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GIOVANNI PAOLO II BIOGRAFIA Karol Józef Wojtyła, divenuto Giovanni Paolo II con la sua elezione alla Sede Apostolica il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Kraków (Polonia), il 18 maggio 1920. Era l’ultimo dei tre figli di Karol Wojtyła e di Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941. La sorella, Olga, era morta prima che lui nascesse. Fu battezzato il 20 giugno 1920 nella Chiesa parrocchiale di Wadowice; a 9 anni ricevette la Prima Comunione e a 18 anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Università Jagellónica di Cracovia. Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Università nel 1939, il giovane Karol lavorò (1940-1944) in una cava ed, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania. A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall’Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del "Teatro Rapsodico", anch’esso clandestino. Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell’Università Jagellónica, fino alla sua ordinazione sacerdotale avvenuta a Cracovia il 1̊ novembre 1946, per le mani dell’Arcivescovo Sapieha. Successivamente fu inviato a Roma, dove , sotto la guida del domenicano francese P. Garrigou-Lagrange, conseguì nel 1948 il dottorato in teologia, con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce (Doctrina de fide apud Sanctum Ioannem a Cruce). In quel periodo, durante le sue vacanze, esercitò il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda. Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowić, vicino a Cracovia, e poi in quella di San Floriano, in città. Fu cappellano degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presentò all’Università cattolica di Lublino la tesi: "Valutazione della possibilità di fondare un'etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler". Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino. Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Ombi e Ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell’Arcivescovo 1

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GIOVANNI PAOLO IIBIOGRAFIAKarol Józef Wojtyła, divenuto Giovanni Paolo II con la sua elezione alla Sede Apostolica il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Kraków (Polonia), il 18 maggio 1920. Era l’ultimo dei tre figli di Karol Wojtyła e di Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941. La sorella, Olga, era morta prima che lui nascesse.Fu battezzato il 20 giugno 1920 nella Chiesa parrocchiale di Wadowice; a 9 anni ricevette la Prima Comunione e a 18 anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Università Jagellónica di Cracovia.Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Università nel 1939, il giovane Karol lavorò (1940-1944) in una cava ed, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania. A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall’Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del "Teatro Rapsodico", anch’esso clandestino.Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell’Università Jagellónica, fino alla sua ordinazione sacerdotale avvenuta a Cracovia il 1̊ novembre 1946, per le mani dell’Arcivescovo Sapieha.Successivamente fu inviato a Roma, dove , sotto la guida del domenicano francese P. Garrigou-Lagrange, conseguì nel 1948 il dottorato in teologia, con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce (Doctrina de fide apud Sanctum Ioannem a Cruce). In quel periodo, durante le sue vacanze, esercitò il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda.Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowić, vicino a Cracovia, e poi in quella di San Floriano, in città. Fu cappellano degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presentò all’Università cattolica di Lublino la tesi: "Valutazione della possibilità di fondare un'etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler". Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino.Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Ombi e Ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell’Arcivescovo Eugeniusz Baziak. Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Papa Paolo VI. Partecipò al Concilio Vaticano II (1962-1965) con un contributo importante nell’elaborazione della costituzione Gaudium et spes. I Cardinali, riuniti in Conclave, lo elessero Papa il 16 ottobre 1978. Prese il nome di Giovanni Paolo II e il 22 ottobre iniziò solennemente il ministero Petrino, quale 263° successore dell’Apostolo. Il suo pontificato è stato uno dei più lunghi della storia della Chiesa ed è durato quasi 27 anni.Giovanni Paolo II ha esercitato il suo ministero con instancabile spirito missionario, dedicando tutte le sue energie sospinto dalla sollecitudine pastorale per tutte le Chiese e dalla carità aperta all’umanità intera. I suoi viaggi apostolici nel mondo sono stati 104. In Italia ha compiuto 146 visite pastorali. Come Vescovo di Roma, ha visitato 317 parrocchie (su un totale di 333).

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Più di ogni Predecessore ha incontrato il Popolo di Dio e i Responsabili delle Nazioni: alle Udienze Generali del mercoledì (1166 nel corso del Pontificato) hanno partecipato più di 17 milioni e 600 mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali e le cerimonie religiose [più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell’anno 2000], nonché i milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo. Numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri.Il suo amore per i giovani lo ha spinto ad iniziare, nel 1985, le Giornate Mondiali della Gioventù. Le 19 edizioni della GMG che si sono tenute nel corso del suo Pontificato hanno visto riuniti milioni di giovani in varie parti del mondo. Allo stesso modo la sua attenzione per la famiglia si è espressa con gli Incontri mondiali delle Famiglie da lui iniziati a partire dal 1994.Giovanni Paolo II ha promosso con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentati delle altre religioni, convocandoli in diversi Incontri di Preghiera per la Pace, specialmente in Assisi. Sotto la sua guida la Chiesa si è avvicinata al terzo millennio e ha celebrato il Grande Giubileo del 2000,. Con l’Anno della Redenzione, l’Anno Mariano e l’Anno dell’Eucaristia, Giovanni Paolo II ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa.Ha dato un impulso straordinario alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro tempo: ha celebrato 147 cerimonie di beatificazione - nelle quali ha proclamato 1338 beati - e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Ha proclamato Dottore della Chiesa santa Teresa di Gesù Bambino.Ha notevolmente allargato il Collegio dei Cardinali, creandone 231 in 9 Concistori. Ha convocato anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio. Ha presieduto 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi.Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Lettere encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche. Ha promulgato il Catechismo della Chiesa cattolica, alla luce della Tradizione, autorevolmente interpretata dal Concilio Vaticano II. Ha riformato i Codici di diritto Canonico Occidentale e Orientale, ha creato nuove Istituzioni e riordinato la Curia Romana.A Papa Giovanni Paolo II, come privato Dottore, si ascrivono anche 5 libri: “Varcare la soglia della speranza” (ottobre 1994); "Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio" (novembre 1996); “Trittico romano”, meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); “Alzatevi, andiamo!” (maggio 2004) e “Memoria e Identità” (febbraio 2005).Giovanni Paolo II è morto in Vaticano il 2 aprile 2005, alle ore 21.37, mentre volgeva al termine il sabato e si era già entrati nel giorno del Signore.Da quella sera e fino all’8 aprile, quando hanno avuto luogo le Esequie del defunto Pontefice, più di tre milioni di pellegrini sono confluiti a Roma per rendere omaggio alla salma del Papa, attendendo in fila anche fino a 24 ore per poter accedere alla Basilica di San Pietro. Il 28 aprile successivo, il Santo Padre Benedetto XVI ha concesso la dispensa dal tempo di cinque anni di attesa dopo la morte, per l’inizio della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II. La Causa è stata aperta ufficialmente il 28 giugno 2005 dal Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la diocesi di Roma.

I MESSAGGII messaggi di Giovanni Paolo II per le Giornate Mondiali della Gioventù sono una sorta di catechismo per i giovani distribuito in questi ultimi quindici anni del secolo passato e a inaugurazione del nuovo millennio. Tutti sappiamo che le GMG sono nate dal cuore del papa, ma, come diceva spesso lui, sono state stimolate sempre dai giovani, dalla

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loro sete di Dio, dalle loro sfide e dai loro problemi. Dopo i primi due tentativi (1984 e 1985), voluti fortemente dal papa e non sempre accolti con entusiasmo da tutti, le GMG sono entrate nella programmazione pastorale ordinaria. La domenica della Palme è la data che le ospita nella chiesa locale e ogni due anni la giornata viene ripetuta, allargata, esaltata in una grande convocazione mondiale che ha toccato Roma, Buenos Aires, Santiago de Compostela, Czestochowa, Denver, Manila, Parigi, Roma di nuovo nell’Anno Santo, Toronto. (Proseguirono Benedetto XVI: Colonia, Sydney e Madrid; e papa Francesco: Rio de Janeiro). A chi diceva a Giovanni Paolo II che il ritmo delle convocazioni mondiali era troppo frequente rispondeva sempre in termini bonari, ma decisi: “Finchè ci sono io, si fa ogni due anni”. Era troppo evidente la voglia dei giovani e la responsabilità del papa nei confronti delle loro domande. Così ogni anno il papa si rivolge direttamente ai giovani e propone con un messaggio che viene pubblicato quasi sempre prima di Natale, un cammino essenziale, centrato su Gesù, ritmato sulla sua morte e risurrezione, orientato a stimolare alla santità, capace di far riflettere e riportare alla vita cristiana feriale. Tutti i messaggi hanno un titolo legato alla frase biblica: quasi sempre del vangelo di Giovanni. In prevalenza sono temi che invitano alla contemplazione, che esigono lo stare davanti a Dio per interrogarlo, per adorarlo, per prendere forza, per avere risposte alla sete di vita, in vista di una missione coraggiosa. Le GMG non sono per il papa cammini da eccezione, fuori del contesto ecclesiale, ma sono camini ordinari, che devono entrare a far parte della programmazione pastorale ordinaria. I temi sono quelli proposti a tutta la Chiesa, anche se tradotti, detti, riscritti per interpretare la vita dei giovani ed essere compresi da loro. […] Una catechesi così non può non diventare punto di riferimento di ogni progetto di pastorale giovanile e noi siamo grati al Santo Padre di aver guidato in questi anni tutti gli operatori di pastorale giovanile a tenere la direzione vera della vita e a camminare verso Gesù in una Chiesa “sbilanciata” verso i giovani.(Prefazione di mons. Domenico Sigalini a “Cari giovani aprite bene gli occhi! Giornate mondiali della Gioventù” Giovanni Paolo II)

LA VOCAZIONE«Seguimi»Quando il giovane chiede a Gesù intorno al «di più»: «Che cosa mi manca ancora?», Gesù lo fissa con amore, e questo amore trova qui un nuovo significato. L’uomo viene portato interiormente, per mano dello Spirito Santo, da una vita secondo i comandamenti ad una vita nella consapevolezza del dono, e lo sguardo pieno di amore di Cristo esprime questo «passaggio» interiore. E Gesù dice: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi».Sì, miei amati giovani amici! L’uomo, il cristiano è capace di vivere nella dimensione del dono. Anzi, questa dimensione non solo è «superiore» alla dimensione dei soli obblighi morali noti dai comandamenti, ma è anche «più profonda» di essa e più fondamentale. Essa testimonia una più piena espressione di quel progetto di vita, che costruiamo già nella giovinezza. La dimensione del dono crea anche il profilo maturo di ogni vocazione umana e cristiana.In questo momento desidero, parlarvi del particolare significato delle parole, che Cristo disse a quel giovane. E ciò faccio nella convinzione che Cristo le rivolga nella Chiesa ad alcuni suoi giovani interlocutori di ogni generazione. Anche della nostra. Quelle sue parole significano allora una particolare vocazione nella comunità del Popolo di Dio. La Chiesa trova il «seguimi» di Cristo all’inizio di ogni chiamata al servizio nel sacerdozio ministeriale, il che simultaneamente nella Chiesa cattolica latina è unito alla consapevole e libera scelta del celibato. La Chiesa trova lo stesso «seguimi» di Cristo all’inizio della vocazione religiosa, nella quale mediante la professione dei consigli evangelici (castità, povertà e obbedienza) un uomo o una

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donna riconoscono come proprio il programma di vita che Cristo stesso realizzò sulla terra, per il Regno di Dio. Emettendo i voti religiosi, tali persone si impegnano a dare una particolare testimonianza dell’amore di Dio sopra ogni cosa ed insieme di quella chiamata all’unione con Dio nell’eternità, che è rivolta a tutti. C’è, tuttavia, bisogno che alcuni ne diano una testimonianza eccezionale davanti agli altri.Desidero dire a tutti voi, giovani, in questa importante fase dello sviluppo della vostra personalità femminile o maschile: se una tale chiamata giunge al tuo cuore, non farla tacere! Lascia che si sviluppi fino alla maturità di una vocazione! Collabora con essa mediante la preghiera e la fedeltà ai comandamenti! «La messe, infatti, è molta».  C’è un enorme bisogno di molti che siano raggiunti dalla chiamata di Cristo: «Seguimi». C’è un enorme bisogno di sacerdoti secondo il cuore di Dio – e la Chiesa e il mondo d’oggi hanno un enorme bisogno di una testimonianza di vita donata senza riserva a Dio: della testimonianza di un tale amore sponsale di Cristo stesso, che in modo particolare renda presente tra gli uomini il Regno di Dio e lo avvicini al mondo.Permettetemi, dunque, di completare ancora le parole di Cristo Signore sulla messe che è molta. Sì, è molta questa messe del Vangelo, questa messe della salvezza!... «Ma gli operai sono pochi!». Forse oggi ciò si risente più che in passato, specialmente in alcuni Paesi, come anche in alcuni Istituti di vita consacrata e simili. «Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe», continua Cristo. E queste parole, specialmente ai nostri tempi, diventano un programma di preghiera e di azione in favore delle vocazioni sacerdotali e religiose. Con questo programma la Chiesa si rivolge a voi, ai giovani. Anche voi: chiedete! E se il frutto di questa preghiera della Chiesa nascerà nel profondo del vostro cuore, ascoltate il Maestro che dice: «Seguimi».Il progetto di vita e la vocazione cristianaQueste parole nel Vangelo certamente riguardano la vocazione sacerdotale o religiosa; al tempo stesso, però, esse ci permettono di comprendere più profondamente la questione della vocazione in un senso ancor più ampio e fondamentale. Si potrebbe parlare qui della vocazione «di vita», la quale in qualche modo si identifica con quel progetto di vita, che ognuno di voi elabora nel periodo della sua giovinezza. Tuttavia, «la vocazione» dice ancora qualcosa di più del «progetto». L’uomo è una creatura ed è insieme un figlio adottivo di Dio in Cristo: è figlio di Dio. Allora l’interrogativo: «Che cosa devo fare?» l’uomo lo pone durante la sua giovinezza non solo a sé e agli altri uomini, dai quali può attendere una risposta, specialmente ai genitori e agli educatori, ma lo pone anche a Dio, come suo creatore e padre. Egli lo pone nell’ambito di quel particolare spazio interiore, nel quale ha imparato ad essere in stretta relazione con Dio, prima di tutto nella preghiera. Egli chiede dunque a Dio: «Che cosa devo fare?», qual è il tuo piano riguardo alla mia vita? Il tuo piano creativo e paterno? Qual è la tua volontà? Io desidero compierla. In un tale contesto il «progetto» acquista il significato di «vocazione di vita», come qualcosa che viene all’uomo affidato da Dio come compito. Una persona giovane, rientrando dentro di sé ed insieme intraprendendo il colloquio con Cristo nella preghiera, desidera quasi leggere quel pensiero eterno, che Dio, creatore e padre, ha nei suoi riguardi. Si convince allora che il compito, a lei assegnato da Dio, è lasciato completamente alla sua libertà e, al tempo stesso, è determinato da diverse circostanze di natura interna ed esterna. Esaminandole la persona giovane, ragazzo o ragazza, costruisce il suo progetto di vita ed insieme riconosce questo progetto come la vocazione, alla quale Dio la chiama.Desidero, dunque, affidare a voi tutti giovani, questo lavoro meraviglioso, che si collega alla scoperta, davanti a Dio, della rispettiva vocazione di vita. È questo un lavoro appassionante. È un affascinante impegno interiore. In questo impegno si sviluppa e cresce la vostra umanità, mentre la vostra giovane personalità va acquistando la maturità interiore. Vi radicate in ciò che ognuno e ognuna di voi è, per diventare ciò che deve diventare: per sé – per gli uomini – per Dio.Nel periodo anteriore al Concilio Vaticano II, il concetto di «vocazione» veniva applicato prima di tutto in relazione al sacerdozio e alla vita religiosa, come se Cristo

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avesse rivolto al giovane il suo «seguimi» evangelico solo per questi casi. Il Concilio ha allargato questa visuale. La consapevolezza dell’universale partecipazione di tutti i battezzati alla triplice missione di Cristo (tria munera) profetica, sacerdotale e regale, come anche la consapevolezza dell’universale vocazione alla santità, fanno sì che ogni vocazione di vita dell’uomo come la vocazione cristiana corrisponda alla chiamata evangelica. In diversi modi si può diventare imitatori di Cristo, cioè non solamente dando una testimonianza del Regno escatologico di verità e di amore, ma anche adoperandosi per la trasformazione secondo lo spirito del Vangelo di tutta la realtà temporale. È a questo punto che prende anche inizio l’apostolato dei laici, che è inseparabile dall’essenza stessa della vocazione cristiana.«Grande Sacramento sponsale»Su questo vasto sfondo, che il vostro progetto giovanile di vita acquista in confronto con l’idea della vocazione cristiana, io desidero rivolgere l’attenzione insieme con voi giovani, verso uno dei problemi centrali della vita umana ed insieme uno dei temi centrali di riflessione, di creatività e di cultura. Dio ha creato l’essere umano uomo e donna, introducendo con ciò nella storia dell’umanità quella particolare «duplicità» con una completa parità, se si tratta della dignità umana, e con una meravigliosa complementarietà, se si tratta della divisione degli attributi, delle proprietà e dei compiti, uniti alla mascolinità ed alla femminilità dell’essere umano. Pertanto, questo è un tema di per sé inscritto nello stesso «io» personale di ciascuno e di ciascuna di voi. La giovinezza è quel periodo, in cui questo grande tema attraversa in modo sperimentale e creativo l’anima e il corpo di ogni ragazza e di ogni ragazzo, e si manifesta all’interno della coscienza giovanile insieme con la scoperta fondamentale del proprio «io» in tutta la sua molteplice potenzialità. Allora sull’orizzonte di un giovane cuore si delinea un’esperienza nuova: questa è l’esperienza dell’amore, che sin dall’inizio richiede di essere inscritta in quel progetto di vita, che la giovinezza crea e forma spontaneamente.Tutto questo possiede ogni volta la sua irripetibile espressione soggettiva, la sua ricchezza affettiva, la sua bellezza addirittura metafisica. Al tempo stesso, in tutto questo è contenuta una possente esortazione a non falsare questa espressione, a non distruggere tale ricchezza e a non deturpare tale bellezza. Siate convinti che questo appello viene da Dio stesso, che ha creato l’uomo «a sua immagine e somiglianza» proprio «come uomo e donna». Questo appello scaturisce dal Vangelo e si fa sentire nella voce delle giovani coscienze, se esse hanno conservato la loro semplicità e limpidezza: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio». Sì! Per mezzo di quell’amore che nasce in voi – e vuol essere inscritto nel progetto di tutta la vita – dovete vedere Dio che è amore.E perciò vi chiedo di non interrompere il colloquio con Cristo in questa fase estremamente importante della vostra giovinezza; vi chiedo, anzi, di impegnarvi ancora di più. Quando Cristo dice «seguimi», la sua chiamata può significare: «ti chiamo ad un altro amore ancora»; però, molto spesso significa: «seguimi», segui me che sono lo sposo della Chiesa – della mia sposa ...; vieni, diventa anche tu lo sposo della tua sposa ..., diventa anche tu la sposa del tuo sposo. Diventate ambedue i partecipanti a quel mistero, a quel sacramento, del quale nella Lettera agli Efesini si dice che è grande: grande «in riferimento a Cristo e alla Chiesa».Molto dipende dal fatto che voi, anche su questa via, seguiate il Cristo; che non fuggiate da lui, mentre avete questo problema che giustamente ritenete il grande evento del vostro cuore, un problema che esiste solo in voi e tra voi. Desidero che crediate e vi convinciate che questo grande problema ha la sua dimensione definitiva in Dio, che è amore. Desidero che voi crediate e vi convinciate che questo vostro umano «grande mistero» ha il suo principio in Dio che è il Creatore, che esso è radicato in Cristo Redentore, il quale come lo sposo «ha dato se stesso», ed a tutti gli sposi e a tutte le spose insegna a «donarsi» secondo la piena misura della dignità personale di ciascuno e di ciascuna. Cristo ci insegna l’amore sponsale. Imboccare la via della vocazione matrimoniale significa imparare l’amore sponsale giorno per

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giorno, anno per anno: l’amore secondo l’anima e il corpo, l’amore che «è paziente, è benigno, che non cerca il suo... e non tiene conto del male»; l’amore, che sa «compiacersi della verità», l’amore che «tutto sopporta». Proprio di questo amore voi, giovani, avete bisogno, se il vostro futuro matrimonio deve «superare» la prova di tutta la vita. E proprio questa prova fa parte dell’essenza stessa della vocazione che, mediante il matrimonio, intendete inscrivere nel progetto della vostra vita.Cari giovani amici! Non permettete che vi sia tolta questa ricchezza! Non inscrivete nel progetto della vostra vita un contenuto deformato, impoverito e falsato: l’amore «si compiace della verità». Cercatela questa verità là dove essa si trova realmente! Se c’è bisogno, siate decisi ad andare contro la corrente delle opinioni che circolano e degli slogans propagandati! Non abbiate paura dell’amore, che pone precise esigenze all’uomo. Queste esigenze – così come le trovate nel costante insegnamento della Chiesa – sono appunto capaci di rendere il vostro amore un vero amore.Siate «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi»! La Chiesa e l’umanità vi affidano il grande problema di quell’amore, sul quale si basa il matrimonio, la famiglia: il futuro. Esse confidano che saprete farlo rinascere; confidano che saprete renderlo bello: umanamente e cristianamente bello. Umanamente e cristianamente grande, maturo e responsabile.(LETTERA APOSTOLICA DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II AI GIOVANI E ALLE GIOVANI DEL MONDO IN OCCASIONE DELL’ANNO INTERNAZIONALE DELLA GIOVENTÙ “Dilecti amici” Roma 31/3/1985)

COMMENTOChe forza e che entusiasmo in queste parole del papa! Ci si riempie della voglia di mettersi seriamente in cammino dietro a Gesù, di “prendere in mano la propria vita e di farne un capolavoro”, “se saremo quello che dobbiamo essere, incendieremo il mondo” (come ha detto il papa stesso in diverse occasioni)! E’ davvero uno scossone per i nostri cammini di ricerca sempre troppo lenti, travolti dai dubbi e dalle paure, dai mille “ma” e “se”, dai quintali di calcoli che ci affondano il cuore…E’ il Signore che ci chiama, di Lui ci possiamo fidare! Non ci lascerà delusi e non ci abbandonerà! Tutto possiamo in Lui che ci dà la forza (cf. Fil 4,13)! Lasciamoci riempire il cuore dalla dolcezza di questa fiducia…E se anche una scelta vocazionale già l’abbiamo compiuta, non smettiamo di interrogarci giorno per giorno sulla qualità del nostro amore, dell’amore che mettiamo in ciò che siamo e che facciamo…continuiamo a crescere nell’amore, la misura a cui il nostro cuore aspira è la misura della croce! Grazie allora per queste bellissime parole che ci fanno guardare alla nostra vita come a un cammino affascinante, meraviglioso ed appassionante, che ci regalano quello sguardo ampio che ci permette di sollevare gli occhi incollati alla nostra quotidianità che tante volte rischia così di apparirci grigia e stretta, dove tutto sembra capitarci per caso o per forza…l’invito forte è a sollevare lo sguardo verso l’immensità del cielo, a lasciarci riempire il cuore dell’amore di Dio, a respirare il profumo della santità, a camminare e danzare sul nostro cammino!

A che punto sono nel mio cammino vocazionale? Con quali sentimenti nel cuore lo sto vivendo (paura, ansia, entusiasmo, stupore…)?

Cosa penso della vocazione alla vita consacrata? E’ davvero una testimonianza particolare dell’amore di Dio? Cosa dice alla mia vita e al mio desiderio di amare?

Cosa penso della vocazione al matrimonio? Davvero Cristo può insegnarci l’amore matrimoniale? Cosa dice alla mia vita e al mio desiderio di amare?

PREGHIERA

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Signore Gesù Cristo, pastore delle nostre anime, 

che continui a chiamare con il tuo sguardo d'amore tanti giovani e tante giovani 

che vivono nelle difficoltà del mondo odierno, apri la loro mente a riconoscere, 

tra le tanti voci che risuonano intorno ad essi, la tua voce inconfondibile, 

mite e potente, che anche oggi ripete: «Vieni e seguimi».Muovi l'entusiasmo della nostra gioventù 

alla generosità e rendila sensibile alle attese dei fratelli 

che invocano solidarietà e pace, verità e amore. 

Orienta il cuore dei giovani verso la radicalità evangelica, 

capace di svelare all'uomo moderno le immense ricchezze della tua carità.

Chiamali con la tua bontà, per attirarli a te!

Prendili con la tua dolcezza, per accoglierli in te!

Mandali con la tua verità, per conservarli in te!

Amen!

(MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II PER LA XXVI GIORNATA MONDIALE PER LE VOCAZIONI 1989)

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LUOGO: CRACOVIACracovia è una città polacca di 761.873 abitanti della Polonia meridionale, una delle più antiche ed estese dello Stato. È un grande centro commerciale e industriale (stoffe, pelli, macchine agricole, cartiere, editoria) e un importante nodo ferroviario. Cracovia è stata a lungo la capitale del paese e a tutt'oggi rimane il suo principale centro culturale, artistico e universitario - è sede tra le altre della Università Jagellonica, la più antica del paese e una delle più antiche d'Europa dove studio il giovane WojtylaAltri luoghi significati per la vita di papa Giovanni Paolo II sono:La collina di Wawel: il castello e la cattedrale piena di ricordi della storia polacca, dove nella cripta romanica di San Leonardo il giovane don Wojtyla celebro la sua prima messa, pregando Totus Tuus. Rynek (Piazza Centrale) con la chiesa della Vergine Maria, dove Karol Wojtyla era confessore nei anni 1952-1957; Universita Jagellonica, dove studiava Karol Wojtyla negli anni 1938-1939 prima dello scoppio della II Guerra Mondiale; Collegium Maius: l`edificio piu antico dell’Universita Jagellonica, con astrolabi del secolo XI e il globo di Copernico il quale anche studio a Cracovia. Palazzo degli Arcivescovi di Cracovia dove abitava Karol Wojtyla – il vescovo e poi l’arcivescovo di Cracovia. La chiesa dei Francescani ubicata di fronte al Palazzo degli Arcivescovi, dove andava spesso a pregare il futuro Papa. Santuario della Divina Misericordia, con il famoso quadro “Gesú, in te confido”. E´ il santuario proclamato dal papa “il centro della Divina Miserocordia” durante la sua visita in Polonia nel 2002. Al lato dell’antica chiesa in cui era stata sepellita Santa Faustina Kowalska, fondatrice del culto della Divina Misericordia, fu costruita la nuova basilica. La domenica della Misericordia (cioe una settimana dopo la Pasqua) migliaia di persone vengono a celebrare la messa in questo santuario. Solvay - una fabbrica chimica dove lavorava Karol Wojtyla negli anni 1940-1941.

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LA VITAIl nostro tema è la vita, e la vita è piena di mistero. La scienza e la tecnologia hanno fatto progressi enormi per scoprire i segreti della nostra vita naturale, ma un esame superficiale della nostra esperienza personale indica che ci sono molte altre dimensioni per la nostra esistenza individuale e collettiva su questo pianeta. Il nostro cuore inquieto cerca al di là dei nostri limiti, ai confini della nostra capacità di pensare e amare: pensare e amare l’incommensurabile, l’infinito, la forma assoluta e suprema dell’Essere. Il nostro sguardo interiore si estende verso l’orizzonte illimitato delle nostre speranze ed aspirazioni. E in mezzo a tutte le contraddizioni della vita, cerchiamo il vero significato della vita. Ci meravigliamo e ci chiediamo, perché? Perché sono qui? Perché esisto? Cosa devo fare? Tutti ci poniamo queste domande. L’umanità nella sua totalità avverte l’urgente necessità di dare un senso e uno scopo ad un mondo in cui aumenta la complessità e la difficoltà di essere felici. Smettere di porsi queste domande significa rinunciare alla grande avventura di cercare la verità della vita.Sapete quanto sia facile evitare le questioni fondamentali. Ma la vostra presenza qui manifesta che voi non vi sottrarrete alla realtà e alla responsabilità! Vi preoccupate per il dono della vita che Dio vi ha dato. Confidate in Cristo quando dice: "Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" ( Gv 10,10 ). Allo stesso modo, dei falsi modelli di progresso hanno portato a mettere in pericolo l’equilibrio ecologico della terra. L’uomo, fatto a immagine e somiglianza del Creatore – era chiamato ad essere il buon pastore dell’ambiente, contesto della sua esistenza e della sua vita. È il compito che ha ricevuto da molto tempo e che la famiglia umana ha assunto non senza successo lungo tutta la sua storia, fino a un’epoca recente, in cui l’uomo è divenuto egli stesso il distruttore del suo ambiente naturale. Ma c’è dell’altro. Assistiamo anche alla diffusione di una mentalità di lotta contro la vita – un atteggiamento di ostilità vero la vita nel seno materno e verso la vita nelle sue ultime fasi. È nel momento in cui la scienza e la medicina riescono ad avere una maggiore capacità di vegliare sulla salute e sulla vita, che, per l’appunto, le minacce contro la vita si fanno più insidiose. L’aborto e l’eutanasia – omicidio vero e proprio di un autentico essere umano – vengono rivendicati come dei "diritti" e delle soluzioni a dei "problemi", problemi individuali o problemi della società. La strage degli innocenti non è un atto meno peccaminoso o meno distruttivo solo perché viene compiuto in modo legale o scientifico. Nelle metropoli moderne, la vita – primo dono di Dio e diritto fondamentale di ogni individuo, base di tutti gli altri diritti – è spesso trattata tutt’al più come una merce da organizzare, da commercializzare e da manipolare a proprio piacimento. Tutto questo avviene mentre Cristo il Buon Pastore, vuole che noi abbiamo la vita. Egli conosce ciò che minaccia la vita; sa riconoscere il lupo che arriva per rapire e disperdere le pecore. Egli sa individuare quanti tentano di entrare nel gregge, ma sono ladri e mercenari (cf. Gv 10,1 . 13). Si accorge di quanti giovani dissipano la loro esistenza fuggendo nell’irresponsabilità e nella falsità. Droga, abuso di sostanze alcoliche, pornografia e disordine sessuale, violenza: ecco alcuni gravi problemi che richiedono una seria risposta dalla società intera, in ogni Paese e a livello internazionale. Ma essi sono anche tragedie personali da affrontare con atti concreti interpersonali di amore e di solidarietà, grazie ad un grande rinnovamento della propria responsabilità personale davanti a Dio, davanti agli altri e davanti alla nostra stessa coscienza. Siamo i custodi dei nostri fratelli! (cf. Gen 4,9 ).Perché le coscienze dei giovani non si ribellano a questa situazione, soprattutto al male morale che deriva dalle scelte personali? Perché tanti si adagiano in atteggiamenti e comportamenti che offendono la dignità umana e deturpano l’immagine di Dio in noi? Sarebbe normale che la coscienza individuasse il pericolo mortale per l’individuo e per l’umanità racchiuso nella facile accettazione del male e del peccato. Eppure non è sempre così. È forse perché la stessa coscienza sta perdendo la facoltà di distinguere il bene dal male? In una cultura tecnologica in cui i

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popoli sono abituati a dominare la materia, scoprendo le sue leggi e i suoi meccanismi al fine di trasformarla secondo la propria volontà, sorge il pericolo di voler anche manipolare la coscienza e le sue esigenze. In una cultura che sostiene che nessuna verità universalmente valida è possibile, nulla è assoluto. Perciò, alla fine – dicono – la bontà oggettiva e il male non hanno più importanza. Bene significa ciò che è piacevole o utile in un momento particolare. Male significa ciò che contraddice i nostri desideri soggettivi. Ogni persona può costruirsi un sistema privato di valori.Cari giovani, non cedete a questa diffusa falsa moralità. Non soffocate la vostra coscienza! La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio. Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa legge non è una legge umana esteriore, bensì la voce di Dio, che ci chiama a liberarci dalla morsa di desideri malvagi e dal peccato, e ci stimola a cercare ciò che è buono e vero. Solo ascoltando la voce di Dio nel nostro intimo, e agendo in conformità alle sue direttive, raggiungerete la libertà a cui anelate. Come ha detto Gesù, solo la verità vi farà liberi (cf. Gv 8,32). E la verità non è il frutto dell’immaginazione di ciascun individuo. Dio vi ha dato l’intelligenza per conoscere la verità, e la volontà di raggiungere ciò che è moralmente buono. Vi ha dato la luce della coscienza per guidare le vostre decisioni morali, per amare il bene ed evitare il male. La verità morale è oggettiva, e una coscienza adeguatamente formata può percepirla. Ma se la stessa coscienza è stata corrotta, come può sanarsi? Se la coscienza – che è luce – non illumina più, come possiamo vincere il buio morale? Gesù dice: "La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!" ( Mt 6,22-23 ). Ma Gesù dice anche: "Io sono la luce del mondo: chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" ( Gv 8,12 ). Se seguite Cristo restituirete alla coscienza il suo giusto posto e il ruolo che le è proprio, e sarete la luce del mondo, il sale della terra (cf. Mt 5,13 ). Una rinascita della coscienza deve venire da due sorgenti: innanzitutto, lo sforzo di conoscere con certezza la verità oggettiva, compresa la verità su Dio; e in secondo luogo, la luce della fede in Gesù Cristo, che solo ha parole di vita.(VIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ. DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II DURANTE LA VEGLIA DI PREGHIERA CON I GIOVANI. Cherry Creek State Park, Denver - Sabato 14 agosto 1993)

COMMENTOSiamo i custodi dei nostri fratelli! A volte questo tema della dignità della vita non ci interessa davvero perché non ci riguarda da vicino, perché non sono esperienze che facciamo in prima persona: aborto, eutanasia, droga…sono temi lontani che ci infervorano giusto quando viene indetto qualche referendum o quando si parla di qualche caso in TV ma poi, per anni, non ci riguardano più. Magari non riguardano nemmeno persone vicine a noi, quindi come possiamo essere chiamati in causa?Ma il discorso qui è molto più ampio: si parla di una mancanza di valori quotidiana, di una costruzione di ciò che è bene e di ciò che è male in base al proprio interesse, alle proprie voglie, ai propri impegni del momento…e qui ci siamo dentro tutti!! Viviamo in una società così e quante volte anche noi ci adagiamo…perché in fondo è più comodo, è più facile, è già abbastanza complicato fare tutto! Quante volte tiriamo dritti nelle nostre giornate sulla via del fare tutte le cose che ci vengono chieste, del farle anche bene, del farle nel modo giusto, senza soffermarci però ad ascoltare la voce di Dio, senza accorgerci di chi ci sta intorno, di chi è, di cosa desidera, di cosa cerca, di cosa prova…

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E’ in primo luogo questa l’attenzione alla dignità della vita nostra e dei fratelli che ci viene richiesta! Dobbiamo vederci profondità, amore, bellezza… dobbiamo vederci Dio!!E come possiamo risvegliare lo sguardo del nostro cuore su queste realtà se non attraverso lo sguardo di Gesù? E come possiamo conoscere lo sguardo di Gesù se non attraverso la luce della Sua Parola?

Come mi pongo davanti al tema della vita? Mi sento interpellato, ne discuto? Mi sento lontano ed indifferente?

Mi sento custode dei miei fratelli? Quante volte nella mia giornata mi fermo ad ascoltare la voce di Dio? In quali

occasioni?

PREGHIERADovete dire e gridare che la vita è dono meraviglioso di Dio e nessuno ne è padrone,

che l’aborto e l’eutanasia sono tremendi crimini contro la dignità dell’uomo,che la droga è rinuncia irresponsabile alla bellezza della vita,che la pornografia è impoverimento e inaridimento del cuore.

Dovete anche ricordare che la malattia e la sofferenza non sono castighi o condanne,ma occasioni per entrare nel cuore del mistero dell’uomo;

che nel malato, nell’handicappato, nel bambino e nell’anziano,nell’adolescente e nel giovane, nell’adulto e in ogni persona, brilla l’immagine di Dio.

Ma, soprattutto, dovete gridare al mondo che la vita è un dono delicato,degno di rispetto assoluto: che Dio non guarda all’apparenza ma al cuore;

che la vita segnata dalla Croce e dalla sofferenza merita ancora più attenzione, cura e tenerezza. Ecco la vera giovinezza:

è fuoco che separa le scorie del male dalla bellezza e dalla dignità delle cose e delle persone;

è fuoco che riscalda di entusiasmo l’aridità del mondo;è fuoco d’amore che infonde fiducia e invita alla gioia.

Per essere tale la vostra giovinezza, però, deve arricchirsi di fedeltà e di sacrificio,lasciandosi guidare dallo Spirito Santo,

che conduce la Chiesa verso una rinnovata Pentecoste di speranza e di carità.Ecco, Lui è il fuoco, il fuoco dello Spirito Santo.

Siate missionari della vita!A costo di essere emarginati non abbiate paura di restare con Cristo!

(INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II CON I GIOVANI DELLA LOMBARDIA PRESSO IL SANTUARIO «NOSTRA SIGNORA DEL FONTE» Caravaggio, Bergamo - Sabato, 20 giugno

1992)

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LUOGO: OSWIECIM

Oświęcim (in tedesco Auschwitz) è un comune urbano polacco che ricopre una superficie di 30 km² e nel 2011 contava 39.893 abitanti[1], è situato a circa 60 km da Cracovia. Il nome della città è strettamente legato al campo di concentramento, nel quale durante la seconda guerra mondiale vennero uccisi oltre un milione di ebrei.Padre Manfred Deselaers, responsabile del programma del “Centro di dialogo e preghiera” di Oświęcim (Auschwitz), fondato nel 1992, dice con convinzione:  “Auschwitz è stata la scuola di santità di Giovanni Paolo II: sono convinto che Wojtyla abbia capito in questo luogo la verità sull’uomo perché le domande che ognuno si pone qui sono quelle fondamentali, sul senso globale della vita” Sempre secondo Padre Manfred, “lo strenuo impegno di Karol a favore della dignità e dei diritti dell’uomo, la ricerca del dialogo tra cristiani ed ebrei, l’incontro di Assisi tra i responsabili delle religioni perché tutti cooperassero per la civiltà dell’amore, le radici della sua tensione per l’unità del genere umano: tutto nasce dall’esperienza di Auschwitz”. “Nel 1965, quando Woijtila era giovane vescovo , andò ad Oświęcim per la festa di Ognissanti. Nell’omelia spiegò le motivazioni secondo le quali era possibile guardare a questo luogo con gli occhi della fede. Difatti disse: “Se Auschwitz è il luogo che ci fa vedere fino a che punto l’uomo può essere o diventare cattivo, tuttavia non si può rimanere schiacciati da questa terribile impressione e bisogna guardare ai segni della fede, come Massimiliano Kolbe”. È lui che ci ha mostrato come “Auschwitz metti in evidenza anche tutta la grandezza dell’uomo, tutto ciò che l’uomo può essere, vincendo la morte in nome dell’amore così come ha fatto Cristo”. , Il 7 giugno 1979, Papa Giovanni Paolo II andò ad Auschwitz da Papa e disse: "Vengo qui oggi come pellegrino. Si sa che molte volte mi sono trovato qui… Quante volte! E molte volte sono sceso nella cella della morte di Massimiliano Kolbe e mi sono fermato davanti al muro della morte e sono passato tra le macerie dei forni crematori di Birkenau. Non potevo non venire qui come Papa".

   

LA NATURA12

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Con lo splendido scenario delle montagne del Colorado, con la sua aria pura che infonde pace e serenità alla natura, l’anima si innalza spontaneamente per cantare la lode del Creatore: "O Signore, nostro Dio, quanto grande è il tuo nome su tutta la terra" (Sal 8,2). Giovani pellegrini, il mondo visibile è come una mappa che mostra il cielo, la dimora eterna del Dio vivente. Impariamo a vedere il Creatore contemplando la bellezza delle sue creature. In questo mondo risplendono la bontà, la saggezza e il potere onnipotente di Dio. E l’intelligenza umana anche dopo il peccato originale – che non è stata offuscata dall’errore o dalla passione – può scoprire la mano dell’Artista nelle opere meravigliose che ha compiuto. La ragione può conoscere Dio per mezzo del libro della natura: un Dio personale, infinitamente buono, saggio, potente ed eterno, che trascende il mondo e, nello stesso tempo, è presente nel più intimo delle sue creature. San Paolo scrive: "Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità" (Rm1,20). Gesù ci ha insegnato a vedere la mano del Padre nella bellezza dei gigli del campo, negli uccelli del cielo, nella notte stellata, nei campi pronti per il raccolto, nei visi dei bambini e nelle necessità del povero e dell’umile. Se osservate l’universo con cuore puro, anche voi vedrete il volto di Dio (cf. Mt 5,8), perché rivela il mistero dell’amore provvidenziale del Padre. I giovani sono particolarmente sensibili alla bellezza della natura e la sua contemplazione li ispira spiritualmente. Tuttavia deve essere una contemplazione autentica. Una contemplazione che non riveli il volto di un Padre personale, intelligente, libero e amoroso, ma che giunga solamente alla figura oscura di una divinità impersonale o di una forza cosmica, non è sufficiente. Non dobbiamo confondere il Creatore con la sua creazione. La creatura non ha vita per sé stessa ma per mezzo di Dio. Nello scoprire la grandezza di Dio, l’uomo scopre la posizione unica che occupa nel mondo visibile: "Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Sal 8,6-7). Sì, la contemplazione della natura non solo rivela il Creatore, ma anche il ruolo dell’essere umano nel mondo che ha creato. Con fede, rivela la grandezza della nostra dignità come esseri creati a sua immagine. Per avere la vita e averla in abbondanza, per ristabilire l’armonia originale della creazione, dobbiamo rispettare questa immagine divina in tutta la creazione e, in modo particolare, nella stessa vita umana.Quando la luce della fede penetra questa consapevolezza naturale, noi raggiungiamo una nuova certezza. Le parole di Cristo risuonano in piena verità: "Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza". Contro tutte le forze della morte, nonostante tutti i falsi maestri, Gesù Cristo continua a offrire all’umanità l’unica vera e realistica speranza. Egli è il vero Pastore del mondo. E questo perché lui e il Padre sono una cosa sola (cf. Gv 17,22). Nella sua divinità egli è una cosa sola col Padre; nella sua umanità egli è una cosa sola con noi. Poiché ha assunto su di sé la nostra condizione umana, Gesù Cristo può trasmettere a tutti coloro che sono uniti a lui nel Battesimo la Vita che ha in sé. E poiché nella Trinità Vita è Amore, il vero amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo che ci è stato donato (cf. Rm 5,5). La Vita e l’amore sono inseparabili: l’amore di Dio per noi, e l’amore che noi offriamo a nostra volta – amore di Dio e amore per ogni fratello e sorella.(VIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II DURANTE LA VEGLIA DI PREGHIERA CON I GIOVANI. Cherry Creek State Park, Denver Sabato 14 agosto 1993)COMMENTO“Alzo gli occhi verso i monti e dico: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terra" (Sal 121). Esiste uno stretto rapporto fra la

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montagna e la ricerca, da parte dell'uomo di sempre, di qualcosa di più grande, che vada oltre se stesso, di trascendente. Gesù stesso spesso "saliva sui monti a pregare". La natura, la montagna, ci costringono ad alzare gli occhi da terra per guardare in alto, ci ricordano che il nostro cuore ha sete di Altro, che davvero non siamo noi i creatori ma semplici creature che possono contare sull’amore di un Padre che ci ama così, tanto da regalarci tutta questa bellezza!A volte stando sulle cime dei monti lontano da tutto ciò che l’uomo può aver costruito e progettato, dove si è completamente avvolti dalla natura, dal cielo, dal silenzio, dove è facile entrare in se stessi, dove la determinazione guida la fatica, dove l’essenzialità diventa l’unica regola, dove non mancano ostacoli imprevisti e decisioni da prendere, si tocca con mano la presenza di Dio… e si sa che il cammino in montagna ben rappresenta la nostra quotidianità…E questo ce lo ha ben trasmesso Giovanni Paolo II: “Come la vetta di un monte costringe sempre ad alzare lo sguardo, ad elevarsi verso l'alto, similmente la vita e l'insegnamento di Giovanni Paolo II, continuano ad essere per noi come un indice puntato verso il cielo, un rinviare alla infinità Maestà e Trascendenza divina di Cristo, rispetto all'orizzonte piatto e mediocre nel quale troppo spesso siamo immersi.” (omelia del Card. Josè Saraiva Martins durante la cerimonia di intitolazione di una cima del Gran Sasso a Giovanni Paolo II, 18 maggio)

Mi è mai capitato di riconoscere Dio attraverso la natura? In quali occasioni? Riconosco il dono della vita? Che significato ha per me essere creatura di Dio? Quali sono le persone che mi hanno invitato e che mi invitano ad alzare lo

sguardo verso il cielo, che mi invogliano a puntare in alto, a cercare Altro?

PREGHIERA"Guardando le cime dei monti

si ha l'impressione che la terra si proietti verso l'alto,quasi a voler toccare il cielo:

in tale slancio l'uomo  sente,  in  qualche  modo, interpretatala sua ansia di trascendente e di infinito.

L'uomo contemporaneo che sembra rivolgersi talvolta unicamente alle cose della terra,

in una visione materialistica della vita,deve di nuovo saper guardare verso l'alto, verso le vette della grazia e della gloria,

per le quali è stato creatoe a cui è chiamato dalla bontà e grandezza di Dio"

(GIOVANNI PAOLO II ANGELUS Chétif, Aosta - Domenica, 7 settembre 1986)

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LUOGO: ZAKOPANE

Situata nel sud del Paese, nel regione della Piccola Polonia (100 km da Cracovia), la città conta circa 28.000 abitanti. È la più alta della Polonia (da 750 a 1.000 m s.l.m.) ed è distesa in un’ampia valle fra la Collina Gubałówka e la parte meridionale dei Monti Tatra, l'unica catena montuosa nell’Europa centrale che (insieme ai monti Karkonosze nella Repubblica Ceca) presenta caratteri alpini.

Essendo il più importante centro polacco per gli sport sulla neve, Zakopane viene chiamata la capitale invernale della Polonia. Il centro della città è collocato all'incrocio delle vie Kościuszki e Krupówki, punto di incontro e di passaggio dei tanti turisti (circa 2 milioni) che ogni anno vi arrivano. Nel territorio amministrativo della città si trova gran parte del Parco Nazionale dei Tatra (Tatrzański Park Narodowy). Vi veniva spesso Karol Wojtyła, fin da ragazzo con il padre ed il fratello, poi come prete, spesso con studenti, della cui  pastorale fu responsabile. Vi ritornò più volte anche dopo che fu eletto papa. Amava tanto i monti Tatra, dei quali ha scritto: "qui con una forza particolare si sente parlare l’azzurro del cielo, il verde dei boschi, l’argento dei laghi e dei ruscelli. Qui il canto degli uccelli suona particolarmente conosciuto, in polacco".

LA PACE15

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“Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4, 19): la misura del nostro amore non potremo trovarla soltanto nella debole capacità del cuore umano; dobbiamo amare a misura del cuore di Cristo, altrimenti resteremo indietro rispetto a ciò che corrisponde al suo amore. Tenete presente che colui che ama il Signore con tutte le sue forze e che dedica a Dio le sue migliori aspirazioni, non perde nulla, al contrario ottiene tutto, perché “l’amore di lui è perfetto in noi... e ci ha fatto dono del suo Spirito” (1 Gv 4, 12-13)! Tutto ciò richiede però di essere “uomini nuovi”.Credere nell’amore di Dio non è un compito facile: richiede la donazione personale, non si limita a tranquillizzare egoisticamente la coscienza né lascia il cuore indifferente, ma lo rende più generoso, più libero e più fraterno. Libero da tante schiavitù come i disordini sessuali, la droga, la violenza, la sete di potere e di avere, che finiscono col lasciarvi vuoti e angosciati ed impediscono il vero amore e la felicità autentica.Aprite generosamente il vostro cuore all’amore di Cristo, l’unico capace di dare un senso pieno a tutta la nostra vita. Vi raccomando, con san Paolo, “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3, 17-19).E con l’amore di Cristo, riempitevi di amore per tutti gli uomini, poiché “se uno dicesse: “io amo Dio” e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4, 20). Carissimi giovani: accogliete con gratitudine l’amore di Dio ed esprimetelo in una autentica comunità fraterna; siate disposti a donare quotidianamente la vita per trasformare la storia. Il mondo, oggi più che mai, ha bisogno della vostra gioia e del vostro servizio, della vostra vita limpida e del vostro lavoro, della vostra forza e della vostra donazione, per costruire una società nuova, più giusta, più fraterna, più umana e più cristiana: la nuova civiltà dell’amore che si manifesta nel servizio a tutti gli uomini. Costruirete così la civiltà della vita e della verità, della libertà e della giustizia, dell’amore, della riconciliazione e della pace.Voi sapete quanto mi preoccupa la pace nel mondo e che ho percorso con voi, in diverse occasioni, un itinerario evangelico della pace. Sapete bene che la pace è un dono di Dio - Gesù Cristo è la “nostra pace”! (cf. Ef 2, 14) - che dobbiamo chiedere con insistenza. Inoltre dobbiamo anche costruirla fra tutti, e ciò richiede anche, da ciascuno di noi, una profonda conversione interiore.Pertanto, cari giovani, desidero oggi che vi impegniate nuovamente ad essere “operatori di pace”, sui cammini della giustizia, della libertà e dell’amore. Ci avviciniamo al terzo millennio: voi sarete i principali artefici della società, ed i primi ed immediati responsabili della pace. Ma la concordia sociale non si improvvisa né si può imporre dall’esterno: essa nasce dal cuore giusto, libero, fraterno, pacificato dall’amore. Siate quindi, fin da ora, insieme a tutti gli uomini, artefici della pace; unite i vostri cuori ed i vostri sforzi per edificare la pace. Soltanto così, vivendo l’esperienza dell’amore a Dio e sforzandovi di realizzare la fraternità evangelica, potrete essere i veri e felici costruttori della civiltà dell’amore.La vostra madre Maria santissima, vi accompagni sempre; lei credette nell’amore di Dio e si donò con fedeltà gioiosa alla sua parola; giovane e semplice, lei si aprì generosamente all’amore del Padre, ricevette nella pienezza lo Spirito e ci diede Gesù, il Salvatore del mondo.Cari giovani, amici, di nuovo vi ripeto: per intercessione di Nostra Signora di Luján, tanto amata dagli Argentini, siate - in tutti i momenti e le circostanze della vostra vita - testimoni dell’amore di Dio, seminatori di speranza e costruttori di pace.(VIAGGIO APOSTOLICO IN URUGUAY, CILE E ARGENTINA. DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI GIOVANI CONVENUTI A BUENOS AIRES PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ Buenos Aires Sabato, 11 aprile 1987)COMMENTO

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“Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo”Si potrebbe ridurre tutto il contenuto, la sostanza della parola pace in questa frase. Mi piace questo brano del papa perché mette proprio a portata delle nostre mani un concetto tanto alto come quello della pace! Non stiamo parlando di qualcosa che può riguardare solo le grandi nazioni e i capi degli stati, ma l’invito è rivolto proprio a noi giovani! A partire dal nostro quotidiano possiamo costruire società di pace o di guerra! Se abbiamo conosciuto l’amore di Dio, non possiamo fare a meno di rifletterlo nella nostra quotidianità, nella nostre relazioni, negli ambienti che frequentiamo, nel lavoro o nello studio: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”. (Gv 13,35) Certo non è semplice e nemmeno scontato… a volte tanto avremmo da dire sulle persone con cui condividiamo la nostra quotidianità ma facciamo fatica a sentirli come nostri fratelli!! Eppure la posta in gioco è alta: possiamo davvero essere dei “veri e felici costruttori della civiltà dell’amore” e se tutto il mondo si riempisse di persone così, la pace ne sarebbe il più semplice e profumato fiore!

Sono un costruttore di pace nelle mie giornate? In che modo? Mi sento responsabile della pace?

Come mi pongo davanti alle guerre che ancora oggi ci sono? Quali sono i conflitti di cui sono a conoscenza? Prego per la pace?

PREGHIERADio dei nostri Padri, 

grande e misericordioso, Signore della pace e della vita, 

Padre di tutti. Tu hai progetti di pace e non di afflizione, 

condanni le guerre e abbatti l’orgoglio dei violenti.Tu hai inviato il tuo Figlio Gesù 

ad annunziare la pace ai vicini e ai lontani, a riunire gli uomini di ogni razza e di ogni stirpe 

in una sola famiglia.Ascolta il grido unanime dei tuoi figli, supplica accorata di tutta l’umanità: 

mai più la guerra, avventura senza ritorno, mai più la guerra, spirale di lutti e di violenza; 

fai cessare questa guerra nel Golfo Persico, minaccia per le tue creature, in cielo, in terra ed in mare.

In comunione con Maria, la Madre di Gesù, ancora ti supplichiamo: 

parla ai cuori dei responsabili delle sorti dei popoli, ferma la logica della ritorsione e della vendetta, 

suggerisci con il tuo Spirito soluzioni nuove, gesti generosi ed onorevoli, spazi di dialogo e di paziente attesa 

più fecondi delle affrettate scadenze della guerra.Concedi al nostro tempo giorni di pace.

Mai più la guerra.Amen.

(PREGHIERA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II PER LA PACE DOPO LA CELEBRAZIONE DEL SANTO ROSARIO Aula della Benedizione - Sabato, 2 febbraio

1991)

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LUOGO: CZĘSTOCHOWA

Częstochowa è una città della Polonia, sorge nel sud del paese sul fiume Warta, a 200 km sud-ovest della capitale Varsavia e circa 100 km a nord-ovest di Cracovia. La città è un importante luogo di pellegrinaggio e conosciuta in tutto il mondo per il suo santuario dov'è presente la "Madonna Nera" ed è uno dei più importanti centri di culto cattolico nazionali, meta ogni anno di pellegrinaggio di fedeli. Questo pellegrinaggio è stato fatto anche da Karol Wojtyła (Giovanni Paolo II) nel 1936 partendo da Cracovia.La Vergine Nera di Częstochowa (Madonna nera) è un'icona di tradizione medioevale bizantina della Madonna col Bambino. La leggenda vuole che sia stata dipinta da san Luca che, essendo contemporaneo alla Madonna, ne avrebbe dipinto il vero volto. Più probabilmente l’icona bizantina è stata dipinta nella seconda metà del XIII secolo con tempera sopra una tela incollata su legno di tiglio. L'icona venne portata dall'Ucraina nel 1382 dal principe Ladislao di Opole che fece costruire il monastero di Jasna Góra sulla cima della collina sovrastante la città e vi chiamò i Monaci paolini per curare il santuario. Nel 1430, durante le guerre degli Ussiti, l'icona venne profanata a colpi d'ascia, tanto ancora oggi sono visibili gli sfregi. Nei primi decenni del Seicento, per proteggere il monastero, furono costruite fortificazioni, all'interno delle quali vegliava costantemente una guarnigione militare. Nel 1655 per due mesi Jasna Góra resistette all'assedio dell'esercito svedese. Negli anni 1770-1771 fu invasa dalle truppe dei Confederati di Bar che qui si difesero contro i russi e nel 1809 resistette poi all'assedio degli austriaci, ma, quattro anni più tardi, si arrese all'esercito russo. Da allora Jasna Góra è il luogo in cui vengono presentate tutte le difficoltà individuali, familiari e nazionali. Giovanni Paolo II le ha affidato la propria missione papale con il famoso detto “Totus tuus – Tutto tuo, o Maria”.Nel 1991 in questo luogo Giovanni Paolo II celebrò la Giornata mondiale della gioventù, scelta doppiamente significativa: per la prima volta la GMG non solo approdò nel suo paese natale, la Polonia ma anche al di là della cortina di ferro. Per la prima volta quindi parteciparono i giovani degli stati del recente blocco sovietico. “A voi, giovani dei Paesi dell'Est europeo, rivolgo uno speciale incoraggiamento. Non mancate a questo appuntamento, che si profila fin d'ora come un incontro memorabile tra le giovani Chiese dell'Est e dell'Ovest. La vostra presenza a Czestochowa costituirà una testimonianza di fede di enorme significato.” (MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LA VI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU' «Avete

ricevuto uno spirito da figli»)

 LA

MISSIONE

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“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo” (Mc 16, 15). Queste parole, indirizzate agli Apostoli, toccano, mediante la Chiesa, ogni battezzato. Lo stesso Spirito, che ci ha resi figli di Dio, ci spinge all’evangelizzazione. La vocazione cristiana, infatti, implica una missione. Alla luce del mandato missionario che Cristo ci ha affidato, appaiono con maggior chiarezza il significato e l’importanza delle Giornate Mondiali della Gioventù nella Chiesa. Partecipando a questi raduni, i giovani intendono confermare e rinvigorire il proprio “sì” a Cristo e alla sua Chiesa, ripetendo, con le parole del profeta Isaia: “Eccomi, manda me!” (cf. Is 6, 8). La Chiesa è, per sua natura, una comunità missionaria. Essa vive costantemente protesa in questo slancio missionario, che ha ricevuto dallo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste: “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (At 1, 7). Di conseguenza, anche la vocazione cristiana è proiettata verso l’apostolato, verso l’evangelizzazione, verso la missione. Ogni battezzato è chiamato da Cristo a diventare suo apostolo nel proprio ambiente di vita e nel mondo: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21). Cristo, tramite la sua Chiesa, vi affida la missione fondamentale di comunicare agli altri il dono della salvezza e vi invita a partecipare alla costruzione del suo Regno. Sceglie voi, nonostante i limiti che ciascuno porta con sé, perché vi ama e crede in voi. Questo amore di Cristo, così incondizionato, deve costituire l’anima stessa del vostro apostolato, secondo le parole di San Paolo: “l’amore del Cristo ci spinge” (2 Cor 5, 14).Essere discepoli di Cristo non è un fatto privato. Al contrario, il dono della fede deve essere condiviso con gli altri. Per questo lo stesso Apostolo scrive: “Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9, 16). Non dimenticate, inoltre, che la fede si fortifica e cresce proprio quando la si dona agli altri.“Andate in tutto il mondo”Le terre di missione, in cui siete chiamati ad operare, non sono situate necessariamente nei paesi lontani, ma possono trovarsi in tutto il mondo, anche nei vostri ambienti quotidiani. Nei paesi di più antica tradizione cristiana c’è oggi un urgente bisogno di rimettere in luce l’annuncio di Gesù tramite una nuova evangelizzazione, essendo ancora diffusa la schiera di persone che non conoscono Cristo, o che lo conoscono poco; molte, prese dai meccanismi del secolarismo e dell’indifferentismo religioso, se ne sono allontanate.Lo stesso mondo dei giovani, miei cari, costituisce per la Chiesa contemporanea una terra di missione. È a tutti noto quali problemi tormentano gli ambienti giovanili: la caduta dei valori, il dubbio, il consumismo, la droga, la delinquenza, l’erotismo, ecc. Ma, al tempo stesso, è viva in ogni giovane una grande sete di Dio, anche se a volte si nasconde dietro un atteggiamento di indifferenza o addirittura di ostilità. La messe è abbondante! Eppure, mentre sono tanti i giovani che cercano Cristo, sono ancora pochi gli apostoli in grado di annunciarlo in modo credibile. C’è bisogno di tanti sacerdoti, di maestri ed educatori nella fede, ma c’è anche bisogno di giovani animati dallo spirito missionario, poiché sono i giovani che debbono diventare primi e immediati apostoli dei giovani, esercitando da loro stessi l’apostolato fra di loro. Questa è una basilare pedagogia della fede. Ecco, dunque, il vostro grande compito!Il mondo di oggi lancia molte sfide al vostro impegno ecclesiale. Sono indispensabili lo slancio e l’entusiasmo che proprio voi, carissimi giovani, potete offrire alla Chiesa.“Predicate il Vangelo”Annunciare Cristo significa soprattutto esserne testimoni con la vita. Si tratta della forma di evangelizzazione più semplice e, al tempo stesso, più efficace a vostra disposizione. Essa consiste nel manifestare la presenza visibile di Cristo nella propria esistenza, attraverso l’impegno quotidiano e la coerenza con il Vangelo in ogni scelta concreta. Oggi il mondo ha bisogno innanzi tutto di testimoni credibili. Voi, cari giovani, che tanto amate l’autenticità nelle persone e che quasi istintivamente

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condannate ogni tipo di ipocrisia, siete disposti ad offrire al Cristo una testimonianza limpida e sincera.Testimoniate, dunque, la vostra fede, anche tramite il vostro impegno nel mondo. Il discepolo di Cristo non è mai un osservatore passivo ed indifferente di fronte agli eventi. Al contrario, egli si sente responsabile della trasformazione della realtà sociale, politica, economica e culturale.Annunziare, inoltre, significa propriamente proclamare, farsi portatore della Parola di salvezza agli altri. Molte persone rifiutano Dio per ignoranza. C’è, infatti, molta ignoranza intorno alla fede cristiana, ma c’è anche un profondo desiderio di ascoltare la Parola di Dio. E la fede nasce dall’ascolto. Scrive San Paolo: “E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?” (Rm 10, 14). Annunziare la Parola di Dio, cari giovani, non spetta soltanto ai sacerdoti o ai religiosi, ma anche a voi. Dovete avere il coraggio di parlare di Cristo nelle vostre famiglie, nel vostro ambiente di studio, di lavoro o di ricreazione, animati dallo stesso fervore degli Apostoli quando affermavano: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto ed ascoltato” (At 4, 20). Neanche voi dovete tacere! Esistono luoghi e situazioni in cui solo voi potete portare il seme della Parola di Dio.Non abbiate paura di proporre Cristo a chi non lo conosce ancora. Cristo è la vera risposta, la più completa a tutte le domande che riguardano l’uomo e il suo destino. Senza di lui l’uomo rimane un enigma senza soluzione. Abbiate, dunque, il coraggio di proporre Cristo! Certo, bisogna farlo con il dovuto rispetto della libertà di coscienza di ciascuno, ma bisogna pur farlo. Aiutare un fratello o una sorella a scoprire Cristo, Via, Verità e Vita (cf. Gv 14, 6) è un vero atto di amore verso il prossimo. Parlare di Dio, oggi, non è un compito facile. Molte volte si incontra un muro di indifferenza, e anche una certa ostilità. Quante volte sarete tentati di ripetere con il profeta Geremia: “Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane!” Ma Dio risponde sempre: “Non dire: sono giovane, ma va’ da coloro a cui ti manderò” (cf. Ger 1, 6-7). Quindi non scoraggiatevi, perché non siete mai soli. Il Signore non mancherà di accompagnarvi, come ha promesso: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).Affido a Maria, Regina degli Apostoli, la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù 1992. Ella vi insegni che per portare Gesù agli altri non è necessario compiere gesti straordinari, ma occorre semplicemente avere un cuore ricolmo d’amore per Dio e i fratelli, un amore che spinga a condividere i tesori inestimabili della fede, della speranza e della carità.(MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II AI GIOVANI DI TUTTO IL MONDO PER ANNUNCIARE IL TEMA DELLA VII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ Dal Vaticano, il 24 novembre 1991, Solennità di N. S. Gesù Cristo, Re dell’Universo)

COMMENTOChe bello pensare che Dio chiede proprio ad ognuno di noi di annunciare il Suo amore nel mondo perché per primo ci ama e crede in noi!! Non importa se a volte esitiamo a parlare di Lui perché non ci sentiamo all’altezza o perché sentiamo grande la distanza fra ciò che crediamo e ciò che siamo, ciò che viviamo: ci ama e crede in noi proprio per quelli che siamo, con i nostri limiti e le nostre contraddizioni!È la vocazione universale di ogni cristiano, qualsiasi sia la forma di vita a cui è chiamato: quella ad essere strumento del Suo amore! Basta abbandonarsi nelle Sue mani… E allora non importa il “dove”, ma il “come”! Non importa dove andremo, cosa faremo: dobbiamo innanzitutto essere missionari nella nostra quotidianità, in famiglia, sul luogo di lavoro o di studio, nelle realtà che frequentiamo… a volte non ci saranno

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chieste nemmeno le parole: uno stile cristiano dentro la fatica della nostra quotidianità, può farla brillare dell’amore di Dio! Saremo giudicati solo sull’amore (cf. Mt 25,31-40)…E allora lasciamo che nasca ogni giorno questa preghiera nel nostro cuore: “Signore fa’ di me uno strumento del tuo amore”!

Mi sento inviato da Dio ad annunciare il Suo amore nelle mie giornate? Ho mai sperimentato un senso di inadeguatezza, di incoerenza, di

contraddizione? Come ho reagito? Mi è mai capitato di parlare di Dio a persone che non credono o che incontro

nella mia quotidianità, al di fuori degli ambienti cattolici che frequento? Com’è andata?

PREGHIERANon abbiate paura di andare per le strade e nei luoghi pubblici,

come i primi Apostoli che hanno predicato Cristo e la Buona Novella della salvezza nelle piazze della città dei centri e dei villaggi.

Non è tempo di vergognarsi del Vangelo. È tempo di predicarlo dai tetti.

Non abbiate paura di rompere con i comodi e abituali modi di vivere, al fine di raccogliere la sfida di far conoscere Cristo nella moderna "metropoli".

Dovete essere voi ad andare "ai crocicchi delle strade" e a invitare tutti quelli che incontrate

al banchetto che Dio ha apparecchiato per il suo popolo.Giovani delle Giornata Mondiale della Gioventù, la Chiesa vi chiede di andare,

nel potere dello Spirito Santo, verso quanti vi sono vicini e quanti vi sono lontani.Condividete con loro la libertà che avete trovato in Cristo.

Le persone hanno sete di autentica libertà interiore.Anelano alla Vita che Cristo è venuto a dare in abbondanza.Cristo ha bisogno di operai pronti a lavorare nella sua vigna.

Giovani cattolici del mondo, non deludetelo.Nelle vostre mani, portate la Croce di Cristo.

Sulle vostre labbra le parole di Vita.Nei vostri cuori la garanzia salvifica del Signore.

(VIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙDENVER 15 agosto 1993)

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LUOGO: NOWA HUTA 

(significa Nuova Acciaieria) è un quartiere di Cracovia, sorto nei primi anni '50, come esempio di città ideale comunista. Furono costruiti una gigantesca acciaieria e una città-dormitorio per gli operai che vi avrebbero lavorato. Lo stabilimento arrivò a coprire quasi la metà del fabbisogno nazionale di ferro e acciaio e il sobborgo divenne un vasto agglomerato urbano popolato da più di 200000 persone. Dista 9 chilometri da Cracovia ed è impressionante per la sua estensione: quando gli impianti erano ancora in piena attività impegnavano ben 40.000 operai, mentre la sola acciaieria è grande 5 volte il centro storico di Cracovia. Negli ultimi anni, a causa di una maggiore consapevolezza dei problemi ambientali, la direzione dell’acciaieria è stata costretta a tagliare la produzione e a ridurre la forza lavoro, ma l’immenso stabilimento è ancora funzionante, malgrado sia ormai obsoleto e poco competitivo.Nel progetto originale di Nowa Huta mancava un tipo di costruzione: una chiesa cattolica romana. La campagna pubblica per la promozione della costruzione di tale edificio durò diversi anni. Già nel 1960 gli abitanti di Nowa Huta cominciarono a presentar domanda per costruire una chiesa. In quell'anno combattimenti di strada violenti contro la polizia antisommossa scoppiarono a causa di una croce di legno, eretta senza permesso. La gente del posto era stata sostenuta dall'allora vescovo Karol Wojtyla, futuro Papa Giovanni Paolo II, che iniziò tenendo all'aperto una Messa di mezzanotte la vigilia di Natale del 1959, indipendentemente dal tempo, e che fece sostituire la croce ogni volta che venne rimossa. Nel 1967 il permesso di costruire la chiesa fu concesso e, infine, una chiesa chiamata Arca del Signore venne costruita. Il complesso è stato consacrato da Wojtyla nel 1977. Wojtyla stesso, dopo essere stato eletto Papa nel 1978, chiese di poter visitare Nowa Huta durante la sua prima visita nel 1979, ma non gli fu permesso.Gli abitanti di Nowa Huta e i lavoratori dell'acciaieria furono tra i primi a ribellarsi contro il governo comunista e a combattere per diritti umani e diritti dei lavoratori. Nowa Huta diventò in questo modo la roccaforte del movimento di Solidarnosc negli anni '80. Nel 1980 quasi 29.000 dei 38.000 lavoratori delle Acciaierie di Lenin appartenevano al sindacato "Solidarnosc". La città costruita dal sistema comunista svolse quindi un ruolo molto attivo nella fine stessa del regime comunista in Polonia.

I GIOVANI22

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"Voi chi dite che io sia?" (Mt 16, 15).Gesù pone questa domanda ai suoi discepoli, nei pressi di Cesarea di Filippo. Risponde Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16, 16). A sua volta il Maestro gli rivolge le sorprendenti parole: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16, 17). Qual è il significato di questo dialogo? Perché Gesù vuole sentire ciò che gli uomini pensano di Lui? Perché vuol sapere che cosa pensano di Lui i suoi discepoli?Gesù vuole che i discepoli si rendano conto di ciò che è nascosto nelle loro menti e nei loro cuori e che esprimano la loro convinzione. Allo stesso tempo, tuttavia, egli sa che il giudizio che manifesteranno non sarà soltanto loro, perché vi si rivelerà ciò che Dio ha versato nei loro cuori con la grazia della fede. Questo evento nei pressi di Cesarea di Filippo ci introduce in un certo senso nel "laboratorio della fede". Vi si svela il mistero dell'inizio e della maturazione della fede. Prima c'è la grazia della rivelazione: un intimo, un inesprimibile concedersi di Dio all'uomo. Segue poi la chiamata a dare una risposta. Infine, c'è la risposta dell'uomo, una risposta che d'ora in poi dovrà dare senso e forma a tutta la sua vita.Ecco che cosa è la fede! E' la risposta dell'uomo ragionevole e libero alla parola del Dio vivente. Le domande che Cristo pone, le risposte che vengono date dagli Apostoli, e infine da Simon Pietro, costituiscono quasi una verifica della maturità della fede di coloro che sono più vicini a Cristo.Il colloquio presso Cesarea di Filippo ebbe luogo nel periodo prepasquale, cioè prima della passione e della resurrezione di Cristo. Bisognerebbe richiamare ancora un altro evento, durante il quale Cristo, ormai risorto, verificò la maturità della fede dei suoi Apostoli. Si tratta dell'incontro con Tommaso apostolo. Era l'unico assente quando, dopo la resurrezione, Cristo venne per la prima volta nel Cenacolo. Quando gli altri discepoli gli dissero di aver visto il Signore, egli non volle credere. Diceva: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò" (Gv 20, 25). Dopo otto giorni i discepoli si trovarono nuovamente radunati e Tommaso era con loro. Venne Gesù attraverso la porta chiusa, salutò gli Apostoli con le parole: "Pace a voi!" e subito dopo si rivolse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". E allora Tommaso rispose: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20, 28).Anche il Cenacolo di Gerusalemme fu per gli Apostoli una sorta di "laboratorio della fede". Non era davvero facile credere che fosse nuovamente vivo Colui che avevano deposto nel sepolcro tre giorni prima. Ma quando la sua incredulità si incontrò con l'esperienza diretta della presenza di Cristo, l'Apostolo dubbioso pronunciò quelle parole in cui si esprime il nucleo più intimo della fede: Se è così, se Tu davvero sei vivo pur essendo stato ucciso, vuol dire che sei "il mio Signore e il mio Dio". Con la vicenda di Tommaso, il "laboratorio della fede" si è arricchito di un nuovo elemento. La Rivelazione divina, la domanda di Cristo e la risposta dell'uomo si sono completate nell'incontro personale del discepolo col Cristo vivente, con il Risorto. Quell'incontro divenne l'inizio di una nuova relazione tra l'uomo e Cristo, una relazione in cui l'uomo riconosce esistenzialmente che Cristo è Signore e Dio; non soltanto Signore e Dio del mondo e dell'umanità, ma Signore e Dio di questa mia concreta esistenza umana. L'odierno incontro romano, carissimi giovani, è anch'esso una sorta di "laboratorio della fede" per voi, discepoli di oggi, per i confessori di Cristo alla soglia del terzo millennio. Ognuno di voi può ritrovare in se stesso la dialettica di domande e risposte che abbiamo sopra rilevato. Ognuno può vagliare le proprie difficoltà a credere e sperimentare anche la tentazione dell'incredulità. Al tempo stesso, però, può anche sperimentare una graduale maturazione nella consapevolezza e nella convinzione della propria adesione di fede. Sempre, infatti, in questo mirabile laboratorio dello spirito umano, il laboratorio appunto della fede, s'incontrano tra loro Dio e l'uomo. Sempre il Cristo risorto entra nel cenacolo della nostra vita e permette a ciascuno di

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sperimentare la sua presenza e di confessare: Tu, o Cristo, sei "il mio Signore e il mio Dio".Ogni essere umano ha dentro di sé qualcosa dell'apostolo Tommaso. E' tentato dall'incredulità e pone le domande di fondo: E' vero che c'è Dio? E' vero che il mondo è stato creato da Lui? E' vero che il Figlio di Dio si è fatto uomo, è morto ed è risorto? La risposta si impone insieme con l'esperienza che la persona fa della Sua presenza. Occorre aprire gli occhi e il cuore alla luce dello Spirito Santo. Allora parleranno a ciascuno le ferite aperte di Cristo risorto: "Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno"(Gv 20, 29).Carissimi amici, anche oggi credere in Gesù, seguire Gesù sulle orme di Pietro, di Tommaso, dei primi apostoli e testimoni, comporta una presa di posizione per Lui e non di rado quasi un nuovo martirio: il martirio di chi, oggi come ieri, è chiamato ad andare contro corrente per seguire il Maestro divino, per seguire "l'Agnello dovunque va" (Ap 14,4). Non per caso, carissimi giovani, ho voluto che durante l'Anno Santo fossero ricordati presso il Colosseo i testimoni della fede del ventesimo secolo. Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì! Una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno: penso ai fidanzati ed alla difficoltà di vivere, entro il mondo di oggi, la purezza nell'attesa del matrimonio. Penso alle giovani coppie e alle prove a cui è esposto il loro impegno di reciproca fedeltà. Penso ai rapporti tra amici e alla tentazione della slealtà che può insinuarsi tra loro. Penso anche a chi ha intrapreso un cammino di speciale consacrazione ed alla fatica che deve a volte affrontare per perseverare nella dedizione a Dio e ai fratelli. Penso ancora a chi vuol vivere rapporti di solidarietà e di amore in un mondo dove sembra valere soltanto la logica del profitto e dell'interesse personale o di gruppo. Penso altresì a chi opera per la pace e vede nascere e svilupparsi in varie parti del mondo nuovi focolai di guerra; penso a chi opera per la libertà dell'uomo e lo vede ancora schiavo di se stesso e degli altri; penso a chi lotta per far amare e rispettare la vita umana e deve assistere a frequenti attentati contro di essa, contro il rispetto ad essa dovuto.Cari giovani, è difficile credere in un mondo così? Nel Duemila è difficile credere? Sì! E' difficile. Non è il caso di nasconderlo. E' difficile, ma con l'aiuto della grazia è possibile, come Gesù spiegò a Pietro: "Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17). Questa sera vi consegnerò il Vangelo. E' il dono che il Papa vi lascia in questa veglia indimenticabile. La parola contenuta in esso è la parola di Gesù. Se l'ascolterete nel silenzio, nella preghiera, facendovi aiutare a comprenderla per la vostra vita dal consiglio saggio dei vostri sacerdoti ed educatori, allora incontrerete Cristo e lo seguirete, impegnando giorno dopo giorno la vita per Lui!In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E' Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna.Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!Cari amici, vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la

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speranza cristiana, si sono poi rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti.Cari giovani del secolo che inizia, dicendo «sì» a Cristo, voi dite «sì» ad ogni vostro più nobile ideale. Io prego perché Egli regni nei vostri cuori e nell'umanità del nuovo secolo e millennio. Non abbiate paura di affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione.(XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ VEGLIA DI PREGHIERA PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II. Tor Vergata, sabato 19 agosto 2000)

COMMENTO  Giovanni Paolo II ha sempre avuto un’attenzione speciale per i giovani: ''Abbiamo bisogno della gioia di vivere che hanno i giovani: in essa si riflette qualcosa della gioia originaria che Dio ebbe creando l'uomo'', scrisse il Papa nel suo libro del 1994, ''Varcare la soglia della speranza ''. ''A me piace sempre incontrare i giovani; non so perchè ma mi piace; i giovani mi ringiovaniscono '', confessò sinceramente a Catania nel 1994. ''Si deve puntare sui giovani. Io lo penso sempre. A loro appartiene il Terzo Millennio. E il nostro compito è di prepararli a questa prospettiva'', disse ai parroci romani nel 1995.E dalle parole di questa meditazione nella GMG del 2000 ben emerge la grande fiducia che riponeva nei giovani: ci ha chiamati le sentinelle del mattino all’alba del nuovo millennio…e a ben pensarci davvero il futuro sarà quello che i giovani di oggi e di domani vorranno costruire!! Abbiamo una responsabilità grande! Ed è bellissima la risposta che ci ha gridato con queste sue parole: la felicità, la bellezza, la radicalità, i sogni che desideriamo trovano risposta vera solo in Gesù!! La pienezza della nostra vita si costruirà sulla fedeltà quotidiana a quell’incontro personale che abbiamo avuto con Lui! Non smettiamo mai di sognare di fare della nostra vita e del futuro qualcosa di grande, non desistiamo mai dal nostro impegno a migliorare noi stessi e la società in cui viviamo, non smettiamo di sognarla più umana e fraterna…e se è vero che non è facile, è anche vero che non siamo soli, Gesù è con noi tutti i giorni!

E’ difficile credere per me oggi? Ho mai avuto dei dubbi, delle domande sulla fede, dei momenti di incredulità? Come li ho superati?

Quale fedeltà mi chiede il Signore oggi, nel momento che sto vivendo? Cosa sto cercando nella mia vita? Desidero farne qualcosa di grande?

PREGHIERAMi piace vedere affidati a Te, o Maria,

i giovani del mondo.A Te, dolce Madre,

la cui protezione ho sempre sperimentato,questa sera nuovamente li affido.

Sotto il tuo manto,nella tua protezione,essi cercano rifugio.

Tu, Madre della divina grazia,falli risplendere della bellezza di Cristo!

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Sono i giovani di questo secolo,che all'alba del nuovo millennio,

vivono ancora i tormenti derivanti dal peccato,dall'odio, dalla violenza,

dal terrorismo e dalla guerra.Ma sono anche i giovani ai quali la Chiesa,guarda con fiducia nella consapevolezza

che con l'aiuto della grazia di Dioriusciranno a credere e a vivere

da testimoni del Vangelonell'oggi della storia.

O Maria,aiutali a rispondere alla loro vocazione.Guidali alla conoscenza dell'amore vero

e benedici i loro affetti.Sostienili nel momento della sofferenza.

Rendili annunciatori intrepididel saluto di Cristo

nel giorno di Pasqua: Pace a voi!Con loro, anche io mi affido

ancora una volta a Tee con affetto confidente ti ripeto:

Totus tuus ego sum!Sono tutto tuo!

E anche ognuno di lorocon me ti grida:

Totus tuus!Totus tuus!

Amen. (INCONTRO CON I GIOVANI DELLA DIOCESI DI ROMA

IN PREPARAZIONE ALLA XVIII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙDISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II Giovedì, 10 aprile 2003)

 

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LUOGO: LUBLINO

E’ una città di 348.567 abitanti della Polonia orientale, si affaccia sul fiume Bystrzyca ed è sede vescovile. Dal 1918 ospita l'Università Cattolica di Lublino.Occupata nel 1939 dai Tedeschi, divenne un centro di raccolta per lo sterminio di massa; il suo campo fu fondato nel dicembre 1939. La popolazione ebraica, in due ghetti, era di 34000 persone nell'aprile del 1941. Le deportazioni iniziarono nel marzo 1942 ed ebbero un ritmo di 1500 ebrei al giorno, inviate al campo di sterminio di Bełżec o uccise nei boschi sulla via. I 4000 superstiti furono dapprima inviati al ghetto in un sobborgo della città, Majdan Tatarski, dove il 2 settembre 1942 furono uccisi dai nazisti 2000 ebrei e altri 1800 lo furono nell'ottobre dello stesso anno. I restanti 200 furono deportati a Majdanek. Lublino venne liberata dall'esercito sovietico il 24 luglio 1944 e proclamata temporaneamente capitale.Nel 1953 le autorità ecclesiastiche vollero per Wojtyla il coronamento degli studi filosofici con un dottorato valido anche per lo Stato polacco e perciò concessero due anni sabbatici al cappellano perché scrivesse una tesi sul pensiero morale di Max Scheler, un geniale filosofo tedesco che aveva frequentato Husserl ed Edith Stein. Wojtyla, per meglio comprenderlo, tradusse in polacco una parte dell’opera di Scheler, superando brillantemente l’esame di dottorato. In seguito fu nominato professore di filosofia morale presso l’Università cattolica di Lublino, l’unica del genere esistente al di là della Cortina di ferro. Il giovane professore si sottoponeva a duri viaggi notturni da Cracovia a Lublino e ritorno, tra il mercoledì e il venerdì, per essere presente a Cracovia nelle giornate di più intenso lavoro sacerdotale. Durante i corsi svolti a Lublino teneva colloqui vivaci con molte persone, anche con quelle di diverse convinzioni. E quando poi egli non poteva arrivare a loro, gli studenti lo raggiungevano a Cracovia.Giovanni Paolo II si è radicato fortemente nella memoria dei professori e degli studenti tanto che la stessa Università ha aggiunto al suo nome, il nome del papa Polacco: Università Cattolica Giovanni Paolo II di Lublino (in polacco Katolicki Uniwersytet Lubelski Jana Pawła II, anche nota come KUL).

LA FAMIGLIACarissimi giovani, Cristo è la vita! Sono certo che ciascuno di voi ama la vita,

non la morte. Voi desiderate vivere la vita in pienezza, animati dalla speranza, che nasce da un progetto di ampio respiro. È giusto che abbiate sete di vita, di vita piena. Siete giovani proprio per questo. Ma in che cosa consiste la vita? Qual è il senso della vita e qual è il modo migliore per attuarlo? La fede cristiana pone un legame profondo tra amore e vita. Nel Vangelo di Giovanni leggiamo: “Dio

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ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). L’amore di Dio ci porta alla vita, e questo amore e questa vita si fanno realtà in Gesù Cristo. Egli è l’amore incarnato del Padre; in lui “si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, il suo amore per gli uomini” (Tt 3, 4). Cristo, carissimi giovani, è dunque l’unico interlocutore competente, al quale potete porre le domande essenziali sul valore e sul senso della vita: non solo della vita sana e felice, ma anche di quella gravata dalla sofferenza, quando sia segnata da qualche handicap fisico o da situazioni di disagio familiare e sociale. Sì, Cristo è l’unico interlocutore competente, anche per le domande drammatiche, che è possibile formulare più con i gemiti che con le parole. Lui interrogate, lui ascoltate!Il senso della vita, egli vi dirà, sta nell’amore. Solo chi sa amare fino a dimenticare se stesso per donarsi al fratello realizza a pieno la propria vita ed esprime nel massimo grado il valore della propria vicenda terrena. È il paradosso evangelico della vita che si riscatta perdendosi (cf. Gv 12, 25), un paradosso che trova la sua piena luce nel mistero del Cristo morto e risorto per noi.  Giovani che mi ascoltate, la chiamata di Cristo non si rivolge soltanto a religiose, religiosi e sacerdoti. Egli chiama tutti; chiama anche chi, sorretto dall’amore, si avvia verso il traguardo del matrimonio. È Dio infatti che ha creato l’essere umano maschio e femmina, introducendo così nella storia quella singolare “duplicità”, grazie alla quale l’uomo e la donna, pur nella sostanziale parità dei diritti, si caratterizzano per quella meravigliosa complementarietà degli attributi, che ne feconda la reciproca attrazione. Nell’amore che sboccia dall’incontro della mascolinità con la femminilità s’incarna l’appello di Dio stesso, il quale ha creato l’uomo “a sua immagine e somiglianza”, proprio come “uomo e donna”. Questo appello Cristo ha fatto proprio, arricchendolo di valenze nuove nell’alleanza definitiva stipulata sulla Croce. Ebbene, miei cari, nell’amore di ogni battezzato egli chiede di poter esprimere l’amore suo verso la Chiesa, per la quale ha sacrificato se stesso, affinché “potesse comparirgli davanti gloriosa, senza macchia, né ruga, né altro di simile, ma santa e irreprensibile” (Ef 5, 27).Carissimi giovani! A ciascuno di voi, come a quel vostro coetaneo di cui riferisce il Vangelo (cf. Mt 19, 16-22), Cristo rinnova l’invito: “Seguimi!”. Qualche volta quella parola significa: “Ti chiamo ad un amore totale per me”; ma molto spesso con essa Gesù intende dire: “Segui me che sono lo sposo della Chiesa; impara ad amare la tua sposa, il tuo sposo come io ho amato la Chiesa. Diventa partecipe anche tu di quel mistero, di quel sacramento, di cui nella lettera agli Efesini si dice che è “grande”: grande appunto «in riferimento a Cristo e alla Chiesa»” (Ef 5, 32).Giovani che mi ascoltate! Cristo desidera insegnarvi la meravigliosa ricchezza dell’amore sponsale. Lasciate che egli parli al vostro cuore. Non fuggite da lui. Egli ha qualcosa di importante da dirvi per il futuro del vostro amore. Soprattutto, con la grazia del sacramento, egli ha qualcosa di decisivo da darvi, perché il vostro amore abbia in sé la forza necessaria per superare le prove dell’esistenza.Molte voci intorno a voi parlano oggi un linguaggio diverso da quello di Cristo, proponendo modelli di comportamento che, in nome di una “modernità” affrancata da “complessi” e da “tabù”, - come si è soliti dire - riducono l’amore ad esperienza provvisoria di gratificazione personale o anche di mero godimento sessuale. A chi sa guardare con occhio libero da pregiudizi questo genere di rapporti, non è difficile scorgere dietro l’orpello delle parole la realtà deludente di un atteggiamento egoistico, che mira principalmente al proprio tornaconto. L’altro non è più riconosciuto nella sua dignità di soggetto ma è declassato al rango di oggetto, di cui si dispone secondo criteri ispirati non ai valori ma all’interesse. Lo stesso figlio, che dovrebbe essere il frutto vivo dell’amore dei genitori, che in esso s’incarna e in certo modo si trascende e si perpetua, finisce per essere sentito come una cosa, che si ha diritto di pretendere o di rifiutare a seconda del proprio soggettivo stato d’animo. Come non riconoscere in tutto ciò il tarlo di una mentalità consumistica che ha lentamente svuotato l’amore di quel contenuto trascendente, in cui si manifesta una scintilla del fuoco che arde nel

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cuore stesso della Trinità santissima? Bisogna riportare l’amore a questa sua eterna sorgente, se si vuole che esso continui a generare appagamento vero, gioia, vita.A voi, giovani, il compito di farvi testimoni in mezzo al mondo di oggi della verità sull’amore. È una verità esigente, che spesso contrasta con le opinioni e con gli “slogans” correnti. Ma è l’unica verità degna di esseri umani, chiamati a far parte della famiglia di Dio!Voi siete venuti a questo monte della Gioia, pieni di speranza e di fiducia, mettendo da parte le insidie del mondo, per incontrare veramente Gesù, “la Via, la Verità e la Vita”, il quale vi invita tutti a seguirlo con amore. È una chiamata universale, che prescinde dal colore della pelle, dalla condizione sociale o dall’età. In questa notte, così emozionante per il suo significato religioso, per la fraternità e la gioia giovanile, Cristo amico è in mezzo all’assemblea per chiedervi personalmente se volete seguire con decisione la via che egli vi indica, se siete disposti ad accettare la sua verità, il suo messaggio di salvezza, se desiderate vivere pienamente l’ideale cristiano. È una decisione che dovete prendere senza paura. Dio vi aiuterà, vi darà la sua luce e la sua forza perché sappiate rispondere con generosità alla sua chiamata. Chiamata a una vita cristiana totale. Rispondete alla chiamata di Gesù Cristo e seguitelo!Ma, più di uno di voi si starà chiedendo: Che vuole Gesù da me? A che cosa mi chiama? Qual è il significato della sua chiamata per me? Per la gran parte di voi l’amore umano si presenta come una forma di autorealizzazione nella formazione di una famiglia. Perciò, nel nome di Cristo desidero domandarvi: Siete disposti a seguire la chiamata di Cristo attraverso il sacramento del Matrimonio, per essere procreatori di nuove vite, educatori di nuovi pellegrini per la città celeste?Nella storia della salvezza, il matrimonio cristiano è un mistero di fede. La famiglia è un mistero di amore, poiché collabora direttamente all’opera creatrice di Dio. Carissimi giovani, una gran parte della società non accetta gli insegnamenti di Cristo e, quindi, prende altre direzioni: l’edonismo, il divorzio, l’aborto, il controllo delle nascite e i contraccettivi. Questi modi di intendere la vita sono in chiaro contrasto con la legge di Dio e gli insegnamenti della Chiesa. Seguire fedelmente Cristo significa mettere in pratica il messaggio evangelico, che implica anche la castità, la difesa della vita, così come l’indissolubilità del vincolo matrimoniale, che non è un semplice contratto che si possa rompere arbitrariamente. Vivendo nel “permissivismo” del mondo moderno, che nega o minimizza l’autenticità dei principi cristiani, è facile e piacevole respirare questa mentalità corrotta e soccombere al desiderio passeggero. Ma tenete presente che coloro che agiscono in questo modo non seguono né amano Cristo. Amare significa camminare insieme nella stessa direzione verso Dio, che è l’origine dell’amore. In questa dimensione cristiana, l’amore è più forte della morte, perché ci prepara ad accogliere la vita, a proteggerla e a difenderla dal seno materno fino alla morte. Perciò torno a chiedervi: Siete disposti a difendere la vita umana con la massima cura in tutti i momenti, anche nei più difficili? Siete disposti, come giovani cristiani, a vivere e difendere l’amore attraverso il matrimonio indissolubile, a proteggere la stabilità della famiglia che favorisce l’educazione equilibrata dei figli, sotto la protezione dell’amore paterno e materno che si completano reciprocamente? Questa è la testimonianza cristiana che ci si attende dalla maggior parte di voi giovani. Essere cristiano significa dare testimonianza della verità cristiana e, soprattutto oggi, significa mettere in pratica il senso autentico che Cristo e la Chiesa danno alla vita e alla piena realizzazione dei giovani attraverso il matrimonio e la famiglia.Sì, miei cari giovani, Cristo vi chiama non solo per camminare con lui in questo pellegrinaggio della vita. Egli vi invia in sua vece per essere messaggeri della verità e per essere suoi testimoni nel mondo, concretamente, dinanzi ad altri giovani come voi, perché molti di loro oggi nel mondo intero sono in cerca della via, della verità e della vita, ma non sanno dove andare. Cosa significa essere testimoni di Cristo? Significa semplicemente vivere secondo il Vangelo: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente . . . Amerai il prossimo tuo come te

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stesso” (Mt 22, 37. 39). Il cristiano è chiamato a servire i fratelli e la società, a promuovere e a sostenere la dignità di ogni essere umano, a rispettare, difendere e promuovere i diritti della persona, ad essere artefice di una pace duratura ed autentica basata sulla fratellanza, sulla libertà, sulla giustizia e sulla verità.Nonostante le meravigliose possibilità offerte all’umanità dalla tecnologia moderna, nel mondo c’è ancora molta povertà e molta miseria. In molti luoghi della terra le persone vivono sotto la minaccia della violenza, del terrorismo e addirittura della guerra. Il nostro pensiero si rivolge ancora una volta al Libano e ad altri paesi del Medio Oriente, così come a tutti i popoli e a tutti i paesi in cui esistono guerra e violenza. C’è un’urgente necessità di poter contare su inviati di Cristo e messaggeri cristiani, E voi, giovani tutti, ragazzi e ragazze, sarete in futuro questi inviati e messaggeri.La chiamata di Cristo ci conduce lungo un cammino che non è facile da percorrere, perché può condurre anche alla Croce. Ma non esiste altro cammino che porti alla verità e dia la vita. Senza dubbio non siamo soli in questo cammino. Maria, con il suo “Fiat” ha aperto un nuovo cammino all’umanità. Lei, per mezzo della sua accettazione e donazione totale alla missione di suo Figlio, è il prototipo di ogni vocazione cristiana. Lei camminerà con noi, sarà nostra compagna di viaggio e con il suo aiuto potremo seguire la vocazione che Cristo ci offre.Cari giovani, incamminiamoci con Maria; impegniamoci a seguire Cristo via, verità e vita. Saremo così ardenti messaggeri della nuova evangelizzazione e generosi costruttori della civiltà dell’amore.(VISITA PASTORALE A SANTIAGO DE COMPOSTELA PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ, DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II Santiago de Compostela - Sabato, 19 agosto 1989)

COMMENTOIl senso della vita sta nell’amore!Quanto sono distanti queste parole dal mondo in cui spesso ci ritroviamo a vivere! Eppure ci mettono davanti all’immensità della missione a cui siamo chiamati: fare della nostra vita un dono per gli altri… E allora il dono totale all’altro nel sacramento del matrimonio (in cui il Signore ci promette la Sua presenza), il frutto del dono d’amore che sono i figli, il riflesso di questo amore nella quotidianità e negli ambienti in cui viviamo, siano la nostra testimonianza di giovani cristiani! È un grande dono e davvero un mistero grande, quello di poter camminare insieme verso di Lui e quello di partecipare alla creazione del mondo… il Signore si fida davvero tanto di noi!! Con questa fiducia nel cuore, vinciamo le paure e le perplessità che, guardando la società presente ed immaginando il futuro, ci riempiono la mente: possiamo essere noi i testimoni della fedeltà dell’amore, possiamo essere noi i costruttori di un futuro diverso, saremo noi a trasmettere la cultura dell’amore ai nostri figli, avendo sempre nel cuore la certezza di poter attingere ogni giorno alla fonte dell’Amore!

Cosa ha da dire Cristo ai miei affetti, alla mia storia d’amore, al futuro del mio amore?

Cosa penso della famiglia cristiana? Come reagisco ai dibattiti che anche in questi tempi mettono in discussione il concetto di famiglia?

Mi sento chiamato ad accogliere, proteggere e difendere la vita?

PREGHIERADio, dal quale proviene ogni paternità

in cielo e in terra, Padre, che sei amore e vita,30

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fa che ogni famiglia umana sulla terra diventi,mediante il tuo Figlio, Gesù Cristo, "nato da donna",

e mediante lo Spirito Santo, sorgente di divina carità,un vero santuario della vita e dell'amore

per le generazioni che sempre si rinnovano.Fa' che la tua grazia guidi i pensieri e le opere

dei coniugi verso il bene delle loro famigliee di tutte le famiglie del mondo.

Fa' che le giovani generazioni trovino nella famigliaun forte sostegno per la loro umanità

e la loro crescita nella verità e nell'amore.Fa' che l'amore, rafforzato dalla grazia del

sacramento del matrimonio, si dimostri più fortedi ogni debolezza e di ogni crisi,

attraverso le quali, a volte, passano le nostre famiglie.Fa' infine, te lo chiediamo per intercessione

della Sacra Famiglia di Nazareth,che la Chiesa in mezzo a tutte le nazioni della terra

possa compiere fruttuosamente la sua missionenella famiglia e mediante la famiglia.Tu che sei la Vita, la Verità e l'Amore,

nell'unità del Figlio e dello Spirito Santo.Amen.

(SANTA MESSA PER GLI SPOSI NELLA BASILICA DI SAN PIETRO OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II Domenica, 9 ottobre 1983)

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LUOGO: WADOWICE

Wadowice è una città di 19.275 abitanti della Polonia meridionale, situata tra Cracovia (a 48 km in direzione sud-est) e Bielsko-Biała, ai piedi della catena montuosa dei piccoli Beskidy, antistante i Carpazi. Si trova sul fiume Skawa ed è il centro amministrativo del distretto di Wadowice.Oggi Wadowice è un piccolo centro amministrativo, con la presenza delle istituzioni fondamentali per tale funzione quali il tribunale e l'ufficio dei lavoratori, e industriale con la sede di alcune importanti industrie nel settore alimentare una delle quali (Maspex) è tra le più grandi d'Europa.Karol Wojtyła è nato il 18 maggio 1920 in un piccolo appartamento in via Koscielna (“della Chiesa”) n. 7, che i suoi genitori Karol ed Emilia Wojtyła fittavano da una famiglia ebrea dei Balamuth. Il 20 giugno 1920 nella chiesa parrocchiale di Wadowice ha ricevuto il battesimo. Questa chiesa è diventata per il piccolo Lolek (diminutivo di Karol) il posto più importante per l’incontro con Dio – qui ha ricevuto la Prima Comunione e la Cresima, qui serviva durante le messe da ministrante e pregava davanti al quadro della Madonna dell’Aiuto Continuo.Lolek ha scoperto la passione per la poesia e l’arte al Ginnasio di Wadowice grazie all’attività nel circolo teatrale. Sul palcoscenico del club “Sokół” di Wadowice ha recitato tra gli altri ruoli, il ruolo di Emone: personaggio della mitica Antigone, e i personaggi dai drammi di Juliusz Słowacki.Nel 1991 Giovanni Paolo II ha consacrato personalmente la Chiesa di San Pietro apostolo costruita come voto di gratitudine degli abitanti di Wadowice per scelta del Cardinale Karol Wojtyła a San Pietro e per l’essere scampato miracolosamente all’attentato. L’architettura della chiesa assomiglia a quella della Basilica di San Pietro in Vaticano. “Con devozione da figlio, bacio la soglia della casa di famiglia, esprimendo la gratitudine alla Provvidenza divina per il dono di vita regalatomi dai miei Genitori, per il calore del nido della famiglia, per l’amore dei miei cari, che mi dava senso di sicurezza e forza, anche quando confrontavo l’esperienza della morte e i problemi della vita quotidiana nei tempi difficili. Con ammirazione profonda bacio anche la soglia della casa del Signore, la Chiesa parrocchiale di Wadowice, e nel suo interno la fonte battesimale al quale sono stato accettato dalla comunità della Sua Chiesa. In questo tempio ho fatto la prima confessione e la prima comunione. Qui facevo il ministrante. Qui ringraziavo Dio per il dono del sacerdozio e, già come arcivescovo di Cracovia, qui ho passato il mio anniversario per i 25 anni di sacerdozio. Quanto bontà, quante grazie ho ricevuto in questo tempio e in questa comunità parrocchiale, lo sa solo Colui che dona tutte le grazie”. (Giovanni Paolo II, 16 giugno 1999, Wadowice)

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FILM

KAROL – UN UOMO DIVENTATO PAPAProduttore: Mediaset Fiction Genere: Storico/biograficoRegia:  Giacomo BattiatoAttori: Piotr Adamczyk, Malgorzata Bela, Raoul Bova, Hristo Shopov, Ennio Fantastichini, Matt Craven, Ken Duken, Violante Placido, Olgierd Lukaszewicz, Kenneth Welsh, Mateusz Damiecki, Radoslaw Pazura, Grazyna Szapolowska, Lech MackiewiczAnno di produzione: 2005Nazione: Italia, PoloniaDurata: 180’ (in 2 puntate)

Prima parteRimasto orfano della madre a nove anni, Karol Wojtyla (Piotr Adamczyk) lo incontriamo ventenne, studente universitario a Cracovia, nel 1939, testimone dell'occupazione nazista della Polonia. Dapprima fuggiasco col padre nelle campagne, poi costretto a tornare a Cracovia per la disfatta dell'esercito polacco ad Est, Karol, contrario all'uso della violenza, tenta di opporsi agli invasori con la scrittura di drammi, il pellegrinaggio alla Basilica della Madonna Nera, ed il teatro clandestino. Ma una grave crisi spirituale seguita alla sistematica distruzione nazista della cultura polacca, alla deportazione degli ebrei nei campi di concentramento, alla fucilazione dei compagni di studi impegnati nella resistenza armata, e la vicinanza al sacerdote Zaleski, (Raoul Bova), lo spingono alla decisione di prendere i voti.Alla sconfitta dei nazisti, la Polonia passa sotto il controllo sovietico. A Cracovia, il generale di Stalin affida all'agente segreto Julian Kordek, (Hristo Shopov), un convinto anti-cattolico, il compito di uccidere i sacerdoti cattolici ancora in vita.Seconda parte Per ordine del governo stalinista, l'agente Julian Kordek dà inizio agli arresti dei religiosi di Cracovia, tra i quali il Primate di Polonia, il cardinale Wyszinsky. Karol, oramai sacerdote, viene nominato professore di teologia dell'Università di Lublino. Kordek invia una giovane spia alle sue lezioni per indagare sulle sue possibili attività anti-comuniste.Il governo comunista ordina il rilascio del cardinale Wyszinsky che nomina Karol vescovo. Così, alla morte dell'arcivescovo di Cracovia, il governo esclude la candidatura di Wyszinsky, troppo apertamente ostile al regime, ed elegge Wojtyla (1967). Kordek, preoccupato, continua a controllarlo ma, alla scoperta della sua celebrazione della messa di Natale, nel nuovo quartiere operaio di Nowa Huta, non ottiene dal governo l'ordine per intervenire.Karol fra le tante iniziative, organizza anche un seminario clandestino per i giovani preti in fuga dalla vicina Cecoslovacchia. Alla morte del Papa Giovanni Paolo I, il Sinodo Vaticano non trova un successore, il cardinale Koenig propone la candidatura di Wojtyla che vince con un'ampia maggioranza di voti a favore (16 ottobre 1978). 

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KAROL – UN PAPA RIMASTO UOMO

Produttore: Mediaset Fiction Genere: Storico/biograficoRegia:  Giacomo BattiatoAttori: Piotr Adamczyk, Dariusz Kwasnik, Michele Placido, Alberto Cracco, Adriana Asti, Raoul Bova, Leslie hope, Alkis Zanis, Carlos Kaniosky, Fabrice ScottAnno di produzione: 2006Nazione: Italia, Polonia, Canada Durata: 180’ (in 2 puntate)

Prima puntata 22 Ottobre 1978. Karol Wojtyla è eletto Papa: il suo discorso inaugurale viene ascoltato dai fedeli di tutto il mondo. A Mosca gli agenti del KGB, Kordek , Belijaev e Riedel fanno rapporto al Capo del Primo Distretto Centrale Krjuskov per la sua chiara politica antisocialista. Durante il primo viaggio in Messico Wojtyla incontra il vescovo marxista Oscar Romero, un antistatunitense amato dal popolo, e Fernandez, un sindacalista attivista dei campesinos che lo informano della disperata situazione messicana. Alla notizia di un viaggio in Polonia gli agenti del KGB prendono accordi con i terroristi turchi per organizzare un attentato alla sua vita: Alì Agca, prigioniero nel carcere militare, viene fatto fuggire e mandato a Vienna per ricevere istruzioni. A Varsavia e Cracovia milioni di persone si riuniscono per il discorso di Wojtyla, un appello al rispetto dei diritti umani che vela una denuncia dell'oppressivo sistema socialista. Mentre ad El Salvador il vescovo Romero viene assassinato, in Polonia, in conseguenza del viaggio di Wojtyla, nasce Solidarnosc, un sindacato autonomo guidato da Lec Walesa. Krjuskov progetta un intervento armato per fermare il movimento operaio. E' il 13 Maggio 1981, Alì Agca raggiunge Roma e, nascosto tra la folla, al passaggio domenicale del Papa in Piazza San Pietro gli spara due colpi, ma viene bloccato e arrestato: Wojtyla, ferito, è ricoverato d'urgenza all'ospedale Gemelli. Il mondo in preghiera, Wojtyla supera la crisi post-operatoria ed è salvo: il proiettile ha sfiorato la spina dorsale. Tornato attivo, Wojtyla affida al cardinale teologo Ratzinger la carica di Capo del Congresso della Dottrina della Fede per la riaffermazione dei valori cattolici, e a Madre Teresa di Calcutta il compito di diffondere la fede nel mondo. In Polonia la situazione degenera: il presidente Jaruzelski sospende le libertà costituzionali dichiarando lo stato d'assedio; Walesa viene confinato in luogo sconosciuto. Il giovane sacerdote operaio Popieluszko fa appello al Papa per un aiuto ai sindacalisti oppressi ma viene fatto prigioniero dalle autorità. Dopo il perdono concesso ad Agcà, e nuovi viaggi in Sud America e India, Wojtyla apprende dell'assassinio politico di Popieluszko e convoca il Generale Jaruzelski per concordare un nuovo viaggio in Polonia, a Danzica, la polveriera delle lotte operaie. A Berlino si assiste al crollo del muro, è il 9 Novembre 1989. Seconda puntataGennaio 1991. All'esplosione della Guerra del Golfo con il bombardamento di Bagdad, Wojtyla convoca d'urgenza il Sacro Collegio per organizzare l'intensificazione del dialogo tra le massime religioni monoteiste per la causa della pace. Un improvviso tracollo fisico rivela la presenza di un tumore nell'intestino e Wojtyla viene operato d'urgenza al Gemelli. Ripresosi dall'operazione, riprende l'attività politica e religiosa; Monsignor Sodano, eletto Segretario di Stato dopo il ritiro di Casaroli, lo informa della morte del giudice Borsellino e della sua scorta a seguito di un attentato mafioso, e Wojtyla compie un viaggio in Sicilia. Dopo un viaggio in Africa e l'incontro con gli studenti dell'Università a Roma, la salute di Wojtyla sembra peggiorare; una frattura all'anca causata da una rovinosa caduta

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porta Buzzonetti, il suo medico personale, alla scoperta che Wojtyla è affetto da morbo di Parkinson. Nonostante l'inasprirsi della malattia, il Papa continua a viaggiare prima in Bosnia, ancora ferita dalla guerra civile, poi a Parigi per l'incontro con i giovani. Alla morte di Madre Teresa Wojtyla avvia il processo di beatificazione. Dopo le celebrazioni per il Giubileo, nel 2000, il Papa si reca in viaggio in Israele, in pellegrinaggio sul Monte Nebo, ma la sua salute rovina precipitosamente.Nonostante la debolezza fisica l'attentato alle Torri Gemelle nel Novembre 2001 lo spinge a lanciare dalla finestra su Piazza San Pietro nuovi disperati appelli di pace. Ormai debole e costretto sulla sedie a rotelle, nel 2003, all'esplodere della guerra in Iraq, Wojtyla continua ad invocare la pace, ma una crisi respiratoria lo porta nuovamente in ospedale per una tracheotomia, a seguito della quale perde quasi del tutto l'uso della voce. Dopo un'ultima benedizione ai fedeli dalla sua finestra, il 2 Aprile 2005, Wojtyla muore nel suo letto. La folla di fedeli riunita in veglia a Piazza San Pietro piangerà la sua scomparsa.

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