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© Consorzio Elettra 2000 Campi elettromagnetici a bassa frequenza e ricostruzione ossea Livello 2 documento scientifico a cura di Ruggero Cadossi Introduzione Il destino di una frattura è di guarire, solitamente in un periodo di tempo compreso tra i 60 e i 120 giorni dal trauma che la ha causata. In alcuni casi il processo di guarigione richiede un tempo molto più lungo, 6 mesi ed oltre. Numerose sono le cause che possono prolungare o addirittura impedire la guarigione ad esempio: a) la gravità del trauma: fratture accompagnate da schiacciamento, perdita di sostanza ossea e cutanea ed infezione presentano non pochi problemi sia di trattamento che di guarigione; b) l’età avanzata, la presenza di malattie metaboliche (ad esempio il diabete) o il trattamento con farmaci immunosoppressori influisce negativamente sul processo di guarigione; c) insufficiente attivazione dei processi riparativi, di cui non si riesce ad identificare con certezza la causa. Il 5 –10% delle fratture, a seconda delle statistiche, può dar luogo ad una ritardata o mancata consolidazione, che può essere efficacemente curata nella maggior parte dei casi mediante la stimolazione elettrica e magnetica della osteogenesi. La stimolazione elettrica e magnetica della osteogenesi riconosce le sue origini scientifiche negli studi ormai classici condotti prima da Fukada e Yasuda e quindi da Bassett e Becker. Essa viene impiegata in numerosi paesi in campo ortopedico per promuovere e riattivare la formazione del tessuto osseo. La metodica è stata approvata per uso clinico circa venti anni orsono dalla Food and Drug Administration. Studi ormai classici condotti negli anni ‘50 e ‘60 avevano messo in evidenza il rapporto fra tessuto osseo e potenziali elettrici [Fukada 1957, Bassett 1962]. Infatti, l’osso genera due tipi di segnale elettrico: uno in risposta alla deformazione meccanica (I) e l’altro a riposo in assenza di deformazione (II). I. Il segnale indotto dalla deformazione strutturale conseguente all’applicazione di un carico e’ presente in osso non necessariamente vitale e riconosce una duplice origine: esso può essere ascritto: a) all’effetto piezoelettrico diretto, (legato alle proprietà elettriche del collagene e alla componente cristallina minerale) e b) al fenomeno elettrocinetico del potenziale di flusso (legato al movimento dei fluidi che permeano un materiale poroso come l’osso). II. L’ osso vitale in assenza di sollecitazione meccanica genera un segnale elettrico rilevabile in vivo come potenziale bioelettrico stazionario di superficie (è una attività elettrica spontanea del tessuto osseo, dipendente dalla sua vitalità, ma non è stato definito il tipo cellulare che lo genera), ed ex vivo come corrente elettrica (ionica) stazionaria, (è una attività elettrica che si osserva quando si produce una lesione al tessuto osseo, ad esempio una frattura, essa è sostenuta dalla attività cellulare). In virtù degli studi condotti sul rapporto tra correnti elettriche e tessuto osseo, sono state sviluppate tre metodiche di stimolazione elettrica e magnetica della osteogenesi: a) correnti elettriche tipicamente continue e direttamente applicate al tessuto osseo mediante elettrodi impiantati (sistemi faradici), la loro intensità è in genere compresa tra 2 e 20 milli Amperes;

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© Consorzio Elettra 2000

Campi elettromagnetici a bassa frequenza e ricostruzione ossea

Livello 2

documento scientifico a cura di Ruggero Cadossi

Introduzione

Il destino di una frattura è di guarire, solitamente in un periodo di tempo compreso tra i 60 e i 120 giorni dal trauma che la ha causata. In alcuni casi il processo di guarigione richiede un tempo molto più lungo, 6 mesi ed oltre. Numerose sono le cause che possono prolungare o addirittura impedire la guarigione ad esempio:

a) la gravità del trauma: fratture accompagnate da schiacciamento, perdita di sostanza ossea e cutanea ed infezione presentano non pochi problemi sia di trattamento che di guarigione;

b) l’età avanzata, la presenza di malattie metaboliche (ad esempio il diabete) o il trattamento con farmaci immunosoppressori influisce negativamente sul processo di guarigione;

c) insufficiente attivazione dei processi riparativi, di cui non si riesce ad identificare con certezza la causa.

Il 5 –10% delle fratture, a seconda delle statistiche, può dar luogo ad una ritardata o mancata consolidazione, che può essere efficacemente curata nella maggior parte dei casi mediante la stimolazione elettrica e magnetica della osteogenesi.

La stimolazione elettrica e magnetica della osteogenesi riconosce le sue origini scientifiche negli studi ormai classici condotti prima da Fukada e Yasuda e quindi da Bassett e Becker.

Essa viene impiegata in numerosi paesi in campo ortopedico per promuovere e riattivare la formazione del tessuto osseo. La metodica è stata approvata per uso clinico circa venti anni orsono dalla Food and Drug Administration.

Studi ormai classici condotti negli anni ‘50 e ‘60 avevano messo in evidenza il rapporto fra tessuto osseo e potenziali elettrici [Fukada 1957, Bassett 1962]. Infatti, l’osso genera due tipi di segnale elettrico: uno in risposta alla deformazione meccanica (I) e l’altro a riposo in assenza di deformazione (II).

I. Il segnale indotto dalla deformazione strutturale conseguente all’applicazione di un carico e’ presente in osso non necessariamente vitale e riconosce una duplice origine: esso può essere ascritto: a) all’effetto piezoelettrico diretto, (legato alle proprietà elettriche del collagene e alla componente cristallina minerale) e b) al fenomeno elettrocinetico del potenziale di flusso (legato al movimento dei fluidi che permeano un materiale poroso come l’osso).

II. L’ osso vitale in assenza di sollecitazione meccanica genera un segnale elettrico rilevabile in vivo come potenziale bioelettrico stazionario di superficie (è una attività elettrica spontanea del tessuto osseo, dipendente dalla sua vitalità, ma non è stato definito il tipo cellulare che lo genera), ed ex vivo come corrente elettrica (ionica) stazionaria, (è una attività elettrica che si osserva quando si produce una lesione al tessuto osseo, ad esempio una frattura, essa è sostenuta dalla attività cellulare).

In virtù degli studi condotti sul rapporto tra correnti elettriche e tessuto osseo, sono state sviluppate tre metodiche di stimolazione elettrica e magnetica della osteogenesi:

a) correnti elettriche tipicamente continue e direttamente applicate al tessuto osseo mediante elettrodi impiantati (sistemi faradici), la loro intensità è in genere compresa tra 2 e 20 milli Amperes;

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b) correnti elettriche alternate indotte dall’esterno mediante campi elettromagnetici pulsanti (CEMP) nel tessuto osseo (sistemi induttivi), i valori di campo magnetico utilizzati variano da pochi micro-Tesla a decine di milli-Tesla;

c) correnti elettriche alternate indotte dall’esterno mediante campi elettrici puri (sistemi capacitivi), si ottengono applicando agli elettrodi tensioni fra 1 e 10 Volt.

Mentre i sistemi faradici richiedono un intervento chirurgico, seppure minimo, per posizionare gli elettrodi che rilasciano la corrente nella sede di frattura, i sistemi induttivi e capacitivi sono assolutamente non cruenti. In particolare, i sistemi induttivi non richiedono il contatto fisico tra applicatore e tessuto.

In questi 20 anni di impiego clinico-ortopedico della stimolazione elettrica della osteogenesi, sono state condotte numerose ricerche cliniche che, utilizzando protocolli appropriati in doppio cieco o con gruppo di controllo, hanno dimostrato la capacità della stimolazione elettrica e magnetica di promuovere la risposta osteogenetica nell’uomo e quindi di favorire la consolidazione ossea. Questi protocolli di indagine sono resi necessari per poter discriminare efficacemente tra gli effetti della stimolazione elettrica e magnetica ed eventuali altre manovre ortopediche associate e per quantizzare nell’uomo la efficacia di questi trattamenti.

La tabella I riporta un elenco degli studi in doppio cieco o con gruppo di controllo riportati in letteratura;

Tabella I

Studi clinici rilevanti per la dimostrazione dell’effetto osteogenetico della stimolazione elettrica

Autore Metodica Patologia Protocollo Fontanesi 1986 Induttivo Fratture recenti tibia Controllo Borsalino 1988 Induttivo Osteotomie femore Doppio-cieco Aaron 1989 Induttivo Necrosi avascolare Controllo Lee 1989 Induttivo Artrodesi vertebrali Doppio-cieco Traina 1989 Induttivo Pseudoartrosi Controllo Sharrad 1990 Induttivo Ritardo consolidazione tibia Doppio-cieco Mooney 1990 Induttivo Artrodesi vertebrali Doppio-cieco Parnell 1991 Induttivo Pseudoartrosi Doppio-cieco Mammi 1993 Induttivo Osteotomie tibia Doppio-cieco Capanna 1994 Induttivo Osteotomie+innesti Doppio-cieco Hisenkamp 1994 Induttivo Fx Recenti fissatore esterni Controllo Betti 1997 Induttivo Fratture recenti femore Doppio-cieco Scott 1994 Capacitivo Pseudoartrosi tibia Doppio-cieco Brigthon 1995 Capacitivo Pseudoartrosi Controllo Kane 1988 Faradico Artrodesi lombare Controllo Rogozinski 1996 Faradico Artrodesi lombare Controllo

In campo ortopedico traumatologico l’attività osteogenetica finalizzata alla consolidazione di una frattura si confronta costantemente con problematiche di ordine meccanico e biologico.

Ottenere un buon esito nell’attività riparatrice nel tessuto osseo è particolarmente complesso per le caratteristiche strutturali del tessuto stesso, per i carichi e le forze in gioco, e per i tempi necessari alla guarigione.

La valutazione dei fattori, meccanici o biologici, che hanno impedito la consolidazione ossea è squisito appannaggio del chirurgo ortopedico, il quale, in base alle sue conoscenze e alla sua esperienza, può applicare la soluzione più idonea capace di portare il paziente a guarigione. Così come non è indicato stimolare una frattura con evidenti problemi di mobilità o di diastasi fra i monconi, egualmente non appare

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utile operare un soggetto con una soddisfacente stabilità meccanica della lesione, quando il problema è riconducibile ad un deficit della risposta osteogenetica, ovvero quando i meccanismi biologici deputati ad attivare il processo riparativo sono insufficienti.

Indicazioni

Nella tabella II sono riportate, per le diverse patologie ortopedico-traumatologiche indicate in Tabella I, le modalità di somministrazione di cui, in letteratura, sia indicato l’impiego e ne sia riportata l’efficacia.

Tabella II

Indicazioni all’impiego delle diverse modalità di applicazione della stimolazione elettrica per le diverse patologie di interesse ortopedico traumatologico

Patologia Modalità di attuazione della terapia Faradico Induttivo Capacitivo Pseudoartrosi congenita si si no Pseudoartrosi si si si Ritardo di cons. si si si Frattura a rischio no si no Frattura recente no si no Innesti ossei si si si Artrodesi vertebrali si si no Necrosi avascolare no si no Allungamenti no no no

Conclusioni

La stimolazione elettrica e magnetica rappresenta un importante e affidabile strumento nelle mani del chirurgo ortopedico; essa è in grado di rispristinare ed aumentare l'attività osteogenica del tessuto riparativo osseo, ed è indicata in tutte quelle condizioni in cui sia evidente una insufficiente risposta osteogenica.

Deve essere attuata soltanto con strumenti di provata efficacia e sicurezza, con le modalità i i dosaggi indicati in letteratura

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