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PERVIRAL®

Malattie da raffreddamento

Durante i mesi freddi è più frequente essere colpiti dalle cosiddette malattie da raffreddamento. Interessano le alte vie respiratorie di individui di ogni età. Possono essere sia di natura batterica che virale ed anche se possono manifestarsi in qualsiasi periodo dell'anno la loro diffusione è nettamente più elevata durante le stagioni autunnale ed invernale. Un organismo con un efficiente sistema immunitario reagisce prontamente a questo tipo di disturbi che si risolvono generalmente nel giro di pochi giorni. Le manifestazioni provocate invece dall'attacco del virus vero e proprio dell'influenza possono essere decisamente più serie ed è per questo che viene consigliato il vaccino ai soggetti più vulnerabili.

SintomiLe malattie da raffreddamento si manifestano generalmente con sintomi quali sensazione di naso chiuso, secrezione nasale, frequenti starnuti, lacrimazione, mal di gola, tosse, difficoltà nella respirazione, sensazione di indolenzimento, mal di testa e talvolta un lieve aumento della temperatura corporea. Se le manifestazioni sono piuttosto “imponenti” è consigliabile essere prudenti e rimanere a casa per qualche giorno allo scopo di evitare possibili ed eventuali complicazioni quali otiti, tracheiti e bronchiti.

Cosa fare?

Oltre a non sottovalutare il problema e ad avere l’accortezza di riguardarsi per qualche giorno si può ricorrere a:

prodotti con azione decongestionante, che attenuano la tosse secca o che fluidificano l’eventuale catarro, disinfettanti per il mal di gola, stimolare il sistema immunitario.

Quando si è colpiti da malattie da raffreddamento è necessario assumere un’adeguata quantità di liquidi: si raccomanda quindi di bere molta acqua e si consiglia anche di non farsi mancare brodi, spremute e tisane. Può inoltre rivelarsi utile assumere prodotti specifici che esercitino un’azione antimicrobica ed un’azione lenitiva sulle mucose irritate.

Naturalmente se le manifestazioni non si attenuano ma addirittura peggiorano, se i dolori muscolari sono molto forti, se la febbre è alta è opportuno consultare il medico; è bene ricordare che gli antibiotici sono efficaci solamente nei confronti delle infezioni batteriche e che si rivelano assolutamente inutili nei confronti delle patologie di natura virale: di conseguenza vengono prescritti dal medico solamente nei casi in cui venga riscontrata l’effettiva presenza di complicanze di natura batterica.

E’ necessario adottare una dieta che garantisca all’organismo un adeguato apporto di vitamine e soprattutto di vitamina C, sostanza in grado di potenziare le difese organiche e che, come è noto, è contenuta negli agrumi, nel kiwi, nelle patate, nei broccoli, nei cavolfiori.

E’ buona norma evitare di surriscaldare gli ambienti in cui si vive e si lavora ed è altrettanto importante provvedere a mantenere nell’ambiente un sufficiente livello di umidità dell’aria.

Inoltre va tenuto presente che praticare una sia pur moderata attività fisica rende l’organismo più resistente alle infezioni mentre condurre una vita sregolata e stressante contribuisce ad indebolire le difese immunitarie e rende il fisico più vulnerabile agli attacchi di virus e batteri.

Sistema immunitario

Il sistema immunitario dell'uomo è una complessa rete integrata di mediatori chimici e cellulari sviluppatasi nel corso dell’evoluzione per difendere l’organismo da qualsiasi forma di insulto chimico, traumatico o infettivo alla sua integrità.

Una caratteristica fondamentale del sistema immunitario è la capacità di distinguere tra le strutture endogene o esogene che non costituiscono un pericolo e che dunque possono o devono essere preservate e le strutture endogene o esogene che invece si dimostrano nocive per l’organismo e che devono quindi essere eliminate.

La discriminazione avviene a livello molecolare ed è mediata da particolari strutture cellulari che consentono la presentazione ed il riconoscimento di componenti dell’agente lesivo definite antigeni (letteralmente induttori di anticorpi).

A seconda delle modalità di riconoscimento degli antigeni si possono distinguere due aree del sistema immunitario:

immunità aspecifica o innata: comprende mediatori chimici (responsabili dell’infiammazione) e cellulari responsabili di una prima linea di difesa contro le aggressioni. È evolutivamente più antica e consente il riconoscimento di un repertorio limitato di antigeni. Riconosce una generica condizione di pericolo e pone il sistema immunitario in una condizione di “allarme”, che favorisce lo sviluppo dell’immunità specifica

immunità specifica o adattativa: comprende mediatori chimici e cellulari responsabili di una risposta difensiva più potente e mirata (virtualmente in grado di riconoscere qualunque forma di antigene), ma più lenta. È evolutivamente più recente e poggia sulla risposta aspecifica per numerose funzioni di presentazione e distruzione degli antigeni.

Si divide a sua volta in:

immunità specifica umorale (cioè mediata da anticorpi).

immunità specifica cellulo-mediata

Immunità aspecifica

L’immunità aspecifica o innata costituisce la branca evolutivamente più antica e l’impalcatura fondamentale del sistema immunitario. Essa infatti non solo si configura come prima linea di difesa dell'organismo contro aggressioni esterne, ma funge anche da innesco e da “forza lavoro” ausiliaria per la risposta immunitaria specifica coordinata dai linfociti T-helper. Un ruolo non meno rilevante dell’immunità aspecifica è infine quello della rimozione di strutture dell’organismo danneggiate o consumate (es. eritrociti).

All’interno dell’immunità aspecifica si riconoscono misure difensive di tipo:

fisico-chimico, costituite dalle barriere anatomiche epiteliali e mucose, dalle secrezioni esocrine (es. saliva) e dai mediatori dell’infiammazione e della cascata del complemento.

biologico, costituite da numerose specie cellulari prevalentemente della linea mieloide, ma anche della linea linfoide.

La caratteristica fondamentale dell’immunità aspecifica è la capacità di rispondere immediatamente ad un vasto numero di agenti patogeni grazie al riconoscimento di un limitato numero di profili molecolari potenzialmente dannosi estremamente diffusi in natura (come LPS, glicani ricchi in mannosio, RNA a doppia elica, ecc.). La rapidità del riconoscimento e della risposta difensiva conseguente è dovuta al fatto che i meccanismi di riconoscimento sono presenti uniformemente su tutti i componenti dell’immunità aspecifica e sono completamente determinati a livello genetico senza alcun bisogno di processi maturativi di tipo epigenetico (vedi immunità specifica). La semplicità e la velocità che caratterizzano questo sistema sono però ottenute al prezzo di:

un’efficacia non sempre ottimale nell’eliminazione di numerosi agenti patogeni (dotati ad es. di profili molecolari leggermente diversi da quelli contro i quali si è evoluta l’immunità aspecifica)

l’incapacità di adattarsi alle contromisure sviluppate dai microrganismi patogeni (in tempi estremamente brevi grazie all’alta velocità e all’elevato numero di replicazioni di cui tali microrganismi sono capaci).

una scarsa capacità di discriminazione, che determina lo sviluppo di danni tessutali spesso sproporzionati rispetto all’entità dello stimolo immunogeno (infezione).

Cellule dell’immunità aspecifica

La componente cellulare dell’immunità aspecifica comprende prevalentemente cellule di derivazione mieloide, ma anche alcuni stipiti di tipo linfoide. Queste cellule sono dotate di una serie di recettori codificati in linea germinale, che consentono loro di interfacciarsi direttamente o indirettamente con gli antigeni o di riconoscere la presenza di uno stato infiammatorio e di innescare la risposta immune:

Recettori Toll-like (TLR): recettori a singolo segmento transmembrana, espressi da numerose specie cellulari e funzionali al riconoscimento di pattern molecolari stereotipati.

Recettori per il frammento cristallizzabile (invariante) delle immunoglobuline (FcγR,FcεR): potenziano la specificità e l’ampiezza del riconoscimento antigenico delle cellule dell’immunità innata, grazie al legame ad anticorpi opsonizzanti specifici. Ovviamente questo meccanismo non funziona come prima linea di difesa a meno che un soggetto non sia già stato esposto ad un antigene e sia quindi già dotato di immunoglobuline specifiche

Recettori per il complemento (CR): rendono le cellule dell’immunità innata sensibili all’attivazione della cascata complementare CR1 (o CD35): lega i frammenti C3b, iC3b (C3b inibito) e C4b favorendo la fagocitosi.

CR2 (o CD21): lega i frammenti di clivazione di C3b (C3bi, C3d e C3dg). È usato come sito d'aggancio anche dall'EBV, responsabile di alcuni tumori come il Linfoma africano di Burkitt, Linfomi delle cellule B e carcinomi naso-faringei.

CR3,4: stimolano la fagocitosi in seguito a legame a iC3b

C3aR e C5aR: legano i frammenti C3a e C5a e attraverso le cascate di segnale ad esse connesse sostengono i fenomeni infiammatori.

Recettori delle cellule natural-killer (NK): riconoscono molecole MHC di classe I attivando o inibendo (a seconda del tipo di recettore) la risposta citotossica delle NK. Appartengono a due grandi famiglie: Recettori omologhi alle lectine di tipo C, costituenti il complesso del recettore NK (NKC); Recettori con domini immunoglobulinici (KIR: Killer cells Immunoglobulinic Receptors)

Recettori delle cellule T di tipo γδ: riconoscono ligandi caratteristici del tessuto in cui risiedono (epiteli), ma espressi solo in seguito ad un’infezione (es. heat shock proteins). A differenza dei TCR sono molto poco variabili

Recettori delle cellule T NK: si tratta di TCR formati da una catena invariante + una delle tre possibili catene β. Riconoscono antigeni glicolipidici.

Mastociti

Cellule di derivazione mieloide residenti nei tessuti connettivi e dotate di granuli di istamina, eparina e numerosi altri fattori infiammatori. Questi granuli vengono rilasciati in grande quantità in risposta a stimoli immunogenici riconosciuti da TLR o da FcεR (questi ultimi fondamentali per le reazioni di tipo allergico). Si ritiene che i mastociti siano spesso il trigger iniziale dell’infiammazione.

Granulociti

Cellule di derivazione mieloide presenti nel sangue circolante e richiamate nei tessuti da stimoli infiammatori.

Neutrofili

Costituiscono la maggior parte dei granulociti e caratterizzano gli infiltrati dell’infiammazione acuta. Svolgono 4 funzioni fondamentali.

fagocitosi professionale potenziata da recettori per il complemento (CR) e per anticorpi (di classe G->FcγR);

digestione dei patogeni attraverso il rilascio di radicali liberi e sostanze ossidanti (respiratory burst) contenute nei cosiddetti granuli primari;

rilascio di fattori chemotattici e di mediatori infiammatori contenuti nei cosiddetti granuli secondari;

rimozione (o induzione) di danni tissutali attraverso il rilascio di gelatinasi (digerisce il connettivo) contenuta nei cosiddetti granuli terziari.

Basofili

Svolgono funzioni simili ai mastociti e con le medesime modalità di attivazione. Sono presenti in numero molto esiguo rispetto alle altre popolazioni cellulari.

Eosinofili

Controllano reazioni immunitarie IgE-mediate come infezioni elmintiche o allergie.

Macrofagi e Cellule dendritiche

Cellule di derivazione mieloide originatesi dal differenziamento tissutale di monociti circolanti. I macrofagi, analogamente ai neutrofili svolgono funzioni di fagocitosi e digestione ossidativa degli agenti patogeni, ma intervengono in genere nelle fasi tardive dell’infiammazione acuta o nell’infiammazione cronica. Hanno legami molto stretti con le cellule dell’immunità specifica in quanto dipendono da queste ultime per raggiungere una completa attivazione e ne influenzano il differenziamento nelle fasi precoci della risposta immune specifica; inoltre possono contribuire alla presentazione antigenica. Le cellule dendritiche sono morfologicamente e funzionalmente specializzate nella cattura e nella presentazione di antigene (sono le classiche APC, antigen presenting cells).

Cellule Natural Killer

Cellule della linea linfoide evolutivamente più antiche rispetto ai linfociti T e B. Contribuiscono alla costituzione di un solido network citochinico nelle fasi iniziali delle infezioni virali e in base all’equilibrio tra segnali attivatori o inibitori rilevati dai recettori per le cellule NK possono tollerare o distruggere le cellule attraverso un meccanismo simile a quello dei linfociti T. Per questo motivo risultano particolarmente attive contro cellule che non esprimono MHC I (in seguito ad alcune infezioni virali o in presenza di alcuni tumori).

Linfociti innati

Linfociti T γ

Costituiscono un’esigua minoranza dei linfociti T ed esprimono un TCR di tipo γδ. A differenza degli altri linfociti possono attivarsi e rispondere direttamente, senza ulteriori segnali costimolatori. Questi linfociti non riconoscono complessi peptide-MHC, ma fosfantigeni, delle molecole a 5 atomi di carbonio contenenti residui di fosfato, fondamentali in quanto consentono il riconoscimento, da parte del recettore, del fosfantigene. La produzione dei fosfantigeni avviene nella via del mevanovato; essi sono degli intermedi, come il colesterolo e l'IPP (isopentenil pirofosfato). I linfociti T γδ sono relativamente più frequenti a livello del tratto gastroenterico, dove si suppone che svolgano un'attività di regolazione della risposta immunitaria (tale funzione sembra essere persa in corso di malattie come la celiachia[1]).

Linfociti T NK

Costituiscono un’esigua minoranza dei linfociti T e riconoscono antigeni glicolipidici. Svolgono un ruolo di fondamentale importanza nella regolazione del differenziamento dei linfociti T-helper (CD4+). Sono distinti dalle altre popolazioni linfocitarie per l'espressione dei marcatori CD16 e CD56.

Linfociti B1

Sono particolarmente rappresentati all’interno della cavità peritoneale e pleurica e producono anticorpi di classe M senza ulteriori segnali costimolatori, ma non sviluppano alcuna forma di memoria immunologica. Possono auto-rinnovarsi in periferia.

Immunità specifica

L'immunità specifica (nota anche come immunità acquisita o immunità adattativa) è costituita prevalentemente da cellule della linea linfoide (della serie T e B) e da cellule accessorie. I linfociti T si suddividono in linfociti T helper CD4+ e linfociti T citotossici (CTL) CD8+. La funzione effettrice dei primi è quella di coordinare il complesso della risposta immune attivando linfociti CD8+ e macrofagi (T-helper 1) o linfociti B (T-helper 2) e di sostenere il processo infiammatorio. Tale attività è svolta attraverso interazioni cellula-cellula o mediante rilascio di particolari fattori solubili detti citochine.

La funzione effettrice dei linfociti CD8+ è quella di lisare le cellule infette grazie alla produzione delle linfochine. I linfociti B attivati si specializzano invece in cellule secernenti anticorpi (plasmacellulle). Le cellule accessorie sono le cellule reclutate dal compartimento innato del sistema immunitario. A differenza dell’immunità aspecifica o innata l’immunità specifica o acquisita è stata selezionata dall’evoluzione per la sua capacità di adattarsi dinamicamente alla variabilità di agenti ambientali riconosciuti come un pericolo per l’organismo. Tale variabilità è ovviamente una caratteristica peculiare di molti microrganismi infettivi in continua co-evoluzione con il sistema immunitario che cerca di distruggerli.

L’immunità specifica deve dunque essere in grado di rispondere a tutte le possibili combinazioni molecolari presenti in natura e in grado di interagire con l’organismo.

Il sistema immunitario deve mantenere memoria delle strutture di riconoscimento antigenico dimostratesi efficaci nel rispondere a precedenti aggressioni, che potrebbero ripresentarsi.

Il sistema immunitario deve poter essere “istruito” a riconoscere il self (proprio dell’orgnismo) dal “non self” (esterno e potenzialmente dannoso) per rendere più efficace la risposta alle aggressioni e prevenire l’autoimmunità (sebbene alcune reazioni autoimmuni controllate siano parte della fisiologia della risposta immune stessa). I fenomeni di controllo dell’autoimmunità vengono definiti tolleranza e si svolgono negli organi linfoidi primari (tolleranza centrale) durante la maturazione delle cellule del sistema immunitario e in periferia al termine di questo processo (tolleranza periferica). La maturazione dell’immunità specifica si svolge prevalentemente durante il primo anno, anche se in realtà prosegue per tutta la vita dell’individuo. L’”istruzione” dei linfociti T (prodotti a livello midollare) avviene nel timo (che si atrofizza in genere dopo l’infanzia) e consiste in un rigidissimo processo di selezione delle varianti cellulari in grado di montare un TCR completo in grado di legare con affinità intermedia (cioè attraverso un legame reversibile e temporaneo) complessi MHC-antigene (peptidico), corrispondenti a (quasi) tutto il patrimonio self dell’individuo. I complessi MHC-antigene self vengono presentati da particolari APC (antigen presenting cells), che nell’ambiente timico sono stimolate a esprimere i prodotti del gene AIRE (autoimmune regulator). Quest’ultimo funge da derepressore genico, consentendo l’espressione di numerose classi di geni, normalmente attivi soltanto in alcune linee cellulari specializzate (muscolo, cellule beta pancreatiche...) e quindi teoricamente non soggetti a tolleranza immunitaria. Tutte le cellule che montano varianti di TCR non funzionali o autoreattive vengono eliminate per assenza di stimoli di sopravvivenza o per eccesso di stimoli pro-apoptotici (in realtà una parte di cloni moderatamente autoreattivi sopravvive in funzione dell’ampliamento della copertura “anticorpale” dell’organismo). La selezione dei linfociti T è particolarmente rigida poiché comprende anche le specie CD4+, che sono responsabili del coordinamento dell'intera risposta immune.

I linfociti B si sviluppano e maturano nel midollo osseo, dove attraverso opportuni riarrangiamenti sviluppano numerose varianti di recettori delle cellule B (BCR). Queste strutture costituiscono i precursori di membrana dei futuri anticorpi (che sono invece rilasciati in forma solubile dalle plasmacellule) e come questi ultimi (e a differenza dei TCR) riconoscono gli antigeni in forma nativa e non nel contesto di una struttura MHC. I meccanismi di selezione dei linfociti B sono poco conosciuti, anche se è chiaro che si tratta di un processo estremamente meno rigido rispetto a quello dei linfociti T. Questo fenomeno si spiega con due ragioni: i linfociti B dipendono dalla stretta interazione con i linfociti T CD4+ per la loro attivazione e maturazione definitiva in plasmacellule. Quindi se un linfocita B è autoreattivo, ma non viene attivato da un linfocita T autoreattivo per lo stesso antigene, non può attivarsi e dare autoimmunità

i linfociti B, non essendo limitati da MHC per il riconoscimento antigenico, possono riconoscere un numero molto più ampio di antigeni anche non peptidici. Quindi un’eliminazione rigida di tutti i cloni autoreattivi potrebbe limitare la risposta anticorpale in caso di aggressione.

Immunità specifica umorale

Nella difesa specifica umorale il ruolo fondamentale spetta agli anticorpi che sono prodotti dalle plasmacellule delle cellule derivate dalle cellule clone che a loro volta sono cellule derivate dai linfociti B.

Il processo di difesa umorale inizia quando un linfocita rileva un agente esterno grazie al suo recettore specifico, ossia che rileva uno ed un solo corpo esterno, (ci sono vari gruppi di linfociti B che hanno diversi recettori) e inizia la produzione di cellule clone che in parte saranno destinate alla memoria immunologica e in parte andranno a formare le plasmacellule. le plasmacellule poi produrranno gli anticorpi che si legheranno al corpo esterno bloccando i suoi siti attivi facilitando la fagocitosi da parte dei macrofagi.

Immunità specifica cellulare

È svolta dai linfociti T citotossici, che sono capaci di indurre apoptosi nelle cellule che presentano in superficie il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di classe I associato allo stesso peptide che li ha attivati. Questo significa che riconoscono tutte le cellule che "mostrano" un'espressione di MHC + peptide diversa da quella delle cellule in salute ed uguale a quella che ne ha attivato l'attività citotossica. La cellula T citotossica si attacca alla cellula bersaglio con vari recettori, rilasciando vescicole contenenti Perforina, Granulisina e Granzimi. La Perforina ha un ruolo nell'indurre la morte cellulare, contrariamente a quanto si pensava fino a pochi anni fa e cioè che servisse a generare un poro di membrana nella cellula da uccidere. La Granulisina ha un'attività pro-apoptotica e microbicida. I Granzimi sono Serin/Treonin-Proteasi apoptotiche capaci di attivare la Caspasi 3 e di indurre la formazione del poro sulla membrana mitocondriale che determina la fuoriuscita del Citocromo C con conseguente attivazione definitiva dell'apoptosi.

Vaccinazione

Il sistema della vaccinazione (o immunizzazione attiva) è ideale per la profilassi in periodi di tranquillità, quando cioè non è necessario un meccanismo che si metta in moto immediatamente, in quanto la produzione di anticorpi necessita di un certo periodo di tempo (i primi anticorpi sono dosabili nel siero a partire dal 14º giorno dall'infezione con l'agente patogeno).

Gli sbalzi di temperatura

Virus e batteri hanno dalla loro il clima altalenante. Gli sbalzi di temperatura, infatti, spianano la strada ai germi rendendo meno efficienti le difese di prima linea di cui l'organismo dispone.

Le vie respiratorie, proprio perché esposte di continuo ai numerosi microrganismi presenti nell'aria, possiedono un valido sistema di protezione capace di bloccare e allontanare gli intrusi prima che possano far danni.

Il tessuto di rivestimento di trachea e bronchi è costituito da cellule dotate di propaggini simili a ciglia che effettuano costantemente movimenti di tipo oscillatorio (cellule ciliate) e da cellule che secernono una sostanza viscosa (cellule mucipare).

Il muco prodotto da queste ultime forma sulla superficie un sottile strato appiccicoso che serve a intrappolare le particelle estranee (polveri, germi) che penetrano con l’aria inspirata, e il movimento ciglia della altre cellule lo sospinge l’esterno.

In tal modo, si impedisce che le sostanze estranee inalate raggiungano i polmoni. Questa funzione della mucosa respiratoria è definita “clearance” (pulizia) mucociliare.

Il classico “colpo di freddo”, al quale si può essere esposti nei passaggi di stagione per le variazioni termiche naturali oppure in pieno inverno per l’eccessiva differenza di temperatura tra gli ambienti interni e l’esterno, ha l'effetto di compromettere il funzionamento delle cellule della mucosa respiratoria, facilitando così la vita ai microbi.

Un mal di gola intempestivo non è, però, l'unico guaio che un brusco abbassamento della temperatura. Può portare con sé dolori articolari, contratture muscolari (come il torcicollo), crampi addominali, mal di testa, nevralgie e persino paralisi temporanea del nervo facciale (che blocca i muscoli del viso dal lato colpito). Soprattutto quando l'esposizione al freddo è improvvisa e intensa.

Raffreddore comune

Il raffreddore comune, o più semplicemente raffreddore, è una rinofaringite acuta infettiva virale causata solitamente da Rhinovirus.

È un'affezione infettiva, generalmente non grave, delle prime vie respiratorie e in particolare del naso e della gola. I sintomi del raffreddore comune comprendono starnuti, produzione abbondante di muco, congestione nasale, catarro e mal di gola, tosse, mal di testa, sensazione di stanchezza.

Si tratta della malattia umana più comune; infetta gli adulti in media 2-4 volte l'anno e i ragazzi in età scolare fino a 12 volte l'anno. In talune popolazioni, non è raro incontrare tassi di infezione superiori a 3 all'anno per persona.

Il raffreddore comune è distinto dall'influenza, che è un'infezione virale più seria del tratto respiratorio, caratterizzata dall'insorgenza di ulteriori sintomi quali un rapido innalzamento della temperatura, brividi di freddo, dolori muscolari. Per quanto il raffreddore comune in sé non sia generalmente rischioso per la vita del paziente, le sue complicazioni (quali la polmonite) possono esserlo.

L’influenza

L’influenza è una malattia infettiva causata da virus RNA della famiglia degli Orthomyxoviridae. È caratterizzata da sintomi sistemici (febbre non sempre presente, malessere generale, cefalea e dolori osteomuscolari e respiratori, tosse, faringodinia) comuni a molte altre malattie virali. L'esordio è generalmente brusco e improvviso e la febbre dura 3-4 giorni.

L’influenza è una delle comuni “malattie da raffreddamento” o “affezioni stagionali”, anche se è indubbio che di esse ci si può ammalare non solo durante la stagione più fredda dell’anno, ma anche in altri periodi, in particolar modo d’estate, spesso in relazione all’uso dei condizionatori d’aria e agli sbalzi di temperatura che ne derivano.

Nel 90% dei casi, sia negli adulti sia, in modo particolare, nei bambini, si tratta di affezioni di origine virale; tipicamente accade che gli sbalzi di temperatura abbassano le difese immunitarie, aumentando la percentuale di successo da parte degli attacchi dei virus ambientali. L’organismo, nel tentativo di difendersi dal germe, innesca un insieme di processi che si traducono in infiammazione, edema, produzione di muco, starnutazione, congestione, irritazione, rialzo febbrile, etc. Questo sforzo difensivo da parte dell’organismo, con i sintomi che ne conseguono, costituisce l’essenza stessa della malattia. Se è senza dubbio vero che il freddo, o meglio gli sbalzi di temperatura facilitano la propensione all’infezione, indebolendo le difese organiche, non bisogna dimenticare che il vero responsabile di tale fragilità è da ricercare nel disequilibrio generalizzato della risposta immunitaria individuale. L’equilibrio del sistema di difesa organico, costituito dalla flora microbica benefica delle mucose e dal sistema immunitario propriamente detto, è infatti di fondamentale importanza nella prevenzione e nella lotta delle affezioni microbiche. Una flora microbica integra e vitale, a partire dall’intestino, è condizione indispensabile per il mantenimento di un sistema immunitario in equilibrio, in grado di contrastare efficacemente qualsiasi tipologia di “attacco” microbico. La barriera microbica difensiva assolve infatti contemporaneamente a molteplici funzioni: da una parte presidia direttamente l’ingresso dei patogeni nell’organismo, evitandone l’insediamento, diminuendo di conseguenza il carico di lavoro del sistema immunitario, dall’altro contribuisce in modo determinante allo sviluppo e all’equilibrio del sistema immunitario associato alle mucose (chiamato MALT, dall’inglese: Mucose Associated Lymphoid Tissue) che controlla e difende tutte le mucose dell’organismo, inclusa, ovviamente, la mucosa delle vie aeree. Un approccio ”sintomatico”, colpendo l’agente patogeno, senza tenere conto dei delicati equilibri organici, si crea inevitabilmente il presupposto sia per l’innesco di recidive, sia per nuove infezioni, indebolendo ancor più il già fragile “terreno” individuale. Il ricorso eccessivo all’uso degli antibiotici rappresentano senza dubbio gli esempi più eclatanti di questo modo di operare.

ANTIBIOTICI: UN ABUSO CHE RENDE ANCORA PIÚ VULNERABILI

Pur essendo ben noto, a livello scientifico, il ruolo del sistema immunitario nella prevenzione e nella risoluzione delle affezioni stagionali, la medicina ufficiale ha preferito focalizzarsi sui singoli agenti microbici causali, tenendo poco o per nulla in considerazione l’importanza di promuovere un sano “terreno” individuale. Analizzando però il risultato di questo tipo di approccio non vi è nulla di cui rallegrarsi. Per quanto riguarda la lotta ai virus, la vaccinazione rappresenta la più diffusa misura di profilassi. Ma, data l’incredibile capacità mutante dei virus, è impensabile ipotizzare che si scoprano vaccini efficaci per tutti i virus e per tutte le loro possibili future mutazioni. Per non parlare poi degli effetti collaterali dei vaccini e dei coadiuvanti in essi contenuti, che possono portare a gravi conseguenze per la salute, soprattutto nei bambini. Altro grave intervento è poi l’indiscriminato ricorso agli antibiotici, che nulla possono nei confronti dei virus, ma sono prescritti spessissimo anche per una banale influenza, per evitare “sovrainfezioni batteriche”, con il risultato di indebolire ancor più le difese. L’uso dell’antibiotico andrebbe riservato ai casi di effettiva necessità, qualora il suo ruolo di “salvavita” risulti effettivamente indispensabile. Invece se ne abusa, depauperando la flora fisiologica ed esponendo a recidive e reinfezioni, oltre a contribuire alla formazione di pericolosi ceppi resistenti. Nei bambini, numerosi studi hanno confermato la relazione tra assunzione di antibiotici ed aumento del rischio di sviluppo di allergie, di asma in particolare. Ulteriori lavori hanno evidenziato come le otiti infantili e le malattie da raffreddamento in generale diminuiscano di frequenza ed intensità qualora venga scelto di non utilizzare l’antibiotico ma di seguire il corso naturale della malattia; al contrario i bambini trattati con antibiotici sviluppano spesso nuove infezioni, a testimonianza del pericoloso circolo vizioso che inevitabilmente consegue all’utilizzo di tali farmaci.

Da qui l’importanza di avere a disposizione valide alternative nel trattamento dell’influenza.

Obiettivi terapeutici

Ridurre i sintomi:

Antiinfiammatorio «mirato»

decongestionante

Fluidificante

Aumentare le difese

Evitare i deficit nutrizionali

Stimolo reazione

Stimolo attività

Sostenere la reazione

Antiossidante

Antivirale

Antibiotico

Per tutti: no zuccheri, no glutine,

Perviral®:

PERVIRAL® è un integratore alimentare con estratti vegetali di Echinacea ed Astragalo e con Vitamina C, Zinco, Bromelina da Ananas ed N-Acetilcisteina.

· L’Astragalo svolge un’azione tonico-adattogena e , con l’Echinacea, supporta le naturali difese dell’organismo.

· Zinco e Vitamina C contribuiscono alla fisiologica funzione del sistema immunitario e alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo.

· La Bromelina: possiede proprietà antinfiammatorie dovute alla stimolazione della produzione di prostaglandine antiantinfiammatorie ed antiedematose. Utile per migliorare e mantenere le naturali funzioni organiche che favoriscono il benessere del sistema respiratorio.

· N-Acetilcisteina: protegge dagli stress ossidativi, adiuva l’azione degli antibiotici, fluidifica.

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI

NUTRIENTI per dose (2 stick) % VNR

Vitamina C 160 mg 200%

Zinco 12,5 mg 125%

N-Acetilcisteina 600 mg -

Bromelina 2500 GDU/g plv. 300 mg -

Astragalo e.s. tit. 16% 200 mg -

Echinacea e.s. tit. 4% 100 mg-

Senza zuccheri: edulcorato con sorbitolo e Stevia (Stevia rebaudiana Bertoni);

Senza Glutine

MODALITA’ D’USO: si consiglia l’assunzione di 2 stick al giorno. Sciogliere il contenuto in un bicchiere d’acqua, miscelare bene e consumare subito dopo la preparazione.

Vitamina C

Acido ascorbico

L’acido L-ascorbico, vitamina C, principio antiscorbutico, è un composto organico presente in natura con proprietà antiossidanti. È un solido bianco, ma in campioni impuri, inumiditi od ossidati dall'ossigeno atmosferico può apparire giallastro. Si tratta anche di una vitamina idrosolubile, essenziale nell'uomo ma non in tutti i mammiferi, antiossidante, spesso utilizzata in forma salina (ascorbato) che svolge nell'organismo molteplici funzioni.

Storia

La sua storia si riallaccia a quella dello scorbuto, una patologia legata ad una carenza di tale composto nella dieta. Tale malattia era già nota in Grecia attorno al V secolo a.C. Nel XVI secolo era noto, soprattutto presso popolazioni marinare, che lo scorbuto poteva venir curato e prevenuto dall'assunzione di verdure e frutta fresca o dall'estratto di aghi di pino.

Tuttavia, la prima prova di ciò venne nel maggio del 1747 ad opera di un chirurgo della marina reale inglese, James Lind. Egli prese 12 membri dell'equipaggio affetti da scorbuto e li divise in sei gruppi da due persone ciascuno. Ad ogni gruppo fece assumere, oltre alle normali razioni alimentari, un composto particolare: sidro, acido solforico, aceto, spezie ed erbe, acqua di mare, arance e limoni. I risultati ottenuti permisero di dimostrare che effettivamente quest'ultima aggiunta permette di prevenire l'insorgere dello scorbuto. Lind pubblicò i risultati di questo suo studio nel 1753. Nel 1795 la marina inglese stabilì di aggiungere succo di limone o di lime nella dieta dei marinai. Nel 1921 il composto antiscorbutico venne denominato vitamina C. La vitamina C assunta con la dieta viene assorbita a partire dalla bocca, nello stomaco e soprattutto a livello dell'intestino tenue grazie ad un processo di diffusione passiva dipendente dal sodio. Questo sistema è molto efficiente soprattutto per basse dosi della vitamina. Via via che la concentrazione di acido ascorbico cresce, il sistema di assorbimento si riduce di efficienza fino a valori del 16%. Nel plasma la vitamina circola per il 90-95% come acido ascorbico e nel 5-10% come acido deidroascorbico. La vitamina C viene immagazzinata nei tessuti dell'organismo, in particolare, nel surrene e nel fegato. La quota plasmatica che non viene immagazzinata viene eliminata con le urine.

La vitamina C è un valido donatore di elettroni. Per la spiccata azione antiossidante della vitamina C e la sua capacità di mantenere stabili le vitamine A, E, l'acido folico e la tiamina viene utilizzata dalle industrie, che la usano (come tale o sotto forma di sale sodico, potassico e calcico) come additivo nei cibi.

Effetti sull'organismo

La vitamina C è importante per il corretto funzionamento del sistema immunitario e la sintesi di collagene nell'organismo. Il collagene rinforza i vasi sanguigni, la pelle, i muscoli e le ossa. L'uomo non può creare collagene senza la vitamina C.

Sembra che la vitamina C abbia un ruolo importante, soprattutto in reazioni di ossidoriduzione catalizzate da ossigenasi, e svolga un'azione antistaminica. Tra i processi più noti in cui la vitamina dovrebbe intervenire si ricordano:

idrossilazione della lisina e della prolina ad opera della prolina idrossilasi e della lisina idrossilasi, reazioni importanti per la maturazione del collagene,

idrossilazione della dopamina per formare la noradrenalina,

sintesi della carnitina,

catabolismo della tirosina,

amidazione di alcuni peptidi con azione ormonale,

sintesi degli acidi biliari,

sintesi degli ormoni steroidei per intervento durante le reazioni di idrossilazione,

riduzione dell'acido folico per formare la forma coenzimatica,

aumento dell'assorbimento di ferro per riduzione del Fe (III) a Fe (II)

azione di rigenerazione della vitamina E per cessione di un elettrone al radicale α-tocoferossilico.

Sembra, inoltre, che la vitamina C possa diminuire la formazione di nitrosammine intestinali e ridurre vari composti ossidanti (il radicale superossido, l'acido ipocloroso e i radicali idrossilici).

Presenza negli alimenti

La vitamina C è presente in alcuni alimenti, insieme a bioflavonoidi, soprattutto nei vegetali a foglia verde, peperoni, pomodori, kiwi e negli agrumi, particolarmente concentrata nel frutto di ciliegia amazzonica, l'acerola, e nella rosa canina. La vitamina può perdersi nel caso in cui questi alimenti vengano tenuti all'aria per molto tempo o dentro contenitori di metallo (es: rame). La cottura può comportare perdita di vitamina (in taluni casi fino al 75%); tale fenomeno può essere ridotto adottando una cottura che sia il più possibile rapida ed in poca acqua.[senza fonte]

Livelli di assunzione e tossicità

La carenza di vitamina C determina la comparsa dello scorbuto, patologia che riguarda particolarmente l'insufficiente produzione di collagene e di sostanza cementante intercellulare. Ciò determina alterazioni a livello dei vasi sanguigni con comparsa di emorragie, rallentamento della cicatrizzazione delle ferite, gengiviti con alterazioni della dentina, gengivorragie ed osteoporosi delle ossa. Nei bambini si ha anche un arresto della crescita. Le varie emorragie sviluppantesi possono portare anche ad un quadro di anemia sideropenica.

Bassi livelli di acido ascorbico, sufficienti alla sopravvivenza, ma al di sotto di quelli necessari, sembrano favorire l'aterosclerosi, sia per l'ipotesi ossidativa sia per l'ipotesi risposta alla lesione. Per la scarsità di vitamina C nell'organismo, si instaurano situazioni come la progressiva crescita dell'azione devastante dello stress ossidativo e dei radicali liberi sulle pareti cellulari vascolari e/o il progressivo impoverimento e cedimento di collagene nelle pareti cellulari vascolari che venendo tamponato da derivati di alfa lipoproteine produce, col progressivo accumulo, l'aterosclerosi e, di conseguenza, tutte le altre pericolosissime sue patologie derivate a cascata.

Dose minima giornaliera

Per dose minima giornaliera s'intende la quantità minima complessiva da assumere durante il corso dell'intera giornata, suddividendo la dose giornaliera in più piccole dosi frazionate (dividendo la dose giornaliera in parti uguali) assunte a intervalli di 3-4 ore.

Si calcola che la quantità minima giornaliera di vitamina C necessaria per prevenire lo scorbuto sia di circa 10 mg/die. Le quantità consigliate (raccomandate dai sistemi sanitari) sono, tuttavia, di poco superiori. Anzi, nella comunità scientifica vi è ancora acceso dibattito sul dosaggio efficace effettivo, su limite soglia e sovradosaggio.

Le indicazioni degli organismi governativi sono:

Uno degli effetti certi del sovradosaggio di vitamina C è la diarrea[. Non esiste una dose letale accertata per l'uomo, esiste invece una LD50 per i ratti che corrisponde a 11,9 grammi per chilogrammo di peso corporeo in una sola dose per via orale[10]. Un uomo medio di 70 kg dovrebbe dunque ingerirne circa 850 g in un'unica soluzione.

Dosi superiori ai 1 g/die di vitamina C, assunta sotto forma di acido ascorbico, possono portare alla presenza di disturbi (nausea, mal di testa ecc.). Secondo alcuni studi, inoltre, sembra che venga aumentata l'eliminazione, tramite le urine, di ossalati, che potrebbero facilitare la formazione di calcoli renali in un numero limitato di soggetti.[13][14]

Zinco

Lo zinco è un metallo indispensabile al nostro organismo in quanto è un elemento costitutivo di oltre duecento enzimi e di molte altre proteine.

In particolare è essenziale per il funzionamento di enzimi che regolano la respirazione cellulare, di quelli che hanno un'azione antiossidante e di alcune proteine che consentono di dipanare il DNA strettamente aggrovigliato nei cromosomi e quindi leggerne le istruzioni.

Il contenuto complessivo di zinco nel corpo umano varia tra gli 1,4 e i 3 grammi.

Lo zinco si accumula prevalentemente all'interno delle cellule di muscoli, ossa, pelle e fegato e nei capelli, ma è presente anche nei tessuti cerebrali, nello sperma e, in piccole quantità, nel plasma e nei globuli bianchi.

Queste riserve non sono facilmente utilizzabili, per cui la dieta deve contenerne quantità sufficienti per soddisfare il fabbisogno dell’organismo.

Fonti alimentari

Tra gli alimenti maggiormente ricchi di zinco ci sono le ostriche, i cereali, la carne bovina, ovina, suina, i funghi, il cacao, le noci e il tuorlo d'uovo.

I cereali tuttavia contengono sostanze (fitati e fibre) che ne riducono l'assorbimento. I processi di fermentazione, come la lievitazione del pane, portano alla degradazione dei fitati, riducendo quindi il rischio di carenza.

L'assorbimento dello zinco, che avviene nell'intestino tenue, viene ostacolato oltre che dai fitati, da alcune proteine del latte, come la caseina, e da elevate assunzioni di calcio.

Effetti

Lo zinco combatte gli effetti negativi dei radicali liberi e i processi di invecchiamento cellulare a essi legati, stimola il sistema immunitario, facilita la rimarginazione di ferite e ulcere e ostacola la formazione dell'acne. Può essere d'aiuto nella prevenzione nel trattamento della sterilità.

Carenza

La carenza di zinco può dipendere da insufficiente o cattivo assorbimento (dieta ricca di cereali ma povera di proteine, alcolismo, età avanzata) o da un'eccessiva eliminazione urinaria (malattie del fegato). Anche alcuni farmaci possono provocare un deficit di zinco, fra questi i diuretici, i corticosteroidi e gli antidepressivi IMAO.

I sintomi legati alle carenze di zinco sono molto vari: alterazioni della cute, stanchezza, perdita dell'appetito, lenta cicatrizzazione delle ferite, diminuzione della risposta immunitaria con suscettibilità alle infezioni, alopecia, diminuzione della sensibilità gustativa e cecità notturna.

Una forte carenza di zinco può causare ipogonadismo, ossia un inadeguato funzionamento di ovaie e testicoli, e se si verifica durante il periodo fetale o della crescita può determinare nanismo o rallentamento dello sviluppo.

Dosi consigliate

Il fabbisogno giornaliero di zinco è di circa 10 mg nel bambino, che salgono a 15 mg per le donne e gli anziani, e a 18 mg negli uomini adulti e nelle donne durante la gravidanza e l'allattamento.

Precauzioni

Se si assumono elevati dosaggi di integratori con zinco, è bene assumere anche un supplemento di vitamina A, il cui assorbimento può essere ostacolato da questo elemento.

Normalmente i meccanismi di regolazione dell'assorbimento dello zinco permettono di evitare il rischio di un apporto eccessivo di zinco, elemento che, peraltro, è dotato di scarsa tossicità.

I casi di assunzione eccessiva, che provoca febbre, nausea, vomito e diarrea, sono per lo più legati alla contaminazione di cibi e bevande da parte dei contenitori galvanizzati usati per la conservazione. Tali contenitori possono infatti rilasciare zinco quando lasciati aperti, specie se il loro contenuto è fortemente acido.

Acetilcisteina

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L’acetilcisteina (o N-acetilcisteina) è un derivato N- acetilato dell’amminoacido cisteina.

Essa presenta attività antiossidante e mucolitica ed è anche un antidoto salvavita in caso di eccessiva assunzione di paracetamolo. Si è inoltre riscontrato che può avere proprietà antiapoptotica, epatoprotettrice e nefroprotettrice.

Proprietà farmacologiche

L'acetilcisteina è un mucolitico derivato da un amminoacido naturale ad azione fluidificante sulle secrezioni mucose o mucopurulente delle vie respiratorie. L'attività pronta ed intensa dell'acetilcisteina sulla componente mucosa delle secrezioni è conseguente alla presenza nella molecola di un gruppo sulfidrico libero (-S-H) in grado di aggredire e scindere i legami S-S responsabili dell'aggregazione delle proteine e quindi dell'alta viscosità del muco. L'attività dell'acetilcisteina sull'eventuale componente purulenta delle secrezioni è invece dovuta alla sua capacità di depolimerizzare gli acidi nucleici. L'acetilcisteina, modificando positivamente le caratteristiche qualitative e quantitative delle secrezioni delle vie aeree e favorendo il trasporto mucociliare, influisce in misura sostanziale sull'evoluzione e la risoluzione delle broncopneumopatie diminuendo il rischio di complicanze da diminuzione di secreto e da insufficiente aerazione del polmone. L'acetilcisteina svolge inoltre un'azione di potenziamento del sistema antiossidante rappresentato dal glutatione, uno dei più importanti meccanismi di difesa intracellulare. L'azione dell'acetilcisteina e quella del glutatione sono sinergiche nello stimolare l'attività dei linfociti T e dei macrofagi con positivi effetti immunitari, particolarmente desiderabili in caso di malattie respiratorie sostenute da virus e batteri. Nei confronti di questi ultimi, l'acetilcisteina è in grado di ridurre significativamente l'adesività alle cellule della mucosa e, promuovendo la sintesi cellulare del glutatione è anche in grado di inattivare composti istolesivi quali le polveri e gli inquinanti atmosferici..

Meccanismo d'azione

L'utilizzo dell'acetilcisteina in caso d'avvelenamento da paracetamolo è dovuto alla sua capacità di rigenerare le scorte di glutatione a livello epatico. La cisteina, di cui l'acetilcisteina è sostanzialmente una forma di rilascio, è uno dei precursori del glutatione. A livello epatico il paracetamolo viene metabolizzato in N-acetil-benzochinoneimina, un metabolita in grado di indurre un notevole stress ossidativo e di legarsi covalentemente a molte proteine. A dosaggi terapeutici, l'N-acetil-benzochinoneimina viene prontamente coniugata con il glutatione formando un composto non tossico.

Attività mucolitica

L'attività mucolitica dell'acetilcisteina è dovuta alla sua capacità di ridurre i ponti disolfuro tipici delle proteine presenti nel muco (mucoproteine) e questo in ragione della presenza nella molecola di un gruppo sulfidrilico libero in grado di interagire con questi legami responsabili dell’aggregazione delle proteine e quindi dell’alta viscosità del muco. Come risultato dell’interscambio sulfidrile-disolfuri le molecole glicoproteiche vengono scisse in unità più piccole dotate di minore viscosità per cui vengono modificate le caratteristiche reologiche con conseguente più facile espettorazione. L’attività sulla componente purulenta delle secrezioni viene attribuita alla capacità di questo composto di depolimerizzare gli acidi nucleici.[2]

Tossicità

La DL50 dopo somministrazione per via orale è superiore a 10 g/kg peso corporeo nel topo e nel ratto. Anche a seguito di trattamenti non corretti non vi è alcun rischio indiretto per i soggetti trattati.

Indicazioni

Il farmaco viene utilizzato principalmente come mucolitico espettorante e in caso di deficit lacrimale. Esiste qualche studio pubblicato che indica la sua associazione favorevole con amiloride, per la fluidificazione dell'espettorato vischioso in pazienti con fibrosi cistica.

Il farmaco, inoltre, è considerato un salvavita in caso di sovradosaggio di paracetamolo soprattutto per evitare lo sviluppo dell'epatite fulminante conseguente.

Alcuni studi hanno inoltre concluso che l'acetilcisteina potrebbe venir utilizzata quale fattore protettivo contro la nefropatia causata dall'uso dei mezzi di contrasto in radiologia.

Effetti collaterali ed indesiderati

In alcuni pazienti in corso di trattamento sono stati segnalati cefalea, sonnolenza, nausea, vomito, talvolta diarrea, disgeusia e tinnito. In rari casi si sono verificate reazioni da ipersensibilità ed in particolare rash cutaneo e orticaria. L'acetilcisteina può indurre rinorrea e broncospasmo.

Controindicazioni

Il farmaco è controindicato nei soggetti con ipersensibilità nota. È inoltre controindicato nelle donne in stato di gravidanza e nelle donne che allattano al seno.

Dosi terapeutiche

· Trattamento affezioni dell'albero respiratorio

Il dosaggio consigliato nei soggetti adulti è di 600 mg Il trattamento richiede in genere una durata di 5-10 giorni.

Avvertenze

Riflesso della tosse inibito: l'acetilcisteina liquefà le secrezioni polmonari e incrementa il volume di secrezione; nei pazienti in cui il riflesso della tosse non è sufficiente a espellere le secrezioni fluidificate può essere necessario ricorrere alla broncoaspirazione.

Ulcere peptiche, varici esofagee: la presenza di questi reperti richiede cautela nella somministrazione dell'acetilcisteina

Tetraciclina, ossitetraciclina, clortetraciclina, eritromicina lattobionato, oleandromicina, amfotericina B : l'acetilcisteina può provocare l'inattivazione di questi antibiotici quando presenti nella stessa soluzione. Somministrare le preparazioni contenenti acetilcisteina e l'antibiotico in due soluzioni separate.

Echinacea

La radice di echinacea contiene polisaccaridi che conferiscono alla pianta proprietà immunostimolante, per questa ragione è usata in fitoterapia per favorire le naturali difese, in quanto stimola il sistema immunitario, sostenendo così l’organismo contro gli attacchi infettivi. 

Il grosso interesse per le proprietà dell’echinacea deriva dalla sua capacità di attivare l’azione fagocitaria dei linfociti e rinforzare il sistema immunitario specifico, di adulti e bambini. Il meccanismo di azione si esplica mediante un aumento dei leucociti, in particolare dei granulociti polimorfonucleati (o neutrofili) e dei monociti-macrofagi del sistema reticolo-endoteliale, adibiti a fagocitare (mangiare) gli agenti estranei dannosi (batteri, funghi etc.).

La pianta inoltre contiene flavonoidi (come la luteolina, kaempferolo, quercetina, apigenina); derivati dell’acido caffeico (echinacoside, acido clorogenico), acido cicorico, polieni, alchilamidi e olio essenziale.  In particolare l'echinacoside svolge azione antibiotica e batteriostatica, in grado di inibire la replicazione di batteri difficilmente controllabili; mentre l'echinaceina conferisce alla pianta proprietà antinfiammatoria corticosimile.

Infine la presenza di acido cicorico e acido caffeico svolgono azione antivirale, tale da ostacolare la penetrazione del virus nelle cellule sane.

Un'assunzione regolare permette di prevenire (specialmente nei periodi in cui il nostro organismo è soggetto a maggiori stress) e curare i sintomi delle malattie da raffreddamento come febbre, le infezioni del sistema respiratorio (raffreddore, tosse) e di quello urinario (cistite).

Per uso esterno, l’echinacea è impiegata anche per la preparazione di pomate e lozioni per la pelle, ad azione immunostimolante, protettiva, antinfiammatoria, in caso di cicatrici, afte, ulcere, dermatiti in genere. La proprietà cicatrizzante, si basa sulla capacità della pianta di accelerare la rigenerazione tissutale e di localizzare l'infezione.

  

Descrizione della pianta

Piante erbacee perenni alte 8-10 dm. con rizoma cilindrico e i fusti leggermente rossastri. Le foglie sono basali e lungamente picciolate, lanceolate percorse da 3-5 nervature con peli rigidi. La varietà angustifolia, deve il nome alle foglie strette, mentre la purpurea ha foglie dalla pagina più ampia. Le infiorescenze sono formate al centro da fiori tubulari e alla periferia da fiori ligulati porporini ripiegati verso il basso nell’angustifolia; più orizzontali nella purpurea. I frutti sono degli acheni.

 L'habitat dell'echinacea

Entrambe sono originarie dell’America del nord, Messico, Louisiana, Florida. In Italia sono coltivate a scopo medicinale e ornamentale.

 Cenni storici

L'uso terapeutico dell'echinacea risale agli Indiani dell'America del Nord, che se ne servivano nel trattamento esterno di ferite e ustioni; e per uso interno per curare la tosse, le malattie da raffreddamento e il mal di gola

La pianta è diffusa in tutto il Nord-America e presenta numerose specie: purpurea, angustifolia, pallida, laevigata, paradoxa, tennesseensis, sanguinea, simulata, atrorubens. Di esse le più attive risultano essere le prime due e in particolare, dai più recenti studi, la purpurea dimostra contenere la maggior percentuale di acido cicorico, responsabile dell'azione immunostimolante.

Le proprietà dell’echinacea sono state evidenziate da studi clinici effettuati già dal 1915, che dimostrarono per la prima volta il meccanismo d'azione sul sistema immunitario. Gli studi sulla pianta ripresero attorno al 1930 e sono giunti ai giorni nostri. L'echinacea purpurea fu studiata soprattutto da ricercatori tedeschi alla fine degli anni '80 e attualmente è la più venduta

In Perviral l’Echinacea non è da coltivazione ma da produzione a partire da staminali vegetali: l’ IRB Echigena PluS, primo e unico estratto biotecnologico di Echinacea angustifolia. Ha vinto il premio come miglior prodotto per qualità e sicurezza agli NBT Awards 2011. Dietro questo risultato c’è la green biotechnology HTN, esclusiva di IRB, che consente la produzione dei primi e unici estratti vegetali biotech autorizzati in Europa come ingredienti per integratori alimentari - sostanziale equivalenza ai sensi del regolamento Novel Food - e che assicura un livello superiore di sicurezza, qualità, standardizzazione e disponibilità, insieme a una drastica riduzione dell’impatto ambientale. Le principali caratteristiche di tutti i prodotti ottenuti con la tecnologia IRB sono, infatti, l’assenza di pesticidi, metalli pesanti, aflatossine e altri contaminanti ambientali, il profilo di composizione definito, standardizzato e riproducibile, la disponibilità illimitata e l’enorme risparmio di risorse naturali quali acqua e suolo. Insieme a miglior prodotto per qualità e sicurezza, IRB è stata selezionato anche per altre due categorie degli NBT Awards 2011: eccellenza ambientale e miglior nuovo impianto/processo/tecnologia.

ASTRAGALO

L’astragalo è una delle più importanti piante immunostimolanti della flora europea, e per le sue proprietà è impiegato efficacemente nella prevenzione e nella cura dei disturbi stagionali e altre infezioni;

Le proprietà dell’astragalo risiedono tutte nella radice e sono sfruttate da tempi antichi sia nell'arte medica sviluppatasi in Europa sia nella Medicina Tradizionale Cinese. Questa antichissima tradizione medica lo utilizza da sempre, per la sua azione tonificante e stimolante dell’immunità.

Il tropismo dell’astragalo è verso i linfociti T, soprattutto quelli attivi contro virus e batteri, e recenti studi hanno dimostrato che la pianta, oltre a contrastare le infezioni di tipo virale, è anche antagonista degli effetti tossici della chemioterapia sul sistema immunitario. Attualmente l’astragalo è studiato per il trattamento dell’AIDS, per la prevenzione delle malattie infettive e neoplastiche. 

 Le proprietà terapeutiche dell’astragalo

L’astragalo è una pianta immunostimolante che vanta numerose proprietà terapeutiche, tra cui spicca, come abbiamo detto, l’azione antivirale, contro i virus che causano le più comuni malattie da raffreddamento (raffreddore, tosse febbre), ma anche su quelli che causano patologie più gravi come l’influenza aviaria e l’epatite B. Questo è dovuto ai polisaccaridi, presenti nella pianta, in grado di contrastare l’atrofia di organi quali milza, timo e linfonodi intestinali, di favorire la capacità fagocitaria e la trasformazione dei linfociti T.

 La presenza delle saponine, invece stimola l’attività natural killer di linfociti NK , fluidifica il sangue, riattivando così le funzioni inibite dagli steroidi (ormoni steroidei e colesterolo). Questi principi attivi, infatti, conferiscono proprietà epatoprotettrice all’astragalo, in quanto la sua assunzione protegge il fegato dai danni provocati da sostanze chimiche o tossiche.

Inoltre la pianta possiede proprietà adattogene, perché aumenta la crescita, il metabolismo e la longevità delle cellule, abbassando il consumo di ossigeno nei mitocondri e sostenendo la tolleranza dell'organismo allo stress. La sua assunzione è quindi indicata per contrastare periodi di stanchezza, affaticamento e nelle convalescenze, soprattutto dopo trattamenti antibiotici; per aumentare la performance di apprendimento e memoria, e migliorare la durata del sonno per i suoi effetti rilassanti.

Descrizione pianta

(Astragalus membranaceus - Fabaceae)

Diffusa in tutte le zone temperate dell’emisfero boreale, la pianta condivide il suo nome anche con un osso del piede, l’astragalo, probabilmente per la forma dei fiori, che somigliano a calcagni

Leguminosa perenne, può raggiungere i 70 cm. di altezza. La radice è flessibile, grande come un dito umano, ed è coperta da una membrana dura e rugosa, di un colore che varia dal giallo al marrone; mentre la polpa al suo interno ha un sapore tenue e leggermente dolce, che ricorda spesso quello della liquirizia. Possiede fusti ramificati, foglie imparipennate, alterne ed ellittiche. I racemi sulla pianta sono in posizione ascellare e il peduncolo della pianta è molto sottile. In cima alla pianta sono visibili i fiori, riuniti in infiorescenze a grappolo. I frutti sono baccelli, che racchiudono i semi.

Alcune specie sono usate come foraggio, mentre altre essudano una gomma detta adragante che ha numerosi impieghi nell’industria alimentare. 

BROMELINA

Il termine generico di bromelina si riferisce a due enzimi proteolitici (ossia una proteina in grado di degradare altre proteine in aminoacidi) individuati in Ananas comosus (famiglia delle Bromeliaceae, da cui il nome).

La prima forma di bromelina ad esser individuata fu la bromelina del frutto dell'ananas, caratterizzata grazie a studi sul suo utilizzo nella medicina popolare. Successivamente fu individuata una seconda forma, detta bromelina del gambo, utilizzata oggi in campo industriale. Nel gambo, infatti, la bromelina è più concentrata che nel frutto, per cui l'estrazione risulta più economica, visto che l'utilizzo del frutto da parte dell'industria alimentare ne fa innalzare il costo, mentre il gambo è uno scarto della produzione alimentare. In quanto enzima, la sua concentrazione si esprime spesso in unità proteolitiche (GDU), che in unità ponderali, facendo riferimento alla purezza oltre che alla quantità. Chimicamente si distinguono quattro frazioni di Bromelina, con formule chimiche leggermente differenti tra loro, sebbene alcuni autori suggeriscano che le diversità si produrrebbero durante i processi di purificazione. Comunque, visto che le varie frazioni posseggono attività sovrapponibile, si utilizza comunemente la miscela nella forma naturale.

Attività farmacologica

In quanto enzima proteolitico, la Bromelina è utilizzata nelle dispepsie, spesso in associazione con estratti pancreatici, ma il suo utilizzo principale è come antiinfiammatorio ed antiedematoso. Risulta particolarmente efficace nel trattamento degli stati infiammatori dei tessuti molli associati a trauma, nelle infiammazioni localizzate (specialmente in presenza di edema), e nelle reazioni tissutali postoperatorie. Nell'uso come antinfiammatorio, si utilizza in dose da 40 U.I. da due a sei volte al giorno, sebbene sia stata sperimentata a dosaggi ampiamente superiori senza effetti collaterali degni di nota, salvo lievi disturbi gastrointestinali e rare reazioni di ipersensibilità. La sicurezza dell'impiego della bromelina rispetto ad altri farmaci antinfiammatori deriva dalla differenza nel suo meccanismo di azione: infatti, laddove i classici FANS inibiscono la cicloossigenasi, bloccando la sintesi di prostaglandine, la Bromelina "dirotta" tale sintesi, incrementando la produzione di prostaglandine ad attività antinfiammatoria a discapito di quelle ad attività pro-infiammatoria, in tal modo evitando il danno gastrointestinale tipico dei FANS. Tale differenza nel meccanismo d'azione spiega la sinergia che essa può avere con i FANS, ottenendo così un potenziamento degli effetti antinfiammatori. Altre attività farmacologiche della Bromelina includono un'azione antitrombotica, un'attività ipotensiva e la capacità di solubilizzare le placche arterosclerotiche. È nota la sua capacità sinergica nelle terapie antibiotica ed antitumorale. Per uso topico si sfrutta l'azione cheratolitica e di "pulizia" dei lembi di pelle morta in prossimità di ulcere ed ustioni (da poco in Italia sono stati messi in commercio farmaci a base di bromelina per uso topico). Un utilizzo collaterale della Bromelina sfrutta la sua proprietà antidiarroica, tramite inattivazione (temporanea) dei recettori intestinali delle tossine batteriche.

Farmacocinetica

L'assorbimento della Bromelina dopo somministrazione orale è intorno al 40%, quindi soddisfacente, ed interessante in quanto la mucosa gastrointestinale è generalmente ritenuta impermeabile alle proteine. Questi dati suggeriscono la presenza di un sistema di trasporto attivo. La sua emivita plasmatica è compresa tra 6 e 9 ore. Da notare che gli enzimi proteolitici sono normalmente inattivati dalle "cistatine", sostanze normalmente presenti nella saliva, ma non succede con la bromelina.

Controindicazioni

La Bromelina è controindicata in pazienti con gravi disfunzioni renali od epatiche, ed è necessario uno stretto controllo in pazienti emofiliaci o comunque soggetti a disordini della coagulazione.

CONCLUSIONI

Le affezione dell’apparato respiratorio dovute a virus, batteri, agenti fisici quali il freddo o sbalzi di temperatura sono una delle cause più importanti che portano i pazienti dal medico o dal farmacista.

Le perdite di giornate di lavoro per queste affezioni sono di rilevate importanza economica.

Il nostro organismo realizza delle forme di difesa tali da essere esse stesse causa dei fastidi di queste affezioni: febbre, muco, costipazione, dolori, starnuti, …

Trattare rapidamente queste patologie non è solo, seppur importante, migliorare la qualità della vita, ma anche ridurre la possibilità di complicanze (otiti, sinusiti, tracheiti, …), perdite di giorni di lavoro, ridurre l’uso di antibiotici,…

Per contribuire a migliorare il trattamento è stato studiato PERVIRAL.

Perviral è stato pensato per aiutare l’organismo a realizzare le naturali difese immunitarie, lenire i sintomi ed accelerare la guarigione.

Perviral è indicato per le flogosi delle vie respiratorie (tracheiti, riniti, sinusiti, mal di gola…) e le complicazione degli stati influenzali quali tosse, raffreddore, …

Perviral è a base di Echinacea, Astragalo, Zinco, Bromelina, Vitamina C, N-Acetil-Cisteina (NAC). Ogni componente ha la sua specifica funzione e dosato per ottenere l’attività cercata. L’idea è di avere a disposizione un TRATTAMENTO COMPLETO e RAZIONALE.

Tenendo presenti quali obiettivi terapeutici sono da perseguire si sono scelte le sostanze meglio studiate e più sicure per realizzare un prodotto efficace e ben tollerato.

L’agente immunosti-molante scelto è stato l’ECHINACEA. Questa pianta ha la caratteristica (tra le altre) di produrre una importante immunostimolazione aspecifica (quindi rapida e pronta). Tale azione porta ad una riduzione di UN TERZO dei tempi di guarigione. In uno studio clinico controllato è stato valutato l’effetto dell’echinacea su 80 pazienti adulti affetti da malattia da raffreddamento. Per dieci giorni metà dei pazienti assumeva estratto di echinacea, l’altra metà placebo. La valutazione era effettuata sulla durata della malattia con la scala di Jackson modificata. E’ stato registrato un periodo medio di malattia di 6 giorni in chi aveva utilizzato echinacea contro i 9 giorni di chi aveva assunto placebo. In nessuno dei due gruppi ci sono stati effetti collaterali degni di nota.

Per rendere ancora più moderno, quindi efficace e sicuro, Perviral la scelta dell’echinacea è stata orientata verso l’ECHIGENA Plus. In Perviral l’Echinacea non è da coltivazione ma da produzione a partire da staminali vegetali: l’ IRB Echigena PluS, primo e unico estratto biotecnologico di Echinacea angustifolia. Ne consegue una facile standardiz-zazione di principi attivi (non influenzati dalla raccolta, clima, stagione, …) e sicurezza (presenza di inquinanti, metalli pesanti, insetticidi, …).

L’astragalo è stato scelto per le sue riconosciute capacità antivirali dirette e (soprattutto) per l’attività capace di stimolare la chemiotassi dei macrofagi.

Lo zinco è stato ampiamente studiato per le sue attività antivirali (ne diminuisce la diffusione) che, associata alla sua dimostrata carenza negli stati di malattie da raffreddamento, ne fa un importante componente del Perviral.

La vitamina C, oltre al suo effetto antiossidante, è stato associato nel PERVIRAL in quanto (come lo zinco) una sua carenza porterebbe ad un importante indebolimento delle difese immunitarie.

La bromelina ha un ruolo determinante per DECONGESTIONARE rapidamente i tessuti infiammati. Oltre questa azione e quella mucolitica, la Bromelina è importante per agevolare l’eventuale attività degli antibiotici in quanto ne aumenta l’assorbimento e lo rende più disponibile nel sito d’azione.

La NAC è stato scelta per la sua spiccata azione fluidificante ma non bisogna dimenticare che ha un potente effetto antiossidante (glutatione) e agevola l’azione degli antibiotici (disgrega il biofilm dei batteri).

In sintesi Perviral combatte i sintomi e stimola le naturali difese dell’organismo! Perviral è un immunostimolante che decongestione o, forse meglio, un decongestionante che immunostimola!

La posologia è di DUE somministrazioni al giorno lontano dal pasto.

Diffidate di quelle mono-somministrazioni giornaliere a base di echinacea e/o bromelina: ne hanno bisogno di due!

Per rendere Perviral un prodotto utilizzabile da quanti più pazienti possibili si è stati attenti ad evitare il glutine (celiaci) e come dolcificante si è preferita la Stevia. La Stevia rebaudiana è una pianta erbaceo-arbustiva perenne, di piccole dimensioni, della famiglia delle Asteraceae (Compositae), nativa delle montagne fra Paraguay e Brasile. La Stevia è conosciuta da molti popoli dell'area geografica sudamericana da diversi millenni, oltre che per il potere dolcificante delle sue foglie, anche per le proprietà medicinali. Viene usata come dolcificante, in quanto è molto più dolce del comune saccarosio. I principi attivi sono lo stevioside, e il rebaudioside A, che si trovano in tutte le parti della pianta ma sono più disponibili e concentrati nelle foglie, che quando sono seccate (disidratate), hanno un potere dolcificante (ad effetto della miscela dei due componenti dolcificanti) da 150 a 250 volte il comune zucchero. Contrariamente allo zucchero i principi attivi non hanno alcun potere nutrizionale (zero calorie), e sono relativamente stabili nel tempo ed alle alte temperature, per cui conservano perfettamente le loro caratteristiche anche in prodotti da forno o in bevande calde, diversamente da altri dolcificanti di sintesi come l'aspartame, che subisce degradazione. A luglio 2012 è stata autorizzata la produzione e la vendita di stevia nell'Unione Europea come dolcificante alimentare. La Direzione generale Salute e tutela dei consumatori della Commissione Europea ha approvato il regolamento degli estratti di Stevia (glicosidi steviolici) da usare come dolcificante a livello europeo.

In sintesi l’uso del Perviral è da consigliarsi per tutte le affezioni dell’apparato respiratorio, in particolare quelle da “raffreddamento”.

Cosa aspettarsi?

Rapido sollievo dai sintomi e una guarigione “più pronta”.

Materiale di formazione ad uso interno e strettamente confidenziale

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