Husserl Lezioni Tempo Romano

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    CLAUDEROMANO

    Universit de Paris-Sorbonne (Paris IV)

    LELEZIONI SUL TEMPODI HUSSERL

    NELLA STORIA DELLA METAFISICA

    Traduzione di Paolo Colonnetti rivista dallautore

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    Lidea di una critica della metafisica possiede nel XXsecolo tre signi-ficati principali. La prima quella portata avanti dal Circolo di Vienna:si tratta, contro ogni teoria filosofica che pretenderebbe di entrare inconcorrenza con le scienze empiriche, di restringere la competenza dellafilosofia alla sistemazione logica degli enunciati scientifici, i quali pon-gono in ultimo luogo su enunciati di osservazione. Questa affermazioneriposa, beninteso, sulla postulazione di dati osservabili che sarebberoindipendenti da qualunque teoria, ovvero sulla ripresa di una metafisi-ca empirista. La seconda quella che dobbiamo a Wittgenstein e che sipu riepilogare nella sua formula secondo la quale conviene riportarele parole dal loro uso metafisico al loro uso quotidiano.1La metafisicaconsiste allora tipicamente nellinsieme degli pseudo-problemi generatidalla volont filosofica di conferire una forma teorica a delle difficoltpuramente grammaticali. Infine, la terza quella illustrata dallopera diHeidegger. Si tratta di comprendere, questa volta storicamente, i limiti dunque anche limpensato della filosofia occidentale, il che implicache questultima si dispiega allinterno di limiti rigorosi che sono il fruttodi schemi concettuali ricorrenti. Heidegger del resto non il primo adaver sollevato questa questione: Kant in una certa misura, e soprattutto

    Nietzsche e Bergson lhanno preceduto in questa direzione. sulla basedi questo terzo tipo di approccio storico che si svilupperanno le rifles-sioni che seguono. Tuttavia, anzich pretendere di enunciare in qualchemodo ex cathedraalcuni elementi di interpretazione di ci che conferi-sce al pensiero occidentale la sua configurazione unitaria, prover a farli

    1 L. WITTGENSTEIN, Philosophische Untersuchungen Philosophical Investigations, ger-man text transl. by G.E.M. Ascombe, Oxford, Basil Blackwell, 1953, 116, p. 58: Wir fh-ren die Wrter von ihrer metaphysischen, wieder auf ihre alltgliche Verwendung zurck;

    trad. it.,Ricerche filosofiche, a cura di M. Trinchero, Torino, Einaudi, 1999, p. 57.

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    emergere in concretosu un esempio specifico: quello di Husserl e dellasua concezione del tempo. Anche se la mia analisi differisce dalla loro, misembra che Bergson e Heidegger avevano buone ragioni per ricercare inuna certa comprensione della temporalit una delle linee che collegano

    dei pensieri molto differenti, elaborati in epoche molto differenti. ciche vorrei provare, a mia volta, a illustrare.

    Esaminando ci che Husserl chiama il pi difficile di tutti i proble-mi fenomenologici, il problema appunto dellanalisi del tempo,2vorreiinteressarmi a ci che c di pi difficile e di pi problematico in questodifficile problema, che mi sembra risiedere nellaffermazione dellatem-poralit (Unzeitlichkeit), della sopra-temporalit (berzeitlichkeit), o dellapre-temporalit (Vorzeitlichkeit) del flusso della coscienza assoluta, ciodellistanza ultima della costituzione del tempo. In s, questa scelta non

    affatto originale: numerosi sono i commentatori, infatti, da Gerd Brand aRudolf Bernet, passando per Gerardo Granel, Klaus Held e Paul Ricur,che hanno sottolineato il carattere aporetico della terza sezione delleLe-zionidel 1905, nelle quali viene posto il problema dellautocostituzione delflusso assoluto, e che hanno mostrato come queste difficolt abbiano con-dotto progressivamente Husserl ad abbandonare, in un primo tempo, loschema contenuto dellapprensione/apprensione per rendere conto dellacostituzione pre-oggettiva del flusso stesso, per poi sviluppare la proble-matica del presente vivente (Lebendige Gegenwrt), particolarmente neisuoi ultimi manoscritti della serie C. Capita tuttavia, spesso a quegli stessicommentatori cos come ad altri di minimizzare la gravit dei problemiposti da questa terza sezione. Essi tentano allora di risolverli tramite quelloche si potrebbe chiamare un lavoro di speleologia, che consiste nellaffi-nare la descrizione penetrando sempre pi profondamente guidati, vero, dalla migliore delle guide speleologiche, Husserl stesso negli stratipi profondi e pi oscuri della costituzione temporale. La tesi che vorreidifendere qui, al contrario, che laporia della terza sezione concettuale,e di conseguenza insuperabile, perch deriva da una formulazione ina-deguata del problema del tempo. Se riesco a fissare questo punto, vorrei

    interrogarmi su ci che ha condotto Husserl a considerare il problema deltempo sotto questo punto di vista, per poi proporre alcune riflessioni sulposto che occupano le Lezioni e i loro annessi e connessi nella storia dellametafisica, secondo un approccio che differisce abbastanza sostanzialmen-te dallapproccio heideggeriano al problema.

    2 E. HUSSERL,Zur Phnomenologie des Inneren Zeitbewusstseins (1893-1917)= Husser-liana, Bd. X, hrsg. von R. Boehm, Den Haag, Martinus Nijhoff, 1966, p. 276; trad. it., Per lafenomenologia della coscienza interna del tempo, a cura di A. Marini, Milano, Franco Angeli,

    1981, p. 280.

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    1.Le aporie della terza sezione

    Partendo dalla terza sezione e proponendo per cos dire una letturaalla rovescia delleLezioni, prendo il rischio di forzare la mano, di sempli-

    ficare un po un buon numero delle analisi husserliane, di rinunciare albeneficio di questa strabiliante virtuosit fenomenologica, di questa pa-zienza e di questa finezza ineguagliata dellesercizio dello sguardo chele caratterizza. Posso sperare solamente che questa perdita sia compensa-ta da una formulazione pi chiara di certiproblemi, forte della convinzio-ne che prima di tutto lesame dei problemi, e non quello delle risposte odelle teorie, che costituisce il cuore dellattivit filosofica.

    Lultima sezione delle Lezioni costituisce non solo un approfondi-mento, ma una ricapitolazione sistematica di tutte le analisi anteriori. Da

    cui il suo notevole interesse, sottolineato da Paul Ricur: il senso au-tentico dellimpresa husserliana scrive risulter chiaro solo nella terzasezione.3Per la prima volta, Husserl distingue chiaramente tre gradi olivelli di costituzione del tempo: Sar bene fissare ora nella loro strut-tura essenziale i diversi gradi della costituzione (Konstitutionsstufen) [deltempo] ed esaminarli sistematicamente. Abbiamo trovato:1. Le cose dellesperienza nel tempo oggettivo [...]2. Le variet dapparizioni costituenti di diverso grado, le unit immanen-

    ti nel tempo pre-empirico;3. L assoluto flusso di coscienza, costitutivo del tempo.4

    Una prima osservazione si impone a proposito di questa tipologia. Essainfatti non include la distinzione primaria tra ritenzione e rimemorazio-ne, e ci per una ragione semplice che autorizza anche me a lasciarla daparte: che la possibilit stessa del rimemorarsi si fonda sulla continuitritenzionale della coscienza, cos che, finch il problema della costituzionedellunit del flusso delle ritenzioni non viene risolto, neppure quello dellarimemorazione pu essere formulato su basi sufficientemente solide, e diconseguenza, nemmeno il problema della costituzione del tempo uno eoggettivo, poich questa costituzione fa intervenire in primo luogo il ri-

    cordo secondario ( 32).Il primo livello o grado della costituzione del tempo dunque quello

    delloggetto temporale, con la sua durata oggettiva propria. Un suonorisuona nel tempo oggettivo ad un dato momento, dura un tempo de-terminato, poi sparisce dalla coscienza. La durata che gli appartiene una durata oggettiva nel tempo oggettivo e universale. Tuttavia, per poter

    3 P. RICUR, Temps et rcitIII.Le temps racont, Paris, Seuil, 1985, p. 62; trad. it., Tempoe racconto, vol. 3:Il tempo raccontato, Milano, Jaca Book, 1998, p. 63.

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    Husserliana, X, cit., p. 73; trad. it. cit., p. 101.

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    analizzare la modalit di costituzione di questa durata oggettiva, bisognaprima metterla fuorigioco. Bisogna rivolgersi verso i modi di apparire mo-dalit di dato di questo oggetto temporale prima di ogni apprensione og-gettivante e di ogni posizione della sua esistenza. dunque il suono visto

    come puro dato iletico nelle sue modalit di apparizione temporale, chia-mate fasi, e che sono lanalogondegli adombramenti (Abschattungen)per loggetto spaziale, che conviene innanzitutto esaminare e descrivere.Passando dalloggetto temporale nel tempo trascendente ai suoi modi didatit temporali nellimmanenza reale della coscienza, compiamo una ri-duzione di un tipo particolare una riduzione pre-trascendentale checi permette, allo stesso tempo, di passare dal primo grado di costituzionedistinto da Husserl al secondo.

    Quali sono dunque, adesso, pi precisamente, queste fasi di appa-

    rizione del suono afferrato nella sua pura materialit sensibile, nella suapura hyl, in seno allimmanenza reale della coscienza? Bisogna sottoli-neare che queste fasi non si lasciano dissociare dalloggetto di cui costitu-iscono le modalit dellapparire: non c da un lato loggetto che apparee dellaltro le sue modalit dellapparire, il processo dello svolgimentooggettivo del suono nel tempo oggettivo, da una parte, e il processo sog-gettivo dello svolgimento dei vissuti di coscienza, dallaltro, che scor-rerebbe parallelamente. Tra il suono che dura e lapparizione della suadurata, c solo, afferma Husserl, la differenza tra due possibili orienta-menti dello sguardo: oppure fisso la mia attenzione sul suono che dura,oppure lo riporto sul come (Wie) della sua durata, vale a dire sulle suefasi o i suoi momenti di apparizione. Ma cosa vedo secondo questo du-plice orientamento? Dal lato delloggetto, una permanenza: lo stessooggetto che dapprima risuona, poi, pur conservando la sua situazionerispetto ad altri suoni allinterno di una melodia immutata, sallontana esprofonda progressivamente, dapprima nel passato prossimo, poi in unpassato sempre pi lontano. Dal lato delle sue modalit di apparizione,al contrario, una modificazione continua, un eterno flusso eracliteo.5Come ha scritto Husserl, il suono stesso il medesimo, ma il suono nel

    modo come appare sempre diverso.6 evidentemente in questo secon-do aspetto che risiede tutta la difficolt dellimpresa descrittiva. Comerendere conto, infatti, di questa modificazione continua? Il concetto diritenzione entra in scena per rispondere a questo problema. La ritenzio-ne la modificazione intenzionale che subisce limpressione originaria ein virt della quale, mentre questa impressione sparisce oggettivamentee cede il posto ad altre impressioni, non sparisce per soggettivamente,

    5 Ivi, p. 349; trad. it. cit., p. 339.6

    Ivi, p. 25; trad. it. cit., p. 61.

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    ma resta data in modo intuitivo, ovvero presentata in persona, sebbenepassata, nel presente dilatato della coscienza. A questo punto si pone unadomanda delicata sulla quale non mi attarder: se il suono sotto riduzione il suono ridotto allimmanenza reale, il solo che pu costituire un dato

    assoluto, nel senso di assolutamente evidente, il suono che ha appenarisuonato e che in questo momento viene ritenuto (trattenuto) 7ricade aldi fuori di questa immanenza reale, non pi un dato assoluto, evidenteper il fenomenologo e allora, lintera descrizione che appare esposta alrischio dello scetticismo. questa difficolt che condurr Husserl a con-cepire progressivamente la necessit di unallargamento della sfera deidati assoluti al di l dellimmanenza reale, allimmanenza intenzionale,che va di pari in passo con lelaborazione della riduzione autenticamentetrascendentale. questo stesso problema che lo condurr anche ad ab-

    bandonare lo schema contenuto dellapprensione/apprensione, poich impossibile rendere conto della costituzione di un suono passato, vale adire realmente trascendente, a partire dallatto di apprensione presente,dato nellimmanenza reale, di un contenuto anchesso presente e real-mente immanente. Questi problemi, tuttavia, non costituiscono diretta-mente loggetto delle mie ricerche.

    Al secondo grado della costituzione del tempo, quello delle moltepli-cit di apparizioni costituenti, abbiamo quindi la seguente struttura: adogni nuovo adesso del tempo oggettivo corrisponde una fase di adesso,vale a dire unimpressione originaria, ma anche una molteplicit di fasi dipassato, vale a dire di ritenzioni di impressioni anteriori; cos, nel momen-to in cui si produce una nuova impressione, tutte le impressioni anterio-ri ritenute sono sottomesse a una nuova modifica intenzionale, vengonocome respinte nel passato, affondano nella profondit della coscienza,pur conservando la loro situazione rispettiva, secondo una prospettivatemporale analoga alla prospettiva spaziale. Cos, ad ogni istante, non solamente limpressione precedente che ritenuta, ma anche la ritenzio-ne precedente, e, attraverso di essa, tutto il continuum delle ritenzionianteriori, ogni ritenzione reagendo a catena sulla totalit delle ritenzioni,

    in modo tale che ciascuna di esse per cos dire, reca in s nella forma diuna serie di adombramenti il retaggio dellintero sviluppo antecedente.8Cos, se si esamina ogni fase del continuum, si vedr, in qualche modoincorporato in essa, un continuumdi fasi con, ciascuna, il suo punto-sorgente, vale a dire limpressione che ha modificato e alla quale haimpresso, cos facendo, il sigillo dellintenzionalit; o ancora, ogni fase

    7 Propongo di usare il verbo ritenere, in questo contesto, come sinonimo di trattene-re, pi corretto in italiano, per indicare il parallelismo con la ritenzione nel senso di Husserl.

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    Husserliana, X, cit., p. 327; trad. it. cit., p. 322.

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    del continuumritenzionale che si modifica incessantemente essa stessaun continuumdi fasi in continua modificazione. Il flusso della coscienza,come mostra il diagramma del 10, dunque un continuumdi continua.Non una struttura inerte, una molteplicit di adesso/i inscatolati gli uni

    negli altri, ma una struttura vivente che, simile a un fiume, si conservasolamente rinnovandosi senza tregua, vale a dire dove ogni nuova impres-sione ristruttura la totalit delle ritenzioni anteriori, dove la permanenzadi una forma immutabile possibile solamente per il sorgere sempre nuo-vo del suo contenuto.

    Una volta descritta questa struttura mobile che si autoristrutturasenza tregua e, ad ogni nuova modifica, si modifica di parte in parte, la do-manda che si pone la seguente: le modalit di scorrimento di un oggettotemporale permettono di costituire la sua situazione nel tempo oggettivo,

    la sua anteriorit o la sua posteriorit rispetto ad altri suoni, dunque unordine di successione tra i suoni; tuttavia, ha un senso dire che al livello diqueste modalit temporali, vale a dire di queste fasi della coscienza deltempo, c posto per delle relazioni temporali come quelle che si incon-trano nel tempo oggettivo? In altri termini, si pu affermare di una faseche anterioreoposterioread unaltra, per esempio della fase di adesso,limpressione originaria, che anteriorealla fase di passato, la ritenzionecorrispondente, in quanto ritenzione di quella stessa impressione? Ed qui che appare laporia. Infatti, impossibile non considerare le fasi delladurata nel suo modo di apparire come in successione ; ed anche impos-sibile considerarle come non in successione. Bisogna dire dunque insiemeche si succedono e che non si succedono, che sono mutualmente legate darelazioni temporali di anteriorit e di posteriorit e che non sono legateda tali relazioni temporali.

    Perch impossibile non dire che le fasi del tempo si succedono le unealle altre, vale a dire che sono rette da rapporti temporali, che cadono essestesse nel tempo? Semplicemente perch tutta la concettualit di Hus-serl lo suppone: che vorrebbe dire, infatti, che una ritenzione modificaunimpressione, se questa ritenzione non si producesse dopo limpres-

    sione che modifica? Cosa potrebbe essere una modifica che non suppo-nesse uno stato anteriorenon modificato di ci di cui essa la modifica?Parimenti, come potrebbe ogni ritenzione respingere di una tacca tutte leritenzioni anteriori se non si producesse in seguito ad esseo in terminiequivalenti se queste non lavessero preceduta? 9Leggiamo un testo, tra

    9 Non soltanto si tratta in questo caso di una palese necessit concettuale, ma Husserl,nel 13 delleLezioni, mette questa precedenza (Vorangehen) espressamente in conto delleleggi a prioridel tempo: noi professiamo la necessit a prioriche la ritenzione sia precedutada una corrispondente percezione, o impressione originaria (Husserliana, X, cit., p. 33;

    trad. it. cit., p. 68).

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    molti altri, dove Husserl descrive le trasformazioni del flusso ritenzionale:Durante tutto questo flusso di coscienza, quellunico e medesimo suo-no consaputo come suono che dura, che dura ora. Prima (a meno chenon fosse aspettato) non consaputo. Dopo, esso per un certo tem-

    po, ancora consaputo nella ritenzione come suono che stato, puessere tenuto fermo e stare, o restare, nello sguardo che lo fissa.10Questotesto estremamente interessante non tanto per ci che dice quanto perla necessit che urge Husserl di esprimere i rapporti che intercorrono trala protensione, limpressione originaria, e la ritenzione, tramite una mol-teplicit di locuzioni temporali (whrend, vorher, nachher, eine Zeitlang,noch) che fa figurare tra virgolette come per neutralizzarne il poteremalefico. Ma le virgolette non cambiano niente al problema concettuale,poich i concetti utilizzati da Husserl per rendere conto del flusso della

    coscienza del suono presuppongono, per avere un senso, che i fenomeniai quali si applicano intrattengono gli uni rispetto agli altri delle relazionitemporali: cos, la ritenzione deve succedere allimpressione di cui laritenzione, e limpressione succedere alla protensione che viene eventual-mente a colmare. Allo stesso tempo, risulta molto chiaro fin dallinizio perHusserl che tali relazioni di tempo non possono esistere tra le differentimodalit della coscienza del tempo.

    Perch impossibile dire che le fasi della coscienza del tempo si succe-dono, o sono anteriori le une alle altre? La risposta, anche in questo caso, semplicissima. Perch una tale affermazione condurrebbe a un parados-so. Le fasi della coscienza del tempo attraverso cui il tempo oggettivo sideve costituire sarebbero esse stesse rette da relazioni di tempo. Assurdi-t manifesta. Quando Husserl si pone la domanda, ovviamente rispondenegativamente: ci si chiede tuttavia, se ha un senso dire, in senso reale eproprio, che le apparizioni costitutive della coscienza del tempo(della co-scienza interna del tempo) cadono esse stesse nel tempo(immanente).11Se le fasi della coscienza del tempo cadessero esse stesse nel tempo, cisarebbero due conseguenze possibili, entrambe altrettanto assurde, mache Husserl non distingue sempre chiaramente: o prima possibilit

    il tempo nel quale cadono le fasi della coscienza del tempo sarebbesemplicemente il tempo oggettivo che si trattava in un primo momentodi mettere fuori gioco e, in un secondo momento, di costituire; in questocaso, ci implicherebbe che quello che si tratta di costituire (il tempooggettivo) sarebbe necessario alla descrizione di ci che permette di costi-tuirlo (la coscienza del tempo), dunque che lidea stessa di una costituzio-ne, per definizione unilaterale, del primo ad opera del secondo sarebbe

    10 Husserliana, X, cit., p. 24; trad. it. cit., p. 61.11

    Ivi, p. 369; trad. it. cit., p. 355.

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    puramente e semplicemente distrutta; oppure seconda possibilit iltempo nel quale cadono le fasi della coscienza del tempo sarebbe untempo anchesso immanente, come sembra suggerire la frase che hoappena citato; in questo caso, occorrerebbe che questo tempo fosse co-

    stituito a sua volta da unistanza pi profonda; ma, allora, come sarebbecostituito? Non forse necessario che listanza costituente ultima abbia asua volta delle fasi che bisognerebbe chiamare per omonimia proten-sione, impressione, ritenzione? E allora, queste fasi non potrebberoessere descritte senza cadere, a loro volta, nel tempo, il che ci trascinainevitabilmente in una regressione allinfinito.

    Laporia che incontra Husserl pu essere dunque riassunta nel seguen-te modo: altrettanto impossibile dire: (1) che le fasi della coscienza deltempo non cadono nel tempo; (2) che cadono nel tempo. impossibile

    affermare (1) perch i concetti stessi che Husserl elabora (protensione,impressione, ritenzione) si applicano a dei fenomeni che sono retti ne-cessariamente da relazioni temporali determinate: una ritenzione devesuccedere necessariamente allimpressione di cui la ritenzione, ecc. impossibile affermare (2) perch (2) conduce a unalternativa di cui cia-scuno dei membri assurdo: a) o le fasi della coscienza del tempo cadononel tempo oggettivo e non permettono dunque di costituirlo, cio di mo-strare come appare, poich le medesime non appaiono che sotto la con-dizione di questo; b) o le fasi del tempo soggettivo cadono in un tempoanchesso soggettivo e si pone la questione di sapere come questo tempo,a sua volta, costituito, ci che ci rinvia ad un terzo grado di costituzione,quello della coscienza assoluta, che tuttavia non pu essere descritta checome avendo anchessa delle fasi in scorrimento continuo, dei moditemporali come la ritenzione o limpressione, dunque come ricadendo asua volta nel tempo, e cos via allinfinito.

    Bisogna qui insistere su un punto trascurato dai commentatori. per-fettamente esatto che Husserl abbia visto questa difficolt ; infatti, sot-tolinea a varie riprese il pericolo di una regressione allinfinito. Ma cheabbia visto la difficolt non vuole dire che labbia superata, o perlomeno,

    che non labbia superata soltanto verbalmente. Infatti, allo stesso modoin cui come abbiamo detto poco fa non bastava collocare le locuzionidi tempo tra virgolette per descrivere il rapporto esistente tra le differentimodalit della coscienza del tempo, adesso non basta scongiurare la ne-cessit di una regressione allinfinito affermando che questa regressionenon ha luogo e che bisogna pur fermarsi da qualche parte! vero chenon c, agli occhi di Husserl, dietro la coscienza assoluta che corrispon-de al terzo grado di costituzione, una nuova coscienza nella quale essa sicostituirebbe, e cos via. Ma la questione non di sapere se ci sia o non

    ci sia una tale coscienza agli occhi di Husserl, la domanda, che qui una

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    domanda logica(e la fenomenologia non pu assolutamente fare a menodella logica), quella di sapere se, conformemente ai presupposti delladescrizione, deve o no essercene una. E per sfuggire a questa domanda,non basta affermare che ci sarebbe qui unassurdit, perch ci che chie-

    de la domanda se una tale assurdit non sia contenuta implicitamentenei principi stessi della descrizione, che sono quelli del fenomenologo.

    Un secondo punto merita di essere sottolineato, perch d adito aconfusioni nei commenti almeno in quelli che conosco. Tra lassurdit(2a) e lassurdit (2b), Husserl, in realt, ha gi scelto. Infatti, ci chesoprattuttoHusserl vuole mantenere lidea stessa di una costituzionedeltempo, o per dirlo con altre parole, il rapporto di anteriorit logica e disubordinazione gerarchica tra unorigine e quello che ne deriva. La que-stione dellessenza del tempo, afferma allinizio delleLezioni, ununica

    cosa con quella dellorigine del tempo, o riconduce in ogni caso necessa-riamente ad essa.12Ora, lidea di costituzione suppone che il rapportotra lorigine e ci che derivato da questa origine giustamente non sia re-versibile: deve essere possibile, idealmente, mostrare in che modo appareil tempo oggettivo a partire da una descrizione del flusso delle fasi dellacoscienza del tempo, ma questa descrizione, a sua volta, deve essere per-fettamente autonoma, vale a dire non deve gi ricorrere, per poter essereformulata, al tempo oggettivo di cui ha per scopo di rendere conto. Nonpotendo ammettere nessun retroriferimento del costituito sul costi-tuente, Husserl deve dunque rifiutare (2a), che finirebbe per distruggerelidea stessa di costituzione, e adottare implicitamente (2b). Cos, si pudire che Husserl ha optato fin dallinizio per la soluzione se si puchiamarla una soluzione che conduce alla regressione allinfinito. Findallinizio vuol dire, nella fattispecie, fin dal secondo gradodi costitu-zione del tempo. Poich, fin da questo secondo livello, egli ammette chele fasi della coscienza del tempo, in quanto molteplicit di apparizioni,se devono possedere una funzione costituente, non possono detenerla ameno di essere, a loro volta, pi profondamente costituite. La regressioneallinfinito cos, gi in nuce, nel fatto stesso di ammettere un terzo livello

    di costituzione, pi profondo dei primi due. Nel momento stesso in cuiHusserl rifiuta espressamente ogni regressione allinfinito, bisogna bencomprendere che questa regressione ha gi cominciato.

    Ci che lo mostra senza ambiguit, il fatto che al livello dei fenomenicostituenti in flusso continuo, vale a dire al secondo grado della costitu-zione temporale, Husserl deve ben ammettere una forma di successivit,cio delle relazioni determinate di tempo: il flusso di coscienza bens

    12 Ivi, p. 9; trad. it. cit., p. 48: Anche il problema dellessenza del tempo ci riporta indie-

    tro al problema dellorigine del tempo.

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    dal canto suo successione, ma adempie da s le condizioni di possibilitdella coscienza di successione13Ma allora, ne consegue che il flusso dellacoscienza del tempo un vero e proprio processo di cambiamento perquanto sottile e complesso lo si voglia e, in quanto processo di cambia-

    mento continuo, deve anche possedere una certa velocit. davvero stu-pefacente constatare che nel momento in cui Husserl rifiutaper principiodi dire che le fasi costituenti cadono nel tempo, afferma che fluiscono aduna velocit determinata. Invece di sostenere che non ha assolutamentenessun senso parlare di velocit a proposito delle fasi dapparizione deltempo, attribuisce loro una vera e propria velocit, ma una velocit asso-lutamente invariabile e in questo senso, notevolmente assurda, poi-ch non pu essere misurata in termini di tempo, ma se posso dire cos una sola cosa col ritmo stesso del tempo: noi troviamo, di principio

    e necessariamente, un flusso di costante mutamento (Vernderung), etale mutamento a questo di assurdo, che scorre esattamente come scorre,e non pu scorrere pi veloce n pi lento.14Ma come potrebbe-ro le modalit di apparizione del tempo possedere una velocit, (anchecostante), se la velocit presuppone, per poter essere misurata, il fattoretempo? Se il flusso dei fenomeni costituenti un mutamento continuo,cade nel tempo e presuppone una nuova coscienza, un nuovo flusso, unanuova molteplicit di fenomeni costituenti per poter essere costituito, e laregressione allinfinito inevitabile.

    Ci sono dunque dei fenomeni assurdi? No, ci sono soltanto descrizioniassurde di fenomeni. Lassurdit non nel fenomeno, ma nella sua de-scrizione. E questa assurdit consiste nel fatto di fare del tempo in s unfenomeno, mentre piuttosto un principio di descrizione dei fenomeni.Dal momento che il tempo concepito come un fenomeno, un cambia-mento immanente tanto sottile e complesso quanto si voglia, qualche cosache trascorre e accade, qualche cosa che, ad immagine del cambiamento,possiede una direzione, possiede una continuit, ecc., ci si trova presi nelparadosso secondo cui tutti questi fenomeni e tutte queste determinazio-ni fenomeniche presuppongono il tempo, dunque secondo cui il tempo

    qualche cosa di temporale. Lo stesso Husserl non pu sfuggire a questoparadosso in virt dei presupposti che comandano le sue analisi.

    Se ho ragione, ci mi autorizza a non dilungarmi troppo sul terzogrado di costituzione tuttavia il pi essenziale agli occhi di Husserl,quello in cui si tocca lassoluto fenomenologico ultimo. Ben si conoscelimbarazzo del 36 e la sua conclusione disperata, che scivola verso unaspecie di fenomenologia apofatica: Per tutto ci i nomi ci mancano. In

    13 Ivi, p. 332; trad. it. cit., p. 326.14

    Ivi, p. 74; trad. it. cit., p. 102.

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    quel paragrafo, Husserl si sforza di stabilire che il flusso costitutivo ulti-mo non n un oggetto n un processo temporale, e che, di conseguenza,i predicati che permettono di descrivere i processi e gli oggetti temporalinon possono essere attribuitigli senza contraddizione. Dei fenomeni del

    flusso assoluto (o del flusso stesso in quanto fenomeno), in nessun modo possibile sostenere, per esempio, che essi siano nell ora e sianostati prima, che si siano susseguiti cronologicamente o siano simultanei,ecc..15Husserl lo ribadir in numerosi manoscritti: Per ragioni assaigravi noi nonparliamo di un tempo della coscienza.16O ancora: le fasie le continuit di coscienza in se stesse non devono esser viste a lorovolta come oggetti temporali. Dunque la sensazione[] e cos la riten-zione, la rimemorazione, lapercezione, ecc., sono atemporali(unzeitlich),ossia nulla che sia nel tempo immanente.17Ma non basta affermare ci

    per poterlo pensare effettivamente. Infatti, molto evidente, come hoprovato a mostrarlo, che la sensazione e la ritenzione intrattengono deirapporti temporali, che la ritenzione sorge dopo limpressione di cui la ritenzione, e limpressione prima di questa, altrimenti non potrebbeassolutamente venire modificata da lei. Husserl lo riconosce implici-tamente quando distingue luno-dopo-laltro (Nacheinander) della co-scienza del tempo dalla successione (Zeitfolge) termine che riservaagli oggetti temporali.18Ma questa distinzione, tutta verbale, non ci faprogredire. Se ci mancano le parole, non solamente per nominare ilflusso assoluto, proprio alla fine dellimpresa, ma, per cos dire, fin dalleprime parole della descrizione.

    Ci si obietter forse che le sottili analisi dellintenzionalit longitudi-nale ( 39) in virt della quale il flusso assoluto si costituisce esso stessoe costituisce la sua propria unit ci fanno uscire dal vicolo cieco. Linten-zionalit longitudinale si differenzia dallintenzionalit trasversale per ilfatto che ritiene non degli oggetti temporali, ma le fasi di apparizione diquesti oggetti, ritenzione continua delle fasi che sono state, via via,precedenti.19Ma come pu essere ritenuto, a sua volta, il flusso dellefasi? La risposta pu essere solo questa: da un flusso di fasi che possiede

    una struttura analoga, omogenea al flusso delle fasi che ritiene. Detto inaltri termini, ogni fase del tempo immanente, pre-empirico, deve annun-ciarsi mediante una molteplicit continua di fasi nel flusso della coscienzaassoluta. Il problema spostato ad un altro livello, ma non affatto risol-to. Certo, le due intenzionalit, longitudinale e trasversale, sono unite

    15 Ivi, p. 75; trad. it. cit., p. 102.16 Ivi, p. 375; trad. it. cit., p. 360.17 Ivi, pp. 333-334; trad. it. cit., p. 327.18 Ivi, p. 78; trad. it. cit., p. 105.19

    Ivi, p. 81; trad. it. cit., p. 107.

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    inscindibilmente,20sono intrecciate (verflochten) luna allaltra in modotale che lintenzionalit longitudinale non si realizza parallelamente allin-tenzionalit trasversale, dunque che lautoapparizione del flusso non ri-chiede un secondo flusso.21Ma il problema, qui, non tanto di sapere se

    ci sono uno o molteplici flussi, quanto di sapere se ha un qualsiasi sensoricercare lorigine del tempo in qualcosa di simile a un flusso. Perch chiaro che un flusso, in qualsiasi modo lo si descriva, presuppone iltempo e non pu assolutamente esserne la fonte.

    Perch Husserl non riesce a uscire da queste difficolt? Perch ricercaloriginedel tempo in una soggettivit costituente. La mia tesi che questaricerca di unorigine del tempo, nel senso dellorigine per la costituzionedel tempo, puramente e semplicemente un falso problema. Il temponon ha bisogno di essere costituito; il che non vieta che una fenomeno-

    logia del tempo sia possibile una fenomenologia indirettanella quale iltempo non viene pi considerato come un semplice fenomeno ma citroviamo a quel punto al di fuori della problematica husserliana.

    La domanda diventa allora quella di sapere cosa abbia potuto condurreHusserl ad adottare una concettualit tale che poteva finire solamente conle aporie precedentemente menzionate. Questa sia una domanda storicache filosofica. Se non comprendiamo le ragioni propriamente fenome-nologiche per le quali un certo numero di dottrine storiche sono statesostenute a proposito del tempo, la storia non pu affatto fornire una ri-sposta alla domanda che ci occupa. Vorrei dunque proporre una letturafenomenologica anche molto superficiale di un certo numero di motiviche hanno condotto filosofi estremamente diversi, riflettendo in contestiestremamente diversi, e ci lungo tutta la storia della metafisica, ad adottaredelle tesi che si collocano nelle immediate vicinanze di quella di Husserl.

    2. Le radici metafisiche delle Lezionidel 1905

    Generalmente, le aporie dellautocostituzione del flusso assoluto sono

    considerate come qualcosa che tocca solamente il livello pi profondodelle analisi di Husserl. Orbene, esse mettono in pericolo almeno que-sto ci che ho tentato di stabilire linsieme della concettualit delle

    Lezioni. Che cosa conferisce alle Lezioni la loro coerenza e la loro unit? lidea di una costituzione del tempo ad opera della coscienza, non diuna costituzione attiva, ma di una costituzione passiva che si svolge ne-gli arcani della coscienza impressionale, sul piano di unintenzionalit

    20 Ivi, p. 83; trad. it. cit., p. 109.21

    Ivi, p. 83; trad. it. cit., p. 109.

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    pre-egoica e pre-oggettiva. In questa misura, leLezionivanno certo pilontano rispetto a molte opere metafisiche tradizionali, perch vanno aricercare lorigine del tempo al di qua della distinzione ego/oggetto. Mail problema principale rimane, e la maggior parte delle letture almeno

    tutte quelle che conosco non stabiliscono il legame concettuale necessa-riotra le aporie della terza sezione e lidea stessa di una costituzione deltempo. Ora, mi sembra che sia lidea stessa di una costituzione del tempoche queste aporie devono portare a rimettere in questione.

    La mia idea la seguente: non c spiritualizzazione del tempo senzauna disconoscenza radicale della sua essenza. Per potersi chiedere dove iltempo risieda a titolo originario(e per poter rispondere: nellanima, nellego,nello spirito, nella coscienza), bisogna aver concepito gi implicitamente iltempo come una specie di processo un archi-movimento, un flusso, uno

    scorrimento, un allungamento, una dilatazione, una distensione e, di con-seguenza, averla compresa secondo la misura di determinazioni che nonpossono essere date per principio a dei cambiamenti o degli oggetti che sitrovano neltempo. In breve, per concepire il tempo come originariamentesoggettivo, bisogna concepirlo come un fenomeno temporale o, meglio, in-tratemporale, il che evidentemente una contraddizione in termini.

    Pochi autori nella storia della filosofia sfuggono a questa difficolt.Forse Platone nei passaggi dedicati alldel Parmenide. Aristo-tele, almeno in larga parte, in quanto afferma, giustamente, che il tem-po non pu essere pensato in alcun modo come un qualsiasi movimento() o un cambiamento (), in virt del fatto che ogni cam-biamento pi veloce e pi lento, ma non il tempo, perch il lento e ilveloce sono definiti dal tempo, essendo il veloce ci che mosso molto inpoco tempo, e il lento ci che mosso poco in molto tempo; ma il temponon definito dal tempo.22Del resto, questo rifiuto di fare del tempo unprocesso qualsiasi ha per rigoroso corollario il rifiuto di fare dellanimail sito originario del tempo; certo, senza lanima che numera e che con-ta, il tempo il numero del movimento non sarebbe; il che equivale adire che il tempo, per essere, ha bisogno del contributo dellanima; ma

    senza lanima, il tempo continuerebbe a esistere in potenza, perch ha lasua origine nei movimenti in quanto sono numerabili.23 qualche cosadel movimento e non qualche cosa dellanima. In breve, lanima con-dizione necessaria, ma non affatto sufficiente, del tempo. E se Aristotelericonosce bene lesistenza di qualche cosa come un movimento internoallanima,24questo movimento, ai suoi occhi, non ha niente di privilegia-

    22 ARISTOTELE, Fisica, IV, 10, 218 b 13-17.23 Ivi, IV, 14, 223 a 25-29.24

    Ivi, IV, 11, 219 a 6.

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    to, non pu in alcun modo essere identificato col tempo stesso e ancorameno concepito come la sua origine, ma, come tutti gli altri movimentidel mondo, si svolge neltempo.

    Insomma, con tutte le sue analisi, Aristotele rifiuta di parlare di qual-

    che cosa come lo svolgimento del tempo ci che diventer al contra-rio la regola dopo di lui. Non c forse migliore commento di Aristotelesul tempo della proposizione 6.3611 del Tractatusdi Wittgenstein: Nonpossiamo confrontare alcun processo con lo scorrer del tempo essonon v , ma solo con un altro processo (ad esempio, con il movimentodel cronometro). Quindi la descrizione del decorso temporale possibilesolo se ci basiamo su un altro processo (trad. it. di A.G. Conte).

    il rifiuto della definizione aristotelica del tempo per mezzo del nu-mero, compresa abusivamente come una riduzione del tempo alla sua

    misura, che spianer la strada, a partire da Plotino, allidentificazionedel tempo con un movimento o un archi-movimento da cui dipendereb-bero tutti gli altri. In apparenza, Plotino riprende anche lui la messa inguardia di Aristotele affermano che il tempo non pu essere il movi-mento, perch il movimento sempre nel tempo ( );25ma per restringere subito la portata di questa affermazione. Infatti, Plotinoconsidera che si applica solamente al movimento sensibile, il che apre lapossibilit di unidentificazione del tempo con il movimento pi vero( ),26ovvero quello dellanima, intesa comeanima del mondo.27Identificando le nozioni ben distinte in Aristotele di numero e di misura, Plotino cos conclude che il tempo non puessere essenzialmente la misura del movimento, ma che esso innan-zitutto unaltra cosa e [che], per accidente, fa conoscere la quantit delmovimento.28Ma allora, che cosa il tempo? Non niente altro che ilmovimento dellanima i cui atti si succedono gli uni agli altri e passano gliuni negli altri, secondo una successione che non si produce nel tempo, mada nascita al tempo, lo genera a partire dalleternit immobile: il tempo dunque qualche cosa di questo movimento da cui provengono origi-nariamente lanteriore ed il posteriore; perch questo movimento spon-

    taneo; ciascuno dei suoi propri atti, li produce uno di seguito allaltroe, producendo la loro successione ( ), genera il passaggio (

    25 PLOTINO, EnneadeIII 7, 8, 3-4.26 Ivi, III 7, 13, 32-33.27 Questa comprensione psicologica del tempo non si oppone, in Plotino, alla sua com-

    prensione cosmologica, dal momento che affermare che il tempo nellanima ( ) (IV 5, 15, 2), intesa come anima del mondo, non significa assolutamentenegare al contrario che il mondo sia nel tempo, che tutti i movimenti intramondani sianosottomessi al tempo e si compiano conformemente ad esso.

    28

    PLOTINO, EnneadeIII 7, 12, 41-42.

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    ) dalluno allaltro.29Qualche cosa di questo movimento pri-vilegiato, o pi esattamente, questo movimento stesso, poich Plotino so-stiene, contro Aristotele, che lanima non nel tempo, ma che essa logenera tramite la sua attivit spontanea sub specie aeterni: Cos lanima

    la prima ad andare fino al tempo, essa genera il tempo ( )e lo possiede coi suoi propri atti.30Questo movimento dellanima ched nascita al tempo un movimento intelligibile e non sensibile. Lanimatemporalizzail tempo e del resto, Plotino il primo a forgiare questoverbo, chrono, temporalizzare, promesso al destino che conosciamo.31Iltempo diventa cos in Plotino la vita stessa dellanima: dire che il tempo la vita dellanima che consiste nel movimento tramite il quale lanimapassa da uno stato di vita ad un altro stato di vita, questo non sarebbeforse dire qualche cosa? 32O ancora, il tempo la distensione della vita

    dellanima ( ).33

    Si vede molto bene sullesempio di Plotino e lasciando da parte gliaspetti pi originali della sua dottrina quanto la ricerca di unorigine deltempo nellanima del mondo conduce inevitabilmente a fare del tempo,in qualche modo, un processo successivo, dunque temporale (un pas-saggio che ha il suo corso, il suo sviluppo), e per questa stessa ragione,generato intemporalmente o supratemporalmente: non si pu evitare diessere colpiti, a dispetto delle differenze, dalla prossimit di queste anali-si con quelle di Husserl. Certamente, lberzeitlichkeito lUnzeitlichkeitdel flusso della coscienza assoluta non leternit di Plotino, ma ci cheemerge lanalogia strutturale tra queste imprese.

    La vicinanza ancora pi impressionante con Agostino, al punto cheRudolf Bernet ha potuto scrivere a buon diritto che si potrebbe parlareaddirittura [a proposito delle Lezioni] di note di letturaagostiniane.34Agostino non parla di un flusso del tempo nelle Confessioni(sebbe-ne ne parli altrove);35non dunque unimmagine o una metafora chesarebbero comuni ai due autori. Ma , pi profondamente, una stessaapprensione del tempo come processo compreso e determinato dalla mi-

    29 Ivi, III 7, 13, 37-41.30 Ivi, III 7 13, 45-47.31 Cfr. W. BEIERWALTES, ber Ewigkeit und Zeit: Plotin, Enneade 3, 7, bers., eingel. und

    kommentiert, Frankfurt am Main, Klostermann, 1981, p. 260; trad. it., Eternit e tempo.Plotino, Enneade III, 7.Saggio introduttivo, testo con traduzione e commentario, introd. di G.Reale, Milano, Vita e Pensiero, 1997, p. 276.

    32 PLOTINO, EnneadeIII 7, 11, 43-45.33 Ivi, III 7, 11, 41.34 R. BERNET,Introduction, in E. HUSSERL,Sur la phnomnologie de la conscience intime

    du temps, trad. fr. di J.-F. Pestureau, Grenoble, Millon, 2003, p. 23.35 AGOSTINOIPP., Enarrationes in psalmos, 38, 7: momentis transvolantibus omnia rapi-

    untur, torrens rerum fluit.

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    sura della intratemporalit che permette, nelluno come nellaltro, la suariconduzione agli atti dello spirito o della coscienza. Basta partire dallaformulazione iniziale del problema nel libro XI delle Confessioni. Ago-stino vi afferma che il tempo impensabile al di fuori di ci che accade

    o diviene in esso (9, 14, 17), ma passa subito da questa tesi moderataad una tesi molto pi radicale sebbene largamente implicita quellasecondo la quale le tre dimensioni del tempo (futurum, praesens, praete-ritum) potrebbero ricevere esse stesse i caratteri temporali delle cose chesono nel tempo: Questi due tempi, dunque, il passato e il futuro, comesono? Poich, se si tratta del passato, non pi, se si tratta del futuronon ancora. In quanto al presente, se fosse stato sempre presente e nonse ne fosse andato nel passato (nec in praeteritum transiret) non sarebbeil tempo ma leternit (9, 14, 17). Ci che era gi stato largamente de-

    scritto in abbozzo da Plotino, la possibilit di applicare al tempo stessole determinazioni di ci che nel tempo, si avvera qui senza riserva: ilpassato concepito come ci che passato, e di conseguenza, si pudire che non gi pi (jam); il futuro si identifica con le cose future,e di conseguenza, non ancora (nondum); quanto al presente, com-preso anchesso, alla maniera delle cose che passano (transeunt), comeun passaggio, un transito continuo. Diventa quindi legittimo, agli occhidi Agostino, sostituire a futurum(il futuro), futura (le cose future), e a

    praeteritum,praeterita, riformulando la sua domanda iniziale: quomodosunt praeteritum et futurum?(come sono il passato ed il futuro?) sotto laforma: ubicumque sunt[futura et praeterita]? (dove sono le cose passatee future?) (9, 18, 23). solamente a condizione di ammettere queste pre-messe che la soggettivazione-spiritualizzazione del tempo diventa possi-bile. Infatti, necessario che il tempo sia compreso esso stesso come uncerto passaggio o un certo cambiamento che si realizza dal futuro versoil passato (il futuro che diventapresente e il presente che diventapassa-to), perch possa essere posta la domanda di ci che rende possibile untale passaggio, di quello che, versando il futuro nel passato attraverso ilvarco del presente, assicura al tempo la sua coesione e la sua struttura: e

    questo qualcosa non potr essere altro che lo spirito stesso (ipsum ani-mus). Il tempo spirituale, soltanto lo spirito stesso nellunit dei suoitre atti: lattesa, lattenzione, la memoria che, tendendosi verso il lorooggetto, provocano nello spirito una distensione corrispondente; il tem-po si definisce dunque come distensio animi. Se bisognasse descrivereprecisamente questa temporalizzazione del tempo ad opera dello spirito,occorrerebbe insistere sulla duplice dimensione di attivit e di passivitdi questo processo, sulla complementarit dellintentiotramite la qualelo spirito si tende verso..., e della distensioche ne risulta, la quale, per

    molti aspetti, ricorda la sintesi passiva husserliana.

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    Si potrebbe ritrovare in numerosi altri autori questa stessa metaba-sistra il tempo e ci che nel tempo, tra il tempo e lintratemporalit.Persino in Kant che rifiuta tuttavia espressamente di pensare il tempo intermini di passaggio o di cambiamento, rimane unambiguit profonda;

    certo, Kant distingue il tempo come forma pura dellintuizione dei con-tenuti sensibili e degli oggetti empirici che passano in esso, ma concludeper la sua permanenza: Quindi il tempo nel quale deve essere pensataogni variazione delle apparenze rimane, e non muta (bleibt und wechseltnicht), poich esso ci in cui la successione e la simultaneit possonoessere rappresentate soltanto come sue determinazioni.36Kant si rifiutadi dire che il tempo passa, ma non rifiuta lalternativa stessa del cambia-mento e della permanenza, poich attribuisce al tempo proprio questul-tima. Anzich dire che non ha senso accordare al tempo la permanenza

    e il passaggio, afferma che il tempo non passa, dunque rimane. Pur sfor-zandosi di distinguere la forma pura del tempo dalla intratemporalit daisuoi contenuti fenomenici, continua in conseguenza a pensare il temponellorizzonte della intratemporalit: poich pu solo rimanere ci che suscettibile di cambiare, e viceversa.

    Bergson, neppure lui, sfugge a questa difficolt di principio. Allo stes-so momento in cui oppone la durata al tempo spazializzato, continua aconcepire la prima come una specie di flusso, di cambiamento continuo eindivisibile. Se lessenza della durata il trascorrere,37se la durata lamobilit nella sua essenza 38come stupirsi allora che occorra accordareun ritmo e una velocit a questa durata, velocit che, agli occhi dellamia coscienza, un autentico assoluto,39e affermare di essa, esattamentecome Husserl a proposito del flusso della coscienza, che si svolge esat-tamente al ritmo con cui si svolge, a differenza del tempo del matemati-co che potrebbe accelerarsi enormemente, e persino infinitamente? 40Questo trascorrere della durata, di nuovo, sar lo spirito stesso afferma-zione che apre la strada a tutti i paradossi gi incontrati.

    Perfino Heidegger, nonostante tutte le innovazioni della sua fenome-nologia e la sua coscienza acuta delle limitazioni intrinseche di ci che

    chiama metafisica, si trovato invischiato almeno in parte nelle stesse

    36 I. KANT, Kritik der reinen Vernunft, Ak. III, 162; A 182; B 224-225; trad. it. di G.Colli, Milano, Adelphi, terza edizione, 2001, p. 257. Esiste un problema interno a Kant, che quello dellapplicazione della permanenza, vale a dire dello schema della categoria dellasostanza, alla forma stessa del tempo; ma questo problema solo una variante del problemapi generale che formuliamo.

    37 H. BERGSON,La Pense et le mouvant, in uvres, textes annots par A. Robinet, in-trod. par H. Gouhier, dition du Centenaire, Paris, PUF, 19915, p. 1254.

    38 Ivi, p. 1257.39 BERGSON,Lvolution cratrice, in uvres, cit., p. 782.40

    BERGSON,La pense et le mouvant, cit., p. 1255.

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    difficolt. Difatti, a prima vista, lelaborazione del concetto di temporalitestatica, in Sein und Zeit, esclude precisamente qualche cosa come unasuccessione delle estasi, una transizione del futuro verso il presente o delpresente verso il passato: La temporalizzazione non significa una succes-

    sione (Nacheinander) delle estasi. Lavvenire non posterioreallessere-stato, e questo non anterioreal presente. La temporalit si temporalizzacome avvenire essendo-stato-presentificante (gewesende-gegenwrtigende

    Zukunft).41Per dirla diversamente, il tempo non passa n dimora, ma sitemporalizza.42La costituzione estatico-orizzontale della temporalit inHeidegger, tuttavia, non d affatto il suo congedo alla domanda husserlia-na sullorigine del tempo, le d soltanto una diversa forma. Ci che c dipi innovativo nella concettualit heideggeriana, lopposizione tra la tem-poralit autentica e inautentica, non deve mascherare ci che rimane in

    essa estremamente vicino a quella di Husserl: lopposizione tra una tem-poralit originaria che appartiene alDasein, e un tempo derivato, quellodegli orologi e dei cronometri. Questa temporalit originaria radicatanei tre atteggiamenti temporalizzanti delDaseinche sono lattesa, la pre-sentificazione e la ritenzione: essere-in-attesa, ritenere e presentificarenon sono soltanto i modi in cui afferriamo luna volta, il presto e ladesso,delle modalit della coscienza di questi, ma sono proprio la loro origine;essere-in-attesa non una modalit della coscienza del tempo, ma il tem-po stesso nel suo senso originario ed autentico.43 proprio nella misurain cui il tempo pensato ancora da Heidegger, secondo una tradizioneche risale ad Agostino e che trova la sua piena realizzazione nella fenome-nologia husserliana, come una determinazione originaria della soggetti-vit (nel senso della soggettivit ontologicamente ben compresa, ilDa-sein), che il problema dellorigine del tempo nel Daseinnon per nienteabbandonato, ma si ritrova sotto unaltra forma. Difatti, come dicono iProblemi fondamentali della fenomenologia, ilDaseinche d il tempoagli orologi e ai cronometri.44Ma come potrebbero lattesa, la ritenzio-ne, la presentificazione temporalizzare il tempo, se questi atteggiamenti ocomportamenti (Veraltungen) delDaseindevono proprio succedersi nel

    tempo? Questa domanda, che immergeva Husserl in una profonda per-plessit, Heidegger non la pone neppure. Inoltre, se, come affermaSeinund Zeit, laspettarsi-scordante-presentificante dellesistenza inautentica

    41 M. HEIDEGGER,Sein und Zeit, Tbingen, Niemeyer, 198616, p. 350.42 ID.,Metaphysische Anfangsgrnde der Logik im Ausgang von Leibniz (Sommersemester

    1928) (Gesamtausgabe [= GA] Bd. 26), hrsg. von K. Held, Frankfurt am Main, Kloster-mann, 1990, p. 256.

    43 Ivi, p. 263. La sottolineatura mia.44 M. HEIDEGGER, Grundprobleme der Phnomenologie (Sommersemester 1927)(GA Bd.

    24), hrsg. von F.-W. Hermann, Frankfurt am Main, Klostermann, 1997, pp. 347-348.

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    la condizione di possibilit dellesperienza volgare di un passaggio deltempo (eines Vergehens der Zeit),45ci non implica forse che il passaggiodel tempo sia un modo legittimo sebbene derivato di apprendere ilfenomeno temporale?

    Non solo i problemi che incontra qui Heidegger sono analoghi a quellidi Husserl; ma la sua concettualit esistenziale solleva anche dei proble-mi esattamente simmetrici che non esistevano per il suo predecessore.Per Husserl, si trattava di comprendere come, in una coscienza in scor-rimento continuo, in un flusso eracliteo, poteva costituirsi un tempo ri-gido, immutabile, oggettivo (Il tempo rigido eppure il tempo fluisce[] Questo il problema 46). Per Heidegger, si tratter di comprenderecome da una temporalit formale ed immutabile poich la temporalitestatica non conosce successione , si potr derivare qualche cosa come

    il fenomeno del passaggio delle cose nel tempo, o piuttostoil fenomenodel passaggio del tempo stesso, il tempo appreso come successione diadesso sussistenti (vorhanden), nel suo concetto volgare e metafisi-co. Non solo Heidegger sembra dare per acquisito che c ben un sensonel dire che ladesso passa, succede a se stesso, ci che aporetico;ma, inoltre, non dice veramente come la derivazione del carattere ditransizione (bergangscharakter) delladesso a partire dalle determina-zioni della temporalit originaria, e particolarmente del suo dilagamento(Gespanntheit)47 possibile. Infine, crede di trovare nel trattato aristo-telico sul tempo la prima formulazione del concetto volgare di tempocome successione di adesso/i sussistenti (vorhanden), quando in effettiAristotele non adopera mai in quel trattato il termine adesso (), senon al singolare, n descrive niente che potrebbe avvicinarsi a una succes-sione degli adesso/i, o a un passaggio dalluno allaltro.48

    Questo mi porta a tre serie di osservazioni conclusive.La prima riguarda luso stesso che ho fatto della parola metafisica,

    termine che fin qui non ho tentato di definire con precisione. In che cosa leLezionidi Husserl rientrano ancora nellambito della metafisica e quale

    metafisica? Deve essere ormai chiaro che la caratterizzazione heideggeria-na del concetto metafisico di tempo (o, come dice nel periodo diSein und

    Zeit, del tempo concepito alla luce dellontologia tradizionale) come

    45 ID.,Sein und Zeit, cit., p. 425.46 Husserliana, X, cit., p. 64; trad. it. cit., p. 94.47 HEIDEGGER, Grundprobleme der Phnomenologie, cit., pp. 387-388: Il carattere di

    transizione di ogni adesso non nientaltro che ci che abbiamo descritto come il dilaga-mento del tempo.

    48 Su questo punto, mi permetto di rinviare alla mia analisi inLvnement et le temps,

    Paris, PUF, 1999, pp. 49-90.

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    successione di adesso/i sussistenti (vorhanden) non mi sembra atta adafferrare nella loro complessit concezioni come quelle che mi sono ac-contentato di evocare, e ancora meno, aggiungo, quella di Husserl. Questeconcezioni, tuttavia, non hanno qualche cosa in comune? Non si muovono

    in un orizzonte di problemi simili? Ho tentato di rispondere positivamen-te a questa domanda. Ci che costituisce lanello di congiunzione delleconcezioni metafisiche tradizionali del tempo, come ho provato a mostrarein Lvnement et le temps, che tendono a concepire questultimo sulmodello dellintratemporalit. Da cui limmagine ricorrente del flusso,che si trova gi in Simplicio e nel neoplatonismo, e che rimane un leitmotivin Husserl.

    Il mio secondo punto concerne il legame tra questa concezione intra-temporale del tempo e la sua soggettivazione-spiritualizzazione. Lasse-

    gnazione del tempo allo spirito o allanima o il che non esattamente lastessa cosa la ricerca della sua origine nella coscienza, hanno un sensosolo se il tempo compreso come un certo processo, per quanto sottile,impalpabile, etereo possa essere. questo presupposto fondamentale checonduce alle difficolt che ho tentato di mettere in evidenza nelle Lezionie nei manoscritti connessi.

    Infine, queste aporie sono di natura tale da screditare nel suo principioogni impresa di una fenomenologia del tempo? Credo di no. Se da unlato non ha senso pretendere di descrivere la soggettivit come unorigi-ne non-temporale o pre-temporale del tempo, dallaltro lato mi sembrapossibile, prendendo come filo conduttore diversi tipi di cambiamento,descrivere le modalit esperienziali che vi corrispondono, cio descriverela strutturazione temporale dellesperienza delluomo nella sua costitu-zione storica, senza per questo ricercare in questa esperienza e nelle suestrutture qualcosa come lorigine del tempo.

    Mi sembra che Merleau-Ponty, che per alcuni aspetti resta tributariodelle analisi husserliane e del progetto stesso di costituzione (trascen-dentale o meno), abbia intravisto quello che mi sembra essere il punto dipartenza adeguato per una tale fenomenologia: Il tempo scrive non

    quindi un processo reale, una successione effettiva che mi limiter aregistrare [e, bisognerebbe aggiungere, neanche una successione in me,un seguito di vissuti di coscienza], nasce dal mio rapporto con le cose.49Il tempo nasce e si dispiega proprio nel entre-deux fra soggetto emondo, e questo il motivo per cui non ha senso ricercarvi ununica ori-gine: la struttura che si verifica nel loro incontro. Non sono lautore deltempo, neanche dei battiti del mio cuore, non sono io che prendo linizia-

    49 M. MERLEAU-PONTY, Phnomnologie de la perception, Paris, Gallimard, 1945, p. 471;

    trad. it., Fenomenologia della percezione, Milano, Bompiani, 2003, p. 480.

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    tiva della temporalizzazione; non ho scelto io di nascere e, una volta chesono nato, il tempo scaturisce attraverso di me, qualunque cosa faccia.50Ma il modo in cui il tempo scaturisce attraverso me dipende da ci chesperimento; cos la mia esperienza del tempo diversa, e deve essere de-

    scritta nella sua diversit, senza per questo poter essere elevata al rangodi unorigine.

    50

    Ivi, p. 488.