cessò ogni resistenza italo-tedesca in Sicilia. Patton rimase a Palermo, nell’attesadi nuovi incarichi. La maggior parte delle Divisioni della VI I Armata fu trasferita alla V Armata,assegnata alla Campagna d’I talia. Anche se “disoccupato” era in ogni caso uti le. Nei mesi successiviPatton non fu mai ufficialmente interpellato sui piani operativi degli Alleati. Ma, riservatamente,spesso qualcuno degli alti gradi statunitensi lo consultava sulle strategie da seguire e dei progettioperativi. Era forse il miglior stratega alleato sul fronte europeo.

L’inchiesta si chiude con un fascicolo top secret che evidenzia i l peso delle frasi di Patton. I ldocumento però non sollecita iniziative contro Patton. Mancano pochi giorni al D-Day e la dura

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esperienza dello sbarco di Anzio sta convincendo Eisenhower a riuti lizzare i l focoso generale, moltopopolare tra i soldati e in America. Soprattutto però si vuole impedire lo scandalo. Inoltre, la suaincriminazione avrebbe reso più diffici le la tutela del segreto sulle atrocità.

I l capitano Compton cadde in battaglia in I talia nel novembre 1943. Stava andando a prenderealcuni tedeschi che sventolavano una bandiera bianca. La sua assoluzione è, però, diventata un casogiuridico, che ha cominciato a circolare tra gli addetti ai lavori della giustizia militare americanadopo la fine del conflitto. Un precedente “riservato”. Si voleva evitare anche ogni influenza suiprocessi ai criminali di guerra tedeschi. Oggi alcuni storici statunitensi, assolutamente nonsospettabili di revisionismo, ritengono che, sulla base della sentenza Compton, dovessero essereassolte le S.S. fucilate per gli omicidi di prigionieri americani.

A Biscari gli americani si resero protagonisti di almeno un’altra strage. Su questo caso, fino a ogginon si sono celebrati processi. Solo adesso la magistratura ha aperto un fascicolo, a Palermo. Lastrage ha un testimone: Giuseppe Giannola, classe 1917, palermitano, miracolosamente sfuggito trevolte alla morte. Le vittime: una cinquantina di prigionieri. Erano avieri e artiglieri, posti a difesadell’aeroporto di Biscari. Ecco com’è andata, nel racconto dell’aviere Giannola:

“I l 10 luglio il maggiore ci ha detto: “E’ ora di fare i l nostro dovere”. Sono stati distribuiti i moschetti:i vecchi fucili ‘91’ della Grande Guerra. …I l 13 ci siamo schierati nelle trincee intorno alla pista. I lprimo attacco è cominciato nel pomeriggio: abbiamo sparato per più di un’ora, un caricatore dietrol’altro …Li abbiamo respinti, ma non potevamo fare di più.. Prima dell’alba i nemici hannocircondato il rifugio. Due bombe sono esplose davanti alle uscite. Ci hanno urlato di venire fuori conle mani alzate e abbiamo obbedito. Siamo stati perquisiti, ci hanno tolto tutto, lasciandoci inmutande o con i pantaloni corti. Hanno buttato via le scarpe per impedirci di correre. Poi ci hannofatto marciare verso la costa. Dopo poco, una trentina di artiglieri sono stati uniti al nostro gruppo. Isorveglianti? Erano in otto. Non rammento i loro volti, mi sembra che qualcuno parlasse un pocod’italiano…Io pensavo che fosse tutto finito. Pensavo a Palermo, la mia città, dove quella sera cisarebbero stati i botti: sì, era l’alba del 14 luglio 1943, la festa di Santa Rosalia. Da noi, nelle trinceedell’aeroporto di Biscari, non si sentiva più sparare... Mentre gli americani ci spogliavano, iopensavo alla festa, pensavo a casa. Poi abbiamo camminato sotto il sole: saremmo stati in cinquanta,tutti senza scarpe, a torso nudo, in mutande o con i pantaloni corti. Dopo qualche ora ci hanno fattofare una sosta, stavamo seduti in un campo all’ombra degli ulivi. Quelli che ci sorvegliavano si sonoappartati, fumavano e parlavano. Tempo un quarto d’ora e ci siamo alzati di nuovo: ci hanno fattomettere su tre fi le. Io ero in mezzo a quella centrale, accanto avevo due commilitoni, palermitanicome me che conoscevo sin da quando eravamo bambini. A quel punto gli americani hannocominciato a sparare…Sono stato colpito subito: un proiettile mi ha spezzato i l polso e mi sonobuttato a terra. Ho fatto solo in tempo a fissare l ’immagine di quel sergente gigantesco, con iltatuaggio sul braccio, che impugnava il mitra. Poi i corpi degli altri mi sono caduti addosso. Nonvedevo nulla, sentivo solo quegli scoppi che non sembravano finire mai. Prima raffiche lunghe,quindi delle esplosioni secche, sempre più rare. Erano i colpi di grazia…Io stavo fermo, con ilbraccio infuocato e la faccia che si copriva del sangue dei miei amici. Sono rimasto immobile per unpaio d’ore, finché il si lenzio non è diventato totale. “Se ne sono andati”, ho pensato. Lentamente,quasi paralizzato dalla paura, ho spostato i corpi e mi sono alzato. Ho fatto solo in tempo aguardarmi attorno ed è arr ivata la fucilata. Ricordo il botto e il calore che mi bruciava la testa. Sonocaduto, sorpreso d’essere ancora vivo. I l proietti le mi ha preso di striscio, scavando un solco tra icapelli: sarebbe bastato un millimetro più giù per ammazzarmi. Con terrore ho cercato di nonrespirare. Sapevo che ci doveva essere qualche americano lì intorno, appostato per non lasciarenessuno vivo. Con la faccia a terra credevo di non avere più scampo. Invece nulla …Non so quantotempo sia passato. Mi dicevo: Non muoverti. Ma avevo sete. I l polso spezzato e la ferita alla testabruciavano. I l dolore ha superato la paura. Mi sono mosso carponi, temendo un altro sparo. Ho

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camminato così fino ad una strada sterrata…Non si sentiva più la battaglia. E’ passataun’ambulanza e si è fermata. Si sono resi conto che ero un italiano, ma mi hanno dato da bere ebendato le ferite con attenzione. Poi a gesti mi hanno fatto capire di restare vicino alla strada:"Verranno a prenderti”. “Io mi sono seduto: avevo solo i pantaloncini, il resto del corpo eraimpastato di terra e sangue. E’ arrivata una jeep con tre soldati. Quelli davanti sono scesi: penso miavessero scambiato per uno di loro. Mi parlavano sorridendo, poi si sono accorti che non capivo. Liho visti guardarsi in faccia: quello con il fucile ha indicato all’altro la jeep, lo ha mandato via. E’rimasto solo, in piedi, di fronte a me. Io ero seduto, lui mi fissava. Poi ha imbracciato la carabina. Hamirato al cuore e ha sparato”.

Giannola, forse grazie ad un miracolo di S. Rosalia, sopravvisse. Fu poi curato e fatto prigionierodagli inglesi. Nel 1947 ricostruì due volte la strage, facendo un resoconto dettagliato agli ufficialidell’Aeronautica incaricati di determinare l’origine delle sue ferite. Non fu creduto. Smise fino al2004 di raccontare la sua storia. Fu addirittura dichiarato disertore. Poi ricevette due medaglie.Quel giorno a Biscari non ebbero la stessa fortuna gli avieri Argento, Del Pozzo, Giacalone,Macaluso, Raimondi, commilitoni di Giannola, e tutti gli altri italiani arresisi agli americani.

Era ancora in vita i l 10 luglio 2012 quando a Santo Pietro fu inaugurato da alte autoritàistituzionali un monumento che ricorda i caduti italiani e tedeschi uccisi nella zona dagli americani.

Una seconda lapide è stata apposta a Piano Stella per r icordare l’eccidio dei civili italianimassacrati.

Fino all’ottobre del 1943 non risulta che gli ordini di non fare prigionieri siano stati revocati.

Mi chiedo: a) quando sono stati revocati gli ordini di non fare prigionieri i tedeschi o i fascistiarresisi? b) quante stragi sono ancora sconosciute? c) con quanti morti?

LE STRAGI DI COMISO

Su due eccidi, avvenuti nell’aeroporto di Comiso, è tuttora in corso la ricerca storica. Sono statidescritti da un testimone oculare, il giornalista inglese Alexander Clifford. Nel 2004 il giornalistaGianluca di Feo scrisse sui morti dimenticati di Comiso: “All'epoca era una base della Luftwaffe,contesa in una sanguinosa battaglia. Clifford disse che sessanta italiani, catturati in prima linea,furono fatti scendere da un camion e massacrati con una mitragliatrice. Dopo pochi minuti, la stessascena sarebbe stata ripetuta con un gruppo di tedeschi: sarebbero stati crivellati in cinquanta.Quando un colonnello, chiamato di corsa dal reporter, fermò il massacro, solo tre prigionierirespiravano ancora. Clifford denunciò tutto a Patton, che gli promise di punire i colpevoli. Ma non cifu mai un processo e i l cronista si è rifiutato fino alla morte di deporre contro il generale”. In quelperiodo, era come parlar male di Garibaldi. Clifford, i cui articoli erano pubblicati da alcuniimportanti giornali americani, descrisse ciò che vide all’analista britannico Basil H. Liddel Hart, i lquale lasciò uno scritto sulle loro conversazioni, dall’espressivo titolo: I comandanti amer icani (el’omicidio di massa amer icano). I l terzo giorno dopo lo sbarco, Clifford visitò l’aeroporto con uncorrispondente di guerra americano, rimasto sconosciuto. I due andarono da Patton e protestarono.I l generale ordinò di fermare questi omicidi. Dopo la fine della guerra e la morte di Patton, LiddellHart chiese il permesso di pubblicare i particolari degli omicidi di Comiso. Opponendosi al processodi Gert Von Rundstedt e d’altri due feldmarescialli tedeschi per crimini di guerra, scrisse a Clifford.Al giornalista non piacevano i processi per crimini di guerra, ma rifiutò la richiesta.

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Nella zona di Comiso combattevano nuclei di paracadutisti americani. I l paese fu occupato dal 157°gruppo tattico reggimentale della 45ª Divisione fanteria americana. L’aeroporto cadde il pomeriggiodel 12 luglio.

Dopo 62 anni, non si conoscono i nomi delle vittime della strage, né il luogo della sepoltura.

D: Anche nei confronti delle popolazioni civili vi furono episodi di violenza gratuita. Non vadimenticato poi che al seguito delle tr uppe Usa e Br itanniche vi erano anche i Tabor marocchiniinquadrati nelle truppe fr ancesi di De Gaulle, le cui gesta r esteranno tr istemente famose in I talia.A mano a mano che le divisioni degli invasor i r isalivano la penisola, le cose non migliorarono dicer to per gli italiani del Sud I talia, costretti a subir e ogni sor ta di cr imine e violenza da par te dellasoldataglia ubr iaca e senza controllo. La sor te peggiore toccò alle nostre donne, considerate unvero e propr io bottino di guer ra da par te dei “campioni della democrazia occidentale”, che inquesto vollero emulare le nefandezze compite dai sovietici nelle regioni della Germania Or ientale.I l generale fr ancese Juin consentì al Cef - Corpo di Spedizione Francese, a maggioranza formatoda magrebini, di sfogare le propr ie pulsioni sulle donne, le bambine, gli uomini per cinquanta orese avessero vinto la battaglia per sfondare i l fronte di Cassino. A Esper ia e Ausonia furonoviolentate centinaia di donne. Prof Bar tolone che dati ci può fornire lei al r iguardo e perché ancoroggi si tace su quanto accaduto? Un’usanza quella dello stupro che non era cer to estraneo anchealla cultura statunitense, gli episodi accaduti in I r aq nelle carcer i e sui civili è più che eloquenti,senza dimenticare le innumerevoli violenze commesse in Gran Bretagna, Francia e Germania daisoldati Usa, ben documentate nel libro “Stupr i di Guer ra” di J. Rober t Lilly.

Gli stupri di donne italiane cominciarono al momento dello sbarco in Sicilia e continuarono per tuttala Campagna d’I talia. Alcune donne furono violentate a Licata da alcuni militari americani nei giornisuccessivi allo sbarco. Poi altr i episodi di violenza che videro coinvolti militari alleati accaddero indiverse zone della Sicilia.

Secondo il dottor Giovanni Saito, ex sindaco di Licata, all'epoca undicenne:

"In massima par te l'avanzata degli Alleati amer icani fu salutata con gioia. Dal canto loro gliAmer icani r iuscirono ad accattivarsi i l favore della popolazione regalando ogni ben di Dio... Alcunigiorni dopo, ci fu i l passaggio delle truppe di colore, i cosiddetti Marocchini, che fecero dellaviolenza la loro arma pr imar ia, seminando ter rore e paura. Non era pensabile che gli uominiassistessero passivamente allo spettacolo di mogli, madr i o sorelle violentate senza oppor re alcunaresistenza. Perciò in massima par te si armarono. E' questa volta sì, scesero in campo contro queglistessi Amer icani che solo pochi giorni pr ima avevano accolto come liberator i. Ricordo che sul

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ter r azzo di casa fu istallata la mitragliatr ice. Per i l r esto la città non ebbe problemi".

Numerose ruberie e stupri avvennero anche nella zona di Capizzi e Cerami, a causa dei famigeratigoumier . Anche qui le prepotenze delle truppe coloniali francesi causarono la reazione dei siciliani:la caccia all’africano. Molti “marocchini” furono giustiziati dagli abitanti, in varie scaramucce neiboschi, nell’indifferenza del comando francese. Dopo gli incidenti i goumier furono allontanati dallazona, anche per l’avanzata degli Alleati.

La r icerca di donne con cui divertirsi per qualche ora, fatta dai paracadutisti a Xitta, frazione diTrapani, scatenò nella Pasqua del 1944 il cosiddetto “Vespro cittaro”. Anche a Xitta numerosifrancesi, di colore o meno, pagarono con la vita l’offesa all’onore delle donne locali. Ci fu una r ivoltaarmata contro i paracadutisti francesi. I quali furono costretti a lasciare il Paese.

I furti compiuti dagli appartenenti agli eserciti alleati, sia durante sia dopo la Campagna di Sicilia,accompagnarono la vita dei siciliani per molto, troppo, tempo.

I fascicoli dell’AMGOT sono pieni di denuncie di malversazioni compiute ai danni dellapopolazione. Idem i libr i degli storici locali che si sono occupati di questo periodo. Ma questa è,direbbe Kipling, un’altra storia. Di un corposo capitolo di un altro libro. Di prossima pubblicazione,se Dio vorrà. Le caramelle e le scatolette distribuite dagli occupanti nei primi giorni furono ripagatecon gli interessi, a caro prezzo. I siciliani direbbero a "sangue di Papa". Fu una ben riuscitaoperazione di pubbliche relazioni, funzionale alla miglior riuscita delle operazioni belliche. In unaguerra totale, come lo fu la I I guerra mondiale, ogni mezzo era buono pur di vincere: la vittoriaavrebbe segnato i destini dei popoli e del mondo per almeno 50 anni.

Le successive elargizioni originarono da scambi con la popolazione - vino, cimeli o sesso -, bontàindividuale, rapporti familiari o d'amicizia, specialmente con i soldati americani d'origine siciliana.

Nella realtà i vincitori consideravano i beni dei siciliani, sconfitti e occupati, res nullius, esposti alloro libero desiderio. Potevano prendersi qualsiasi cosa, sia per uso individuale sia bellico.

Dopo la "ricchezza" dei primi giorni, si passò alla fame più nera. E nell'isola si ebbero moltissimimorti per fame.

Queste cose sono successe, succedono e succederanno in tutte le guerre. I “marocchini” sarebberostati probabilmente lasciati liberi di scatenarsi in tutta l’isola con furti e stupri se in Sicilia si fosseroverificati episodi di resistenza agli invasori. Gli anglo-americani, nonostante gli accordi fatti con lamafia, in “formidabile ripresa”, non si sentivano del tutto sicuri di poter controllare l ’isola. Eranotenuti di riserva nel Parco della Favorita di Palermo, pronti per la rappresaglia, se la popolazioneavesse improvvisato una reazione contro gli occupanti. Poi furono trasferiti. E fecero danni.

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I l cammino delle truppe francesi in I talia fu segnato da stupri di massa. Colpirono a Esperia,Ausonia, Pico, Pontecorvo, S. Oliva, Castro de Volsci, Frosinone di, Grottaferrata, Giuliano di Roma,Abbadia S. Salvatore, Radicofani, Murlo, Strofe, Poggibonsi, Elba, S. Quirico d’Orcia, Colle Vald’Elsa, Isola d’Elba…lasciando ovunque un’indicibile scia di violenze, lutti e malattie.

Nel maggio del 1944 nella zona del Liri i francesi, impegnati nella conquista di Montecassino, siabbandonarono a ogni sorta di violenza contro la popolazione, senza riguardo per i l sesso o per l’età.Nel dopo guerra furono presentate al Ministero della Difesa circa 25 mila richieste di risarcimentoper i danni subiti: un fenomeno di proporzioni gigantesche, ma sicuramente sottostimato, se sipensa che molti per pudore avranno sicuramente rinunciato alla denuncia, celando a tutti quantoaccaduto.

I francesi organizzarono una sorta di stupro di massa, tollerato dai Comandi Alleati e (ciò che è piùgrave) dimenticato dal governo Badoglio. Lo stesso fecero i russi in Pomerania e Prussia Orientalenel 1945. Per dare un’idea del fenomeno basti fare alcuni esempi: a Pio, un ufficiale americano del351° reggimento dovette assistere senza poter fare nulla a scene d’inaudita violenza a dannod’anziani, donne e bambini, sulla piazza del paese.

Oltre 800 uomini furono selvaggiamente violentati. Molti erano sacerdoti. Bambini anche ditenerissima età furono uccisi nei modi più efferati di fronte alle madri. Mentre le donne eranoviolentate dal branco, gli uomini che avevano cercato di difendere le proprie famiglie furonoimpalati. Per finire, fu trasmessa a molti sopravvissuti la sifilide e la blenorragia, con tutte leconseguenze sociali che si possono facilmente immaginare. I militari alleati erano d'altronde allaricerca spasmodica di compagnia e spesso non distinguevano tra segnor ine e no.

Numerosi furono gli stupri avvenuti in Campania. Interi quartieri di Napoli erano pericolosi,specie la sera, per donne e minori. Moltissimi militari alleati, brilli e no, lasciarono un vergognososegno del loro passaggio. A Napoli si diceva: “Attenzione ai liberatori”.

Altr i numerosi stupri accaddero all’Isola dell’Elba, dopo l’arrivo delle truppe francesi. I soldatifurono poi per fortuna impiegati nelle operazioni di sbarco nella Francia meridionale.

Nella seduta del 7 aprile 1952 il sottosegretario alle Pensioni dichiarò alla Camera che dalla zona diCassino erano state presentate ai competenti uffici 17.368 domande d'indennizzo e 7.639 dipensione. Per l'opposizione nel Cassinate furono stuprate sessantamila donne, per i l Governo essefurono ventimila.

Forse i numeri delle donne violentate non li conosceremo mai. Per una semplice ragione: nell’I talia

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del secondo dopoguerra molte donne hanno preferito non denunciare violenza subita, rinunciando aun aleatorio misero r isarcimento, pur di potersi sposare e rifarsi una vita. Molti uomini dell’I talia diquel tempo non avrebbero sposato una donna non vergine, seppure avesse subito una violenza.

Per quanto riguarda il proclama Juin, molti storici ne contestano l’esistenza. Forse l’autorizzazionesarà stata data a voce.

In un rapporto del Ministero della Difesa del 18 ottobre 1947 sul Compor tamento delle truppealleate in I talia, si vede come l’occupazione fu critica per molte regioni della Penisola. I dati –sottorappresentati se confrontati con i minuziosi e rapporti mensili che le autorità perifericheinviavano ai superiori comandi – testimoniano che nel periodo compreso tra l’Armistizio e il 30giugno del 1947 i reati commessi dai militari alleati in I talia furono 23.265. Erano così suddivisi:

Omicidi: 589

Ferimenti 1956

Aggressioni, r isse, violenze 2390

Furti e rapine 7699

Incidenti automobilistici, morti 1159

feriti 6138

Violenze carnali consumate 1159

tentate 291

Le regioni più colpite furono: Campania, Toscana e Lazio.

I francesi di colore si resero responsabili del 21,22 % degli omicidi, del 51,07 % dei furti e dellerapine, dell’89,45 % delle violenze carnali consumate e del 28,28 % di quelle tentate. Gli americaniconquistarono il primo posto col 21.46 % dei casi in aggressioni, risse e violenze.

In Campania la maggior parte degli stupratori apparteneva alle truppe coloniali del Corpo dispedizione francese, seguivano gli afro-americani, gli americani, i canadesi, gli indiani e gli inglesi.Gli stupri collettivi furono consumati da uomini appartenenti a tutti gli eserciti alleati.

Oltre ai furti e alle razzie, anche le diffuse violenze sessuali dimostrano quanto i militari stranierifossero non solo “liberatori” ma conquistatori pronti a profanare i l corpo delle donne italiane vinte,una maniera come un’altra per dimostrare l’impotenza virile dei loro uomini, deboli, impotenti,incapaci di difenderle. La guerra, oltre alla conquista di un Paese vinto, significa anche la violenzasulle donne sconfitte e la riduzione allo stato di res nullius dei beni di proprietà degli sconfitti.

D: Assieme all’ar r ivo degli invasor i, aumentava il degrado e la cr iminalità nelle città italiane.Prostituzione, traffici i lleciti, fur ti e saccheggi erano all ’ordine del giorno, assieme alla fame e alla

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miser ia. Napoli può secondo lei r appresentare la massima espressione di questa involuzione, dovelo Stato un tempo presente e attento era praticamente scomparso per lasciare il posto al maleaffare?

L’arrivo degli angloamericani provocò nelle città italiane un’ondata di criminalità e degrado. Lafame e la miseria, la pratica scomparsa dello Stato in molte parti del Regno del Sud, la voglia disopravvivere alla bufera della guerra e di arricchirsi, l’allentamento dei freni morali, furono tuttifattori che provocarono il crollo di un mondo e dei suoi valori. A Napoli si toccò il fondo della crisi.

Napoli fu una delle città italiane che più subì offese nella I I guerra mondiale. E’ stata, inoltre, lacittà più condizionata dall'esperienza dell'occupazione. Sotto certi aspetti lo è ancora. Dipese dadiversi fattori: 1) il lungo periodo in cui la città fu sottoposta al governo militare d’occupazione(dall'ottobre 1943 al gennaio 1946); 2) la forte presenza delle truppe straniere; 3) le conseguenzesulla sua economia dell'enorme quantità di beni in transito; 4) la notevole domanda di manodoperada parte del governo d’occupazione; 6) le consistenti commesse anglo-americane all'industria locale;7) il ri levante contributo dato dai gangster americani alla rinascita della camorra.

Napoli durante la guerra era i l capolinea delle rotte marittime verso la Libia, il punto di partenzadella “Battaglia dei convogli”. La presenza, inoltre, di numerosi obiettivi d’interesse militare - adesempio le officine aeronautiche dell’Alfa Romeo di Pomigliano, i l silurificio di Baia, gli ScaliNapoletani, l’ILVA di Bagnoli ecc., mise la città ai primi posti nelle priorità dei pianificatori delleincursioni aree anglo-americane. Officine, porto, fabbriche, tutte le cose che potevano contribuireallo sforzo bellico, furono colpite più volte e pesantemente dagli aerei nemici. La città partenopearispose alle incursioni nemiche in maniera dignitosa e disciplinata e i l consenso alla guerra fino allosbarco in Sicilia, non mancò.

Anche a Napoli la guerra fu “sentita” dalla maggioranza dei cittadini. Si era convinti che la vittoriaavrebbe comportato un eccezionale periodo di prosperità per l’I talia, risolvendo molti problemi cheda secoli affliggevano il nostro popolo. L’intervento dei volontari, nel solco della tradizionerisorgimentale, si sublimò in un corale patriottismo che avrebbe meritato d’essere coronato dallavittoria, fu massiccio.

Anche Napoli pagò caro l’arrivo degli americani sullo scacchiere mediterraneo. La loro “selvaggia”tesi del “bombardamento a tappeto” s’impose agli inglesi. Le città italiane dovevano essere “arate”meticolosamente dalle “fortezze volanti”. Quartiere dopo quartiere. Fino alla primavera del 1943, ibombardamenti erano stati mirati agli obiettivi d’interesse militare e industriale, cercando dirisparmiare, per quanto possibile, il resto. Ora i raid erano diretti a colpire, oltre ai primi,indiscriminatamente, le case, le chiese e finanche gli ospedali (quello dei Pellegrini fu distrutto i l 6settembre 1943, solo due giorni prima della comunicazione dell’Armistizio). Si voleva esasperare eterrorizzare la popolazione, indebolirne i l morale, disgregare le basi di massa del Fascismo,provocare la caduta del Regime e facilitare gli sbarchi in preparazione.

Naturalmente i 100 bombardamenti, le 25 mila vittime, le immense distruzioni, la delusioneseguita alla perdita dell’Impero e della Quarta Sponda, dalla fine della Campagna di Sicilia e l’abilepropaganda nemica, minarono le basi del Regime e la voglia di resistenza e di vittoria dellastragrande maggioranza dei napoletani. Per molti divenne meglio chiudere subito “l’avventura”cominciata il 10 giugno 1940 e “salvare il salvabile”. La guerra “fascista”, considerata sinonimo diguerra italiana, la “nostra guerra”, diventò per molti “la guerra di Mussolini”. In caso di successobellico, per molti, i veri vincitori sarebbero stati Hitler e la Germania, non l’I talia e gli italiani. Lacittà sopportò, in ogni modo, eroicamente e con dignità le più gravi offese per amore della Patria inguerra. Solo quando fu imminente l'arrivo degli invasori, si creò una situazione di caos provocata da

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pochi antifascisti che volevano avvantaggiarsi dal disordine, derivato dal vuoto di potere tra itedeschi in partenza, il governo della R.S.I . in embrione e gli anglo-americani in arrivo.Naturalmente, come sempre avviene in ogni cambio di regime, ai disordini parteciparono, oltre agliidealisti, i teppisti, la delinquenza spicciola, ma, nel nostro caso, almeno una squadra di mafiosi, tracui il famoso Tommaso Buscetta.

La storia di Napoli dalle cosiddette “quattro giornate” alla fine della guerra fu per colpa di unaminoranza un calvario umiliante. La città, utilizzata come retrovia dello sforzo bellico anglo-americano, divenne nota nel mondo come la “Shanghai del Mediterraneo”. Durante questovergognoso periodo la delinquenza, giunta con le salmerie delle truppe angloamericane,spadroneggiò. Furono create le condizioni per la r inascita della Camorra, duramente colpita ai tempidel processo Cuocolo, nel 1908, tenutosi per le indagini del capitano dei Reali Carabinieri CarloFabroni, dichiarata sciolta i l 25 maggio del 1915 dagli stessi camorristi, e infine debellata grazieall’opera del maggiore dell’Arma Vincenzo Anceschi al tempo del prefetto Mori, e che portòall’arresto di circa 10 mila camorristi o presunti tali.

Le province del "Regno del Sud" erano inoltre flagellate dall'inflazione galoppante provocata dalleAm-lire, stampate senza alcun limite dagli "Alleati". Ufficiali e soldati alleati, in combutta concamorristi, mafiosi e profittatori nostrani, partecipavano alla big robbery. Vendevano tutto, tutto siavviava al mercato nero, tutto si poteva comprare, ma a caro prezzo. Eroismi, idealismi, moralismiche avevano guidato il comportamento delle persone negli anni precedenti, furono seppelliti da unmare di fango e di moneta d’occupazione. Per sopravvivere in quel duro periodo bisognavarinunziare a dettami etici ormai "antiquati", superati dalla "nuova civiltà" democratica. Era unaquotidiana, contaminante lezione di vita. Una lezione in negativo che fece smarrire la via a molti.Chi non volle o non seppe scendere a patti con la propria coscienza, per sopravvivere dovettesacrificare quel che aveva ereditato o conquistato in una vita d’onesto lavoro e di pesanti sacrifici. Cifurono moltissime famiglie costrette a vendere tutto, fino all'ultimo anello, all’ultimo lenzuolo,all’ultima coperta. I bambini erano gracili e avevano il ventre gonfio, causato dalla denutrizione.Molti vecchi erano seduti davanti alla porta del “basso”, silenziosi, indifferenti, ad attendere lamorte, godendosi l’ultimo sole.

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Per Maurizio Valenzi, nel secondo dopoguerra sindaco di Napoli, la metropoli campana era una“grande zattera abbandonata alla deriva”. Per il regista John Huston: “Napoli era come una puttanamalmenata da un bruto: denti spezzati, occhi neri, naso rotto, puzza di sporcizia e di vomito... Gliuomini e le donne di Napoli erano un popolo diseredato, affamato, disperato, disposto a fareassolutamente tutto per sopravvivere. L'anima della gente era stata stuprata. Era veramente unacittà senza Dio”. Una città dove: “Le sigarette erano la merce di scambio comunemente impiegata eper un pacchetto si poteva fare qualsiasi cosa. I bambini offrivano sorelle e madri in vendita…”. Conun pacchetto di sigarette si potevano comprare tre chili di pane. Chi non poteva permettersi leVictor y, le Lucky Str ike, le Raleig, le Camel o le Chester Field si rivolgeva al mercato delle ciccheche si teneva in Piazza Garibaldi. Sui marciapiedi stavano quintali di tabacco sfuso, ricavato daimozziconi, che gli scugnizzi o insospettabili signori muniti di un bastone terminante con uno spillo,raccoglievano nelle vie.

Nell’agosto del 1944 un militare alleato poteva portare a letto una ragazzina di 12 anni regalandoleuna coperta: equivaleva alla paga settimanale di un operaio.

Mortificato da quanto vedeva, Alan Moorehead, australiano, scriveva: “Stavamo assistendo alcrollo morale di un popolo. La lotta per l'esistenza dominava tutto. I l cibo. Nient'altro contava...”.

I l piacere intenso della vittoria, l ’ebbrezza che portava i soldati vincitori a lasciarsi andare, ancheperché la morte poteva giungere poco dopo, e la fame dei napoletani, che induceva taluni a farqualsiasi cosa pur di guadagnare una scatoletta di corned beef o di razioni k, faceva a moltidimenticare ogni tabù, infrangere ogni legge, lacerare principi e sentimenti tradizionali. Glioccupanti apparivano sempre allegri, puliti, profumati, ben nutriti e orgogliosi; percorrevano le viedi Napoli, fendendo la terribile folla, malinconica, sporca, affamata, vestita di stracci. I vincitori,appartenenti a tutte le razze del mondo, urtavano e ingiuriavano, in tutte le lingue e in tutti i dialettidel pianeta, i napoletani.

Protagonisti delle strade di Napoli erano tanti bambini e tante giovani donne, diventati ora

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sciuscià e segnor ine. Bande di ragazzini con i vestiti sbrindellati, inginocchiati davanti alle lorocassette di legno, ricoperte di scaglie di madreperla, di conchiglie marine, di pezzi di specchio,battevano le loro spazzole sul coperchio delle cassette, urlando: "sciuscià! sciuscià! shoe-shine! Shoe-shine!" e intanto, con la scheletrica, avida mano, afferravano al volo i pantaloni dei soldati chepassavano. Una schiera infinita di bambini cenciosi riempiva la città dall ’alba a notte fonda.Compravano e vendevano con astuzia da adulti, servili e superbi, seducenti o maligni, secondo ilcaso. Giravano con la cassetta delle mercanzie a tracolla. Offrivano di tutto. Tutto era in vendita.Tutto si poteva trovare. Bastava chiedere e poi pagare. A qualcuno di questi scugnizzi d’otto noveanni finirà bene: imbrogliando, commerciando, rubando; affittando stanze, offrendo zie e sorelle,faranno un sacco di soldi senza nemmeno saperli contare. Qualcuno si presentò in banca, chiedendo:"Scusate, signò, quanto fanno mille vote mille lire?" Molti soldati alleati salvarono la vita grazie adun dollaro speso acquistando un coppo di pidocchi da uno scugnizzo: invece dell’inferno di Cassinoandarono in ospedale.

Non tutte le segnor ine erano prostitute professioniste. Centinaia di donne si mischiavano alla folladi Via Toledo, in bilico sui tacchi, masticando chewing gum, per portare da mangiare ai figli.Passeggiavano a coppie; abbordavano i militari alleati con il lurido frasario dei bassifondi americaniappreso frequentandoli. Segnor ina era la merce offerta da un compiacente marito vicino al bassodove la moglie attendeva riscaldandosi davanti ad un braciere di carbonella: non era la regola, mafaceva colpo. Segnor ina era la vedova di guerra costretta dal bisogno a prostituirsi al soldato cheindossava la stessa divisa di chi aveva ucciso il marito. Segnor ina era la poveretta caduta nelle grinfiedei soldati coloniali francesi. Segnor ina era la verginella chiassosamente dipinta pronta a prestazionistravaganti. Una Patpong del Mediterraneo. Segnor ina era l’ex venditrice di “sigarette con lo sfizio”,passata a più lucrosi affari. Segnor ine, naturalmente, erano le migliaia di professioniste del ramo,arruolate in ogni parte dell’I talia meridionale. Per migliaia di soldati alleati di stampo puritano lesegnor ine erano trasgressioni sconosciute, irrinunciabili. La vittoria si accompagnava a una sorta difacile libertinaggio mai goduto. La vittoria si completava solo con la conquista delle donne del popolovinto. Dato che i casini non bastavano per tutti, e che quel commercio era i l più redditizio, molti vi sidedicavano. Fiorivano i tè pomeridiani di molte signore della media e piccola borghesia. Eranoorganizzati da alcune signore intraprendenti. S’invitavano alcuni ufficiali alleati e alcune e belle edisponibili “amiche”. Poi prendevano una percentuale. Certi mariti chiudevano un occhio sullaprofessione intrapresa dalla moglie, bastava fingere di non vedere e di non sapere, bastava nontornare prima di una certa ora, per non sentirsi coinvolti. Fregandosene delle allusioni e deldisprezzo dei benpensanti consentiva non solo di mantenere il livello di vita, ma addir ittura diaccrescerlo. Alcune vie di Chiaia, del Duomo, della Ferrovia, di Toledo, divennero infrequentabili percerte “mostre” di segnor ine in attesa di clienti. Per poco non si arrivò alle esibizioni “corali” di cuiparlò Malaparte. La tentazione di guadagnare “chili” di Amlire era forte.

Le migliaia di soldati alleati che occupavano la città sembravano ai napoletani ricchi clienti daspolpare. Facevano campare moltissime persone. Tra questi soldati, c'era chi ci guadagnava.“Pagavamo cinque lire un pacchetto di sigarette per un privilegio elargito dal popolo degli Stati Uniti.Ai napoletani potevamo venderle a 300 lire al pacchetto. Proprio un buon affare”.

Nella King’s I taly dall’Armistizio alla fine del 1944, e oltre, ci furono numerosissimi assassini,rapine, furti. Nell'I talia meridionale, i Reali Carabinieri contarono – quando ne furono informati, emolto spesso non lo furono – migliaia d’atti delinquenziali: 1547 omicidi volontari in 15 mesi, 140preterintenzionali, 1.522 colposi, 14.800 lesioni personali, 5.603 rapine, 597 estorsioni, 134.937 furtiaggravati. Reati commessi da italiani e da soldati alleati, da singoli e da bande, nelle città e nellecampagne. Al 1° aprile del 1944 le Allied Militar y Cour ts avevano già celebrato a Napoli 4.908processi: di essi, 3.111 riguardavano furti di beni militari, soltanto 189 il mercato nero. Nella zonadella Region 3, che comprendeva Napoli e la Campania, c'erano solo 6.240 carabinieri, 3.913 agenti

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di pubblica sicurezza, 2.650 guardie di finanza, impotenti ad arginare il dilagare della criminalità. Al20 novembre 1944 a Napoli, agli ordini nel neo questore, dottor Michele Broccoli, c’erano 835sottufficiali e 2.931 guardie, per un totale di 3.766 uomini. I carabinieri, agli ordini del tenentecolonnello Attilio Baldinetti erano un’ottantina. Per ristabilire l’ordine a Napoli ci sarebbero voluti“trecentomila poliziotti”, r icordava anni dopo il dottor Broccoli, forse inutili , viste le complicitàgodute, dai fuorilegge, tra gli alleati e l’i llegalità di massa.

Non c’erano confini tra malavitosi e faccendieri. Per tutti la speranza di far soldi cominciava conl'acquiescenza o la collusione di un paisano. Scriverà Leo Longanesi in Par liamo dell’Elefante:“Spostati, bari, camerieri di transatlantici, parassiti, conducenti di camion, ruffiani e lestofanti,riescono, in questo quotidiano disordine che a poco a poco diventa stabile e prende forma, acostruirsi una posizione. Basta loro incontrare qualche conoscente italo-americano per aprirsi unastrada... S'intruppano cosi nei comandi, dove ottengono una carica e indossano perfino la divisacachi... Si gettano le basi dei futuri grandi affari, delle future concessioni, dei permessi dell’AMGOT.Su questo primo nucleo si va costruendo la nuova classe dirigente italiana”.

Si rubava di tutto e in mille modi dai depositi alleati. Sigarette, sale, zucchero, scarpe, fi lo deltelefono, vestiti, automobili, animali ecc. I ladri si spacciavano per carabinieri, M.P., funzionaripubblici, reduci, epuratori, sindacalisti, vedove di guerra, deportati. Scriveranno S. Lambiase e G. B.Nazzaro in Napoli 1940-1945 “Con i proventi del furto... la camorra torna in auge, dividendosi inzone la città, e, insieme, lucrosi profitti. Intorno ai mercati clandestini, essa organizza un’efficientecintura di sicurezza, fatta di spie, di posti d'avvistamento, e di una serie di corrieri a voce chesegnalano ogni movimento sospetto, compreso l'arrivo degli agenti... ”.

I l 60% delle merci scaricate finiva nei traffici clandestini. I l mercato nero della roba americananasceva nei depositi del porto, dai quali sottufficiali traffichini facevano uscire casse di liquori,stecche di sigarette, r azioni K, scatole di carne e fagioli, sacchi di polvere d'uovo, di zucchero o difarina, coperte.

A volte erano gli ufficiali a vendere un autotreno carico di vettovagliamenti. Prezzo richiesto: 6milioni. Un usciere intraprendente dopo una colletta tra “amici” in poche ore riuscì a guadagnare 4milioni. Seguirono le dimissioni dal lavoro. Qualcuno fece addirittura scomparire 7 camion, autisti esoldati di scorta compresi. Gli americani vendevano molto: dalla cioccolata ai copertonid'automobile, dalle maglie di lana ai cappotti. A poco a poco, non ci fu napoletano che non usassemagliette color oliva, camicie color oliva, asciugamani color oliva, tutta roba in dotazione all'U.S.Army. Insieme al chewing gum, alla penicillina, alla coca cola e alla famosa polvere di piselli,arrivarono i film e i nuovi ritmi americani. La polvere di piselli, vantata come “nutrientissima”,vitaminizzata, capace di sopperire a ogni mancanza di cibo, però permetteva solo di preparare unapappa schifosa. Lasciò Napoli tra perplessa e sghignazzante. Gli scugnizzi la sbattevano ridendocontro i muri, o dopo aver fatto delle palle, se la tiravano addosso per gioco. Poletti era scoraggiato edeluso. Questi napoletani erano degli ingrati. Perché sbeffeggiavano quella polvere che tantemamme americane, anche nelle migliori famiglie, usavano per nutrire quei giovanottoni che poi, coni capelli tagliati all'umberto, finiranno nei marines?

Ma questi fenomeni accaddero anche in altri Paesi. La fame e la miseria spinsero moltissimedonne tedesche a “fraternizzare” con i ricchi militari alleati. Alla violenza seguì la prostituzione.Moltissimi per sopravvivere o per arricchirsi si diedero a ogni traffico con le forze d’occupazione. Aogni livello. Garmisch negli anni seguiti all’occupazione della Germania fu il centro di quel torbidomondo.

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D: Prof. Bar tolone diamo ora uno sguardo oltre, e propr iamente alle strane alleanze che siformarono in occasione dell’invasione del ter r itor io nazionale, le cui conseguenze si fanno ancorasentire oggi perdurando lo stato di sottomissione dell’I talia agli Stati Uniti. Si è par lato spesso diMafia durante l’Operazione Husky. Quale fu i l r uolo svolto dall’OSS (Office off Str ategic Services) edalla Mafia, leggasi Lucky Luciano, nella pianificazione dello sbarco? E’ vero che anche la chiesa aisuoi ver tici era collusa in questa “alleanza” anti italiana, smaniosa solo di conservare i suoi bene epr ivilegi? Un intr eccio che vedeva anche la Massoner ia in pr ima fi la al fianco degli Alleati.

E’ una domanda che richiederebbe una lunga risposta. Che per questioni di spazio sintetizzo. Mafia eMassoneria avevano avuto grossi problemi dopo l’avvento del Fascismo, la Chiesa col Concordatoebbe dei vantaggi dall’accordo con lo Stato. Decine di migliaia di mafiosi o camorristi furonoarrestate, inviati al confine nelle isole, furono costretti a scappare in Tunisia, in America, o a mettersia lavorare per vivere. Le Logge furono sciolte e la loro influenza nella politica italiana fortementeridotta. Idem per i mafiosi. Con la dittatura Cosa Nostra non poteva più condizionare le elezioni inmolte zone della Sicilia.

Parlando di mafia mi sembra opportuno, prima di proseguire nell'analisi dei fatti, di fare unapregiudiziale di metodo.

“Come oggetto di r icer ca stor ica – ben precisa Massimo Ganci - la mafia sfugge ai canoni ormaiconsacrati della r icerca. Vano è cercare “il documento“ nel senso preciso che di esso gli stor icidanno. Costituti, programmi, testamenti della mafia non ne esistono. Eppure la mafia è esistita,esiste ed ha avuto anche una sua evoluzione. Atti della polizia e dell'autor ità giudiziar ia ememor iali di contemporanei esistono. Di questa fonte lo stor ico deve vagliare 1'attendibilità, allaluce dell'esper ienza della società in cui la mafia opera”.

Particolarmente per questo studio è ancora più diffici le, per non dire impossibile, i l rinvenimento di“pezze d'appoggio” o di altr i mezzi conoscitivi sicuri sui contatti, gli accordi o sui legami tra i mafiosidi Sicilia o d'oltre oceano con le autorità statunitensi negli anni ‘40. Tutti gli interessati avevanol’interesse a far sparire le tracce dei loro inconfessabili contatti. Interpretando con la miglioreintelligenza, e più fedelmente possibile, gli avvenimenti che Cosa Nostra ha determinato o concorso adeterminare, penso che lo studioso con il suo giudizio e la sua asseverazione possa contribuire inmaniera probante a creare quelle prove e quei documenti impossibili da dare. Non c'e dubbio cheCosa Nostra raccolse anche i frutti della collaborazione, vera o presunta, con i servizi d’informazioneUSA e ciò prima, durante, e dopo lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia.

I l servizio segreto della Marina statunitense sapeva il ruolo che la mafia aveva in Sicilia ed era bendocumentato sui rapporti intercorrenti tra essa e Cosa Nostra in America. I mafiosi dovevanoagevolare lo sbarco e la successiva avanzata delle truppe, comunicando informazioni sulla zona dioperazione e, specialmente, mediante “contatti“ con gli “amici influenti“ delle varie zone dell’I sola,collaborare per aprire la via all’armata americana. I l dipartimento della ricerca navale creò la sezionerisorse umane che promosse una serie di studi concedendo cospicui fondi.

Nel 1957 Leonardo Sciascia si chiedeva:

“Sarebbe interessante fare un elenco di tutti i capimafia che sotto 1'AMGOT subito trovarono ca-r ichi e prebende; e dire come, sotto così esper te mani, subito si organizzò il mercato nero. C'e dachiedersi se ufficiali di Stato Maggiore non por tassero, insieme ai piani dello sbarco, precise liste di“persone di fiducia“ che - guarda caso! - erano poi i l fiore dell'onorata società: nel qual casoavremmo la prova migliore della potenza della mafia amer icana e del rappor to da questacostantemente mantenuta con la mafia siciliana“.

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Ai desideri di Sciascia risponde un documento trovato da Roberto Ciuni negli archivi USA. I l 21luglio 1943, Patton ricevette dal quartier generale di Alexander un rapporto dettagliatissimo. I lrapporto aveva come oggetto: Mafia Personalities. Si trattava di un elenco di persone “consideratemembri della mafia”, scritto grazie ad informazioni fornite al 15° Gruppo d'Armate alleato da gruppifrancesi che lo consideravano abbastanza attendibile. Nell'elenco si leggono i nomi di 18palermitani, con la relativa zona d'influenza e in alcuni casi addirittura con l'indirizzo. Numeroseerano le "personalità mafiose" abitanti nelle borgate palermitane o nei paesi della Sicilia chedovevano essere contattati. Come i servizi segreti della Francia Libera si fossero procurati la lista,non era detto. Ciuni formula l'ipotesi che l'elenco sia pervenuto "attraverso canali nord-africani incontatto con i mafiosi o siciliani emigrati in Algeria e Tunisia". Se accettiamo per buona l'ipotesi diSandro Attanasio sui contatti tra il Supersim italiano e i servizi segreti alleati intesi a favorire l'uscitadalla guerra dell'I talia possiamo formulare l'ipotesi che l'elenco sia stato fornito dai primi.

Per l’onorevole Angelo Nicosia, il contatto poté avvenire "con la complicità di elementi poco fidatidel Ministero dell'Interno dell'epoca che solo poteva detenere l'elenco dei mafiosi confinati ... ".Nicosia rappresentava il MSI nella Commissione Parlamentare Antimafia. Naturalmente "elementipoco fidati del ministero dell'Interno" potrebbero aver fornito l'elenco al Supersim, che poi l'avrebbegirato ai francesi, finendo, infine, nelle mani degli americani, i quali li avrebbero poi "raggiunti conuna meticolosissima" attenzione.

E' importante la lettera d'accompagnamento all'elenco, perché s’inseriva il problema mafianell'oscura situazione politica. “Le persone indicate sono probabilmente antifasciste. Bisogna tenereperò in considerazione che la mafia non ha ancora espresso una posizione politica a propositodell'invasione e potrebbe essere contraria agli Alleati: nel qual caso sarebbe pericolosa in quanto èuna società segreta organizzata. Sarà bene avvisare tutto il personale di sicurezza che gli elementiconosciuti come antifascisti non sono necessariamente anti italiani ovvero anti Alleati”. Per Ciuni il"Lavoro di renseignement che avrebbe resistito a qualsiasi pedante riscontro poliziesco locale, lamappa della mafia palermitana, particolarmente, era quanto di meglio si potesse fornire al governod'occupazione: se non perfetta, certo frutto di ottime informazioni".

I nomi di molti citati nella lista li incontreremo spesso nelle pagine di cronaca nera dei quotidianifino agli anni ’80 e oltre. In molti – nonni, padri, nipoti – sarebbero entrati nei libr i di storia dellamafia.

Nel 1942, numerosi e utilissimi servigi erano stati resi al controspionaggio statunitense da CosaNostra che era stata assai attiva nel concorrere a stroncare l’attività spionistica dei nazisti nei portiamericani allorquando sabotatori e spie germaniche fornivano informazioni, appoggi e ancherifornimenti ai sottomarini tedeschi appostati nell'Atlantico settentrionale. Dopo le “intese” traSalvatore Lucania, noto come Lucky Luciano, condannato a una lunghissima pena detentiva, e ilcontrospionaggio USA, Naval Intelligence Service in particolare, si cominciarono a vedere gli effettidi quel gentlemen's agreement, come scrive Lorenzo Marinese:

“Nella zona del por to, nelle banchine militar i, i despoti diventano - sostituendosi ai papaver i dellaMar ina e dello spionaggio - i fratelli Camardos e Frank Costello. I l r isultato è immediato: cessa ilsabotaggio, cessa l'ostr uzionismo, non un solo quintale di merce perduta; non un solo trabiccoloaffondato. I tedeschi e i fi lo-nazisti vengono neutralizzati e, in seguito dispersi. Ma c'è ancora altroda fare”.

Considerati i risultati, i servizi segreti americani, in previsione dello sbarco in Sicilia, tornarono arivolgersi ai mafiosi dai quali potevano ottenere informazioni sulla loro terra d'origine, sui suoiporti, aeroporti, ferrovie, spiagge, punti strategici, dislocazioni e consistenza delle truppe dell'Asse.

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I lluminanti a questo proposito sono le pagine di Ester Kefauver, presidente dell'omonimacommissione sul crimine in America. Forse i servizi resi da Lucky Luciano e dai suoi “amici” agliagenti segreti americani non sono stati così preziosi sul terreno dell'informazione militare. Lacollaborazione però ci fu. Scrive Denis Mack Smith:

“E' stata spesso formulata 1'accusa e non è stato mai dimostrato i l contrar io che questocor r ispondesse a un piano deliberato dagli Alleati per facilitare la conquista della Sicilia.Cer tamente c'erano stretti r appor ti fr a i gangsters d'Amer ica e di Sicilia e l’aiuto della mafiapoteva esser molto uti le se non altro per ottenere informazioni. Alcuni par ticolar i della car r iera diLucky Luciano, di Nicky Gentile e altr i famosi cr iminali italo-amer icani confer iscono qualcheattendibilità a questa stor ia. Vito Genovese, ad esempio, benché ancora r icercato dalla poliziadegli Stati Uniti in r appor to a molti delitti compreso l'omicidio e sebbene avesse servito i l fascismodurante la guer ra, r isultò str anamente essere un ufficiale di collegamento di una unità amer icana.Egli uti lizzo la sua posizione e la sua parentela con elementi della mafia locale per aiutare arestaurare 1'autor ità, disfacendo, cosi in par te, quel poco di bene che Mussolini aveva fatto”.

Questa collaborazione non era nata per caso. Per gli Alleati o per taluni agenti e funzionaridell’AMGOT si trattava, anche, di restituire alcune “cortesie” r icevute con l’ospitalità data daimafiosi a vari agenti segreti americani e britannici prima dello sbarco, tra cui il tenente colonnelloCharles Poletti, che molte voci vorrebbero a Monreale fin dal 1942, ospite di mafiosi del luogo o dellocale Arcivescovo. I l presule fu accusato da molte male lingue di essere vicino a certi personaggidella zona. Anche gli inglesi si davano da fare. Sansone e Ingrascì scrivono:

“Nell'apr ile 1943 un sottomar ino br itannico emerse a un miglio dalle coste mer idionali dellaSicilia. Una piccola imbarcazione, sotto la spinta dei remi, r aggiunse in breve tempo la costa,arenandosi dolcemente sulla spiaggia. Ne discese un uomo alto e sotti le. Due persone che stavanoad attender lo gli chiesero: “Chi siete?” “Sono il colonnello Hancock dell'esercito di S. Maestàbr itannica”.

L’ufficiale inglese, venuto per preparare il terreno all'invasione, a loro detta:

“fu ospite dell'on. Ar turo Verderame che gli mise a disposizione una casa di campagna nei pressidi Gela. Nello stesso mese giunse clandestinamente in Sicilia un altro personaggio con compitianaloghi ma per incar ico del Dipar timento di Stato, i l colonnello Char les Poletti dell'esercito degliStati Uniti. L'agente amer icano r iuscì a stabilir e immediatamente contatti con alcuni baroniagrar i, tra i quali don Lucio Tasca Bordonaro, uno dei più grossi latifondisti siciliani, la duchessadi Cesarò ed altr i”.

Gli Alleati si servivano di queste e altre forze della conservazione dopo l’assicurazione che questenon avrebbero in alcun modo ostacolato i loro disegni di mantenere 1'ordine e che avrebberocontr ibuito a mantenerlo. Fu una stabilizzazione di un Paese conquistato.

“C'era indubbiamente nell'intervento alleato – come dice Franco Briatico - qualcosa che eccitava lamafia, r ifacendosi ad un rappor to protettorato-autonomia del tipo inglese dal quale nacque laCostituzione del 1812 e nel quale 1'ideologia baronale ravvisava la liber tà per fetta. La scelta dellamafia era dunque il separatismo, in par te per la naturale identificazione di quest'ultimo con1'antico ordine, in par te per la esper ienza di uno Stato centrale che 1'aveva duramenteperseguitata, in par te per la necessità di una restaurazione che in un momento di estr emodisordine, appar iva improbabile a livello statale. Come sempre la mafia temevacontemporaneamente 1'assenza di un ordine e la presenza di un ordine troppo for te; e la sua pro-spettiva r imaneva quella di r itornare ad essere mediazione indispensabile tr a un ordine r istabilito

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in apparenza e un disordine latente”.

La tranquillità nelle retrovie era stata ed era una delle cose più importanti per gli Alleati e man manoche s’intensificavano le operazioni militari, il loro interesse (degli americani in particolare) alle forzeche potevano contribuire aumentava. Scrive Denis Mack Smith:

“Perciò gli Alleati, che avevano interesse soprattutto a mantenere la Sicilia tranquilla mentre laguer ra procedeva sul continente, r imisero al potere una categor ia di capi politici che der ivavanodal passato prefascista; e, una volta fatto non ci fu modo di tornare indietro, perché essi feceropresto a tr incerarsi efficacemente. I l quasi analfabeta Vizzini e i suoi soci, r ichiamarono in vitatutte le vecchie pratiche di clientelaggio, banditismo, ter ror ismo e omer tà per crearsi un immensopotere e r imettere in auge i loro lucrativi labir inti di cr iminalità”.

Ci furono “piccoli“ ma significativi episodi. Ci permettono però d’intravedere già i segni della “scelta“alleata che durerà fino alla prima metà del 1944. Churchill aveva un’estrema diffidenza verso unaqualsiasi possibile iniziativa politica di “esuli o di avversari del regime fascista” che non venisse dalRe e da Badoglio.

Sicuramente esagera il ruolo di della mafia Michele Pantaleone quando scrive:

“Comunque è stor icamente provato che pr ima e durante le operazioni militar i relative allo sbarcodegli Alleati in Sicilia, la mafia, d'accordo con il gangster ismo amer icano, s'adoperò per teneresgombra la via da un mare all'altr o, tanto che le truppe d'occupazione avanzarono nel centrodell'isola con un notevole mar gine di sicurezza”.

Non ci furono battaglioni di mafiosi armati di lupara in marcia con le salmerie alleate. Gli occupantigrazie all’enorme divario di uomini e mezzi nei confronti dei nemici non ne avevano bisogno. Gliinvasori sarebbero arr ivati lo stesso allo Stretto, ma avrebbero pagato un prezzo maggiore. In moltelocalità della Sicilia, però gli “uomini d’onore” contribuirono a minare i l morale delle truppedell’Asse e favorirono, con promesse e minacce, la resa dei reparti italiani e tedeschi che dovevanofronteggiare il nemico, oltre a guidare l’assalto ai municipi e alle sedi del Fascio. Come ad esempio aBagheria.

Gli americani “subiscono” l’iniziativa politica dell'alleato nel Mediterraneo. I quali parevano esserepiù propensi a iniziative militari nei Balcani. Scrive N. Kogan, L'I talia e gli Alleati :

“l'atteggiamento amer icano non si esplicò in una politica vera e propr ia per tutto i l 1943 e la pr imapar te del 1944. Sottovalutando la forza dell ’anti-fascismo e preoccupato della sicurezza militare, i lgoverno amer icano seguì da pr incipio la tattica di soppr imere qualsiasi attività politica in I talia, equesto fu i l suo modo di r ispondere a un problema che non era ancora preparato a tr attare".

I criteri generali dell'impostazione della politica alleata in Sicilia sono anche illuminanti delpragmatismo e dei contrasti tra gli Alleati. Gli americani sono meno interessati degli inglesi, a undisegno strategico più ampio. Perciò sono propensi, almeno sul piano più minuto, a servirsi di mezzie strumenti di governo diversi dai britannici. In questo quadro non devono però essere sottovalutati,i prevalenti fattori di natura militare che ispiravano la condotta degli statunitensi e dei britannici egli altri elementi dal più vasto disegno che non sembravano in quel tempo completamente chiari.Pareva impossibile, che si dovesse parlare, per i nordamericani, di tradizione politica e d’interessistorici nel Mediterraneo cui riallacciarsi in qualche modo. Non era tuttavia, però, da sottovalutare laloro recente esperienza nell’Africa settentrionale francese, vista al tempo dello sbarco comeoperazione primariamente logistica e condotta con la quasi certezza di non incontrare resistenza

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anche di natura politica. Fu una vicenda tuttavia non priva di ombre, di ambizioni, d’insegnamenti,per l’avvenire: 1'effetto di quest’operazione avrebbe modificato, infatti, la storia delle tradizionipolitiche e della situazione geografica degli USA. Chiaramente “l'imperialismo” del presente era inlotta con le idee passate e la politica statunitense rifletteva questo contrasto. E’ in concretoimpossibile accertare se le direttive “aperturistiche” verso Cosa Nostra furono stabilite e in qualemisura dall’AMGOT prima dello sbarco. Non si tratta, certamente, di valutare alcuni fatti isolatisenza un preciso contorno, ma di una volontà ed anche di un disegno piuttosto precisi ches’innestano in un quadro più ampio, in una scelta del tutto “utili taristica” verso i mafiosi cheavevano o rappresentavano comunque il potere effettivo e che non avevano alcun interesse amodificare lo “status quo” in materia di ordine socio-economico in Sicilia. I quadri della nuova mafiache si stavano riorganizzando e cambiando da quella di un tempo, ricominciavano ad acquistare1'antica e indiscussa potenza nelle campagne e più “peso”, man mano che acquisivano maggiorpotere politico. La cosa assunse un tono d'ufficialità agli occhi di molti siciliani quando don CalòVizzini fu nominato sindaco di Villalba dal tenente americano Beehr, e alla cerimonia del suoinsediamento partecipò 1'inviato del vescovo di Caltanissetta. Cioè del rappresentante dell'altracolonna che, insieme a Cosa Nostra, doveva garantire 1'ordine agli occupanti: il clero. Nel casoparticolare poi, don Calò aveva dei fratelli preti e poteva vantare anche due zii vescovi. Oltre a questiincarichi ufficiali dati dagli alleati ai capi noti della mafia stavano quelli dati a non pochi mafiosimeno importanti, meno conosciuti o del tutto sconosciuti. Erano nomi che già iniziavano a circolaredi bocca in bocca con timore e riverenza. Anche i semplici “soldati” non sono meno importanti sulpiano pratico e operativo, perché spesso costoro erano al servizio degli Alleati, in molti casi, per laconoscenza dell’inglese, come “interpreti”. In altri avevano vari incarichi, spesso anche come uominidi “fiducia”, per procacciare affari e sistemare altri “problemi”. E’ indicativo i l fatto che molti militariamericani fossero di origine siciliana e furono volutamente scelti dall'esercito per questa ragione.Avevano appreso dai genitori emigrati nelle Little I taly a rispettare certi usi e certe leggi tradizionaliavevano ben più efficacia di quelle statali. Anche questi rapporti giovarono a Cosa Nostra, cheamministrò numerosi enti locali della Sicilia occidentale, specialmente in centri tradizionalidell’organizzazione mafiosa.

Quanto scrive Giuseppe Carlo Marino in Stor ia della Mafia sul governatore del Governo MilitareAlleato, Charles Poletti , ci aiuta a capire grazie a quali alleanze fu possibile stabilizzare la Sicilia etante cose che successero dopo nell’I sola:

"Sui rappor ti tra l'AMGOT da una par te e i l separatismo e la mafia dall'altra, la ver ità stor ica ètanto inoppugnabile quanto, per ben comprensibili motivi, controversa ... è ovvio, data questaopinione, non sarebbe mai stato in grado di r iconoscere e temere come mafiosi il suo fr aternoamico Antonini e gli altr i boss che negli USA controllavano il sindacato dei por tuali (i l "fr onte delpor to" del famoso film con Mar lon Brando). E neppure il famigerato Lucky Luciano che - giuranoparecchi testimoni - fu, ovviamente sotto falso nome, suo interprete di fiducia a Palermo nelquar tiere generale dell'AMGOT. Né lo avrebbero minimamente scandalizzato i var i Joe Adonis,Alber t Anastasia, Joseph Antonior i, Jim Balestr ier i, Thomas Buffa, Leonard Calamia, FrankCostello, Joe De Luca, Peter e Joseph Di Giovanni, Nick Gentile, Vito Genovese, Tony Lo Piparo,Vincent Mangano, Joe Profaci, tutti esponenti dell"'onorata società" ampiamente uti lizzati daiservizi segreti e presenti con var i incar ichi tra i "liberator i". A maggiore ragione, r itenne dioperare per la r inascita della democrazia in I talia insediando come sindaco a Palermo il notoLucio Tasca e, alla guida delle altre amministrazioni comunali dell'isola, a par te i l noto "campionedi antifascismo" don Calò Vizzini a Villalba, altr i innumerevoli per sonaggi di analoga culturademocratica come Antonino Affronti, Serafino Di Per i, Giuseppe Genco Russo, Giuseppe Giudice,Vincenzo Landolina, Peppino Scar lata, Alfredo Sorce. E consegnò al boss Vincenzo De Car lo i lcontrollo degli ammassi del grano e al medico arcimafioso di Cor leone Michele Navar ra (i l pr imo"datore di lavoro" di Luciano Liggio) l'organizzazione di una società di tr aspor ti nell'entroter ra

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del Palermitano destinata a presiedere alle attività del "mercato nero". Ovviamente il vecchioPoletti ha negato, nella citata intervista, di avere avuto rappor ti compromettenti con ilseparatismo. Ma è cer to che il movimento di Finocchiaro Apr ile - nel quale, dopo lo sbarco degliAlleati, confluì pressoché per intero la "borghesia mafiosa" con il personale del latifondo, daigrandi propr ietar i titolati, ai gabelloti, ai campier i - dovette molto del suo successo alla possibilitàdi presentar si come il "par tito degli amer icani" (alcuni separatisti, attratti da una specie difondamentalismo amer icanista, e sarà don Calò, per qualche tempo, uno dei loro massimiesponenti, propor ranno addir ittura di fare della Sicilia la quarantanovesima stella degli StatiUniti). Le reali o soltanto presunte credenziali amer icane furono, insieme alla capacità di farecrescere e di str umentalizzare nell'isola una vasta protesta contro i l Nord colonialista, tr a i fattor iche resero possibile al tr io Finocchiaro Apr ile-Tasca-Vizzini di conquistare e strumentalizzare i lconsenso di una vasta forza plebea, dalla quale sarebbero emerse delle autentiche vocazionipopolar i al r iscatto e alla liberazione. Per esempio, le vocazioni del giovane professore AntonioCanepa, un idealista dell'Ateneo catanese che, sotto la spinta di or iginali suggestioni patr iottico -r ivoluzionar ie, avrebbe costituito, con un pugno di studenti, i l suo sedicente "Esercito volontar ioper l'indipendenza siciliana" (EVIS) e poi, i l 17 giugno 1945, sarebbe caduto in un conflitto a fuococon i carabinier i che lascia aper ti i sospetti sulle r esponsabilità della mafia, interessata adeliminar lo come sovversivo e "testa calda".

Poletti avrebbe avuto come sloo interprete personale al Comando Alleato di Nola, Napoli, i l notogangster Vito Genovese. Ricercato negli States per omicidio, Paese in cui fu estradato dopo unalunga procedura: godeva di alte complicità al comando alleato. “Don Vitone” gestiva il mercato neronell’I talia meridionale. E “mangiava e faceva mangiare” gli “amici”.

Marino accenna alla presenza di massoni nelle trattative che condussero alla firma dell'armistiziodi Cassibile e alla successiva strategia americana di contenimento del comunismo in I talia:

"In sintesi, che cosa era accaduto a par tire dallo sbarco degli Alleati nell'isola? Inizialmente, percalcoli di realpolitik conformi all'esigenza di assicurare i l successo all'impresa militare, gliamer icani sfr uttarono a piene mani gli effetti della r icomposizione antifascista della mafiasiciliana, un processo al quale essi stessi avevano contr ibuito con il buon lavoro svolto dai ser vizisegreti e dai mafiosi di casa loro ingaggiati per l'occasione, tutti già collegati o capaci dir icollegarsi rapidamente ai mafiosi siciliani. Tramite pr ivilegiato dell'operazione, dagli USA allaSicilia e viceversa, dovette essere la massoner ia, cioè la componente più mister iosa di quellaborghesia che, mafiosa essa stessa o "amica degli amici", aveva comunque acquisito una grandedimestichezza - dir ebbe Nicola Tranfaglia - con la “mafia come metodo”. Non era cer to un caso cheChar les Poletti fosse un gran massone. E così i suoi miglior i amici amer icani. E sarebbe daappurare su quale invisibile pista massonica il generale Giuseppe Castellano (che, assistitodall'eminenza gr igia Vito Guar rasi, aveva firmato la r esa italiana di Cassibile) fosse ancoraall'opera nel novembre del 1944, (secondo quanto attestano impor tanti documenti amer icani),sempre con il suddetto Guar rasi e con l'avvocato Vito Foderà e “assieme ai capi della maffiaincluso Calogero Vizzini”, questa volta non più per appoggiare il movimento separatista diFinocchiaro Apr ile che “stava perdendo popolar ità”, ma “per la formazione di un gruppo in favoredell'Autonomia sotto la dir ezione della maffia”. Tutto questo non poté non avere conseguenze dir i levante por tata. In concreto, nell'intr eccio tr a i ser vizi Segreti e la massoner ia, i l per sonalemafioso, con i suoi r afforzati legami con i cugini d'oltreoceano, era stato assunto tra le pr incipalir isorse str ategiche del "par tito amer icano" in I talia. Così la mafia, comunque si vogliano vedere lecose, fu innalzata al r ango di un vero e propr io soggetto politico che, tanto più con l'avvio della"guer ra fredda" e con i timor i per i progressi del Pci in I talia, avrebbe presto preso coscienza dellasua forza contrattuale, ai fini degli interessi internazionali del cosiddetto "mondo libero".Nell'interscambio Sicilia-Amer ica, si erano già formate le condizioni necessar ie e sufficienti per

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quella che, da lì a poco, sarebbe stata Cosa nostra, una vera e propr ia "multinazionale" politico-affar istico-cr iminale, un'entità sempre più affinata, capillare e complessa di cui per decenni sisarebbe soltanto intuita l'esistenza".

Ai precedenti massoni aggiungerei, solo per rimanere in I talia, il maresciallo Pietro Badoglio, sceltoper la carica di Capo del Governo anche per i suoi legami con le Logge, e il Re Vittorio Emanuele I I I ,in gioventù sospetto di simpatie massoniche. Sarebbe stato un “gradito visitatore" delle Logge. PerAntonio Nicaso: “Fu il massone americano Frank Bruno Gigliotti, già agente della sezione italianadell’Oss e quindi agente della Cia, a preparare lo sbarco degli americani in Sicilia attraverso irapporti con la mafia e la massoneria”.

Nel gioco di “salvare il salvabile” nel “gioco” entrò anche la Chiesa, preoccupata, specie dopo gliscioperi del marzo 1943 dell’andamento che potevano prendere le “cose” in caso di sconfittadell’I talia: la forte influenza nella Penisola di due Potenze protestanti e del PCI . Con i primi presto sigiunse a un accomodamento, indicativi sono rapporti Alleati - Chiesa in Sicilia. Le angosce del Papacrebbero con l’aumentare della forza del PCI dopo il 25 luglio.

Pio XI I era consapevole da tempo che l’unica via di salvezza per 1'I talia era quella della pace. I lPapa non condivideva l’orientamento del governo Badoglio, vale a dire un armistizio che ponesse1'I talia alla merce dell'occupazione militare angloamericana. Papa Pio XI I percepiva che, in tal caso,la reazione di Hitler sarebbe stata certa e dura con il risultato di favorire i comunisti, cheaspettavano solo una situazione del genere per mettersi a capo della lotta partigiana contro itedeschi. La cosa avrebbe finito col favorire enormemente il PCI che sarebbe emerso dalle rovinedella guerra, come 1'unico, autentico vincitore, con tutte le conseguenze che tale successo avrebbecomportato per 1'avvenire dell'I talia e della Chiesa. I l Pontefice aveva quindi deciso che la sola viapossibile non fosse l’armistizio sperato da Badoglio, ma la “neutralizzazione” dell'I talia previoaccordo con le Potenze in guerra: vale a dire, gli Alleati avrebbero dovuto cessare le osti li tà ma nonoccupare l’I talia; i tedeschi, a loro volta, avrebbero dovuto ritirare le loro Divisioni oltre i l Brennero.I1 piano era molto meno utopistico di quanto oggi possa sembrare. E’ chiaro che il Papa sapeva dipotere contare per la realizzazione del suo progetto sul consenso di Berlino. I l governo germanico inquel tempo, cercava qualsiasi occasione che gli permettesse, di entrare in contatto con gli Alleati alfine di trattare una tregua che gli consentisse mano libera in Russia. Un accordo per 1'I talia potevabenissimo costituire un prezioso precedente per il raggiungimento di questo scopo. Contando quindigià a priori sul favorevole atteggiamento del governo germanico, ai primi di agosto del 1943 il Papaaveva inviato negli USA, quale rappresentante personale, 1'architetto Enrico Piero Galeazzi. Dovevaillustrare la volontà di Pio XI I ai capi dell'episcopato americano e premere quindi, loro tramite, sulPresidente Roosevelt. Mentre Galeazzi era in missione, ci fu 1'accostamento tra Badoglio e icomunisti. Pio XI I , che vedeva la situazione deteriorarsi nel senso da lui temuto, tentò di premereulteriormente su Washington e su Badoglio. I l suo piano fu però sconvolto dal precipitare deglieventi. I1 15 agosto, nel massimo segreto, i l generale Giuseppe Castellano, munito di credenzialirilasciategli da Badoglio, incontrò a Madrid sir Samuel Hoare, l'ambasciatore britannico, con1'incarico di trattare i l passaggio del1'I talia a fianco degli Alleati. Iniziò così la frenetica vicenda delletrattative che portarono all’Armistizio.

D: Infine alcune sue considerazioni sul compor tamento degli alti gradi italiani, in par ticolarequelli della Mar ina Militare, traditor i (I l Trattato di Pace stipulato a Par igi con le Nazionivincitr ici nel febbraio del 1947 all’ar ticolo 16 dice: “L’I talia non perseguirà, ne disturberà icittadini italiani, par ticolarmente i componenti delle Forze Armate, per i l solo fatto di avere, nelcor so del per iodo compreso tr a il 10 giugno 1940 e la data dell ’entr ata in vigore del presente

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Trattato, espresso la loro simpatia per la causa delle Potenze Alleate e Associate o di averecondotto un “azione a favore di detta causa”) come l’ammiraglio Mauger i r esponsabile dell’UfficioInformazioni della Mar ina, decorato dagli Stati Uniti a guer ra finita con la Legion of Mer it,l’ammiraglio Pr iamo Leonardi, comandante la piazzafor te di Augusta e Siracusa e l’ammiraglioGino Pavesi comandante di Panteller ia, lei che ne pensa? Su Casa Savoia credo sia meglio stendereun velo pietoso.

Forse è meglio sorvolare sulle responsabilità degli alti gradi della marina. Molti furono dei felloni efurono coperti dal Diktat di Parigi e dalla complicità della successiva repubblica antifascista natadella resistenza. Alla quale poi prestarono i loro servizi. I l loro tradimento costò la vita a tanti bravimilitari e forse impedì la vittoria dell ’Asse. I semplici marinai volevano vincere la guerra. Per chivuole approfondire consiglio alcuni testi il classico Navi e poltrone di Antonio Trizzino, La flottatradita di Roberto Fabiani Carlo De Risio e Su onda 41, Roma non r isponde di Franco Tabasso.Antonio Trizzino fu processato per quanto scritto e poi assolto. La flotta tradita, pubblicato nel2005, fuori catalogo, è quasi introvabile. L’ultimo libro fu subito sequestrato dopo la sua stampa inalcune centinaia di copie da una piccolissima casa editrice nel lontano 1957 e ne circolano soloalcune, molto rare e costose anche in anastatica. Queste vicende sono indicative.

Pantelleria il “i l paracarri d’I talia” cadde dopo 6 giorni di bombardamenti che avevano fatto pochiai potentissimi bunker e pochissime vittime. L’ammiraglio Pavesi, dopo la resa, si difese dalle accusesostenendo la mancanza d’acqua. Secondo molte testimonianze successive ce ne però era inabbondanza. I l crollo dell’I sola contribuì molto ad abbattere i l morale degli italiani.

Su quanto di accaduto alla piazzaforte di Augusta abbandonata in pratica senza combattere con ilnemico molto lontano, per carità di Patria, preferisco stendere un velo pietoso. Appartiene allepagine più vergognose della nostra storia. Vergogna riscattata dal sacrificio di migliaia di eroicicaduti in Sicilia. Doveva essere una delle più importanti difese fisse dell’Isola, fu in realtà l’anello piùdebole della catena. Per la triste vicenda accaduta ad Augusta, l’ammiraglio comandante, il massonePriamo Leonardi, fu nell’aprile 1944 condannato a morte in contumacia dal governo dellaRepubblica Sociale I taliana, il 20 novembre 1945 fu r iabilitato dalle conclusioni di una Commissioned’inchiesta della Marina. Poi, per lo storico Leonardo Salvaggio, ebbe la medaglia d’argento per ilvalore e il coraggio dimostrato nel difendere la piazzaforte di Augusta- Siracusa.

Bagheria, 25 settembre 2012

Giovanni Bartolone

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Giovanni Bar tolone, nasce a Palermo nel 1953, ove insegna Dir itto ed economia nelle ScuoleSuper ior i. Vive a Bagher ia (Palermo). E’ laureato in Scienze Politiche, indir izzo PoliticoInternazionale, con una tesi sul Referendum istituzionale Monarchia – Repubblica del 1946. Haconseguito un Master sul Medio e Vicino Or iente presso l’I stituto Enr ico Mattei di Roma, con unatesi dal titolo “Le operazioni di stabilizzazione. I governi militar i d’occupazione in Sicilia, a Napoli,in Germania e in I raq”. E' da molti anni impegnato in r icerche sulla Seconda guer ra mondiale, i lFascismo, i l Nazionalsocialismo, i l fenomeno della Mafia, la Sicilia dallo sbarco Alleato alla mor tedi Salvatore Giuliano. Ha pubblicato nel 2005 il libro “Le altre stragi”, Tipografia Aiello &Provenzano, Bagher ia, dedicato alle str agi alleate e tedesche nella Sicilia del 1943/ 44 e il saggio“Luci ed ombre nella Napoli 1943-1946”, in AA. VV., ISSES, Napoli, 2006. E’ attualmenteimpegnato in studi sui cr imini commessi dagli anglo-amer icani in Sicilia nel 1943 e i l fenomeno delFascismo clandestino e la r ivolta dei “Non si par te” in Sicilia. Ha collaborato a Candido, Histor icaNova e Stor ia del Novecento.

Può essere contattato al seguente indir izzo di posta elettronica: gbar [email protected]

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