I boschi della Calabria

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04/08 PL DOSSIER 40 Paola Pianzola I boschi calabresi sono un patrimonio di grande valo- re. In termini di risorse forestali, la Calabria si colloca per consistenza boschiva (480.528 ha), indice di bo- scosità (31,8%) e produzione legnosa annua (732.181 m 3 ) ai primi posti tra le regioni d’Italia (Istat, 2003). La vo- cazione silvana della regione è con- fermata dalla sua storia più recente, con l’opera di ricostituzione e am- pliamento della superficie boscata che, dal 1957, ha interessato una su- perficie totale di 150.000 h. Le specie forestali coinvolte sono soprattutto conifere: il pino laricio (30.000 ha), distribuito sul gruppo montuoso del- la Sila, sull’Altopiano delle Serre, e sull’Aspromonte, i pini mediterranei Un grande patrimonio boschivo, una filiera in difficile evoluzione: le imprese boschive e di prima trasformazione in Calabria alla ricerca di una propria identità, con l’obiettivo di coniugare il rispetto dell’ambiente con l’innova- zione tecnologica. Boschi del Sud (22.000 ha) sulla costa ionica e tirre- nica. Tra le latifoglie, gli eucalipti so- no stati introdotti su circa 26.000 ha, soprattutto lungo la fascia ionica, per fornire, con turni brevi (10-12 anni), l’industria cartiera. Una situazione complessa Le utilizzazioni legnose in Calabria, sia pur con andamento alternato, nel decennio 1994/2003, hanno mostra- to un andamento positivo; nel 2003 sono state superiori del 16% rispetto al 2002. Questa crescita produttiva è in gran parte dovuta agli aumenti di utilizzazione della legna da ardere (+36%), mentre il legname da lavoro presenta una leggera diminuzione (- 6%): l’80% del legname utilizzato è di latifoglie e più del 60% è destinato per usi energetici. In Calabria, l’offer- ta di legname da industria, da sempre di scarsa rilevanza, attualmente è an- cora molto ridotta. A livello nazionale sono diminuiti i prelievi di querce e faggio, mentre tiene l’offerta di castagno, soprattutto per piccola paleria. L’offerta di legna- me di basso valore per la produzione di pannelli, paste ed energia, per la notevole domanda locale e nazionale, è in linea teorica un settore con note- voli potenzialità. I boschi cedui e le formazioni con limitate potenzialità produttive di legname da industria, molto diffuse nella regione, sono soggette a sviluppi di mercato per l’utilizzazione di le- Foto Beppe Lo Russo Foto Tony Stabile

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Breve panoramica sui boschi e sulle potenzialità produttiva delle foreste calabrsi

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Paola Pianzola I boschi calabresi sono un patrimonio di grande valo-re. In termini di risorse forestali, la Calabria si colloca per consistenza boschiva (480.528 ha), indice di bo-scosità (31,8%) e produzione legnosa annua (732.181 m3) ai primi posti tra le regioni d’Italia (Istat, 2003). La vo-cazione silvana della regione è con-fermata dalla sua storia più recente, con l’opera di ricostituzione e am-pliamento della superficie boscata che, dal 1957, ha interessato una su-perficie totale di 150.000 h. Le specie forestali coinvolte sono soprattutto conifere: il pino laricio (30.000 ha), distribuito sul gruppo montuoso del-la Sila, sull’Altopiano delle Serre, e sull’Aspromonte, i pini mediterranei

Un grande patrimonio boschivo, una filiera in difficile evoluzione: le imprese boschive e di prima trasformazione in Calabria alla ricerca di una propria identità, con l’obiettivo di coniugare il rispetto dell’ambiente con l’innova-zione tecnologica.

Boschi del Sud

(22.000 ha) sulla costa ionica e tirre-nica. Tra le latifoglie, gli eucalipti so-no stati introdotti su circa 26.000 ha, soprattutto lungo la fascia ionica, per fornire, con turni brevi (10-12 anni), l’industria cartiera.

Una situazione complessaLe utilizzazioni legnose in Calabria, sia pur con andamento alternato, nel decennio 1994/2003, hanno mostra-to un andamento positivo; nel 2003 sono state superiori del 16% rispetto al 2002. Questa crescita produttiva è in gran parte dovuta agli aumenti di utilizzazione della legna da ardere (+36%), mentre il legname da lavoro presenta una leggera diminuzione (-6%): l’80% del legname utilizzato è

di latifoglie e più del 60% è destinato per usi energetici. In Calabria, l’offer-ta di legname da industria, da sempre di scarsa rilevanza, attualmente è an-cora molto ridotta. A livello nazionale sono diminuiti i prelievi di querce e faggio, mentre tiene l’offerta di castagno, soprattutto per piccola paleria. L’offerta di legna-me di basso valore per la produzione di pannelli, paste ed energia, per la notevole domanda locale e nazionale, è in linea teorica un settore con note-voli potenzialità. I boschi cedui e le formazioni con limitate potenzialità produttive di legname da industria, molto diffuse nella regione, sono soggette a sviluppi di mercato per l’utilizzazione di le-

Foto Beppe Lo Russo Foto Tony Stabile

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Aree protette e parchi naturali

Il monte Alpi nel Parco del Pollino

In Calabria, regione dalla natura aspra e selvaggia, tre sono i Parchi nazionali (Aspromonte, Sila e Pollino, quest’ultimo a cavallo con la Basilicata) e la percentuale di territorio protetto supera il 13% della superficie regionale. Nel Parco della Sila, alle altitudini superiori predomina il faggio; al limite inferiore il parco confina con le pinete di larici e spesso con l’ontano napoletano. Il faggio, che eccezionalmente per particolari condizioni ecologiche, confina con le querce, in vaste zone regredisce a favore dell’abete bianco. Questo tipo di abete sta dimostrando una notevole resistenza alle “piogge acide”, ed è per questo che si hanno crescenti richieste di seme dall’estero. Tra le altre specie arboree, il pioppo tremulo, il tiglio, l’acero napoletano, l’acero di lobel, l’acero montano, il salicone, l’agrifoglio, il ciliegio selvatico, il prugno cocumilio, il melo selvatico. Nella fascia costiera del parco dell’Aspromonte si trovano piantagioni di ulivi, aranci, limoni e mandarini. Sul versante ionico viene coltivato il bergamotto. Sul massiccio montuoso i boschi coprono circa 40.000 ha. La foresta sempreverde delle quote basse è dominata dal leccio, una specie arborea molto resistente. Alle altitudini medio-basse (fino ai 1.000 m) sono anche molto diffusi i castagni. Le quote fino a 1.200 m sono l’habitat preferito dell’acero di monte, del frassino e dell’ontano napoletano. Sul versante ionico si trovano numerose caducifoglie. L’albero forse più caratteristico dell’Aspromonte, il pino laricio, alto e con una stretta chioma che permette la formazione di foreste densissime, si trova sul versante tirrenico, a quote comprese tra gli 800 e i 1.700 m. Sul versante tirrenico, a clima fresco e umido, le foreste delle quote medio-alte sono dominate dal faggio.

Il Parco Nazionale del Pollino è il più grande d’Italia (192.000 ha.), segna i confini meridionali tra Basilicata e Calabria e si eleva oltre i duemila metri con cime come il monte Pollino (2248 m), serra Dolcedorme (2267 m). L’ultimo periodo di glaciazione (circa 100 milioni di anni fa) ha consentito il passaggio della vegetazione dai Balcani all’Italia meridionale con l’attecchimento dei pini loricati su alcune montagne della Basilicata, della Campania e della Calabria. Con la fine del periodo glaciale il livello del mare è risalito e il pino loricato, incalzato dal faggio, si è ritrovato sulle cime più alte del meridione. Oggi il pinus leucodermis è il simbolo del Pollino e sopravvive in oltre 2.000 esemplari. La vegetazione è diversificata: nella fascia sopramediterranea fino ai 1100 m, dominano le diverse varietà di querce (roverella, cerro, farnetto, castagno, ontano napoletano, carpino orientale ecc.); nella fascia montana prevale la faggeta pura o in formazioni miste con castagno, cerro ed aceri; nelle quote più basse il faggio si accompagna all’agrifoglio e all’acero d’Ungheria; sul versante settentrionale del Parco il faggio si trova associato all’abete bianco. Nel Parco Delle Chiese Rupestri Del Materano, a testimonianza della ricca vegetazione del passato restano sul costone sinistro della Murgia i complessi boschivi del Comune ed il bosco di Lucignano, caratterizzato da un querceto a roverella, da pino d’aleppo, ginepro e biancospino. Le riserve naturali e le aree protette della vicina Basilicata sono un intreccio di natura e cultura poiché custodiscono anche i valori storici e culturali della regione. Il 30% del territorio è area protetta con un parco nazionale (Pollino) e due parchi regionali (Gallipoli Cognato, Piccole Dolomiti Lucane, Parco archeologico nazionale delle Chiese

Rupestri del Materano) e sei riserve naturali regionali (Pantano di Pignola, Lago Piccolo di Monticchio, Abetina di Laurenzana, Lago Laudemio di Lagonegro, Bosco Pantano di Policoro e Oasi di San Giuliano). La foresta di Gallipoli Cognato si estende su una superficie di 4.159 ha. Dopo due incendi devastanti parte della foresta, nel 1948, è stata abbattuta abusivamente e messa a coltura; al posto delle secolari querce sono stati piantati cipressi e conifere. Nel bosco di Cognato dominano, ancora oggi, esemplari secolari di cerro, acero, carpino bianco. Nella catena montuosa delle Dolomiti Lucane, caratterizzata da aspre guglie, la vegetazione è costituita da castagni, tigli, olmi ed aceri. Il Parco Nazionale della Val d’Agri-Lagonegrese rientra nel progetto “Ape” (Appennino Parco d’Europa) promosso da Legambiente, il cui obiettivo è creare nell’Appennino aree naturali protette.

Faggi abbattuti dal vento nella riserva del Pollino

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gname per cippatura o sfibratura a fini industriali e all’impiego energetico di biomasse, il cui sviluppo su ampia scala in Calabria è ancora in una fase iniziale: attualmente sono 5 impianti di produzione, con un potenziale di assorbimento di 2.25 M ton, un volu-me molto superiore alle attuali condi-zioni dell’offerta regionale.

Contenere i costi per essere competitiviIn Calabria la valorizzazione della risorsa legno deve basarsi sulla rior-ganizzazione del sistema di gestione delle superfici forestali per arriva-re a un’offerta produttiva costante. L’attività di prima trasformazione è, dunque, il punto nodale nei riguardi di una risorsa forestale che, pur pre-sente, spesso non è facile reperire. La frammentazione della proprietà forestale, e quindi dell’offerta di lotti di legname, è una delle cause delle difficoltà che incontrano le imprese boschive, e in generale gli acquirenti di lotti di legname: maggiore fram-mentazione significa infatti maggiori difficoltà per una razionale gestione del patrimonio boschivo, compresa la vendita e l’utilizzazione forestale.

Il patrimonio boschivo sta dunque perdendo valore per due motivi prin-cipali: l’elevato costo della manodo-pera e la morfologia accidentata del territorio che porta a richiedere, da un lato, una migliore viabilità forestale e, dall’altro, cantieri di utilizzazione innovativi, ancora poco adottati in Calabria. Così se le imprese boschive devono far fronte ai problemi legati alla risorse forestali, gli impianti di trasformazione devono adeguare con-

Vista dal Monte Cocuzzo, la cima più alta (1541 m) dell’appennino calabrese che nasce dal Pollino e corre a ridosso del Tirreno. (Foto Andrea Scarfò)

Semilavorati di castagno, una produzione con legno locale. (foto Legnami Gioffrè)

tinuamente i loro cicli produttivi in base alle materie prime che giungono nei depositi e alle richieste di un mer-cato in continua evoluzione. È difficile chiedere ai gestori delle segherie di integrarsi a monte, acqui-sendo responsabilità nella gestione forestale, però è possibile che, attra-verso strumenti contrattuali, i pro-prietari forestali, soprattutto se asso-ciati, possano legarsi alla prima e alla seconda lavorazione.

Le potenzialitàdella Calabria

Circa 1,5 milioni di metri cubi annuali, ripartiti in: 750 mila m3 , mercato delle biomasse, pari al 55% dell’interopotenziale produttivo legnoso regionale; 300 mila m3 , mercato della legna da ardere, pari al 20%; 150 mila m3 , prodotti di paleria agricola e per ingegneria naturalistica, pari al 10%; 120 mila m3 , comparto industriale dei segati e tranciati, pari all’8%; altre percentuali residue potrebbero essere destinati alla produzione di pannelli lamellari e per la produzione di carbone vegetale (7% c.a.).

Dei circa 1,5 milioni di metri cubi potenziali annuali, 750 mila m3 sono dedicati al mercato delle biomasse, pari al 55% dell’intero potenziale produttivo legnoso regionale.

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Calabria in cifreSuperficie boscata: 480.511,00 h, montagna 320.883 h. (66,8%),collina 148.848 (31,0%), pianura 10.780 ha. (2,2%)

Proprietà: privati 268.984 ha. (56,0%), Comuni 143.626 (29,9%), Stato/Regioni 52.260 (10,9%), altri Enti 15.441 (3,2%)

Tipologie fisionomiche: fustaie 303.035 ha. (63,1%), cedui 166.383 (34,6 %), macchia mediterranea 11.093 (2,3 %)

Origine: boschi naturali 360.000 ha. (75,0%), rimboschimenti 120.000 (25%)

tipologie colturali:

- boschi naturali: querceti 102.000 ha. (28,3%), castagneti 95.000 ha. (26,4%), faggete 74.000 ha. (20,5%), pinete 55.000 ha. (15,3%), popolamenti misti 31.000 ha. (8,6%) abetine 2.000 ha. (0,6%), ontaneti-cipresseti- pioppeti-acereti 1.000 ha. (0,3%)

- boschi artificiali: pinete di laricio 35.000 ha. (29,2%), eucalitteti 26.000 ha. (21,7%), pinete di pini mediterranei 22.000 ha. (18,3%), abetine di douglasia 4.000 ha. (3,3%) (dati Istat 2003)

L’incremento della produttività per-tanto, sia per le imprese boschive che per gli impianti di prima trasforma-zione, passa attraverso una continua ricerca dell’efficienza di produzione, un’appropriata scelta di macchinari ed una integrazione tra i diversi com-parti della filiera. Anche in Calabria, di fronte alla scarsa offerta interna (nazionale e locale) di legname di la-tifoglie da industria, i consumi indu-striali si sono sempre più indirizzati all’estero. Per il mercato del legname calabrese, il problema dell’offerta non è la scarsità assoluta di risorse legno-se, ma la competitività. L’offerta loca-le potrebbe trovare uno spazio di mer-cato solo se si riusciranno a contenere i costi di produzione aumentando la produttività del lavoro in bosco che, per ragioni orografiche e per una certa arretratezza del settore, rimane bassa, e a offrire prodotti di nicchia, carat-terizzati in termini qualitativi, la cui promozione è tuttavia non semplice, dal momento che i prodotti legnosi non si caratterizzano facilmente in relazione a condizioni territoriali di specificità. In questo senso, individuare una nuo-va nicchia di mercato non facilmente accessibile ai concorrenti, garantendo che il prodotto delle foreste calabresi proviene da aziende concretamen-te orientate alla tutela ambientale, per consentire anche di sviluppare la produzione artigianale calabrese su piccola scala, basata sulla qualità e sulla tradizione che rientrano ne-gli standard ambientali richiesti dai protocolli di certificazione. A partire dalla certificazione della gestione fo-restale che permette di “comunicare” all’opinione pubblica che i boschi vengono gestiti con criteri di buona pratica forestale: la strada percorsa da Bio For Energy srl, una società di ser-vizi energetici e forestali facente capo alla Business Advisor Group, che ha ottenuto la certificazione PEFC per la gestione del patrimonio boschivo del comune di Comune di San Vito sullo Ionio (CZ), che riguarda una superfi-cie di 744,82 ha.

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Una fotografia del settoreIl Dipartimento di Scienze e Tecno-logie Agroforestali e Ambientali del-l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, sotto la guida del prof. Giuseppe Zimbalatti, ha svolto nel 2005 un interessante studio sulla situazione delle imprese boschive e

di prima lavorazione calabresi dal quale si possono trarre utili informa-zioni sullo stato del settore. In Calabria l’industria del legno e dei prodotti in legno, inclusi i mobili, assorbe oltre 20.000 addetti (Istat, 2001), concentrati soprattutto nelle provincie di Cosenza e Reggio Cala-

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bria. Il 93% delle imprese boschive è costituito da ditte individuali, mentre solo il 2,3% è rappresentato da socie-tà. Riguardo invece alle aziende di trasformazione, le forme giuridiche più diffuse sono quelle individuali e collettive (70%). Molte imprese boschive hanno inco-minciato la loro attività dopo il 1972: il 21% negli anni 1972-80, il 25,6% nel periodo 1980-85, il 28% negli an-ni 1985-90, il 23,3% fra il 1990 e il 1995, mentre il 2,2% ha intrapreso l’attività dopo il 1995. Se nel settore delle utilizzazioni le aziende sono consolidate ma numerose sono anche le imprese di nuova costituzione, il comparto di prima trasformazione è poco dinamico; solo il 22% delle segherie è stato realizzato recente-mente, mentre il 56% degli impian-ti ha un’età superiore ai 20 anni. Le ditte boschive impiegano un numero ridotto di operai; in media, 2,6 unità. Nelle segherie, invece, la media degli addetti è di 11,04; il 20% delle azien-de ha da 1 a 8 addetti, il 64% da 9 a 12 ed il rimanente 16% da 13 a 20.

mazione o per la vendita diretta nel caso della legna da ardere. Gli assor-timenti prodotti sono costituiti da legname da lavoro e legna da ardere nel 65,1% delle imprese boschive; il 25,6% delle imprese si dedica invece alla sola legna da ardere mentre il restante 9,3% ricava solo legname da

Un pezzo di storiaLa storia di So.Fo.Me è quella del ventennio tra il 1928 e il 1948 e delle popolazioni che vivevano nel comprensorio della Sila Piccola. Una storia che ha coinvolto un’intera generazione, in un periodo di grande indigenza, e che comincia nel 1907, quando una parte del bosco del Gariglione viene venduta a una ditta tedesca, la Rueping. Dopo l’esecuzione di alcuni lavori, la prima guerra mondiale congela l'affare. Alla fine del conflitto, liquidata con una forte somma l’azienda tedesca, si bandisce un nuovo incanto e nel 1925 la Società Forestale per il Mezzogiorno (So.Fo.Me), si aggiudica lo sfruttamento del legname per 11,40 lire a metro cubo. Nonostante la campagna di stampa contraria allo sfruttamento del bosco della Sila, il ministero dell'economia nazionale conferma il diritto alla ditta aggiudicataria che organizza a livello industriale l’utilizzo del legname, con infrastrutture per allora di tutto rispetto: per il trasporto della materia prima al porto di Crotone, viene costruita la stazione ferroviaria di Mesoraca. Nel frattempo maestranze specializzate costruiscono sull'altopiano, a livelli degradanti, i binari che dovevano percorrere in lungo e in largo tutto il bosco del Gariglione e si impianta una segheria, con impianti avveniristici per l’epoca. Sono 2.000 gli operai di Petilia, Mesoraca, Cerva, Sersale, Petronà che trovano lavoro e il

L’11,6% delle imprese boschive ese-gue l’abbattimento, l’allestimento e l’esbosco del legname; l’88,4% invece effettua anche il trasporto, comple-tando così tutto il ciclo produttivo dall’operazione di abbattimento della pianta fino al trasferimento del le-gname agli impianti di prima trasfor-

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lavoro. Le utilizzazioni medie per im-presa boschiva sono risultate di 1.689 m3/anno; circa il 48% delle imprese abbatte meno di 500 m3/anno; tale valore risulta comunque superiore rispetto ad altre regioni: ad esempio in Toscana ogni azienda lavora meno di 266 m3/anno, mentre in Veneto la

Travi per coperture (foto Legnami Gioffrè)

Tavolo con piano intero in legno di pigna base con tronco di ulivo dimensioni 5.50 x 95 completo di sedie, produzione Nuova Artigianlegno.

tenore di vita di queste cittadine cambia improvvisamente: la paga media degli operai è di 14 lire, contro le 5 che elargiva l'economia locale. Dal Nord arrivano maestranze preparate a costruire teleferiche e ferrovie. Gino Frangiosi, fondatore di So.Fo.Me, e il direttore lavori Daniele Del Messier, diventeranno figure leggendarie nella storia locale di quel periodo. Per venire incontro ai lavoratori che si trasferiscono a Foresta con mogli e figli, si costruiscono una scuola elementare, un asilo infantile, un piccolo cinema, un campo sportivo e una chiesa. Nasce la frazione Foresta che ancora oggi è popolata e attiva. I tronchi del Gariglione arrivavano tutti lì, lavorati nella segheria, soprattutto sotto forma di traversine di ferrovie, molto richieste in Italia e all'estero. Il faggio veniva vaporato, le scorie fatte a carbone, il tutto caricato sui treni e condotto alle navi del porto di Crotone. L’epopea di So.Fo.Me arriva fino al 1943, quando le truppe alleate, risalendo dalla Sicilia, requisiscono le strutture dell'azienda: un contingente neozelandese occupa la palazzina di Gariglione, uno sudafricano Jardino. Nel 1948 la Società smette del tutto la lavorazione. E oggi? Dopo un lungo dopoguerra che ha visto il bosco abbandonato a se stesso, le cure del corpo forestale stanno restituendo alla foresta silana il colore della sua storia più antica.

produzione media per impresa è di 1.400 m3/anno.Nelle segherie, la produzione media è di 4.120 m3/anno e l’approvvigiona-mento di materia prima avviene per il 52% da un ambito provinciale, per il 28% da quello regionale ed il rima-nente 20% dal mercato nazionale ed estero. I dati evidenziano che i volu-mi lavorati in Calabria sono superiori rispetto a quelli di altre regioni; ad esempio in Veneto i volumi medi pro-dotti annualmente sono inferiori del 30%. Riguardo ai prodotti realizzati, il 68% delle aziende dà luogo a tre tipi di prodotto, il 23% a due, mentre il 9% è in grado di realizzarne quattro o più. Le aziende sono orientate alla realizzazione di tavole, listelli, cui seguono pallets, prodotti per falegna-meria, morali e traversine. Vi è poi una produzione di prismati e di trava-ture destinata a seconda lavorazione, prima dell’utilizzo in edilizia. Il 40% di questa produzione è assorbito dal mercato nazionale (Toscana-Umbria-Lazio), il 29% dal mercato regionale, il 23% dal mercato provinciale e solo

l’8% dal mercato locale. Le imprese boschive non riescono a soddisfare le esigenze di materiale delle segherie; la fornitura di legna-me non qualitativamente omogeneo da più ditte boschive è un fattore che induce le segherie ad acquistare ma-teriali di provenienza estera o fuori regione.

Tra realtà locale e globalizzazioneIl panorama imprenditoriale del set-tore ci consegna comunque un’imma-

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gine vivace delle aziende del settore legno. Accanto ad alcune grandi in-dustrie come Acem (www.acem.it), leader nella produzione di porte e ser-ramenti in legno, esiste una costella-zione di piccole imprese radicate nel territorio che guardano a un mercato sempre più globalizzato senza dimen-ticare la realtà locale. Come Woodline International (www.woodline.it) di S. Ferdinando (RC), specializzata nella produzione e commercializzazione di pannelli e profili in legno lamellare. Nata nel 1996 e consolidata sul mer-cato, punta sull’equilibrio dell’impie-go tra specie locali come Castagno, Faggio ed Ontano, e importate come Bahia, Iroko, Rovere e Toulipier, per offrire alla clientela un’ampia gamma di prodotti. La cura della produzio-ne, supportata da apparecchiature all’avanguardia, fa di Woodline In-ternational una struttura organizzata ed efficiente, con uno staff tecnico preparato ad affrontare il servizio al

cliente, con prodotti personalizzati e, come sottolinea il presidente Raffaele Puntillo, la capacità di affrontare con flessibilità anche la consegna di picco-le commesse. La Nuova Artigianlegno (www.nuovartigianlegno.it) di Lau-reana di Borrello (RC) è una piccola società dove le tradizioni famigliari sono fortemente radicate. Nel secolo scorso mulattieri che trasportavano materiale per la costruzione della li-nea ferroviaria dello Stato, legname e carbone prodotto da loro stessi, nel 1953 acquistano il primo autocarro per il trasporto del legname che con-sente un salto di qualità nel servizio. Partiti come semplici trasportatori, danno vita nei primi anni ‘70 a una piccola segheria che è sempre rimasta legata al territorio, e anche oggi, in un momento di congiuntura del merca-to, persegue con tenacia l’obbiettivo di aumentare la produzione e dare occupazione a lavoratori locali. Roc-co Nardi, uno degli attuali titolari,

conferma che l’approvvigionamento della materia prima avviene acqui-stando legnami soprattutto da boschi calabresi di cui si controlla la buona qualità, ma non nasconde l’attuale crisi: “Fino al 2002 si consumavano circa 60.000 ql di legname all’anno, adesso se ne consumano circa 5.000 ql. L’approvvigionamento del legna-me locale si potrebbe incrementare valorizzando i nostri prodotti di qua-lità artigianale con marchio Made in Italy. Per rafforzare l’economia nazio-nale andrebbero consumati materiali nazionali, ma i costi di produzione sono penalizzanti: e purtroppo si va ad importare legnami a basso costo dei paesi esteri.” Anche la segheria artigiana Gioffrè, (www.legnamigioffre.com), nata ne-gli Anni ‘60 in provincia di Cosenza, appartiene a questa categoria di pic-cole imprese ad alta professionalità e competenza, che hanno conquistato un posto di tutto rispetto nel settore della manifattura del legno locale. La-vora soprattutto legno di castagno con durame a crescita lenta, tra i migliori come qualità: la lavorazione del le-gname inizia direttamente dai boschi e in questo modo i prezzi della seghe-ria riescono ad essere competitivi.

Si ringraziano per la collaborazione il prof. Giuseppe Zimbalatti e il dottor Andrea R. Proto dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroforestali e Ambientali), i fotografi Beppe Lo Russo, Mimmo Rizzuti, An-drea Scarfò,Tony Stabile.

Rapporto tra superficie e le imprese boschive in CalabriaUtilizzazioni legnose in Calabria: andamento negli ultimi anni.

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ia)La sede di Woodline International (www.woodline.it) di S. Ferdinando (RC), specializzata nella produzione di pannelli e profili in legno lamellare.