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1 / 5 Data Pagina Foglio 12-2019 80/84 Vit Pe~siero (VITA E PENSIERO L'identitarismo e il muro dell'agnosticismo di Massimo Borghesi Una delle accuse che tornano tra i critici di Massimo Borghesi è professore ordinario di Filosofia morale all'U- papa Francesco e quella per cui le chiese, niversità di Perugia. Tra le sue più sotto il suo pontificato, non si sono affat- recenti pubblicazioni: Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale to riempite. La secolarizzazione non si ar- (2017), Romano Guardini. Antinomia resta, i iovani sono lontani, il numero dei della vita e conoscenza affettiva g (2018), Ateismo e modernitd (2019). credenti diminuisce e non cresce. Di ciò sa- rebbe direttamente responsabile il Papa con il suo anteporre la mise- ricordia alla verità, con il suo buonismo rinunciatario che porterebbe all'oblio della grande tradizione della Chiesa, Sarebbe facile obiettare che anche con Giovanni Paolo II le piazze erano piene e le chiese era- no vuote. con Benedetto XVI abbiamo assistito a una inversione di tendenza. In realtà chi accusa il Papa a partire dalle variazioni in borsa delle azioni dei credenti pecca, suo malgrado, di papolatria. I processi spirituali che segnano la vita della Chiesa non dipendono certo dalla figura del pontefice e il trend verso la decristianizzazione dell'Europa, che coinvolge tutto l'Occidente, Stati Uniti compresi, non è cosa di oggi. Va avanti dal mutamento antropologico degli anni Settanta del secolo scorso, subisce un'accelerazione negli anni Ottanta-Novanta, diviene generalizzato nel nuovo millennio. Siamo di fronte a un pro- 0.0 cesso che, in apparenza, si presenta come irreversibile. Non si tratta o di ateismo, come poteva essere negli anni Settanta dominati dal mar- xismo. Siamo piuttosto di fronte a un agnosticismo vissuto, inconsa- pevole, che non si pone il problema religioso per la semplice ragione ;t. che non ne ha più notizia testimonianza diretta. L'agnosticismo f. nuovo è diverso da quello kantiano-ottocentesco per il quale non è dato sapere se Dio esista, anche se sarebbe preferibile che lo fosse. Così come è diverso dall'agnosticismo positivistico, che tende a supe- rare lo stesso ateismo dissolvendo, alla radice, le domande metafisiche e l'esigenza del divino. Di Dio non è dato sapere nulla perché non c'è nulla da sapere. L'agnosticismo dei giovani d'oggi è diverso. Diverso anche da quel- lo dei loro genitori che, delusi dalla stagione e dalle utopie del '68, sono impregnati di un profondo scetticismo. Per i giovani, al contra- _~ rio, essere agnostici significa non sapere nulla di Dio, né, in Europa, della vita cristiana. Non sono avversi alla fede, anche se non sfuggono 80 Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. 084806 Bimestrale Altre Segnalazioni Tiratura: 7.000 Diffusione: 6.000

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Pe~siero

(VITA E PENSIERO

L'identitarismo e il muro dell'agnosticismo di Massimo Borghesi

Una delle accuse che tornano tra i critici di Massimo Borghesi è professoreordinario di Filosofia morale all'U-papa Francesco e quella per cui le chiese, niversità di Perugia. Tra le sue più

sotto il suo pontificato, non si sono affat- recenti pubblicazioni: Jorge MarioBergoglio. Una biografia intellettuale

to riempite. La secolarizzazione non si ar- (2017), Romano Guardini. Antinomia

resta, i iovani sono lontani, il numero dei della vita e conoscenza affettivag (2018), Ateismo e modernitd (2019).

credenti diminuisce e non cresce. Di ciò sa-rebbe direttamente responsabile il Papa con il suo anteporre la mise-ricordia alla verità, con il suo buonismo rinunciatario che porterebbeall'oblio della grande tradizione della Chiesa, Sarebbe facile obiettareche anche con Giovanni Paolo II le piazze erano piene e le chiese era-no vuote. Né con Benedetto XVI abbiamo assistito a una inversione ditendenza. In realtà chi accusa il Papa a partire dalle variazioni in borsadelle azioni dei credenti pecca, suo malgrado, di papolatria. I processispirituali che segnano la vita della Chiesa non dipendono certo dallafigura del pontefice e il trend verso la decristianizzazione dell'Europa,che coinvolge tutto l'Occidente, Stati Uniti compresi, non è cosa dioggi. Va avanti dal mutamento antropologico degli anni Settanta delsecolo scorso, subisce un'accelerazione negli anni Ottanta-Novanta,

• diviene generalizzato nel nuovo millennio. Siamo di fronte a un pro-0.0 cesso che, in apparenza, si presenta come irreversibile. Non si trattao di ateismo, come poteva essere negli anni Settanta dominati dal mar-

xismo. Siamo piuttosto di fronte a un agnosticismo vissuto, inconsa-pevole, che non si pone il problema religioso per la semplice ragione

;t. che non ne ha più notizia né testimonianza diretta. L'agnosticismof. nuovo è diverso da quello kantiano-ottocentesco per il quale non è

dato sapere se Dio esista, anche se sarebbe preferibile che lo fosse.Così come è diverso dall'agnosticismo positivistico, che tende a supe-

• rare lo stesso ateismo dissolvendo, alla radice, le domande metafisiche• e l'esigenza del divino. Di Dio non è dato sapere nulla perché non c'è

nulla da sapere.L'agnosticismo dei giovani d'oggi è diverso. Diverso anche da quel-

lo dei loro genitori che, delusi dalla stagione e dalle utopie del '68,sono impregnati di un profondo scetticismo. Per i giovani, al contra-

_~ rio, essere agnostici significa non sapere nulla di Dio, né, in Europa,della vita cristiana. Non sono avversi alla fede, anche se non sfuggono

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ai pregiudizi della tradizione illuminista. Sono piuttosto alieni, distan-ti, lontani. Appartengono al regno dei senza-religione, i nones, secon-do la designazione americana studiata da Guillaume Cuchet nel suorecente articolo La montée des sans-religion en Occident, ripropostoqui sopra in traduzione italiana. Il suo saggio si inserisce ín un dibat-tito molto sentito in Francia (cfr. Anne-Laure Zwilling, Les "sans reli-gion": la nouvelle religion ?, in «The Conversation», 1° ottobre 2018;Thomas Mahler, En 2019, les sans religion" pourraient devenir le pre-mier groupe aux États-Unis, in «Le Point», 19 gennaio 2019; MélinéeLe Priol, Qui sont vraiment les "sans religion"?, in «La Croix», 12marzo 2019) .I nones sono la maggioranza, aumentano progressivamente, deli-

neano una nuova spiritualità. La secolarizzazione non produce piùateismo, come nell'Ottocento-Novecento, ma indifferenza, distaccoantropologico, sensibilità diverse. É questo il terreno su cui torna-no talune delle riflessioni più interessanti sull'Europa secolare uscitinegli ultimi tempi. Sono tutti accomunati da un filo rosso: il rifiutodel progetto "identitario" come alternativa al secolarismo liquido.Nel suo Breve apologia per un momento cattolico (trad. it. Morcelliana,2019) Jean-Luc Marion, uno dei più illustri filosofi cattolici in Francia,propone una presenza pubblica, visibile, dei cristiani francesi comeantidoto al laicismo e al clericalismo íslamista. Non si tratta però diun'affermazione autonoma e divisiva ma di un contributo originaleal bene comune nel momento in cui il modello della laicité mostratutti suoi limiti. Si ha l'impressione che l'autore, volendo rassicurarei francesi riguardo ai rischi dell'integralismo religioso, colga l'occa-sione per parlare loro della fede, della Chiesa, della grande ereditàcristiana. Com'egli recita: «"Non abbiate paura! ", quest'esortazionedi Giovanni Paolo II, lanciata dal balcone di piazza San Pietro appenadopo la sua elezione, il 22 aprile 1978, intendeva confortare i cattolicidel mondo intero. Ma sembra che oggi siano soprattutto i cattolicifrancesi che dovrebbero ripetere queste parole ad altri francesi noncattolici, spaventati da un ritorno di clericalismo, per non parlare dicerti cattolici intimiditi dalla loro stessa esistenza. Io dunque ve lodico: "Non abbiate paura di noi! "».

Se nella riflessione dí Marion l'integralismo e l'identitarismo ap-paiono come un ostacolo proprio per una presenza cristiana nella so-cietà secolarizzata, non è da meno la prospettiva avanzata da Oliver

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¡VITA E PENSIERO

Roy nel suo L'Europa è ancora cristiana? Cosa resta delle nostre radicireligiose (trad. it. Feltrinelli, 2019). La tesi di fondo dell'autore, notostudioso del mondo islamico, è che la svolta antropologica del '68 ab-bia incrinato il dialogo fecondo che la Chiesa aveva instaurato con lamodernità nel Concilio Vaticano II. «Il fatto è che, proprio quando laChiesa si adattava alla modernità, quest'ultima stava vivendo una no-tevole trasformazione: la comparsa di un nuovo sistema di valori, a co-minciare da quello che è stato definito lo "spirito degli anni Sessantadel Novecento"». La dissociazione tra Chiesa e valori morali "post-moderni" è la causa di una conflittualità che caratterizza la stagioneecclesiale a partire dagli anni Ottanta, dopo la fine del comunismo.Donde la reazione "identitaria" contro il relativismo etico, una rea-zione che deve ridurre la fede a cultura, a radice del passato, a normagiuridica. Con il risultato di secolarizzare la fede che vuole opporsialla secolarizzazione. Per Roy «l'unica cosa in grado di smentire la tesifin qui esposta, e che eventualmente giustificherebbe la posizione deicredenti identitari, sarebbe un ritorno massiccio alla fede e alla pra-tica religiosa cristiana in seguito all'attivismo da parte di cattolici cheancora sopravvivono. Invece, fare leggi e imporre simboli, compiere lapromessa pascalíana del "fare finta" di credere giacché non si ha nullada perdere e tutto da guadagnare, in attesa che la Provvidenza e loSpirito Santo intervengano direttamente, non garantisce alcun risulta-to. Stranamente, questi intellettuali, da Rod Dreher a Rémi Brague e

o Pierre Manent, sono profondamente pessimisti in quanto essenzialisti;cal essi confondono la cultura e la religione, e non si rendono conto che

E entrambe sono comunque in crisi o in evoluzione. Forse, in attesa

To dello Spirito Santo, occorre ritrovare l'insostenibile leggerezza dell'es-

É sere. Se l'Europa deve tornare a essere cristiana, allora ha bisogno diprofeti, non di legislatori».

(2 A quest'ultima affermazione di Roy, conclusiva del suo volume, si

.~ potrebbe obiettare che i cristiani hanno tutto il diritto di portare ilu loro contributo al bene comune, di opporsi ai risultati etico-politicim.) dettati dall'individualismo radicale. In questa opposizione e nella ri-

o proposizione di modelli più solidali di convivenza civile non v'è al-cuna secolarizzazione. La secolarizzazione si attua solo quando un

te progetto politico identitario viene investito di un significato salvifico,m come se la restaurazione dei modelli etico-giuridici conformi al dixit' to naturale rendesse possibile la restaurazione cattolica della società.

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Questo è l'equivoco di cui ho parlato nel mio La teologia politica delladestra religiosa, in «ilsussidiario.net», 19 settembre 2019. Se in unoStato europeo fossero aboliti divorzio, matrimonio gay, aborto ecce-tera, ciò non avvicinerebbe minimamente i nones alla fede. La lottaal relativismo etico può coagulare un movimento politico, non è ingrado di promuovere un rinnovamento religioso. E questo elementoche la teologia politica identitaria non mette a fuoco confondendo ilpiano religioso con quello politico.

Nel loro recente volume La scommessa cattolica (il Mulino, 2019)Mauro Magatti e Chiara Giaccardi hanno ben presente questo equi-voco che caratterizza tanta parte del cattolicesimo impegnato oggi.Quel mondo è animato dalle migliori intenzioni quando vuole usciredal ghetto, dalla fuga spiritualistica, e vuole contrastare le derive uti-litaristiche ed edonistiche della secolarizzazione. Trascina però, senzaavvedersene, la figura di Cristo nel campo di battaglia e se ne servecome uno stendardo di lotta nella mischia di un esercito guidato dagenerali che hanno ben altri interessi che la fede. Affidarsi a Orbano a Salvini per cristianizzare i nones è una prospettiva lunare, oltreche contraria al primato dell'annuncio e della testimonianza. Comescrivono Magatti e Giaccardi: «Il problema è che il rimedio propostorischia di essere peggiore della malattia. La distinzione tra potere reli-gioso e potere politico è proprio uno dei presupposti dell'Occidentecristiano. Il Papa, a differenza del faraone, non ha mai voluto diventa-re imperatore, semplicemente perché la città di Dio non coincide conquella dell'uomo. [...] Pensare di invertire la profonda scristianizza-zione in atto partendo dall'alto, appropriandosi del potere politico, èun errore che la storia ci ha insegnato a riconoscere come tale. E intutti i casi non è mai stato questo il metodo usato da Cristo e indicato achi sceglieva di seguirlo. È senz'altro vero che la Chiesa ha il problemadi contrastare lo gnosticismo imperante che pretende di fare a menodella religione, relegandola nel recinto della sola esperienza personalee così condannandola all'insignificanza privata e all'irrilevanza pub-blica. Ma il modo per affrontare la questione non è immaginare diconquistare il potere politico».

Al pari di Marion e di Roy, anche per gli autori de La scommessacattolica la rinascita della fede non può seguire la via di una teologiapolitica, cioè della restaurazione dall'alto di una "cristianità" perduta.«Fede e libertà: è questo uno dei grandi temi del Concilio, la sfida

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Pe~sieroGuillaume Cuchet e Massimo

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grande che ci ha consegnato. Ma dopo più di cinquant'anni si puòvedere che la risposta è ancora balbettata. E così la Chiesa cattolicarimane a mezza via fra tentazione di tornare indietro, nel grembo ras-sicurante della tradizione e della dottrina, e la fuga in avanti di una"chiesa non chiesa" in cui tutto si scioglie nel soggettivismo. Ma inquesta incertezza, quello che è certo è che la formula del cristianesi-mo che ha funzionato negli ultimi cinquecento anni non tiene più».È una strada impegnativa, drammatica, «tensionante» direbbe papaFrancesco. Magatti e Giaccardi ripropongono nel loro testo l'attua-lità dell'antropologia polare di Romano Guardiní, íl pensatore ítalo-tedesco che tanto ha influenzato la visione ecclesiale e sociale dí JorgeMario Bergoglio. Agli inizi degli anni Venti Guardini, nel suo volumeIl senso della Chiesa, sognava un nuovo incontro tra Chiesa e persona,verità e libertà, oltre l'autoritarismo del modello medievale. Tradottooggi, quel sogno indica un rinnovato rapporto tra misericordia e ve-rità. La via della misericordia non è alternativa alla verità, come affer-mano i critici di Francesco, ma, come ha dichiarato il Papa emerito inuna sua intervista a Jacques Servais nel 2016, si tratta di una linea ros-sa che unisce gli ultimi tre pontefici (cfr. «la stampa.it/vatican-insider-it/2016/03/16»: Benedetto XVI: È la misericordia che ci muove versoDio). Non si può pensare di incontrare i nones del nostro tempo, imilioni di giovani che nulla sanno della fede, a colpi di norme, regole,leggi. Questo appartiene al dibattito civile, laico, a cui i cristiani sonotenuti, come tutti, a portare il loro contributo. Ma la conversione deicuori e delle menti è un'altra cosa. Solo una libera testimonianza capa-ce di trasmettere l'«attrattiva Gesù» può essere in grado di provocaree dí sorprendere quanti di Dio non conoscono nemmeno il nome.

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