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1 Viva tutti i soldati  sconfitti e tutti  gli Eroi schiacciati  dal nemico nella  battaglia perduta.  Perché la sconfitta  non può togliere la gloria. Walt Whitman N. 15  NUOVA 2006 CENTRO STUDI DI STORIA CONTEMPORANEA Anno IV  Antifascismo, crimini e saccheggi  I MASSACRI DEI ROJOS SPAGNOLI CONTINUA IL SILENZIO SU UNA FOLLIA OMICIDA R icorre quest’anno il settantesimo anniversario dell’inizio della Guerra Civile spagnola. Un evento che l’antifascismo internazionale (in perfetta assonanza con quel- lo italiano) ha collocato tra gli esempi più fulgidi di lotta per la libertà e la democrazia. Da una parte, cavalieri senza mac- chia, i repubblicani spagnoli infarciti di anarchici e comunisti (con l’additivo di Brigate internazionali di estrazione ‘democratica’), dall’altra la ‘feccia fascista’ autoctona e ita- liana, espressione autentica del “male assoluto” di quei tem- pi. Una vulgata, questa, esplosa in dimensione planetaria nell’ultimo dopoguerra con la complicità dei grandi mezzi di informazione asserviti al nuovo ordine scaturito dalla vittoria degli Alleati e dell’Urss su Italia e Germania. Una leggenda, quella sui rojos spagnoli, minimamente in- taccata da valanghe di documenti e testimonianze dirette che raffigurano le forze antifasciste sul campo quali portatrici di massacri e di immonde rappresentazioni di morte. Nessun Tribunale internazionale ha condannato quegli eccidi, «gli in- numerevoli crimini e saccheggi causati da una specie di flut- to di generale demenza» (Miguel de Unamuno) ..., «nello sfrenamento tumultuario, non più visto, di forze selvagge e crudeli tanto da renderle incomprensibili, non diciamo con la umana dignità ma con la stessa umana natura, anche la più miserabile» (Pio XI). (Segue a pagina 24) Fronte di Madrid, primavera 1937: miliziani  delle Brigate internazionali giocano  con le teste mozza  te di prigionieri nazionalisti  

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Viva tutti i soldati

 sconfitti e tutti

 gli Eroi schiacciati dal nemico nella

  battaglia perduta.

 Perché la sconfitta

 non può togliere

la gloria.Walt Whitman

N. 15  NUOVA

2006CENTRO STUDI DI STORIA CONTEMPORANEAAnno IV

 Antifascismo, crimini e saccheggi I MASSACRI DEI ROJOS SPAGNOLI 

CONTINUA IL SILENZIO SU UNA FOLLIA OMICIDA

Ricorre quest’anno il settantesimo anniversariodell’inizio della Guerra Civile spagnola. Un evento che

l’antifascismo internazionale (in perfetta assonanza con quel-lo italiano) ha collocato tra gli esempi più fulgidi di lotta perla libertà e la democrazia. Da una parte, cavalieri senza mac-chia, i repubblicani spagnoli infarciti di anarchici e comunisti(con l’additivo di Brigate internazionali di estrazione‘democratica’), dall’altra la ‘feccia fascista’ autoctona e ita-liana, espressione autentica del “male assoluto” di quei tem-pi. Una vulgata, questa, esplosa in dimensione planetarianell’ultimo dopoguerra con la complicità dei grandi mezzi diinformazione asserviti al nuovo ordine scaturito dalla vittoria

degli Alleati e dell’Urss su Italia e Germania.Una leggenda, quella sui rojos spagnoli, minimamente in-

taccata da valanghe di documenti e testimonianze dirette cheraffigurano le forze antifasciste sul campo quali portatrici dimassacri e di immonde rappresentazioni di morte. NessunTribunale internazionale ha condannato quegli eccidi, «gli in-numerevoli crimini e saccheggi causati da una specie di flut-to di generale demenza» (Miguel de Unamuno) ..., «nellosfrenamento tumultuario, non più visto, di forze selvagge ecrudeli tanto da renderle incomprensibili, non diciamo con laumana dignità ma con la stessa umana natura, anche la piùmiserabile» (Pio XI). (Segue a pagina 24)

Fronte di Madrid, primavera 1937: miliziani delle Brigate internazionali giocano con le teste mozza te  di prigionieri nazionalisti 

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Domenico Pellegrini Giampietro (nella foto) viene chiamato da Mussolini a far parte del Governo della Repubblica Sociale Italiana il 23 settembre 1943 con l’incarico di Ministro delle Finanze. Pellegrini Giampietro, già nel corso 

del primo Consiglio dei Ministri pone come priorità assoluta del suo Ministero la tutela degli interessi economici e finanziari d’Italia.Un compito che assolverà malgrado le numerose e dure difficoltà.

ECONOMIA E FINANZA NELLA R.S.I.Quando gli anglo-americanientrarono a Bologna il 21

aprile 1945 e nelle altre città delnord nei giorni che seguirono,si meravigliarono dell' efficien-za dei servizi pubblici. I colle-gamenti tranviarî, i telefoni, l'e-nergia elettrica, gli acquedotti, ilgas, tutto funzionava regolar-mente. I negozi di generi ali-mentari e di abbigliamento ope-ravano in regime di razionamen-to bene organizzato e i ritrovi

pubblici, come bar, ristoranti,cinematografi e teatri erano am-ministrati al meglio di quanto lecircostanze potessero concede-re. Gli uffici dello Stato e deglienti locali e gli sportelli degli i-stituti di credito operavano con imezzi dell'epoca, fornendo aicittadini prestazioni che posso-no apparire incredibili a chi og-gi lavora con l'aiuto dei mezziinformatici. Non fosse stato perle macerie ancora fumanti degliedifici distrutti dai bombardieri

anglo-americani e per i massacridei "fascisti", si poteva dire chela vita scorresse normalmente.Gli Italiani della Repubblica So-ciale mangiavano poco, mamangiavano tutti. Le madrinon erano costrette a prostituirsiper nutrire i figli.

Ne scrisse il quotidiano delleforze armate americane "Starsand Stripes", ripreso dall' auto-revole "The Times" di Londra.Rimarcarono le differenze conquanto avveniva al Sud. Oltreche dai martellamenti aerei cheavevano preceduto l' avanzatadel fronte fino alla Linea Gotica,il sud e il centro erano stati col-piti da un bombardamento dellaLuftwaffe su Bari, da un paio suNapoli e da altrettanti su Livor-

no. Obiettivo delle missioni era-no stati gli impianti portuali e lenavi attraccate. Per espressa vo-lontà di Mussolini non vi eranostati episodi di guerra civile. U-na notevole differenza con iltrattamento sopportato dalleprovince del nord, pesantemen-te battute giorno e notte dall'a-viazione anglo-americana e ta-

glieggiate dalle bande partigia-ne!

Novanta giorni dopo la resasenza condizioni dell' 8 settem-bre, prima che Angelo Tarchi,su invito di Mussolini, assu-messe l'incarico di Ministro del-l'Economia Corporativa, ognisettore produttivo italiano erasotto il controllo del  RÜK,(Rüstungs und Kriegsprodu-ktionsstab), organizzazione eco-

nomica germanica che dipende-va dal Ministero degli Arma-menti del dr. Speer. Plenipoten-ziario in Italia era il generaleLeyers, che rispondeva diretta-mente al sottosegretario Schie-ber. Leyers era a capo di una va-sta rete di ufficiali che nella vitacivile svolgevano attività diri-genziali nell'industria, nel com-

mercio e nel credito.Tra i compiti del RÜK v'era

l'attuazione del piano che preve-deva il trasferimento in Germa-nia di impianti, macchinari,scorte di materie prime e manod'opera. In esecuzione subitodopo l'8 settembre 1943, il pia-no era stato studiato dopo il 25luglio, nella previsione del ri-baltone badogliano. Se le attivi-tà economiche erano seriamente

QUANDO LA RSI FINISCE, NON LASCIA DEBITI MAUN SALDO ATTIVO DI 20 MILIARDI E 900 MILIONI 

compromesse, le finanze non sitrovavano certamente in buonecondizioni. Il vuoto di poterecivile e militare causato dallaresa provocò il caos nel settoredelle finanze. Gli anglo-americani, fin dallo sbarco in Si-cilia, avevano emesso banconotedi occupazione, denominate  AM   Lire (Allied Military Lire Cur-rency, moneta del governo mili-tare alleato). Ebbero corso lega-le fino al 1950, quando furono

ritirate a cura e a spese del go-verno italiano. I tedeschi, da parloro, emisero Reichsmark, nellaveste speciale di biglietti di cas-sa riservati ai territori occupatidalla Wehrmacht. Il 25 ottobre1943, ad un mese dalla sua co-stituzione, il governo della RSIli tolse dalla circolazione in tut-to il territorio sottoposto alla suasovranità, OZAV e OZAK com-prese.

Domenico Pellegrini Giampie-tro fu chiamato da Mussolini a

far parte del governo della RSIil 23 settembre 1943, in veste diMinistro per le Finanze e per gliScambi e Valute. Il 27 settembrefu convocato il primo Consi-glio dei Ministri alla Rocca del-le Camminate, residenza privatadi Mussolini vicina a Predappio.Pellegrini espose i punti del suoprogramma: 1- Ripresa dell'atti-vità finanziaria dello Stato nel-l'interesse esclusivo dell'Italiaunitaria; ripristino delle attivitàcentrali attraverso le direzionigenerali e periferiche, le Inten-denze di Finanza e gli uffici di-pendenti, allo scopo di poten-ziare in tempi brevi il gettito tri-butario; 2- Difesa ad oltranzadel potere d' acquisto della liraed energica riduzione delle spe-

Angelo Tarchi 

(nella foto),Ministro dell’Economia Corporativa,insieme a Manlio Sargenti elabora il testo della “socializzazione delle imprese” che entrerà in vigore il 30 giugno del 1944.

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se, mediante la riorganizzazionedi tutti i ministeri e servizi delloStato; 3- Controllo della circola-zione monetaria; 4- Tutela asso-luta degli interessi economici efinanziari dell'Italia, in ogni set-tore e con tutti i mezzi a disposi-zione, comprese la Guardia diFinanza e la Polizia Tributaria,organismi alle dirette dipenden-

ze del Ministero delle Finanze.Pellegrini Giampietro inter-venne prontamente con grandesagacia. D'intesa con il Duce,soppresse Ministeri e li sostituìcon Direzioni; tagliò, accorpò,unificò, senza cedere di un mil-limetro sul fronte dell'efficienza,migliorando, anzi, le prestazionidegli enti, in nome e nel supre-mo interesse della Patria. Si op-pose allo scioglimento dellaGuardia di Finanza, invisa ai te-deschi per le reiterate manifesta-zioni di collusione con espo-nenti militari della Resistenza,e ne potenziò i distaccamenti.Nel vuoto di potere dellegiornate successive all'8 set-tembre 1943, i tedeschi localiz-zarono i depositi della riservaaurea della Banca d'Italia. Il 20settembre, il Governatore Vin-cenzo Azzolini ricevette a Pa-lazzo Koch una commissionecomposta dal Direttore dellaReichsbank Bernhuber, dallo SSSturmbannführer Kappler, dalConsole Generale a Roma Möl-

lhausen, da due ufficiali supe-riori della Wehrmacht e da uninterprete militare. Il DirettoreBernhuber invitò in forma uffi-ciale il Governatore Azzolini afar trasferire sollecitamente ognideposito della riserva aurea edella valuta pregiata alla sededella Banca d'Italia di Milano.Il trasporto su carri ferroviarî avvenne in due riprese, il 22 e il28 settembre. Non era un mi-stero l'intenzione dei tedeschi ditrasferire tutto in Germania.

Senza darla troppo a vedere,mantenevano la pretesa di consi-derare preda bellica l'oro dellaBanca d'Italia, appigliandosi adun esile cavillo interpretativo diun articolo del Codice di DirittoInternazionale. Domenico Pelle-grini Giampietro fu abilissimonel contenere le aspirazioni deitedeschi. Firmò un accordo conl'ambasciatore plenipotenziarioin Italia Rahn, che consentì iltrasferimento e la definitiva si-stemazione delle riserve aureenella sede della Banca d'Italia di

Fortezza, in provincia di Bolza-no, dove rimase fino alla finedelle ostilità, quando potè essererecuperata intatta da funzionaridella Banca d' Italia inviati dalGovernatore Luigi Einaudi, su

sollecitazione del Governo Bo-nomi.

Pellegrini Giampietro nei pri-mi giorni dell'ottobre 1943 fecerecuperare la valuta estera delConsolato Generale d'Italia a

Nizza, sequestrata dai tedeschial momento della resa, ammon-tante a 5.000 Sterline britanni-che e a 500 Dollari degli StatiUniti. Il Ministro fece sommini-strare all'Ambasciata d'Italia aBerlino la somma di 10 milionidi Reichsmark in oro, per la co-pertura delle spese delle rappre-sentanze diplomatiche all'estero.Dopo la conclusione delle ostili-tà, le rimanenze furono riportatein Italia dall'ambasciatore Filip-po Anfuso.

LA RSI, A PARZIALE RIPIANAMENTO DI UN DEBITO DEL REGNO D’ITALIA DEL 1940, CEDE AL CBS 

DI LUGANO 11 TONNELLATE DI ORO FINO 

namento della politica finanzia-ria e monetaria, il Ministro pen-sò di ripristinare l' istituto delclearing (compensazione dei de-biti per i beni importati coicrediti per quelli esportati). Il 30gennaio 1944 a Villa Simoniniin Salò, l'Ambasciatore Rahn eil Sottosegretario Mazzolinisottoscrissero i Protocolli pre-

parati da Pellegrini Giampietroe da Tarchi che istituivano il re-gime di compensazione degliscambi tra la RSI e la Germania,comprendendo anche Stati occu-pati e non belligeranti in morafinanziaria con l'Italia. Nell'ac-cordo furono definite anche lemodalità per il trasferimento inpatria dei risparmi degli operaiitaliani occupati in Germania.

Il 5 febbraio 1944 fu stipulatoun nuovo Protocollo d'intesa trail Governo del Reich e quello

Un altro grande risultato diPellegrini Giampietro fu il pa-gamento di Lire 3 miliardi daparte del Governo del Reich peri materiali prelevati dai soldatidella Wehrmacht durante i gior-ni del caos di settembre. Lasomma fu detratta dal contribu-to mensile e servì anche a inte-

grare il pagamento di un debitopregresso per forniture di arma-menti e materie prime. Pellegri-ni Giampietro firmò un primoProtocollo di accordo il 21 otto-bre 1943, in base al quale fustabilito che il Governo delReich avrebbe continuato a per-cepire un contributo di guerraper provvedere a tutte le neces-sità delle forze armate germani-che in Italia. A carico della RSIfu posto un contributo mensiledi lire 7 miliardi per i mesi diottobre, novembre e dicembre1943. Con un secondo Protocol-lo, firmato il 17 dicembre 1943,il contributo mensile fu elevatoa 10 miliardi, a partire dal gen-naio 1944 e fino a tutto il di-cembre 1944.

Di contributo finanziario perle spese delle Forze ArmateGermaniche in Italia fu discussoper la prima volta nell' incontrodi Tarvisio tra Ribbentrop - Kei-tel e Guariglia-Ambrosio il 6 a-

gosto 1943 e poi a Bologna, aVilla Federzoni il 15 agosto 1943,quando vi convennero Rommele Roatta. Il contributo, consoli-dato in 31 milioni di Rei-chsmark, fu parzialmente liqui-dato con kg 5.613 di oro fino.Con Mussolini al potere, i tede-schi non avevano mai battutocassa. Lo fecero con Badoglio,quando questi sollecitò l'inviourgente di alcune divisioni co-razzate.

Conclusi gli interventi di ordi-

In alto, Villa Simonini a Salò, sede del Sottosegretariato agli Esteri, dove vengono sottoscritti i Protocolli istitutivi del regime di compensazione tra 

Rsi e Germania.Sopra, il firmatario dei Protocolli per la Rsi,Sottosegretario Mazzolini.

della RSI, che fu ricordato co-me "Accordo di Fasano" (a Fa-sano del Garda, tra Gardone eMaderno, nella Villa Bosetti,dove aveva sede l'Ambasciata diGermania). L'Accordo riguardòle modalità di collocazione e diutilizzazione delle riserve aureenella regolazione dei rapporti

commerciali tra i due Paesi. IlGoverno della RSI si impegnò atrasferire alla Reichsbank 50,5tonnellate di oro fino di proprie-tà della Banca d'Italia per il va-lore complessivo di 141 milionidi RM in oro. La riserva aureadella Banca d'Italia, che al mo-mento della costituzione dellaRSI ammontava a 90,847 ton-nellate, dopo il pagamento dellaprima rata di 11 tonnellate alConsorzio Banche Svizzere diLugano (a parziale ripianamentodi un debito del Regno d' Italiadel 1940 per 100 milioni diFranchi Svizzeri) e al trasferi-mento concordato a Fasano, siriduceva a 29,310 tonnellate dioro fino. Rimasero in mano ita-liane nella sede della Banca d'ta-

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lia di Fortezza, da dove furonoriportate a Roma dopo la finedelle ostilità, con la parte non u-tilizzata dell'Accordo di Fasano,ammontante a tonnellate 33,443.

Il Ministro Pellegrini Giam-

pietro collaborò attivamente conil Ministro dell'Economia Tarchiper la definizione dei terminidella Convenzione di Fasanodel 15 maggio 1944. Fu firmatadall'Ambasciatore Rahn e dalSottosegretario Schieber perconto della Germania e dai Mi-nistri Mazzolini e Tarchi per laRSI. Impegnava la Germania arestituire ogni preda bellica ac-quisita prima e dopo la costitu-zione della RSI, secondo i Trat-tati Internazionali de L'Aia del

1899 e del 1907. Nella Conven-zione di Fasano furono forma-lizzati gli impegni del Governodel Reich per la restituzione afine guerra di tutti gli impiantiindustriali asportati in Germa-nia, ripristinati nella primitivaefficienza. In caso di distruzioneper eventi bellici essi sarebbero

TRA GLI IMPEGNI DEL GOVERNO REPUBBLICANO IL RISARCIMENTO DEI DANNI DI GUERRA

E I SUSSIDI PER GLI INTERNATI IN GERMANIA

stati sostituiti da altri analoghi.

Parimenti sarebbero stati resti-tuiti materie prime, semilavora-ti, manufatti e macchine, con ri-spetto della qualità e della quan-tità.

  La Convenzione di Fasano risultò di particolare importan- za perché fu di riferimento perle intese iniziate il 21 ottobre

1944 e concluse il 20 febbraio1945 sull'impegno della We-  hrmacht a non operare di- struzioni di impianti industriali

e portuali e delle centrali per la produzione di energia elettrica, salvo la riduzione della potenza per le centrali alpine.

Sia concesso al lettore di que-ste note un momento di rifles-sione, che potrebbe risolversi(omnia munda mundis) con un

traverso il "risparmio obbliga-

torio" dei lavoratori, attuato con"polizze di capitalizzazione" e-messe dai principali istituti diassicurazione. I proprietari diimmobili furono chiamati a pa-gare allo Stato il riscatto dell'im-posta immobiliare. Il Ministerotagliò le integrazioni statali peril pane e per molti prodotti agri-coli e industriali, riuscendo pe-raltro a mantenere il prezzo po-litico dei trasporti pubblici.

Il Governo della RepubblicaSociale Italiana aveva avutobuon gioco, fin dalla sua costi-tuzione, nella riorganizzazionedell' apparato burocratico stata-le, tagliando i rami secchi e cu-rando soprattutto l'efficienza deiservizi. La spesa pubblica fudrasticamente ridotta e, con-

moniali. Lo scopo primario del-

la politica di Pellegrini Giam-pietro, ispirata al pensiero diMussolini, fu di difendere il po-tere d'acquisto della Lira.

Il più grosso problema che ilMinistro si trovò davanti fuquello di riuscire a contenere lacircolazione fiduciaria dei bi-glietti di banca contemporanea-mente alla provvista di fondi perla copertura degli oneri straordi-nari di bilancio, quali il contri-buto di guerra ai tedeschi, il ri-sarcimento immediato dei dannidi guerra alle industrie e ai pri-vati, i sussidi alle popolazionidelle provincie invase emigrateal nord, i sussidi alle famigliedegli internati militari in Germa-nia e degli appartenenti alle For-ze Armate rimasti a sud dopo la

resa, i sussidi alle popolazionirimaste senza tetto a causa deibombardamenti aerei, ecc.

Durante i venti mesi della Re-pubblica Sociale Italiana la cir-colazione monetaria raggiunse i285 miliardi di Lire, triplicandodal luglio 1943. I Titoli di Stato,che dopo la resa dell'8 settembreerano scesi al di sotto del 30%

del valore nominale, riacquista-rono la parità e la superarono.Il Governo Repubblicano fece

stampare nuove banconote perun totale di 110 miliardi e 887milioni di Lire, contro i 137 mi-liardi e 840 milioni di Lire cheerano stati preventivati. Pellegri-ni-Giampietro, sempre in sinto-nia con il Capo del Governo, au-torizzò gli Istituti di Diritto Pub-blico e le Banche di InteresseNazionale ad emettere assegnicircolari di piccolo taglio, perridurre il bisogno di carta mone-ta e soddisfare la tendenza allatesaurizzazione dei piccoli ri-sparmiatori.

Nell'esercizio finanziario 1944-1945 le entrate ordinarie, forma-te da imposte e tasse, furono disoli 50 miliardi e 400 milioni diLire.

Quando la Repubblica Socia-le Italiana finisce, non lascia debiti, ma un saldo attivo di 20 miliardi e 900 milioni di Lire.

Bilancio Statale della Repub-blica Sociale Italiana.

Nell'esercizio finanziario 1944-1945 le entrate ordinarie, costi-tuite da imposte, accise e tasse,ammontarono a 50 miliardi e400 milioni di lire, a confermadella ostilità di Benito Mussoliniverso ogni forma di inaspri-mento della pressione fiscale.

Bilancio statale della R.S.I.

Dal Bilancio della RepubblicaSociale Italiana, completo didocumentazione, allegato allasentenza n° 9.035 della Corte diCassazione, in data 21 ottobre1946, risulta:

ENTRATE (in mld di Lire)Entrate ordinarie(imposte e tasse) ........... ₤ 50,4Depositi e ContiCorrenti pressoil Tesoro e gliIstituti di Credito .......... ₤ 47,0Buoni OrdinariTesoro (Istitutidi Credito e Privati) ...... ₤ 14,3Buoni Ordinaridel Tesoro

(Banca d'Italia) ............. ₤ 60,0Anticipazionidella Banca d'Italia ....... ₤ 183,6Altre anticipazioni ...... .₤ 25,2

Totale Entrate ............ ₤ 380,5

In molte città del Nord i ristoranti (anche di lusso) e trattorie vengono trasformati in 

‘ristoranti’ a prez- zo fisso. A Milano,nella foto, 17 Lire tutto compreso.

ideale sberleffo all'indirizzo de-gli storici di regime che per oltremezzo secolo hanno favoleg-giato sulle fabbriche salvate da-gli interventi dei partigiani!

Il Ministro Pellegrini Giam-

pietro, quando prese le redinidelle Finanze della RSI decisedi non ricorrere al prestito nel-le forme convenzionali, per nongonfiare il debito pubblico. Fumolto abile nell' appoggiarsi al-la Banca d'Italia e ai grandi isti-tuti di credito, allo scopo di con-vogliare nelle casse dello Statouna forte quantità di Buoni delTesoro Ordinari, per oltre 74miliardi di Lire, 60 dei quali incarico alla Banca d'Italia e i ri-manenti sottoscritti dalle ban-

che. Furono anche versati neiconti correnti del Tesoro 47 mi-liardi di depositi e conti correntibancari, operazione che favorì leaziende di credito in totale sicu-rezza, e 208,8 miliardi di Lire,anticipati dalla Banca d' Italia.Un'altra manovra per rastrellarecarta moneta fu impostata at-

temporaneamente, fu aumentatala pressione fiscale attraversol'innalzamento delle aliquote ditassazione in alcuni settori, par-ticolarmente sulle fonti patri-

La Zecca si trasferisce da Roma ad Aosta, mentre 

il Poligrafico dello Stato continua la sua attività a Novara.

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USCITESpese ordinariee straordinarie ............. ₤ 170,6Contributodi guerra ...................... ₤ 189,0

Totale Uscite ............. ₤ 359,6

Saldo attivo ................ ₤   20,9

Questo Bilancio della Repubbli-ca Sociale Italiana è allegato,completo di relativa documenta-zione, alla Sentenza della Cortedi Cassazione n° 9.035 del 21ottobre 1946.

Pellegrini Giampietro fu ungrande Ministro delle Finanze,che seppe difendere il valoredella Lira in circostanze moltodifficili. Quando cessarono le o-stilità e venne meno il dia-framma della Linea Gotica,che aveva mantenuto divisi gliItaliani, la capacità d'acquistodella Lira nella RSI si rivelòmolto superiore rispetto a quellanel sud.

Marcello Soleri, Ministro delTesoro nel Governo Bonomi, inun'intervista pubblicata sul"Globo" del 6 giugno 1945 di-chiarò: «La situazione economi-ca e finanziaria del Nord, mal-grado il protrarsi dell'occupa- zione tedesca, sono state riscon-trate molto meno disastrose diquanto si temeva. Le attrezza-ture industriali e produttive del

  Nord hanno subito scarsi dannie consentiranno, se non man-chino il carbone e le materie  prime, una rapida ripresa.Quanto poi ai prezzi, la situa-  zione di essi, che al momentodella liberazione hanno regi-strato notevolissimi divari inmeno in confronto al Sud, spe-cialmente nei manufatti, ha datoun'altra conferma alle constata- zioni già fatte nel Sud dell'Italia,e poi in altri Paesi, come in Bel-gio, nel senso che il livello dei

  prezzi non è tanto in funzionedella maggiore o minore abbon-danza di mezzi di pagamento -che al Nord era cospicua -quanto dalla quantità delle mer-ci sul mercato, ben più notevoleal Nord, per la continuità della  produzione e per le notevoliscorte. L'importo della circola- zione è aumentato in una misuranotevolmente inferiore in quan-to la Repubblica Sociale ha po-tuto, con i suoi mezzi coercitivi,  fare più largo ricorso al debito  fluttuante, imponendo all'Istitu-

to d'emissione ed a quelli delcredito anticipazioni, sottoscri-  zioni di Buoni Ordinari del Te-soro, versamenti nel conto cor-rente del Tesoro. La RepubblicaSociale ha stampato in compen-

so al Nord d'Italia 110 miliardie 881 milioni sui 137, 840 da es-sa autorizzati. Io ho voluto chegli Italiani e gli stranieri cono-scessero queste cifre non solo per troncare le voci di una real-tà più grave, ma soprattutto per-ché effettivamente l'entità loronon è tale da far disperare del-le possibilità di un risanamento

della situazione finanziaria emonetaria italiana, da affron-tarsi con misure adeguate, incorso di preparazione»

Le valutazioni di Soleri furo-no confermate un paio di mesidopo dal senatore nord-ame-ricano Victor Wickersham,membro di una commissionegovernativa incaricata di valuta-re le condizioni delle nazionieuropee. «La situazione econo-mica dell'Italia Settentrionale»dichiarò in una conferenzastampa pubblicata sul quoti-diano democristiano ‘Il Popo-lo’, è molto migliore non solorispetto alle altre regioni dell'I-talia centrale e meridionale, maanche in confronto di altri pa-esi europei, visitati in prece-denza dalla commissione e, inparticolare, di Norvegia, Olan-

Una banconota di occupazione (AM lire), dichiarata fuori corso il 30 giugno 1950.

da, Belgio e di certe zone della

Francia."Nonostante i riconoscimentiinequivocabili di siffatti perso-naggi, Domenico Pellegrini-Giampietro venne incarcerato eprocessato. Nel 1949 la Su-prema Corte di Cassazione rico-nobbe che "fu protagonista del-la difesa del tesoro nazionale e

 si adoperò con tutte le sue for- ze affinchè il territorio dell'Ita-lia Settentrionale (la R.S.I.) non diventasse completa preda

  dei tedeschi. La sua opera fuispirata ad amor patrio, non  già ad asservimento al nemico,  tanto più meritevole in quanto svolta fra pericoli d'ogni gene-

 re." Assolto, emigrò in Brasi-le, in Argentina e in Uruguay,dove insegnò, diresse grandi i-

stituti di credito e scrisse.Morì il 18 giugno 1979.

Storia, verità, bugie e silenzioUna delle definizioni che i

vocabolarî danno della storia è,all' incirca, "sistematica narra-zione dei fatti dell'umanità, e-sposti secondo un metodo d'in-dagine critica."

Gli uomini, si sa, sono un po'furfanti, e, quanto ai metodi diindagine critica, non vanno mol-to per il sottile. In generale, sipuò dire che, per passione pro-pria o per compiacere il princi-pe, quando non ne siano al sol-

do, scrivono un sacco di balle.

Succede dai tempi di Erodoto.Honoré de Balzac scrisse del-l'esistenza di due storie: la storiaufficiale, menzognera, che si in-segna "ad usum Delphini", e lastoria segreta, in cui si rinvengo-no le vere cause degli avveni-menti: una storia vergognosa.Quasi duecento anni dopo, noipossiamo completare l' espres-sione del buon Honoré, affer-mando che vi è una terza sto-ria: la "damnatio memoriae", lanon storia, la condanna al silen-zio. Il silenzio, quando le parolepossano risultare equivoche oapologetiche del principio delmale, (il nemico sconfitto) oquantomeno imbarazzanti per isostenitori del principio del be-ne, (i vincitori). Si pensi all'as-

sordante silenzio calato sullebritanniche Guerre dell'Oppio esui coinvolgimenti della CasaReale di Windsor nei loschi af-fari della Famiglia Sassoon edella Compagnia londinese delleIndie Orientali.

Renzo De Felice, lo storicoche più di ogni altro ha contri-buito a sfasciare la vulgata ciel-

lennista sulla Resistenza, nell' ul-timo volume della sua biografiadi Mussolini (Mussolini. L'Allea-to - La guerra civile) scrive:"Sull'evoluzione nel 1943-1945

  della situazione economica nei  territori controllati dalla RSI ed in particolare nelle regioni settentrionali, sulle quali più a

lungo e più in profondità essaesercitò il suo potere, manca a tutt'oggi (1995, n.d.r.) uno stu-  dio organico che ne approfon-

 disca i tempi e i caratteri prin- cipali e l'incidenza che su di es-  sa ebbero le vicende militari ela politica di occupazione tede- sca".

Studiare dell'Economia e dellaFinanza nella RSI significa por-tare alla luce il miracolo che fureso possibile dalla passione edall' intelligenza di tre perso-

naggi: Benito Mussolini, Dome-

nico Pellegrini Giampietro e An-gelo Tarchi. Ma significa anchecompromettere l'equilibrio delcastello di bugie e mezze veritàcostruito attorno al "miracolo e-conomico italiano" del decennio1950-1960. Significa dare unadimensione nuova a maghi dellapolitica e della finanza comeLuigi Einaudi, collaboratore deiRothschild di Londra, socio del-la Econometric Society di Chi-cago e anomalo governatore del-la Banca Centrale dal gennaio1945 fino all'11 maggio 1948,quando fu eletto alla Presidenzadella Repubblica.Condensato a”Economia e fi-

  nanza nella Rsi 1943-1945” di  Riccardo Lazzari - Ed. Terzia- ria. A cura di Toni Liazza

L’ostinata difesa del valore della Lira attuata da Pellegrini Giampietro durante 

tutta la Rsi,viene in seguito 

riconosciuta 

dallo stesso Governo del Sud e dagli Americani 

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N  NN  N  elle più diverse sedi e circostanze (ancora recentemente nel corso di un paludato

‘dibattito’ a senso unico) il primo discorso pronunciato in Parlamento il 16 novem- bre 1922 da Benito Mussolini nella veste di Presidente del Consiglio, viene esclusivamente

 ricordato per una frase che recita testualmente: «Potevo fare di questa Aula sorda e grigia

un bivacco di manipoli; potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusiva-

 mente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto». Di tutto il re-

 sto del lungo e articolato intervento che tracciava le linee essenziali di intervento del nuovo

Governo in politica estera, interna ed economica, non se ne fa mai menzione. Nel tentativo,

 fin troppo scoperto, di circoscrivere il pensiero mussoliniano al solo cenno di risposta pole-

 mica alle molteplici provocazioni di parte antifascista. Il discorso di Mussolini -da qualsiasi

 parte lo si consideri- andava ben oltre. Ne riportiamo alcune parti -le più interessanti sotto

il profilo di Mussolini statista- riguardanti la politica estera. Quella politica estera che il 

Capo del Fascismo affronta a 360 gradi chiarendo finalmente la posizione dell’Italia -dopo

 tante fumisterie governative e parlamentari- nel difficile e complesso contesto delle relazio-

 ni internazionali.

Benito Mussolini,con decreto di Vittorio Emanuele III del 31ottobre 1922, viene chiamato ad assumere l’incarico di comporre il nuovo Ministero in sostituzione del dimissionario 

onorevole Luigi Facta.

«L’ITALIA DI OGGI CONTA E DEVE ADEGUATAMENTE CONTARE. LA MIA

FORMULA È SEMPLICE: NIENTE PER NIENTE.CHI VUOLE AVERE DA NOI PROVE 

CONCRETE DI AMICIZIA, TALI PROVE DI CONCRETA AMICIZIA CI DIA.

L’ITALIA DEVE IMPORSI E DEVE PORRE AGLI ALLEATI 

QUEL CORAGGIOSO E SEVERO ESAME DI COSCIENZA CHE ESSI NON HANNO AFFRONTATO DALL’ARMISTIZIO A OGGI»

IL BATTESIMO DI MUSSOLINI, PRIMO MINISTRO, IN PARLAMENTO 

UNA LINEA IN POLITICA ESTERAALL’INSEGNA DEL RINNOVAMENTO

«Gli orientamenti fondamen-tali della nostra politica esterasono i seguenti: i Trattati di pa-ce, buoni o cattivi che siano, unavolta che siano stati firmati e ra-tificati, vanno eseguiti. Uno Sta-to che si rispetti non può averealtra dottrina. I Trattati non sonoeterni, non sono irreparabili: so-no capitoli della storia, non epi-logo della storia. Eseguirli signi-fica provarli. Se attraverso la e-

secuzione si appalesa il loro as-surdo, ciò può costituire il fattonuovo che apre la possibilità diun ulteriore esame delle rispetti-ve posizioni. Come il Trattato diRapallo, così gli accordi di San-ta Margherita, che da quello de-rivano, vengono da me portatidinanzi al Parlamento. (...)

Noi ammettiamo che ci sia u-na specie di unità, o meglio, diinterdipendenza della vita eco-nomica europea. Ammettiamoche si debba riedificare questaeconomia, ma escludiamo che imetodi fin qui adottati giovinoallo scopo. Valgono più, ai finidella ricostruzione economicaeuropea, i Trattati di commercioa due, base delle più vaste rela-zioni economiche fra i popoli,

che le macchinose e confuseconferenze plenarie, la cui lacri-mevole istoria ognuno conosce.Per ciò che riguarda l’Italia, noiintendiamo seguire una politicadi dignità e di utilità nazionale.Non possiamo permetterci il lus-so di una politica di altruismoinsensato o di dedizione com-pleta ai disegni altrui. Do ut des.

L’Italia di oggi conta, e deveadeguatamente contare. Lo si in-

comincia a riconoscere ancheoltre i confini. (...) La mia for-mula è semplice: niente perniente. Chi vuole avere da noiprove concrete di amicizia, taliprove di concreta amicizia cidia. L’Italia fascista, come nonintende stracciare i Trattati, così,per molte ragioni di ordine poli-tico, economico e morale, nonintende abbandonare gli alleatidi guerra. Roma sta in linea conParigi e con Londra, ma l’Italiadeve imporsi e deve porre aglialleati quel coraggioso e severoesame di coscienza, che essi nonhanno affrontato dall’armistizioad oggi.

Esiste ancora una Intesa nelsenso sostanziale della parola?Quale è la posizione di questa

Intesa di fronte alla Germania,di fronte alla Russia, di frontead una alleanza russo-tedesca?Quale è la posizione dell’Italianell’Intesa, dell’Italia che nonsoltanto per debolezza dei suoiGoverni ha perduto forti posi-zioni nell’Adriatico e nel Medi-terraneo, mentre si ripongono indiscussione taluni dei suoi dirittifondamentali; dell’Italia che nonha avuto colonie, né materie pri-

me ed è schiacciata, letteralmen-te, dai debiti fatti per raggiunge-re la vittoria comune?

Mi propongo, nei colloqui cheavrò coi Primi ministri di Fran-cia e Inghilterra, di affrontarecon tutta chiarezza, nella suacomplessità, il problema dell’In-tesa e il problema conseguentedella posizione dell’Italia in se-no all’Intesa. Da questo esamedue ipotesi scaturiranno: ol’Intesa, sanando le sue angustieinterne, le sue contraddizioni,diventerà veramente un bloccoomogeneo, equilibrato, egualita-rio di forze -con eguali diritti edeguali doveri- oppure sarà suo-nata la sua ora e l’Italia, ripren-dendo la sua libertà di azione,provvederà lealmente con altra

politica alla tutela dei suoi inte-ressi (...).

La situazione che si è determi-nata nei Balcani e nell’Islam vaattentamente vigilata. Quando laTurchia abbia avuto quel che lespetta, non deve pretendere al-tro. (...) Solo con un fermo lin-

guaggio, tanto più fermo quantopiù leale sarà la condotta deglialleati, si può evitare il pericolodi complicazioni balcaniche equindi, necessariamente, euro-pee. (...) Per quanto riguarda laRussia, l’Italia ritiene che siagiunta ormai l’ora di considerarenella loro attuale realtà i nostrirapporti con quello Stato, pre-scindendo dalle sue condizioniinterne, nelle quali, come Go-verno, non vogliamo entrare, co-me non ammettiamo interventiestranei nelle cose nostre, e sia-

mo quindi disposti a esaminarela possibilità di una soluzionedefinitiva. (...)

Quanto al problema economi-co-finanziario, l’Italia sosterrànel prossimo convegno di Bru-xelles che debiti e riparazioniformano un binomio inscindibi-le. Per questa politica di dignitàe di unità nazionale occorronoalla Consulta organi centrali eperiferici adeguati alle nuovenecessità della coscienza nazio-nale e all’accresciuto prestigio

dell’Italia nel mondo».Nota – Intesa: Alleanza tra Inghilter-ra, Francia e Russia realizzata nel1907 in contrapposizione alle poten-ze della Triplice Alleanza formatada Austria, Germania e Italia in se-guito al trattato di Vienna del 1882,rinnovato nel 1912. L’Italia si stac-cò ufficialmente dalla Triplice il 3maggio 1915, passando nel campodell’Intesa con la quale partecipò al-la Grande Guerra 1915/1918.

A PAGINA 14

L’UCCISIONEDEL PRESIDENTEJOHN KENNEDY:SULLE TRACCE

DEGLI ASSASSINI

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rono al Collegio Brandolin eprelevarono 12 detenuti fascistidel paese di Mussolini, Predap-pio, ed altri viciniori. (...) Il sot-toscritto, partito da Oderzo inbicicletta, andò in cerca di noti-zie sull’avvenuto. Arrivato sulluogo dove erano stati uccisi i99 del 30 aprile, seppe dallagente del luogo che dalle ore 2alle ore 3 del 16 maggio eranostati portati ivi e uccisi a colpi dimitra altri dodici fascisti».

  Il processo contro i responsa-

bili del massacro di Oderzo sisvolse presso la Corte di Assisedi Velletri e si concluse il 16 maggio del 1953 con la condan-na dei diversi imputati a 30, 28, 24,22, 20 anni di reclusione. Per tutti vennero escluse le aggra-vanti “delle sevizie e crudeltà”insieme alle attenuanti di “aver agito per motivi di particolarevalore sociale”. Una ‘strana’sentenza se si considera che“sevizie e crudeltà” vengonochiaramente indicate nel corpodella stessa sentenza quando siafferma che «i cadaveri ripesca-ti (uccisi sull’argine sinistro del Monticano - ndr) in giorni diver-si presentavano segni di gravis-sime sevizie: lividi sulla schie-na, un anulare tagliato, un orec-chio sbrindellato, una parte delviso schiacciata per un colpo dicalcio del mitra: e così via...».

In quanto ai “motivi di particolare valore sociale” tuttorientra nella logica processualedi quei tempi, nel clima ‘resi-stenziale’ imperante nelle aule

giudiziarie, e che in molte sen-tenze rappresentò la formulastandard per non applicare ilmassimo della pena: l’ergasto-lo. Con le conseguenze liberato-rie del caso.

IL MASSACRO DI ODERZO

“ UN OMICIDIO CONTINUATO DI 122 VITTIME,CONSUMATO CON INAUDITA BARBARIE” 

L LL L  a mattina del 1 maggio, la notte del 10 e del 15 maggio

1945 nelle località di Oderzo e Susegana (Treviso)

vengono massacrati dai partigiani 122 militari appartenenti

 a formazioni della Repubblica Sociale Italiana dopo la loro resa al locale CLN e dopo la firma di un documento che ga-

 rantiva un lasciapassare a tutti i militari per raggiungere le

località di rispettiva residenza. I militari trucidati appartene-

vano ai Battaglioni ‘Bologna’ e ‘Romagna’ e alla Scuola al-

lievi ufficiali della GNR e alla Brigata Nera. Pubblichiamo

 alcuni passi contenuti nel rinvio a giudizio dei responsabili

 dell’eccidio da parte della Corte d’Appello di Venezia.

A fianco, la riproduzione di una parte del documento ori-ginale di resa sottoscritto il 27 aprile e che doveva garan-tire l’incolumità per i soldati della Repubblica Sociale.

RICORDANDO LE STRAGI DEL 1945

«Rimane il fatto storicamenteaccertato, dell’omicidio conti-nuato di 122 vittime, consumatocon inaudita barbarie, certamen-te premeditato, come risulta evi-dente dalle sue modalità (...) Te-nuti presenti tali concetti e con-siderando che la data della resadelle truppe della RSI, quasicoincidente con l’occupazionedegli Alleati, pone fine alla lottaantifascista, se ne deduce che in

linea di massima, dopo similiavvenimenti, è antigiuridico lot-tare contro residui fascisti conmezzi illeciti e normalmente de-littuosi. Posti questi chiari con-cetti, è evidente che gli omicidiper cui è processo, non furonocommessi in lotta contro il fa-scismo. La lotta presuppone lapresenza attiva e operante di al-meno due avversari. Quando nemanca uno, l’altro o lotta controle ombre o abbatte chi non è piùin efficienza per combattere,

compiendo un atto di viltà nonnecessario per il fine che si pro-pone. Nella specie, trattandosi dibelligeranti, per meglio precisa-re la posizione giuridica degliimputati, devesi osservare cheera intervenuto, fra le legittimeautorità del tempo (CLN ed ilcomando delle truppe della RSI)un regolare patto di resa, che letruppe avevano consegnato learmi e si trovavano quindi nellostato giuridico di prigionieri diguerra.

«L’omicidio di essi, assicuratialla giustizia per eventuali ac-certamenti sulla loro condottadurante la guerra, e non più ingrado di offendere costituisceuna patente violazione del dirit-to delle genti, oltre che un atto

ziati. Ecco la storia degli avve-nimenti dopo gli accertamentifatti di persona e i resoconti dipersone vicine al luogodell’ecatombe.

«Alle ore 21 circa del 30 apri-le 1945 i camion contenenti i di-sgraziati giungevano presso lacasa posta in strada della Colon-na (...) I fascisti legate le bracciadietro la schiena venivano porta-ti a due a due sull’orlo del cam-

minamento; uccisi con mitra egettati nel camminamento stes-so. Così, a quanto mi è stato det-to dalla gente del luogo, si feceper circa cinquanta persone. Glialtri cinquantaquattro furono uc-cisi nel campo sul fianco sini-stro della Brentella e lasciati iviinsepolti sul terreno sino allamattina successiva. (...). I parti-giani, a testimonianza della gen-te presente, toglievano agli ucci-si tutti gli oggetti di valore: scar-pe, vestiti, catenelle, portafogli,

carte di identità cartoline, ognisegno di riconoscimento. Tral’altro mi dissero che tagliaronopersino un dito a un fascista pertogliergli l’anello d’oro.

«Altro fatto importante e tri-ste: il giorno 16 maggio 1945doveva sposarsi il capo partigia-no ‘Biondo’. La sera prima dellenozze, così si dice comunemen-te, si tenne un banchetto e sibrindò ripetutamente allo sposonovello. Tra gli altri auguri unodisse: «Ti auguriamo che tu ab-bia ad avere 12 figli e perchéquesto nostro augurio abbia adessere consacrato domandiamoche siano uccisi, vittime di pro-piziazione, dodici fascisti». Di-fatti, nella notte tra il 15 e il 16maggio, alcuni partigiani anda-

I corpi vennero depredati di scarpe e vestiti e di ogni oggetto di valore 

tenuti delle carceri mandamen-tali poste in piazza e similmentesu altri due camion, militari edufficiali del battaglione ‘Bolo-gna’ che si trovavano nel Colle-gio Brandolin. (...). La mattinadel 1° Maggio si sparse la vocein Oderzo che durante la notteerano stati uccisi tutti i militarifascisti portati via la sera prima.Erano stati veramente portati interreno di Ponte della Priula, co-mune di Susegana, ed ivi giusti-

di barbarie, che nessun decretodi amnistia può perdonare o farobliare».Le testimonianze  Come si svolsero gli avveni-menti è reso ancor più evidentedal contenuto del ‘Diario’ tenutoda don Giacobbe Nespolo, basa-to sulle deposizioni di padrePompeo Lugari, don GirolamoVillanova, don Romualdo Bal-dissera, monsignor Domenico

Mendes Migotto, Sergio Martindel CLN di Oderzo e del sinda-co ing. Fabrizio. Ecco alcunibrani.

«La sera del giorno 30, ‘Ti-gre’, ‘Gim’, ‘Biondo’. ‘Bozam-bo’ e altri (appartenenti al Grup-po volontari della libertà BrigataCacciatori delle Alpi di Pianu-ra - ndr) - alle ore 7 caricavanosu di un camion chiuso, basto-nandoli, come bestie, tutti i de-

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Nella foto: Neville Chamberlain,

Primo ministro britannico.Ispiratore della politica 

oltranzista polacca, fu il principale artefice dello 

scontro tra Germania e Polonia.

LE ORIGINI DEL CONFLITTOTRA TERZO REICH E POLONIA

Senza l’intervento della Gran Bretagna, tra Germania e Polonia si sarebbe certamente trovata una soluzione ragionevole per Dan- zica e il Corridoio. Hitler chiedeva soltanto 

la revisione del Trattato di pace di Versail- les attraverso un libero plebiscito control- lato da Italia, Urss, Francia e Inghilterra.

LE RESPONSABILITÀ BRITANNICHENELLO SCOPPIO DELLA II GUERRA MONDIALERESPINTE TUTTE LE PROPOSTE DI PACE AVANZATE DALLA GERMANIA

Sono stati versati fiumi di in-chiostro per addebitare alla

sola Germania -con l’invasionedella Polonia- la responsabilitàdello scoppio della SecondaGuerra mondiale. La storiogra-fia ufficiale delle Potenze uscitevincitrici dal conflitto (quellache è stata poi adottata acritica-mente anche in Italia) sorvolacon estrema noncuranza e colpe-vole leggerezza su diversi e con-creti elementi che hanno porta-to, prima, alla crisi tedesco-

Il Maresciallo Smigly-Ridz comandante supremo delle Forze armate polacche.

In stretta collaborazione con gli anglo-francesi boicottò sistematicamente ogni tentativo di compromesso per Danzica e il Corridoio.

polacca e successivamenteall’inizio delle ostilità tra i duePaesi. Nel dimenticatoio vengo-no posti tutti i numerosi sforzidiplomatici (la cui documenta-zione è incontestabile) compiutidalla Germania per giungere aun accomodamento pacifico del-la crisi che investiva la Città Li-bera di Danzica e il Corridoio,figli spuri della pace di Versail-les, rivendicati dal Terzo Reichnel legittimo tentativo di ricosti-tuire la propria identità geopoli-

tica in Europa.«La Città di Danzica -scrive

Spampanato nel suo “Contro-memoriale”- dal 1919 era nomi-nalmente Città Libera. In realtàla controllava la Polonia. ADanzica i polacchi rappresenta-vano contro i tedeschi l’uno percento, e nel centro urbano ilquattro per cento sulla popola-zione. Per arrivare a Danzica laPolonia aveva ottenuto alla Con-ferenza della pace un corridoioattraverso la Prussia orientale.

Praticamente il territorio tedescoveniva tagliato in due, a oriente,dall’interno fino al Baltico doveDanzica si affaccia. Il corridoio‘polacco’ era di 1.966 chilome-tri quadrati, e per crearlo 412.000tedeschi erano stati strappati allaloro nazione. Insomma per an-dare dalla Germania alla Prussiaorientale i cittadini tedeschi do-vevano esibire un passaporto aipolacchi».

Sono ampiamente certificate -ancora prima di giungere alla‘tregua’ di Monaco operata daMussolini- le manifestazioni an-titedesche in Polonia e l’atteg-giamento bellicoso degli am-bienti militari, accettati passiva-mente dal Governo polacco. U-na situazione a dir poco provo-

catoria che permane anche dopoMonaco, con la diplomazia po-lacca impegnata in un balletto dipretestuosi rinvii e di arzigogolidialettici nel tentativo, fin trop-po scoperto, di rendere sterile latrattativa in corso con la Germa-nia.

Ma la vera ispiratrice della po-litica polacca è la Gran Bretagnache si sta preparando allo scon-tro spingendo la Polonia su po-sizioni sempre più oltranziste,culminate con un patto tra i due

Paesi di ‘difesa comune’, a cuisi aggiunge la Francia. Mentrein Polonia, sotto lo sguardo be-nevolo del Governo e una con-comitante violenta campagna distampa, si verificano feroci po-grom contro le minoranze tede-sche.

Sono del 25 agosto le ultimeproposte germaniche per giun-gere a un compromesso che

Cimitero di Bromberg. Cittadini della minoranza tedesca uccisi durante un pogrom polacco.

LE PROVOCAZIONI DI VARSAVIA

vengono sottoposte al Governopolacco e all’ambasciatore in-glese a Berlino. Un documentochiaramente improntato a sanorealismo e ragionevolezza, alquale Inghilterra e Polonia con-trappongono vaghe proposte diulteriori quanto misteriose trat-tative, mentre la Polonia ordinala mobilitazione generale el’Inghilterra procede spedita-mente sulla via della coscrizioneobbligatoria. Sono inequivoca-bili segnali di guerra che si col-

locano nella strategia anglo-francese di accerchiamento allaGermania.

Che le proposte tedesche po-tessero essere, almeno, materiadi trattativa, lo si evince chiara-mente dal contenuto delle stesseche riportiamo nei paragrafiprincipali.

2 – Il territorio del cosiddettoCorridoio che va dal Mar Balti-

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co fino alla linea Marienverder-Graudenz-Kullm-Bromberg(comprese) e alquanto più a o-vest verso Schonlanke decideràdella sua appartenenza alla Ger-mania o alla Polonia.

3 – A tale scopo detto territo-rio procederà a un plebiscito. A-vranno titolo di voto tutti i tede-schi residenti nel territorio stes-

so al 1 gennaio 1918, ovvero ivinati prima di quel giorno, comepure tutti i polacchi, zaschubi,ecc. abitanti il territorio fino aquel giorno ovvero nati in esso.I tedeschi espulsi da detto terri-torio vi torneranno per esercitareil loro diritto di voto. Per assicu-rare una votazione obbiettiva egarantire i preparativi a essa ne-cessari, il territorio -come fu fat-to nella Saar- sarà sottoposto auna costituenda commissioneinternazionale delle quattrograndi potenze: Italia, U.R.S.S.,Francia e Inghilterra. La com-missione eserciterà sul territoriotutti i diritti di sovranità. A talescopo dovrà essere sgomberatoda militari, polizia e autorità po-lacche.

4 – Da detto territorio resta ec-cettuato il porto polacco diGdynia, che è territorio di sovra-nità polacca in quanto territo-rialmente limitato a località po-lacca. Le frontiere della cittàportuale polacca dovrebbero es-sere stabilite d’accordo fra la

Germania e la Polonia, e in casodi bisogno tracciate da una com-missione arbitrale internaziona-le.

5 – Per assicurare il tempo ne-cessario agli ampi lavori neces-sari a un’equa votazione, questanon avrà luogo prima di dodicimesi.

6 – Per garantire durante que-sto tempo senza limitazioni allaGermania le sue comunicazionicon la Prussia orientale, e allaPolonia le sue comunicazioni

col mare, saranno stabilite stra-de e ferrovie che rendano possi-bile un libero traffico.

7 – Sull’appartenza del territo-rio decide la maggioranza sem-plice dei voti.

8 – Allo scopo di assicurare,dopo eseguita la votazione(indipendentemente dal suo esi-to) le libere comunicazioni dellaGermania con Danzica-Prussiaorientale e alla Polonia le suecomunicazioni col mare: a) qua-lora il territorio del plebiscitoandasse alla Polonia, sarà data

alla Germania una zona extra-territoriale di traffico, eventual-mente nella direzione Butow-Danzica, ovvero Dirschau, perimpiantarvi una autostrada e unalinea ferroviaria a quattro bina-

«IL GOVERNO BRITANNICO HA PERFINO RESPINTO LE PROPOSTE DI MUSSOLINI CHE POTEVANO ANCORA SALVARE LA PACE D’EUROPA, PER QUANTO IL GOVERNO TEDESCO SI FOSSE 

DICHIARATO DISPOSTO AD ACCETTARLE»

ri. . La costruzione della strada edella ferrovia sarà fatta in modoche le vie di comunicazione po-lacche non ne vangano toccate.

b) qualora la votazione riuscissefavorevole alla Germania. la Po-lonia riceverà per il libero e illi-mitato traffico verso il suo portodi Gdynia gli stessi diritti distrada e ferrovia extra-territoriali che competerebberoalla Germania.

9) Nel caso che il Corridoiotornasse al Reich germanico,questo si dichiara disposto a unoscambio di popolazione con laPolonia.

10 – I privilegi eventualmente

desiderati dalla Polonia nel por-to di Danzica verrebbero stabili-ti alla stessa stregua dei diritti

accordati alla Germania nel por-to di Gdynia.11 – Per eliminare nel detto

territorio ogni impressione diminaccia alle due parti, Danzicae Gdynia assumerebbero carat-tere di pure città commerciali,ossia senza impianti militari esenza fortificazioni.

12 – La penisola di Hela, chein conseguenza del plebiscitoapparterrebbe alla Polonia o allaGermania, dovrebbe ugualmenteessere in ogni caso smilitarizza-ta.

13 – Siccome il governo delReich intende presentare le piùenergiche proteste contro il trat-tamento polacco delle minoran-ze e il governo polacco dal can-to suo crede anche di dover pre-

sentare reclami contro la Ger-mania, le due parti si dichiaranod’accordo per sottoporre i recla-mi a una commissione d’in-

chiesta costituita da elementi in-ternazionali e che avrà il compi-to di esaminare tutti i reclamicirca i danni economici e fisici ogli atti di terrorismo. La Germa-nia e la Polonia si impegnano ariparare tutti i danni economicio di altro genere arrecati alle ri-spettive minoranze dal 1918 inpoi; inoltre a revocare tutte le e-spropriazioni o ad accordareper esse e per gli altri danni allavita economica una completa in-dennità ai colpiti.

14 – Per togliere ai polacchirimasti in Germania e ai tede-schi rimasti in Polonia il senti-

mento d’una privazione dei di-ritti internazionali e per dare lo-ro prima di tutto la sicurezza dinon poter essere adibiti ad azio-ni ovvero a servizi inconciliabilicon il loro sentimento nazionale,la Germania e la Polonia si ac-cordano per assicurare i dirittialla rispettiva minoranza conpatti molto ampli e impegnativi

onde garantire a delle minoranzeil mantenimento e il libero svi-luppo del loro carattere naziona-le e a permettere particolarmen-

te la organizzazione che essi ri-tengano opportuna a tale scopo.Entrambe le parti si impegnanoa non imporre il servizio milita-re agli appartenenti alla mino-ranza.

15 – Nel caso di un accordosulla base di queste proposte, laGermania e la Polonia si dichia-rano disposte a ordinare e a ese-guire immediatamente la smobi-litazione delle rispettive forzearmate».

Crediamo sia superfluo sotto-

lineare ancora l’equilibrio e laragionevolezza contenuti nelle  proposte tedesche, è sufficiente

una rapida lettura, anche super-  ficiale, per rendersene conto.  Risulta pertanto incomprensibi-le, sotto il profilo di una autenti-ca ricerca della pace, il lorovirtuale rigetto da parte deglianglo-polacchi, contrassegnatoda chiari squilli di guerra e ilconcomitante inasprirsi della persecuzione contro le minoran-  ze tedesche. In tale situazione,esaurito ogni ulteriore ricorsoalla diplomazia, il 19 settembre1939 le truppe del Reich inva-dono la Polonia.

    Non un solo soldato inglese,malgrado il patto di ‘difesa co-mune’, verrà inviato in aiutodella Nazione polacca.

(A cura di Gianni Rebaudengo)

19 Settembre 1939: esaurita ogni possibilità di soluzione diplomatica,Hitler annuncia al Reichstag l’invasione della Polonia.Anche le ultime proposte tedesche sono state respinte dai governi inglese e polacco.

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Fin dalla caduta di Roma, inprevisione del futuro ab-

bandono di Firenze, Pavolini,oltre alla struttura fascista clan-destina vera e propria, decise dilasciare piccoli nuclei di franchitiratori fascisti a Firenze perchéopponessero l’ultima resistenzain città contro le avanguardiedegli eserciti di occupazione: un

ruolo tattico per dare il tempoalle truppe fasciste e tedeschedi ripiegare ed attestarsi sullanuova linea di resistenza, ma sa-rebbe stata anche e soprattutto“una battaglia per l’onore”: fa-scisti toscani difenderanno Fi-renze votati praticamente allamorte: «.... una lotta disperata per lasciare, nella stessa Tosca-na, testimonianza del proprioessere italiani e fascisti».1

La preparazione, per quantopossibile segreta, fu curata per-sonalmente da Pavolini, coadiu-vato dal capo della provincia

IN TRECENTO TRA UOMINI E DONNE CONTRO GLI INVASORI 

FRANCHI TIRATORI FASCISTI A FIRENZE28 GIORNI DI LOTTA DISPERATA CONTRO PARTIGIANI E REPARTI ALLEATI

Manganiello. I franchi tiratori,ovviamente tutti volontari, sceltinell’atmosfera incandescente deiGruppi Rionali Fascisti di Firen-ze, appartenevano a tutte le cate-gorie sociali: studenti, operai,

molti giovanissimi, ma anchenobili e borghesi benestanti. A-derirono in quattrocento, tra cuiottanta donne, anche giovani,ma poi a combattere si ridusse-ro a trecento tra uomini e donne;suddivisi in nuclei di due o trepersone. Furono preparati e ad-destrati al tiro con armi leggerepresso le cave di Maiano (lestesse cave dove gli ‘Alleati’, inseguito, fucileranno molti A-genti Speciali) ma anche in altriposti2 poco frequentati.

Era previsto che una parte diloro diffondessero durante icombattimenti «un foglio clan-destino, secondo la concezionetipicamente pavoliniana di sin-tesi tra pensiero ed azione, pe-raltro già sperimentata in Um-bria»3. Il giornale era l’organodella Federazione fascista re-pubblicana di Firenze,  Repub-blica, che invitava i fiorentini anon cedere alle lusinghedell’invasore e a dimostrare lapropria intransigenza moraleraccogliendosi intorno a ungruppo di fascisti che continue-ranno ad operare in Firenze an-che dopo l’occupazione.

Il comando dei franchi tiratorifiorentini fu affidato a due uffi-ciali particolarmente capaci, i

cui nomi sono rimasti segreti.Uno di essi viveva ancora a Fi-renze nel 1981,4 quando Pisanòlo intervistò. Tuttavia, sappiamoalmeno che i franchi tiratori diOltrarno furono comandati dal

ten. Argante Becocci, uno deifondatori del MGIR (Movi-mento Giovani Italiani Repub-blicani), i cui aderenti furonolargamente coinvolti.

Venne particolarmente curatal’organizzazione; la città fu divi-sa in quattro zone, a loro voltasuddivise in linee, per consenti-re ai franchi tiratori di ripiegareordinatamente e riprendere lalotta da nuove posizioni. Questivolontari furono addestrati amuoversi sui tetti, ma anche a

strisciare nelle fogne per poterpenetrare nelle zone già occupa-te dal nemico. Erano armati di

fucili tedeschi e italiani, spessoa cannocchiale, capaci di tirolungo e preciso per poter tenerein scacco nemici armati di mi-tra - armi meno precise e a tiropiù corto. Ma il loro armamento

consisteva anche in mitra Beret-ta e bombe a mano per l’attaccoravvicinato ed erano collegati,con radio ricetrasmittenti, sia tradi loro, sia con le truppe in ri-piegamento. I rifornimenti di vi-veri e munizioni erano affidatiad una speciale organizzazionedenominata ‘donne in pantalo-ni’, nome in codice ‘Gero 103’.

Il 3 agosto i tedeschi fecerosaltare i ponti – restò intatto solo

Ponte Vecchio,il solo che non venne 

fatto saltare.

il Ponte Vecchio, quasi certa-mente anche per il tempestivointervento di Pavolini –5 e si tra-sferirono sulla riva destra, la-sciando isolati in Oltrarno ifranchi tiratori ivi stanziati. Il 4

arrivarono le avanguardie‘alleate’, che però, appena sag-giata la reazione fascista, si riti-rarono. Il comando ‘alleato’ in-caricò allora il CLN del “lavorosporco”; ci furono scontri fratri-cidi con diverse esecuzioni som-marie. Dalle montagne eranoconfluite le Brigate partigianecomuniste ‘Lanciotto’, ‘Siniga-glia’, ‘Caiani’ e ‘Fanciullacci’,che formavano la Divisione‘Arno’ (poi cambiò nome: Divi-sione ‘Potente’); erano discese

anche le tre Brigate ‘Rosselli’del Partito d’Azione, poco più dimille uomini in tutto; a cui siaggiunsero i partigiani dei Gap edelle Sap; ed in seguito, quandola lotta si trasferì nei rioni delcentro, pure squadre di Canade-si e purtroppo anche qualche nu-cleo di paracadutisti della Divi-sione Folgore del Sud; ma ifranchi tiratori avevano il van-taggio della sorpresa, della tatti-ca mordi e fuggi, della fortissi-ma determinazione, della deci-sione disperata di vendere carala pelle. Oltre tutto i volontaridell’Oltrarno alla fine non pote-vano ripiegare oltre la rivadell’Arno, se non a nuoto.

I tedeschi avevano lasciato ap-pena una sottile linea difensiva

Un gruppo di partigiani della Brigata comunista ‘Sinigaglia’.

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di 200 uomini sui Lungarni. Poisi ritirarono in periferia. Mitra-gliatrici piazzate lungo il Mu-gnone e la scarpata della ferro-via prendevano d’infilata le viead esso perpendicolari, tenendo-le sgombre il più possibile. I fa-scisti fiorentini dell’Oltrarno -che appartenevano al movimen-to toscano dei Giovani Italiani

Repubblicani, ma erano ancheiscritti al Pfr - bloccarono tuttifino all’11 agosto, ma già il 10la loro resistenza era ridotta alminimo. Non fu dato quartiere.Alcuni giovani non conosciutinel rione, che tentavano di giu-stificare la loro presenza sul po-sto con il desiderio di anticipareil passaggio del fronte, lasciaro-no in dubbio l’ufficio politicodella brigata ‘Sinigaglia’; ma,nel dubbio, con cinica logicabolscevica, furono passati u-gualmente per le armi. Succes-sivamente, per sfuggire a ogniresponsabilità per la ‘giustizia’sommaria, i verbali delle con-danne a morte vennero intestatia partigiani deceduti. Non venneaccertato e verbalizzato alcunnome degli assassinati. E tantifurono ‘giustiziati’ per stradasenza neppure essere interrogati.Quando vennero sepolti fu infosse comuni, assieme ai cada-veri di malcapitati vittime dirancori e vendette personali.

Il giorno 11 agosto 1944 “ Il

Corriere Alleato” scrisse:«Rastrellamento di fascisti ar-

mati a Firenze Il Quartiere Ge-nerale Alleato comunica: Nellaparte di Firenze a suddell’Arno, truppe canadesi aiu-tate da 250 partigiani, hanno ra-strellato la zona tra Via dei Ser-ragli e Via Romana, eliminandodei fascisti armati. 150 uomini edonne, trovati in possesso di ar-mi sono stati arrestati.6 

Fino a questo momento, salvol’appoggio dell’artiglieria tede-

sca dai colli a nord, sono questiitaliani, uomini e donne, gli uni-ci difensori di Firenze ad avercontrastato la conquista alleatadella città».

Alle ore 6,15 dell’11 agosto,attraverso i rintocchi a stormodella Martinella, il “ComandoMarte”, Comando Militare delCTLN (Comit. Toscano di Libe-raz. Naz.le) diramò l’ordine diinsurrezione in città. Ormai tuttii tedeschi si erano ritirati e uni-camente delle retroguardie sierano attestate alla periferia

nord. A Firenze restarono sol-tanto i franchi tiratori fascisti.Ma i partigiani scesi in stradafurono presi sotto il fuoco deivolontari fascisti dislocati nellealtre tre zone. Scontri e rastrella-

menti si susseguirono semprepiù rabbiosi.

I tedeschi avevano piazzato leloro mitragliatrici Spandau inperiferia e prendevano d’infilatamolti dei viali principali,7 men-tre i franchi tiratori si erano di-sposti in modo da sbarrare confuoco incrociato le vie parallele.Questi fascisti erano favoriti

dalla posizione strategica edall’ap-poggio delle Spandaudei paracadutisti tedeschi, inol-tre avevano una qualche possibi-lità di scampo in periferia, men-tre i franchi tiratori del centro,una volta individuati, potevanoessere più facilmente accerchiatie quindi non ebbero alcuna viadi salvezza.

Morte in camicia nera 

Gli scontri sempre più accani-ti, videro immolarsi giovani, an-

ziani, uomini e donne in un sus-seguirsi di epici duelli, di fuci-lazioni affrontate in camicia ne-ra, con estremo coraggio urlan-do la propria fede. Quelli cheriuscirono a sganciarsi in peri-feria, si ritirarono con le retro-guardie tedesche e, costituitisi

Sopra: Santa Maria Novella sul cui 

sagrato vennero fucilati dai 

partigiani della Divisione ‘Potente’ 

giovanissimi ragazzi in camicia nera (qualcuno in 

pantaloni corti).A fianco: partigiani 

in movimento in Piazza Beccaria.

in banda di ribelli, si distinseroancora in azioni di guerriglia aldi là delle linee; pochissimi altri,ma non sappiamo quanti, riusci-rono a filtrare tra le maglie deicontrolli . Tutti gli altri caddero.Una testimonianza di quanto ac-cadde la troviamo in Curzio Ma-laparte nella sua tragica cronaca,rimasta famosa, della fucilazio-ne di ragazzi fascisti sul sagratodi Santa Maria Novella.8

L’azione rallentatrice e di di-sturbo da parte dei franchi tira-tori continuò disperatamenteper giorni e giorni con scontriostinati, che si concludevanosempre più spesso con la morte.Accadde perfino che qualchefranco tiratore scendesse in stra-

da col bracciale del CTLN e, in-sinuatosi nella folla che avevainvaso strade ritenute ormai si-cure (via del Corso, via Cavour)improvvisamente, estratta unapistola, freddasse un partigiano,

dileguandosi, quando possibile,nella sopragiunta confusione. Ilsusseguirsi degli scontri, logora-va i nervi; si creò uno stato dipsicosi collettiva per cui avven-ne perfino che partigiani infero-citi sparassero contro altri parti-giani intenti a snidare un franco

tiratore. Nonostante le gravissi-me perdite subite, i fascisti con-tinuarono a tenere in scacco par-tigiani ed ‘Alleati’ fino al primosettembre, quando soltanto inpoche decine riuscirono a sgan-ciarsi, per continuare a combat-tere, come accennato, sotto lanuova veste di banda armata.Maancora una volta, quella sera,l’ultimo franco tiratore lanciòuna bomba a mano contro un ca-mion ‘alleato’.

Ha scritto Mussolini: «Alleventicinque donne fatte prigio-niere in Firenze durante i com-battimenti contro i franchi tira-tori fascisti, perfino la Reuter,che non pecca solitamente di ec-cessiva cavalleria, ha dovuto ri-

conoscere il coraggio strenuo.Esse si sono virilmente battute.E il loro gesto assumeun’importanza che va oltre ilsemplice lato militare e la resi-stenza armata in una città che

gli angloamericani credevanogià di avere nelle loro mani sen- za contrasti, per avere un signi-  ficato morale, per avere valoredi simbolo. Nelle franche tiratri-ci fiorentine è l’essenza più nuo-va della donna italiana, che sirivela donna semplice, modesta,

chiusa in apparenza nel brevecerchio della famiglia, […] diuna femminilità che mai da nes-suno venne messa in dubbio. Ep- pure nei momenti decisivi, quan-do sono in pericolo i valori su- premi in cui essa crede, la don-na italiana, […] questa donnasemplice sa sostituire gli uominie raggiunge il loro livello. Pensavirilmente e virilmente agisce.[…]. Erano le franche tiratricidi Firenze delle donne qualsiasi:non politicanti a tutti i costi, in-vasate dal furore di parte, né av-venturiere reclutate chissà dove,ma neppure esseri speciali, co-struiti di pasta diversa da quelladi altri esseri umani. Fanciulle esignore di ogni ceto sociale.

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[… ]15 agosto 1944».Vasco Pratolini, sulla rivista

“Il Politecnico”, sembra affer-mare che la resistenza dei fran-chi tiratori sia durata soltanto ot-to giorni, una ricostruzione tem-

porale del tutto arbitraria checomunque ci fornisce due nomidi fucilati e qualche dettaglio:9

sulla stessa pietra che ricorda ilrogo di Fra’ Savonarola, vienefucilato Pietro Chesi, trionfatorecon distacco di una Milano-Sanremo che fa testo negli anna-li del ciclismo italiano. Dietrol’abside di Santa Croce, dove ri-posano Machiavelli, Galileo,Foscolo, viene passato per le ar-mi Alfredo Magnoli, ‘challen-ger’ al campionato europeo deipesi gallo. I partigiani dissero:«Alfredino era una merda, ma èmorto bene!»

Furono ventotto giorni discontri disperati, che vennerochiamati “la battaglia di Firen- ze”. Tanti morirono in combatti-mento, altri furono presi ormaiesaurite le munizioni, fucilati esepolti in fosse comuni, senzanome. Tuttavia nell’ Albo Cadutie Dispersi della Repubblica So-ciale Italiana, a cura di ArturoConti (edito dalla Fondazioedella R.S.I. – Istituto Storico

Onlus), tra i 45.000 nomi di ca-duti compaiono alcuni franchitiratori sepolti nel Sacrario dellaRSI di Trespiano (FI). Questi inomi: Battistoni Bruno; Bene-detti Ermete, Benedetti Guido,Benedetti Portos, Benvenuti Gu-stavo; Berselli Marino; BittoGullino Elisa, Botter Giuseppe;Brusecchi Achille; Cagnara Pie-tro; Ceretani Bruno; Clechi An-gelo; Corsani Enzo; Crotti Giu-seppe; Davanzati Giorgio; Fos-sati Carlo; Ingartini Mario; Ka-

sten Margherita; Lepri Gino;Manoverdi Licia; Marzetto Ita-lo; Monzecchi Giovanni, assie-me al fratello Luigi di 17 anni;Mungai Vasco; Paolini Aldo;Paran Vincenzo; Raspi MagniMaria; Romanelli Bruno; Ru-scelli Achille; Sanitardi Ferruc-cio; Termini Vladimiro; TintoriStelio; Vitali Mario. In prece-denza, il 18 luglio 1944, eranocaduti in combattimento, colpitida cannonate tra Gambassi eVarna-Faggio (FI), FernandoRigotti e la moglie Olga, franchi

tiratori. Francesco Fatica

1 Luca Tadolini, I franchi tiratoridi Mussolini – La guerriglia urba-na contro gli invasori angloameri-

cani da Napoli a Torino, Ediz.all’insegna del Veltro, Par-ma,1998, p. 27.2 L. Tadolini, cit. p. 25, ( test.Stelvio Dal Piaz )3 M. Soldani , cit., p. 269.4 Giorgio Pisanò, Storia dellaguerra civile in Italia 1943-45,Centro Editoriale Nazionale, Ro-ma, 1981, Vol. II, p. 739.5 Pavolini, uomo di profonda in-tellettualità, che aveva attirato ne-gli anni l’attenzione della culturamondiale organizzando a Firenzemanifestazioni artistiche di altaqualità, non poteva non sentire ilbisogno di intervenire per blocca-re o almeno limitare il più possibi-le le distruzioni. Va ricordato ol-tretutto che proprio a Ponte Vec-chio aveva organizzato la mostradell’artigianato divenuta interna-

zionale. Comandante della piazzadi Firenze era il colonnello Fuchs,sincero amico dell’Italia, che giàaveva salvato dalla distruzione lacittà di Chieti (G. Pisanò, Storiad. guerra civile..., cit., p.731), Pa-volini, rivolgendosi a lui avrà cer-tamente trovato terreno facile. An-che perché, per ordine personaledi Hitler, Firenze non avrebbe do-vuto subire distruzione alcuna, magli “Alleati” non avevano mai ri-spettato, né a Chieti, né a Roma,lo status di “città aperta”. Pertantofu necessario distruggere i ponti

per impedire che gli anglo ameri-cani inseguissero da presso i tede-schi in ritirata. Massimiliano Sol-dani riferisce a p. 249, nota 106del suo L’ultimo poeta armato… ,cit.,« Non è da escludere che lostesso Pavolini abbia in qualchemodo contribuito alla decisione diHitler di evitare la distruzione diPonte Vecchio. Secondo Mia Pa-volini, (è il racconto riferitole daun amico di famiglia molto vicinoad Alessandro, cioè Pier FilippoGomez, detto Piffi) il padre si eraopposto con ogni mezzo al propo-sito di minare l’antica costruzione,simbolo di Firenze, sia nei mo-menti precedenti allo sfondamentodell’ultima linea di difesa tedescasull’Amiata, sia in quelli successi-vi che causarono il ripiegamentogermanico facendo personalmentelo scudo umano davanti al ponte.T. a A. di Mia Pavolini, Firenzemaggio 1996».6 Il Corriere Alleato, Edizionespeciale per Firenze, 11 agosto 1-944, riportato in L. Tadolini, Ifranchi tiratori... ,cit. p. 51.7 G. Pisanò, Storia della GuerraCivile…, cit., pp. 736-738.8 C. Malaparte, La pelle, A. Mon-dadori Editore, Milano, 1995, pp.291-3.9 Citato da Giano Accame, Ledonne Kamikaze del Duce, su “ilGiornale” del 15/01/99, p. 29.

FRANCHI TIRATORI A FIRENZE VENTOTTO GIORNI DI LOTTA DISPERATA

  Elenchi agghiaccianti quelli stilati in Piemonte dal 

“Servizio X” partigiano, con nome e cognome delle cosid-

 dette ‘spie fasciste’ – militari e civili – da eliminare diretta-

 mente o affidandole alla ‘giustizia’ delle diverse bande par-

 tigiane. Un tipo di attività – questo del “Servizo X”- inserito

 con estrema disinvoltura e efficienza nel quadro della pro-

  pria azione spionistica politico-militare. E che ricorda –

 sotto certi aspetti – quello ‘messo in onda’ da Radio Bari e

 Radio Londra che indicava ai partigiani gli elementi fasci- sti da sopprimere. Il tutto, ovviamente, in nome e per conto

 del ‘legale’ governo del Sud.

Poco conosciuta, sino ad og-gi, la storia del Servizio X,

organizzazione spionistica parti-giana ideata dall’avvocato cune-ese Giocondo Giacosa e dall’exsottotenente di fanteria AldoSacchetti, un romano rientratoin Italia dalla Francia dopo l’8Settembre al seguito della di-sciolta IV Armata del generaleVercellino. Un aspetto della Re-sistenza, questo del Servizio X(operativo nel sud del Piemonte

ed in Liguria), importante percomprendere come, al di là delledifferenze ideologiche che ispi-ravano le varie formazioni, sco-po comune a tutte fosse quellodi rimuovere ogni possibile in-ciampo al raggiungimento delpotere attraverso l’eliminazionefisica degli altri italiani. Infatti,da un opuscolo stampato

nell’immediato dopoguerra acura dell’Ufficio Storico delGruppo Divisioni ‘R’(1), cuidetto Servizio apparteneva, non-ché da un recente volumesull’argomento (“Guerra nel-l’ombra - Il Servizio X nella Re-sistenza”, di Aldo Sacchetti eSergio Costagli, Edizioni Pri-malpe, 2005) si evince con chia-rezza che le informazioni su e-sponenti e gregari fascisti – mi-litari e civili – da abbattere, era-no diramate indifferentementeall’attenzione di ‘garibaldini’,

‘giellisti’, ‘autonomi’. È pur ve-ro che il libricino dell’UfficioStorico del Gruppo si sforza an-che di far conoscere i princìpipolitico-sociali a fondamento,ma non ci si sposta da progetti

Il ‘Servizio X’ nellaUna fabbrica di morte 

vaghi e attestazioni generiche.Giudichino i lettori:

«Nel maggio 1944 l’Avv. Di-no propose di fondare un’orga-nizzazione politica che più tardi,nel Settembre, fu chiamata G.U.R.N. (Gruppo Unitario Rinnova-mento Nazionale), con lo scopodi affermare i princìpi fonda-mentali che sono la base dell’a-

zione militare partigiana, princì-pi che sono profondamente sen-titi non solo dai comandanti, madai collaboratori e dai partigianidella formazione Val Pesio; co-ordinare e legare l’azione milita-re con i suoi più alti compiti po-litico-sociali, dare alla lotta so-stenuta dalla formazione Val Pe-sio un’impronta che oltrepassa iconfini modesti ( ndr: sic!) dellacacciata del nemico nazi-fascista dal suolo nazionale perportarla nel campo della colla-borazione con le forze politiche

nazionali, per il rinnovamentosociale della comunità italia-na ...» Crediamo possa bastare.Meraviglia che l’estensore di si-mili banalità fumose sia stato unavvocato di fama, almeno in

Foto di gruppo delle ‘staffette’ inserite nel ‘Servizio X’. Tra i loro compiti il recapito dei fogli informativi contenenti i nomi delle ‘spie’ da eliminare.

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quel di Cuneo. E veniamoall’operato.

Intanto i cosiddetti “fogli in-formativi”, ossia gli elenchi dipersone da eliminare, erano si-glati ‘Dinaldo’, dal nome deidue capi collegiali: ‘Dino’, cioèGiocondo (Giacosa), e Aldo(Sacchetti).

Illustriamo alcune imprese.Il tenente ventiquattrenne Al-

do Dal Pra, dell’Ufficio PoliticoInvestigativo (U.P.I.) di Cuneo,

pone in arresto alcune personesospettate di collusione con ipartigiani di Valle Pesio. La-sciamo la continuazione a quan-to viene scritto nel citato opu-scolo: «… Del Pra ( ndr- così neltesto) veniva poi ucciso a colpidi pistola da agenti del ServizioX e della Banda Valpesio, nelFebbraio 1944 ( ndr- 26 feb-braio), nel salone da giocodell’Albergo Limone di LimonePiemonte, mentre godeva di unavacanza concessagli in premio

della sua brillante azione».Il 27 giugno del 1944 il tenen-te Alfredo Mennuto ed il briga-diere Antonio Ceravolo sono diservizio in motocicletta nellaValle Pesio. Leggiamo in propo-sito nel solito libretto: «… scon-tro con una pattuglia della ValPesio che ferisce e cattura il Te-nente ed il Brigadiere (i qualivengono subito processati e fu-cilati)». Vengono definiti ‘com-battimenti’ i seguenti episodi:«In epoche diverse furono cattu-rati e giustiziati un gran numerodi appartenenti ai reparti fascistidelle Brigate Nere e della Mutied un numero notevole di spie.Due partigiani della Brigata ValEllero eliminarono una pericolo-sa spia fascista di Fossano».

Niente nomi. Andiamo avanti.«Una parte notevole del peso

della lotta venne sostenuta dalServizio X che sorvegliò e con-trollò tutti i movimenti del ne-mico, segnalò progetti e inten-zioni salvando dalla cattura edalla distruzione parecchi deigruppi sistemati in pianura econsentendo precisione e tempe-

stività negli agguati e nelle im-boscate».Sotto il titolo “Operazioni di

polizia” si legge, senza mai lacitazione di nomi: «Il 19 Gen-naio ( ndr-1945), dopo lungo ap-postamento, due agenti del Ser-vizio X eliminavano, a Pevera-gno, due pericolose spie del-l’Ufficio Politico della Brigatanera di Cuneo, inviate nella zo-na per la ricerca di un Ufficialedella Littorio che aveva raggiun-to la III Div. Alpi.

Ugualmente e nella stessa zo-na, venivano catturate e giusti-ziate poco tempo dopo altre duespie: una appartenente al Servi-zio Ausiliario ( ndr- dunque, unadonna) e l’altro all’Ufficio poli-tico della Questura, in missionespeciale».

Completiamo ora il quadrocon la seconda pubblicazione.“Struttura informativa”: elegan-te definizione di tal professorGiuseppe Griseri, ad illustrare inprefazione “Guerra nell’ombra -

Il Servizio X nella Resisten-za” (parole come ‘spia’, che coltempo hanno assunto una chiaraconnotazione dispregiativa, so-no invece comunemente usatenei confronti di tutta quella par-te di popolo che, mostratasi re-calcitrante ad aderire alla lottaclandestina, è automaticamentevista come nemica e pertanto in-cline alla delazione; dunque,rappresentando il male, da ab-battere senza tanti complimentialla stregua degli insetti molesti).

Definizione elegante, diceva-mo, tecnica e, soprattutto, politi-camente corretta giacché, trat-tandosi di partigianato, i terminida impiegare sono appunto que-sti: ‘struttura informativa’, ‘ser-vizio’ ‘organizzazione’ in cui

sono inquadrati ‘agenti’ (nonmancano i preti e i militanti del-l’Azione Cattolica, tra i più atti-vi a segnalare, consegnar mes-saggi ed offrire copertura) e‘staffette’ (sorelle, fidanzate, a-miche). Insomma, un apparatocon tanto di uffici-comando esegreterie (situati, solitamente,in ameni quanto comodi alber-

ghi di montagna gestiti da com-piacenti individui che risultano,ovvio, intimi di qualcuno dei co-spiratori).

Ciò che in definitiva emergedall’analisi del Servizio X, è unarete efficiente di collegamentistesa tra Piemonte e Liguria,grazie alla quale si riesce a man-dare all’altro mondo un gran nu-mero di persone affidandonel’esecuzione vuoi alle diversebande di qualsivoglia colore po-litico, vuoi ai propri adepti.

Il foglio n. 57 di tale Servizio,ad “uso delle Divisioni Cunee-si”, in un lungo elenco di ‘spieed agenti del nemico’, evidenziaanche il nome di Domenica Ne-gri, «moglie del criminale Sere-na, Spia». A conclusione dellanostra disamina, vediamone ilcaso attraverso i rintracciati attigiudiziari.

Nata a Fossano il 1 giugno 1897,ivi residente, fioraia, la Negriveniva arrestata dopo il 25 Apri-le a Torino per collaborazioni-

dere il clima di caos e omertà incui si trovavano ad operare leforze dell’ordine, nel maggio i-noltrato del 1945, ndr) si accer-tò che la Negri arrestata giorniprima a Torino per collaborazio-nismo coi tedeschi era stata tra-dotta a Fossano e trovavasi dete-nuta in quel Carcere Manda-mentale a disposizione di quel

Comando di polizia militare(partigiana, ndr).  Questo, interpellato, dichiara-va che la Negri verso le ore21,45 del 18 maggio era stataprelevata da due uomini dellapolizia partigiana ed accompa-gnata per interrogatorio allasede del Comando Militare; poidopo circa due ore da altrascorta stava per essere accompa-gnata in Carcere allorché all’im-provviso sbucarono da un por-tone due sconosciuti che condue colpi di rivoltella freddaro-no la Negri e si dettero alla fuga,vanamente inseguiti dagli uomi-ni di scorta.

Iniziatasi la formale istruttoriarisultò che la Negri era la mo-glie di un noto fascista repubbli-cano di Fossano, tale Serena, eche anch’essa, oltreché il mari-to, aveva svolto attiva opera afavore dei tedeschi.

Nessun nuovo elemento peròsi poté assodare che convalidas-se la versione dei fatti data dalsuddetto Comando militare e,

causa la smobilitazione, non si èriusciti in alcun modo ad identi-ficare i partigiani che la sera del18 maggio 1945 accompagnaro-no la Negri in Carcere».

Pertanto anche questo caso siavviava alla sua scontata con-clusione senza un nulla di fatto(«In tali condizioni e poiché nonmi sembra che l’istruttoria siapiù suscettibile di ulteriore pro-ficuo sviluppo …» ecc. ecc.),con la studiata messinscena difantomatici assassini sbucati di

notte da un portone, diversivo amascherare una palese esecuzio-ne prestabilita.

Oggi, almeno, compulsate lecarte del Servizio X, sappiamoda chi partì la richiesta di elimi-nazione.

 Ernesto Zucconi

(1) Il Gruppo Divisioni Rinnova-mento (‘R’) era costituito dalla IIIDivisione Alpi Fossano, VDivisione Alpi Mondovì, BrigataAlpina Beppe Milano, DivisioneAugusta, Brigate G. Odino, S.Giorgio e Lamarmora. Sulla cartaparrebbe la forza di un’armata; inrealtà si trattava di qualchecentinaio di persone, di cui solouna parte realmente operative.

smo e tradotta alle carceri diFossano. Dopo maltrattamenti,il 18 maggio 1945 fu prelevatada due partigiani per un ‘inter-rogatorio’ e assassinata con duecolpi al capo. I partigiani dellascorta non furono mai identifi-cati.

La Procura del Regno di Cu-neo, in data 10 aprile 1946, cosìsi esprimeva: «Nella notte dal18 al 19 maggio 1945 venne tra-sportato all’ospedale di Fossano,da parte di alcuni partigiani, ilcadavere di Negri Domenica fuGiuseppe che poco prima erastata mortalmente ferita da duecolpi di rivoltella alla testa.

Avviate le indagini che la spe-ciale situazione del momentopermetteva (ciò fa ben compren-

I fondatori: da sinistra, ‘Dino’ Giacosa e Aldo Sacchetti.

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THE NIXON-BUSH CONNECTION: L’UCCISIONE DI JFK Nel testo che segue sono condensati i risultati delle indagini, curate per anni e concluse

 nel 2001, dall'investigatore californiano Paul Kangas, cui va il nostro ringraziamento. Ad 

 oltre quarant'anni dai fatti che condussero a morte il Presidente John Fitzgerald Kennedy

(nella foto accanto) è stato possibile stabilire che Kennedy fu punito attraverso la CIA non

 solo per avere disatteso le aspettative su Cuba (1961) del Comitato d'Affari privato che in-

 dirizza e controlla la politica degli Stati Uniti, ma anche per la conclamata intenzione di

  far abrogare il Federal Reserve Act del 1913 e liberare il popolo americano dall'iniquo

 fardello degli interessi sulla moneta emessa dal sistema bancario "privato" della Federal  Reserve.

Nota: ogni riferimento a "George Bush" è indirizzato a George Herbert Walker Bush,padre di George "Dubya" Bush, ‘eletto’ Presidente degli Stati Uniti nel dicembre 2000dalla Corte Suprema con cinque voti favorevoli e quattro contrari.

SULLE TRACCE DEGLI ASSASSINIÈ venuto recentemente (nel

2000) alla luce un documen-to del FBI che rivela che George

Herbert W. Bush, Presidente de-gli Stati Uniti dal 1989 al 1993,fu direttamente coinvolto nel-l'assassinio del Presidente JohnKennedy, avvenuto nel 1963. Ildocumento prova che Bush la-vorò con il famoso agente dellaCIA Felix Rodriguez per reclu-tare esuli cubani anticomunistiin vista dell' invasione di Cuba.Fu infatti compito di Bush nellaCIA organizzare la comunità cu-bana di Miami per l'invasione.Duemila cubani furono selezio-nati e addestrati come tiratori

scelti. Bush a quel tempo vivevain Texas. Facendo la spola ognisettimana tra Houston e Miami,trascorse il 1960 e il 1961 a re-clutare volontari per l'invasione.Fu così che incontrò Felix Ro-driguez.

Rodriguez, uno dei protagoni-sti maggiori nella vicenda  Iran-Contras, fu l'agente della CIAche ricevé la prima telefonatacomunicante che l'aereo pilotatoda Gene Hasenfus era precipita-to in Nicaragua. Appena Ro-

driguez apprese che l'aereo eracaduto, chiamò il suo superviso-re diretto, George Herbert W.Bush. Bush negò sempre di es-sere stato nel giro dei Contras,ma recentemente sono saltatefuori alcune copie del diario delcolonnello Oliver North, in cuiil ruolo di Bush come superviso-re CIA nella rete di rifornimentiper i Contras è dettagliatamentedocumentato. Nel 1988, Bushdisse al Congresso di non esserestato informato dei voli illegalidi rifornimento fino al 1987,benché il diario di North indichiBush presente alla prima riunio-ne organizzativa del 6 agosto1985. La registrazione ‘ufficia-le’ di Bush lo colloca da un'altraparte. Le registrazioni in doppia

serie avevano lo scopo di na-scondere il vero ruolo di Bushnell' "Agenzia" e di fornirgli una

"plausibile negabilità". Accor-gimento che cadde presto a pez-zi, perché troppe persone, a par-tire da North e Rodriguez, ave-vano scritto cose che conferma-vano il ruolo di Bush nella CIAfin dall'invasione di Cuba attua-ta nel 1961. (1) 

Un'altra precisa evidenza erala posizione scoperta di Bush, allavoro con Felix Rodriguez,quando fu ucciso JFK. Fu trova-to un promemoria del Capo delFBI J. Edgar Hoover, attestanteche "Mr. George Bush è stato

George Herbert W.Bush, Presidente degli 

Stati Uniti d’America 

dal 1989 al 1993,pesantemente coinvolto nell’assassinio del 

Presidente J . Kennedy 

informato il 23 novembre 1963della reazione degli esuli cubanianticastristi di Miami alla noti- zia dell'assassinio del Presiden-te Kennedy." (2) Il giorno dell'as-sassinio Bush era in Texas, manega di ricordare dove fosse e-sattamente. Dato che era stato ilsupervisore delle squadre cuba-ne segrete, capeggiate sin dal1960 dall'ex comandante dellapolizia di Cuba Felix Rodriguez,è verosimile che anche Bushfosse a Dallas nel 1963. Parec-chi dei Cubani che egli stava su-pervisionando, (nelle squadre

organizzate per i giochi sporchidi Nixon), furono ripresi nelfilm di Zapruder.

Nel 1959, Rodriguez era unfunzionario di polizia nel Go-verno cubano di Batista. Quan-

Kennedy e la moglie a Dallas, poco prima dell’attentato. Edgar Hoover, capo del FBI.

do Batista fu rovesciato e fuggìa Miami, Rodriguez lo seguì, as-sieme a Frank Sturgis e RafaelQuintero. Rodriguez non entròufficialmente nella CIA fino al1967, dopo il fallito tentativod'invadere Cuba, cui aveva par-tecipato, e l'assassinio di JFK.Ma registrazioni scoperte recen-temente dimostrano che entròeffettivamente nella CIA già nel1961, reclutato per l'invasione diCuba da George Bush. Questopuò essere il motivo che spingeRodriguez a dichiarare di esserediventato ‘uno stretto amico di

 Bush’. Poi ,’ufficialmente’, Ro-driguez dichiara di avere lascia-to la CIA nel 1976, dopo esserestato sbattuto in carcere per laparte avuta nel furto con scassoal Watergate. Però, secondo i

reporter Kohn & Monks (3 no-vembre 1988) della rivista  Rol-ling Stone, Rodriguez continua-va a frequentare ogni mese ilQuartiere Generale della CIA,per ricevere gli incarichi e sotto-porre a manutenzione il suogiubbetto antipallottole blu mo-dello Cadillac 1987. A Rodri-guez fu chiesto da un reporter di Rolling Stone dove si trovasse ilgiorno in cui spararono a JFK.Rispose di non ricordarlo.

George Bush dichiara di nonaver mai lavorato per la CIAprima di esserne stato nominato

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direttore dal presidente dellaCommissione Warren, poi dive-nuto Presidente degli Stati Uniti,Jerry Ford, nel 1976. La logicasuggerisce che è molto poco ve-rosimile. Naturalmente, Bush hail dovere verso l' "Agenzia" dinegare l'appartenenza alla CIA.La CIA è un'organizzazione se-greta. Nessuno ha mai ammesso

di farne parte. La verità è cheBush è stato un alto funzionariodella CIA fin da prima dell'inva-sione di Cuba del 1961. Bushpuò negare il suo ruolo effettivonella CIA nel 1959, ma vi sonoregistrazioni negli archivi diRodriguez e di altri coinvoltinell'invasione della Baia deiPorci a Cuba che confermano ilruolo di Bush. I grandi gruppinon avrebbero mai affidato tuttii segreti di stato conservati dalla

Nelle due foto il complesso del Watergate e il Presidente Richard Nixon costretto a dimettersi dopo lo scandalo.

CIA a qualcuno che non fossestato esperto e ben addestratodalla CIA stessa. (3) L'ex ufficia-le di collegamento della CIA L.Fletcher Prouty morì il 5 giugno2001. Alcuni mesi prima di mo-rire, concesse un'intervista. Fuuno dei consulenti del film di-

retto da Oliver Stone su come laCIA uccise JFK. Rivelò che unodei progetti che aveva seguitoper la CIA fu di spedire nel 1961navi della Marina degli Stati U-niti da un cantiere militare ad a-genti della CIA che in Guatema-la stavano organizzando l'inva-sione di Cuba. Disse di avereconsegnato tre navi a un agentedella CIA che si chiamava Ge-orge Bush, che le prese in caricocamuffate da battelli per il tra-sporto passeggeri. Quell'agentedella CIA volle battezzare le trenavi col nome della moglie, del-la città dove aveva casa e dellasua compagnia petrolifera. Chia-mò le navi:   Barbara, Houstone Zapata. Ogni libro sulla storiadella Baia dei Porci conferma i

dubbio che vi sia sotto qualcosadi molto sporco.

Sì, lo sporco c'è. Persone im-plicate nel tentativo alla Baiadei Porci erano coinvolte nella

rapina al Watergate. Perchè ilWatergate fu rapinato? Ormai èassodato che la CIA stava cer-cando di tamponare una possibi-le fuga di notizie. Stavano cer-cando di bloccare i Democraticiimpedendogli di pubblicare lefoto di Hunt & Sturgis in arrestoper l'assassinio di JFK. (4) Almomento, è in corso un'azionelegale per costringere il governoa rilasciare le registrazioni sul-l'invasione della Baia dei Porci.Perché quei documenti sono an-

cora segreti? Perché sono chiusinegli Archivi Nazionali con tut-te le fotografie dell'assassinio diKenndy a Dallas? Perché anchele 4.000 ore di registrazione suinastri del Watergate, in cui Ni-xon parla delle misteriose con-nessioni tra la Baia dei Porci,Dallas e il Watergate sono statesigillate negli Archivi Naziona-li? È perché tutti e tre gli inci-denti sono collegati?

Secondo una biografia di Ri-chard Nixon, i suoi stretti lega-mi personali e politici con la fa-

miglia Bush risalirebbero al1941, quando Nixon afferma diavere letto un annuncio pubbli-cato su un quotidiano di LosAngeles a cura di un gruppo difacoltosi uomini d'affari, capeg-

nomi di quelle tre navi. Ancora,vi sono molte tracce del coin-volgimento di George HerbertW.Bush nell'invasione dellaBaia dei Porci. Bush ha già ne-gato il suo ruolo in quell'avven-tura. La sua riservatezza e gliimpacciati dinieghi sul ruolo inquell'episodio fanno nascere il

giato da Prescot Bush, il padredi George H.W.Bush. Cercava-no un candidato, giovane e mal-leabile, disposto a candidarsi peril Congresso. Nixon si presentòe fu assunto. Nixon divenne unportavoce per il gruppo Bush. (5)

In realtà, a Prescot Bush è statodato il merito di avere creato nel1952 l'accoppiata vincente Ei-senhower-Nixon. (6) 

Documenti del FBI scopertirecentemente provano che JackRuby è stato alle dipendenze diRichard Nixon fin dal 1947. Ildocumento del FBI prova cheRuby era stato assunto per lavo-rare come spia e picchiatore alservizio di Nixon. Il 22 novem-bre 1963 fu visto da Julian AnnMercer, una donna che lo cono-sceva molto bene, all'incirca u-n'ora prima dell'arrivo del corteodi JFK, mentre faceva scenderedalla sua automobile un uomo

che portava una carabina dentrola custodia nei pressi della Col-linetta Erbosa. Ruby più tardi fuvisto in TV uccidere un testimo-ne che avrebbe potuto collegareNixon & Bush all'uccisione diJFK: Oswald. (7) Richard Nixonè stato Vice Presidente dal 1952al 1960. Fu detto che Nixon, du-rante la sua campagna presiden-ziale del 1959, era stato l'ideato-

A sinistra nella foto il cubano Felix Rodriguez ripreso al momento della cattura di Che Guevara.Assoldato dalla Cia partecipa alla fallita invasione di Cuba e finisce in carcere per il Watergate.

re del piano segreto noto comeOperation 40, l'invasione di Cu-ba del 1961. Dopo che Batistafu cacciato dal popolo affamatodi Cuba, Fidel Castro assunse ilpotere e incominciò a reclamaredalle multinazionali americanesalari più decenti per i dipen-denti cubani. Ancora peggio,disse alla Pepsi Cola che lo zuc-

chero da quel momento avrebbedovuto pagarlo ai prezzi delmercato mondiale.

Pepsi, Ford Motor Co., Stan-dard Oil e i mercanti di drogadella Mafia decisero che Fideldoveva essere rimosso perché lasua politica di chiedere alle im-prese di pagare ai dipendenti sa-lari più alti colpiva i loro profit-ti. Le multinazionali chiesero al-lora al Vice-Presidente Nixon dirimuovere Fidel. Nixon promi-se che l'avrebbe fatto, appena a-vesse vinto le elezioni del 1960contro un sicuro perdente, un se-mi-sconosciuto democratico chesi chiamava John Kennedy. Sa-rebbe stata una vittoria facileper Nixon. I sondaggi davanoNixon vincente con una valangadi voti. Inoltre, Kennedy eracattolico, e gli americani nonvolevano eleggere Presidente uncattolico più di quanto avrebbe-ro voluto eleggere una donna,un nero o un ebreo. Era il 1959.

Nixon disse a Pepsi, StandardOil e alle altre società che ave-

vano perso proprietà terriere eimpianti, distribuiti agli agricol-tori o nazionalizzati, che se loavessero aiutato a vincere avreb-be autorizzato un'invasione perrimuovere Castro. Per impres-sionare ulteriormente i finanzia-tori della sua campagna, il Vice-Presidente Nixon chiese allaCIA di ideare Operation 40, unpiano segreto per invadere Cu-ba, da attuare appena avessevinto le presidenziali.

La CIA conferì al miliardario

del Texas e agente della CIAGeorge Bush l'incarico di reclu-tare esuli cubani nell'esercito diinvasione della CIA. Bush lavo-rò con altri petrolieri del Texas,come Jack Crichton e un altroamico, il generale d'AviazioneCharles Cabel, al quale fu datol'incarico di coordinare la coper-tura aerea per l'operazione. Lamaggior parte dei dirigenti dellaCIA occupati per l'invasione diCuba sembravano essere tuttidel Texas, un intero settore dellaCIA basato su texani dell'indu-

stria del petrolio. Se proviamo ainquadrare Bush nello scenariodell'industria petrolifera del Te-xas, scopriamo due suoi socinell'impresa di noleggio di navipetroliere: i texani Robert Mo-

Lee H. Oswald, indicato ‘ufficialmente’ come l’assassino di Kennedy.

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sbacher e James Baker. Mosba-cher adesso è Segretario alCommercio e Baker è Segretariodi Stato, il lavoro che facevaDulles quando JFK fu ucciso. (8) 

Nei nastri del Watergate del23 giugno 1972, riportata daimezzi di comunicazione come laconversazione della "pistola fu-mante", Nixon e il suo Capo del

personale, H.R. Haldeman, di-scutono sul modo di fermarel'indagine del FBI sulla rapinaorganizzata dalla CIA al Water-gate. Sono preoccupati che l'in-dagine possa rivelare il loro col-legamento con la "Baia dei Por-ci". Haldeman, nel libro "TheEnds of Power", (le Conclusionidel Potere), rivela che Nixon u-sava sempre parole in codiceparlando dell'assassinio di Ken-nedy. Haldeman scrive che Ni-xon si riferiva sempre all'ucci-sione parlando della " Baia deiPorci." In quella trascrizionetroviamo Nixon che sta discu-tendo sul ruolo di Robert Mo-sbacher, socio di George Bush,come uno dei finanziatori texani

dello stesso Nixon. Nei nastriNixon usa riferimenti ai"cubani" a ai "texani." I "texani"erano Bush, Mosbacher e Baker.Questo è un altro collegamentodiretto con Bush e mette in risal-to il collegamento di Nixon eBush con l'assassinio di Ken-nedy. Nella stessa discussioneNixon collega "i cubani," "i te-

xani," "Helms," "Hunt," "Ber-nard Barker," Robert "Mosba-cher" e "la Baia dei Porci." Piùe più volte questi nomi saltanofuori durante la discussione dainastri del Watergate, discussio-ne che aveva per argomento le

foto di Dallas su cui Nixon cer-cava di mettere le mani quandoordinò di rapinare il Watergate.(9)

Dopo la vittoria a valanga del1972, Nixon capì che avrebbedovuto centralizzare tutto il po-tere nella Casa Bianca per tene-re a galla la sua fazione, non so-lo per esercitare il potere, maanche per prevenire che i mezzidi comunicazione scavasseroper riportare alla luce faccendeche era meglio restassero nasco-ste. La prima cosa che fece Ni-xon fu di chiedere le dimissionifirmate dell'intero governo."Eliminare tutti," disse a John

Ehrlichman a proposito di riele-zione, "eccetto George Bush.  Bush farà ogni cosa per la no-stra causa." (10) Il motivo per-ché "Bush farà ogni cosa" eranole sue mani sporche del sanguedi Kennedy come quelle di Ni-xon, Hunt, Sturgis, Felix Rodri-guez e Gerald Ford. Quella ban-da della Casa Bianca aveva pau-ra che se il pubblico avesse maicapito il loro percorso sulla stra-

da verso il potere, sarebbe scoc-cata una scintilla che avrebbepotuto distruggere la loro frodee mandarli in galera. Altri famo-si protagonisti del Watergateimplicati nell'invasione dellaCIA, reclutati da Bush, furonoFrank Sturgis, E. Howard Hunt,Bernard Barker e Rafael Quinte-ro. Quintero disse in pubblicoche se avesse parlato di quelloche sapeva su Dallas e la Baiadei Porci, "ci sarebbe stato il più grande scandalo che avessemai scosso la nazione."

Mentre nel 1960 Prescot Bushconduceva la campagna eletto-rale di Nixon. Nixon fu inviato

Abraham Zapruder,autore del filmato amatoriale sull’assassinio di J. F. Kennedy.La pellicola venne acquistata come documento d’archivio dal Fbi.

in Sud Vietnam per assicurare ilGoverno. alleato della Francia,che se la Francia fosse stata co-stretta ad andarsene, gli Stati U-niti sarebbero intervenuti perproteggere il commercio delladroga dal Triangolo d'Oro. (11)

Nel 1959 il Vice Presidente Ni-xon stava volando per tutto ilmondo, agendo proprio comefosse un Presidente. Era una ga-ra facile per Nixon. Il Congres-

sista Jerry Ford stava facendoun grande lavoro nel raccoglierefondi per Nixon, e altrettanto fa-ceva George Bush. I ricchi ama-vano Nixon. I mezzi di comuni-cazione raccoglievano ogni ossoche Nixon lanciava loro. Il mag-gior problema era la paura cheNixon aveva di parlare aperta-mente del piano per invadere

Cuba. Il piano era segreto. Nonaveva senso mettere in guardiaCuba sull'imminente invasione.Ma Kennedy stava assumendoun atteggiamento su Cuba piùduro di quello di Nixon. Ken-nedy ignorava l' esistenza delpiano d'invasione elaborato dal-la CIA.

Nixon perse la corsa per laPresidenza nel 1960 con il piùpiccolo scarto di voti della sto-ria. Sulle prime, Bush, Nixon,Cabell e Hunt decisero di andareavanti con l'invasione, senza in-formare il Presidente Kennedy.Poi, all'ultimo minuto, alle 4 delmattino, due ore prima che ini-ziasse l'invasione, il GeneraleCabell chiamò JFK e gli chieseil permesso di fornire la coper-tura aerea degli Stati Uniti all'in-vasione della CIA. Kennedydisse no. La CIA era furiosa conJFK ma decise di procedere co-munque con la sua privata inva-sione. A causa delle cattive in-formazioni, la CIA prese terranel posto peggiore: una palude.

L'invasione fallì. La CIA perse15 dei suoi uomini migliori, uc-cisi, e altri 1100, rinchiusi nelleprigioni cubane. Fu l'insuccessopeggiore che la CIA abbia maisofferto. (12) Bush, Nixon e Huntbiasimarono Cabell per avere in-terpellato Kennedy e deploraro-no Kennedy per avere detto dino. Erano lividi di rabbia. Glisponsor associati di Nixon ordi-narono a JFK di fare ogni sforzoper recuperare i 1100 agenti del-la CIA imprigionati a Cuba. JFK

obbedì. Una volta che la CIAriebbe indietro i suoi cubani be-ne addestrati, decise di ritentarel'invasione di Cuba al più pre-sto, non appena si fossero sba-razzati di quel figlio di p... diKennedy.

Le elezioni del 1964 si stava-no avvicinando rapidamente.Nixon correva ancora controKennedy. Bush, Ford e Nixonsapevano che dovevano sbaraz-zarsi ora di JFK, altrimenti ilclan dei Kennedy, con Robert eTed alle ali, avrebbe controllato

la Casa Bianca fino al 1984. De-cisero di non aspettare fino adallora. Le squadre di "tiratori"cubani iniziarono a seguire Ken-nedy da città a città, cercandol'opportunità di una finestra da

Il generale dell’Air Force Charles Cabell (secondo da de- stra) che ricevette dal presidente Kennedy il rifiuto di for- nire la copertura aerea degli Stati Uniti nella tentata inva- sione di Cuba da parte della Cia.

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INTERVISTA ALL’AMMIRAGLIO GIAPPONESE FUSHIDA CHE IL 7 DICEMBRE 1941 TRASMISE DAL SUO AEREO IL FAMOSO SEGNALE ‘TORA TORA TORA’ 

G. Domeneghetti – La ringra-zio -signor Ammiraglio- per a-vermi concesso questa intervistaavvenuta tramite l’interessamen-to del Governatore di Tokyo A-kiro Takayama. È risaputo chelei partecipò all’attacco del 7 di-cembre 1941 contro la base na-vale americana di Pearl Harbor:può riassumere quell’avveni-mento? Fushida – Si parla sempre, daparte americana, di attacco pro-ditorio, cosa che smentisco cate-goricamente. Il Giappone nonaveva allora, come non hatutt’oggi, materie prime e risor-

se naturali di alcun genere, ra-gione per cui dipendeva comple-tamente dalle importazioni pro-venienti dagli USA e soprattuttoper quanto riguarda il ferro e ilpetrolio. Il ferro veniva fornitoal Giappone soltanto sotto formadi rottami ma la nostra industriariuscì ugualmente a costruirecon essi la flotta navale, quellaaerea, bombe, carri armati e mu-nizioni, che erano necessari percondurre la guerra contro la Ci-na, diretta alla costituzione in

Manciuria di uno Stato indipen-dente che si chiamerà “Manchu-kuo”. Come militare non sono ingrado di giudicare se questa de-cisione fosse giusta o meno, madevo far notare che il Giapponeconsiste in sole quattro isolemontagnose e ha oltre 100 mi-lioni di abitanti che, oggi comeallora, avrebbero bisogno di unospazio vitale per permettere lorodi muoversi e di espandersi pergarantire il lavoro nelle industriee nei cantieri.G.D. – Quale avvenimento fu

alla base della guerra con gliStati Uniti? Fushida – Fu l’embargo decisodagli Americani nei nostri con-fronti e che ci privò, senza pre-avviso, del ferro e del petrolio.

In questa situazione ci trovam-mo costretti a cercare altrove lenostre risorse nella zona del Pa-cifico, ma prima di prendere ini-ziative il Giappone fece conse-gnare il 6 Dicembre dal suo am-basciatore Nomura, assieme aduna nota di protesta, un ultima-tum che non lasciava dubbi inproposito al Presidente F.Roosevelt. Il suo testo era di unachiarezza ineccepibile e facevapresente che a causa dell’embar-go il Giappone si riteneva inguerra con gli USA qualora essinon avessero annullato imme-diatamente la loro decisione.

Poiché oltre a imporre l’embar-go gli USA avevano trasferito laloro Flotta navale dalla Base diSan Diego a quella di Pearl Har-bor molto vicina al Giapponeconfermando così le loro inten-zioni bellicose, il Governo nip-ponico presieduto dall’Ammira-glio Tojo decise di ordinare unattacco preventivo aeronavalecontro quella Base e una Flottacomandata dall’Ammiraglio Na-gumo si mise in movimento conl’autorizzazione a condurre l’o-

perazione qualora non avesse ri-

Tokio: Giancarlo Domeneghetti a colloquio con l’Amm .Fushida 

DA PEARL HARBORAL PROCESSO

FARSA DI TOKIOQuesta intervista è stata ralizzata a Tokio da Giancarlo Domeneghetti il 12 aprile 1984.Dopo 22 anni essa mantiene intatto il suo valore storico-documentale sulle responsabilità dell’attacco alla base USA

cevuto un contrordine da Tokyo.G.D. – Perché gli USA non rea-girono all’ultimatum giappone-se? Fushida – Il giorno 6 Dicembre1941 il Presidente Roosevelt sirifiutò di ricevere l’ambascia-tore nipponico Nomura addu-cendo quale scusante che non e-ra reperibile alcun interprete,cosa assolutamente senza sensodato che Roosevelt e Nomura siconoscevano molto bene e ave-vano frequentato contemporane-amente l’Università di Harvardconseguendo entrambi la laureain Scienze politiche!

G.D. – Cosa avvenne in seguitoa questo rifiuto di Roosevelt? Fushida – Alle 8 del mattinodel 7 Dicembre l’AmmiraglioNagumo, non avendo ricevutocontrordini da Tokyo e ritenen-do pertanto che le due Nazionisi trovassero in stato di guerra,diede ordine ai cacciabombar-

dieri imbarcati sulle portaerei diiniziare l’attacco. Io ero a bordodi un Aichi D3 A2, un aereo dabombardamento in picchiata cheaccompagnava i Nakajima B5N2, i Kate 32 e i Mitsubishi A8M2 Zero. Alle 17,50 il Colon-nello Nakaja, che era a bordo diun Nakajima, comunica all’Am-miraglio Nagumo rompendo ilsilenzio radio: di fronte a me Pe-arl Harbor ancora avvolta nellanebbia mattutina. Alle 7,53 hotrasmesso personalmente dalmio aereo alla portaerei di Na-gumo: Tora!, Tora!, Tora!, ossia‘la sorpresa è riuscita’ (messag-

gio convenuto). È ovvio chequesto fatto confermasse la no-stra convinzione che lo stato diguerra fosse già iniziato, altri-menti la riuscita della sorpresasarebbe stata più che ovvia!L’accusa di proditorietà non haquindi alcun fondamento.G.D. – Quale fu il risultato del-l’azione? Fushida – Soltanto parzialmen-te positivo. Furono affondate lecorazzate West-Virginia, Arizo-na, Oklahoma, California e Ra-

leigh, con la seconda ondata an-

Da sinistra, gli Ammiragli Yamamoto e Nagumo con l’allora Capitano di Corvetta Fushida dell’Aviazione 

della Marina giapponese.

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Condannato a 15 anni di carcere dagli Americani, Fushida viene scarcerato nel 1962. Rientra nella Marina Imperiale dove raggiunge il grado di Ammiraglio.

che la Pennsylvania e incrocia-tori. L’obiettivo della nostra a-zione era però costituito soprat-tutto dalle tre portaerei Hornet,

York e Pennsylvania che la seraprecedente, secondo quanto con-fermato anche dai nostri infor-matori, erano presenti nella Baiae che nella notte avevano abban-donato improvvisamente, e vor-rei aggiungere ‘misteriosamen-te’, la base navale.G.D. – Perché le tre portaereicostituivano l’obiettivo princi-pale dell’azione? Fushida – Perché la loro distru-zione ci avrebbe dato mano libe-ra per almeno due anni nel Paci-fico in quanto le nostre navi sa-rebbero state al sicuro da attac-chi aerei, molto pericolosi perqualsiasi flotta come i fatti di-mostreranno. Avevamo bisognodi operare liberamente dalle Ha-waii all’Australia, dalla Cina aSingapore, nelle Filippine (7.000isole) e in Indonesia.G.D. – Lei pensa, Ammiraglio,che il Giappone avrebbe avutola possibilità di vincere la guerracontro gli Stati Uniti? Fushida – No. Il colosso ameri-cano era troppo potente per il

piccolo Giappone. La nostrasperanza era di avere il tempo diimpossessarci delle risorse natu-rali della Nuova Guinea, delBorneo e della Malesia e che lapotenza che avremmo di conse-guenza raggiunto avrebbe dis-suaso gli Stati Uniti e la sua opi-nione pubblica dal continuareuna guerra molto dispendiosasotto l’aspetto delle perdite u-mane e lontana dalla zona di in-fluenza statunitense. Pensavamoalla realizzazione di uno status

quo nel Pacifico, che sarebbe ri-masto senza influenze occiden-tali.G.D. – Perché si ricorseall’impiego di piloti suicidi, ileggendari Kamikaze, se laguerra era ormai decisa e volge-va alla fine? Fushida – Le riserve d’acciaioerano da tempo esaurite. Mentreerano ancora disponibili nume-rosi cacciabombardieri e relativipiloti, bombe e munizioni eranoinvece, ormai, inesistenti. Inquesta situazione si pensò di

munire gli aerei di cariche e-splosive e mediante il sacrificiovolontario, ripeto ‘volontario’ diquegli eroici piloti allontanare ilpericolo di un’invasione che,per noi, rimaneva semplicemen-

te impensabile. Questa decisionenon diede però i risultati previstiperché il peso specifico degli a-erei era molto inferiore a quello

delle bombe vere e proprie, ra-gione per cui i velivoli esplode-vano al primo contatto con lenavi senza forarne la corazzatu-ra come invece avrebbero fattole bombe ripetendo i successi diPearl Harbor e altrove. I danni sirivelarono quindi relativamentebassi e insufficienti per cambia-re le sorti del conflitto.G.D. – Che cosa fece a guerrafinita? Fushida – Al processo di To-kyo, molto simile a quello diNorimberga perché fu anch’essoun processo dei vincitori contro

ni indiani piegando persino lapiazzaforte più potente del mon-do: Singapore. Non aveva com-messo alcun crimine di guerra.Per quanto mi riguarda, rilascia-to nel 1962 ripresi servizio nellaMarina Imperiale e arrivai cosìal grado di Ammiraglio (a PearlHarbor ero soltanto Capitano di

i vinti, fui condannato a 15 annidi carcere, mentre altri Ammira-gli, Generali, uomini politicivennero illegalmente giustiziatidagli Americani, e altri conse-gnati a guerriglieri comunisti fi-lippini e dell’Indonesia, come ilMaresciallo Jamashita che erariuscito ad arrivare fino ai confi-

Corvetta e comandavo una squa-driglia di aerei della Marina). A-desso sono in pensione.

Giancarlo Domeneghetti

Il Primo ministro e ministro della Guerra giapponese, generale Hideki Tojo, mentre annuncia alla radio l’entrata in guerra con gli Stati Uniti.Viene condannato a morte e impiccato per 

crimini di guerra da un ‘Tribunale Internazionale’ totalmente sottomesso agli Americani.

Sopra: a Pearl Harbor brucia la corazzata West Virginia. A fianco: un pilota giapponese (Kamikaze) si prepara per una missione contro la flotta americana.‘Kamikaze, significa 

‘tempesta divina’ in ricordo del tifone che nel 1281 disperse la flotta dell’imperatore cinese Kubilai-Khan.

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Con lo sbarco degli Alleati in Provenza il fronte si stabilizza

 nelle Alpi Marittime tra il gruppo del Grammondo e il Roja.

Sulla linea opposta è schierato il II Battaglione del 3° Reg-

 gimento Bersaglieri della Rsi. Questo che pubblichiamo è il 

 resoconto di un’azione condotta il 18 aprile 1945 da un re-

 parto del II Battaglione contro una posizione nemica atte-

 stata sul Grammondo, che ricaviamo dal volume ‘Sapevamo

 di perdere’ di Umbertomaria Bottino. Un libro stampato nel 

1993 in poche copie numerate e quindi sconosciuto ai più,

  scritto – come sottolinea l’Autore nella prefazione – «non

 per erigere monumenti, od elogiare eroi, né distruggere mi-

 ti: ma per ricordare a noi stessi quanto belli e gioiosi e ge- nerosi eravamo».

2 o  BATTAGLIONE DEL 3 o REGGIMENTO BERSAGLIERI R.S.I.

IL 18 APRILE 1945 SUL ‘GRAMMONDO’«Il Comando germanico in-

vierà due uomini con ra-dio ricetrasmittente e il coman-do di battaglione invierà il serg.Rivolta, studente di medicina,

per la prima assistenza a even-tuali feriti. Pattuglie (guidate dalten. Spoto e dai serg Falco, Bal-labio e Valentini) esplorano at-tentamente tutto il teatro di ope-razioni, controllando le zone deimonti Arpetta (q.861) e Pelle-grio (q.862) avvistando diversepostazioni nemiche e accertandoche tutte le vie che portano alGrammondo sono cosparse dimine. L’unica via possibile ap-pare quella di attaccare il crinaleroccioso, molto scosceso ed e-sposto al nemico.

Una pattuglia, al comando delsergente Valentini, prende pos-sesso di un avamposto (CollaRossa) a est del villaggio abban-donato di Villatella. La notte trail 10 e l’11 aprile, nel tornareall’avamposto, Valentini, con igraduati Forno, Mara, Riva e ilconducente Catenazzi (col suomulo carico di munizioni) , a se-guito di una salva di artiglieria,rimane investito dal crollo di unvecchio muro di pietre riportan-do forti contusioni e piccole fe-

rite; viene soccorso dal sergenteRivolta.

Il 13 aprile il maggiore Geigere il capitano Josia visitano la zo-na. Il 15 aprile il tenente Spo-to,cui è affidata l’operazio-ne,unitamente ai sergenti Valentinie Ballabio si porta sin sotto aCima Renuit, ac-certando che lascalata ri-chiede circa nove ore.Torna la sera del 16 con altribersa-glieri tra i quali i graduati:D’Aragona, Balletti, Bosello,Gavoni, Di Falco, Agalbato,

Oagani, Volpi, il serg. Rivolta,il conducente Denti.Il 17 aprile giunge un tedesco,

per dare il cambio a Ferri, ilmarconista. Alle 14 Ferri e il ca-merata Willy scendono versoTorri ma seguono un percorsonon noto: Willy salta su una mi-na e perde un piede. Datol’allarme accorre sul posto ilsergente Rivolta, con Riva, Vol-pi, Gavoni, Arduin.

Willy è a terra, svenuto, in unazona cosparsa di mine. I bersa-glieri studiano come recuperareil ferito. Il sergente Rivolta rom-pe generosamente gli indugi e silancia verso il ferito. Scoppia u-na mina e Rivolta si trova lagamba destra maciullata sinquasi al ginocchio; vengono fe-

C’è tempo per compiacersene:sulla cima trovano un piccoloosservatorio, al momento nonoccupato.

Di notte non si può osservarealcunché: ora è l’alba, non restache aspettare.

La prima squadra guidata daltenente Spoto, si fa avanti, pro-cedendo carponi; a sinistra delcrinale si pone il sergente Va-lentini con due uomini per con-

trollare una posizione sottostan-te pochi metri, dalla quale alcu-ne sentinelle controllavano unapostazione fotoelettrica. A de-stra della sella si pone il sergen-te Ballabio, in posizione di rin-calzo. Sotto il Grammondo ap-pare, a cento-duecento metri, u-na caserma (già della Guardiaalla frontiera), occupata da circasettanta (c’è stato il tempo dicontarli) soldati nemici che stan-no facendo la toilette mattutina.

Per il momento non si può far

altro che osservare e prenderenota. Pagani si addormenta. Saràsvegliato quando due soldati,abbandonando le abluzioni(saranno le sette) si avvianociondolando all’osservatorio, i-gnari dell’agguato che li atten-de. Appena vi mettono piede èfacile gioco il catturarli.

Distrutte le attrezzature, a-sportando quelle che sembrava-no di maggior valore, tra cui uncannocchiale periscopico, il ten.Spoto ordina lo sganciamentorapido; purtroppo la discesa ri-

sulta molto lenta, appesantitaanche dalla presenza dei dueprigionieri, ancora frastornati esbalorditi. Sopra le teste si av-verte una certa animazione, ilnemico ha scoperto l’aggres-

riti Gavoni e Riva, quest’ultimoin modo grave. I presenti riesco-no a riportare ambedue gli uo-mini fuori dalla zona minata; ilsergente Valentini stringe il lac-cio emostatico al ginocchio diRivolta. Con teli tenda, i feritivengono trasportati verso valle.Ma per Rivolta tutto è inutile.Arriva un’altra squadra di bersa-glieri guidata dal sergente Falco,

con un medico tedesco: c’è an-che un frate che dà la benedizio-ne al caduto. Durante l’ulterioretragitto muore anche Willy.

Il 18 aprile, alle ore 21, parteil ‘commando’ per la prevista o-perazione. La squadra scala ilPellegrio quindi si divide in trepattuglie: la prima con il ten.Spoto di cinque elementi tra cuiPagani, Belletti e Arduin, la se-conda col sergente Ballabio, laterza col sergente Valentini. AlPellegrio si fermano il marconi-sta tedesco, il nuovo infermiere(tedesco) e il caporale D’Ara-gona.

La scalata ininterrotta del cri-nale roccioso dura le previstenove ore: alle sei del mattino il‘commando’ arriva sulla selletta

che ha la punta del Renuit(q.1278) a sinistra di chi sale. Lacima del Grammondo (q.1378),a destra, è piena di sole; un soleallegro, di primavera. Fa da zoc-colo una coltre di nubi, bianchee leggere che non lasciano intra-vedere né la valle né il mare.

Una Compagnia del 2 o  Btg. In marcia 

Come eravamo ...

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sione e il ‘commando’ si prepa-ra a ricevere raffiche, irritate, diarmi automatiche e di mortaio.

Il gruppo raggiunge una zonariparata e si ferma a riprenderefiato. Si vedono arrivare truppenemiche (col caratteristico el-metto inglese) sulla cima delRenuit, appena abbandonata.

I prigionieri rispondono in lin-

gua francese e dichiarano di ap-partenere a un reggimento de-gaullista. Sono diciottenni, pro-vengono da Besançon e, congrande orgoglio, dichiarano diessere volontari. Valentini chie-de se sanno chi sono coloro cheli hanno catturati: rispondono«Oui, les diables rouges ... ber-saglieri». Ai prigionieri vengo-no offerte, con la simpatia, an-che cioccolata e sigarette nazio-nali, i prigionieri ricambianocon infumabili ‘Curnwood’.

Con espressioni di grande sod-disfazione il comando tedesconon lesina riconoscimenti: inpiena ritirata, a situazione defi-nitivamente compromessa, ver-ranno decorati con Croce di Fer-ro, a Mondovì il 27 aprile 1945,il tenente Spoto, sull’autoambu-lanza che lo trasportava dopoessere stato ferito a San Remo, ei caporal maggiori Pagani e Bal-letti. Proposte ed encomi ancheper tutti gli altri componenti del‘commando’. Purtroppo non vi èpiù il tempo per chiedere la con-

cessione della medaglia d’ar-gento alla memoria per il ser-gente Alessandro Rivolta, per ilsuo gesto generoso e altruisti-co».

Nota: Testo scritto seguendo in sin-tesi la traccia di Valentini, con unracconto integrato dalla memoria diPagani.

LE FOTOGRAFIE

IN QUESTO NUMERO

*Pagg. 1/24 - “Storia del Fa-

scismo” di Giorgio Pisanò.*Pagg. 2/3/4 - “RepubblicaSociale” di A. Conti.*Pag. 8 - “Il rovescio dellamedaglia” di Ernesto Zucconi.*Pag. 9 - “Contromemoriale”Vol. I di Bruno Spampanato.*Pagg. 10/11/14/17 - Archivio.*Pagg. 12/13 - “Il Servizio Xnella Resistenza” di Aldo Sac-chetti e Sergio Costagli.*Pag. 18 - “Archivio Domene-ghetti”.*Pag. 19 - “Storia Militare del-la Seconda Guerra Mondiale”

di L.M. Chassin e Rader’s Di-gest”.*Pag. 20 - Archivio Bottino.*Pag. 21 - “Il Libro nero delComunismo” Ed. Mondadori.

Guerre, rivoluzioni, sommovimenti politici e quant’altro

 può influire sul destino dei popoli: in tutti questi malanni

 dell’umanità è riconoscibile l’avida regìa della finanza in-

 ternazionale, con i “signori del denaro” assurti a posizioni

 di assoluto dominio planetario.

« «« «L LL L   a nostra politica èquella di fomentare le

 guerre, ma dirigendo le confe- renze di pace. Le guerre devono

essere dirette in modo tale chele nazioni coinvolte in entrambi  gli schieramenti sprofondino  sempre più nel loro debito e

quindi sempre di più sotto il   nostro potere». Così scriveva,qualche anno dopo Waterloo,Amschel Meyer Rothschild alfratello Salomon.

Nel 1935, Gertrude MargaretCoogan nel suo ‘Money Crea-

tors’ scrisse dei ‘banchieri inter-nazionali’ (vedi Rothschild ) cheavevano finanziato la rivolta deicoloni d’America e la Guerrad’Indipendenza degli Stati Uniti(1775-1783) e, contemporanea-mente, il governo di Sua Maestàbritannica che doveva mantene-re l’esercito del generale Cor-nwallis, governatore coloniale.

Giunti alla metà del secoloXIX, nonostante l’operato dipersonaggi come John Adams eAlexander Hamilton, i ‘banchie-

ri internazionali’ constatarono dinon aver avuto il successo chesperavano nei loro sforzi di isti-tuire una Banca centrale privatanegli Stati dell’Unione. Per ri-mediare, nel 1857 pianificaronoa Londra la Guerra Civile Ame-ricana. La filiale parigina delgruppo dei ‘banchieri interna-zionali’ avrebbe sostenuto e fi-nanziato il Sud, mentre la filialelondinese avrebbe fatto lo stessocon il Nord. Nell’operazionevenne investita una forte sommain propaganda per sollevare ‘ilproblema della schiavitù’, cheaccalorò gli animi al punto giu-sto. Lo scopo era quello di divi-dere gli Stati Uniti e indebolirliper poterli poi adeguatamentesfruttare.

Nel 1905, i Rothschild europeiconvinsero e finanziarono lo zarNicola II di Russia per fareguerra al Giappone. Nello stessotempo, i Rothschild americani,attraverso una loro società, laKuhn-Loeb & C., finanziaronoil governo giapponese. Dalla

guerra l’economia russa ne uscìdistrutta, anche a causa dei pe-santi interessi dovuti ai Ro-thschild, venendosi così a for-mare le condizioni per rivoltepopolari.

‘BANCHIERI INTERNAZIONALI’tional Corporation, i Rothschildfinanziarono direttamente i Bol-scevichi attraverso Kuhn-Loeb& Co., la stessa compagnia cheaveva finanziato i giapponesinel 1905. La società versò nel1917 la somma di 50 milioni didollari dell’epoca, pari a circa1.500 milioni di dollari odierni,nel deposito di un conto corren-te presso una banca svedese, a-perto a favore di Lenin e diTrotzky. Altri 20 milioni di dol-lari, 600 milioni al valore di og-gi, furono versati da Elishu Ro-ot, avvocato della Kuhn-Loeb &Co., e Segretario di Stato ameri-cano. Lenin rimborsò i debiti,con i relativi interessi, pagandotra il 1918 e il 1922, 450 milionidi dollari, pari a circa 13.500

milioni al valore attuale.Perché mai i ‘banchieri inter-

nazionali’ finanziarono i Bol-scevichi? La risposta viene dalla

Allo scoppio della GuerraMondiale la Russia si schieròcontro gli Imperi Centrali e iRothschild, finanziatori dientrambi gli schieramenti, neapprofittarono per far arrivare irifornimenti ai Russi con ilcontagocce, per metterne in crisil’esercito. L’obiettivo dei ban-chieri era quello di spodestare iRomanov, ostili ai loro disegni,e creare uno spauracchio per lepotenze occidentali.

Trotzky, che risiedeva in Ger-mania, si trasferì a New York e

da lì raggiunse la Russia con unpassaporto americano che gli a-veva procurato il presidenteWoodrow Wilson, e con 10.000

1919: un massacro di civili in Estonia da parte dei Bolscevichi 

dollari che gli avevano dato i

Rockefeller. Lenin raggiunseTrotzky in Russia viaggiandodalla Svizzera attraverso la Ger-mania. La rivoluzione Bolscevi-ca venne finanziata in più ripre-se da un consorzio di banche in-glesi, canadesi e statunitensi,riunite nella American Interna-tional Corporation, tutte control-late dai Rothschild attraverso lefamiglie Rockefeller, Du Pontde Nemour, Harriman, Bush e,incredibile ma vero, la FederalReserve. Trotzky nella sua auto-biografia scrisse di prestiti con-

cessi da Alexander Gruzenberg,della Chase National Bank, diproprietà della famiglia Morganche, come Rockefeller, facevacapo ai Rothschild. Oltre a par-tecipare all’American Interna-

loro inesauribile volontà di po-tenza. Essi pensavano già a unaseconda guerra mondiale, allacontrapposizione di blocchi e adaltre guerre, con gli enormi pro-fitti che ne sarebbero derivati.

L’analisi delle conferenze dipace e dei relativi trattati del1919 e del 1920 conferma che imembri delle delegazioni diFrancia, Gran Bretagna e StatiUniti assolsero i propri ruolisecondo l’occulta regìa dei “ban-chieri internazionali”. Novanta sucentoventi dei componenti ladelegazione degli Stati Uniti aVersailles erano dipendenti,collaboratori o soci in affari deiRothschild americani. Quei

trattati furono il mezzo perprovocare il Secondo conflittomondiale e le centinaia di con-flitti minori che lo precedettero elo seguirono.

(To.Li)

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 Numero 1

*Zara: Martirio di una città*Rsi: Tribunali legittimi*Socializzazione, un anno dopo*Bombacci, il socialismo e la Rsi*Quei ragazzi del ‘Mussolini’*Nasce il nuovo Esercito repubblicano*Nove mesi della Rsi a Terni*Prigionieri nel Campo 211 di Al-geri

 Numero 2

*Sparate per uccidere: FirmatoPietro Badoglio*I fucilati dei Servizi speciali del-la Rsi*Il centenario della nascita di A-ther Capelli*Documenti sulla ‘liberazione’:*Il martirio delle Ausiliarie,l’uccisione di Giuseppe Solaro, lastrage di Oderzo*Monterosa, una Divisione di ferro*Campo 25 non-cooperatori. Ri-

cordo di Mussolini*FF.BB. nella Muti*Coltano: una vergogna perl’esercito statunitense*Il ‘Mameli’ sul fronte Sud*Pasqua di sangue al Ponte dellaPietà

 Numero 3

*Rsi: Il funzionamento dello Stato*Le vittime dimenticate della fe-rocia Alleata*Esperia, atroce martirologio diuna popolazione indifesa*Il disprezzo inglese verso gli Ita-liani

*Il ‘Mameli’ sul fronte del Senio*Divisione Littorio: in difesa deiconfini*Gli aguzzini (inglesi) del Campo175*F.T. Marinetti, poeta di respiroeuropeo*Valtellina ’44: Il progetto Costa*Bottai: la maschera e il volto*Rino Zurlo: Azione e fede, sinte-si di una vita*Le Forze Armate Italiane all’8settembre 1943*Dal Fiume: Aiuta gli anti-fascistie i partigiani lo sbattono in galera

 Numero 4*25 Aprile: sangue e morte in no-me della «libertà»*RSI il funzionamento dello Stato(seconda parte)*Foibe '43 prologo di una tragedia*Illegali le stragi del dopoguerra*I giorni del massacro a Torino*Il calvario dei civili*I Caduti nel cuneese*Le Ausiliarie cadute di Piemonte*Il massacro di «La Zizzola»*La flotta italiana si consegna aMalta*Gino Gamberini: un eroe dell’a-viazione italiana

 Numero 5

*8 Settembre: Il giorno della gran-de vergogna*Speciale da pagina 2 a pagina 10L’azione di Governo della RSI e isuoi ministri

 Numero 6 

*Ricordiamo Graziani*I Caduti dei Servizi Speciali Rsi*Gius t iz ia par t ig iana ne lMonferrato*25 luglio 1943: la testimonianzadi F.T. Marinetti*Il tradimento di Karl Wolff *Elenco dei Caduti e decorati delIIo Battaglione Bersaglieri ‘Gof-fredo Mameli’

 Numero 7 

*Duccio Galimberti, l’ antifascistacon un progetto Mussoliniano*25 Aprile, i giorni dell’odio*Franchi tiratori a Torino*1943 - 1945 le forze in campo*Agenti speciali della Rsi: iltradimento li attendeva al varco*Anglo-americani e sovieticialleati in una sporca guerra*Soldati della Rsi oltre i confini*La Socializzazione nella Repub-blica Sociale Italiana*I profili: Piero Pisenti*I prigionieri italiani sotto iltallone britannico

 Numero 8

*Giovanni Gentile: 60 anni dalsuo assassinio*Farinacci e Rahn sull’impiegodelle truppe della Rsi*Borg Pisani, l’ultima missione aMalta*Carretta, linciaggio a Roma*Vengono alla luce le stragi inSlovenia*Crimini di guerra: assolti ivincitori*La resistenza contro gli inglesi inAfrica Orientale*Socializzazione: una dura batta-glia su due fronti*Testimoniamze: un marò del‘Barbarigo’ racconta ...*Léon Degrelle un testimone delNovecento*La Rsi dell’Himalaya

 Numero 9

*8 Settembre il giorno dopo*Il caso Matteotti*1942: i cattolici di fronte allaguerra*Le atrocità dei ‘rojos’ in Spagna*L’autentica storia di AmerigoDumini*Pagine roventi sul mito resisten-ziale*I ‘ragazzini’ del Mameli al fronte*Il messacro ‘legale’ dei priogio-nieri tedeschi*Martirologio istriano

 Numero 10

*1944: sangue e rovine dal cielo*La clemenza di Mussolini e lagenerosità di Graziani*Le donne uccise dai partigiani*Fascismo clandestino in Sicilia*I crimini dei vincitori*Gruppo Corazzato ‘M’ Leonessa*La pugnalata alle spalle*Nel processo di Norimberga en-tra anche il grottesco*Parola di Marx: «Dietro ogni Ti-ranno si trova un ebreo»*La Resistenza in Piemonte: ucci-dete i feriti

 Numero 11

*Tempo di foibe e 25 Aprile*Il massacro di Schio dei partigia-ni rossi*La flotta italiana arresasi a Mal-ta: un sordido mercato condottoda W. Churchill*Risorgimento e Fascismo: il giu-dizio di Giuseppe Prezzolini*Le donne uccise dai partigiani*Fascismo clandestino in Sarde-

gna*Folgore, gli ultimi giorni di linea*Le vittime dimenticate dei campipolacchi*Gli intellettuali italiani e il Fasci-smo*La lurida storia di crani giappo-nesi (e non solo) usati come sou-venirs dai marines americani*Reg Alpini ‘Tagliamento’*Il flagello dell’oppio sotto le in-segne della Corona britannica

 Numero 12

*Strage di civili sotto i bombarda-menti alleati

*Fascismo clandestino: EttoreMuti*Le donne uccise dai partigiani*Rsi: gli ultimi giorni a Torino*Sicilia: le stragi dimenticate el’alleanza Usa-mafia*Stupro di massa nella Germania1945*Dalla Camicia nera all’antifa-scismo*Galleria degli orrori contro fasci-sti o presunti tali*XIV Battaglione costiero di for-tezza*Razzismo Usa - Schiavitù e se-

gregazione*Una testimonianza su Cheren(Foto - notizie - appunti storici)

 Numero 13

*8 Settembre il giorno dopo*Valerio Pignatelli, la Primularossa fascista nell’Italia occupata*25 Luglio: crollo del Regime -Le profonde radici del dissolvi-mento*Sicilia: una resistenza che durò38 giorni*L’orrore dell’universo comunista*Viaggio tra i voltagabbana di unaguerra ‘non sentita’*Partito unico o pluralità di partiti

*Come gli Usa entrarono in guer-ra per aprire i mercati alle loromerci*Gruppo corazzato ‘Leoncello’*Rsi e Vaticano*La ‘Volante rossa’.

 Numero 14

*8 Settembre: resa incondizionata*Con i franchi tiratori a Napoli*Genocidio degli aborigeni australiani*Soldati della Rsi sul fronte diAnzio e Nettuno*La morte di Solaro*Scorre il sangue in Emilia Roma-gna

*La storia (dimenticata) del terro-rismo ebraico*Ezra Pound: la vendetta degli u-surai*Il potere politico dei governi as-servito alle banche centrali

 S O M M A R I

SEGNALAZIONIVito Bianchini Ciampoli -“Marò, gli ultimi eroi 1944/45”Battaglione ‘Lupo’ Xa FlottigliaMas, Edizioni Lo Scarabeo,Pagg. 118, 12,60.Piero Baroni - “La fabbricadella sconfitta” Ed. Settimo Si-gillo, Pagg. 128, 11,50;Mirella Sereni - “I Redenti -Gli intellettuali che vissero duevolte 1938/194”, Ed. Corbaccio,Pag. 376, 19,60;Luciano Lucci Chiariti - “Conil Barbarigo a Nettuno”, Ed. Ef-fepi, Pagg. 128, 16,00;

Luigi Romersa - “All’ultimoquarto di luna - le imprese deimezzi d’Assalto”, Mursia Edito-re, Pagg. 162, 16,30;Daniele Lembo - La resistenzafascista - Fascisti e Agenti spe-ciali dietro le linee”, MA.RO.Editrice, Pagg. 312, 25,00;Pierangelo Pavesi - Carlo Ri-volta - Erano fatti così!” Legio-ne Autonoma Mobile E. Muti”,MA.RO. Editrice, Pagg. 256,25,00;Jörg Friedrick - “La Germania

Bombardata 1940/1945 - La po-polazione tedesca sotto gli attac-chi Alleati”, Editrice Mondado-ri, Pagg. 520, 23,00;Marco Carducci - “La Legione‘M’ Guardia del Duce” - Neldiario del suo ultimo comandan-te Ten.Col. Attilio Jaculli”, Edi-zioni Ritter, Pagg. 90, 18,00;Emilio Bettini Gilberto GoviEnzo Zanotti - “RSI Addio ...dai ragazzi di una Scuola Allie-vi Ufficiali della Guardia Nazio-nale Repubblicana”, EdizioniLo Scarabeo, Pagg. 352, 22,40Rodolfo Graziadei Pino DeRosa - “Ultimo giorno, ultimaora, ultimo minuto”, Ed. Setti-mo Sigillo, Pagg. 170, 17,00,Giuliano Fiorani “Battimani esputi da Piazza Venezia a Piaz-zale Loreto”, Ed. MA.RO.,Pagg. 278, 25,00,Carlo Cucut - “Le Forze Arma-te della Rsi 1943/1945 Forze diterra”, Ed. Gruppo ModellisticoTrentino di studio e ricerca sto-rica, Pagg. 223, Grande forma-to, 30,00.

A cura di Servizio libri‘Historica Nuova’

Tel. Fax: 011/6406370

L IBR I 

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La riproduzione degli articoli è consentita citando la fonte.I testi inviati in visione o per la pubblicazione vengono re- stituiti solo dietro esclusiva richiesta dell’interessato.

Il Centro Studi di Storia Con- temporanea ‘Historica’ è i- scritto all’Albo dell’Associa- 

COMITATO DIRETTIVO

  Presidente Gianni Rebaudengo - Paolo BoschettiPina Cardia - Luciano Perocchio - Giuseppe SardiErnesto Zucconi

Al computer Pina Cardia

Produzione e distribuzione in proprio

 NUMERO MARZO 2006 

HISTORICA  NUOVA

Centro Studi diStoria Contemporanea

CASELLA POSTALE 17614100 ASTI

Tel. 011/[email protected]

Evidentemente, visto come sono andate le cose, la bandieradell’antifascismo è in grado di coprire – e perché no, premia-re – qualsiasi follia omicida compiuta in nome e per conto diuna consorteria che assolve e condanna a suo piacimento, se-condo interessi che affondano le proprie radici nella difesa adoltranza del potere conquistato.

L’Italia ufficiale, quella nata dalla Resistenza, ancora oggicala un sipario di assoluto silenzio sui massacri di Spagna,sui 16.000 religiosi vilipesi e uccisi, sugli 11 Vescovi marti-

rizzati, sulle 3.000 chiese devastate, sulle tombe violate, sullemigliaia di uomini e donne immolate su altari pagani. Perquesti Martiri non esiste “giornata della memoria”, essi giac-ciono nel sottoscala della Storia assimilati a semplice im-mondizia.

Lo spazio a disposizione non ci permette, certo, di stilareun repertorio completo delle atrocità compiute in Spagna dacomunisti e anarchici (con lo sguardo rivolto altrove di socia-listi & C.). Ci limiteremo pertanto a qualche esempio che è

però rappresentativo di migliaia di altri, proponendo soltantoalcuni tra i ‘metodi’ adottati nella disumana mattanza.

Tra i ‘metodi’ più in voga l’uccisione dei prigionieri(soprattutto civili e religiosi) a colpi d’ascia, bruciati vivi osquartati, per le suore lo sventramento, per altri il taglio delleorecchie e dei nasi prima della fucilazione. A Baena, a unadonna incinta di otto mesi viene aperto il ventre e il bambinoestratto viene a sua volta squartato. Ragazzine vengono vio-late sull’altare di una chiesa e infine decapitate. Il Vescovo

ottantenne di Siquenza viene bruciato vive da un gruppo diprostitute. A Valencia, a sette religiosi viene tagliata la lin-gua prima di fucilarli; la loro colpa è di essersi rifiutati di be-stemmiare. E via così, in un’orgia ideologica di sangue in cuil’uomo è animale feroce e impunito. Perché non vi è castigoper chi innalza su quei cadaveri la rossa bandiera della Rivo-luzione comunista.

E il silenzio si fa coltre sempre più pesante, diventa maci-gno in questa terra d’Italia senza più memoria. ( g.r.)