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di Jerry D. Glover, Cindy M. Cox e John P. Reganold L'agricoltura estensiva sarebbe più sostenibile se le principali colture diventassero perenni, sviluppando radici profonde hrrn dell'AGRICOLTURA BIOTECNOLOGIE IN SINTESI Lo sfruttamento intenso dei suoli nelle pratiche agricole moderne soffoca la biodiversità e gli ecosistemi naturali. Ma nei prossimi decenni la popolazione raggiungerà gli 8-10 miliardi, e si dovranno coltivare superfici sempre più estese. Sostituendo le colture annuali con colture perenni si potrebbero sviluppare grandi apparati radicali capaci di proteggere il suolo, e sarebbe possibile espandere le coltivazioni in aree attualmente considerate marginali. Si tratta di una sfida colossale, ma se avrà successo le sue conseguenze potrebbero essere simili a quelle del primo sfruttamento delle colture per uso alimentare, avvenuto 10.000 anni fa; e sarebbero altrettanto rivoluzionarie. LE SCIENZE 103 er molti di noi che abitiamo nelle regio- ni ricche, la bilancia indica che mangiamo più che a sufficienza, spingendoci a crede- re che sia molto facile, forse persino troppo, colti- vare il nostro cibo. Invece l'agricoltura moderna richiede grandi distese di terreno, e un consumo costante di acqua, energia e sostanze chimiche. È stato proprio in base al consumo di queste ri- sorse che il rapporto delle Nazioni Unite «Millen- nium Ecosystem Assessment 2005» dichiarava che l'agricoltura potrebbe rappresentare «la più grande minaccia per la biodiversità e l'ecosistema di qua- lunque altra attività umana». Oggi la maggior parte degli alimenti destina- ti all'uomo proviene direttamente o indirettamente (come mangime animale) dalla coltivazione di ce- reali, legumi e semi oleosi: questi prodotti piaccio- no sia ai produttori sia ai consumatori, perché sono facili da trasportare e immagazzinare, sono relati- vamente non deperibili e hanno un contenuto ab- bastanza alto di proteine e calorie. Di conseguen- za queste colture occupano circa 1'80 per cento del suolo agricolo mondiale. Ma sono tutte piante an- nuali, da far ricrescere ogni anno a partire dai se- mi, e quasi sempre con tecniche di coltivazione che richiedono un uso intensivo delle risorse. Inoltre probabilmente il degrado ambientale causato dal- l'agricoltura peggiorerà man mano che la popola- zione umana, nei prossimi decenni, crescerà fino a raggiungere gli 8-10 miliardi di individui. Ecco perché molti ricercatori lavorano allo svi- luppo di tecniche di coltivazione dei cereali il cui funzionamento sarà molto più simile a quello de- gli ecosistemi naturali soppiantati dall'agricoltura moderna. La chiave del successo sta nel trasforma- re le principali colture di cereali in piante perenni, in grado di vivere per molti anni. Ci vorrà ancora molto per raggiungere questo obiettivo, ipotizza- to già da decenni, ma i significativi progressi del- le biotecnologie vegetali lo hanno reso finalmen- te meno lontano. Alle radici del problema Gran parte dei contadini, degli inventori e degli scienziati che nel corso dei secoli hanno passeg- giato per i campi immaginando come superare le difficoltà della coltivazione, vedevano l'agricoltu- www.lescienze.it ra attraverso la lente dei successi e degli insucces- si dell'epoca in cui vivevano. Ma negli anni set- tanta il genetista vegetale Wes Jackson, originario del Kansas, fece un passo indietro di 10.000 anni per paragonare l'agricoltura ai sistemi naturali che la precedettero. Prima che gli esseri umani provo- cassero l'abbondanza di piante annuali con l'ado- zione dell'agricoltura, il paesaggio del pianeta era dominato quasi interamente da piante perenni, come accade ancora oggi nelle zone non coltivate. Più dell'85 per cento delle specie di piante indige- ne del Nord America, per esempio, sono perenni Jackson osservò che l'erba alta perenne e i fiori delle praterie del Kansas erano altamente produt- tivi anno dopo anno, e consentivano la creazione e il mantenimento di un suolo ricco. Non avevano bisogno di fertilizzanti, antiparassitari o diserban- ti per prosperare e combattere parassiti e malattie. L'acqua che scorreva nella prateria era pulita e la fauna selvatica numerosa. Viceversa osservò che i vicini campi di coltu- re annuali - quali mais, sorgo, frumento, giraso- li e soia - richiedevano cure frequenti e costose per rimanere produttivi. Poiché le radici delle colture annuali non vanno molto in profondità (general- mente si trovano nei primi 30 centimetri del ter- reno) e vivono solo fino al raccolto, molti terreni coltivati hanno problemi di erosione, diminuzione della fertilità e contaminazione dell'acqua. Inol- tre Jackson osservò che i campi erano misteriosa- mente silenziosi e praticamente privi di fauna sel- vatica. In breve, concluse che il problema era la monocoltura annuale estensiva stessa, e che la so- luzione era sotto i suoi stivali: apparati radicali pe- renni, robusti e diversificati. Se le colture annuali sono fonte di problemi e gli ecosistemi naturali offrono dei vantaggi, per- ché nessuna delle nostre maggiori colture cerea- licole ha radici perenni? La risposta è nelle origini dell'agricoltura. Quando i nostri antenati del Neo- litico iniziarono a raccogliere le piante da seme vi- cino ai loro insediamenti, probabilmente furono più fattori a far loro prediligere le piante annuali. Il farro e l'orzo selvatico, le prime piante an- nuali a essere domesticate, avevano semi grandi e invitanti e, per assicurare il raccolto, ogni anno i primi coltivatori ne ripiantavano alcuni. Le carat-

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di Jerry D. Glover, Cindy M. Cox e John P. Reganold

L'agricoltura estensivasarebbe più sostenibile

se le principali colturediventassero perenni,

sviluppando radici profonde

hrrndell'AGRICOLTURA

BIOTECNOLOGIE

IN SINTESI• Lo sfruttamento intenso

dei suoli nelle praticheagricole moderne soffocala biodiversità e gliecosistemi naturali. Manei prossimi decenni lapopolazione raggiungeràgli 8-10 miliardi, e sidovranno coltivaresuperfici sempre piùestese.

• Sostituendo le coltureannuali con coltureperenni si potrebberosviluppare grandi apparatiradicali capaci diproteggere il suolo,e sarebbe possibileespandere le coltivazioniin aree attualmenteconsiderate marginali.

• Si tratta di una sfidacolossale, ma se avràsuccesso le sueconseguenze potrebberoessere simili a quelle delprimo sfruttamento dellecolture per uso alimentare,avvenuto 10.000 anni fa; esarebbero altrettantorivoluzionarie.

LE SCIENZE 103

er molti di noi che abitiamo nelle regio-ni ricche, la bilancia indica che mangiamopiù che a sufficienza, spingendoci a crede-

re che sia molto facile, forse persino troppo, colti-vare il nostro cibo. Invece l'agricoltura modernarichiede grandi distese di terreno, e un consumocostante di acqua, energia e sostanze chimiche.È stato proprio in base al consumo di queste ri-sorse che il rapporto delle Nazioni Unite «Millen-nium Ecosystem Assessment 2005» dichiarava chel'agricoltura potrebbe rappresentare «la più grandeminaccia per la biodiversità e l'ecosistema di qua-lunque altra attività umana».

Oggi la maggior parte degli alimenti destina-ti all'uomo proviene direttamente o indirettamente(come mangime animale) dalla coltivazione di ce-reali, legumi e semi oleosi: questi prodotti piaccio-no sia ai produttori sia ai consumatori, perché sonofacili da trasportare e immagazzinare, sono relati-vamente non deperibili e hanno un contenuto ab-bastanza alto di proteine e calorie. Di conseguen-za queste colture occupano circa 1'80 per cento delsuolo agricolo mondiale. Ma sono tutte piante an-nuali, da far ricrescere ogni anno a partire dai se-mi, e quasi sempre con tecniche di coltivazione cherichiedono un uso intensivo delle risorse. Inoltreprobabilmente il degrado ambientale causato dal-l'agricoltura peggiorerà man mano che la popola-zione umana, nei prossimi decenni, crescerà fino araggiungere gli 8-10 miliardi di individui.

Ecco perché molti ricercatori lavorano allo svi-luppo di tecniche di coltivazione dei cereali il cuifunzionamento sarà molto più simile a quello de-gli ecosistemi naturali soppiantati dall'agricolturamoderna. La chiave del successo sta nel trasforma-re le principali colture di cereali in piante perenni,in grado di vivere per molti anni. Ci vorrà ancoramolto per raggiungere questo obiettivo, ipotizza-to già da decenni, ma i significativi progressi del-le biotecnologie vegetali lo hanno reso finalmen-te meno lontano.

Alle radici del problemaGran parte dei contadini, degli inventori e degli

scienziati che nel corso dei secoli hanno passeg-giato per i campi immaginando come superare ledifficoltà della coltivazione, vedevano l'agricoltu-

www.lescienze.it

ra attraverso la lente dei successi e degli insucces-si dell'epoca in cui vivevano. Ma negli anni set-tanta il genetista vegetale Wes Jackson, originariodel Kansas, fece un passo indietro di 10.000 anniper paragonare l'agricoltura ai sistemi naturali chela precedettero. Prima che gli esseri umani provo-cassero l'abbondanza di piante annuali con l'ado-zione dell'agricoltura, il paesaggio del pianeta eradominato quasi interamente da piante perenni,come accade ancora oggi nelle zone non coltivate.Più dell'85 per cento delle specie di piante indige-ne del Nord America, per esempio, sono perenni

Jackson osservò che l'erba alta perenne e i fioridelle praterie del Kansas erano altamente produt-tivi anno dopo anno, e consentivano la creazionee il mantenimento di un suolo ricco. Non avevanobisogno di fertilizzanti, antiparassitari o diserban-ti per prosperare e combattere parassiti e malattie.L'acqua che scorreva nella prateria era pulita e lafauna selvatica numerosa.

Viceversa osservò che i vicini campi di coltu-re annuali - quali mais, sorgo, frumento, giraso-li e soia - richiedevano cure frequenti e costose perrimanere produttivi. Poiché le radici delle coltureannuali non vanno molto in profondità (general-mente si trovano nei primi 30 centimetri del ter-reno) e vivono solo fino al raccolto, molti terrenicoltivati hanno problemi di erosione, diminuzionedella fertilità e contaminazione dell'acqua. Inol-tre Jackson osservò che i campi erano misteriosa-mente silenziosi e praticamente privi di fauna sel-vatica. In breve, concluse che il problema era lamonocoltura annuale estensiva stessa, e che la so-luzione era sotto i suoi stivali: apparati radicali pe-renni, robusti e diversificati.

Se le colture annuali sono fonte di problemi egli ecosistemi naturali offrono dei vantaggi, per-ché nessuna delle nostre maggiori colture cerea-licole ha radici perenni? La risposta è nelle originidell'agricoltura. Quando i nostri antenati del Neo-litico iniziarono a raccogliere le piante da seme vi-cino ai loro insediamenti, probabilmente furonopiù fattori a far loro prediligere le piante annuali.

Il farro e l'orzo selvatico, le prime piante an-nuali a essere domesticate, avevano semi grandi einvitanti e, per assicurare il raccolto, ogni anno iprimi coltivatori ne ripiantavano alcuni. Le carat-

LE IO COLTUREPRINCIPALICereali, legumi alimentari e piante

da seme oleose annualirappresentano (dati 2004)180per cento dei raccolti. I tre cereali

principali coprono più di metàdelle aree coltivate.

COLTURA % DI TERRENO

1. Frumento 17,82. Riso 12,53. Mais 12,24. Soia 7,65. Orzo 4,76. Sorgo 3,57. Cotone 2,98. Fagioli 2,99. Miglio 2,8

10. Colza/senape 2,2

d

E PIANTE PERENNI,

come l'erba della pampa (nel riquadroa destra), con le loro radici ben

sviluppate, accedono alle sostanze

nutritive e all'acqua in volumi di

terreno più ampi rispetto alle piante

annuali, come il frumento invernale

(a sinistra). A loro volta le radici

perenni sostengono i microrganismi

che strutturano e arricchiscono il

suolo. Il terreno scuro e granulare che

ne deriva (nella mano a destra nellafoto in alto), preso sotto un prato

perenne, trattiene l'acqua e permette

all'ossigeno di circolare. Il terreno

di un campo adiacente (nella manoa sinistra) è chiaro, con una struttura

fragile e a piccole zolle.

2.

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38

.92

teristiche delle piante selvatiche, però, variano no-tevolmente, per cui si preferivano i semi di quel-le maggiormente attraenti per l'alto rendimento, latrebbiatura facile e la resistenza. Così la coltivazio-ne attiva e l'involontaria applicazione di una pres-sione selettiva evolutiva portarono rapidamente apiante domestiche annuali con un maggior nume-ro di tratti positivi rispetto alloro parenti selva-tici annuali. Benché anche alcune piante perenniavessero semi di buon formato, non dovevano es-sere riseminate, e non sarebbero state soggette allo- o non avrebbero beneficiato dello - stesso pro-cesso di selezione.

Le radici come soluzioneOggi si cominciano ad apprezzare di più anche

le caratteristiche delle piante perenni Dotate di ra-dici che comunemente superano i due metri di pro-fondità, esse sono regolatori fondamentali dell'eco-sistema, soprattutto per quanto riguarda il ciclodell'acqua, del carbonio e dell'azoto. Anche se de-vono investire energia nel mantenere tessuto sot-terraneo sufficiente per sopravvivere all'inverno, leradici perenni entrano in azione in profondità al-

l'interno del terreno appena le temperature diven-tano abbastanza miti e sono disponibili acqua esostanze nutritive. Il loro costante stato di prepara-zione permette loro di essere altamente produttivee al tempo stesso resistenti agli stress ambientali.

In uno studio lungo un secolo sui fattori che in-fluenzano l'erosione del suolo, per esempio, la co-da di topo, una coltura perenne di fieno, si è di-mostrata circa 54 volte più efficace dei raccoltiannuali nella conservazione dello strato superfi-ciale del terreno. È stato anche dimostrato che interreni seminati con erba medica e piante peren-ni miste la perdita d'acqua si riduce di cinque vol-te e la perdita di nitrati di 35 volte rispetto ai terre-ni coltivati a mais e soia. La maggiore profonditàdelle radici e il periodo di crescita più lungo, inol-tre, consentono alle piante perenni di assorbire piùcarbonio, l'ingrediente principale della materia or-ganica del suolo: il 50 per cento e oltre rispetto aicampi recisi annualmente. Poiché non devono es-sere ripiantate ogni anno, le piante perenni richie-dono un uso ridotto di macchinari agricoli e pochiantiparassitari e fertilizzanti, il che riduce anchel'uso di combustibile fossile. Le piante abbassanocosì la quantità di anidride carbonica nell'aria emigliorano la fertilità del terreno.

I costi in diserbante per la produzione di coltureannuali possono essere da 4 a 8,5 volte superiori aquelli per la produzione di raccolti perenni, e menosprechi nei sistemi perenni significano meno spe-se per gli agricoltori. Ne guadagna anche la fau-na selvatica: le popolazioni di uccelli, per esempio,sono sette volte più dense nei campi di colture pe-renni. Ma per un mondo affamato forse è ancorapiù importante che le piante perenni siano moltopiù adatte all'agricoltura sostenibile su terre mar-ginali, che hanno già un suolo povero o un suo-lo che si esaurirebbe rapidamente in pochi anni dicoltivazione intensiva annuale.

Per tutti questi motivi negli ultimi cinque anni,negli Stati Uniti e altrove, sono iniziati programmidi ricerca e di miglioramento genetico per trasfor-mare frumento, sorgo, girasole, erba della pampae altre specie in colture perenni In confronto al-la ricerca dedicata alle colture annuali, quella de-dicata allo sviluppo di cereali perenni è ancora agliinizi, ma grazie ai significativi progressi avvenu-ti nel campo delle biotecnologie vegetali negli ul-timi venti o trent'anni, la creazione di colture pe-renni di cereali ad alto rendimento e su vasta scalasarà realtà entro 25-50 anni.

Gli scienziati che si occupano dello sviluppo dicolture perenni stanno impiegando essenzialmentegli stessi due metodi usati da altri ricercatori agra-ri: domesticazione diretta delle piante selvatiche e

ibridazione di piante annua-li attualmente coltivate con i

loro parenti selvatici. Que-ste tecniche sono poten-zialmente complemen-

tari, ma ciascuna ha isuoi pro e contro.

Evoluzione assistitaLa domesticazione delle piante

selvatiche perenni è il metodo più di-retto per creare colture perenni Affidan-

dosi a metodi già sperimentati di osservazione eselezione di esemplari superiori, i ricercatori ten-tano di aumentare la frequenza dei geni che co-dificano tratti desiderabili, quali una facile sepa-razione del seme dall'involucro, semi che non sirompono, semi di grande formato, maturità sin-crona, sapore gradevole, gambi forti e alto rendi-mento delle sementi. Molte delle colture che co-nosciamo, come il mais e il girasole, si sono fattedomesticare rapidamente proprio in questomodo. I popoli indigeni nordamericani, peresempio, hanno trasformato il girasole sel-vatico, con corolla e semi piccoli, nel fami-liare girasole con corolla e semi grandi conun numero relativamente ridotto di pas-saggi (si veda il box a p. 108).

Attualmente i programmi di domesticazionedi cereali perenni si concentrano sull'erba del-la pampa (Thinopyrum intermedium), il gira-sole di Maximilian (Helianthus maximiliani),il Desmanthus illinoensis e il lino (in particolareuna specie perenne del genere Linum). Tra questiprogetti la domesticazione dell'erba della pampa,un parente perenne del frumento, è forse quello infase più avanzata.

Per trasformare una coltura annuale in peren-ne, un'ampia ibridazione - un accoppiamento for-zato di due diverse specie di piante - può unirele migliori caratteristiche di una pianta domesti-ca annuale a quelle del parente selvatico perenne.Le colture domestiche hanno già tratti desiderabili,quali l'alto rendimento, mentre i loro parenti sel-vatici possono fornire le variazioni genetiche perottenere caratteristiche come il fatto stesso di esse-re perenni o la resistenza a malattie e parassiti.

Secondo l'agronomo T. Stan Cox del Land In-stitute, un'associazione senza scopo di lucro fon-data da Jackson per promuovere un'agricolturasostenibile, delle 13 colture più diffuse di cerea-li e semi oleosi, almeno una decina sono capaci diibridazione con i loro parenti perenni Alcuni pro-grammi di miglioramento genetico sparsi per gliStati Uniti stanno cercando di realizzare ibridi in-

terspecifici (tra specie) e intergenerici (tra generi)per creare frumento, sorgo, girasole, mais, lino e gi-rasole da olio perenni Un'équipe di ricercatori del-l'Università di Manitoba ha studiato per dieci annil'acqua, la luce e l'uso delle sostanze nutritive negliapparati radicali perenni, e ora diverse istituzionicanadesi hanno intrapreso la lunga strada dei pro-grammi di sviluppo di cereali perenni La Universi-ty of Western Australia ha già un programma di ri-cerca per creare frumento perenne, nell'ambito delCooperative Research Center for Future Farm In-dustries australiano. E gli scienziati del Food CropsResearch Institute di Kunming, in Cina, stanno con-tinuando il lavoro avviato negli anni novanta dal-'International Rice Research Institute per sviluppa-re ibridi perenni del riso.

Al Land Institute si sta lavorando sia sulla do-mesticazione dell'erba della pampa sia sull'incro-cio di varie specie di erba della pampa con fru-menti annuali. Al momento, per individuare trattiperenni, sono in fase di analisi 1500 ibridi e mi-gliaia di derivati. Il processo di generazione diquesti ibridi è di per sé dispendioso in termini ditempo ed energie. Una volta identificati i candida-

ti all'ibridazione, bisogna controllare gli scambidi geni tra le varie specie manipolando il pollineper fare tantissimi incroci tra le piante, selezio-

nando la progenie con caratteristiche desidera-«, bili e ripetendo questo ciclo di incrocio e sele-zione diverse volte.

Tuttavia, per generare una pianta coltivabile pe-renne l'ibridazione è un mezzo potenzialmente piùveloce della domesticazione, anche se spesso ri-chiede un maggior ricorso alla tecnologia per sor-montare le incompatibilità genetiche tra le piantemadri. Un seme prodotto dall'incrocio tra due spe-cie imparentate alla lontana, per esempio, spessomuore prima di svilupparsi completamente. Un si-mile esemplare può essere «salvato» facendo cre-scere l'embrione su un mezzo artificiale finché nonproduce alcune radici e foglie, e trasferendolo poinel terreno, in cui può svilupparsi come qualunquealtra pianta. Quando raggiunge la fase riprodutti-va, però, spesso le anomalie genetiche dell'ibrido simanifestano nell'incapacità di produrre semi.

L'ibrido parzialmente o completamente steri-le è dovuto generalmente a cromosomi parentaliincompatibili all'interno delle cellule. Per produr-re ovuli o polline, i cromosomi dell'ibrido devo-no allinearsi durante la meiosi (il processo tramiteil quale le cellule sessuali dividono in due i lo-ro cromosomi prima di unirsi a un altro gamete)e scambiare informazioni genetiche tra loro. Se icromosomi non riescono a trovare le contropartiperché le versioni dei genitori sono troppo diver-

GLI AUTORI

JERRY D. GLOVER è agroecologo e

direttore di ricerca al Land Institutedi Salina, in Kansas, un'associazioneno profit che si dedica a formazione

e ricerca nell'agricoltura sostenibile.CINDY M. COX è patologa vegetalee genetista nel programma dimiglioramento genetico dell'istituto.JOHN P. REGANOLD, che insegnageologia alla Washington StateUniversity di Pullman, è specializzatoin agricoltura sostenibile.

104 LE SCIENZE

470 ottobre 2007

www.lescienze.it

LE SCIENZE 105

se, o se differiscono nel numero, la danza meioti-ca si interrompe.

Ci sono alcuni modi per superare questo proble-ma. Di solito gli ibridi sterili non possono produr-re gameti maschili, ma sono parzialmente fertili perquanto riguarda i gameti femminili, perciò impol-linarli con uno dei genitori originali, tecnica cono-sciuta come backcrossing, può ristabilire la futilità.Un'altra strategia consiste nel raddoppiare il nu-mero dei cromosomi, spontaneamente o aggiun-gendo prodotti chimici quale la colchicina. Ben-ché entrambi i metodi consentano l'appaiamentodei cromosomi, negli ibridi perenni del frumen-to avvengono spesso eliminazioni cromosomiche

in ogni generazione successiva, specialmente per icromosomi ereditati dal genitore perenne.

Grazie ai geni generati tramite ibridazione suvasta scala, quando vengono identificati ibridi pe-renni fertili con tecniche biotecnologiche si puòrivelare quale genitore ha fornito parti utili delproprio genoma. Una di queste, l'ibridazione ge-nomica in situ, per esempio, distingue i cromosomidel genitore perenne da quelli del genitore annua-le mediante fluorescenza e inoltre rileva eventua-li anomalie cromosomiche, quali riorganizzazio-ni strutturali tra cromosomi indipendenti. Questistrumenti di analisi possono contribuire ad accele-rare un programma di miglioramento genetico unavolta scoperte le combinazioni desiderabili e inde-siderabili del cromosoma, senza compromettere lapossibilità di usare i cereali perenni nell'agricoltu-ra biologica, in cui le colture geneticamente modi-ficate non sono accettate.

Un altro metodo utile per l'accelerazione e il mi-glioramento della selezione tradizionale del-

le piante è conosciuto come selezione tra-mite marker. Sequenze di DNA associatea tratti specifici servono da marker chepermettono di valutare gli incroci anco-ra allo stadio di semenzali, senza doverattendere che le piante raggiungano la

mi, maturità per determinare se hanno gli at-tributi desiderati (si veda l'articolo 11 grano

di domani, di Stephen A. Goff e John M. Sal-meron, in «Le Scienze» n. 433, settembre 2004).

Finora non è stato individuato nessun markerspecifico per il miglioramento di piante perenni,ma è solo questione di tempo. Gli scienziati dellaWashington State University, per esempio, hannogià determinato che il cromosoma 4E in Th. elon-gatum è necessario per l'importante capacità dellepiante perenni di ricrescere dopo un ciclo di ripro-duzione sessuata. Restringere ulteriormente la re-gione sul gene 4E o sui geni che producono questotratto rivelerà marker del DNA che faranno rispar-

LE SCIENZE 107

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La fauna selvatica prosperarifugiandosi tra le piante

•41 •

Le radici catturano .e consumano più acqua

L. piovana

La fotosintesi assorbeil carbonioatmosferico

• 1/4 •. ,

_• Le radici competono

• con le erbacce,richiedendo un minore

. • ." impiego di erbicidi. •. .•

PIANTE PERENNI

Le radici che arrivano a due metri e oltre disperdono nelsuolo più zuccheri vegetali ricchi di carbonio, nutrendoorganismi che producono e metabolizzano altri nutrienti.

Ulteriore carbonio. è assorbito all'interno delle radici,

La ricrescita stagionaleda radici o rizomi prolunga

il periodo di produttività

Colture perenni diversepotrebbero vivere nello stessocampo, con le radici che arrivano a profondità differenti

470 ottobre 2007

!nutrienti del terreno vanno perduti, insieme ;•'? L'imito disperso neial 45 per cento dell'acqua piovana lqi.'.4i • rx: corsi d'acqua provoca

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15. . ,

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Lo strato superiore del terrenoe le sostanze chimiche sparse sudi esso si disperdono nei corsid'acqua, aumentando i sedimentie inquinando l'acqua potabile

r Crp

'14)

Jim Richardson (sezione de/suolo);The Land Institute (inserti nella pagina a fronte);

Jim Richardson (macchine agricole); Seawifs project (NASA/GSFC) e Geoeye(zone morte); Ken Cedeno (campi dissodata; Jack Dykinga/USDA/ARS (erosione)

Radici piccole riducono l'accesso all'acqua"h^ e ai nutrienti e assorbono poco carbonio . •

• t 9,

La brevità della stagione di crescitalascia alle piante poco tempo percatturare la luce del sole opartecipare all'ecosistema. I campipossono rimanere sterili per gran

parte dell'anno

W... '

Per le colture perenni, il potenzialedi riscaldamento globale (i gasserra rilasciati nell'atmosfera dallesostanze usate per la produzione,meno il carbonio imprigionato nelterreno) risulta negativo.Si prevedeinoltre che le piante perenni, dotatedi maggior resistenza, se la cavinomeglio delle piante annuali in unclima che si sta riscaldando.

CARBONIO IMPRIGIONATONEL TERRENO(chilogrammi per ettaro all'anno)Colture annuali da O a 450Colture perenni da 320 a 1100

POTENZIALEDI RISCALDAMENTO GLOBALE(chilogrammi di CO 2 equivalenti perettaro all'anno)Colture annuali da 140 a 1140Colture perenni da -1050 a -1100

IMPATTO SUL RENDIMENTODI UN AUMENTO DITEMPERATURADA 3A 8 GRADI(tonnellate per ettaro)Colture annuali da -1,5 a -0,5Colture perenni +5

106 LE SCIENZE

Grano perenne sperimentale

IL FATTORECARBONIO:

antaggi delle colture perenni del futuro sono visibili oggi paragonando la gramigna perenne (sotto, a sinistra)

he cresce a fianco al frumento domesticato annuale (sotto, a destra). Un giorno il frumento perenne potrebbedurre grani simili a quelli della specie annuale, ma vivrebbe molti anni e avrebbe un aspetto molto più similegramigna. Le colture perenni trasformerebbero le tecniche agricole e i loro effetti sull'ambiente usando lerse in modo più efficiente, perché sarebbero meno dipendenti dall'intervento umano e più produttive per un

iù lungo. Le piante perenni inoltre proteggono e sostengono l'ecosistema che le nutre, mentre le piantecon il loro breve ciclo vitale e le loro corte radici favoriscono la perdita di acqua, suolo e nutrienti.

acchine in primaverazare, seminare eno combustibili

bonica

Dopo il raccolto deisemi, il bestiamepotrebbe pascolaretra la vegetazione

a

• ir

Girasoleselvatico annuale

„la

Ibridodi girasolecoltivato annualee di un parenteselvatico perenne

Girasoleselvatico perenne

Girasoleannuale domestico

D er sviluppare piante coltivabili perenni ad alto rendimento si può

domesticare una pianta selvatica perenne per migliorarne le

caratteristiche o ibridare una pianta coltivata annuale con parenti

selvatici perenni per mescolarne i tratti migliori. Entrambi i metodi

costano tempo ed energie perché richiedono incroci multipli e numerose

analisi delle piante. I popoli indigeni americani impiegarono migliaia di

anni per domesticare il girasole selvatico annuale con semi piccoli (a) e

farlo diventare la pianta coltivata che conosciamo oggi (b), selezionando

e coltivando le piante con tratti desiderabili, come semi grandi e buon

rendimento. Le ricerche in corso puntano sia a domesticare direttamente

la specie selvatica perenne del girasole (c) sia a produrre ibridi dei

girasoli annuali e dei girasoli selvatici perenni moderni (d).

I CROMOSOMI DI UNA PIANTA IBRIDA

di frumento perenne sperimentale

sono marcati mediante fluorescenza

per rivelare se sono nati con l'ibrido

del genitore «erba della pampa»

(verde) o «frumento» (rosso). Questa

tecnica di marcatura tramite

fluorescenza, conosciuta come

ibridazione genomica in situ, permette

ai ricercatori di identificare

le combinazioni desiderabili

del cromosoma e di evidenziare

eventuali anomalie problematiche,

quali cromosomi fusi (freccia).

108 LE SCIENZE

N

miare un anno di tempo per la crescita e la conse-guente valutazione degli ibridi.

La perennialità, tuttavia, è un percorso comples-so che va ben oltre un singolo tratto, e tanto me-no un singolo gene. A causa di questa complessità,è improbabile che le modifiche transgeniche (inse-rimento di DNA estraneo) risultino utili nello svi-luppo di cereali perenni, almeno inizialmente. Piùin là, la tecnologia transgenica potrà avere un ruo-lo nel raffinamento di tratti semplici ereditati. Peresempio, se si ottenesse erba della pampa domesti-ca perenne, ma ancora con difetti nella giusta com-binazione di geni per la codifica della proteina delglutine, necessaria per produrre pane di buona qua-lità, i geni del glutine del frumento annuale potreb-bero essere inseriti nella pianta perenne.

Vantaggi e svantaggiBenché nel mondo esistano già colture perenni,

quali erba medica e canna da zucchero, nessunaproduce una quantità di semi paragonabile a quel-la delle colture cerealicole annuali. A prima vistal'idea che le piante possano dirigere simultanea-mente i propri sforzi verso la costruzione e il man-tenimento di sistemi radicali perenni e un'ampiaproduzione di semi commestibili può sembrare uncontrosenso. Il carbonio, fissato con la fotosintesi,è il principale costituente della pianta e deve esseredistribuito fra le sue varie parti.

Chi critica l'idea che le piante perenni possanoprodurre una gran quantità di semi spesso si con-centra sulle caratteristiche fisiologiche delle piante,

presupponendo che la quantità di carbonio dispo-nibile per una pianta sia fissa e che quindi il car-bonio destinato alla produzione di semi lo sia sem-pre a scapito delle strutture perenni, come radici erizomi. Gli scettici inoltre trascurano spesso il fattoche il ciclo vitale delle piante perenni si articola suun periodo lungo. Alcune piante perenni della pra-teria possono vivere 50 o 100 anni, mentre altrevivono solo alcuni anni. Fortunatamente, le pian-te sono organismi relativamente flessibili: pronte areagire alle pressioni selettive, possono modificareil consumo totale di carbonio secondo le condizio-ni ambientali e modificarne la ripartizione.

Un'ipotetica specie selvatica perenne potrebbevivere vent'anni in un ambiente naturale altamen-te competitivo e produrre solo piccole quantità disemi ogni anno. Il carbonio totale che ha a dispo-sizione è poco, e gran parte di esso viene usata percombattere parassiti e malattie, competere per lescarse risorse disponibili e sopravvivere in con-dizioni variabili. Rimuovendo l'esemplare selva-tico dal suo ambiente naturale (che contiene solodeterminate risorse) e mettendolo in un ambientecontrollato, il carbonio totale disponibile aumenta,e la pianta conseguentemente diventa più grande.

Col tempo si può anche modificare la distribu-zione del carbonio totale disponibile. La moderna«rivoluzione verde» nella coltivazione dei cereali,combinata a un maggior uso di fertilizzanti, ha piùche raddoppiato il rendimento di molte colture ce-realicole annuali, e questi incrementi sono stati ot-tenuti in piante che non avevano strutture perenni

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da sacrificare. I ricercatori hanno raggiunto questirisultati impressionanti nel rendimento delle col-ture annuali anche selezionando le piante che pro-ducevano meno gambi e foglie, e quindi destina-vano quel carbonio alla produzione di semi.

Nelle colture cerealicole perenni il rendimentopuò essere aumentato in modo simile senza elimi-nare gli organi e le strutture necessarie a superarel'inverno. Infatti molte piante perenni, che in mediasono più grandi di quelle annuali, hanno un mag-giore potenziale, che può essere sfruttato per ridi-stribuire le risorse destinate allo sviluppo vegetati-vo nella produzione di semi. Inoltre, per soddisfarei bisogni umani, basterebbe che la coltura cereali-cola perenne vivesse per 5 o 10 anni. In altre parole,la pianta perenne selvatica è inutilmente «grande ecomplessa» per un ambiente agricolo controllato.Gran parte del carbonio destinato ai meccanismi disopravvivenza della pianta, come quelli che le con-sentono di sopravvivere alla siccità, può essere ri-distribuita nella produzione di semi.

Campi ancora più verdiPossiamo quindi cominciare a immaginare il

giorno, tra una cinquantina d'anni, in cui gli agri-coltori passeggeranno nei loro campi di grano pe-renne. Questi campi funzioneranno in modo mol-to simile alle praterie del Kansas in cui camminavaWes Jackson, ma produrranno cibo. Nel sottosuolocoesisteranno tipi diversi di radici perenni - alcunesimili ai lunghi fittoni di erba medica e altre più so-miglianti al groviglio spesso e fibroso delle radici dierba della pampa - attingendo risorse da strati di-versi del terreno. Colture con cicli stagionali diver-si potrebbero essere coltivate insieme per estendereil periodo di crescita generale. Un minore consumodi risorse e una maggiore biodiversità avvantagge-rebbero l'ambiente e le tasche degli agricoltori.

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Le condizioni globali - agricole, ecologiche,economiche e politiche - stanno cambiando velo-cemente, e ciò potrebbe promuovere gli sforzi pergenerare colture perenni Per esempio, via via cheaumenta la pressione sugli Stati Uniti e sull'Europaperché taglino o eliminino i sussidi all'agricoltu-ra, che essenzialmente sostengono i sistemi di col-tivazione annuale, potrebbero rendersi disponibilipiù fondi per la ricerca sulle piante perenni E poi-ché i prezzi dell'energia salgono e i costi del de-grado ambientale sono presi in maggiore conside-razione, stanziare denaro pubblico per progetti dilunga durata che ridurranno il consumo delle ri-sorse della terra diventerà più popolare da un pun-to di vista politico.

Dato che per ora i tempi lunghi per la realizza-zione di colture cerealicole perenni scoraggiano gliinvestimenti privati, per riunire una massa criticadi scienziati e di programmi di ricerca è necessa-rio un programma governativo su vasta scala o unfondo filantropico. Le aziende non potranno rea-lizzare gli stessi profitti con la vendita di fertiliz-zanti e antiparassitari agli agricoltori che coltivanocolture perenni, ma anch'esse si sapranno adatta-re alle nuove colture proponendo nuovi prodotti eservizi. Tra mezzo secolo la produzione di cerealiannuali sarà indubbiamente ancora importante; al-cune colture, come la soia, probabilmente sarannodifficili da rendere perenni, e le piante perenni nonelimineranno completamente problemi quali ma-lattie, erbacce e diminuzione della futilità del suo-lo. Radici profonde, tuttavia, vuol dire resistenza.

Basare fin d'ora l'agricoltura sulle colture pe-renni darà ai futuri agricoltori più scelta su che co-sa potranno coltivare e dove potranno farlo, e daràloro la possibilità di produrre cibo in modo soste-nibile per una popolazione mondiale in crescitache dipende da loro. •

LA CREAZIONE DI PIANTE IBRIDE

può richiedere il «salvataggio

dell'embrione» (a sinistra).

Un ricercatore insacca le corolle

del sorgo annuale per raccoglierne

il polline (a destra); sullo sfondo, sorgo

perenne alto.

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