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Sergio Marino Direttore Generale ARPA Sicilia Presi dalle incombenze di routine, a tutti coloro che coprono ruoli istituzionali può capitare di farsi coinvolgere nei problemi quotidiani e di perdere di vista il con- tinuo evolversi delle situazioni che si governano, per le quali oltre a informazioni costantemente aggiornate, occorrono modelli interrogativi e interpretativi sempre più sofisticati e precisi. Il rischio non è di poco conto perché si può arrivare alla cristallizzazione di pro- cedure la cui obsolescenza è sempre in agguato e la cui utilità, di conseguenza, decade in breve tempo. Per tali motivi, diamo notevole importanza alla ricerca e riteniamo che valorizzarla non sia necessario solo a trovare nuove strade, ma anche a mantenere sempre efficiente e sotto tensione le prassi consolidate che hanno otte- nuto risultati rilevanti. Con questo spirito intendiamo intervenire su uno dei principali problemi che affligge il mondo della ricerca, a parte la cronica mancanza di risorse finanziarie, dando modo di accedere ad una sufficiente e valida visibilità, che consenta di con- vogliare gli stakeholder verso i propri studi e, a cascata, anche finanziamenti e col- laborazioni. Riteniamo infatti che ogni soggetto che ammi- nistra la cosa pubblica con l’intenzione di indi- rizzare e governare lo sviluppo socio-economi- co-ambientale, debba impegnarsi a dare spazio alla ricerca e a diffonderne i risultati, con la con- sapevolezza che in ogni caso si produrrà una ricaduta positiva nel proprio settore di pertinen- za, per il solo fatto di aver catalizzato l’attenzio- ne dei soggetti interessati ed aperto possibili spazi per nuove partnership. In questa prospettiva, e adempiendo ai propri compiti istituzionali di fornire dati al sistema decisionale e ai cittadini, ARPA Sicilia sceglie, con questo numero speciale, di pubblicare i risultati delle ricerche su cui ha investito riguardo ai temi specifici del settore ambientale, nonché quelli delle ricerche connesse ai temi della salute correlati alle particolari configurazioni del sistema ambientale del territorio. Ciò che pubblichiamo dimostra ancora una volta che l’analisi e la presentazione dei dati non sono operazioni fredde, avulse dal contesto e libere da preconcetti o da influenze trasversali, e che ognuno può costruire la propria interpretazione incro- ciando i dati nel modo più articolato possibile così da riuscire a separare le infor- mazioni dall’effetto alone della comunicazione. In questo numero non si è dato spazio all’intervista mensile, ma proponiamo una nuova rubrica volta a presentare un diverso angolo visuale rispetto alle tematiche ambientali, dove sono valorizzati i nessi tra lo sviluppo e la tutela dell’ambiente con i fondamenti culturali del territorio sperando così di aprire una nuova direzione per ulteriori approfondimenti. Editoriale

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Sergio MarinoDirettore GeneraleARPA Sicilia

Presi dalle incombenze di routine, a tutti coloro che coprono ruoli  istituzionalipuò capitare di farsi coinvolgere nei problemi quotidiani e di perdere di vista il con-tinuo evolversi delle situazioni che si governano, per le quali oltre a informazionicostantemente aggiornate, occorrono modelli  interrogativi  e  interpretativi  semprepiù sofisticati e precisi. Il rischio non è di poco conto perché si può arrivare alla cristallizzazione di pro-cedure  la cui obsolescenza è sempre  in agguato e  la cui utilità, di conseguenza,decade in breve tempo. Per tali motivi, diamo notevole importanza alla ricerca eriteniamo che valorizzarla non sia necessario solo a trovare nuove strade, ma anchea mantenere sempre efficiente e sotto tensione le prassi consolidate che hanno otte-nuto risultati rilevanti.Con  questo  spirito  intendiamo  intervenire  su  uno  dei  principali  problemi  cheaffligge il mondo della ricerca, a parte la cronica mancanza di risorse finanziarie,dando modo di accedere ad una sufficiente e valida visibilità, che consenta di con-vogliare gli stakeholder verso i propri studi e, a cascata, anche finanziamenti e col-laborazioni.

Riteniamo infatti che ogni soggetto che ammi-nistra la cosa pubblica con l’intenzione di indi-rizzare e governare  lo sviluppo socio-economi-co-ambientale, debba impegnarsi a dare spazioalla ricerca e a diffonderne i risultati, con la con-sapevolezza  che  in  ogni  caso  si  produrrà  unaricaduta positiva nel proprio settore di pertinen-za, per il solo fatto di aver catalizzato l’attenzio-ne  dei  soggetti  interessati  ed  aperto  possibilispazi per nuove partnership.In questa prospettiva, e adempiendo ai propricompiti  istituzionali  di  fornire  dati  al  sistemadecisionale  e  ai  cittadini,  ARPA  Sicilia  sceglie,con  questo  numero  speciale,  di  pubblicare  i

risultati  delle  ricerche  su  cui  ha  investito  riguardo  ai  temi  specifici  del  settoreambientale, nonché quelli delle ricerche connesse ai temi della salute correlati alleparticolari configurazioni del sistema ambientale del territorio.Ciò che pubblichiamo dimostra ancora una volta che l’analisi e la presentazionedei dati non sono operazioni fredde, avulse dal contesto e libere da preconcetti oda influenze trasversali, e che ognuno può costruire la propria interpretazione incro-ciando i dati nel modo più articolato possibile così da riuscire a separare le infor-mazioni dall’effetto alone della comunicazione.In questo numero non si è dato spazio all’intervista mensile, ma proponiamo unanuova rubrica volta a presentare un diverso angolo visuale rispetto alle tematicheambientali, dove sono valorizzati i nessi tra lo sviluppo e la tutela dell’ambiente coni fondamenti culturali del territorio sperando così di aprire una nuova direzione perulteriori approfondimenti.

Editoriale

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Il progetto di ricerca, stipulato tramite convenzione tra l’ARPA Sicilia edil Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Palermo, dal titolo “Ipaesaggi a terrazze in Sicilia: metodologie per l’analisi, la tutela e la valo-rizzazione”, ha avuto la finalità di conoscere lo stato attuale dei sistemi ter-razzati regionali, attraverso lo studio dei tipici elementi agronomico-paesag-gistici che da secoli li caratterizzano e delle condizioni ambientali e dellevicissitudini socio-economiche che li hanno generati. In particolare obbiet-tivi del progetto sono stati: 1) creare un inventario delle aree terrazzate dellaSicilia; 2) individuare i sistemi di terrazzamento omogenei a scala regiona-le,  in  relazione  a  caratteristiche  geografiche,  morfologiche,  litologiche  ecostruttivo-strutturali; 3) studiare, attraverso casi studio, argomenti specifici

Progetto di ricercaI paesaggi a terrazze in Sicilia: Metodologieper l’analisi, la tutela e la valorizzazione 

Giuseppe BarberaDipartimentoColture ArboreeUniversità di Palermo

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Fig. 1 – Carta delle aree dei Sistemi di Terrazzamento Omogenei (STO) della SiciliaSistema delle terrazze della catena settentrionale dei  Monti Peloritani;Sistema delle terrazze del vulcano etneo;Sistema delle terrazze calcaree del tavolato e dei rilievi costieri e perimetrali iblei;Sistema delle terrazze dei rilievi dei monti Erei e dei rilievi del Calatino;Sistema delle terrazze collinari e costiere dell’Agrigentino e del Nisseno;Sistema delle terrazze dei monti di Palermo e dei rilievi costieri della Sicilia Nord-occidentale;Sistema delle terrazze dei rilievi costieri dei Monti Madonie e Nebrodi;Sistema delle terrazze delle isole minori.

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connessi con il paesaggio  terrazza-to, in particolare l’evoluzione stori-ca dei processi colturali e di abban-dono, le diverse tipologie del siste-ma  insediativo  in  pietra  a  secco(manufatti e  infrastrutture) e  le  lorotrasformazioni, i processi di insedia-mento della vegetazione,  la gestio-ne  della  vegetazione  naturale  e  laconservazione  della  biodiversitàdopo  l’abbandono;  4)  individuarestrategie  comuni  per  contrastarel’abbandono di queste aree; 5) trac-ciare  le  linee  guida  per  una  lorovalorizzazione. Oggetto  del  presente  progettosono  state  tutte  le  aree  regionalicaratterizzate dalla presenza di ter-razzamenti  tradizionali  in  pietra  asecco,  con  un  dettaglio  inventara-riale di superficie minima cartogra-fata di 0,5 ha; sono state così inclu-se ed analizzate anche le tante strut-ture costruite che evolvono diretta-mente  dai  semplici  allineamenti  dipietra  in quel continuum paesaggi-stico di grande fascino costituito dacolture  e  opere  in  pietra  a  secco,queste  ultime  presupposto  e  parteintegrante  dell’attività  agricola  tra-dizionale.  Si  tratta  in  particolaredegli  elementi  di  raccordo  tra  ter-razze, come scale, rampe e percor-si,  oltre  ai  dispositivi  per  la  capta-zione e  la  raccolta dell’acqua e adaltri  elementi  in  pietra  di  supportoalle attività rurali – le infrastrutture –e di tutti gli edifici, più o meno com-

plessi,  per  il  rico-vero  o  altra  fun-zione, a loro voltaspesso strettamen-te  interdipendenti– i manufatti. 

Dall’inventario  cartografico  èemersa una superficie regionale ter-razzata complessiva di 69.604 ha (il2,71  %  dell’intera  Regione),  conuna distribuzione notevolmente ete-rogenea  da  provincia  a  provincia(fig.1).  Le  province  con  la  più  altapercentuale di terrazzamenti risulta-no  Ragusa,  Catania,  Siracusa  eMessina,  mentre  nelle  province  diTrapani e Palermo le terrazze sonorelativamente  poche,  concentran-dosi quasi  esclusivamente  lungo  learee  costiere  e  subcostiere.  Sullabase  della  loro  concentrazione  inprincipali aree territoriali (Sistemi diTerrazzamento Omogenei - STO) èstata  fatta una attenta ed approfon-dita  caratterizzazione  territorialesull’uso attuale delle aree  terrazza-te,  sul  loro  stato  di  conservazione(stato  delle  coltivazioni  agrarie  /processi di abbandono) e, sulla basedi esperienze e progetti  internazio-nali,  sono state tracciate delle lineeguida per una loro recupero e con-servazione in seno ai principali tipidi paesaggio agro-forestali  tradizio-nali che li contengono.

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Fig. 2 Paesaggio  terrazzato  tradi-zionale dei seminativi dellaSicilia Sud-Orientale (Monti Iblei - SR) 

I riferimenti bibliografici ed eventuali dati supplementari possono essere richiesti agli autori

Nel progetto sono state incluse ed analizzate le strutture costruite che evolvono direttamente dai semplici allineamenti di pietra in quel continuumpaesaggistico di grande fascino costituito da colture e opere in pietra a secco

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Organismi unicellulari “spie” dell’inquinamento dell’ambiente marino 

M. BraiS. BasileA. CarusoC. CosentinoL. TranchinaDipartimento di Fisica eTecnologie RelativeUniversità di Palermo

Il  progetto di  ricerca ha  avuto  come  scopo  la  valutazione dell’inquina-mento da metalli del golfo di Palermo ed il suo possibile monitoraggio tra-mite l’uso di un gruppo di organismi marini (foraminiferi) correlati alla con-centrazione di metalli.I Foraminiferi  sono un gruppo di organismi unicellulari, comparsi  sullaterra nel Cambriano (Paleozoico), dotati di un guscio carbonatico aggluti-nante  e/o  organico.  Sono  presenti  in  tutti  gli  ambienti  acquatici,  sia  inacque dolci che in ambienti di acque marine. Le forme bentoniche, pro-prio a causa del loro stile di vita, sono fortemente influenzate dalla batime-tria, dalla  granulometria del  substrato  in cui  vivono, dalle  variazioni deiparametri ambientali e chimico-fisici, sia dell’acqua al fondo che del sub-strato; molto  importanti  per  la  loro  vita  sono  la  presenza  o  l’assenza  disostanza  organica,  la  quantità  di  ossigeno  disciolto  e  la  salinità  delleacque, il pH, l’abbondanza di nutrienti, etc. L’interazione di tutti questi fat-tori,  chiamati  infatti  fattori  limitanti,  determina  il  fatto  che  ogni  area  ècaratterizzata da una ben precisa associazione di specie che hanno le stes-se esigenze ecologiche.Nonostante  la  grande quantità di  lavori pubblicati,  non è ancora abba-stanza chiaro in che misura e soprattutto con quali modalità e processi lapresenza di inquinanti possa influenzare la vita di questi organismi.

L’indagine all’interno del progetto haprevisto il campionamento di sedimen-ti marini  superficiali  in  tre siti:  il golfodi  Palermo  (GP),  che  è  stato  sceltocome  oggetto  dello  studio  in  quantoposizionato ai margini di un’area forte-mente  urbanizzata  con  la  presenza  dinumerose piccole e medie industrie; lazona  occidentale  del  golfo  di  Termini(GT),  che  costituisce  un’area  menoantropizzata  e  l’isola  di  Lampedusa(LAMP),  che  rappresenta  un  sito  nelquale sono quasi inesistenti quelle fontidi  possibile  inquinamento  antropicoche  caratterizzano  la  maggior  partedelle aree marino costiere.

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Fig. 1 Corsi d’acqua e principali scarichiche si immettono nel Golfo di Palermo

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Potrebbero esserci relazioni tra alte concentrazioni di metalli pesanti nei sedimenti marini superficiali e la presenza di 

alte percentuali di foraminiferi bentonici deformati

Lo studio si è proposto di metterea punto metodi e  strumenti  finaliz-zati alla valorizzazione e salvaguar-dia delle aree indagate e caratteriz-zate  da  diverso  impatto  antropico.Le  metodiche  messe  a  punto  con-sentono  inoltre  la  datazione  dieventi chimico-fisici (tramite i profi-li in carote di sedimenti di metalli eradionuclidi)  “memorizzati”  neisedimenti e nel biota.Per  ottenere  una  fitta  maglia  dicampionamento che coprisse l’inte-ra  area  del  golfo  di  Palermo  sonostati individuati 24 transetti perpen-dicolari alla linea di costa; lungo lamaggior parte dei transetti sono statiprelevati  tre  campioni  a  differentibatimetrie (-10, -20, -30 m).Sui campioni sono state effettuatemisure  per  la  determinazione  di  6elementi metallici  (Cr,  Cu,  Fe, Hg,Pb  e  Zn).  Inoltre  su  una  parte  deicampioni si è effettuata la valutazio-ne  della  radioattività  naturale.  Lostesso tipo di analisi è stata fatta peruna carota di sedimento prelevata acirca 800 m dalla costa, di fronte lafoce del fiume Oreto a -21 m di pro-fondità;  quest’ultima  è  stata  datatasfruttando  il  decadimento  del210Pb  ed  ha  consentito  una  rico-struzione temporale delle variazioniecologiche  verificatesi  nel  golfo  diPalermo negli ultimi 50-60 anni.

I risultati ottenuti hanno consenti-to una  ricostruzione  spazio-tempo-rale della situazione ecologica (per iparametri valutati) per l’area marino- costiera studiata.Si è valutata  l’influenza di alcunielementi metallici sia sulla distribu-zione di alcune specie di  foramini-feri nelle associazioni sia nell’insor-genza di deformazioni nei gusci diindividui  della  specie  Cibicideslobatulus.Per ottenere dati uniformi e para-gonabili tra loro sulle concentrazio-ni  dei metalli  nei  sedimenti  prove-nienti da siti differenti si è deciso diindagare  la  frazione  di  sedimentominore  di  63  µm;  ciò  consenteinfatti di confrontare risultati ottenu-ti  dalla  misurazione  di  sedimentiche  originariamente  possedevanouna differente composizione granu-lometrica. La frazione di sedimentoda noi indagata, inoltre, è la princi-pale responsabile dell’accumulo deimetalli nei sedimenti.Dalle analisi  realizzate  si osservache Cu, Hg, Pb e Zn sono maggior-mente  presenti,  con  livelli  talvoltapreoccupanti,  soprattutto  nelle  sta-zioni  di  campionamento  compresetra il porto industriale e la foce delfiume  Oreto,  ed  in  particolare  nelcampione prelevato dentro la Cala.In questo sono state ritrovate le con-centrazioni maggiori di rame, piom-

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bo, zinco e mercurio ed i livelli misurati sono molto superiori ai limiti fissa-ti  dalla  normativa  italiana  in merito  alle  quantità massime  ammissibili  dimetalli nei sedimenti marini (DL 367/2003).Nei campioni provenienti dalle stazioni di Lampedusa i valori sono infe-riori, tali differenze variano tra 0.5 e 2 ordini di grandezza. Le differenze trai siti sono state ulteriormente messe in evidenza utilizzando le più comunianalisi statistiche.- mercurio il valore medio nei sedimenti di Palermo è di 438 µg kg-1 con-tro i 130 µg kg-1 di Termini e i 30 µg kg-1 di Lampedusa. Il valore medio di438 µg kg-1 è al di sopra di quello di 300µg kg-1 fissato dal DL n°367/2003anche se risulta inferiore al valore di 1000 µg kg-1 indicato dall’US EPA.- rame si ha un valore medio, nei siti più vicini alla zona portuale, di 203mg kg-1 contro  i 34.0 mg kg-1 misurati nel  restante Golfo di Palermo e  i24.8  mg  kg-1 del  Golfo  di  Termini  e  i  4.02  mg  kg-1 dei  campioni  diLampedusa (escludendo il campione portuale). Il valore medio di concen-trazione determinato per  l’area portuale di Palermo deve  fare considerarecome molto inquinata da rame questa porzione del Golfo, secondo i valorisuggeriti  dall’US  EPA  (>  50 mg  kg-1).  La  restante  porzione  del  Golfo  diPalermo è da considerarsi da non inquinata a moderatamente inquinata (>25 mg kg-1) mentre il Golfo di Termini e Lampedusa sono da considerarsicome zone incontaminate da questo elemento (< 25 mg kg-1).- piombo la media per il Golfo di Palermo è di 37.0 mg kg-1, per Terminiè di 22.5 mg kg-1  e per Lampedusa è di 10.3 mg kg-1. Il valore medio delGolfo  di  Palermo  risulta  di  poco  superiore  al massimo  valore  consentitodalla normativa italiana di 30 mg kg-1 anche se, in questo caso, poiché lafrazione da noi considerata per l’analisi è solo quella < di 63 ?m e la diffe-renza tra il valore medio ed il valore della normativa è molto piccola, nonè possibile definire come fuori norma per il piombo il valore medio di con-centrazione riscontrato. Superiori alla norma risultano comunque i valori diconcentrazione di piombo misurati nei campioni della Cala.- zinco la media dei campioni dell’area portuale di Palermo è di 254 mgkg-1, nella restante parte del Golfo di Palermo si ha una media di 87.7 mgkg-1, nelle stazioni di Termini la media è risultata essere di 108 mg kg-1 eda Lampedusa di 23.0 mg kg-1. Confrontando i nostri valori medi con quel-li definiti dall’US EPA si può affermare che la zona della Cala è molto inqui-nata da zinco (> 200 mg kg-1) mentre le restanti zone non sono inquinateda questo elemento.Foraminiferi bentonici e correlazioni con i livelli dei metalli pesantiIn merito allo studio dei foraminiferi bentonici svolto nell’ambito di questoprogetto, è di grande importanza sottolineare il fatto che uno studio di que-sto  tipo non era mai  stato effettuato né all’interno del Golfo di Palermo e

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foraminiferi,  il  gruppo  Ammoniaspp.,  ben  tollerante,  prende  ilsopravvento  sulle  altre  specie,andando a formare, per esempio nelcampione prelevato nella zona por-tuale, dove la concentrazione di Cusfiora i 350 mg kg-1 e quella di Zn i300 mg kg-1, il 40% dell’associazio-ne a foraminiferi.  Invece, gli  indivi-dui  appartenenti  al  genereQuinqueloculina spp., generalmentefrequenti  nei  campioni  esaminati,mostrano  un  andamento  completa-mente opposto a quello di Ammoniaspp.,  dato  che  la  loro  abbondanzatende  a  diminuire  drasticamente,fino  a  scomparire  del  tutto,  via  viache  il  sedimento  considerato  siarricchisce di metalli; questo sugge-risce che questi organismi siano sen-sibili  ad un aumento delle concen-trazioni dei metalli esaminati.

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Fig. 2 individui di Ammonia spp

nemmeno, più in generale, lungo lecoste  siciliane;  inoltre,  per  alcunespecie è stato riconosciuto il generea cui appartengono ma, nonostantela consultazione di  libri e cataloghispecialistici, non è stata ancora indi-viduata  la  specie. Questo  potrebbesuggerire che si tratta di specie nonancora  note  in  letteratura  e  chequindi  dovranno  essere  studiate  afondo  e,  probabilmente,  istituitecome specie nuove.Complessivamente,  sono  statericonosciute  circa  100  specie;  leforme  più  frequenti  sono  quelleappartenenti  ai  seguenti  generi:Ammonia  spp.,  Bulimina  spp.,Cassidulina  spp.,  Cibicides  spp.,Elphidium spp., Globobulimina spp.,Rosalina spp., Quinqueloculina spp.Tra queste forme, soprattutto alcunehanno dato delle ottime indicazionidal punto di vista ecologico.Ad  esempio,  gli  andamenti  dellepercentuali  di  abbondanza  diAmmonia spp, mostrano chiaramen-te  come  queste  forme  siano  domi-nanti  nei  siti  più  “stressati”  (zonaportuale,  foce  Oreto  e  zona  Aspraalla  foce  dell’Eleuterio);  è  noto  inletteratura,  infatti,  che  le  Ammoniepossono  tollerare  variazioni  ancheimportanti di salinità e pH.Una  ulteriore  valutazione  è  stataeffettuata confrontando l’abbondan-za  relativa  del  gruppo  Ammoniaspp.  (resistente  a  condizioniambientali  “stressate”)  con  le  con-centrazioni di alcuni degli elementimetallici  misurati  nei  campioni  disedimento, da cui si evince chiara-mente che Ammonia spp. ben tolle-ra anche alte concentrazioni di ele-menti metallici. Più precisamente sipuò  affermare  che  quando  le  con-centrazioni  di  rame  diventano  talida  impedire  lo  sviluppo  degli  altri

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Come già accennato precedentemente, dai dati in nostro possesso sembrache ci siano delle relazioni tra alte concentrazioni di alcuni metalli e metal-li pesanti nei sedimenti marini superficiali e la presenza di alte percentualidi foraminiferi bentonici deformati, soprattutto della specie Cibicides loba-tulus. Questa specie potrebbe, quindi, essere utilizzata come bio-indicatoredell’inquinamento da metalli in ambiente marino-costiero.Le analisi condotte per la realizzazione del progetto hanno consentito diottenere una “fotografia” delle attuali concentrazioni degli elementi metal-lici all’interno dei sedimenti del Golfo di Palermo, Golfo di Termini e Isoladi  Lampedusa.  In  particolare  si  sono  potuti  evidenziare  i  siti  di  maggioraccumulo di inquinanti. Questa “fotografia” è da riferirsi alla situazione pre-sente  nel Golfo  di  Palermo  prima  della messa  in  funzione  del  collettorefognario, provvisto di impianto di depurazione. Nella figura che segue è mostrato l’andamento temporale del piombo neisedimenti del golfo di Palermo posto in correlazione con la vendita di ben-zine e  le  relative concentrazioni di piombo nelle  stesse  (figura3).  Il clockinterno è riferito al profilo di Pb radioattivo naturale e al Cs da fallout.

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I riferimenti bibliografici ed eventuali dati supplementari possono essere richiesti agli autori

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Abbattimento di Inquinanti Organici Resilientinei Reflui Liquidi di Natura Civile ed Industriale

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I riferimenti bibliografici ed eventuali dati supplementari possono essere richiesti agli autori

Il  programma  di  ricerca  realizzato  nell’ambito  della  Convenzione  traARPA Sicilia e il DCIIM-UNIME è stato finalizzato alla messa a punto di unanuova classe di catalizzatori solidi, a base di ossidi metallici, per il proces-so  di Ossidazione  Catalitica  in  Fase  Liquida  con  Aria  (Catalytic Wet  AirOxidation, CWAO) di inquinanti tossici e/o refrattari presenti negli effluen-ti di origine industriale e civile.L’attività di ricerca è stata incentrata sullo studio della reazione di CWAOdel fenolo, preso come composto modello giacché rappresentativo di unaclasse di  inquinanti  tra  i più  tossici  e  refrattari, diffusamente presente neireflui di origine industriale (raffinerie, industrie agro-alimentari, etc.). La suaelevata  tossicità,  oltre  a  rappresentare  una minaccia  per  l’ecosistema,  lorende incompatibile con i convenzionali metodi di depurazione biologica.Sebbene  alcuni  esempi  di  processi  CWAO  siano  già  operativi  inGiappone e USA (Tab. 1), l’uso di catalizzatori a base di metalli nobili uni-tamente  alle  elevate  temperature  di  reazione  rendono  economicamentepoco conveniente la loro applicazione su vasta scala. I risultati raggiunti nell’ambito del progetto hanno quindi una considere-vole valenza scientifica e applicativa. La comprensione degli aspetti chiave

del  meccanismo  di  reazioneha, infatti, consentito il progettodi  catalizzatori  MnCeOx ingrado di promuovere la reazio-ne  di  CWAO  del  fenolo  conelevata attività, selettività e sta-bilità  in  condizioni  operativepiuttosto  blande  (T<150°C;P<15 bar). Grazie alla messa apunto  di  una  nuova  metodicadi  sintesi  (redox-precipitazio-ne),  sono  stati  ottenuti  cataliz-zatori molto più efficienti degliomologhi  sistemi  ottenuti  perco-precipitazione e degli  stessicatalizzatori  a  base  di  metallinobili (Fig. 1).

Francesco ArenaDipartimento di ChimicaIndustriale  e  Ingegneriadei MaterialiUniversità di Messina

Tabella 1Esempi di tecnologie CWAO basate sull’impiego di catalizzatori eterogenei.

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Valutazione intergrata dei processi dinamicidei litorali sabbiosi e progettazione di interventi di ripristino ambientale

Nell’ambito del tema trattato sono stati presi in considerazione tre tipi diaree con caratteristiche diverse correlando,  in maggiore o minore misura,bacini idrografici, fascia costiera e piattaforma continentale antistante.Quanto  sopra attraverso  l’aggregazione di competenze e professionalitàinterdisciplinari,  in un quadro quanto più possibile variegato dei processibiologici ed abiologici e degli aspetti geologico –  litologici, meteomarini,morfologici, sedimentologici, biocenotici, ecc.Nell’ambito del versante orientale della Sicilia sono stati  presi in conside-razione:la  foce  del  fiume  Simeto,  sede dell’Oasi  omonima,  in  un’area  pesante-mente squilibrata da interventi di bonifica idraulica e dalla realizzazione diquattro invasi nell’ambito del bacino idrografico sotteso; l’area di Vendicari, pregevole esempio di zona umida confinata tra falesiee piattaforme rocciose;il  sistema Marzamemi  – Capo  Passero,  soggetto  ad  un  pesante  impattodeterminato dalla  realizzazione di  impianti  di  acquacoltura  e  di  strutturealberghiere, con relative infrastrutture.

La Foce del fiume Simeto presenta le seguenti caratteristiche:è ubicata al centro di un litorale dicirca  20  km,  intaccato  da  struttureantropiche,  taglio  del  sottobosco  edistruzione dei cordoni dunari; preci-pitazioni e temperature medie annuesono di 482,4 mm e 18,2 °C rispetti-vamente: il settore di traversia è com-preso  tra  le  direttrici  20°  -  140°  deiCapi Mulini  e  S.Croce,  con un  fetchmassimo di 1700 km  in direzione diGaza;  i  venti  provengono  principal-mente da Est e Nord Est, con altezzed’onda significative di 5,2 m e tempidi ritorno di circa 10 anni; correnti edrift litoraneo  efficace  sono  direttiverso Nord;

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C. AmoredipartimentoScienze GeologicheUniversità di Catania

Fig. 1Esempi  di  tecnologie  CWAO  basate  sull’impiego  di  catalizzatori  eterogenei.Apparato fociale del F. Simeto nel Settembre 2006. Versante destro.

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Nell’ambito del versante orientale della Sicilia sono stati  presi in considerazionela foce del fiume Simeto, l’area di Vendicari ed il sistema Marzamemi 

nel  bacino  idrografico  sotteso,pari  a  4.200  kmq  circa,  i  terrenisedimentari e vulcanici concorronoal carico solido fluviale, la cui com-ponente  pelitica  si  disperde  innuvole  torbide  verso  il  largo  unavolta  arrivata  al  mare,  mentre  lacomponente  grossolana  -  per  circa1.300.000 mc/anno - resta intrappo-lata negli invasi di Ancipa, Pozzillo,Ogliastro e Nicoletti, innescando unpesante processo erosionale che hainteressato  in  particolare  modo  labanchinatura a protezione dell’api-ce deltizio e tutto l’apparato fociale;l’area sommersa raggiunge la pro-fondità di 160 m a circa 6 km dallacosta, con fondali più o meno accli-vi e con diverse rotture di pendio; lazona a barre ha un’ampiezza massi-ma di 520 m con due ordini di strut-ture; tra le isobate -15 e -30 m sonopresenti  le  testate  di  due  canyonscorrispondenti  alle  posizioni  del-l’apparato  fociale  del  1800  e  del1867;i sedimenti sono distribuiti secon-do:  una  facies  litorale,  con  sabbiefine ben classate; una facies di del-tafront, fino all’isobata di -25/-30m,con sabbie molto fini ben classate elimi  grossi;  una  facies  di  prodelta,tra  le  isobate  -25/-80m,  con  limimedi e fini mal classati;la  composizione  dei  sedimentiriflette  la  litologia  del  bacino,  conquarzo e plagioclasi delle sequenze

arenacee,  carbonati  della  SerieGessoso  –  Solfifera  e  mineralipesanti delle vulcaniti etnee;-  le  comunità  vegetali  sonoestremamente ridotte e degrada-te  con  zone  a  Salsolo  -Cakiletum,  ed  a  Sporobolo  -Agropyretum  juncei e  conun’abnorme  abbondanza  diOtanthus  maritimus;  la  presen-za,  inoltre,  di  estesi  rimboschi-menti impedisce una significati-va  ripresa  della  vegetazione  dimacchia, con un’accentuazionedei processi erosivi resa eviden-te dalla moria degli alberi pian-tumati.VendicariNell’area  di  Vendicari,  dal  1981Riserva  Naturale  Orientata,  è  stataprevista una serie di interventi mira-ti alla conservazione ed alla prote-

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Fig. 2Spiaggia di Vendicari .Settore meridionale.

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zione del sistema dunare mediante cannicciate, viminate, ecc., atte a favo-rire la formazione di dune incipienti.Caratteristiche dell’area sono la morfologia a tombolo cuspidato, le dunenaturali e antropizzate, in erosione nel settore settentrionale ed in avanza-mento in quello meridionale, in una zona umida destinata a scomparire perinterrimento da apporti marini, eolici e fluviali.La precipitazione e la temperatura media annue sono di circa 380 mm e18°C rispettivamente; i venti principali sono Maestrale e Ponente, con velo-cità superiori a 10 m/sec, con un fetch effettivo massimo di circa 700 km;all’interno  della  baia  influenti  sono  anche Grecale,  Levante,  Scirocco;  lealtezze d’onda significative sono di 5,2 m per il I° quadrante e di 6 m per ilII°, con tempi di ritorno di circa 10 anni. Nel sistema dunare, ricadente all’interno di un’area protetta,  l’ampiezzadella spiaggia è raramente superiore ai 60m, i varchi sono di tipo stradale,l’antropizzazione riguarda l’area di una cava di sabbia dimessa; nella spiag-gia sommersa si hanno pendenze del 1-2%, con una profondità massima di14 m e con barre di 1° ordine rese discontinue dalle mattes di Posidoniaoceanica e secondariamente di Cymodocea nodosa e Zostera noltii.I pantani – Piccolo, Grande, Roveto, Sichilli e Scirbia - comunicano con ilmare attraverso un’unica apertura costituita dalla foce Sichilli; la loro alimen-tazione  è  legata  alle  precipitazioni  dirette,  alle  portate  delle  diverse  “saie”,all’ingressione di acque marine ed alle risorgive di acque dolci in concomitan-za con eventi piovosi.Gli apporti  solidi dei bacini  idrografici  sottesi, a composizione marnoso –sabbioso – calcarenitica di età pliopleistocenica ed olocenica, con sedimentipelitici derivanti dal dilavamento dei suoli, determinano un tasso di interrimen-to di 2,6 cm/anno nei Pantani Roveto, Sichilli e Scirbia e di 1,6 cm/anno neiPantani Piccolo e Grande.

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Fig. 3Marzamemi – Capo Passero. La pocket beach di Vulpiglia.

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I  sedimenti  sono  costituiti:  neipantani,  da  peliti  con  frazioni  sab-biose  indicative di  una  fase di  col-mamento; nel duneto, da sabbie finida  moderatamente  a  ben  classate;nella  spiaggia  emersa,  da  sabbiemedie  e  fini  da  poco  a  moderata-mente ed a ben classate; nella spiag-gia sommersa, da sabbie fini mode-ratamente classate. La frazione sab-biosa è composta da tritume organo-geno, clasti carbonatici e granuli diquarzo.La vegetazione può essere inqua-drata  nelle  zone  a Macchia medi-terranea a gariga, con associazionivegetali  a Crithmo –  Limonietea,  aArthrocnemum  glaucum  e  Juncussubulatus,  a Cakiletum,  a Gineprococcolone,  Imperato  –  Juncetumtommasinii, ecc.Marzamemi - Capo PasseroLungo la fascia costiera prevalen-temente  calcarenitica,  è  presenteuna  serie  di  pocket  beaches -  S.Lorenzo,  Spinazza,  Calafarina,Vulpiglia, Morghelle - di lunghezzacompresa  tra  250  e  800  m  e  lar-ghezza  tra 20 e 100 m,  fortementeantropizzate e degradate da spiana-menti, impianti di piscicoltura, pre-lievi  di  acque marine  e  scarico  diacque  reflue,  con  una  pesante  fre-quentazione  e  passaggio  di  mezzimeccanici nel periodo estivo. I  sedimenti  rientrano  nel  campodelle  sabbie  fini  moderatamenteclassate, con linee di riva mantenu-te stabili dalla disposizione a cul desac  di  baie  e  rade,  dalla  chiusuralaterale da parte di speroni calcare-nitici e dalle mareggiate provenien-ti  da  quadranti  orientali  che deter-minano  il  rimaneggiamento  deisedimenti  all’interno  delle  stesseinsenature  non  permettendone  lafuoriuscita.

Soggette ad una intensa dinamicasono le spiagge emerse, in cui il pro-cesso  di  stabilizzazione  ad  operadella  vegetazione  erbacea  vienesistematicamente  interrotto e scom-paginato  ed ogni  inizio  di  stagionebalneare  per  far  posto  a  strutture  einfrastrutture  turistiche.  Anche  leassociazioni  vegetali  a  Salsolo  –Cakiletum maritimae e  Sporobolo  -Agropyretum juncei risultano impo-verite  dal  calpestio  diffuso,  dallamovimentazione  della  sabbia  edancora  da  discariche  di  rifiuti  checontribuiscono  a  mantenerne  e  adincrementarne il degrado.

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I riferimenti bibliografici ed eventuali dati supplementari possono essere richiesti agli autori

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Indagini sulla qualità ambientalecon l’uso delle briofite in Sicilia

Nonostante siano note da tempo alla comunità scientifica internazionalela validità e l’alta predittività delle briofite come biosensori, nell’area medi-terranea  la  ricerca briologica applicata al biomonitoraggio ambientale haavuto uno sviluppo piuttosto recente. Gli studi briofloristici condotti in Sicilia negli ultimi decenni hanno per-messo, tramite l’acquisizione di dati sul comportamento di diverse specie,il  riconoscimento sia di  taxa sensibili, più o meno strettamente  legati agliambienti naturali o seminaturali, sia di briofite più tolleranti capaci di pene-trare nelle città e in generale in aree ad elevato impatto antropico.E’ verso queste ultime che è stata focalizzata l’attenzione di una ricercafinanziata  da  ARPA  Sicilia  e  condotta  da  ricercatori  delle  Università  diPalermo e Catania, con lo scopo di affinare e ottimizzare il biomonitorag-gio tramite le briofite soprattutto all’interno delle aree urbane della regionemediterranea, tramite uno studio specifico e una verifica e sperimentazionedi metodi.

Le  indagini,  che  sono  state  condotte  in  77aree  campione  ricadenti  nelle  province  diPalermo,  Caltanissetta,  Siracusa  e  Ragusa  edhanno preso in esame singolarmente i diversimicrohabitat  briofitici  in  differenti  contestiurbani  ed  extraurbani,  hanno  permesso  di:individuare precise correlazioni  tra  i caratteridelle brioflore  e delle  specie  e  le  condizioniambientali;  riconoscere  più  specificatamenteil grado di tolleranza alle alterazioni ambien-tali dei taxa delle flore urbiche  nei differentisettori urbani e formulare, pertanto, un Indicedi Sensibilità idoneo per quantificare il livellodi  impatto antropico nelle aree urbane. Sullabase  della  sperimentazione  effettuata  si  puòaffermare,  inoltre,  che  la  diversità  specificacostituisce un indice significativo del livello dialterazione all’interno delle aree urbane, men-tre non può essere asserito che essa in genera-le sia misura del grado di antropizzazione delterritorio, dal momento che il suo valore tendead  essere  più  elevato  nelle  aree  rurali  e  ad

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Maria Giovanna DiaPatrizia CampisiDipartimentoBiologia Cellularee dello SviluppoUniversità di Palermo

Fig. 1Piante sporificate di Orthotrichum. diaphanum Schrad ex Brid.muschio epifita altamente diffuso nelle aree urbane..

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La ricerca, finanziata da ARPA Sicilia e condotta dalle Università di Palermo eCatania in 77 aree campione, ha lo scopo di affinare e ottimizzare il biomonitoraggiotramite le briofite soprattutto all’interno delle aree urbane della regione mediterranea

impatto antropico moderato, rispettoalle  aree  naturali.  I  rapporti  epati-che/muschi  (E/M)  e,  con  riferimentoalle  life  form,  quello weft/short  turf(W/St) risultano  essere  indicatori dihabitat relativamente poco disturbati. Gli indici sperimentati, insieme adaltri  parametri  (spettri  tassonomici,dei  biotipi,  indici  di  termofitismo,igrofitismo  e  fotofitismo)  sono  statipoi applicati in aree urbane di diffe-renti tipologie delle città di Palermoe di Caltanissetta e in centri minori.I risultati ottenuti sono stati oggettodi pubblicazioni su riviste scientifi-che e potranno essere utilizzati peril  monitoraggio  di  queste  aree.  Inparticolare in Tabella 1 si riportanocon riferimento ai principali indici irisultati  relativi  a  cinque  aree  rap-presentative di superficie equivalen-te: due settori della città di Palermo(uno più centrale e a carattere pre-valentemente  commerciale,  l’altroperiferico e caratterizzato da densi-tà edilizia più bassa e traffico auto-veicolare  più  moderato),  i  centriminori di Belmonte Mezzagno (PA)

e Lentini (SR) e un’area seminatura-le con funzione di area controllo. Infine è stata verificata l’applicabi-lità in area mediterranea di metodi-che di  bioindicazione  sulla  qualitàdell’aria  basate  sulla  biodiversitàbriofitica  epifitica  da  affiancare  aquelle  che  utilizzano  i  licheni.  Irisultati  sono  stati  soddisfacenti  ehanno  consentito  l’elaborazione  ela  pubblicazione  di  mappe  dellaqualità dell’aria nell’area urbana diPalermo e in aree extraurbane situa-te nel Bacino del  fiume Oreto, cherispecchiano il grado di antropizza-zione nel territorio. 

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Tabella 1Valori dei principali indici briofloristici in alcune aree indagate

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La biodegradazione: metodo all’avanguardiaper bonificare i siti contaminati

L’idea del presente progetto è nata da un accurato esame delle priorità diintervento  in  campo  ambientale  sul  territorio  siciliano,  una  delle  quali  èrisultata essere la presenza sul territorio regionale di siti industriali contami-nati e/o dismessi. Le dimensioni del problema hanno assunto nel tempo unagravità tale da influire negativamente sulle previsioni di qualità del suolo edelle acque sotterranee sottostanti i siti stessi.Il Progetto ha sviluppato alcuni punti chiave inerenti la problematica dellabonifica dei siti contaminati da Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), quali:Progettazione,  tramite  tecniche  di  modellistica  molecolare,  di  enzimimodificati proponibili per la degradazione di IPA.Tests in vitro di biodegradazione enzimatica di IPA tramite utilizzo di unceppo  batterico  (Stenotrophomonas  maltophilia)  e  fungino  (Rigidoporuslignosus)Tests pre-applicativi in situ dei processi di biodegradazione enzimatica sucampioni di suolo contaminato da IPA.Il primo punto ha consentito di valutare, tramite simulazione computazio-

nale, le modalità di interazione tra una macromolecola enziamticaquale  la  naftalene  diossigenasi  (NDO)  e  il  suo  ligando

(fig.1).  Attraverso  queste  simulazioni  di  docking,  èstato possibile ricercare tutte le possibili configu-razioni energeticamente favorevoli all’interfac-cia tra ligando e sito attivo, simulando l’am-biente chimico-fisico nel quale il sistema sitrova ad interagire.É stata inoltre prodotta una rottura “insilico”  della  catena  enzimatica  NDOmediante la serie di enzimi proteolitici,l’analisi  dei  risultati  ha  riguardato  laselezione di tutte le strutture più stabili,mediante  la  valutazione  di  parametrienergetici  e  strutturali  in  previsione  diconfigurazioni  riscontrabili  sperimental-mente.

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V. LibrandoDipartimentoScienze ChimicheUniversità di Catania

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Il Progetto ha sviluppato alcuni punti chiave inerenti la problematica della bonificadei siti contaminati da Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), quali la progettazione 

di enzimi, e la realizzazione di test in vitro ed in situ di biodegradazione 

I  test sperimentali di biodegrada-zione hanno consentito di verifica-re  in  vitro  la  capacità  dei  sistemienzimatici di due microrganismi diossidare IPA con e senza l’ausilio dimediatori  e  surfattanti  che  si  sonodimostrati  in  alcuni  casi  indispen-sabili nel mediare tale ossidazione.I risultati ottenuti in vitro con i dueceppi sono stati ottimi, portando inpochi  giorni  la  completa  degrada-zione degli idrocarburi.Infine  è  stata  anche  testata  lacapacità dell’enzima laccasi estrattoe  purificato  dal  ceppo  fungino  didegradare in vitro gli IPA in soluzio-ne e dispersi nel terreno, ottenendoper  alcuni  campioni  notevoli  resedegradative.Nella  parte  sperimentale  sonostati  impiegati  estrattori  soxhlet  edHPLC con detector  a  fluorescenza.Per  la  modellistica  molecolare  èstato  utilizzato  un  SGI  FUEL  wor-kstation  con  software  Accelerys.Successivamente  alla  conclusionedel  contratto  di  ricerca,  tutti  gliesperimenti sono stati riprodotti conl’ausilio  di  strumentazioni  nel  frat-tempo acquisite e cioè: Estrattore infase  supercritica  per  la  estrazionedegli  IPA  dai  campioni  di  suolo(Estrattore ASE 200-ed SFE 7073) eHPLC-MS (fig.2) per la caratterizza-zione degli estratti.

Il lavoro svolto ha permesso di valu-tare l’efficacia degradativa del ceppofungino  Rigidoporus  lignosus e  diquello  batterico  Stenotrophomonasmaltophilia,  dimostrando  anche  lacapacità  della  laccasi  di  trasformarediversi  idrocarburi  presenti  in  unamiscela sintetica.Inoltre  le  caratteristiche  emersedurante gli esperimenti in vitro conl’enzima laccasi puro, quali la largaspecificità di  substrato  insieme alleintrinseche  proprietà  cinetiche,combinate con la relativamente ele-vata produzione e purificazione chesi  riescono  ad  ottenere  il  laborato-rio, suggeriscono una grande varie-tà  di  applicazioni  industriali  eambientali  dell’enzima,  quali  adesempio l’immobilizzazione di que-st’ultimo in sistemi utilizzabili comebiosensori per monitorare la presen-za di molecole inquinanti oppure inbioreattori che provvedono alla bio-trasformazione delle molecole tossi-che in intermedi innocui.

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I riferimenti bibliografici ed eventuali dati supplementari possono essere richiesti agli autori

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Indagini ecotossicologiche e biomonitoraggiosu macrofauna bentonica di ambienti costieri

Il progetto è stato orientato al monitoraggio di aree costiere siciliane carat-terizzate da  diversi gradi di contaminazione ambientale. Per effettuare taleindagine sono stati utilizzati organismi acquatici bioindicatori ed analizza-te  le  risposte biologiche  (biomarkers) che  tali organismi hanno fornito. Lascelta  dei  siti  da monitorare  è  stata  legata  ai  potenziali  fattori  di  impattonegativo sulle popolazioni e sulla rete trofica. Sono stati monitorati due sitinell’area del Golfo di Milazzo (ME), influenzati da attività industriale di tra-sformazione, individuando il teleosteo Coris julis come specie bioindicatri-ce che presenta un medio Home Range. A seguito di un presurvey ecologi-co si è, poi, scelta come area di controllo quella prospiciente la Riserva diMarinello che presenta caratteristiche geomorfologiche ed una macrofaunabentonica  paragonabili  a  quelle  del Golfo  di Milazzo ma  con  un  livellominimo  di  antropizzazione.  Su  esemplari  provenienti  da Marinello  e  daidue siti di Milazzo, sono state effettuate indagini istomorfologiche, istochi-miche,  immunoistochimiche e molecolari  sull’epitelio branchiale ed altreindagini ecotossicologiche su campioni di sangue ed encefalo.Le analisi istomorfologiche ed istochimiche hanno mostrato, negli esem-plari campionati a Milazzo, rilevanti alterazioni tissutali ed iperproduzionedi muco acido ricco di sostanze antibiotiche rispetto agli individui di con-trollo.  Le  indaginiimmunoistochimi-che, mediante uso dianticorpi  specifici,hanno  testato  la pre-senza  di  biomarkersda  stress  comeCalbindina,  proteinalegante  il  calcio  eSerotonina  (5HT),amina  biogena  conattività  vasocostrittri-ce  (inserire  TAV.  1),di  recupero  qualiMe t a l l o t i o n e i n e(MT), proteine legan-ti metalli, Heat ShockProteins 70  (HSP70),prodotte in risposta avari  stimoli, forma

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S. Fasulo G. Lo ParoA. MauceriN. CrescentiN. SpanòV. ParrinoM. MaisanoA. GiannettoF. Gennuso*Dipartimento diBiologia animale edEcologia marina,Università di Messina*ARPA Sicilia

Tavola 1Epitelio  branchiale  di  esem-plari  campionati  rispettiva-mente  a  Marinello  (A)  e  aMilazzo  (B).  Presenza  dinumerosi  mucociti  acidi  eneutri  negli  esemplari  diMarinello (C) rispetto a quellidi  Milazzo  in  cui  sono  evi-denti  solo  mucociti  di  tipoacido  (D).  Sono  evidentipoche  cellule  5HT-  e  calbin-dina  -immunopositivie  (F,  H)nell’epitelio  branchiale  degliesemplari  di Milazzo  rispettoagli esemplari di controllo (E,G). Bar, 20 ?m.

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Le analisi istomorfologiche ed istochimiche hanno mostrato, negli esemplaricampionati a Milazzo, rilevanti alterazioni tissutali ed iperproduzione di muco

acido ricco di sostanze antibiotiche rispetto agli individui di controllo

inducibile  dell’Ossido  NitricoSintetasi (iNOS), coinvolta nei mec-canismi  di  riparazione  cellulare,(inserire  TAV.  2)  e  AntigeneNucleare di Proliferazione Cellulare(PCNA), che regola l’attività prolife-rativa, proteina FAS e Caspasi (inse-rire  Tav.  3)  che,  rispettivamente,innescano e attivano  l’apoptosi.  LaCalbindina,  e  la  5HT,  risultanonotevolmente  inibite  negli  organi-smi di Milazzo rispetto ai campionidi controllo indicando una compro-missione  delle  principali  funzionibranchiali.  Le MTs,  le HSP70,  e  laiNOS risultano espresse negli epite-li  respiratori  degli  organismi  diMilazzo  mentre  non  vi  è  alcunapositività  negli  organismi  diMarinello.  L’espressionedelle MTs è stata confer-mata  mediante  amplifi-cazione  in  PCR.  Negliorganismi  prelevati  daisiti  inquinati  si  riscontraun’aumentata  capacitàdi  turn-over  cellularerisultando  elevato  ilnumero di cellule immu-nopositive agli anticorpianti-PCNA,  anti-FAS  edanti-caspasi.  Biomarkersgenotossici  sono  statisaggiati  mediante“Comet assay” per valu-tare  il  danno  indotto  alDNA delle singole cellu-le; tale test ha evidenzia-to  la presenza di nume-rose  cellule  a  cometa

nel sangue degli esemplari prelevatia Milazzo rispetto ai controlli. L’analisi  del  sistema  delleMonossigenasi  a  funzione  mista(MFO),  l’ethoxyresorufina  (EROD),Benzopirene Monossigenasi (BPMO)e  dei  metaboliti  degli  IdrocarburiPoliciclici  Aromatici  (IPA),  hannoconfermato le indagini di tipo istolo-gico ed immunoistochimico, eviden-ziando  in  tutti  gli  individui  prove-nienti da Milazzo, una induzione delsistema  detossificante  delle  MFO,legata ad una aumentata attività enzi-matica  (EROD e BPMO),  in  rispostaad una contaminazione da IPA.

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Tavola 2Cellule  MT-  immunopositivenell’epitelio  branchiale  degliesemplari  di Milazzo  (B,  frec-ce)  assenti  nell’epitelio  degliorganismi  prelevati  dall’am-biente  non  contaminato  (A).Differenza  evidenziabileanche  su  gel  d’agarosio  deirispettivi prodotti PCR. Non sinotano  cellule  positive  aglianticorpi anti HSP70 ed iNOSnegli individui di Marinello (C,E) mentre sono presenti celluleHSP70-immunopositive  lungole lamelle (D, frecce) e nume-rose cellule iNOS- immunopo-sitive  lungo  il  filamento  bran-chiale  (F,  frecce)  degli  esem-plari  campionati  a  Milazzo.Bar, 20 ?m.

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In  conclusione  si  può  affermareche  questo  studio  interdisciplinare,complesso ed articolato, ha permes-so di valutare lo stato di qualità del-l’ecosistema ed il rischio tossicologi-co della concentrazione di compostixenobiotici, attraverso un approcciobasato  sulle  reazioni  strutturali  efunzionali che gli organismi interes-sati  attivano  in  presenza  di  uno

stress ambientale. Auspichiamo chetale  ricerca  condotta  con  parametriinnovativi,  anche  di  tipo molecola-re,  atti  a  evidenziare danni  precocisu organismi acquatici possa essereutilizzata,  almeno  per  i  test  di  piùfacile riproducibilità, nel monitorag-gio della qualità delle acque marinecostiere  anche  mediante  l’impiegodi altri organismi sentinella (Bivalvi).

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Tavola 3Poche  cellule  PCNA-immu-nopositive presenti nell’epite-lio  dei  campioni  provenientida Marinello  (A)  e  numerosecellule  immunopositive  inquelli  di  Milazzo  (B,  frecce).Situazione analoga si nota perle cellule Fas-immunopositive(C, D) e Caspasi –immunopo-sitive (E, F).Bar, 20 ?m.

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Elettrosmog: nuove tecniche per monitorare Messina

L’inquinamento da campi elettromagnetici costituisce uno dei fattori che maggior-mente contribuisce al degrado urbano ed al deterioramento della qualità della vitae, recentemente, ha indirizzato le istituzioni ad analizzare il problema su base siascientifica che normativa. Il tema rappresenta una questione prioritaria per due principali motivi: a) l’espo-sizione è in aumento esponenziale; b) Il numero di studi epidemiologici a lungo ter-mine è limitato. E tuttavia si riscontra che, a fronte di un aumento dell’esposizione, i dati statisticie scientifici non sono sufficientemente consolidati per poter operare delle scelte nor-mative.E’ in questo quadro di riferimento che si pone l’esigenza di monitorare i livelli dicampo elettromagnetico e di assicurare alla popolazione adeguati livelli di cono-scenza per la gestione del rischio.Tecnologie  avanzate  per  l’acquisizione  dei  dati  abbinate  all’uso  di  SistemiInformativi Territoriali  (Geographic Informative Systems, GIS), si rivelano un poten-te strumento per l’elaborazione, l’analisi e la trasposizione multimediale di parame-tri  relativi a campi elettromagnetici. L’utilizzo di  rilevatori di ultima generazione,insieme alla possibilità di assemblaggio degli strumenti con sonde mobili consentedi individuare i siti più idonei per il rilevamento puntuale delle sorgenti (quali lineedi alimentazione elettrica, antenne dei servizi radiotelevisivi, impianti di telefoniacellulare, linea elettrica del tram, ecc.), all’interno di aree più vaste predefinite alloscopo di ottenere un mappatura sufficientemente omogenea del territorio provincia-le. Questa metodologia, inoltre, rende possibile un confronto con i risultati ottenutiattraverso reti di stazioni fisse eventualmente già presenti sul territorio. Le campagne di rilevamenti dell’intensità dei campi elettrico e magnetico sonooggi realizzate seguendo diversificate procedure di monitoraggio e di analisi artico-late nei seguenti punti:- Determinazione dei siti di rilevamento mediante analisi planimetrica della città,altimetrica degli edifici e delle sorgenti emittenti; procedure GIS di overlay a magliasu mappa topografica e misure esplorative “in situ”; successivo assembiamento deitematismi topografico-informativi e delle glosse completive ad essa connessi.           - Campionamento dei valori di campo su banda larga e banda stretta, a tempo diintegrazione costante e a numero di conteggi costante, nei siti in precedenza indi-viduati.- Analisi,  trasposizione multimediale dei parametri georeferenziati e impiego dimodelli previsionali per la creazione di mappe applicando metodi geostatistici dikriging per l’interpolazione. 

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S. MagazùDipartimento di FisicaUniversità di Messina

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Impatto della qualità dell’aria sulla qualità della vita: monitoraggio chimico e biologicodi un’area urbana ad elevato traffico veicolare

Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’impatto della qua-lità dell’aria sulla qualità della vita mediante il monitoraggio chimico ebiologico di un’area urbana ad elevato traffico veicolare del comune diMessina.La zona presa  in considerazione è  l’asse viario del  torrente Boccetta,  inquanto è facilmente prevedibile che ci sia una notevole concentrazione diinquinanti,  a  causa  dell’elevatissimo  traffico  veicolare  e  della  peculiarecaratteristica a Street Canyon del viale.Sono stati individuati quattro siti di campionamento lungo tutto il vialeBoccetta (Sito 1: svincolo autostrada; Sito 2: fontana Arena; Sito 3: chiesaImmacolata;  Sito  4:  incrocio  viale  Boccetta-via Garibaldi).  I  campiona-menti sono stati eseguiti con cadenza bimestrale dal maggio 2005 al mag-gio 2006.Monitoraggio  chimico:  Facendo  riferimento  alle  linee  guida  dellaComunità Europea (“Guidance Report on Preliminary Assessment under ECAir Quality Directives”  1998) e  alle metodiche NIOSHI  e OSHA  è  stataapplicata la tecnica del campionamento mediante aspirazione forzata del-l’aria, utilizzando una pompa “Personal” a flusso variabile e gli opportunisistemi di filtraggio/adsorbimento. Sono stati così determinati: gli idrocarbu-ri policiclici aromatici (IPA) analizzati in HPLC; il Pb, analizzato mediantespettrofotometria  di  assorbimento  atomico;  il  benzene,  analizzato  inGC/MS.  Inoltre  è  stato  effettuato  il  campionamento  del  PM10 mediantel’uso di un frazionatore di particelle (PEM: Personal Environmental Monitor,SKC®) e di filtri in teflon. Monitoraggio biologico: E’ stata studiata la tossicità del PM10 su leucoci-ti umani incubati in vitro a concentrazioni corrispondenti a 0,5 - 0,25 – 0,1– 0,05 m3 di aria campionata.I leucociti, separati da sangue intero prelevato da volontari sani, sono statiincubati con differenti diluizioni di PM10. La vitalità cellulare è stata deter-minata mediante colorazione con Trypan Blue; la presenza di DNA fram-mentato (indice di attivazione dell’apoptosi) è stata osservata mediante elet-troforesi orizzontale.Risultati: nel mese di gennaio 2006, i livelli di benzene registrati supera-vano, anche se di poco, il limite di esposizione annuo previsto dalle LineeGuida  dell’OMS  (10  µg/m3)  per  la  qualità  dell’aria.  Invece,  nel  maggio

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SaijaDipartimentoFarmaco-BiologicoUniversità di Messina

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I risultati ottenuti esponendo linfociti umani isolati a concentrazioni del PM10crescenti ne evidenziano la capacità di indurre un significativo, 

dose-dipendente, effetto citotossico, ed in particolare, genotossico.

Fig. 1Livelli  di  PM10 nei  diversisiti  di  campionamento.  Irisultati sono espressi comemedia±D.S. di tre analisi.1 = Svincolo Autostradale;2 = Fontana Arena;3 = Chiesa Immacolata;4 = Incrocio  viale  Boccetta- via Garibaldi

Fig. 2Vitalità cellulare (media±D.S.)di  linfociti  umani  esposti  invitro  a  concentrazioni  cre-scenti  di  estratto  di  PM10.Ogni  risultato  rappresenta  lamedia di tre esperimenti1 = Svincolo Autostradale;2 = Fontana Arena;3 = Chiesa Immacolata;4 = Incrocio  viale  Boccetta- via Garibaldi

Fig. 3DNA frammentato in leuco-citi umani esposti a differen-ti  concentrazioni  di  PM10(0,05  e  0,1  m3,  espressecome  m3/1.000.000  cellu-le). Come controllo positivoè stata utilizzata la campto-tecina (CAM; 2 e 4 µg/ml).P = Svincolo Autostradale;Q =Fontana Arena;R = Chiesa Immacolata;S = incrocio viale Boccetta- via Garibaldi

2006,  i  livelli  di  benzene  risultanomolto al di sotto dei limiti previsti ei valori di Pb erano addirittura pari a0. Ciò è in relazione al fatto che dalmese  di  marzo  2006  il  traffico  diveicoli commerciali non transita piùsul viale Boccetta.Anche nel caso del PM10, diversemisurazioni  hanno  fatto  registrareun livello di inquinante che supera ilimiti giornalieri riportati nelle LineeGuida dell’OMS per  la qualità del-l’aria  (50  µg/m3).  Il  PM10 rappre-senta  sicuramente  uno degli  inqui-nanti  più  pericolosi  per  la  saluteumana vista la sua complessa com-posizione;  infatti  sul  particolatopossono  adsorbirsi  parecchi  inqui-nanti. 

A conferma di ciò, i risultati otte-nuti esponendo linfociti umani  iso-lati  a  concentrazioni  crescenti  delPM10 da noi isolato ne evidenzianola capacità di indurre un significati-vo, dose-dipendente, effetto citotos-sico, ed in particolare, genotossico.In  particolare,  il  particolato  prove-niente  da  2  postazioni  non  era  in

grado  di  indurre  apoptosi  perchèestremamente  citotossico,  mentrequello  prelevato  nelle  altre  duepostazioni,  meno  fortemente  cito-tossico, era in grado di indurre l’at-tivazione del processo apoptotico.

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Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

I riferimenti bibliografici ed eventuali dati supplementari possono essere richiesti agli autori

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L’uso di piante mediterranee per salvare i suoli marginali o a rischio desertificazione

Le leguminose arbustive mediterranee costituiscono un grande potenzialeper il recupero dei suoli marginali semi-aridi degli ecosistemi Mediterraneipoiché  stabiliscono  simbiosi  radicali  mutualistiche  tripartite  con  funghimicorrizici-arbuscolari  (funghi  AM)  e  con  batteri  azotofissatori  (rizobi).  Irizobi sono batteri del suolo in grado di indurre nelle radici delle legumino-se la formazione di noduli radicali nei quali avviene la fissazione dell’azo-to atmosferico (Fig.1). Questa proprietà conferisce alle Fabaceae nodulateproprietà pioniere e la capacità di arricchire il suolo con composti azotati.La simbiosi leguminosa-rizobio mostra in genere un elevato grado di speci-ficità  basato  sullo  scambio  di  segnali  chimici  tra  i  due  partner.  I  funghimicorrizici  sono  simbionti  radicali  che  contribuiscono  all’autosufficienzadelle piante  rispetto ai  fabbisogni nutrizionali ed  idrici.  In  suoli poveri dinutrienti  entrambe  le  simbiosi  benefiche  agiscono  sinergicamente.  Tra  isuoli a rischio desertificazione, quelli fortemente antropizzati delle discari-che in fase di post-chiusura mancano di una normale attività microbica equindi  anche  di  propaguli micorrizici  e  di  popolazioni  di  rizobi  naturalicapaci di instaurare spontaneamente le simbiosi benefiche. La reintroduzio-ne di piante inoculate con simbionti microbici selezionati può migliorare il

tasso di recupero di tali   ecosistemi degradati. Al fine di contri-buire  alla  conoscenza  dei  rizobi  simbionti  delle  leguminoselegnose mediterranee abbiamo costituito  la prima collezione dirizobi del Mediterraneo con finalità ambientali.La collezione RHIMEL (Rhizobia from Mediterranean Legumes)raccoglie più di 100 isolati da sette specie di leguminose legnosemediterranee  (Tab.1).  Gli  isolati,  identificati mediante  tecnichemolecolari, hanno rivelato un elevatissimo livello di biodiversità.La maggior parte dei  simbionti delle Genisteae è  filogenentica-mente  correlata  con  diverse  specie  di  Bradyrhizobium.L’anagiride (Anagyris foetida, Thermopsideae) presenta una stra-ordinaria promiscuità poiché stabilisce simbiosi con ceppi appar-tenenti a ben quattro generi diversi di rizobi. L’elevata diversitàsuggerisce la possibilità di selezionare le più efficienti combina-zioni leguminose-rizobi e la collezione RHIMEL costituisce unafonte di biodiversità da cui attingere per  i  successivi progetti dirinaturalizzazione della nostra regione.Alcuni nuovi ceppi di rizobi della collezione sono stati inocu-lati sulla  Ginestra di Spagna (Spartium junceum) e sull’anagirideche sono state trapiantate in impianti pilota di rinaturalizzazione

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Paola QuatriniMassimiliano CardinaleAngela LanzaAnna Maria Puglia

Fig. 1Noduli radicali sulle radicidella Ginestra di Spagna.  

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Tra i suoli a rischio desertificazione, quelli fortemente antropizzati mancano di una normale attività microbica e di rizobi naturali. 

La reintroduzione di piante inoculate con simbionti microbici selezionati può migliorare il tasso di recupero di tali  ecosistemi degradati.

nelle  vasche  chiuse  nella  discaricamunicipale di Bellolampo (Palermo)(Fig.2).  I  risultati  del  monitoraggionel  lungo  periodo  hanno  mostratoche gli inoculi con i rizobi specificie  funghi  micorrizici  hanno  contri-buito in modo statisticamente signi-ficativo  a migliorare  sia  la  crescitache la sopravvivenza di S. junceum(Fig.3) e, in minor misura, anche diA. foetida. In un altro impianto, rea-lizzato  interamente nell’ambito delprogetto  ARPA,  sono  stati  valutatigli effetti di diversi isolati di rizobi,in presenza ed in assenza della sim-biosi micorrizica, sulla crescita di S.junceum.  La  capacità  di  competi-zione dei singoli ceppi di rizobi nelnodulare  la  pianta  ospite  varia  daceppo  a  ceppo,  anche  in  funzionedella presenza del simbionte micor-rizico. I risultati confermano che laselezione è indispensabile per otte-nere le migliori combinazioni pian-ta-rizobio-fungoAM da utilizzare incontesti ambientali diversi.In  agricoltura  l’uso  di  inoculimicrobici è stato rivalutato come pra-tica sostenibile utile al mantenimentodella produttività  e della  fertilità deisuoli. Questo progetto ha dimostratoche lo stesso approccio biotecnologi-co  è  applicabile  con  successo  nelrecupero ambientale di suoli di disca-riche in fase di post-chiusura e gettale  basi  per  nuove  applicazioni  nelrecupero di suoli marginali e a rischiodi desertificazione. 

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Tab. 1La  Collezione  RHIMEL(Rhizobia  fromMediterranean  Legumes)contiene  un  centinaio  dinuovi ceppi di rizobi isolatida sette specie di legumino-se  legnose mediterranee  inSicilia. aI siti di provenienzadei  campioni  di  piante  esuolo  sono  identificati  conla sigla della provincia. bGliisolati sono stati assegnati adiverse  unità  tassonomicheoperative    (OTU) e  succes-sivamente identificati utiliz-zando  metodi  molecolaribasati  sull’analisi  dell’ope-rone ribosomale.   Fig. 2Impianti pilota con leguminose legnose inocu-late nella discarica di Bellolampo a Palermo. a)Particolare  del  substrato  della  vasca  chiusadella discarica, come si presentava al momentodel secondo impianto;  b) ginestre di tre anni; c)il  boschetto  di  ginestre  ed  acacie  del  primoimpianto  pilota  (in  primo  piano)  a  sette  annidall’impianto.  Le  piante  sono  state  trapiantatesenza aggiunta di terriccio fertile in buca e nonsono mai state fertilizzate.

Fig. 3Crescita  e  sopravvivenzadella Ginestra di Spagna dopocinque  anni  dall’impianto  inuna vasca chiusa della disca-rica di Bellolampo. Le pianteerano  state  inoculate  allasemina  con  uno  dei  rizobidella  collezione  RHIMEL(Bradyrhizobium Sj9) e con ilfungo micorrizico arbuscolareGlomus  constrictum; altrepiante sono state lasciate noninoculate  e  mantenute  nellestesse condizioni..

Fig. 3

I riferimenti bibliografici ed eventuali dati sup-plementari possono essere richiesti agli autori

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La qualità dell’aria ai piedi dell’Etna

E’ stato condotto uno studio della qualità dell’aria in ambiente outdoor eindoor in una vasta area del versante orientale dell’Etna (zona delle Timpe)in  un  territorio  caratterizzato  da  forte  dinamismo  vulcanico  e  sismico.Obiettivo dell’indagine era quello di  correlare  la emissione di gas Radonalla presenza di zone caratterizzate da faglie attive in un periodo in cui sisono verificati numerosi fenomeni sismogenetici e vulcanici spesso accom-pagnati da processi di emissioni ceneritiche di notevole importanza. Questifenomeni hanno suggerito l’opportunità di studiare il particolato atmosferi-co, concentrando l’attenzione proprio in una zona che risente abitualmen-te degli effetti di queste emissioni di cenere vulcanica.Sono state effettuate misure di diverse grandezze con metodologie diver-sificate data la complessità e varietà dei parametri oggetto dell’indagine.Le misure di Radon indoor sono state eseguite con tecniche attive e pas-sive. Nel primo caso (tecniche attive) ci si è avvalsi di strumenti commer-ciali come l’Alphaguard, che fornisce il valore istantaneo della concentra-zione di Radon, assieme ai valori dei parametri meteoclimatici del sito (tem-peratura, pressione, umidità).Le misure con tecniche passive sono state condotte con canestri di car-bone  attivo,  esposti  per  48 ore  con metodologia  “ciclica”  (esposizioneper 2 gg con misure ripetute ogni 2 gg fino a 15 gg). Inoltre, in alcuni sitisono state effettuate misure con dosimetri CR39, con esposizione di dura-ta 3 mesi.Le misure di radon indoor sono state condotte in ambienti antropici di ter-ritori del vulcano Etna in cui prevalgono differenti  fenomenologie:  i  terre-moti (faglie sismogenetiche) ed il creep asismico. Le aree scelte sono state:1)  Acicatena,  ubicata  nel  basso  versante  sud-orientale  del  vulcano,  doveprevalenti  sono  le  fratturazioni  al  suolo  da  creep  asismico  e  faglie  almomento non attive; 2) Santa Venerina, che insiste in un’area interessata dafaglie sismogenetiche responsabili di numerosissimi terremoti del versanteorientale  dell’Etna  alle  quote medie;  3)  Aree  della  Timpa  di  Acireale;  4)Ambienti adibiti ad attività scolastiche (anche di Scuole Superiori) dislocatiin vari comuni della Provincia di Catania.A  titolo  di  esempio  si  riportano  i  risultati  delle  misure  eseguite  adAcicatena in 32 locali seminterrati, 72 locali posti a piano terra e 46 localia livelli di elevazione superiore, confrontati con i dati di precedenti misureeffettuate a Catania. Si nota una chiara dipendenza del potenziale di esala-

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Salvatore Lo NigroDipartimento di Fisica e AstronomiaUniversità di Catania

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I valori rilevati risultano entro i limiti di legge.Tuttavia, la concentrazione di Piombo misurata a livello del piano stradale risulta di un fattore 100 più alta del valore registrato a 12 metri di quota

zione del Radon dall’assetto struttu-rale del  territorio,  tipico della zonain cui insiste l’abitato di Acicatena. Il  particolato  atmosferico  è  statostudiato  mediante  due  stazioni  dicampionamento  ed  analizzando  ildeposito dopo filtraggio di 80 m3 diaria al giorno attraverso filtri di cel-lulosa con porosità 0,8 ?m. Le duestazioni  di  prelevamento  eranoposizionate  a  diversa  quota  (una  adue metri dal piano stradale e l’altraa  12 metri)  nello  stesso  sito  sceltonella città di Acireale, con orienta-mento  favorevole  a  raccogliereeventuali  emissioni  ceneritichedall’Etna.Le misure sono state effettuate neiperiodi  maggio-agosto  2005  enovembre  2005  –  giugno  2006,durante  i  quali,  peraltro,  non  sonostati osservati  fenomeni di emissio-ne di cenere vulcanica.Sul particolato depositato sui filtrisono  state  effettuate  le  seguentimisure: a) quantità totale di deposi-to  in  ?g/m3;  b)  radioattività  betatotale;  c)  composizione  elementalecon  la  tecnica  dell’assorbimentoatomico  (AAS)  per  determinare  laconcentrazione di elementi pesanticome  Pb,  Ni,  Cd,  Cr.  I  valori  diParticolato  Totale  Sospeso  (PTS)ottenuti con la determinazione gra-vimetrica sono mediamente dell’or-dine di 143 ìg/m3 per la postazione

2, a 12 m dal piano stadale, mentresono di 309 ìg/m3 per la postazione1,  a  2  metri  dal  piano  stradale  e,pertanto, superiori, al  limite di 150ìg/m3 fissato  dalla  Legge.  Il  valoremedio di attività beta rilevata risultainvece di (0,62 ± 0,06) mBq/m3 perla  postazione  1  e  di  (0,52  ±  0,05)mBq/m3 per  la  postazione  2,  inentrambi i casi più basso rispetto allimite derivato di concentrazione diattività pari  a 0,74 mBq/m3, previ-sto in base alla normativa italiana.I risultati ottenuti per le concentra-zioni di elementi pesanti  sono  rac-colti  nelle  tabelle  allegate.  I  valoririlevati  risultano  entro  i  limiti  dilegge. Tuttavia,  si osserva come laconcentrazione di Piombo misurataa livello del piano stradale risulti diun  fattore  100  più  alta  del  valoreregistrato a 12 metri di quota (veda-si Fig. 2).

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Fig. 1Istogramma relativo al con-fronto  tra  la  campagna  dimisure  di  Radon  indooreffettuata a Catania e quellaeffettuata ad Acicatena.

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Una grande porzione del territorio delle Timpe è stata monitorata anchecon tecnica non convenzionale, basata sull’uso delle “briofite”. Nel nostrocaso le briofite sono state utilizzate come “bioindicatori di sensibilità”.L’area indagata è stata tutta la parte pedemontana del versante orientaledel  vulcano Etna,  compresa  tra Acireale e Piedimonte Etneo,  in cui  sonostate individuate 10 stazioni di monitoraggio.L’analisi dei vari indici esaminati nello studio delle briofite ha permessodi  individuare n°6 stazioni  in cui è presente un maggiore  inquinamentorispetto  alla  restante  parte  del  territorio,  dove  risulta  una buona qualitàdell’aria.

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Tabelle 1 e 2Tabelle riassuntive in cui, perciascun  elemento  pesante,sono riportati il valore massi-mo,  il  valore  minimo,  lamedia  e  la  deviazione  stan-dard  delle  concentrazionirilevate,  distinti  per  i  duediversi  periodi  di  campiona-mento. 

Figura 2Confronto  delle  concentra-zioni  di  Piombo  rilevatenelle due postazioni di pre-lievo relativamente al primoperiodo di campionamento.

Tabella 1 Tabella 2

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Studio sulle capacità sequestranti di sedimentiverso ioni metallici, composti organo-metallicie sostanze tossiche organiche

L’attività di ricerca nell’ambito del progetto finanziato da ARPA Sicilia èstata articolata nelle seguenti fasi: a) campionamento ed analisi di sedimen-ti  in  siti  di  diverse  località  siciliane,  caratterizzati  da  potenziale  attivitàantropica ed analisi chemiometrica dei risultati ottenuti, per valutare il livel-lo di contaminazione e spiegarne la capacità di assorbimento e/o rilascio,poiché negli ecosistemi acquatici la disponibilità dei contaminanti è rego-lata dai sedimenti; b) studi di speciazione chimica (interazioni di ioni metal-lici ed organometallici con leganti i cui gruppi funzionali sono largamenterappresentativi della sostanza organica naturale (OM) presente nell’acqua dimare e nei sedimenti), allo scopo di definire la disponibilità delle sostanzetossiche ed essenziali nell’ambiente marino, mediante l’utilizzo e la messaa punto di modelli chimici.Per  quanto  riguarda  il  punto  a)  sono  state  scelte  due  località  sicilianediverse tra di loro: lo stagnone di Marsala e il Golfo di Milazzo. L’attività diricerca effettuata sui sedimenti dello Stagnone di Marsala ha riguardato ladeterminazione degli IPA e l’ottimizzazione delle condizioni di estrazionee analisi1.  Il monitoraggio nel Golfo e nel Porto di Milazzo ha previsto ilcampionamento di sedimenti in 19 stazioni per quattro campagne stagiona-li (Figura 1). Le stazioni sono state scelte per valutare l’impatto, che il poloindustriale e  le attività portuali, hanno sulla qualità dei  sedimenti marini,mediante  la  determinazione  di  IPA2,  PCB  e  metalli3. Le  concentrazioni

totali di IPA nei campioni consi-derati  sono  comprese  tra  11  e7402    µg/Kg  di  peso  secco  disedimento.  Le  concentrazionimaggiori  sono  state  riscontratein  alcune  stazioni  dentro  ilPorto e in altre vicine alla zonaindustriale. Su tutti  i  campionianalizzati   la concentrazione diPCB è risultata minore del limi-te di rivelabilità. I congeneri uti-lizzati  sono  considerati  trac-cianti  per  l’intera  classe:  lamancata  rivelazione  di  questiassicura,  in  buona  approssima-zione, l’assenza degli altri.

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Silvio SammartanoDipartimento diChimica InorganicaChimica analiticaChimica FisicaUniversità di Messina

Fig. 1Campionamento

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Su tutti i campioni analizzati nelle località scelte la concentrazione di PCB è risultata minore del limite di rilevabilità 

I metalli  sono stati determinati per  ICP-MS e sono stati estratti dai  sedi-menti ottimizzando la procedura di estrazione sequenziale di Tessier, checonsente di studiarne la speciazione. Per alcuni metalli è stato determinatoil fattore RAC (Risk Assesment Code). Nella Tab. 1 si può notare per Cd edPb un elevato rischio tossicologico, mentre si ha un rischio medio-alto perCu, Ni, Zn, As. Il rischio è statisticamente costante nelle 4 campagne. Lo  studio  dell’interazione  di  composti  di  organostagno4 con  legantimono-esa  carbossilici  (che  sono  i  siti  di  coordinazione più  comuni  dellesostanze  organiche  naturali,  NOM)  e  di  3  metalli  di  grande  interesseambientale, quali Hg, Cd e V, ha portato ad interessanti considerazioni nelcampo della speciazione chimica in soluzione. 

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Tabella 1Valori di Raca) per i metalli considerati

I riferimenti bibliografici ed eventuali dati supplementari possono essere richiesti agli autori

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Inquinamento ambientale e qualità della vita“Biomonitoraggio su uomo e vegetali”

Nella  presente  ricerca  sono  state  ese-guite  indagini  ecotossicologiche  sia  nel-l’uomo che nelle piante  in diverse areee(Priolo-Melilli-Augusta) ad elevato rischioambientale  per  la  presenza  di  insedia-menti industriali.Nel  plasma umano di  volontari  sani  èstato  monitorato  il  rapporto  tra  “status”antiossidante e markers di stress ossidati-vo  (lipidi  idroperossidi,  gruppi  tiolici,nitriti e nitrati); su estratti vegetali di Pinuspinaster L.  è  stata  valutata,  mediante“Western blotting”, l’espressione di alcu-ne proteine da stress quali le Heat shock protein (Hsp 70), Heme Oxygenase (HO-1) e Superossido Dismutasi  (CuZnSOD)  indotte da diversi  fattori  (metalli pesanti);come controllo è stata utilizzata la stessa pianta proveniente da zone urbane privedi insediamenti industriali. Inoltre è stata valutata la vitalità del polline.I  risultati  ottenuti  dimostrano  una  “over-expression”  di  Hsp70,  HO-1  e  diCuZnSOD  (Fig. 1)  in accordo con  l’accumulo di metalli pesanti  (Cd, Hg, Pb, Cr)riscontrato nei campioni in esame; inoltre è stata evidenziata una diminuzione dellavitalità del polline nella stessa area studiata.I soggetti provenienti dall’area Priolo-Melilli-Augusta presentavano una diminuzio-ne dei gruppi tiolici non proteici plasmatici ed un aumento dei markers di stress ossi-dativo (lipidi idroperossidi e di nitriti e nitrati) rispetto ai soggetti provenienti da zoneurbane prive di insediamenti industriali (Fig. 2).Tali  dati  dimostrano  una  relazione  tra  “status” antiossidante  ed  inquinamentoindustriale che nelle piante viene messo in evidenza con una over-expression delleproteine da stress; questi risultati possono essere messi in relazione all’elevata inci-denza di  forme neoplastiche e di malformazioni neonatali  che  si  registrano nellazona Priolo-Melilli-Augusta.

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R. AcquavivaL. Iauk F. Savoca C. Di GiacomoV. SorrentiF. Mazza Vanella L.Vanella A.Dipartimento diChimica BiologicaChimica Medicae Biologia MolecolareUniversità di Catania

Fig. 1Espressione di HSP 70, HO-1 e CuZnSODin foglie di Pinus Pinaster L.

Livelli plasmatici di LOOH e GSH; ciascun valore rappresenta la media + D.S. di 20 soggetti

Fig. 1 

I  riferimenti bibliografici edeventuali dati supplementa-ri  possono  essere  richiestiagli autori

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Il valore economico del paesaggio agrario siciliano

Nei nuovi paradigmi che si vanno affermando per affrontare e risolverela complessa questione della tutela e gestione del paesaggio, la dimensio-ne economico-estimativa assume sempre più rilievo. Non soltanto livellodi riflessione teorico-disciplinare, laddove il paesaggio è sempre più con-siderato un costrutto sociale, e perciò espressione di percezioni e giudizidi  valore  individuali  diffusi,  comuni,  di  vario  genere,  trai  quali  appuntoquelli di carattere economico la cui misurazione, peraltro, segue principi eschemi operativi coerenti con la “irrudicibile soggettività” che contraddi-stingue i nuovi approcci di analisi. Ma anche a livello politico-amministra-tivo,  laddove  sta  emergendo un  sistema di  tutela  e  gestione  che oltre  alriconoscimento  di  valori  soggettivi,  che  riflettono  sempre  più  in  modosignificativo  bisogni  economici  ed  identitari,  incomincia  a  prendere  inconsiderazione anche obiettivi di efficienza allocativa.  Dal paesaggio  la collettività  riceve numerosi benefici,  sia d’uso che dinon uso,  il cui valore economico però non viene direttamente segnalatodal mercato. Sapere quanto valgono questi benefici non serve soltanto asoddisfare una mera curiosità scientifica; né può essere ritenuto da qualcu-no come il maldestro tentativo degli economisti di aggiungere il loro sape-re e il loro mestiere per contendersi il paesaggio. Conoscere il valore eco-nomico del paesaggio  è invece utile per chi ha la responsabilità politicaed amministrativa della tutela e della gestione del paesaggio. Per esempio,per dare una giustificazione economica all’intervento pubblico, di cui tal-volta  sono noti  solo  i  costi  indiretti  e diretti  connessi  ai  vincoli  e divieti

imposti dai  tradizionali strumenti di regola-mentazione e agli  incentivi economici ero-gati  a  favore  dei  produttori  di  paesaggioagrario. Per applicare l’analisi costi-beneficial fine di giudicare se la tutela di un determi-nato  paesaggio  sia  economicamente  validaper l’intera collettività, Per stabilire eventua-li priorità nell’allocazione dei fondi pubbli-ci,  sia  a  livello  territoriale  che  a  livello  diobiettivi. Per individuare incentivi economi-ci declinati non solo in funzione dei costi edell’avversione al rischio dei singoli produt-tori di paesaggio ma anche in  funzione deibenefici  sociali  effettivamente  prodotti.  Persperimentare  ed  attuare  politiche  di  tutela

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Giovanni SignorelloProfessore ordinario diEstimo territoriale edambientaleLaboratorio diValutazione Ambientale(ENVALAB) Dipartimento di ScienzeEconomico-Agrarie edEstimativeUniversità di Catania

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innovative  basate  per  esempio  suschemi di contrattazione negoziata,di  tipo  coasiano,  tra  beneficiari  eproduttori di paesaggio, oppure  sustrumenti  di  tipo  pigouviano,  cioèsul  principio  “chi  inquina  paga”,oppure ancora su strumenti di con-tribuzione  privata  in  ossequio  alprincipio  “chi  riceve  i  beneficipaga”.  Infine,  per  armonizzare  lapianificazione  paesistico-territoria-le  con  le  volontà  e  le  preferenzeespresse dalle comunità locali.La  valutazione  economica  delpaesaggio  agrario  adotta  una  pro-spettiva sociale e si basa essenzial-mente  sugli  assunti  e  sui  principidell’economia  neoclassica  e  del-l’economia del benessere. Pertanto,se si vogliono valutare gli effetti diun  intervento  pubblico  volto  amigliorare o preservare un determi-nato assetto paesaggistico di un ter-ritorio  occorre  conoscere  le  prefe-renze  individuali  per  le  diverseconfigurazioni  che  potrebbe  assu-mere il paesaggio con o in assenzadell’intervento  in  questione.  Lavalutazione  economica  adottaquindi  uno  schema  democratico(bottom-up)  che  contrasta  con  loschema  paternalistico  (top-down)che tuttora caratterizza molte dellediscipline che studiano oggi il pae-saggio. Nella valutazione economi-

ca  gli  esperti  sono  gli  individui.  Ilvalutatore  deve  solo  misurare  leloro  preferenze,  che  in  base  alparadigma  concettuale  del  valoreeconomico  totale  (VET),  possonoriferirsi sia ad una domanda di frui-zione  diretta  e  indiretta,  attuale  epotenziale, mossa dal classico prin-cipio egoistico, che ad una doman-da di non uso  (valore di esistenza)ancorata invece ad un altruismo ditipo kantianoEsistono diversi metodi valutazio-ne economica del paesaggio. Il pro-getto di ricerca svolto col contribu-to dell’ARPA-Sicilia ha permesso dianalizzare  lo  status  questionis,  diapprofondire ed estendere i metodi

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di valutazione esistenti verificandoli anche empiricamente con applicazionisignificative, per contenuto e svolgimento,  ad ambiti paesaggistici siciliani.Come ha dimostrato  la  rassegna  ragionata della  letteratura,  i metodi divalutazione che hanno sinora ricevuto le maggiori applicazioni in ambitopaesaggistico sono stati il metodo del costo del viaggio, la valutazione con-tingente, e il metodo degli esperimenti di scelta. Col metodo del costo delviaggio si misurano i valori d’uso diretto (ricreativo) del paesaggio analiz-zando le spese sostenute per raggiungere il sito di interesse. Con la valuta-zione contingente e gli esperimenti di scelta si misurano sia i valori d’usoche di non uso analizzando i comportamenti individuali in contesti appo-sitamente simulati. Il progetto di ricerca ha previsto l’esecuzione di  quat-tro applicazioni. La prima ha riguardato la stima della domanda di fruizio-ne  per  fini  ricreativi  dei  parchi  regionali.  Per  tenere  conto  dei  possibilieffetti di sostituzione e di correlazione trai i diversi siti ricreativi è stato for-mulato  ed  implementato  un  innovativo  approccio  di  stima basato  su  unsistema di equazioni di domanda assumendo per la componente  a “con-teggio” della funzione di domanda una distribuzione Poisson composta. Lealtre tre applicazioni hanno riguardato la misura della percezione socialee la stima  il valore economico totale di altri assetti paesaggistici. Col meto-do degli esperimenti di scelta sono state misurate le preferenze monetarieper  il  paesaggio  dei  conetti  vulcanici  pedemontani  etnei.  La  stima  si  èbasata  su una simulazione di un piano di  tutela e gestione paesaggisticamodulato  in  funzione di  sei  attributi  con  livelli  differenziati  in  relazionealla destinazione e utilizzazione del suolo, al controllo delle cause di pos-sibile degrado paesaggistico, e al contributo monetario dei residenti per laeventuale  attuazione  del  piano  simulato.  Col  metodo  della  valutazionecontingente  sono  state  invece misurate  le attitudini e  le preferenze dellacomunità  ragusano nei  confronti  dell’installazione di  un parco  eolico  in

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un’area  dell’altopiano  ibleo.  I  favorevoli  all’impianto  eolico  sono  statichiamati ad esprimere la loro “disponibilità a pagare” per ridurre le emis-sioni di gas ad effetto serra. Analogamente, i contrari al parco eolico sonostati chiamati ad esprimere la loro “disponibilità a pagare” per evitare l’in-stallazione del parco eolico e quindi per  la salvaguardia paesaggistica diquel tratto di territorio ibleo. Infine, nell’ultima applicazione si è mostratocome i metodi degli esperimenti di scelta possano essere utilmente impie-gati a supporto delle politiche a favore dei produttori di paesaggio agrario.Nell’applicazione è stato simulato un insieme di buone pratiche agricoleeco-compatibili più vincolanti rispetto a quelle attualmente previste dallenorme sulla eco-condizionalità per la coltivazione dei seminativi. L’analisidei dati rilevati ha permesso di quantificare non solo il valore della com-pensazione  richiesta  per  l’adozione  delle  pratiche  agricole  individuatenella simulazione ma anche il valore marginale di ciascuno degli obiettiviproposti per la tutela del paesaggio dei seminativi nelle aree interne dellaSicilia.I risultati ottenuti in tutte le applicazioni svolte sono apparsi interessantinon  solo  sotto  l’aspetto  metodologico  ma  anche  per  il  loro  contenutoempirico perché mostrano che il paesaggio siciliano è una risorsa econo-mica  che  entra  in  modo  significativo  nella  funzione  di  benessere  dellenostre comunità locali. 

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I riferimenti bibliografici ed eventuali dati supplementari possono essere richiesti agli autori

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I programmi di screening delle patologie polmonare e tiroideasu popolazioni di aree a rischio

ARPA Sicilia,  nell’ambito delle  atti-vità di promozione della ricerca, offre,in queste pagine, spazio alla pubblica-zione di interessanti progetti di ricercacondivisi  con  l’Assessorato RegionaleTerritorio ed Ambiente.I  progetti  nascono da un gruppo dioperatori sanitari sensibili alle proble-

matiche  dell’impatto  delle  pressioniambientali  sulla  qualità  della  vita  edella  salute  dei  soggetti  residenti  inparticolari aree a  rischio ambientale,consentendo  l’attuazione di program-mi  di  screening  delle  neoplasie  delpolmone e della tiroide, in collabora-zione con i servizi sanitari territoriali.

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Sconfiggere il tumore ai polmonigrazie alla diagnosi precoce

IntroduzioneIl tumore polmonare rappresenta a tutt’oggi una delle principali cause didecesso per patologia neoplastica. Infatti è la principale causa di morte pertumore nei maschi (83 decessi ogni 100.000 abitanti ), e la terza nelle fem-mine (12 ogni 1000.000). colpisce 118 abitanti ogni 100.000, pari a 32.000nuovi casi all’anno in Italia:in Sicilia lo scorso anno sono stati diagnostica-ti 1.873 nuovi casi di tumore polmonare tra gli uomini e 384 tra le donne,per tale motivo la Sicilia è la sesta regione italiana per incidenza di neopla-sie polmonari.La diffusione è in aumento perché il vizio del fumo (ritenuto la principalecausa di malattia) continua a diffondersi fra i giovani e resta molto diffusofra  gli  adulti,  inoltre  il  crescente  inquinamento  atmosferico,soprattutto  inlocalità  più  industrializzate,  agisce  come  fattore  di  rischio  aggiuntivo.L’incidenza quindi rimarrà ancora alta per almeno due decenni,prima che irisultati della lotta al fumo ed all’inquinamento si manifestino.Complessivamente, solo il 5% dei malati di cancro al polmone è vivo a 5anni  dalla  diagnosi:  la  percentuale  di  guarigione  per  i  tumori  polmonarioperati al primo stadio è intorno al 70% a 5 anni, purtroppo, per i casi avan-zatile possibilità di sopravvivenza a lungo termine, con qualsiasi modalitàterapeutica, sono molto ridotte:7 – 15% per i pazienti in stadio IIIA e 3 – 5%per lo stadio IIIB e IV, a seconda delle varie casistiche.La grande maggioranza di questi pazienti non sopravvive oltre i due annidall’esordio clinico di malattia. Si pone, pertanto,indispensabile l’esigenzae  la necessità di una diagnosi precoce del  tumore polmonare,  soprattuttonelle  popolazioni  a  rischio,  attraverso  l’applicazione  di  varie  metodicheprevalentemente non invasive per giungere alla diagnosi del tumore polmo-nare e sottoporre il paziente a chirurgia radicale con alta possibilità di gua-rigione. A  tal  fine  il  ruolo della  radiologia e delle  tecniche endoscopicheassumono una primaria importanza nell’attuare programmi di screening inampie popolazioni…Oggi del tumore polmonare conosciamo e possiamo vedere:1. i fattori di rischio:fumo di sigaretta2. le condizioni aggravanti tali fattori di rischio: l’ostruzione bronchiale3. le condizioni genetiche predisponesti al tumore (terreno predisposto)4. le alterazioni genetiche precoci predittive dell’inizio di oncogenesi

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F. Scaffidi AbbateG. SunseriP. ScarantinoM. G. RandisiA. PaladinoAzienda OspedalieraS.EliaCaltanissetta

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5. le alterazioni cito-morfologiche bronchiali  precoci predittive dell’ini-zio di oncogenesi6. le alterazioni macroscopiche precoci polmonari (noduli polmonari di 3 mm)Obiettivi dello studio:1. ridurre la mortalità per cancro polmonare nella popolazione interessa-ta (con confronto con i dati storici)2. prevenire il tumore trattando le lesioni precancerose3. fare diagnosi precoce di tumore polmonare (1° stadio)4. fare diagnosi precoce di ostruzione bronchiale (prevenzione di BPCO)5. studiare un panel di marcatori genetici (su ispettorato e/o siero) predet-tivi di cancro polmonare da usare su larga scala in studi di prevenzio-ne su fumatori sani

Soggetti a rischio da arruolare1. Soggetti di 50 –74 anni; fumatori di 20 sigarette/dì da almeno 20 anni, oex fumatori da < di 10 anni; senza storia di tumori maligni precedenti;2. Lavoratori  in miniera,  per  almeno  10  anni,  fumatori  anche  con <20sigarette al dì,  con eventuale diagnosi  accertata di pneumoconiosi oevidenti esiti fibrosclerotici da pregressa TBC

Protocollo dello studioMetodi:A – Selezione dei soggetti a rischioFirmato  il consenso  informato,  i  soggetti vengono sottoposti a visitapneumologica, spirometria, ossimetria transcutanea e si individuano isoggetti a rischio che entrano nel protocollo di studio

B – Monitoraggio strumentale1. Si raccoglie quantità idonea di espettorato indotto per analisicitogenetiche

2. Si esegue Tac spirale del torace a basso dosaggioSe uno dei tre esami risulta alterato :

3. Si propone la broncoscopia ad autoflorescenzaSe presenti alterazioni pleuriche osospette tali:

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La diffusione di questa patologia è in aumento perchè il vizio del fumo (ritenuto la principale causa di malattia) continua a diffondersi tra i giovanie resta diffuso tra gli adulti, inoltre il crescente inquinamento atmosferico, 

soprattutto in località industrializzate, agisce come fattore di rischio aggiuntivo.

4. Si  sottopone  il  soggetto  anche  adecografia  toracica,  eventuale  tora-centesi e/o toracoscopia;

C - Trattamento dei pazienti “altamentesospetti”- I  soggetti  che  presentano  lesionibronchiali  precancerose,  vengonotrattati endoscopicamente e/o seguitinel tempo.- I  soggetti  che  presentano  alla  Tacnoduli > 5mm, vengono seguiti e rivi-sti  a  breve;  se    alla  tac  noduli  >  a10mm si esegue la Pet

- Una  volta  individuata  la  lesione  dellamucosa Bronchiale, a seconda del livel-lo di reversibilità che questa ha raggiun-to, si può fare l’exeresi chirurgica, la sipuò bruciare con un elettrocoagulatoreo con altri mezzi, o seguire nel tempo.

Materiali :La Tac a bassa radiazone è una metodica radiolo-

gica che consente, con una quantità minima di radia-zioni, simile a quella dell’ Rx standard del torace, divedere delle lesioni polmonari di 3 mm di diametro(mediamente i soggetti che arrivano alla osservazionein ospedale perché sintomatici, hanno lesioni >3cm!2°/4° stadio). Dimensioni di questo livello consento-no diagnosi precoci al 1° stadio ( la sopravvivenza a5 anni al 1° stadio è intorno al 70%; al 4° stadio scen-de al 10 %).Saranno utilizzate le TAC dell’A.O. S. Elia e dell’

ASL n. 2Esame citologico dell’ espettorato e analisi citoge-

netiche: ricerca di alterazioni morfologiche e geneti-che  nell’  espettorato:sembrano  associarsi  ad  unaisposizione alla malattia. Alcune sono dosate a parti-

re da un campione di sangue, altre dall’ espettorato odalle  urine.  Ne  sono  state  individuate  diverse,  almomento,  la  strada  più  promettente  sembra  quelladell’analisi,  a  partire  da  un  prelievo  di  sangue,  deldanno genetico globale: maggiori sono le alterazionipresenti, maggiore è  il  rischio.  Il dosaggio di questimarcatori  consentirà  di  selezionare  le  persone  chehanno davvero bisogno della TAC spirale, ( se si sot-topongono all’ esame  tutti  i  forti  fumatori oltre  i 50anni, si scopre un cancro ai polmoni ogni 100 esami.Se invece si consiglia la TAC solo ai forti fumatori chehanno un danno genetico consistente, si può arrivarea scoprire 5-10 tumori ogni 100 esami eseguiti).Spirometria  ed  ossimetria  transcutanea: metodi,

non  invasivi  per  la  misurazione  della  funzionalitàrespiratoria,  in  regime  ambulatoriale,  che  indicanoiniziali  alterazioni,  anche  asintomatiche,  della  fun-zionalità  respiratoria,  in  particolare  dell’  ostruzionebronchiale.Ecografia  toracica: metodo  non  invasivo  per  la

visualizzazione di modeste quantità di liquido pleuri-co o ispessimento pleurico sospetto di eventuali ini-ziali lesioni; molto utie per la toracentesi guidataBroncoscopia  ad  autoflorescenza:endoscopia

bronchiale con la possibilità di individuare precoce-mente lesioni “in situ” precancerose o già neoplasti-cheToracoscopia:  metodo  invasivo,  da  eseguire  in

regime di day hospital, per evidenziare lesioni pleuri-che ed eventuali exeresi di lesioni localizzate

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Screening sulla patologia tiroideanell’area di rischio a Gela

Il  VI  programma  d’azione  in  materia  di  ambiente  deliberato  dal  ConsiglioEuropeo, nel quale sono individuate per lo sviluppo sostenibile identifica tra lepriorità la salute pubblica e le risorse naturali. È in ossequio a questo atto, chei soggetti promotori dello screening sulle patologie tiroidee hanno proposto ilprogramma all’attenzione delle autorità competenti.E’ cosa nota che  l’inquinamento atmosferico,  i cibi,  lo  stato del  suolo ed  ilconseguente ciclo dell’acque hanno notevoli ripercursioni sui nostri organismideterminando modificazioni della prevalenza e della storia naturale delle pato-logie  più  disparate  e  di  quella  neoplastica  in  particolare.  Ed  ancora  i mediadescrivono una sempre maggiore attenzione del popolo italiano rispetto al pro-prio stato salute a cui di conseguenza corrisponde un sempre maggiore interes-se  e  coinvolgimento nei  temi  che  riguardano  territorio  ed  ambiente  in  cui  silavora e si vive.E’ per questo motivo che le figure istituzionalmente deputate a farlo, non pos-sono dare episodiche e momentanee risposte, bensì hanno il dovere di elabora-re precisi piani d’azione finalizzati ad individuare  strategie prioritarie da adotta-re nei settori più a rischio (ad es. rifiuti, energia, mobilità, agricoltura, campi elet-tromagnetici) al fine di ridurre l’impatto sull’ambiente degli agenti inquinanti.E’ in questo contesto che trova giustificazione uno screening sulla patologiatiroidea condotto sulla popolazione dell’area a rischio di Gela dove sono rap-presentati gli ambiti più disparati (coste, regione montana, aree minerarie, agri-colture  tradizionali  e  tecnologicamente  avanzata,  industrie  ad  alto  impattoambientale).E’ certo che un tale studio, in maniera molto efficace, consentirebbe, di valu-tare, sulla popolazione oggetto dello screening la storia naturale e la prevalen-za della patologia  tiroidea, constatando così  le eventuali  variazioni verificatenei vari ambiti territoriali ed anche in seguito a possibili modifiche delle abitu-dini alimentari differenti. Inoltre è noto che i distruttori endocrini rappresentano un gruppo di contami-nanti dell’ambiente e degli alimenti in grado di interferire con l’omeostasi endo-crina, soprattutto degli ormoni sessuali steroidei e degli ormoni tiroidei.La definizione più comune accettata riporta: “un distruttore endocrino è unasostanza esogena, o una miscela che altera la funzionalità del sistema endocri-no, causando effetti avversi sulla salute dell’organismo, oppure della sua proge-nie o di una popolazione. 

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F. Scaffidi AbbateM.G. Randisi,A. M. Paladino, Azienda OspedalieraS.EliaCaltanissetta

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Le figure istituzionali hanno il dovere di elaborare precisi piani d’azione finalizzati ad individuare strategie prioritarie da adottare nei settori più a rischio

I  principali  distruttori  endocrinisono costituiti da contaminati organicipersistenti  (  ad  es.  policlorobifenili),diversi pesticidi biocidi (ad es. gli fta-lati e i ritardanti di fiamma polibromu-rati)  e  recentemente  suscitano  atten-zione  gli  effetti  endocrini  di  alcunimetalli come i coposti dell’arsenico.I meccanismi d’azione dei distrutto-ri endocrini comprendono interazionirecettoriali,  interazioni  con  enzimi  econ il trasporto degli ormoni, influen-ze sull’asse ipotalamo ipofisario.E’ dunque evidente una molteplici-tà di usi con una conseguente, poten-ziale  esposizione  multipla  nell’am-biente,  negli  alimenti,  in  ambientelavorativo e/o domestico, ed  inoltre,una varietà di meccanismi con bersa-gli ed effetti molteplici.La tiroide è una ghiandola endocri-na  posta  nella  regione  anteriore  delcollo. E’ in grado di sintetizzare e pro-durre l’ormone tiroideo sotto forma diTiroxina  (T4)  e  Triiodiotironina(T3);quest’ultima è la forma attiva dell’ormone. Le azioni sono estremamenteampie  e  vanno  dallo  sviluppo  delsistema nervoso centrale, all’accresci-mento corporeo, al controllo di nume-rose  funzioni  metaboliche.  Possiamodire che la tiroide regola il numero digiri  di  numerosi  motori  del  nostroorganismo.L’apporto  di  quantità  adeguate  diiodio  rappresenta  un  requisito  essen-

ziale  per  la  normale  produzione  diormone tiroideo.Lo  iodio  è  un  elemento  raro  ed  èpresente negli alimenti e nelle acquein  quantità  variabile  a  seconda  diquello  che  viene  definito  il  tenoreiodico dell’ambiente.La carenza iodi-ca nel  suolo e di conseguenza neglialimenti  costituisce un  fattore predi-sponente  alla  patologia  tiroidea.Loiodio è un elemento essenziale per lacrescita  e  lo  sviluppo  umano  ed  ilgozzo  endemico  rappresenta  unamalattia da adattamento, conseguen-te  alla  stimolazione  cronica  dellaghiandola tiroide da parte della tireo-tropina.Nella popolazione esposta a caren-za  di  iodio  si  possono  avere  anchealtre  manifestazioni,  quali  aumentodegli  aborti,  aumento  natimortalità,ipotiroidismo neonatale quasi sempretransitorio,  deficit  neuropsicologici  ecognitivi  fino  al  cretinismo,  disturbidefiniti  come  disordini  da  carenzaiodica.Il gozzo è normalmente più frequen-te  nelle  zone  collinose  e  montanedove  i  livelli  di  iodio nel  suolo  sonobassi.L’Italia è un paese ad elevata ende-mia gozzigena (10% della popolazio-ne).  La  presenza  di  noduli  tiroidei  èelevata,  intorno  al  4-5%;  in  determi-nate aree geografiche tale percentualesi innalza fortemente (è questo il casodelle aree a rischio di Gela).

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Il  95% dei noduli  tiroidei  sono benigni;  nel  restante 5% dei  casi  il  nodulotiroideo singolo o prevalentemente in un gozzo multunodulare è costituito daun tumore maligno, è perciò fondamentale dal punto di vista diagnostico, rico-noscere i noduli maligni dai benigni.L’applicazione di un corretto inquadramento diagnostico ( storia del pazien-te, visita ecografia,  scintigrafia, dosaggio ormonale comprensivo della valuta-zione della calcitonina e di eventuali anticorpi) consente di individuare i tumo-ri maligni e di distinguerli da modularità benigne; la scelta della terapia medi-ca, radiante o chirurgica è ovvia dipendenza della diagnostica.Da studi effettuati sulla popolazione dell’area a rischio di gela si evidenzia unelevata frequenza della patologia tiroidea ed in relazione a quello già sottolinea-to è probabile che molte delle patologie gozzigene nodulari  ritenute per anniesclusivamente benigne possano nascondere variazioni neoplastiche maligne.I promotori dello screening ritengono che dopo avere ricevuto informazionidai medici di famiglia sulla storia naturale dei familiari dei singoli pazienti dainserire nello studio li sottopongono a visita chirurgica e successiva valutazionediagnostica (dosaggi ormonali, ecografia tiroidea ed agoaspirato) da effettuare inregime di Day hospital presso l’Unità di Chirurgia Generale.

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Igiene ambientale, la tariffa determinata dagli A.T.O.

Recentemente,  la giurisprudenza amministrativa siciliana ha affrontato  laquestione relativa alla competenza in materia di determinazione della  tarif-fa di igiene ambientale (d’ora in poi T.I.A) negli ambiti territoriali ottimali, aseguito  dell’entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n.  152/2006  recante“Norme in materia ambientale”.1Il Giudice amministrativo è stato chiamato a sindacare la conformità allanormativa vigente del procedimento di determinazione del regime tariffariodel servizio di gestione integrata dei rifiuti, attuato da una società d’ambitooperante nel territorio della Regione siciliana, per gli anni 2006 e 2007.In particolare, nel caso in commento, veniva richiesto l’annullamento, daparte del giudice amministrativo, della deliberazione della società d’ambitodi  approvazione  della  T.I.A  poiché  ritenuta  in  contrasto  con  le  previsionilegislative vigenti  (art.  238 del d.lgs. n. 152/2006 e  s.m.i.),  sotto  il  profilodella titolarità del potere di determinazione della tariffa negli ambiti territo-riali e delle concrete modalità di determinazione ed attuazione della stessa.Veniva, in sostanza, asserito che l’attribuzione alla società (rectius autorità)d’ambito del potere di determinazione della tariffa non poteva trovare appli-cazione  in quanto non risultava ancora approvato,  sul piano normativo,  ilregolamento recante i criteri generali e di definizione delle componenti dellaT.I.A., con la conseguenza che la determinazione della tariffa avrebbe dovu-to effettuarsi, secondo la normativa previgente, da parte dei singoli Comuni.Si tratta, pertanto, di stabilire se, nella Regione siciliana, la competenza inordine alla determinazione della T.I.A. spetti ai Comuni o alle Autorità d’am-bito.Alla stregua della ricostruzione operata dal giudice amministrativo, appareopportuno ripercorrere  le  tappe  fondamentali dell’evoluzione  legislativa  inmateria.Il decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, e succ. mod. e int, - notocome  decreto  Ronchi  -  ha  introdotto  la  tariffa  rifiuti,  in  sostituzione  dellatassa rifiuti solidi urbani (TARSU), normata dal d.lgs. 507/93.Riguardo  alla  determinazione  della  stessa,  l’art.  49,  comma  ottavo,  deld.lgs. 22/1997 s.m.i. ha previsto che  “la tariffa è determinata dagli enti loca-li, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio”. Il successivo comma nono, inoltre, ha precisato che “la tariffa è applicatadai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare”.

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a cura diGaetano ArmaoChiara CastellanaAlessandro CucchiaraGiuseppe Fragapaniavvocati amministrativisti

1 Tar Sicilia Catania, sez. III int,, 4 gennaio 2008, n. 52 

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Il Commissario regionale per l’emergenza rifiuti ha individuato gli ambiti territoriali ottimali, approvando le linee guida per la gestione 

integrata dei rifiuti, con allegati gli atti per la costituzione delle Società d’ambito.

In  Sicilia,  tuttavia,  le  vicendeconcernenti  il  sistema  rifiutihanno  subito  delle  particolariconseguenze  a  seguito  delladichiarazione  dello  stato  diemergenza.Si  rammenta,  infatti, che, conordinanza  della  Presidenza  delConsiglio  dei  Ministri  -Dipartimento  della  ProtezioneCivile  n.  2983  del  31  maggio1999,  il  Presidente  dellaRegione  siciliana  è  stato  nomi-nato “commissario delegato perla  predisposizione  e  adozionedel piano di gestione dei rifiuti edelle bonifiche delle aree inqui-nate, di cui all’articolo 22 dellaLegge 5 febbraio 1997, n° 22, diun  piano  di  interventi  d’emer-genza  per  la  gestione  dei  rifiutiurbani  nonché  per  la  realizza-zione  degli  interventi  necessariper  far  fronte  alla  situazioned’emergenza”,  inaugurandosi,pertanto,  nel  territorio  unagestione  commissariale  durata,a seguito di varie proroghe,  finoal 31 maggio 2006.Al fine di attuare quanto previ-sto dalla normativa nazionale, ilCommissario  regionale  perl’emergenza  rifiuti,  conOrdinanza n. 280 del 19 aprile2001, ha  individuato  gli  ambititerritoriali ottimali, approvando,con  successiva ordinanza com-missariale n. 488 dell’11 giugno

2002,  le  linee  guida  per  lagestione integrata dei rifiuti, conallegati gli atti per la costituzio-ne delle Società d’ambito.Pertanto, in ossequio alle pre-visioni  dell’art.  23 del  d.  lgs.  5febbraio  1997,  n.  22  e  s.m.i.  edell’art.  2 bis dell’ordinanza  diprotezione  civile  n.  2983/1999e  s.m.i.,  sono  state  costituite  lesocietà  d’ambito,  individuatequale forma obbligatoria di coo-perazione  tra  enti  locali  ai  finidella gestione associata del ser-vizio,  alle  quali  è  stata  affidatala  gestione  del  ciclo  integratodei  rifiuti  solidi urbani dell’am-bito territoriale ottimale in con-formità alla vigente normazionein materia.Alla stregua dell’assetto ammi-nistrativo e  regolativo delineatodal  Commissario  delegato  inSicilia,  una  volta  costituite  lesocietà  d’ambito,  sono  state  adesse trasferite tutte le competen-ze relative alla gestione integra-ta dei rifiuti, prima di spettanzadegli  enti  locali  (Comuni  eProvincia),  ricadenti  in  taliambiti,  nonché  il  potere  diapprovazione  del  regolamentoper  la  determinazione  dellatariffa  d’ambito,  in  coerenzacon il regolamento-tipo adottatodall’autorità  commissarialeapprovato  con    Ordinanzadell’8 agosto 2003.

Con  tale  atto  il  Commissarioha disposto l’adozione da partedelle  società  d’ambito, entro  il10  settembre  2003,  di  un  pro-prio regolamento per la determi-nazione  della  tariffa  d’ambitonella  fase  di  avvio  del  sistemaintegrato coerente con il regola-mento tipo.

In  conclusione,  sullascorta  del  quadro  normativodelineato,  la  giurisprudenzaamministrativa  in  commento  ègiunta,  nel  caso  sottoposto  alsuo esame, a  ritenere  infondatala  censura  mossa  avverso  ladelibera  della  società  d’ambitodi  determinazione  della  tariffasotto il profilo della titolarità delrelativo potere,  affermando chele  richiamate  disposizioni  “rea-lizzano,  invece, un vero e pro-prio  trasferimento  di  funzionicon  relativo  mutamento  nellatitolarità  del  potere  che  dalComune  trasla,  in  via  ammini-strativa, in capo all’ente pubbli-co appositamente costituito”.Il Tar è pervenuto a  tale con-clusione anche sulla scorta dellaconsiderazione  che  la  T.I.A.,lungi  dall’essere  un  tributoovvero un’imposta, rappresenta,invece, il corrispettivo da paga-re per il servizio di gestione inte-grata dei rifiuti negli ambiti otti-mali. 

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Alieni e supereroi in campo:la fantasia al servizio dell’ambiente

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Le  strategie  per  l’adattamento  aicambiamenti  climatici.  E’  questo  untema centrale nell’attività’ di  comuni-cazione dell’arpa sicilia,che ha bandi-to  un  concorso  per  l’acquisizione  di“progetti mirati  alla  sensibilizzazionealle  tematiche ambientali”.  Sei  i pro-getti che hanno superato l’esame dellaapposita  commissione.  Ilprogetto”piantare i semi della speran-za”, si occupa del rapporto tra l’orto eil  contadino.  In  pratica  mette  incampo  strategie comunicative indiriz-zate alla salvaguardia della biodiversi-ta’.un  altro  progetto  “gli  alieni  aPalermo”,riguarda  i  cambiamenti  cli-matici,con  le  conseguenze  sulsuolo,sulla  vegetazione,sulle  compo-nenti  agroecosistemiche  in  genere  esull’ambiente marino.  Si  propone  unoriginale autobus inglese double dec-ker  itinerante  con  pupazzi,  pannelli,disegni,  caricature.  ecc….    Sul  temadella  coscienza  ecologica  un  altroprogetto, prevede una campagna pub-blicitaria basata sulla parodia del  lin-guaggio  sportivo.  Obiettivo:  fornirerapidi spunti per sostituire  la “cattivadisciplina”con  le  principali  buoneprassi ecologiche e civiche. Inoltre, unprogetto  che  punta  ad  informare  il“gioco delle carte”.Dunque rivolto siaad un pubblico adulto che ai bambini.La  proposta  e’  di  ripensare  grafica-mente  le  carte  siciliane  con  quattronuovi”semi”:  il  pomodoro,  la  gocciad’acqua,  la  presa  elettrica e  il  salva-gente.  Un  modo  per  sensibilizzare

rispetto all’impatto dei mutamenti cli-matici  sull’agricoltura,  all’importanzadi  un’adeguata  gestione  delle  risorseidriche,alla  necessità  di  un  risparmioenergetico, e di una messa in sicurez-za delle coste. Un altro progetto”Mr.Arp,  il  super  eroe  della  natura”,pro-pone  un  kit  didattico(,si  compone  didue manuali:uno per i bambini e unoper  l’insegnante)  di  educazioneambientale sul riciclaggio dei rifiuti. E’rivolto ai bambini di terza elementareperché  si  prendano  cura  del  proprioambiente.    Si  articola  attraverso  unprogramma di fumetto e di giochi.  Il.Fumetto  e’  ambientato  nel  mondodelle favole i cui protagonisti sono vit-tima dell’inquinamento e delle cattiveabitudini  che  lo  causano.  mentreattraverso  il  programma  dei  giochi,ibambini faranno prove di creatività,diricerca,composizione,manipolazioneed  esperimenti  come  quello  dicreare,insieme  all’insegnante,la  cartariciclata.  E  per  ultimo,una  campagna

Alessandra NobileARPA Sicilia

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per  le  fonti di  energia alternativa.  Il  titolo.” Sotto una  luce diversa”.  Si parlatanto di fonti energicamente sostenibili,come l’energia solare e l’eolica. Il pro-getto prevede la realizzazione di un manifesto,di un opuscolo informativo e diuna  postcard  per  una  campagna  che  sensibilizzi  la  popolazione  sui  cambia-menti climatici e sulle soluzioni da adottare per evitare ripercussioni ambienta-li irreversibili. Ed e’ proprio quest’ultimo concetto il filo conduttore del bandodell’ARPASicilia.

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Lo stato di salute delle coste Siciliane?lo rivela il Coleottero

Il  sistema delle Agenzie Regionali cui  fa parte  l’ARPA Sicilia costituisceuno strumento per coordinare azioni a livello nazionale ed europeo e con-frontare dati ambientali relativi alle diverse regioni italiane. La selezione ela sperimentazione degli indicatori ambientali costituisce, in questo senso,un esempio pratico.  Il monitoraggio ambientale e  il confronto dei  relativiparametri permette  infatti di ottenere un quadro generale che consente dipoter operare anche su vaste aree, a tutto vantaggio dei tempi e delle moda-lità di svolgimento dei lavori. Le Agenzie ambientali da tempo applicano alcuni protocolli che utilizza-no la fauna minore come indice dello stato di conservazione dell’ambien-te: ad esempio gli invertebrati bentonici per quanto riguarda i corsi d’acquao i Coleotteri Carabidi per gli ambienti terrestri.Questo metodo di operare necessariamente procede insieme alla ricercadi base, in particolare ai suoi aspetti applicativi, che costituisce sempre unvalido strumento di conoscenza volto alla protezione del territorio. In  accordo  a  quanto  detto,  tra  il  2007  e  il  2008,  la  Struttura  ST  VII  –Ecosistemi  e  Biodiversità  dell’ARPA  Sicilia  ha  avviato  una  ricerca  suiColeotteri che vivono sulle coste sabbiose della Sicilia; in particolare, si ècercato di  individuare,  tra  le  circa 600  specie  tipiche di  questi  ambienti,quelli che meglio caratterizzano gli ambienti in buono stato di conservazio-ne e che possono essere utilizzati come “spie” del disturbo antropico e deldegrado dell’habitat. Le condizioni per l’insediamento di specie animali e vegetali in un qua-lunque habitat, sono dipendenti dai parametri ambientali (umidità, tempe-ratura, ecc.), dalla disponibilità di cibo e ripari, dalle relazioni interspecifi-che e da tutto ciò che può essere percepito da un essere vivente. Le specie,così, occupano le aree a loro più idonee. Quando si verifica un disturbo, adesempio un  insediamento antropico,  l’avvento di una  specie aliena  forte-mente  competitiva  o  una  degradazione  dell’habitat,  i  presupposti  per  lasopravvivenza possono venire meno e una o più specie possono soccombe-re e scomparire.La  componente  faunistica  connessa  alle  dune  è  caratteristica  almenoquanto quella vegetazionale; molti invertebrati si sono adattati all’ambientedi duna e alla vegetazione tipica che vi si sviluppa, dando origine a stretterelazioni  ecologiche. Per questo motivo  gli  insetti,  tra  i  quali  i Coleottericostituiscono una grossa percentuale, possono essere considerati uno spec-

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Francesco LapianaARPA Sicilia

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chio che riflette lo stato di salute dell’ambiente dunale. La loro presenza oassenza, quando non giustificata da motivazioni biogeografiche, è stretta-mente collegata ai fattori ambientali locali. Per di più, alcune specie di Coleotteri con specifiche preferenze ambien-tali hanno trovato una propria nicchia ecologica nei diversi microambientiche costituiscono l’ambiente psammo/alofilo costiero. Esse quindi caratte-rizzano  una  particolare  fascia:  l’arenile  soggetto  all’influenza  diretta  delmare, le dune con vegetazione psammofila specializzata, il retroduna conricca copertura vegetale e gli ambienti umidi costieri. Per questa specializ-zazione ecologica è possibile valutare, tramite il popolamento dei coleotte-ri, lo stato di conservazione di ogni singola “fascia” ambientale. 

Tuttavia  solo  alcune  specie  sono  particolar-mente adatte ad essere utilizzate come indica-tori  di  qualità  ambientale,  pertanto  in  questaindagine sono state scelte le specie in grado disoddisfare questi cinque requisiti:1) Almeno una fase del ciclo vitale legata agliambienti dunali/litoranei2) Vulnerabilità della popolazione in caso distress ambientale3) Facilità di identificazione4) Disponibilità di dati bibliografici5) Specie ampiamente distribuite sul territorio 

In questo modo sono stati individuati 29 taxa (specie o sottospecie) che,in base a ricerche bibliografiche e di campo relative alla loro biologia, pote-vano “teoricamente” soddisfare quanto richiesto. In un secondo momento,il “comportamento” delle popolazioni di queste specie è stato testato in cin-que  biotopi  siciliani  caratterizzati  da  diversi  livelli  di  degrado:  foce  delfiume Belice, Biviere di Gela, spiaggia di Balestrate, litorale di Buonfornelloe spiaggia di Isola delle Femmine/Capaci. Da quanto osservato sulla distribuzione e abbondanza dei 29 taxa, all’in-terno dei siti indagati, è emerso che vi sono delle differenze significative trai diversi biotopi. È stato osservato che nei siti di maggior pregio naturalistico (dune limitro-fe alla foce del fiume Belice e Biviere di Gela) il numero delle specie trova-te, tra i 29 Coleotteri selezionati, è alto, e le loro popolazioni sono compo-ste da numerosi individui, anche riguardo le specie più sensibili ed esigen-ti. Lungo il litorale di Balestrate e sulla spiaggia di Buonfornello, dove sonopiù incisive le attività antropiche come la balneazione estiva o la costruzio-ne di edifici ad uso civile ed industriale,  la biodiversità delle comunità diColeotteri ne risente in modo negativo; scompaiono molte delle specie piùesigenti e quasi  tutte  le altre diminuiscono di abbondanza.  In ultimo, nelbiotopo di Isola delle Femmine-Capaci, evidentemente degradato, risulta lapresenza di sole tre specie, mentre tutte le altre sono scomparse.

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Fig. 1Il Coleottero dunaleErodius siculus Solier, 1834

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In sintesi,  i  risultati di quantoosservato sono stati che: - Alcune specie molto sensibi-li scompaiono già a livelli bassidi stress ambientale-  Altre  specie  scompaionogradualmente  dall’ambienteman mano che cresce  il  livellodi stress e di disturbo - La consistenza delle popola-zioni di tutte le specie diminui-sce  all’aumentare  dello  stressambientalePertanto,  la  scelta  accuratadei 29 taxa di Coleotteri ha por-tato a evidenziare una evidenterelazione  tra  la  ricchezza  deipopolamenti dei Coleotteri e lostato di conservazione dell’am-biente. Questi  primi  risultati  ottenutida una prima analisi sono sicu-ramente già di grande interesse,ma è necessario che nuovi studiapprofondiscano meglio quantoosservato  al  fine  di  avere mag-giore  chiarezza  sulle  relazionitra fauna ed ambiente.

Le ricerche effettuate, oltre adavere  un  interesse  puramentebiologico  e  naturalistico,  offro-no interessanti prospettive per ilfuturo. Il possibile utilizzo di un indi-ce di qualità ambientale basatosui Coleotteri, potrà essere utileper elaborare e coordinare spe-cifiche  azioni  di  protezionenegli  ambienti  costieri  che  piùnecessitano di interventi di tute-la  e,  dal  momento  che  spessol’uomo  non  può  avvertire  intempo  il  cambiamento  dellecondizioni ambientali, la scom-parsa  di  alcuni  Coleotteri  dauna  determinata  area,  può  ser-vire da “campanello d’allarme”.A  questo  scopo  la  scelta  dellespecie è stata fatta anche in pre-visione di una possibile applica-zione degli indicatori al di fuoridei  confini  siciliani;  molte  diesse  infatti  si  trovano  anche  inItalia continentale o hanno cor-rispettive sottospecie con analo-ghe esigenze biologiche.Pertanto,  il  reale  valore  diaree umide costiere ad alta bio-diversità  può  essere  messo  in

evidenza utilizzando anche pic-coli invertebrati sconosciuti allamaggior parte delle persone. L’avvio di simili ricerche aprela possibilità alla cooperazionecon enti di ricerca esterni con iquali, mettendo le proprie espe-rienze  a  confronto,  si  possonoraggiungere  importanti  risultatiin termini di conoscenza e valo-rizzazione del territorio. Inoltre,  sarà  possibile  fornireai  gestori  delle  aree  protettedelle  coste  della  Sicilia  utilemateriale  scientifico-informati-vo ed un protocollo per la cattu-ra dei Coleotteri indicatori e perla  successiva  analisi  dei  dati,onde  ottimizzare  le  azioni  ditutela e di gestione di alcuni trai  biotopi maggiormente minac-ciati dell’isola. Ringraziamenti: IgnazioSparacio  per  la  preziosa  colla-borazione e per gli innumerevo-li  consigli  offerti.  Calogero  DiChiara e Giacomo Scalzo per larevisione del lavoro.

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Fig. 2Aspetti  dunali  prossimi  allafoce del fiume Belice

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Ancora  oggi  nei mercati  l’arrivo  sui  banchi  di  vendita  dei  verdellirichiama l’attenzione del pubblico e non solo dei turisti che in genereaffollano i meandri di questi mondi dall’atmosfera esotica e allusiva.Si  , parliamo proprio dei bbastarduna,  termine che in dialetto  indicaquesti  limoni  di un verde intenso rubati alla natura in piena estate ,quando  il  caldo  siciliano  aggiunge  un  che  di  violento  a  ogni  cosa,soprattutto ai sapori e agli odori.Tra gli agrumi il limone continua a occupare una posizione regale, aconservare  nonostante  la  concorrenza  di  altri  paesi  produttori,  unasicilianità inattaccabile. Un frutto che nelle sue varietà sta a tavola dal-l’inizio alla fine , ma che col cibo ha un rapporto intimo che comin-cia  già  in  cucina  e  si  espande  anche  a molti momenti  gastronomicifuori della tavola. In Sicilia é onnipresente, verde o giallo ,rotondo o

oblungo  e  con  una marcata  protuberanza  sia  inprossimità  del  picciolo  che  del  punto  diametral-mente opposto, nelle tavole più eleganti dei risto-ranti  ,  come  sul  banco  dei  venditori  di  pane  epanelle,  sui  precari  ripiani  dei  venditori  di  stig-ghiola e quarume,nelle località di mare nelle ban-carelle dei polipari, che lo offrono con le cozze, iricci di mare,  il polipo  fatto   a pezzettini e altroancora,  una  sorta  di  viatico  che  rende  tutto  piùleggero e digeribile.Tagliato  in  modo  particolare  a  farne  quattropezzi e se necessario otto, ma non più, il limonevi  offrirà  i  servigi  della  sua  polpa  ricca    di  unsucco acidulo che sa sposarsi con gli altrui sapo-ri,a  volte    ingentilendone  i  caratteri  di  marcataaggressività, o esaltandone la delicatezza,ma nonraramente  potenziandone  la  forza,come  in  certeinsalate in cui gareggia con altri dominatori dellepapille  gustative,  oli  verdi  e  densi,  aceti  rossi  earomi  invincibili  ,menta,  basilico  e  origano,  trapomodori , finocchi, cipolle e olive carnose. Lui ,il  limone  ,  viene  per  ultimo,  sua  maestàappunto,nell’effimero momento di  trionfo  in cui,completamento del piatto, viene, col sapiente usodella forchetta, spremuto e poi buttato via. 

Elogio del limonequalità e virtù del Re degli agrumi

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Girolamo CusimanoDipartimento  beni  culturali,storico-archeologico,  socio-antropologici e geograficiUniversità di Palermo

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Tra gli agrumi il limone occupa una posizione regaleconservando una sicilianità inattaccabile

Destinato  elettivamente  alpesce, il limone si usa anche conla  carne,non  sfugge  al  richiamodella  pasticceria,con  gli  oliessenziali  della  sua  buccia  fra-grante  ,ma  troneggia  intero  inversione di candito persino sullabarocca cassata siciliana.

Nei gelati, sorbetti, granite, gra-nulose  raggiunge  la  perfezionedonando  refrigerio  e  sapori  chedal  palato  trapassano  nellamemoria indelebile di un piacereche solo la Sicilia sa donare.

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Agricoltura BluLa via italiana dell�agricoltura conservativaPrincipi, tecnologie e metodi per una produzionesostenibileA cura di Michele Pisante

Edagricole, 2007 317 pp.

Grande  sorpresa  il  volume  curato  da  Michele  Pisante,Straordinario  di  Agronomia  e  Coltivazioni  Erbaceenell’Università di Teramo.  Il volume è  ricco anche  in  termini di autori, che hannocontribuito a realizzarlo. Sono ben 26, tra docenti universitari provenienti da ben 12diversi Atenei italiani e spagnoli, professionisti, rappresentanti di istituzioni  interna-zionali. E’ ricco di sponsor e di patrocinatori, tra questi ultimi la SOI, a testimonianzadi un interesse vivo per un tema di grande attualità. E’, infine, ricco di contenuti scien-tifici e tecnici, distribuiti in 7 capitoli di vasta e profonda natura. Oggetto del volumeè l’Agricoltura conservativa, come sistema integrato di gestione agronomica che poneal  centro del  suo modo di  intendere e praticare  l’agricoltura,  la  salvaguardia dellerisorse primarie:  il  suolo,  l’acqua,  in primo  luogo. La parola d’ordine,  testimoniatadalla varietà della formazione scientifica dei vari Autori, è “interdisciplinarietà”. Riccodi illustrazioni, di dati e di immagini, il volume fornisce al lettore un quadro il più pos-sibile completo dei modelli di gestione agronomica conservativa, applicati a diversisitemi agrari. Un volume utile a ricercatori e a studenti  impegnati nello studio del-l’agricoltura e nello sviluppo di conoscenze e competenze che, garantendone il pro-fitto, siano capaci di valorizzarne il ruolo energetico e ambientale o, per dirlo con gliAutori, quello conservativo.Agli insetti piacciono le opere d�arte (esempi di degrado, salvaguardia e conservazione)di Giovanni Liotta

Edimed sas. 2007, 213 pp

Alla curiosità che già suscita il titolo, solo apparentemente provo-catorio, ma in verità del tutto  e semplicemente vero, segue lo stupo-re crescente che produce  la  lettura di un volume stupendo, che sipone  come punto  di  riferimento  prestigioso  nella  salvaguardia  del  patrimonio  culturale.Qualsiasi lettore, specialista o meno del settore, viene travolto da una straordinaria profu-sione di informazioni scientifiche e tecniche presentate con grande cura e con il trasparen-te desiderio di  trasmettere un patrimonio di conoscenze davvero straordinario. Con que-st’opera, Giovanni  Liotta,  professore  di  Entomologia  nell’Università  di  Palermo,  lascia  ilsegno del suo lungo magistero accademico, testimoniando, con una ricchezza di notizie, didati e di incredibile iconografia non solo la continuità del suo essere ricercatore appassio-nato, ma la volontà di trasmettere e di porre la propia conoscenza al servizio della comu-nità, degli allievi, della tutela del patrimonio culturale del nostro Paese. Pagina dopo pagi-na, il lettore prende consapevolezza dell’etrema fragilità e del rischio cui sono sottopostimonumenti e manufatti di inestimabile valore culturale, ma poi, quasi con sollievo, scoprecome è possibile prevenire,  tutelare,  risanare,  facendo tesoro della conoscenza del ciclobiologico degli insetti e di una verità apparentemente banale: che non fanno altro che il loro“dovere” biologico di assicurare a se stessi e alla prole condizioni utili alla vita, che, spes-so  sono offerte  proprio dall’incuria dei  beni monumentali  che divengono  il  loro habitat“naturale”. Un volume importante ma soprattutto un’opera “di servizio”, di grande valorescientifico, tecnico e culturale, che getta un seme che certamente germoglierà.

Paolo Inglesedipartimento colture arboreeUniversità di Palermo