Altobrando Andrea - Husserl e Il Problema Della Monade

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    Centro Studi Filosofico-religiosi Luigi Pareyson

    Biblioteca di Filosofia

    Saggi, n. 19

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    Andrea Altobrando

    Husserle il problema della monade

    Trauben

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    Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Filosofia dell'Universit degli Studi di

    Torino, dellAssessorato alla Cultura del Comune di Torino, dellAssessorato alla Cultura della

    Provincia di Torino, dellAssessorato alla Cultura e dellAssessorato all'Universit e alla

    Ricerca della Regione Piemonte e della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino.

    2010 Andrea Altobrando

    2010 Traubenvia Plana 1 Torinofax 011 835763www.trauben.it

    ISBN 978 88 89909799

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    Indice

    Prefazione di Ugo Ugazio 7

    Ringraziamenti 13

    Lista delle abbreviazioni 16

    Introduzione 17

    Capitolo I - I concetti formali fondamentali 291 Qualcosa 32

    2 Uno e unit 39

    3 Intero e relazione 493.1 Relazioni primarie e relazioni secondarie 50

    3.2 Fundierung 58

    3.3 Momenti e pezzi 60

    3.4 Interi di connessione e di compenetrazione 63

    3.5 Aggregati 74

    4 Conclusioni formali 76

    Capitolo II - Lunit, la coscienza e lIo 795 Lunit del flusso 79

    5.1 Lunit del tempo e la molteplicit dei flussi temporali 815.2 Una riduzione senza centro 92

    5.3 Lurgenza dellIo 98

    5.4 Lindividuazione del flusso 101

    5.5 Lunitariet del flusso 105

    5.6 Lemergenza del centro 111

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    6 Le unit del flusso 1136.1 LIo-empirico 115

    6.1.1 Lunit estesiologica 118

    6.1.2 Lunit cinestetica 122

    6.1.3 Lunit psichica 125

    6.1.4. Lunit personale/spirituale 1376.1.4.1 Lunit spirituale "persona" 1406.1.4.2 Obbiettivazione della persona e trascendenza dello spirito 153

    6.2 LIo-trascendentale 162

    Appendice 187

    Capitolo III - Lunit monadica 1937 Espansione dellimmanenza: gli atti incompiuti 193

    8 La monade e lIo 2039 Morte e nascita 211

    10 Monade e Sostanza 221

    11 La struttura della monade 231

    11.1 Necessit essenziale della genesi 233

    11.2 Necessit individuale della genesi 23711.3 Ragione e predestinazione 244

    11.4 Il senso della predestinazione 248

    12 Fenomenologia della monade 251

    Conclusioni 263

    13 La monade come unit ego-centrica e indeterminabile 263

    Nota bibliografica 273

    I- Testi di Husserl 273

    II- Testi di Leibniz 276

    III Testi di altri autori e letteratura secondaria 276

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    Prefazione

    di Ugo Ugazio

    un merito non secondario di questo libro quello di affrontare difficilitemi metafisici senza sollevare in via preliminare il problema stesso dellametafisica, senza ricorrere cio a determinazioni che non siano esse stessesin dallinizio fenomenologiche. Del resto, secondo Husserl, nemmeno ilrigore della logica e della matematica doveva rimandare ad un ambito

    particolare che si contrapponesse allambito dellesperienza. Come os-

    servava Enzo Paci nella prefazione alla traduzione italiana di Logicaformale e Logica trascendentale, bench l'interesse preponderante diHusserl verso la logica non potesse essere messo in dubbio, questo suo orientamento non doveva certamente essere inteso come separazionedei problemi della logica da quelli di una fenomenologia generale:1 unalogica che trascurasse la propria genesi fenomenologica sarebbe stataaltrettanto insensata quanto una disciplina scientifica che avesse pretesodi darsi da s il proprio fondamento. Nella misura in cui, dunque, la genesi fenomenologica cercava progressivamente di ricondurre anchegli aspetti formali della logica e della matematica all'esperienza sogget-tiva, cercava cio di coglierne nel modo pi radicale la costituzione effettiva, questa stessa genesi era sottratta allambito di una scienza gi

    operativa e contemporaneamente condotta secondo un metodo suoproprio.

    La logica, che pure era intesa come linsieme delle regole condiviseda tutte le scienze, esigeva per la propria chiarificazione di essere

    1 E. PACI,Prefazione alla tr. it. di E. HUSSERL,Logica formale e logica trascendentale, acura di G.D. Neri, Laterza, Roma-Bari 1966, p. VIII.

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    portata di fronte ad unevidenza. Questesigenza era ben pi radicale diquanto avrebbe potuto essere qualunque ricostruzione psicologica: nondiversamente dalla matematica moderna, la logica si riferiva allevariet, era cio una teoria delle possibili forme di teorie (vol. 1 delle

    Ricerche logiche, 69). Nella misura in cui essa riguardava la scienza e non il semplice sapere, era rivolta allevidenza delle teorie e della loro connessione, senza includere alcuna esistenza individuale (ivi, 14).Proprio il suo carattere puramente concettuale e la sua ricerca di completezza indicavano il terreno fenomenologico come terreno peruna fondazione non psicologica. Lincompletezza che Gdel delineavain maniera matematica nei noti teoremi qui si era mostrata in oppo-sizione a qualunque psicologismo. Del resto, Husserl gi nellintro-duzione al secondo volume delleRicerche logiche aveva assegnato allafenomenologia dei vissuti logici il compito particolare di connettereteoria della conoscenza e logica pura: quel che doveva essere colto eraappunto latto intuitivo dellastrazione. Le operazioni della matematicae della logica, pur mantenendo il loro carattere radicalmente astratto,

    rimandavano esse stesse allintuizione. La difficolt del secondo volumedelleRicerche logiche e di tutto quel che lo seguir stava proprio nel farvedere sul terreno fenomenologico il tratto originario della logica senzaricorrere a datit ad essa estranee. Il passaggio ai vissuti che la feno- menologia dopotutto doveva consentire era da intendersi come trascen-dentale. Questo passaggio, che Husserl non ha esitato a cogliere anche neitermini di una psicologia trascendentale, non portava certamente fuoridelle scienze cos come si erano costituite dopo lavvento della moder-nit: la scelta cartesiana del modello logico-matematico esigeva in realtsolo un allargamento che riuscisse finalmente ad includere la coscienzanel sapere senza che la coscienza dovesse essere intesa come naturaliz-zata. Levidenza antepredicativa da cui erano scaturiti anche la scienza

    naturale e il suo necessario apparato logico-matematico era infatti tuttal-tro che naturale.La fondazione non seguiva un cammino diverso dalla chiarificazio-

    ne: quanto pi una scienza si avvicinava con il proprio metodo alla chiarificazione degli oggetti che le erano assegnati, tanto pi dovevaconsiderarsi fondata. Nel caso della logica pura, il metodo fenomeno-logico doveva rendere visibili le obiettivit logiche senza lasciarsi

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    fuorviare dal fatto che esse inevitabilmente apparissero nella psichicit propria di una vita animale (vol. 2 delleRicerche logiche,Introduzione 2). Levidenza antepredicativa non rimandava ad una qualche irrazio-nalit originaria, bens ad un in s preliminare che costituiva il terre-no proprio della ricerca fenomenologica.

    Ora, il punto di vista fenomenologico incontrava la sua difficoltcaratteristica proprio nel congiungere la formalizzazione della logica e,

    per certi versi, di tutte le scienze con levidenza antepredicativa intesaappunto come esperienza. Per intendere questo punto, probabilmente,non giova n solo riportare il problema alla distinzione aristotelica tralessere come categorie e lessere come vero e falso, n solo enfatizzare il passaggio kantiano ad una logica trascendentale come distruzione dellecategorie aristoteliche. Tanto il problema aristotelico-brentaniano delmolteplice significato dell'essere, quanto quello kantiano di categoriescoperte in una logica trascendentale rimandavano infatti ad un motivo difondo che, se certamente non si era concluso in una qualche posizionestoriografica, altrettanto poco per poteva lasciare le cose cos come

    stavano: con la fenomenologia husserliana era venuta in primo piano lasconnessione tra i problemi matematici e quelli del mondo supposto reale. Qualunque approfondimento di coerenze logico-matematiche sembravadoversi scontrare con la vita e la sua psichicit.

    La convinzione galileiana secondo cui luniverso seguiva nella suacostruzione regole matematiche era tuttavia riuscita a disporre i terminidel problema in modo da delimitare come mondo obiettivo solo ci che corrispondeva alla precisione del metodo adottato, quello delle previsio-ni logico-matematiche. Alla visione di un mondo gi costituito secondo determinazioni matematiche, che allo scienziato spettava solo di coglie-re, subentrava il punto di vista di una filosofia trascendentale, con il quale il mondo naturale era inteso nel suo costituirsi parallelamente al

    modo in cui era inteso il costituirsi del soggetto che pensava quelmondo. Il problema non era dunque di cogliere forme costanti nellatransitoriet del sensibile, bens di avvertire la genesi tanto relativamen-te alle forme quanto relativamente al mondo cui appartenevano. Il metodo della riduzione tendeva appunto a risalire al costituirsi delleoggettivit incontrate: spostare su di un piano trascendentale il limite

    posto tra lesperienza e il giudizio indicava non tanto il ripristino

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    della differenza tra cose fisiche e cose psichiche, quanto piuttostolaccesso al terreno proprio della soggettivit trascendentale, il soloterreno sul quale i sensi potevano conservare il carattere di esperienzasenza bisogno di alienare parte del loro potere nella sustruzione di unmondo obiettivo. Le scienze moderne non avevano colto il senso del- lesperienza ed avevano creduto di poterlo trovare nel riferimentoallobiettivit di un mondo esterno; il loro errore radicale era consistito nellobiettivazione dellatteggiamento metodico della soggettivit tra-scendentale. Il compito che Husserl assegnava alla fenomenologia era dirisalire dallobiettivismo fisicalistico della scienza matematizzata dellanatura allesperienza trascendentale. Che questo percorso non potesseessere in primo luogo storiografico era per certi versi gi incluso nellat-teggiamento metodico della fenomenologia stessa, che non muoveva da un dato di fatto iniziale, da un atteggiamento preliminarmente naturale,ma in successiveRckdeutungen stabiliva correlazioni di volta in voltafungenti. Alle scienze moderne era sfuggito che lideale di un mondo obiettivo contraddiceva la loro stessa prassi sperimentale.

    Nello studio qui presentato, limpostazione logico-matematica im-pressa da Husserl alla ricerca fenomenologica ripercorsa alla luce delconcetto della monade, inteso non tanto come concetto storiograficorelativo al pensiero di Leibniz, quanto piuttosto come concetto capacedi chiarire luso delle nozioni di intero e di unit riferito allio o allacoscienza.2 In altri termini, limpostazione originariamente matematicadei problemi della conoscenza, esplicitamente dichiarata non solo nella

    Filosofia dellaritmetica, ma anche nelle Ricerche logiche, viene quicollegata in vista della sua universalit allimpostazione monadologica.Come emerge soprattutto nel corso del primo capitolo, dedicato allaterminologia messa a punto nelle prime due opere edite di Husserl edestinata poi a restare sostanzialmente immutata, la convinzione deter-

    minante per lavvio della fenomenologia era che potesse essere scorta lasoluzione solo di quei problemi di cui era possibile la formulazionematematica gli argumenta in forma non potevano pi appartenere adalcuna circostanza di fatto, tanto meno a circostanze psicologiche. Inquesto senso, il metodo fenomenologico non faceva che riprenderelesigenza della mathesis universalis avanzata nel sec. XVII dalle

    2 Cfr. infra, p. 22-24.

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    scienze europee. Il termine monade, bench fosse comparso neimanoscritti husserliani per la prima volta solo nel 1908,3 non era tantola conferma di una tendenza precedentemente assunta, quanto piuttostola consapevole inclusione di quel che mutatis mutandis era stato puntodappoggio della metafisica moderna.

    Che dunque concetti formali come unit, molteplicit, intero,relazione, qualcosa ecc., prima di essere concetti generali scaturitidalla riflessione sullatto che coglie quel che pu essere di volta in voltaincontrato, siano appunto concetti formali assume, nelle pagine seguen-ti, rilevanza fondativa perch in qualche modo contribuisce a dischiude-re al concetto della monade il terreno proprio della fenomenologia: sedella monade si pu dire, non solo che coscienza e io, ma anche che sostanza, senza alcun rischio di fraintendimento metafisico, solograzie alla preliminare formalizzazione. Questo trasferimento delconcetto di monade sul terreno fenomenologico consente dunque adAndrea Altobrando di riprendere quelle dottrine su immortalit einnascibilit dellio, su eternit e nulla, su ragione e predestinazione,

    che erano restate allo stato di progetti nonostante lintenzione mani-festata da Husserl allinizio degli anni venti di preparare unoperasistematica che continuasse il lavoro delle Idee. 4 Per quanto questiabbozzi, raccolti nel vol. XIV di Husserliana, non consentano ovvia-mente alcuna conclusione, tuttavia motivo di grande interesse chesiano ripresi qui, entro i margini di una ricerca che evita espressamenteil tema dellintersoggettivit, pur muovendosi nella stessa direzione. un cammino ben preciso quello che muove dalla ricerca dellintero difondazione e porta avanti questa ricerca fino allausser Funktiondellio che, pur non avendo pi nulla di leibhaft da riconoscere, tuttavia

    persiste in una prospettiva monadica.

    3 Cfr. infra, p. 22, nota 9.4 Cfr. infra, 9-11, pp. 211 ss.

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    Ringraziamenti

    Il presente lavoro costituisce una parziale rielaborazione della tesi di dottorato discussain cotutela tra l'Universit degli Studi di Torino e la Bergische Universitt di Wuppertal. Vorrei ringraziare il prof. Ugo Ugazio per la pazienza con cui ha seguito ilmio lavoro, per i suoi puntuali e preziosi consigli, nonch per la generosit con la qualemi ha incoraggiato e aiutato a realizzare la presente pubblicazione. Al prof. Lszl Tengelyi sono debitore di una infaticabile disponibilit a vigilare sul mio lavoroattraverso lunghe discussioni, nonch della cortesia con la quale mi ha accolto pressol'universit di Wuppertal. Un sentimento di riconoscenza mi lega anche al "fondatore"

    del Philosophisches Seminar di Wuppertal, prof. Klaus Held, per l'attenzione el'interesse dimostrati nei confronti delle mie ricerche, al prof. Peter Trawny, per la sincera e disinteressata amicizia con cui mi ha accolto nel suo Lesekreis, occasioneunica di genuina convivialit filosofica, e ai colleghi "wuppertalesi di tutto il mondo"che hanno reso il mio soggiorno nella citt della Schwebebahn momento di arricchi-mento tanto umano quanto scientifico. Un grazie particolare lo devo a Markus Ludwig,Holger Granz, Jenny Vogel, Inga Rmer e Martin Seidensticker per il fondamentaleaiuto prestatomi nella correzione di versioni in lingua tedesca delle mie ricerche. AMarco Bartalucci sono grato per avermi, invece, offerto la possibilit di discutere a fondo nella nostra madrelingua alcune questioni e di sfruttare la sua aristotelicasapienza. A Lina Rizzoli devo un sincero ringraziamento per tanti preziosi suggerimen- ti sia in materia di fenomenologia che di vita wuppertalese.

    Vorrei, inoltre, ringraziare il prof. Dieter Lohmar per l'accoglienza che mi ha offertopresso l'Archivio Husserl di Colonia e presso gli Arbeitskreise che vi hanno luogo. Alui, ai suoi collaboratori e a tutti gli studiosi che vi ho potuto incontrare vorrei esprimere la mia riconoscenza per aver contribuito a rendere le mie visite all'Archivio tantoscientificamente fruttuose quanto piacevoli. Desidero in particolare ringraziare AlicePugliese per il suo indefesso impegno nei confronti dell'intersoggettivit tanto trascen- dentale quanto empirica, sulla base del quale sono state possibili tante klschichediscussioni attorno alle nostre rispettive ricerche fenomenologico-esistenziali. A lei, a

    Nicola Zippel, Marco Deodati, Michela Summa e Gianpaolo Bartoli devo l'entusiasmoper una comune e tanto composita quanto solidale avventura filosofico-fenomeno-logica a cui auspico col presente lavoro di offrire un piccolo contributo.

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    Ringrazio i proff. Claudio Cancio e Maurizio Pagano per aver accolto il mio lavoronella Collana del Centro Studi Filosofico-religiosi Luigi Pareyson da loro diretta, e il

    prof. Ullrich Melle, direttore dell'Archivio Husserl di Lovanio, per l'autorizzazioneconcessami a citare dai manoscritti inediti.

    Parti del lavoro che sta alla base della presente pubblicazione sono state rese possi- bili da borse di studio e di ricerca gentilmente concessemi nel corso degli anni dalDeutscher Akademischer Austausch Dienst, dall'Universit degli Studi di Milano e

    dalla Fritz-Thyssen-Stiftung, che qui cortesemente ringrazio.

    Al prof. Bernhard Waldenfels sono riconoscente per aver accolto con interesse i primi abbozzi di questa ricerca e per avermi invitato a continuare anche recandomi inGermania.

    Ferdinando G. Menga stato il primo compagno che ho trovato lungo il mio percor-so fenomenologico. Questo lavoro rappresenta anche una, inevitabilmente "tardiva",risposta al suo "appassionato" aiuto e ai suoi costanti "pungolamenti".

    Giuseppe Imbrogno ha avuto la pazienza di leggere una prima versione per le stampe del presente lavoro e mi ha suggerito numerosi miglioramenti stilistici. A lui vala mia pi franca riconoscenza.

    Un debito particolare di riconoscenza vorrei esprimere nei confronti del prof. CarloSini, che primo mi ha mostrato la pratica in carne e ossa della Filosofia. Sebbene il

    presente lavoro sembri porsi a una certa distanza dallo stile e dai temi di cui egli statoed maestro, esso nasce anche come risposta all'istanza che il suo pensiero mai smette di ripropormi.

    I miei genitori sono stati e restano il supporto essenziale sul quale si potutocostantemente fondare l'intero mio percorso di studio e di ricerca. A loro non pu che andare il miograziepi fondamentale.

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    A Daniele

    A Eulalia

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    Lista delle abbreviazioni utilizzate

    Nel presente lavoro i testi di Husserl sono citati riportando il riferimento di paginasia nelledizione critica dellHusserliana (ad eccezione diErfahrung und Urteil, perla quale il rimando alledizione Meiner del 1974) sia, ove disponibile, nelletraduzioni edite in italiano.

    Per quanto riguarda le citazioni dallHusserliana, si fatto uso delle seguentisigle, seguite dal numero romano corrispondente al volume in cui sono di volta involta contenuti i testi cui si fa riferimento:

    HUAper i Gesammelte WerkeHUDOper iDokumenteHUMATper iMaterialienPerErfahrung und Urteilsi adottata la sigla: EU.

    Nel caso di manoscritti ancora inediti si utilizzato il sistema di catalogazione inuso presso lArchivio-Husserl di Lovanio.

    Le sigle utilizzate per i testi in italiano sono le seguenti:FA =Filosofia dellaritmeticaLPF =Logica, psicologia e fenomenologia. Gli oggetti intenzionali e altri scritti

    RL/1 =Ricerche logiche, vol. 1RL/2 =Ricerche logiche, vol. 2FCIT =Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo (1893-1917)IF = LIdea della fenomenologiaIDEE/1 =Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, vol. IIDEE/2 =Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, vol. IISCI = Storia critica delle ideeLSP =Lezioni sulla sintesi passivaLSA =Lezioni sulla sintesi attivaIE =Lidea di EuropaLFT =Logica formale e trascendentale. Saggio di critica della ragione logicaMC =Meditazioni cartesianeEG =Esperienza e giudizio. Ricerche sulla genealogia della logica

    CRISI =La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. Intro-duzione alla filosofia fenomenologica

    Dove non diversamente segnalato, i passi riportati nel presente studio si atten-gono a tali traduzioni, mentre quelle dei testi ancora inediti in lingua italiana e deimanoscritti sono dellautore della presente ricerca.

    Per i dettagli relativi ai testi utilizzati, si rimanda alla Nota Bibliografica posta altermine del volume.

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    INTRODUZIONE

    Cos Husserl nellautopresentazione al primo volume delle RicercheLogiche del 1900. La logica pura un sistema di leggi e categorie; essacoordina e in tal modo tiene in unit una pluralit di leggi. cos che sorge lunit della teoria, ci che rende scienze le scienze. Solo attra-verso lunit (della teoria) vi scienza.

    A partire da queste affermazioni nel presente lavoro si tenter dicomprendere il senso, lorigine e, in parte, lesigenza del concetto di"monade" nello sviluppo del pensiero husserliano.

    noto che Husserl non scrisse mai una "monadologia"; altrettantonoto che Husserl sempre pi decisamente nei suoi manoscritti fece usodi termini quale "monade", "monadico", "intermonadico", ecc., fino allacelebre Quinta Meditazione Cartesiana, dove sembra addirittura pro-spettare un "sistema monadologico" dellintersoggettivit trascendentale.

    Ci non pu a prima vista che destare un certo stupore, considerato ilpeso metafisico di tali espressioni e concetti, peso che Husserl nonpoteva ignorare, soprattutto se si considera la frequentazione che egli

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    La logica pura il sistema scientifico delle leggi e delle teorie ideali che sifondano puramente nel senso delle categorie ideali di significato, cio neiconcetti fondamentali che sono patrimonio comune di ogni scienza, poichdeterminano nel modo pi generale ci che, dal punto di vista oggettivo, ingenerale rende scienze le scienze, cio lunit della teoria. In questo senso, lalogica pura la scienza delle "condizioni di possibilit" ideali della scienza ingenerale, cio dei costituenti ideali dellidea di teoria. (HUA XVIII, p. 262; tr. it.LPF, p. 173; grassetto A.A.)

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    ebbe degli scritti leibniziani sin dal periodo dei suoi studi matematici.Secondo quanto afferma Van Breda, Husserl si dedic alla lettura di Leibniz gi dal 1887, ma solo a partire dal 1910 si confront con ledottrine pi genuinamente "metafisiche" del filosofo di Lipsia1; questofatto non pu che testimoniare a favore di un uso non totalmente inge-nuo della terminologia monadologica da parte di Husserl. In altre parole,non si pu pensare che luso dei termini succitati, specialmente in mo-menti di straordinaria rilevanza teoretica nella delineazione del suo

    pensiero2, fosse avventato.

    1 Cfr. VANBREDA 1971. Sulla ricezione husserliana di Leibniz, cfr. anche EHRHARDT 1971,CRISTIN 1990. Confronti tra la "monadologia" husserliana e quella leibniziana sono statirecentemente tentati da Klaus Kaehler, Karl Mertens, Mario Vergani e Dominique Pradelle:cfr. KAEHLER 2000, MERTENS 2000, VERGANI 2004 e PRADELLE 2006. Renato Cristin eKiyoshi Sakai hanno curato una interessante raccolta di saggi e documenti su Leibniz e lafenomelogia in generale, il cui scopo anche quello di mostrare il senso di una monadologia fenomenologica oggigiorno: cfr. CRISTIN E SAKAI 2000. Si veda anche la recente raccoltadegli atti del Convegno Internazionale di Studi tenutosi a Salerno nel 2004 "Monadi e

    Monadologie" (D'IPPOLITO, ANIELLO, PIRO 2005), dove la proposta husserliana viene indiversi interventi misurata con quelle dei suoi illustri predecessori. Si noti che gi Antonio Banfi rilevava come la fenomenologia husserliana avesse come tacito fondamento meta-fisico, una monadologia", fondamento che si ritroverebbe, sempre secondo Banfi, anche neltrascendentalismo kantiano. In Husserl, tuttavia, ancora pi decisamente che non in Kant il monadologismo ha lasciato cadere il suo senso dogmatico-metafisico, per realizzare in

    pieno il suo valore metodologico. Esso vale cio come semplice ipotesi per la risoluzionerazionale dell'esperienza (BANFI 1961, p. 132). Enzo Paci tent di sviluppare, andandoanche al di l di Husserl, il progetto di una monadologia fenomenologica, nella qualevedeva il possibile fondamento per una scienza della societ capace di rispettarne e valorizzarne il lato tanto autenticamente umano quanto razionale; di tale progetto si trovano tracce in molte sue opere; quanto egli vi credesse e come lo ritenesse tutt'altro che concluso,sta a dimostrarlo l'ultimo ciclo di lezioni che egli tenne all'Universit Statale di Milano

    prima che la prematura morte lo cogliesse e di cui ci sono rimaste le dispense: cfr. PACI1977. Sul "senso" del pensiero e delle proposte di Paci e sulla loro attualit, si veda MANCINI2005, Parte Terza, pp. 245-341.2 Come si vedr, una delle prime apparizioni di una riflessione "monadologica" risale circa al 1908, proprio nel momento in cui Husserl inizia a meditare riguardo allopportunit diintrodurre lIo puro allinterno del proprio progetto fenomenologico (cfr. HUA XIII, BeilageIII, pp.5-8; inoltre infra 6.2) e subito dopo la cosiddetta "svolta trascendentale" (cfr.LAVIGNE 2005; ROLLINGER E SOWA 2003; RIZZOLI 2008); il concetto di monade avr poi unruolo centrale nelle lezioni Grundprobleme der Phnomenologie del semestre invernale1910/1911 (cfr. HUA XIII, Nr.6, pp. 111-194), dunque poco prima della redazione diIdeen I,lezioni che a vent'anni di distanza Husserl riterr ancora decisive e, per certi aspetti,

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    I riferimenti espliciti alla monadologia, attraverso un uso massicciodi termini come "monade", "totalit delle monadi", "armonia intermona-dica", "io monadico", ecc., diventano particolarmente consistenti dal-linizio degli anni Venti, segnatamente nei manoscritti volti alla reda-zione del Grosses Systematisches Werk che Husserl stava progettando3.Questo fatto dovrebbe convincere della centralit della questione relati-va al concetto di monade: giunto a un momento di notevole sviluppo ecomplessit del suo pensiero, dopo lelaborazione della fenomenologiagenetica e una prima rielaborazione delle tematiche relative alla questio-ne del tempo, Husserl pensa a una "sistematizzazione" di quanto fino aquel momento era andato scoprendo e sviluppando4; per far ci si avvaledi una terminologia "monadologica", presentando come essenziale unosviluppo della concettualit a questa relativa:

    Non si ancora in grado di dire cosa "ego monadico" significhi. tuttavia evidente che tale espressione, cos come altre affini, non fosseatta a suscitare semplici suggestioni. Husserl sembra confermare ci nel-le lezioni sullaFilosofia prima che egli tiene in quegli stessi anni:

    risolutive dell'intera problematica dell'intersoggettivit e dell'oggettivit della conocenza. InIdeen I Husserl non usa, invece, mai il termine "monade" n altri affini, mentre esso appare in diversi manoscritti riuniti inIdeen II eIII, dove, tuttavia, non sembra avere un significatochiaro e preciso, essendo talvolta considerato come un sinonimo della psiche, altra voltadell'Io spirituale, altra ancora dell'ambiente della psiche o della coscienza assoluta. Nel

    presente lavoro si tenter anche proprio di delineare un possibile uso univoco del termine"monade".3 Il concetto di monade sembrerebbe poter ricoprire un ruolo centrale anche nelle con-clusioni delle lezioni del 25 sulla "psicologia fenomenologica", tuttavia il termine "mo-nade" qui citato semplicemente quale equivalente della "soggettivit pura concreta", senza che Husserl lo analizzi e lo chiarisca ulteriormente: cfr. HUA IX, pp. 216-217. , comunque,opportuno notare che queste lezioni riguardano prevalentemente lIo empirico o psicologicoe non permettono, pertanto, di stabilire il significato trascendentale della monade.4 Cfr. le prefazioni di Kern ai tre volumi Zur Phnomenologie der Intersubjektivitt: cfr.KERN 1973a-c.

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    Poich lego monadicamente concreto concerne lintera vita di coscienza,tanto quella potenziale quanto quella reale, chiaro che il problema dellinter-

    pretazione fenomenologica di questo ego monadico deve toccare al suo internotutti i problemi costitutivi in generale. (HUA XIV, p. 18)

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    Sorgerebbe spontanea la domanda relativa al "cosa" di cui la teoria leibniziana sarebbe lanticipazione. La risposta , daltronde, abbastanzaovvia: pare evidente che Husserl stia parlando di quanto egli stesso da

    pi di due decenni andava elaborando. Egli, infatti, cos prosegue:

    Discutendo le propriet fondamentali della monade, nei temi della percezio-ne, del passaggio da percezione a percezione e in particolare della rappresen-tazione di qualcosa che non realmente presente ed tuttavia percettivamentecosciente, Leibniz ha colto ed elaborato sul piano metafisico le propriet fonda-mentali dellintenzionalit". (HUAVII, pp. 196-197; tr. it. SCI, p. 210)

    Leibniz avrebbe dunque anticipato la teoria husserliana dellinten-zionalit, senza giungere per alla purezza fenomenologica cui Husserlmirava e che riteneva indispensabile ai fini di una "filosofia come scien-za rigorosa":

    Le intenzioni di Leibniz restano vuote e, seppure non del tutto cie-che, comunque incapaci di conquistare unadeguata "visione offerente"di quanto Leibniz stesso riusc a intuire; la scienza in grado di raggiun- gere tale evidenza sarebbe la fenomenologia cui Husserl da pi di duedecenni sta instancabilmente lavorando. In questo senso, la fenomeno-

    logia avrebbe il compito di "riempire" le astratte costruzioni concettualidi Leibniz, dando loro un inoppugnabile senso di verit, una presenza evidente, in carne e ossa5.

    5 Ancora in una lettera a Mahnke del 17 Ottobre 1932, Husserl definisce la monadologia diLeibniz una Vorintuition della propria: cfr. HUDO III/3, p. 486. Non sembra troppo azzardatoleggere ci alla luce della dicotomia elaborata nelleRicerche Logiche tra atti significanti (inquesto caso la teoria leibniziana) e atti intuitivi (i diversi passi dell'indagine fenomenologica

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    vero che un pensatore intuitivo come Leibniz non scopr nulla che la suageniale fantasia non fosse in grado di anticipare in unintuizione adeguata. Lasua teoria delle monadi una delle pi grandi anticipazioni della storia. Chi lacomprende interamente non pu non attribuirle un grande contenuto di verit.(HUAVII, p. 196; tr. it. SCI, p. 210)

    Ma in complesso egli [scil. Leibniz] resta ancora sul piano di un abbozzooccasionale, di unanticipazione e di una costruzione. (HUA VII, p. 197; tr. it.

    p. 210)

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    Se e come ci sia possibile, spetta al presente lavoro indagarlo e comprenderlo. per necessario precisare che non si tenter qui dicapire in che modo Leibniz abbia anticipato o influenzato le ricerche e le teorie di Husserl. Ci che si vuole comprendere come e perch Husserlsia arrivato a introdurre il concetto di monade nella sua fenomenologia,nonch capire il significato che questo termine assume nel complessodel suo pensiero, in particolare allepoca in cui venne utilizzato e analizzato per la prima volta con intenti sistematici.

    Nel presente studio si prescinder, per, da un tema che normal-mente viene considerato quello in rapporto al quale studiare ed, even-tualmente, sviluppare il concetto husserliano di monade: lintersogget-tivit. Lelusione di tale problematica dipende dalla constatazione che la critica husserliana si gi intensamente e abbondantemente, nonch

    proficuamente, concentrata su di essa, tanto che una ricerca relativa airapporti "intermonadici" rischierebbe di ripetere tali analisi, semplice-mente traducendole in una terminologia "monadologica"; daltronde,anche proprio affinch tale traduzione possa avere senso, pare oppor-

    tuno tentare di comprendere quale contributo il "vocabolario monado-logico" propriamente apporti alla ricerca sullintersoggettivit, il checomporta che innanzitutto si prenda coscienza degli orizzonti che laconcettualit monadologica mette in gioco nel complesso del pensiero diHusserl.

    Questa necessit di chiarificazione della problematica concettualelegata alla "monade" costituisce il motivo pi profondo che ha condottoalla decisione di "mettere tra parentesi" lintersoggettivit. Alla base del

    presente lavoro sta lesigenza di comprendere cosa propriamente si possao si debba intendere con il termine "monade" nel contesto dellafenomenologia husserliana. Si pu notare che a questo riguardo lerme-neutica husserliana alquanto disomogenea, proprio perch, a differenza

    di altri concetti chiave del suo pensiero, quello di monade quasi sempreutilizzato in funzione di altre questioni, siano queste lintersoggettivittrascendentale o empirica, la logica, la metafisica o la gnoseologia6.

    husserliana).6 Per quanto riguarda lintersoggettivit trascendentale cfr.: PACI 1954, Id. 1961, Id. 1963, Id.1973, Id. 1977; ZAHAVI 1996; HELD 1966, ID. 1986; RMPP 1992; PUGLIESE 2004 e 2009. Ilrapporto della monadologia con la gnoseologia e la logica discusso in BOSIO 1966 e

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    Effettivamente, almeno in certe fasi del pensiero di Husserl, iltermine monade sembra presentarsi come una sorta di parola magica ingrado di tenere assieme tutte le dimensioni della ricerca fenomeno-logica, da quelle logiche fino a quelle metafisiche, se non addirittura teo-logiche7. Lidea che sta alla base del presente lavoro che sia anzituttonecessario comprendere cosa il termine "monade" pu e, talvolta anchecontro le applicazioni che lo stesso Husserl ne fa, deve significare in una

    prospettiva fenomenologica rigorosa, affinch le intenzioni di Husserlnon restino, come, secondo lo stesso Husserl, quelle leibniziane, merecostruzioni astratte. soprattutto per questo motivo che si ritenuto cheil tema dellintersoggettivit non potesse aiutare a delineare il concettodi monade e che, anzi, esso complicasse la sua messa a fuoco. Sebbenela tematica dellintersoggettivit risulti essenziale e ineludibile per losviluppo di una eventuale "monadologia fenomenologica", si deve in-nanzitutto capire se una tale monadologia possa avere realmente senso e,se s, quale. Il presente lavoro vorrebbe offrire un contributo alla solu- zione di tale quesito e un primo tassello per leventuale elaborazione di una successiva dottrina fenomenologica dellintermonadicit e di unarelativa "cosmologia"8.

    Per raggiungere tale obiettivo si inizier dai primi passi filosofici di Husserl. Sebbene nellopera sia edita che inedita non si trovi alcunaccenno significativo alla questione monadologica fino circa al 19089 esia anzi, fino ad allora, praticamente assente la relativa terminologia,

    proprio nella primissima opera a stampa di Husserl si possono trovare lepi ampie considerazioni su quelli che possono essere considerati i

    MELANDRI 1960. Una considerazione della portata metafisica del discorso monadologicohusserliano contenuta in IRIBARNE 2002; GHIGI 2007; ALES BELLO 1985; VERGANI 2004;PRADELLE 2006.7 Sulla questione della teologia in Husserl, cfr.: ALES BELLO 1985; GHIGI 2007; IRIBARNE2002; HART 1997; HELD 2001.8 Per il senso in cui l'indagine fenomenologica, cos come ogni indagine autentica-mente filosofica, possa, e in un certo senso debba, condurre a una "cosmologia", cfr.Sini 1981, 1985 e 1987. In rapporto al pensiero di Leibniz, con costante riferimentoanche a Wittgenstein e Peirce, tali idee sono state sviluppate da Rossella Fabbri-chesi: cfr. FABBRICHESI-LEO 1998, 1999 e 2000.9Nei manoscritti editi fino a oggi, la prima apparizione del termine monade e di una ipotesi"monadologica" riguardo al rapporto tra mondo e soggettivit individuabile nel testo

    pubblicato in HUAXIII come appendice III, pp. 5-8, datato, appunto, attorno al 1908.

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    concetti strutturalmente fondamentali per un rigoroso sviluppo di unaprospettiva monadologica. NellaFilosofia dellAritmetica si incontrano,infatti, chiarificazioni riguardo ai concetti di "uno", "unit", "molti","molteplicit", "aggregato", "intero" e "relazione". Si tratta di illustrazio-ni che, partendo da "dati psichici elementari", si situano poi su un piano

    prevalentemente formale, ma che proprio per tale motivo risultano distraordinaria importanza, in quanto dovrebbero offrire limpalcaturaconcettuale allinterno della quale possibile chiarire il concetto dimonade: non si deve infatti scordare che Husserl introduce il termine "monade" e lo sviluppa quale sinonimo di "intero" e "unit", talvoltadellIo, talvolta della coscienza.

    Le ricerche dellaFilosofia dellAritmetica troveranno nelleRicercheLogiche un completamento e un perfezionamento, aprendosi a con-siderazioni pi ampie e mature. Per il presente lavoro un ruolo decisivo sar svolto dalla Terza ricerca, la cui analisi dei rapporti tra lintero e la

    parte offriranno un preziosissimo aiuto per comprendere i rapporti tra lamonade, intesa come lintero della vita di coscienza, e lIo.

    Con leRicerche Logichepu considerarsi conclusa la messa a puntodi un apparato semantico-concettuale che funger poi da sottofondo etalvolta da vera e propria guida per tutte le analisi successive; dal puntodi vista della loro definizione strettamente formale, infatti, i concetti dicui ci si avvarr nella presente ricerca non subiranno rilevanti modifiche

    per tutta la restante parte della produzione husserliana; ci che, even-tualmente, cambier sar il modo di intendere il "formale" in quantotale, ma non i singoli concetti che vi rientrano10. Nel primo capitolo del

    presente lavoro si attinger, dunque, alle opere husserliane successivesolo al fine di cogliere eventuali approfondimenti e precisazioni dei concetti analizzati.

    In conclusione alla prima parte si tenter di delineare alcuni assiomi,

    10 Uneccezione sarebbe costituita dal rapporto tra "indipendenza" e "concretezza": i dueconcetti vengono nelle Ricerche Logiche considerati pressoch sinonimi, mentre alliniziodegli anni Venti Husserl si convinse di doverli distinguere. Come si pu facilmente intuire, cidipende dal fatto che il termine "concreto" non verr pi considerato solo da un punto di vista"ontologico-formale", bens pi decisamente "ontologico-trascendentale" o "metafisico": cfr. infra 10. L'identificazione tra "concreto" e "indipendente" , peraltro, gi resa problematica dalleanalisi sul tempo, particolarmente neiBernauer Manuskripte: cfr., in particolare, Hua XXXIII,testo n.17, 299-309. Sul rapporto tra concretezza e indipendenza, cfr. anche CONNI2005.

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    seppure unicamente "formali", che risulteranno dalle chiarificazioni deiconcetti fino a quel punto considerati e dei quali ci si potr avvalere nelcorso successivo del lavoro, in particolare nelle conclusioni finali.

    La seconda parte della ricerca si concentrer sul problema dellunitdella coscienza e del rapporto di questultima con il concetto di Io. Ladomanda che funger da sottofondo dellintero capitolo sar quellarelativa alla possibilit e allafferrabilit della vita della coscienza comeintero: risulta infatti evidente che, se lunit della teoria ci che rende

    possibile la scienza, ci che "rende scienza una scienza", e se lunitdella teoria possibile, come si vedr, solo grazie allunit della co-scienza, questultima quanto, in ultima istanza, permette che ci sia unascienza in senso vero e proprio, quella scienza rigorosa che un

    Desiteratum von Jahrhunderten.Saranno a tal fine analizzati gli svolgimenti che le questioni relative

    alla soggettivit e allunit del flusso coscienziale attraversano a partiredalle Lezioni sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo e,successivamente, esse saranno considerate alla luce del testo LIdea

    della fenomenologia. In questultima opera ci si soffermer in particolaread analizzare laffermazione relativa allassenza di un Io puro o trascen-dentale quale "centro dei vissuti" e le relative implicazioni11. Si giunger,quindi, alla cosiddetta "svolta trascendentale", la quale, come gi ricor-dato, coincide curiosamente con la prima significativa comparsa deltermine "monade" nei manoscritti husserliani, il che avviene, come gi ricordato, attorno al 1908. Tuttavia, pi che concentrarsi su tale coinci- denza, si tenter di comprendere il senso, nonch lesigenza, dellintro-duzione dellIo trascendentale nellopera di Husserl, in particolarerelativamente alla questione dellunit e dellidentit del flusso di co-scienza assoluto o "costituente". A tal fine ci si avvarr di alcunimanoscritti recentemente pubblicati nel volume XXXVI dellHusserlia-

    11Nel presente lavoro si rinuncer a una differenziazione tra "Io puro" e "Io trascen-dentale" e si useranno i due termini come sinonimi. Infatti, bench essi possano anche essere utilizzati per indicare "cose" diverse, si dell'idea che, in fondo, l'autentico Iotrascendentale, in quanto non deve essere confuso con nessun momento n con lastruttura del flusso dei vissuti, risulti coincidente con l'Io puro quale centro del flussocoscienziale medesimo. L'Io puro, dal suo canto, non essendo rintracciabile n quale

    parte, n quale correlato dei vissuti, ma rappresentando una "trascendenza nell'im-manenza", risulta senz'altro meritorio del titolo di "trascendentale".

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    na sotto il titolo Transzendentaler Idealismus12, nonch di alcune idee,segnatamente quelle riguardanti lindividuazione del flusso costitutivo elindividualit dellIo, che emergono dal contesto dei cosiddetti See-

    felder Manuskripte13.

    Si giunger, in questo modo, a quella che Husserl stesso defin una situazione di "imbarazzo": da una parte sembrer rendersi necessarialassunzione di un Io trascendentale, dallaltra rester il sospetto di starein questo modo relativizzando i risultati della ricerca fenomenologica e di ricadere cos in una sorta di psicologismo.

    Per comprendere meglio la problematica, si tenter di differenziare idiversi livelli di Io empirico che Husserl elabor nei manoscritti degli anni successivi alla pubblicazione diIdeen I. Si prover, in particolare, aevidenziare quali categorie di vissuti appartengano a ogni grado dellIoempirico, cos da poter meglio comprendere sia i rapporti, sia le dif-ferenze vigenti tra le diverse unit coscienziali14. Attraverso le distinzio-ni che emergeranno sar possibile comprendere pi adeguatamente ilsignificato precipuo dellIo trascendentale, vale a dire il ruolo che esso

    occupa nel sistema dellunit della coscienza assoluta. Proprio con lIotrascendentale e con le nuove questioni che esso pone si chiuder ilsecondo capitolo. In una Appendice a questo capitolo si metteranno inluce alcune considerazioni che emergono dai Bernauer Manuskripte, in

    particolare quelle relative al tema dellindividuazione del flusso assolutoe al ruolo che lIo viene ad assumere quale Urstand, e che segnano il

    passaggio alle questioni che si tratteranno nel capitolo successivo.Nel terzo capitolo si affronter direttamente il concetto di monade, in

    particolare nel suo significato di unit dei vissuti. Si vedr innanzituttoquali presupposti tale concetto implichi e ci si concentrer sulla questio-ne relativa allespansione del concetto di immanenza che Husserl opera"ufficialmente" in Ideen I e a cui si legano la nuova concezione dei

    vissuti come "atti compiuti" e i relativi concetti di "orizzonte" e "sfon-

    12Nel tentativo di seguire uno sviluppo cronologico delle tematiche in questione, si tenterdi limitarsi ai testi datati a prima della pubblicazione diIdeen I.13 Sulla problematica della datazione di tali manoscritti, cfr. BERNET 1985, pp. XXXI-XXXIII.14 La chiarificazione dei livelli dellIo empirico offrir inoltre un prezioso aiuto allasuccessiva comprensione di quella che Husserl chiama "genesi monadica".

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    do". Ci si dovr quindi dedicare ai rapporti tra la monade e lIo: sitratter di comprendere quale dinamica leghi lIo alla monade e in chemodo i due concetti si possano, o debbano, differenziare. A questa distinzione si allaccia la problematica relativa alla morte e alla nascitadellIo: a questo proposito, si tenter di capire per quali motivi Husserlsostenga una sorta di immortalit e innascibilit dellIo e, ammesso chenon si possa parlare di nascita e morte in senso assoluto, si tenter dicomprendere se tali eventi possano avere un significato in relazione alcontesto monadico in cui lIo si situa. Ai temi della nascita e della mortesi legher direttamente la definizione della monade come "sostanza" cheHusserl avanza in alcuni manoscritti preparatori per il GrossesSystematisches Werk. La definizione della monade come "sostanza"render a sua volta necessario comprendere la struttura monadica inquanto "unit genetica", la quale dovr essere considerata nel suoduplice aspetto: eidetico e individuale (o fattuale).

    La questione della genesi individuale porr in campo un nuovoproblema: lIo e il suo corso di vissuti monadici sembrerebbero obbedire

    a una sorta di "predestinazione", della quale si dovr tentare di capire laportata e il senso. Giunti a questo punto della ricerca, si dovr infineporre la domanda relativa a una possibile fenomenologia della monade einterrogare il senso di una tale "scienza".

    Lo studio si fermer alle soglie delle Meditazioni cartesiane, checome opera non saranno prese direttamente in considerazione, inquanto nella loro versione per le stampe esse non offrono affatto una esauriente e univoca definizione di monade, n una coerente e soddisfa-cente teoria della stessa. A tale riguardo esse risultano, anzi, alquantoimprecise e fuorvianti15. Si utilizzeranno, invece, i manoscritti cheHusserl redasse anche proprio in visione di tale pubblicazione,

    poich le esposizioni che in essi si possono trovare lasciano

    intravedere il travagliato lavoro attorno al concetto di monade e, piche offrire definizioni sommarie, portano a poterne determinare ilsignificato specifico. La scelta, inoltre, di non tenere conto n delleopere n dei manoscritti successivi alle Meditazioni cartesiane deriva

    15 Ci dovuto soprattutto a una incostanza terminologica e concettuale che si avrmodo di analizzare in seguito ie che gi presente nei manoscritti degli anni

    precedenti: cfr. infra, 8, 10.

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    dal fatto che in essi non si sono trovati contributi significativi alla definizione del concetto di monade, bens, piuttosto, approfondimentidi alcuni aspetti che meritano di essere, come di fatto sono stati,oggetto di analisi specifiche. Si tratta di analisi che, peraltro, si ritenuto non possano che trarre giovamento da una preliminarechiarificazione del concetto di monade in quanto tale; una precisa delineazione della struttura essenziale di quanto emerger come"unit monadica" dovrebbe, infatti, permettere di coglierne non solole eventuali difficolt interne, ma anche le implicazioni rispetto adaltre questioni della ricerca fenomenologica.

    Nelle conclusioni si tenter di riconsiderare il percorso compiuto nelsecondo e nel terzo capitolo alla luce dei risultati emersi al termine del

    primo capitolo e di trarne alcune schematiche conclusioni.

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    Capitolo I

    I CONCETTI FORMALI FONDAMENTALI

    Nella prima opera a stampa di Husserl, considerata spesso marginale e,per molti aspetti, immatura, la Filosofia dellAritmetica, si pu trovare,come gi accennato nellintroduzione, una prima trattazione della pro-

    blematica delluno e dei molti, dellunit e della molteplicit, della partee dellintero16. Le definizioni che si possono trovare in questo scrittooscillano tra unestrema precisione e una certa qual vaghezza, se non, a

    volte, confusione17

    . Attraverso alcuni articoli successivi e le RicercheLogiche si possono tuttavia guadagnare alcune precisazioni che ne per-metteranno una caratterizzazione piuttosto esauriente, mentre in Ideen I,

    Logica formale e trascendentale edEsperienza e giudizio sar possibiletrovare conferme ed eventuali elucidazioni.

    Husserl caratterizza in questo modo i concetti "formali" che guide-ranno la presente ricerca:

    16 Per una sintetica, ma efficace e precisa esposizione dei contenuti dellaFilosofia dell'arit-metica, cfr. BIERBACH 1994.17 Dieter Lohmar ha mostrato ci specialmente in relazione al concetto di "uno": cfr.LOHMAR 1989, pp. 75-79.

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    A pieno diritto si possono designare i concetti di qualcosa e di uno, dimolteplicit e di numero cardinale (questi che tra tutti i concetti sono i pigenerali e i pi vuoti dal punto di vista del contenuto) come concetti formali ocategorie. Ci che li caratterizza come tali la circostanza che non sono con-cetti di contenuti di genere determinato, ma in un certo modo comprendono ins tutti i singoli contenuti [...] Il loro carattere onnicomprensivo trova unasemplice spiegazione nel fatto che essi sono concetti di attributi, i quali sorgononella riflessione su atti psichici che possono senza eccezione essere esercitati su

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    tutti i contenuti. (HUA XII, pp. 84-85; tr. it. FA, p. 127)

    Secondo quanto qui emerge, pare che i fondamentali concetti formali siano concetti relativi alla riflessione su atti psichici: essi emergerebbe-ro, infatti, solo in seguito ad essa. Non dunque senza alcuna ragione se questopera stata bollata di psicologismo: la teoria dellastrazione qui

    sostenuta sembra tendere proprio in tale direzione, in ci risultandoprobabilmente decisiva linfluenza delleredit brentaniana, secondo laquale sarebbero ammissibili due sole tipologie di dati intuitivi: fisici o

    psichici18. Non potendo annoverare le categorie tra i dati fisici, nonrestava a Husserl che relegarle nello psichico. Cos in alcuni passaggi diquestopera si leggono affermazioni che sembrano sostenere proprioquella "teoria molto ovvia e molto diffusa dai tempi di Locke in poi, maanchefondamentalmente erronea", la quale asserirebbe che "i significatiin questione, o i significati ad essi corrispondenti e resi nominalmenteautonomi le categorie logiche come essere e non essere, unit, plura-lit, totalit, numero, premessa, conseguenza, ecc. - sorgono dallariflessione su certi atti psichici, quindi nel campo del senso interno,

    della 'percezione interna'"19., tuttavia, discutibile se Husserl nella Filosofia dellAritmetica

    abbia veramente voluto sostenere una tale teoria. Come ha ben notatoSpinicci20, si tratta piuttosto di un problema di "vocabolario". Al tempodella sua prima opera, Husserl era ancora legato alla terminologia"psicologistica" della scuola brentaniana; il senso delle sue ricercheapriva per prospettive che andavano gi oltre lo psicologismo, pur

    18 Cfr. DEPALMA1999, p. 157.19 HUA XIX/1, p.668; tr.it. RL/2, p. 442. Sulla questione della "percezione interna" si vedanoi recenti e preziosi lavori di Andrea Borsato, il quale, attraverso un confronto tra le teorie

    brentaniane e quelle husserliane, ha tentato di mostrare come il fatto che un vissuto siacosciente non pu considerarsi come parte del vissuto stesso: cfr. Borsato 2009a e 2009b. Ditali scritti, di grande rigore ed estrema precisione, non si purtroppo qui potuto tenere adeguatamente conto, in quanto usciti quando le prime bozze del presente lavoro erano gistate consegnate alle stampe. Mi sembra comunque possibile sostenere che diverse analisi qui

    proposte siano in accordo con quelle di Borsato, cos come le conclusioni cui egli giuntoappaiono almeno in parte compatibili con quanto sostenuto nella presente ricerca.20 Cfr. SPINICCI 1987, p. 537: [L]o psicologismo husserliano per cos dire prima dellasua filosofia e si pone soltanto come il linguaggio entro cui maturano tendenze e problemiche vanno in realt al di l di esso".

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    senza riuscire pienamente a liberarsene. Nelle pagine seguenti si tenterdi mostrare come laffermazione secondo la quale le categorie nasconodalla riflessione possa essere interpretata anche al di fuori di una pro-spettiva psicologistica21.

    Husserl scrive:

    Le definizioni che seguono devono dunque essere comprese come untentativo di chiarire tali concetti a partire dai fenomeni stessi da cui ven-gono astratti, con lo scopo di purificarli e differenziarli da altri concettiaffini e di prevenire cos un loro uso inopportuno:

    Bisogna intanto osservare che miriamo non a una definizione del concetto dimolteplicit, ma a una caratterizzazione psicologica dei fenomeni sui quali

    riposa lastrazione di questo concetto. (HUAXII, pp. 20-21; tr. it. FA p. 63)

    Ci che qui Husserl afferma riguardo al concetto di molteplicit valeper tutti i concetti formali di cui ci si occuper nel seguito del capitolo.Per quanto ci sia filosoficamente problematico, lintento di Husserl chiaro: risalire a fenomeni elementari di cui ognuno pu avere unevi-denza certa. Non si tratta tanto, o non solo, di individuare qui lembrione di quanto diventer poi, liberatosi della placenta dello psicologismo,lanalisi intenzionale e genetica propriamente fenomenologico-trascen-dentale. Di particolare rilievo , piuttosto, che la caratterizzazionemeramente "psicologica" dei fenomeni da cui sorgono i concetti formali,che rischia di condurre a una concezione psicologistica dei concetti

    stessi, compiuta per ragioni prettamente logiche e gnoseologiche. infatti al fine di chiarire tali concetti nel loro peculiare modo di agireallinterno del processo conoscitivo che Husserl intende risalire agli atti

    psicologici in cui essi vengono pienamente in luce, liberandoli in talmodo da un loro uso irriflesso e, dunque, non rigoroso. Si tratta di capire "cosa" si intende quando li si mette in opera, quale significato viene

    21 A questo proposito, cfr. LEGHISSA2001.

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    Solo ci che viene composto in maniera logica pu essere oggetto di defi-nizione. Non appena ci si scontra con il concetto ultimo, elementare, ogni attivitdefinitoria ha fine. Concetti come qualit, intensit, luogo, tempo e simili non

    possono essere definiti da nessuno. (HUAXII, p. 119; tr. it. FA, pp. 162-163)

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    attribuito ai fenomeni che sotto di essi di volta in volta vengono compre-si e come ci sia possibile, vale a dire quali "eventi psichici" devonoaccadere affinch tali concetti possano essere scorti. In altre parole, sitratta di risalire agli atti che offrono tali concetti in piena chiarezza.

    Se si riesce a conquistare unevidenza, per Husserl pressoch apodit-tica22, di questi fenomeni (psicologici) originari e a raffinare la compren-sione che si ha di essi, si sar poi in grado di rintracciare la sistematica gnoseologica che su essi si fonda23.

    1Etwas

    22 Cfr. HUA XVII, 59, p. 165; tr. it. LFT, p. 195, dove Husserl sottolinea come lErlebnissingolo dellevidenza debba essere visto nella "connessione concreta, essenzialmente unita-ria, di unErleben soggettivo". Le analisi pi mature - nonostante i problemi di redazione peri quali si rimanda a LOHMAR 1996 - relative ai fenomeni originari attraverso i quali si pugiungere a una genesi delle forme categoriali sono notoriamente contenute inEsperienza egiudizio. In questo libro, tuttavia, non si trova unanalisi a mio avviso sufficiente delloriginee del significato proprio dei concetti che ritengo fondamentali per la presente ricerca, vale a dirsi quelli di "qualcosa", "unit" e "molteplicit". per questo motivo che le seguenti con-siderazioni si rifaranno soprattutto, seppur non esclusivamente, alla Filosofia dell'Arit-metica, dove, seppure secondo una metodologia non ancora matura e con alcune difficolt a livello di chiarezza "trascendentale", si possono trovare le indagini pi esaustive a lororiguardo. Uneccezione sar costituita dalle analisi relative ai concetti di intero e di parte,dove il riferimento, tanto scontato quanto obbligato, sar anzitutto la Terza Ricerca Logica.23 In questo modo si tenta di realizzare almeno in piccola parte quanto Husserl richiede auna teoria critica della conoscenza in Logica formale e trascendentale, e segnatamente sicercher di mettere in opera quanto egli annuncia nel Capitolo Secondo della Seconda Partedellopera: Le formazioni logiche e le loro forme generali sono dapprima in una evidenzadiretta, e questo ci che deve necessariamente precedere. Ma a questo punto si richiede una riflessione tematica su questa evidenza, cio sull'attivit formativa quale si giespletata direttamente nella ingenuit non-tematica (HUAXVII, p. 184; tr. it. LFT, p. 218).

    32

    Il qualcosa non precisamente un contenuto parziale astratto. Tutti glioggetti effettivamente esistenti e possibili, reali e non reali, fisici e psichici,ecc. - hanno in comune solo il fatto di essere contenuti rappresentazionali, op-

    pure il fatto che dei contenuti rappresentazionali fanno le loro veci nella nostracoscienza. Il concetto di qualcosa deve manifestamente la sua origine allariflessione sullatto psichico del rappresentare, al quale dato come contenuto

    precisamente ciascun oggetto determinato. (HUAXII, p. 80; tr. it. FA, p. 122)

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    innanzitutto necessario tentare di comprendere cosa Husserl quiintenda con il termine "concetto", in quanto di questultimo che siafferma la nascita tramite riflessione.

    Come ha messo in luce Benoist, Husserl, a differenza di Frege,rimarrebbe a questo proposito legato a una concezione pi tradizionale e vicina alle lingue naturali24: la concezione husserliana, che emerger inmodo pi chiaro con leRicerche Logiche e con la ivi esposta "intuizionecategoriale", corrisponderebbe a una visione del concetto in quanto

    forma dei contenuti intenzionali. In altri termini, si pu dire che le cate- gorie formali pongono gli oggetti a cui si riferiscono in una certa formaostruttura25.

    In questo senso , forse, possibile dire che il "concetto di qualcosa", enon "il qualcosa", inteso come "significato", nasce tramite la riflessionesullatto. Qui sta il punto decisivo per distinguere la concezionehusserliana da un ingenuo psicologismo. Quanto Husserl dice riguardoal "qualcosa" nella Filosofia dellAritmetica, vale a dirsi il suointenderlo come categoria formale, non infatti in alcun modo in

    disaccordo con quanto dir nelleRicerche Logiche:

    Questo vale esattamente anche per quanto Husserl afferma nellaFilosofia dellAritmetica riguardo al concetto "qualcosa". Noi abbiamoil "riempimento giudicativo" del concetto "qualcosa", capiamo la parola

    e sappiamo anche come la sua "intenzione" venga riempita; anzi, giun-giamo senza particolari problemi a un suo effettivo riempimento. Questoriempimento dellatto intenzionante "qualcosa" ci funge ora da fonda-mento per realizzare il concetto astratto "qualcosa". a questo punto che

    24 Cfr. BENOIST 2002.25 Sul processo di "formalizzazione", cfr. il 13 della Terza Ricerca Logica. Cfr., inoltre,BENOIST 2001, p. 9-17.

    33

    Non nella riflessione sui giudizi o meglio sui riempimenti giudicativi, ma nei

    riempimenti giudicativi stessi risiede veramente lorigine dei concetti di stato di

    cose e di essere (nel senso della copula); non in questi atti in quanto oggetti, manegli oggetti di questi atti troviamo il fondamento dellastrazione per la realiz-zazione di questi concetti; e naturalmente un fondamento altrettanto valido

    presentato anche dalle modificazioni conformi di questi atti. (HUA XIX/2,pp. 669-670; tr. it. RL/2, pp. 443-444)

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    entra in gioco la riflessione, nel momento in cui, cio, si cerca didesumere una caratterizzazione del funzionamento del termine"qualcosa".

    Si badi bene che la riflessione non deve qui essere intesa come unritorno del soggetto riflettente su se stesso, bens sugli atti che hannooperato sulla base del concetto "qualcosa", il quale, sebbene non ancora

    portato a esplicitazione, gi era operante. Risulta, dunque, evidente chelutilizzo del termine "qualcosa" pu essere duplice e, almeno in certicasi, ambiguo:

    Un termine astratto pu essere inteso in modo "astratto" o "gene-rale". Nella maggioranza dei casi esso utilizzato per connotare gli

    oggetti che cadono sotto un determinato concetto, dunque come concet-to generale. Ci, sembra suggerire Husserl, precede la messa a fuoco del concetto astratto in quanto tale:

    in questa prospettiva che Husserl pu dire che il concetto "nasce"dalla riflessione. Il concetto era gi l, operante, prima di essere pro-

    priamente colto. Esso ci che permetteva di utilizzare lo stesso termineper diversi contenuti. Nel momento in cui si riflette sulluso di un taletermine si ha per la possibilit di metterne in rilievo la caratteristica specifica e, in questo modo, si giunge allastratto vero e proprio26.

    26 Il problema qui molto simile a quello che affronteremo poco oltre riguardantelapprensione e la formazione di interi, molteplicit e unit. In un certo senso, sebbene non

    34

    Ogni nome astratto viene usato con un duplice significato: una volta servecome nome del concetto astratto in quanto tale, unaltra serve invece comenome di qualcuno degli oggetti che cadono sotto il concetto, designando cos ilconcreto sotto la mediazione dellastratto contenuto nel concreto stesso o adesso relativo. (HUAXII, p.136; tr. it. FA, p. 179, lievemente modificata)

    Rispondendo a bisogni pratici, il nome svolge abitualmente la sua funzione inqualit di nome generale ci vale almeno per la maggior parte dei nomi.Linteresse si volge di preferenza verso cose e rapporti concreti. Tuttavia, nella vita enella scienza non mancano occasioni per considerare lastratto in quanto tale, e diconseguenza anche il linguaggio si in qualche modo assunto il compito didesignare tali occasioni in modo marcato [...]. (HUAXII, p. 137; tr. it. FA, p. 180)

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    Negli esempi utilizzati da Husserl, questa messa in luce dellastrattoavviene tramite una modificazione del termine generale a esso relativo, come in Vater-Vaterschaft, rot-Rte, Mensch-Menschheit. in questosenso che il concetto viene "formato". peraltro chiaro, come lo stessoHusserl energicamente afferma nella sua polemica con Kant e Lange,che "atti creatori che producano un qualsivoglia nuovo contenuto quale

    risultato da loro diverso, sono delle assurdit psicologiche"27; ci cheviene creato piuttosto il termine atto ad esprimere il concetto astratto enon il concetto astratto stesso28.

    La riflessione permette di mettere a fuoco lastratto in quanto tale ecos di coglierne anche la specificit. Quando si effettuata questariflessione si in grado di far emergere il concetto astratto di "qualcosa"che si cela dietro il suo uso quale termine generale. Una volta colto il concetto astratto in quanto tale, si pu coniare un termine appropriato ad esprimerlo, tentando cos di evitare le confusioni con il relativo signifi-cato generale.

    Husserl, che gi nella Terza Ricerca Logica affronta la questione di

    una teoria formale delloggettualit in quanto tale, tentando di porreanche le basi per un suo successivo sviluppo sistematico, e che sullaquestione torner anche nelle Ideen, giunger con Logica formale etrascendentale a forgiare il termine di Etwas-berhaupt, distinguendolocos dal vocabolo Etwas comunemente usato nel suo valore di terminegenerale. In questo modo egli ribadisce la necessit di non confonderelastratto con il generale o, secondo il vocabolario proposto nelle Ideen,il concetto in quanto essenza con il concetto in quanto significato29.Quello che Husserl ha di mira lessenza formale o categoria logica

    sia tematizzata, potremmo azzardare lipotesi che sia qui in Husserl gi operativa ladistinzione tra strutture pre-riflessive che operano a livello pre-categoriale e la loro espli-citazione a livello categoriale, che costituir il fulcro delle analisi di Logica formale etrascendentale ed Esperienza e giudizio. Un sostegno a favore di questa possibilit inter-

    pretativa data dallutilizzo del termine Etwas-berhaupt che appare proprio nelle dueopere appena citate e su ci si deve ora concentrare.27 Cfr. HUAXII, pp. 42-43 (tr. it. FA, p. 85).28 Cfr. anche quanto Husserl dice in HUA XVII (tr. it. LFT), 63. Ci si lega alla tematicadella costituzione del Typos, per la quale si rimanda a LOHMAR 2007.29 Cfr. HUAIII/1 (tr. it. IDEE/1), 10.

    35

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    "qualcosa"30, al fine di comprenderne il tenore e di indagarne la portatatrascendentali.

    Il caso dellEtwas persui generis rispetto ad altri concetti astrattio categorie logiche. Questo concetto infatti non solo implica la rifles- sione sullatto intenzionale da cui sorge, bens mette propriamente in

    primo piano lintenzionalit in quanto tale. Se si chiede cosa significhi ilconcetto astratto "qualcosa" ci si rende conto che questo rinvia necessa-riamente a un piano riflessivo ulteriore, in quanto ci che esso richiedead ogni oggetto che voglia entrare nel suo dominio unicamente, comericordato nella citazione posta in apertura a questo paragrafo, il fatto diessere reale o possibile contenuto di rappresentazione o, come si potreb-

    be dire in termini pi "fenomenologici", correlato di unintenzione.Benoist nota a questo riguardo che la riflessione intenzionale che

    produce il "qualcosa", il categoriale in quanto tale, dovuta allarappresentazione in generale, al puro e semplice rappresentare, nella suauniversalit e nella sua indeterminazione assolute31. Ci vieta, evidente-mente, di poter ritenere che il concetto "qualcosa" possa essere astratto

    dai contenuti ai quali si applica. Su questo punto Husserl, come si visto, insiste gi nellaFilosofia dellAritmetica. La riflessione attraversola quale si tenta di cogliere il concetto astratto "qualcosa" si rivolge agli atti in cui un oggetto inteso come qualcosa; a questo punto si scopreche, come ben osserva Benoist, "il 'qualcosa' un concetto intrinse-camente categoriale la chiave stessa di ogni concetto categoriale e, come tale, esso non pu essere ottenuto per astrazione"32. Il "qualcosa"si rivela in tal modo come la forma di ogni reale e possibile contenuto.Si tratta di un ritorno su un atto, ma non su di un atto particolare, bens

    sulla forma di ogni atto.In questo senso, "qualcosa" sarebbe un concetto trascendentale in

    senso classico. Lintenzionalit ci che permette di giungere alla trascen-

    denza; al suo "secondo grado", tornando cio su se stessa, lintenzionalit

    30 Si potrebbe qui aprire una discussione sul fatto che lessenza qui in gioco lessenza di una categoria formale, dunque dellessenza di unaltra essenza, come Husserl si esprimenellAppendice III diIdeen I. Unanalisi approfondita di tale problema porterebbe, tuttavia,

    ben oltre i limiti del presente lavoro.31 Cfr. BENOIST, 2001, pp. 16-17.32 BENOIST 2002, p. 206.

    36

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    costituisce il concetto di ogni oggettualit possibile, loggettualit in quan-to "poter essere il correlato" di un atto intenzionale

    Ci si deve tuttavia guardare dal considerare il "qualcosa" come un "genere sommo"33; esso s la categoria sotto la quale poter riuniretutti i possibili oggetti, ma sempre e solo in quanto oggetti despe-rienza, poli oggettuali dellintenzionalit. questa caratteristicaestrinseca a tenere assieme tutti gli oggetti pensabili e intuibili. Ci comporta, inoltre, che il concetto sotto il quale possono essere raccol- ti tutti i possibili contenuti un concetto che non si d nella percezione"semplice", ma che pu esistere per essenza solo in rapporto a unsoggetto capace di "categorializzare" lesperienza34. Il "qualcosa" esistesolo per il pensiero; solo lintelletto in grado di riunire la pluralit deglioggetti desperienza in ununica unit indipendentemente dai legami

    "reali" eventualmente presenti tra di essi.Nella terminologia delle Ricerche Logiche forse possibile affer-

    mare che il "qualcosa" costituisce il genere sommo delle materie datto,ma non degli oggetti intenzionati, in quanto in tali oggetti non sitroverebbe nulla che permettesse di considerarli come "qualcosa", se

    33 In quanto categoria formale, il "qualcosa" ha valore, appunto, puramente formale; Husserlpreciser questo significato del "formale" in Ideen I: Da una parte stanno le essenzemateriali, e in un certo senso queste sono le essenze 'vere e proprie'. Dall'altra parte stainvece s un elemento eidetico, ma fondamentalmente diverso: cio una mera formaessenziale, che pur essendo senza dubbio un'essenza, un'essenza completamente 'vuota'che, in virt della sua vuota forma, conviene a tutte le essenze possibili e che, nella suauniversalit formale, subordina a s anche le pi elevate generalit materiali, prescrivendoloro quelle leggi che scaturiscono dalle sue intrinseche verit formali. La cosiddetta 'regioneformale' non dunque qualcosa di coordinato alle regioni materiali (o regioni senz'altro);anzi non una regione in termini propri, ma una vuota forma di regione in generale [...](HUA III/1, p. 21; tr. it. IDEE/1, p. 28). Per una ricostruzione delle diverse fasi e dei diversiaspetti della teoria husserliana della verit, cfr. l'ormai classico TUGENDHAT 1970.34 Cfr. anche XIX/2, p. 616; tr. it. RL/2, pp. 385-386. Lintera Terza Ricerca si basa propriosullidea del "qualcosa" e sulla possibilit di ricondurre ogni contenuto sotto tale concetto,giungendo cos a una ontologia formale.

    37

    Qualcosa un nome che va bene per ogni contenuto pensabile. Ognicosa effettivamente esistente o pensata un qualcosa. (HUA XII, p. 80; tr. it.FA, p. 122)

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    non il loro essere-in-rapporto con un atto intenzionale35.La domanda che a questo punto si deve porre : quale orizzonte

    viene aperto da questo concetto?Il "qualcosa" apre il regno della mathesis universalis36. Esso non

    opera alcuna vera e propria astrazione, in quanto non lascia da partealcuni contenuti per privilegiarne altri, bens formalizza37, bada cio soloa una caratteristica che sta prima e, in un certo senso, oltre ogni contenuto: il fatto di essere, per lappunto, contenuto di un atto38.

    propriamente in questo senso che Husserl pu permettersi di direche il concetto di qualcosa "nasce dalla riflessione sullatto psichico del rappresentare": sebbene sia necessario ammettere che questo modo di formulare la questione resta nella sostanza scorretta e fuorviante, ci che in tal modo Husserl intende che, nel momento in cui ci si chieda cosavenga inteso qualora si usi il termine "qualcosa", si deve rispondere che linteso un contenuto possibile, un correlato di un atto intenzionale.

    Si pu cercare di tradurre laffermazione di Husserl in un linguaggionon psicologistico e dire, forse pi appropriatamente, che solo riflet-

    tendo sullatto del rappresentare che emerge il concetto di "qualcosa"nella sua purezza formale, come categoria applicabile universalmente adogni contenuto in quanto contenuto, correlato di un atto39. Solo in rela-zione a un atto un oggetto rientra nel regno del "qualcosa" e, senza unariflessione che prenda esplicitamente in considerazione questo fatto, taleconcetto o rimane oscuro o rischia di essere confuso con una caratte-ristica degli oggetti in quanto tali, quasi si trattasse di unessenza o diuna qualit reale o "materiale":

    35 La situazione pu forse considerarsi leggermente diversa a partire dalla cosiddetta svoltatrascendentale, in particolare in seguito all'inclusione delloggetto intenzionale nella sferadellimmanenza fenomenologica: cfr. HUAXXIV, p. 231.36 Spinicci, commentando il passo citato in apertura a questo paragrafo, afferma: In realt,il senso autentico di quellaffermazione interamente racchiuso nellintenzione di deter-minare loggetto attraverso la posizione logica che esso assume allinterno della coscienza: delloggetto diciamo ora che posto come soggetto di un giudizio possibile, come unqualcosa appunto (SPINICCI 1987, p. 524); cfr. anche BENOIST 2002, p. 221.37 Sulla formalisierende Abstraktion, cfr. la Terza Ricerca, particolarmente il 24; cfr.,inoltre, BENOIST 2002, pp. 219-220; LOHMAR 1989, pp. 128-150.38 SPINICCI 1987, p. 527.39 Cfr. BENOIST 2002, pp. 206-207.

    38

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    In questo senso, se si vuole dare riempimento allatto significazio-

    nale "il concetto qualcosa", si deve necessariamente includere nellattoriempiente il soggetto, quindi includere la soggettivit come sua parte indispensabile, non per nel senso secondo il quale la soggettivit

    propriamente "creerebbe" il concetto di qualcosa, bens in quanto senzaun rimando alla soggettivit intenzionante non possibile capire inquale particolare orizzonte il "qualcosa" si situa. In altre parole, la rifles- sione permette di esplicitare il funzionamento del concetto "qualcosa" e di scorgerne il ruolo precipuo allinterno della vita intenzionale(conoscitiva).

    per questo motivo che si pu affermare che il concetto di sogget- tivit si situa nellessenza stessa del concetto di Etwas-berhaupt, ilquale conduce lintenzionalit a tornare su di s, il processo categoriale-

    conoscitivo a doversi interrogare su di s e sul senso del proprio operare, al fine di giungere a una comprensione di quelluniverso del "qualcosa"che le si dischiude40.

    2 Uno e unit

    NellaFilosofia dellAritmetica Husserl considera come un sinonimodi "qualcosa" il termine "uno":

    40 Questo aspetto del concetto "qualcosa" sembra essersi fatto sempre pi chiaro in Husserl,specialmente negli anni della maturazione della cosiddetta fenomenologia genetica; cfr., adesempio, HUA XXX, p. 117: Alla domanda: 'Che questa casa?' si pu rispondere: 'qual-cosa'. Una risposta non certo molto intelligente e, in effetti, una risposta vuota. Essa ha per un senso, che si pu delineare con queste parole: fatta in un qualche modo. Dire che unoggetto "qualcosa" significa rinviare alla costituzione dell'oggetto inteso, dunque a un

    processo al cui fondo si porr per Husserl, come noto, la soggettivit trascendentale.

    39

    Il qualcosa appartiene cos al contenuto di ogni oggetto concreto solo in mo-do esteriore e improprio, come un qualsiasi attributo relativo e negativo. Anzi,esso stesso va designato come una determinazione relativa. (HUA XII, p. 80; tr.it. FA, p. 122)

    Secondo la nostra concezione, luno, a partire dal suo concetto, si accordaessenzialmente con un qualcosa, con una cosa qualsiasi, o con una cosa pura-

    mente e semplicemente, laddove "un" o "una" indicano larticolo indetermina-

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    Tuttavia il concetto di "uno" contiene una caratteristica che, seppureleggermente, lo differenzia da quello di "qualcosa", costituendolo piut-tosto come una sua possibile specificazione:

    Non si tratta, come per lEtwas, di essere semplicemente contenutodi un atto, bens emerge qui unessenziale relazione alla molteplicit:

    Sebbene qui Husserl sembri equiparare "uno" e "qualcosa", da unpunto di vista logico opportuno precisare che solopoich un contenutoviene appreso come qualcosa, allora pu rientrare anche sotto il

    predicato di uno. La capacit di assumere un contenuto come "qualcosa"permette cio di concepirlo poi come un qualcosa, in senso eventual-mente numerico o semplicemente per specificare che non si tratta di unamolteplicit. Questo punto viene precisato dallo stesso Husserl, il quale,infatti, afferma:

    Il "qualcosa" appreso non , inizialmente, soggetto alla categorizza-

    40

    tivo; e tutti questi nomi, a loro volta, hanno lo stesso significato del qualcosa.(HUAXII, p. 84; tr. it. FA, p. 126)

    Quando ogni oggetto della molteplicit viene pensato semplicemente comeun qualcosa, il qualcosa gi uno. Si pone come un qualcosa nella molteplicite in virt di ci possiede eo ipso una tal correlazione a essa. (HUA XII, p. 84; tr.it. FA, p. 127)

    Ogni contare (che in seguito a unabitudine persistente divenuto unprocedimento automatico) sarebbe del tutto privo di senso se il segno 1, ovverola parola uno, non possedesse un significato che corrisponde al concetto di uno,cio se esso non indicasse il processo astrattivo che libera da ogni limitazione ilsingolo oggetto determinato appartenente allinsieme da contare per trasformar-lo in un puro qualcosa o in un puro uno. (HUAXII, p. 128; tr. it. FA, p. 171)

    Nella caratterizzazione dellastrazione numerica dissi intenzionalmente: po-niamo ogni singolo contenuto sotto il concetto di qualcosa; non dissi: poniamoogni contenuto sotto il concetto di uno. La correlazione al concetto dimolteplicit, che sola distingue il concetto di uno da quello di qualcosa , non infatti un punto che in qualche modo venga considerato per lastrazionenumerica. (HUAXII, p. 84; tr. it. FA, pp. 126-127, corsivo A.A.)

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    zione singolare/plurale, poich ci che viene colto come "qualcosa" bens indubbiamente ununit, ma non esplicitato se si tratti di ununitcomposta da pi elementi o se sia inteso un unico elemento. Dire chequalcosa "uno", implica che lo si ponga in un contesto allinterno delquale esso emerge come differente rispetto ad altro. Si pu dire cos chesempre quando si intenziona qualcosa lo si intenziona come "un"qualcosa, ma proprio per questo motivo si dovrebbe ammettere ancheche "qualcosa" emerge sempre in un contesto desperienza in cui ci chedi volta in volta viene intenzionato in rapporto, seppure implicito, con altre entit. Il fatto di sussumere istantaneamente e automaticamentequanto si esperisce come "un" qualcosa significa porlo come elementodi una molteplicit pre-data o coesistente.

    Per giungere al puro concetto numerico si deve innanzitutto com-prendere la totale indipendenza da qualunque specificit del contenutodi volta in volta in questione e non a caso su questo punto Husserlinsiste ripetutamente41. Come afferma Brisart, il quale riprende alcuneosservazioni di Couturat: "non si pu formare un numero per mezzo del

    concetto di qualcosa che associandovi lidea di unit per determinarloprecisamente. [...] In breve, se il prodotto ultimo dellastrazione ilconcetto di qualcosa, tale non affatto il caso dellunit che giace alfondo stesso dellidea di numero"42.

    Si deve ora notare che la caratterizzazione del concetto di "uno" sirivela a sua volta piuttosto complessa:

    41 Ci significa, per, prescindere anche dalla determinazione uno/molti e inLogica formalee trascendentale Husserl considera infatti la stessa forme singolare e quella plurale qualiFormen von Gegenstnden e, conseguentemente, come Abwandlungen des Etwas-ber-haupt: cfr. HUAXVII, 85, p.83; tr. it. LFT, p. 69.42 Brisart 2003, p. 24. In questo articolo, Brisart mette in luce come Louis Couturat fu

    probabilmente il primo a capire il significato e la portata dellelaborazione husserliana delconcetto diEtwas nellaFilosofia dell'Aritmetica. Pur opponendosi fermamente allassimila-zione dei concetti di "uno" e "qualcosa", Couturat riconobbe nelle analisi husserliane unimportante contributo alla battaglia contro la teoria empirista delle categorie formali; alcune osservazioni contenute nellaFilosofia dell'Aritmeticapermetterebbero anzi di capire checest ce concept [quello di Etwas] qui permet, dans tout les cas, lapplication de lide dunit aux objets le plus divers. Il concetto "qualcosa" fungerebbe, dunque, da supportou dappui allidea, o concetto, di "unit": cfr. COUTURAT,De l'Infini mathmatique, Alcan,Parigi 1896, p. 515, citato in BRISART 2003, pp. 24-26.

    41

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    Luno pu dirsi in almeno due sensi: come quantit o come correlato

    della molteplicit. Nel primo senso luno la risposta alla domandarelativa al "quanto"; nel secondo si riferisce a un elemento allinterno diuna molteplicit di contenuti, denomina, cio, un contenuto tra altri.Cos prosegue infatti Husserl:

    Luno come contrario della molteplicit una specificazione nume-

    rica

    43

    . Esso dice il "quanto" di un contenuto e dicendo che "uno" essosi pone in contrapposizione a tutte le altre specificazioni numeriche. Alcontrario luno come "unit nella molteplicit" sempre correlativo a una qualche molteplicit. Ogni molteplicit contiene al suo interno,appunto, unit, vale a dirsi diversi "uno".

    Si deve notare, a questo proposito, che anche il termine di unit non del tutto scevro da ambiguit. A questo proposito Husserl propone una lista di possibili significati. Ai fini della presente ricerca, tre sembrano i

    pi rilevanti44:

    43 Si tratta, in realt, di una specificazionesui generis, in quanto l"uno" non propriamenteun numero come ogni altro. Per questo Husserl precisa che il numero 1 un tardo prodotto artificiale. Non tuttavia qui possibile addentrarsi ulteriormente in questa analisi, per la quale si rimanda senz'altro a LOHMAR 1989, pp. 77sgg.44 Ritengo che solo le seguenti definizioni abbiano importanza per il seguito delle analisi inquanto lo stesso Husserl considera gli altri usi del termine unit come derivanti da trasla-zioni del primo significato, usi che portano spesso a malintesi: la seconda definizione, vale a dirsi lunit come qualsivoglia oggetto nella misura in cui cade sotto il concetto di unitsorgerebbe da unequivocazione tra il nome astratto "unit" e il suo uso come termine"generale" (cfr.supra, 1); la terza definizione, "uno nel senso del numero", deriva dalla seconda e porta a confondere lunit come parte di un intero con il concetto numerico "1",mentre dire che qualcosa ununit allinterno di una molteplicit non significa neces-

    42

    Il concetto di numero uno va distinto completamente dal concetto di unit[...]. Luno quale possibile risposta alla domanda: "quanto?" non coincide, dal

    punto di vista concettuale, con luno quale correlativo della molteplicit. (HUAXII, p. 134; tr. it. FA, p. 177)

    Lunit come contrario della molteplicit non la stessa cosa dellunitnella molteplicit. Con il concetto di molteplicit (ovvero di numero cardinale)viene dato inscindibilmente anche il concetto di unit. Questo per non valeassolutamente per il numero uno; questultimo un prodotto artificiale succes-sivo. (HUA XII, p. 134; tr. it. FA, p. 177)

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    Allestremo opposto si trova lunit quale sinonimo di intero e di

    "interezza":

    sariamente che essa non sia a sua volta una molteplicit; la quarta identifica lunit con ci che viene usato come "unit di misura", cosicch si scambia il semplice essere oggetto diuna possibile misurazione con ci che si stabilisce quale "categoria" a cui devonoappartenere gli oggetti misurati e si limita, per cos dire, la portata del concetto di "unit

    parziale", legandola di volta in volta a caratteristiche specifiche, mentre nella sua puraastrattezza ununit parziale non deve contenere aprioricamente nulla di tali specificazioni; ilquinto senso del termine unit relativo a certe particolari funzioni della "analisi superiore"e corrisponderebbe per lo pi a momenti di calcolo irriducibili su cui si fondano determinate funzioni (si potrebbe forse, in questo senso, trovare unanalogia con quanto emerger nei

    prossimi capitoli del lavoro, in particolare in relazione alla lebendigen Gegenwart e allIo-sono: cfr. infra 11-13); la sesta caratterizzazione corrisponde allidentificazione tra ilconcetto di unit con il semplicesegno 1, il che conduce a un nominalismo che da Husserlviene rifiutato nellappendice alla prima parte del medesimo testo (cfr. HUA XII, pp. 170-178; tr. it. FA, p. 213-220). Dei tre sensi rimanenti del termine "unit", sembra che Husserl

    privilegi il primo, considerando anche il settimo e l'ottavo senso semplicemente "derivati";si deve, per, notare che questi ultimi due sensi, liberati dalle eventuali confusioni che

    portano a sovrapporli tra di loro e con il primo, mettono in luce due concetti che risultano dinotevole importanza per lintera riflessione husserliana riguardo allunit della coscienza dicui ci si occuper nei capitoli seguenti del presente lavoro e che troveranno un riscontronell'apparato concettuale della Terza Ricerca Logica.

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    1. Il nome unit si riferisce innanzi tutto al concetto astratto di unit. Ilconcetto di unit si trova in rapporto al concetto di molteplicit; ma questultimoaltro non che il concetto di intero collettivo. Cos il concetto di unit coincidecon il concetto di parte collettiva. (HUAXII, p. 152; tr. it. FA, p. 194)

    7.Lunit ha inoltre lo stesso significato di intero. [...] Viene dunque chia-mato uno ci che si separa in virt di una coappartenenza interna degli elementie di una netta delimitazione come intero, ci che si impone al nostro interesse ein tal modo diviene il principale oggetto dellatto del contare. Con una trasla-zione ulteriore, per, unit alla fine ha lo stesso significato di intero, nel senso incui, per esempio, si dice che lo stato forma ununit.

    8. Infine, la parola unit viene usata anche nel senso di totalit o unifi-catezza (Geeinigtheit) (si perdoni luso di parole composte cui siamo costretti).Per tale concetto non abbiamo a disposizione alcun nome corrente se non unit.Ancora una volta, abbiamo chiaramente a che fare con una traslazione. Inquesto senso, parliamo, per esempio, dellunit dellanima come di una delle

    sue qualit intrinseche. (HUAXII, p. 154; tr. it. FA, p. 196)

  • 8/9/2019 Altobrando Andrea - Husserl e Il Problema Della Monade

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    Si pu tentare di riassumere i tre possibili sensi del termine "unit"nel seguente modo:

    -

    unit come elemento di una molteplicit;-unit come insieme di elementi;-

    unit come relazione intrinseca che, riunendo pi contenuti, con-sente di concepirli come parti di un unico intero. In altre parole: lunitdella molteplicit.

    Per comodit e brevit, nel seguito del testo si chiamer il primoconcetto unit parziale, in quanto sempre in rapporto ad altri elementie a una totalit in cui si trova compreso che il singolo contenuto passi-

    bile di tale attributo; al secondo concetto si assegner il termine unitcomplessiva; il terzo concetto, infine, verr denominato unitariet.

    Dovrebbe cos risultare chiaro che lessere slegata da ogni specificit"materiale" e, al contempo, lapplicabilit universale della concettualitnumerica rende previamente necessario quel salto nel categoriale cheappunto il "qualcosa" anzitutto permette. Si potrebbe forse obiettare chenel momento in cui conto o enumero realizzo automaticamente lacces-

    so al qualcosa, ma a tale obiezione si dovrebbe rispondere con unulte-riore domanda: come potrei applicare il conteggio a tutto se non fossi primariamente in grado di riconoscere ogni possibile contenuto come,appunto, passibile di conteggio e quindi come "indifferente" allopera-zione di calcolo