I Ciani di Leontica - Museo della MemoriaI Ciani di Leontica Storia di un’ascesa sociale:...

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voce di blenio SETTEMBRE 2017/8-9 I Ciani di Leontica Storia di un’ascesa sociale: marronai, maiolicari, commercianti di pelo e infine banchieri di Stefania Bianchi [tar.ci] Ci puoi scommettere: per la maggior parte dei bleniesi (ma anche dei luganesi e dei ticinesi in genere) il nome Ciani evoca ormai solo l’omo- nimo parco sulla riva del lago a Lugano e non una singolare, e per certi versi straordinaria, vicenda di ascesa sociale famigliare che prende av- vio già nel Seicento a Leontica in Valle di Blenio. È quindi più che benve- nuta, anche e soprattutto per i bleniesi, la recente pubblicazione del bel volume “I Ciani. Mito e realtà”, no. 29 della Collana “Pagine storiche lu- ganesi”, edita dall’Archivio storico Città di Lugano. In occasione della presentazione del volume al pubblico, avvenuta lo scorso 31 maggio a Lu- gano, abbiamo chiesto alla storica Stefania Bianchi, coautrice del volu- me, di riassumere per Voce di Blenio il tema da lei trattato, che è poi quel- lo che ci può maggiormente interessare come bleniesi: il contesto stori- co dell’emigrazione bleniese a Milano e in Lombardia che sta alla base anche della “saga” dei Ciani. Il racconto, documentatissimo e coinvol- gente al tempo stesso, di Stefania Bianchi arriva fino al momento in cui, nel 1822, i più famosi dei Ciani, i fratelli Giacomo (Milano 1776 – Lugano 1868) e Filippo (Milano 1778 – Lugano 1867), lasciano Milano perché con- siderati pericolosi sovversivi antiaustriaci, ritornano in patria e si stabili- scono a Lugano dove risiedono fino alla morte. A chi fosse interessato anche al seguito della vicenda, non meno interessante ed avvincente, cioè le molteplici attività luganesi e ticinesi dei fratelli Ciani (tra cui la co- struzione della Villa e del Parco che ormai li identifica in modo esclusivo nella percezione comune) non possiamo che consigliare vivamente la lettura dei relativi capitoli del volume. Siamo molto grati a Stefania Bian- chi per il suo contributo, che arricchisce la nostra conoscenza di un im- portante tassello dell’affascinante storia dell’emigrazione bleniese, e all’Archivio Storico Città di Lugano che ci consente di riprodurre alcune delle illustrazioni che impreziosiscono il volume “I Ciani. Mito e realtà”. VOCE DOSSIER - 43 I Ciani bleniesi-milanesi Nel tardo Seicento i figli di Giuseppe pongono le basi delle diverse fortune professionali: Giro- lamo e soprattutto Carlo (Leontica 1676 – Mila- no 1742) intuiscono le potenzialità di una Mila- no città di servizi in crescita economica; i di- scendenti del fratello Giovanni, invece, si divi- deranno fra chi volgerà i suoi passi per Marsiglia avviando negozi di cioccolata, altro prodotto con cui i migranti della valle hanno grande fami- liarità, e chi resta in valle per conservare il fuoco acceso, l’attinenza al luogo di origine che ser- virà a Giacomo (Milano 1776 – Lugano 1868) e a Filippo (Milano 1778 – Lugano 1867) per ri- vendicare l’appartenenza alla patria “ticinese”. I due Ciani, che rimpatriati contribuiranno con l’impegno politico e con iniziative sociali e cul- turali alla costruzione identitaria del giovane Cantone Ticino, sono gli ultimi discendenti del ramo “milanese” che ha dato lustro e notorietà alla famiglia, attraverso una ponderata e pro- gressiva ascesa sociale che risponde alle richie- ste dell’economia metropolitana. La scalata alla ricchezza si avverte nell’avvicendarsi delle pro- fessioni esercitate sempre più “nobili”, nella scelta, di volta in volta strategica, dei quartieri dove abitare e avviare negozi, nelle relazioni sia parentali sia finanziarie miranti a consolidare l’integrazione in città. È una scalata che nel 1779 porterà i Ciani in contrada de’ Meravigli, nel cuore degli affari, grazie al commercio della seta e all’attività creditizia che fa di loro degli stimati banchieri. Antenato comune è Guglielmo da cui dipartono i ceppi familiari di Giacomo, presumibilmente il primogenito; quelli di Giovanni Battista e di Giuseppe, entrambi sposati rispettivamente con Agnese e Anna Maria De Maria, capostipiti del- le due “rotte migratorie”, con figli e nipoti che inizialmente alternano i soggiorni alpini agli in- verni cittadini, dove non di rado la morte li pote- va cogliere. Ben presto a Milano i Ciani abban- donano la stagionale attività di marronai per una professione del tutto estranea alla cultura di val- le: sono maiolicari, bottegai che commerciano vasellame e recipienti anche per aromi, come i manufatti conservati presso la farmacia dell’O- spedale Maggiore di Milano. vi orientamenti politici e amministrativi, trova- no un ulteriore riconoscimento quando, nel 1802, vengono designati “ambasciatori” della città e della Camera di Commercio alla Consulta di Lione. La carica, assunta da Giacomo, è pre- stigiosa perché la Consulta per i tempi rappre- senta un “incontro ai vertici”. La fiducia riposta nella loro autorevolezza è confermata dagli incarichi loro attribuiti nel cor- so del 1808; Giacomo è eletto membro del Tri- bunale di commercio, mentre il padre è presi- dente della Borsa, appena istituita. Mansioni pubbliche e investimenti privati vanno di pari passo; grazie alle acquisizioni territoriali e urba- ne dei Domaines Nationaux, alla residenza di campagna a Lissone comperata da Carlo nel 1771, vanno ad aggiungersi case e poderi di pa- recchie centinaia di pertiche, proprietà che in parte ben presto cambieranno padrone assicu- rando grandi ricavi. Accanto alle speculazioni immobiliari persistono le attività creditizie di di- versa natura, esercitate all’estero tramite procu- re, in particolare quelle rogate dal notaio parigi- no Boilleau, stilate per curare gli interessi di Carlo e più tardi anche del figlio Gaetano (Mila- no 1780 – 1868) che, a differenza dei fratelli maggiori, i più noti Giacomo e Filippo, propen- derà per la carriera militare fino a conseguire, quale onorificenza napoleonica, il titolo di baro- ne. Alla fine della sua vita, Carlo si ritrova con un patrimonio decisamente ragguardevole, oltre due milioni di lire milanesi solo di proprietà ter- riere. Inoltre le attività imprenditoriali, altrettanto fa- coltose, hanno dato vita a una trama di contatti, perché le transazioni commerciali e creditizie moltiplicano ricchezze e le relazioni con chi conta sulle piazze economiche internazionali (Londra, Ginevra, Parigi, Amsterdam, Vienna, Lione, …) città che saranno anche le mete del peregrinare dei figli Giacomo e Filippo, dopo aver lasciato il regno del Lombardo-Veneto per- ché considerati pericolosi nemici antiaustriaci, finché non torneranno alla terra degli avi per di- morare a Lugano sino alla morte. Questo segna l’inizio della loro avventura im- prenditoriale messa in atto da Carlo Ciani, il bi- snonno dei fratelli luganesi, predisponendo il futuro del suo casato. Nei registri contabili dell’Ospedale ricorrono con regolarità paga- menti «per robbe di terra», «per diversi vasi di maiolica», «per prezzo de’ diversi terrami»; e la qualifica di maiolicari ritorna negli stati delle anime della parrocchia di San Michele, quando con la composita famiglia e la servitù Carlo vi- veva nella casa dei Padri di Sant’Antonio in Strada Nuova. Queste fonti mostrano l’articola- to avvicendarsi di congiunti uniti da legami pa- rentali di diverso grado, legami che si fanno an- cora più stretti dopo il matrimonio di Carlo con Lucia Cattaneo, vedova del cugino Paolo, salva- guardati anche nelle sue ultime volontà. Le di- sposizioni testamentarie di Carlo, tese a raffor- zare l’unità familiare e a definire i reciproci di- ritti e doveri, tuttavia rappresentano virtualmen- te la transizione della sua discendenza dalla val- le alla città. Pur predisponendo legati per la par- rocchiale di San Giovanni Battista a Leontica, sceglie di essere sepolto a Milano in San Bernar- dino dove è iscritto come confratello della vene- randa scuola. Col testamento provvede ai «nipo- ti della casa paterna al paese, acciò si tengha aperta la detta casa», e «a quel povero figlio stropiato del fu Francesco». Provvede anche ad un altro nipote che già vive in Milano con lui, precisando «pregho li miei eredi di recare ogni carità al nipote mio Giovanni figlio del fu Giro- lamo mio frattello per il proseguimento della bottegha». L’avviato negozio di vasellame nel 1749 diventa a pieno titolo di Giovanni, che ac- quista dai cugini fondaco e bottega, situati in un punto strategico della parrocchia di San Michele all’angolo di Strada Nuova presso il “verzaro” di Porta Orientale. A Giacomo (Milano 1707 – Mi- lano 1767), erede universale, spettano gli immo- bili e i capitali, che farà fruttare attraverso accor- ti investimenti di diversa natura. Quando, intorno alla metà del Settecento, risie- de nella parrocchia metropolitana di Santa Te- cla, quindi nei pressi del duomo, negli stati delle anime Giacomo è iscritto quale mercante di pe- lo, mentre gli Asper e i Piazza, pure bleniesi, ri- sultano «cioccolatari»; poco distante, al passo della contrada di San Clemente vicino al Brolio, invece lavorano i facchini provenienti da Corzo- neso e da Leontica, ulteriore conferma della dif- fusa presenza di bleniesi attivi nei traffici e nei commerci. Ma, lini e soprattutto sete, le merci più remunerative di un mercato tessile in espan- sione, sono le nuove fonti di reddito che incre- mentano i guadagni. Le fortune di famiglia cre- scono grazie agli affari che Giacomo intrattiene con altri imprenditori, e alle sue intuizioni nel saper riconvertire i profitti aziendali. Le lettere commerciali e gli atti notarili mostrano questa sua capacità di tessere una trama di negoziazioni e di investimenti che guarda all’intero mercato lombardo: importazioni di prodotti che riman- dano ad attività artigianali del settore tessile, proprietà di filatoi e lavorazione dei filati, ac- quisti di case e fondachi, nonché acquisti e am- ministrazione di fiorenti proprietà agricole. Fin dagli anni quaranta del Settecento il Ciani intrattiene una regolare corrispondenza con la ditta di spedizione dei fratelli Massner di Coira che, come i Curtabatto di Lindau, curano il tran- sito delle forniture di lini dall’area germanofo- na; tramite la loro agenzia arrivano «balle», «ballotti» e barili dalla società Hadler e Eberz di Lindau, dai Bayer di Rorschach, dai Ringelsdorf pure di Lindau, da Scheidling e Comp. di Arbon, e più tardi anche dai Daumiller di Memmingen e dai Dellefant di Augusta. Le botteghe meneghi- ne vengono gestite mediante vere e proprie “so- cietà azionistiche”, come quella fondata nel 1758 in contrada de’ Mercanti d’Oro con Giu- seppe Mariani e Gaetano Dell’Oro, altro casato della valle di Blenio. Giacomo si impegna a por- re nel negozio la mercanzia che si trova nella sua bottega e che deve servire da capitale iniziale, mentre Mariani e Dell’Oro devono impiegare il loro personale. Simile la ragione sociale del 1764 «di altro negozio consimile esercitio nella contrada de Penachiari», prosieguo della prece- dente. Quale sia l’oggetto del contratto sembra evidente un modus operandi basato sulla diver- sificazione degli investimenti e sulla capacità di cogliere le occasioni senza trascurare il mercato della terra dove Giacomo si propone quale agen- te di importanti proprietà fondiarie. E così lo troviamo intento ad organizzare fonda- chi cittadini ed opifici, e nel contempo ad incre- mentare la produzione agricola investendo nelle colture maggiormente mercantili. La logica che determina il suo agire in entrambi i settori è si- mile: nell’organizzare negozi e botteghe il Ciani mette sostanzialmente il capitale mentre i suoi consociati devono fornire competenze e braccia da lavoro. Nelle aziende agricole la strategia si ripropone perché compera o affitta i fondi e de- lega la produzione ad altri, i massari e i pigio- nanti che conoscono le terre e la loro resa. Ma fra tutte l’attività finanziaria è la più remunerativa e appagante, tanto che il figlio Carlo (Milano 1736 – Milano 1813) diventerà un accreditato banchiere. L’affermazione socioeconomica nella metropoli lombarda Col trascorrere del tempo successo professiona- le e una prole sempre più numerosa, necessitano di una residenza cittadina importante per dimen- sioni e per prestigio: ecco che nel 1779 Carlo compera dagli eredi Ferreri Malaspina «la casa ad uso da nobile nella contrada de’ Meravigli», e dalla famiglia Londonio, già socia in affari con un campo d’azione che si dirama in Italia ed in Europa, il palco alla Scala. A fine secolo l’inse- diamento dei Francesi consolida la posizione so- cioeconomica dei Ciani che, nel quadro dei nuo- Veduta di Leontica a inizio Novecento. (Archivio privato Giuseppe Gianella) Vaso da farmacia in maiolica di Carlo e Giovanni Cia- ni, prima metà del XVIII sec. Milano, Raccolta d’Arte dell’Ospedale Maggiore (da “I Ciani. Mito e realtà”) Piazza Fontana dove si affacciava il negozio di maioliche dei Ciani. Milano, Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli (da “I Ciani. Mito e realtà”) Case di abitazione (indicate con il cerchietto verde) e negozi (in arancione) della famiglia Ciani, secoli XVII e XVIII. Carta della Città di Milano, 1704, tratta da Tesaurus anti- quitatum et historiarum Italie di J.G. Graeve (da “I Ciani. Mito e realtà”) Reti mercantili e finanziarie della famiglia Ciani, secoli XVII e XVIII. Carta dell’Europa, 1800.ca., tratta da Atlan- te novissimo ad uso dei giovani studiosi, collezione privata G. Haug (da “I Ciani. Mito e realtà”) Facciata meridionale di Villa Ciani, ca. 1912. Ameno, Collezione privata (da “I Ciani. Mito e realtà”) Luigi Rossi, Ritratto dei fratelli Ciani, ca. 1890, olio su tela. Torino, Collezione privata (da “I Ciani. Mito e realtà”) Le vicende della famiglia Ciani, originaria di Leontica, si situano nel contesto delle vivaci relazioni fra la Valle del Sole, valle ambrosiana, e la metropoli lombarda, Milano, calamita sin dal tardo me- dioevo di molti migranti bleniesi che a diverso titolo trovano il loro spazio negli ambiti della ristora- zione, del facchinaggio e del piccolo commercio. La loro storia è singolare ma, come ricorda Stefano Levati nella prefazione alla recente opera I Ciani. Mito e realtà, comunque simile a quella di altri ca- sati che, partiti dall’area gravitante intorno ai laghi e alle vie di transito fra la pianura e le alpi, hanno costruito le loro fortune attraverso pazienti strategie socioeconomiche. I primi Ciani a frequentare la città, perlomeno stagionalmente, esercitano la tradizionale attività di marronai, condivisa con altri compaesani.

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voce di blenio SETTEMBRE 2017/8-9

I Ciani di LeonticaStoria di un’ascesa sociale:

marronai, maiolicari, commercianti di pelo e infine banchieridi Stefania Bianchi

[tar.ci] Ci puoi scommettere: per la maggior parte dei bleniesi (ma anchedei luganesi e dei ticinesi in genere) il nome Ciani evoca ormai solo l’omo-nimo parco sulla riva del lago a Lugano e non una singolare, e per certiversi straordinaria, vicenda di ascesa sociale famigliare che prende av-vio già nel Seicento a Leontica in Valle di Blenio. È quindi più che benve-nuta, anche e soprattutto per i bleniesi, la recente pubblicazione del belvolume “I Ciani. Mito e realtà”, no. 29 della Collana “Pagine storiche lu-ganesi”, edita dall’Archivio storico Città di Lugano. In occasione dellapresentazione del volume al pubblico, avvenuta lo scorso 31 maggio a Lu-gano, abbiamo chiesto alla storica Stefania Bianchi, coautrice del volu-me, di riassumere per Voce di Blenio il tema da lei trattato, che è poi quel-lo che ci può maggiormente interessare come bleniesi: il contesto stori-co dell’emigrazione bleniese a Milano e in Lombardia che sta alla baseanche della “saga” dei Ciani. Il racconto, documentatissimo e coinvol-

gente al tempo stesso, di Stefania Bianchi arriva fino al momento in cui,nel 1822, i più famosi dei Ciani, i fratelli Giacomo (Milano 1776 – Lugano1868) e Filippo (Milano 1778 – Lugano 1867), lasciano Milano perché con-siderati pericolosi sovversivi antiaustriaci, ritornano in patria e si stabili-scono a Lugano dove risiedono fino alla morte. A chi fosse interessatoanche al seguito della vicenda, non meno interessante ed avvincente,cioè le molteplici attività luganesi e ticinesi dei fratelli Ciani (tra cui la co-struzione della Villa e del Parco che ormai li identifica in modo esclusivonella percezione comune) non possiamo che consigliare vivamente lalettura dei relativi capitoli del volume. Siamo molto grati a Stefania Bian-chi per il suo contributo, che arricchisce la nostra conoscenza di un im-portante tassello dell’affascinante storia dell’emigrazione bleniese, eall’Archivio Storico Città di Lugano che ci consente di riprodurre alcunedelle illustrazioni che impreziosiscono il volume “I Ciani. Mito e realtà”.

VOCE DOSSIER - 43

I Ciani bleniesi-milanesi

Nel tardo Seicento i figli di Giuseppe pongonole basi delle diverse fortune professionali: Giro-lamo e soprattutto Carlo (Leontica 1676 – Mila-no 1742) intuiscono le potenzialità di una Mila-no città di servizi in crescita economica; i di-scendenti del fratello Giovanni, invece, si divi-deranno fra chi volgerà i suoi passi per Marsigliaavviando negozi di cioccolata, altro prodottocon cui i migranti della valle hanno grande fami-liarità, e chi resta in valle per conservare il fuocoacceso, l’attinenza al luogo di origine che ser-virà a Giacomo (Milano 1776 – Lugano 1868) ea Filippo (Milano 1778 – Lugano 1867) per ri-vendicare l’appartenenza alla patria “ticinese”. Idue Ciani, che rimpatriati contribuiranno conl’impegno politico e con iniziative sociali e cul-turali alla costruzione identitaria del giovaneCantone Ticino, sono gli ultimi discendenti delramo “milanese” che ha dato lustro e notorietàalla famiglia, attraverso una ponderata e pro-gressiva ascesa sociale che risponde alle richie-ste dell’economia metropolitana. La scalata allaricchezza si avverte nell’avvicendarsi delle pro-fessioni esercitate sempre più “nobili”, nellascelta, di volta in volta strategica, dei quartieridove abitare e avviare negozi, nelle relazioni siaparentali sia finanziarie miranti a consolidarel’integrazione in città. È una scalata che nel1779 porterà i Ciani in contrada de’ Meravigli,nel cuore degli affari, grazie al commercio dellaseta e all’attività creditizia che fa di loro deglistimati banchieri.

Antenato comune è Guglielmo da cui dipartonoi ceppi familiari di Giacomo, presumibilmente il

primogenito; quelli di Giovanni Battista e diGiuseppe, entrambi sposati rispettivamente conAgnese e Anna Maria De Maria, capostipiti del-le due “rotte migratorie”, con figli e nipoti cheinizialmente alternano i soggiorni alpini agli in-verni cittadini, dove non di rado la morte li pote-va cogliere. Ben presto a Milano i Ciani abban-donano la stagionale attività di marronai per unaprofessione del tutto estranea alla cultura di val-le: sono maiolicari, bottegai che commercianovasellame e recipienti anche per aromi, come imanufatti conservati presso la farmacia dell’O-spedale Maggiore di Milano.

vi orientamenti politici e amministrativi, trova-no un ulteriore riconoscimento quando, nel1802, vengono designati “ambasciatori” dellacittà e della Camera di Commercio alla Consultadi Lione. La carica, assunta da Giacomo, è pre-stigiosa perché la Consulta per i tempi rappre-senta un “incontro ai vertici”.

La fiducia riposta nella loro autorevolezza èconfermata dagli incarichi loro attribuiti nel cor-so del 1808; Giacomo è eletto membro del Tri-bunale di commercio, mentre il padre è presi-dente della Borsa, appena istituita. Mansionipubbliche e investimenti privati vanno di paripasso; grazie alle acquisizioni territoriali e urba-ne dei Domaines Nationaux, alla residenza dicampagna a Lissone comperata da Carlo nel1771, vanno ad aggiungersi case e poderi di pa-recchie centinaia di pertiche, proprietà che inparte ben presto cambieranno padrone assicu-rando grandi ricavi. Accanto alle speculazioniimmobiliari persistono le attività creditizie di di-versa natura, esercitate all’estero tramite procu-re, in particolare quelle rogate dal notaio parigi-no Boilleau, stilate per curare gli interessi diCarlo e più tardi anche del figlio Gaetano (Mila-no 1780 – 1868) che, a differenza dei fratellimaggiori, i più noti Giacomo e Filippo, propen-derà per la carriera militare fino a conseguire,quale onorificenza napoleonica, il titolo di baro-ne. Alla fine della sua vita, Carlo si ritrova conun patrimonio decisamente ragguardevole, oltredue milioni di lire milanesi solo di proprietà ter-riere.

Inoltre le attività imprenditoriali, altrettanto fa-coltose, hanno dato vita a una trama di contatti,perché le transazioni commerciali e creditiziemoltiplicano ricchezze e le relazioni con chi

conta sulle piazze economiche internazionali(Londra, Ginevra, Parigi, Amsterdam, Vienna,Lione, …) città che saranno anche le mete delperegrinare dei figli Giacomo e Filippo, dopoaver lasciato il regno del Lombardo-Veneto per-ché considerati pericolosi nemici antiaustriaci,finché non torneranno alla terra degli avi per di-morare a Lugano sino alla morte.

Questo segna l’inizio della loro avventura im-prenditoriale messa in atto da Carlo Ciani, il bi-snonno dei fratelli luganesi, predisponendo ilfuturo del suo casato. Nei registri contabilidell’Ospedale ricorrono con regolarità paga-menti «per robbe di terra», «per diversi vasi dimaiolica», «per prezzo de’ diversi terrami»; e laqualifica di maiolicari ritorna negli stati delleanime della parrocchia di San Michele, quandocon la composita famiglia e la servitù Carlo vi-veva nella casa dei Padri di Sant’Antonio inStrada Nuova. Queste fonti mostrano l’articola-to avvicendarsi di congiunti uniti da legami pa-rentali di diverso grado, legami che si fanno an-cora più stretti dopo il matrimonio di Carlo conLucia Cattaneo, vedova del cugino Paolo, salva-guardati anche nelle sue ultime volontà. Le di-sposizioni testamentarie di Carlo, tese a raffor-zare l’unità familiare e a definire i reciproci di-ritti e doveri, tuttavia rappresentano virtualmen-te la transizione della sua discendenza dalla val-

le alla città. Pur predisponendo legati per la par-rocchiale di San Giovanni Battista a Leontica,sceglie di essere sepolto a Milano in San Bernar-dino dove è iscritto come confratello della vene-randa scuola. Col testamento provvede ai «nipo-ti della casa paterna al paese, acciò si tenghaaperta la detta casa», e «a quel povero figliostropiato del fu Francesco». Provvede anche adun altro nipote che già vive in Milano con lui,precisando «pregho li miei eredi di recare ognicarità al nipote mio Giovanni figlio del fu Giro-lamo mio frattello per il proseguimento dellabottegha». L’avviato negozio di vasellame nel1749 diventa a pieno titolo di Giovanni, che ac-quista dai cugini fondaco e bottega, situati in unpunto strategico della parrocchia di San Micheleall’angolo di Strada Nuova presso il “verzaro” diPorta Orientale. A Giacomo (Milano 1707 – Mi-lano 1767), erede universale, spettano gli immo-bili e i capitali, che farà fruttare attraverso accor-ti investimenti di diversa natura.

Quando, intorno alla metà del Settecento, risie-de nella parrocchia metropolitana di Santa Te-cla, quindi nei pressi del duomo, negli stati delleanime Giacomo è iscritto quale mercante di pe-lo, mentre gli Asper e i Piazza, pure bleniesi, ri-sultano «cioccolatari»; poco distante, al passodella contrada di San Clemente vicino al Brolio,invece lavorano i facchini provenienti da Corzo-neso e da Leontica, ulteriore conferma della dif-fusa presenza di bleniesi attivi nei traffici e neicommerci. Ma, lini e soprattutto sete, le mercipiù remunerative di un mercato tessile in espan-sione, sono le nuove fonti di reddito che incre-mentano i guadagni. Le fortune di famiglia cre-scono grazie agli affari che Giacomo intrattienecon altri imprenditori, e alle sue intuizioni nelsaper riconvertire i profitti aziendali. Le letterecommerciali e gli atti notarili mostrano questasua capacità di tessere una trama di negoziazionie di investimenti che guarda all’intero mercatolombardo: importazioni di prodotti che riman-

dano ad attività artigianali del settore tessile,proprietà di filatoi e lavorazione dei filati, ac-quisti di case e fondachi, nonché acquisti e am-ministrazione di fiorenti proprietà agricole.

Fin dagli anni quaranta del Settecento il Cianiintrattiene una regolare corrispondenza con laditta di spedizione dei fratelli Massner di Coirache, come i Curtabatto di Lindau, curano il tran-sito delle forniture di lini dall’area germanofo-na; tramite la loro agenzia arrivano «balle»,«ballotti» e barili dalla società Hadler e Eberz diLindau, dai Bayer di Rorschach, dai Ringelsdorfpure di Lindau, da Scheidling e Comp. di Arbon,e più tardi anche dai Daumiller di Memmingen edai Dellefant di Augusta. Le botteghe meneghi-ne vengono gestite mediante vere e proprie “so-cietà azionistiche”, come quella fondata nel1758 in contrada de’ Mercanti d’Oro con Giu-seppe Mariani e Gaetano Dell’Oro, altro casatodella valle di Blenio. Giacomo si impegna a por-re nel negozio la mercanzia che si trova nella suabottega e che deve servire da capitale iniziale,mentre Mariani e Dell’Oro devono impiegare illoro personale. Simile la ragione sociale del1764 «di altro negozio consimile esercitio nellacontrada de Penachiari», prosieguo della prece-dente. Quale sia l’oggetto del contratto sembraevidente un modus operandi basato sulla diver-sificazione degli investimenti e sulla capacità dicogliere le occasioni senza trascurare il mercatodella terra dove Giacomo si propone quale agen-te di importanti proprietà fondiarie. E così lo troviamo intento ad organizzare fonda-chi cittadini ed opifici, e nel contempo ad incre-mentare la produzione agricola investendo nellecolture maggiormente mercantili. La logica chedetermina il suo agire in entrambi i settori è si-mile: nell’organizzare negozi e botteghe il Cianimette sostanzialmente il capitale mentre i suoiconsociati devono fornire competenze e bracciada lavoro. Nelle aziende agricole la strategia siripropone perché compera o affitta i fondi e de-lega la produzione ad altri, i massari e i pigio-nanti che conoscono le terre e la loro resa. Ma fratutte l’attività finanziaria è la più remunerativa eappagante, tanto che il figlio Carlo (Milano1736 – Milano 1813) diventerà un accreditatobanchiere.

L’affermazione socioeconomicanella metropoli lombarda

Col trascorrere del tempo successo professiona-le e una prole sempre più numerosa, necessitanodi una residenza cittadina importante per dimen-sioni e per prestigio: ecco che nel 1779 Carlocompera dagli eredi Ferreri Malaspina «la casaad uso da nobile nella contrada de’ Meravigli», edalla famiglia Londonio, già socia in affari conun campo d’azione che si dirama in Italia ed inEuropa, il palco alla Scala. A fine secolo l’inse-diamento dei Francesi consolida la posizione so-cioeconomica dei Ciani che, nel quadro dei nuo-

Veduta di Leontica a inizio Novecento. (Archivio privato Giuseppe Gianella)

Vaso da farmacia in maiolica di Carlo e Giovanni Cia-ni, prima metà del XVIII sec. Milano, Raccolta d’Artedell’Ospedale Maggiore (da “I Ciani. Mito e realtà”)

Piazza Fontana dove si affacciava il negozio di maioliche dei Ciani. Milano, Civica Raccolta delle Stampe AchilleBertarelli (da “I Ciani. Mito e realtà”)

Case di abitazione (indicate con il cerchietto verde) e negozi (in arancione) della famiglia Ciani, secoli XVII e XVIII. Carta della Città di Milano, 1704, tratta da Tesaurus anti-quitatum et historiarum Italie di J.G. Graeve (da “I Ciani. Mito e realtà”)

Reti mercantili e finanziarie della famiglia Ciani, secoli XVII e XVIII. Carta dell’Europa, 1800.ca., tratta da Atlan-te novissimo ad uso dei giovani studiosi, collezione privata G. Haug (da “I Ciani. Mito e realtà”)

Facciata meridionale di Villa Ciani, ca. 1912. Ameno, Collezione privata (da “I Ciani. Mito e realtà”)

Luigi Rossi, Ritratto dei fratelli Ciani, ca. 1890, olio sutela. Torino, Collezione privata (da “I Ciani. Mito erealtà”)

Le vicende della famiglia Ciani, originaria di Leontica, si situano nel contesto delle vivaci relazionifra la Valle del Sole, valle ambrosiana, e la metropoli lombarda, Milano, calamita sin dal tardo me-dioevo di molti migranti bleniesi che a diverso titolo trovano il loro spazio negli ambiti della ristora-zione, del facchinaggio e del piccolo commercio. La loro storia è singolare ma, come ricorda StefanoLevati nella prefazione alla recente opera I Ciani. Mito e realtà, comunque simile a quella di altri ca-sati che, partiti dall’area gravitante intorno ai laghi e alle vie di transito fra la pianura e le alpi, hannocostruito le loro fortune attraverso pazienti strategie socioeconomiche. I primi Ciani a frequentare lacittà, perlomeno stagionalmente, esercitano la tradizionale attività di marronai, condivisa con altricompaesani.