Herbarium - hennè e erbe tintorie_ colorazione e cura dei capelli Phitofilos

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La storia, la descrizione e le caratteristiche delle principali erbe tintorie che utilizziamo per creare prodotti 100% naturali per la cura e il benessere dei capelli. Le nostre polveri d’erbe sono il prodotto ideale per la colorazione, la riflessatura della chioma anche in presenza di capelli bianchi Hennè - Indigofera Isatis Noce Campeggio Camomilla Rabarbaro Robbia INCI: Indigofera tinctoria leaf powder (Leguminosae) Al genere Indigofera appartengono circa trecento specie, originarie in particolar modo dell’India, della Cina e dell’isola di Giava. Le indigofere appartenenti alla famiglia delle leguminose, sono piante arbustive perenni, grigiastre, con foglie imparipennate e piccoli racemi ascellari o spighe di fiori di colore tra il porpora ed il rosa. Quelle più utilizzate per tingere sono ancora l’Indigofera tinctoria L. e l’Indigofera anil L. Il nome con cui viene chiamata questa pianta è indaco, termine di origine latina: indicum, cioè indiano, con chiaro riferimento al suo paese di origine, l’India. In genere, tuttavia, è divenuto uso comune il termine Indigo o Hennè Nero. Indigofera si riferisce al fatto che la pianta sia produttrice di indaco, una sostanza colorante dai toni scuri. L’impiego dell’indigo nella colorazione delle fibre naturali risale ai primordi della civiltà: i nostri antenati Europei del Neolitico conoscevano già questa tintura dei toni bluastri, sebbene ricorressero all’utilizzo di un’altra pianta. In Egitto durante il periodo dei faraoni, infatti, si ricava il colore blu dall’utilizzo del guado (Isatis tinctoria). Tale arte tintoria si diffuse poi in Grecia e successivamente in Italia, dove i Romani svilupparono intensamente la coltura dell’Isatis tinctoria. È interessante il fatto che già presso i Greci ed i Romani, era noto che nei paesi dell’Estremo Oriente esisteva una tintura blu molto potente e resistente: l’indicum o indikon, chiamato anche blu delle indie o indaco. La cosa sorprendente, e che a quei tempi non si immaginava neppure, è che le due tinture, indaco e guado, benché ottenute da piante diverse, permettano di ottenere lo stesso principio tintorio, l’indaco o indigotina. Non a caso il termine Hennè Nero risulta ambivalente nell’indicare sia l’indigo, ossia Indigofera Tinctoria, che il guado, ossia l’Isatis Tinctoria. Nel corso del XVII secolo, infatti, con l’introduzione dell’Indigofera, l’industria del guado entrò repentinamente in crisi perché l’indigo si dimostrò essere economicamente più conveniente. L’indaco offriva l’enorme vantaggio di eliminare i processi lavorativi di macinazione e macerazione. Solo alla fine del 700 si scoprì che anche con l’Isatis si poteva colorare utilizzando lo stesso procedimento dell’indigofera. La semina dell’Indigofera tinctoria avviene in primavera, la fioritura si ha dopo circa tre mesi. In quel momento le foglie assumono un colore violaceo, ciò è indice del fatto che il contenuto in indaco è elevato. Il principio tintorio, l’indacano, è sprigionato dalle foglie, le quali contengono, inoltre, il bruno d’indaco e pigmenti flavonici gialli. La quantità e la ripartizione percentuale dei pigmenti presenti varia sia da specie a specie, sia a seconda dell’età della pianta. Si pensa che la coltivazione dell’indigo, per garantire migliori risultati, debba essere fatta in un luogo ove la temperatura media giornaliera, per tre mesi consecutivi, si mantenga sui 22°C. La polvere di Indigofera è ampiamente utilizzata per la colorazione naturale dei capelli al fine di ottenere tonalità scure o brune. Poco dopo l’applicazione, i capelli acquistano una tonalità verde/blu, mentre i capelli bianchi assumono un riflesso tendente al cenere. L’utilizzo dell’hennè nero su capelli castano scuro o bruni porta a gradevoli risultati, la base di partenza assumerà gradualmente toni color melanzana. Ottenendo così un effetto scurente e brillante sull’intera capigliatura. In presenza di un buon numero capelli bianchi essi tenderanno ad assumere riflessi giallo-verdi o verdi- azzurri poco gradevoli, che in qualche ora vireranno al blu. Affinché si possa ottenere una copertura in trasparenza del bianco è necessario, una volta risciacquata la pastella, attendere qualche ora di esposizione all’aria. Per evitare lo spiacevole riflesso verde-bluastro è caldamente consigliabile il doppio passaggio: // una prima applicazione di hennè rosso (per circa 20/30 minuti), per garantire una pre-mordenzatura dei bianchi indirizzandoli verso toni ramati // una seconda applicazione successiva di hennè nero. NB. Mentre l’acidificazione della pastella garantisce migliori risultati su alcuni tipi di erbe e miscele (in maniera particolare sull’hennè rosso), nel caso dell’hennè nero, per ottenere una presa maggiore, si consiglia invece l’alcalinizzazione. Phitofilos sas Italia © 2013 Tutti i diritti Riservati - creato da ShinGraphic Home PHI Siamo Cosa Facciamo FAQ – Henné Henné Capello Prodotti Certificazioni Erbe Herbarium Clienti PHI-dati News Contatti Inserisci parole c Herbarium - hennè e erbe tintorie: colorazione e cura dei capelli Phitofilos http://www.phitofilos.it/phi/herbarium/ 1 di 5 05/01/2014 14:31

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La storia, la descrizione e le caratteristiche delle principali erbetintorie che utilizziamo per creare prodotti 100% naturali per lacura e il benessere dei capelli. Le nostre polveri d’erbe sono ilprodotto ideale per la colorazione, la riflessatura della chiomaanche in presenza di capelli bianchi

Hennè - Indigofera – Isatis – Noce – Campeggio – Camomilla – Rabarbaro – Robbia

INCI: Indigofera tinctoria leaf powder (Leguminosae)

Al genere Indigofera appartengono circa trecento specie, originarie inparticolar modo dell’India, della Cina e dell’isola di Giava.Le indigofere appartenenti alla famiglia delle leguminose, sono piantearbustive perenni, grigiastre, con foglie imparipennate e piccoli racemiascellari o spighe di fiori di colore tra il porpora ed il rosa. Quelle più utilizzateper tingere sono ancora l’Indigofera tinctoria L. e l’Indigofera anil L.Il nome con cui viene chiamata questa pianta è indaco, termine di originelatina: indicum, cioè indiano, con chiaro riferimento al suo paese di origine,l’India. In genere, tuttavia, è divenuto uso comune il termine Indigo oHennè Nero.Indigofera si riferisce al fatto che la pianta sia produttrice di indaco, unasostanza colorante dai toni scuri.

L’impiego dell’indigo nella colorazione delle fibre naturali risale ai primordidella civiltà: i nostri antenati Europei del Neolitico conoscevano già questatintura dei toni bluastri, sebbene ricorressero all’utilizzo di un’altra pianta.In Egitto durante il periodo dei faraoni, infatti, si ricava il colore blu

dall’utilizzo del guado (Isatis tinctoria). Tale arte tintoria si diffuse poi in Grecia e successivamente inItalia, dove i Romani svilupparono intensamente la coltura dell’Isatis tinctoria. È interessante il fatto chegià presso i Greci ed i Romani, era noto che nei paesi dell’Estremo Oriente esisteva una tintura blu moltopotente e resistente: l’indicum o indikon, chiamato anche blu delle indie o indaco. La cosa sorprendente, eche a quei tempi non si immaginava neppure, è che le due tinture, indaco e guado, benché ottenute dapiante diverse, permettano di ottenere lo stesso principio tintorio, l’indaco o indigotina. Non a caso iltermine Hennè Nero risulta ambivalente nell’indicare sia l’indigo, ossia Indigofera Tinctoria, che ilguado, ossia l’Isatis Tinctoria.Nel corso del XVII secolo, infatti, con l’introduzione dell’Indigofera, l’industria del guado entròrepentinamente in crisi perché l’indigo si dimostrò essere economicamente più conveniente. L’indaco offrival’enorme vantaggio di eliminare i processi lavorativi di macinazione e macerazione. Solo alla fine del 700 siscoprì che anche con l’Isatis si poteva colorare utilizzando lo stesso procedimento dell’indigofera.

La semina dell’Indigofera tinctoria avviene in primavera, la fioritura si ha dopo circa tre mesi. In quelmomento le foglie assumono un colore violaceo, ciò è indice del fatto che il contenuto in indaco è elevato.Il principio tintorio, l’indacano, è sprigionato dalle foglie, le quali contengono, inoltre, il bruno d’indaco epigmenti flavonici gialli. La quantità e la ripartizione percentuale dei pigmenti presenti varia sia da specie aspecie, sia a seconda dell’età della pianta. Si pensa che la coltivazione dell’indigo, per garantire miglioririsultati, debba essere fatta in un luogo ove la temperatura media giornaliera, per tre mesi consecutivi, simantenga sui 22°C.

La polvere di Indigofera è ampiamente utilizzata per la colorazione naturale dei capelli al fine di otteneretonalità scure o brune. Poco dopo l’applicazione, i capelli acquistano una tonalità verde/blu, mentre i capellibianchi assumono un riflesso tendente al cenere.L’utilizzo dell’hennè nero su capelli castano scuro o bruni porta a gradevoli risultati, la base di partenzaassumerà gradualmente toni color melanzana. Ottenendo così un effetto scurente e brillante sull’interacapigliatura.In presenza di un buon numero capelli bianchi essi tenderanno ad assumere riflessi giallo-verdi o verdi-azzurri poco gradevoli, che in qualche ora vireranno al blu. Affinché si possa ottenere una copertura intrasparenza del bianco è necessario, una volta risciacquata la pastella, attendere qualche ora di esposizioneall’aria.Per evitare lo spiacevole riflesso verde-bluastro è caldamente consigliabile il doppio passaggio:

// una prima applicazione di hennè rosso (per circa 20/30 minuti), per garantire una pre-mordenzaturadei bianchi indirizzandoli verso toni ramati

// una seconda applicazione successiva di hennè nero.

NB. Mentre l’acidificazione della pastella garantisce migliori risultati su alcuni tipi di erbe e miscele (inmaniera particolare sull’hennè rosso), nel caso dell’hennè nero, per ottenere una presa maggiore, siconsiglia invece l’alcalinizzazione.

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INCI: Isatis tinctoria leaf powder (Cruciferae)

L’Isatis tinctoria (chiamata anche guado o pastello) è una cruciferaerbacea, biennale. La pianta presenta un fusto che può raggiungere un metroe mezzo di altezza. Il principio tintorio, presente sulle foglie, ossidandosiall’aria, forma l‘indaco o indigotina, di colore blu. Fino al XVII secolo questapianta, è stata coltivata in Italia e commercializzata per produrre sostanzecoloranti azzurre per i tessuti, tanto da rappresentare una delle maggioririsorse di molti paesi collinari. Tale coltivazione era particolarmenteimportante nelle Marche e, sull’altro versante dell’Appennino, nell’alta valledel Tevere.La semina si faceva in febbraio, e già a primavera inoltrata si effettuava laprima raccolta, cogliendo le foglie, che poi venivano macinate entro duegiorni, e la massa pastosa (da qui il nome pastello) era frazionata in pani tuttiuguali; una volta essiccati, venivano frantumati e bagnati con acqua. Dopocirca un mese, il prodotto pronto per l’uso veniva inviato alle tintorie in tuttala Toscana, ma anche nel nord Italia ed all’estero. Durante il XVII secolo, conl’introduzione dell’Indaco, proveniente dall’India ed economicamente piùconveniente, l’industria del guado entrò repentinamente in crisi.L’indaco (Indigofera tinctoria) aveva

infatti il vantaggio di eliminare i processi lavorativi di macinazionee macerazione. Solo alla fine del 700 si scoprì che anche conl’Isatis si poteva colorare utilizzando lo stesso procedimentodell’indigofera, ma per il commercio era troppo tardi, poiché eraormai subentrata in tutti i mercati. Il metodo utilizzato perestrarre l’indaco dall’indigofera consisteva nel rovesciare le fogliein una vasca, venivano coperte di acqua e lasciate a macerare tregiorni, allo scadere dei quali, l’acqua, divenuta verdastra, venivatravasata in una tinozza più in basso. Qui veniva poi aggiuntadell’acqua di calce e la soluzione agitata. Dopo qualche ora, sulfondo, si depositava una fanghiglia blu, che era recuperatasvuotando l’acqua soprastante.Dalla poltiglia, filtrata ed essiccata in pochi giorni, si riusciva ad ottenere un ottimo colorante in polvere, giàossidato e pronto per essere usato. Agli inizi dell’800 venne fatto un tentativo di scarso successo diripristino dell’antica coltura dell’Isatis, quando il blocco continentale, imposto dagli Inglesi controNapoleone, impedì tra le altre importazioni anche quella dell’indaco. La colorazione col pastello permettevadi ottenere una gamma di blu molto ampia, dai toni più scuri a quelli più tenui, poi, come per l’indaco, lacolorazione col guado era preceduta da quella con tinture gialle o rosse, per ottenere verdi, porpora evioletti. E’ in America che l’indaco ebbe la sua seconda giovinezza quando fu adoperato per tingere queipantaloni di tela grezza e resistente, buoni per operai e minatori, chiamati jeans. La produzione di questipantaloni fu poi standardizzata negli Stati Uniti nel 1850.

Per riflessare i capelli verso tonalità scure o brune, la polvere dell’Isatis è ampiamente utilizzata edapplicata con eccellenti risultati. La sua prima tonalità è il verde/blu, che su capelli bianchi vira verso ilcenere.Se una persona con i capelli castano scuro o bruni, si sottopone alla colorazione con l’isatis, sicuramenterimarrà soddisfatta del risultato finale, poiché la tonalità dei suoi capelli diventerà in breve tempo più scurae brillante, assumendo toni color melanzana. Ma se chi si colora ha dei capelli bianchi, in buon numero,dopo la colorazione invece del nero vedrà dei riflessi giallo-verdi o verdi-azzurri poco gradevoli, che colpassare delle ore diverranno blu, se la polvere di isatis era ricca di indaco e se il colore si è legato bene.Risciacquare la pastella dopo un’ora, o dopo un tempo più lungo, porta sempre allo stesso risultato, eperché si possa avere una copertura in trasparenza del bianco, devono passare, dopo il risciacquo, alcuneore di esposizione all’aria.Comunque, il miglior trattamento in questi casi, è il doppio trattamento di hennè rosso (per 20/30minuti), fintanto che i capelli bianchi risultino leggermente ramati e poi, dopo aver sciacquato il tutto,passare alla applicazione della pastella con Isatis (hennè nero). Da esperimenti fatti, si è notato chel’alcalinizzazione della pastella di hennè nero dà migliori risultati di presa, contrariamente all’hennèrosso, la cui pastella va acidificata.

Hennè - Indigofera – Isatis – Noce – Campeggio – Camomilla – Rabarbaro – Robbia

INCI: Juglans regia shell powder (Juglandaceae)

Oriundo dell’Asia occidentale e forseanche della Grecia settentrionale, ilnoce è un albero alto dai 10 ai 25 m,largamente diffuso e coltivato intutta l’Europa centrale e meridionale

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sin dall’antichità. Il frutto, una drupapiuttosto consistente, ha unmesocarpo verde, il mallo, e unendocarpo legnoso, il guscio.Il nome Juglans regia risale alperiodo dell’antica Roma ed è legatoalle parole Jupiter e Jovis, cioè aGiove, il padre di tutti gli Dei, e alla sua regalità nei confronti di tutte le altredivinità. Nel XVI-XVII secolo il frutto, a causa della sua forma interna, similea quella di un cervello, assunse grande importanza come rimedio medicinaletra i seguaci della “Dottrina dei segni”. Il noce è anche una piantatradizionalmente usata per tingere, e le parti che sono utilizzate per questoscopo sono il mallo e le foglie, raccolti rispettivamente in autunno e all’inizio

dell’estate. I principi tintori sono dei derivati naftochinonici rappresentati dallo juglone (isomero dellawsone). Lo juglone si ritrova in proporzioni variabili in tutta la pianta di noce, e determinerebbe da solouna colorazione rosso-arancio. Le sostanze tanniche del mallo verde scompaiono completamente quandoesso raggiunge la maturazione. La tintura di lana, seta e cotone con il mallo riusciva a conferire a questefibre una colorazione molto resistente, richiedeva però un procedimento lungo e laborioso.I malli verdi venivano posti a macerare e fermentare in poca acqua anche per un anno, fino ad ottenere unbagno di colore bruno. Poi, nel mallo fermentato, filtrato ed opportunamente diluito, venivano tinte le fibreper un’ora a 80°C. In questo modo era possibile ottenere varie tonalità di marrone. La mordenzatura consali inorganici ampliava poi la gamma di colori all’ocra, al terra di siena, al verde oliva e al nero. Lacolorazione con mallo di noce fermentato è una antica tecnica Persiana, utilizzata per le lane destinatealla fabbricazione di tappeti.

L’applicazione per circa un’ora di una pastella di polvere di mallo di noce e acqua calda, conferisce allalana un colore marrone chiaro, mentre invece al capello riesce a dare solo una debole riflessatura giallo-aranciata .La miscela della polvere di mallo di noce con polveri di hennè rosso e hennè nero, porta a colorazionigiallo-brunite, la cui applicazione ripetuta nel tempo, porta a tonalità castagna o castano/brune aseconda della percentuale di bianchi presenti.

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INCI: Haematoxylon campechianum bark powder(Leguminosae)

E’ un grande albero, alto fino a 15 m, con il tronco rossastro ed i ramispinosi, originario della Baia di Campeche in Messico, ma molto diffuso intutto il continente americano.Il suo legno fu introdotto in Europa dagli Spagnoli, dopo la scopertadell’America, con il nome di “palo campecho’, e, dato il grande successocommerciale che ebbe, si cercò di coltivarlo in grandi piantagioni colonialianche in altre parti del mondo. Per tingere si usava il legno scortecciato,rosso-bruno-violaceo, del tronco e dei rami più grossi, ridotto a pezzetti. Lasostanza colorante è l’ematossilina, incolore, che, in ambiente umido,ed in presenza di ossigeno dell’aria, si trasforma in emateina, intensamentecolorata.Infatti, prima dell’utilizzo, il legno campeggio viene triturato, bagnato elasciato riposare per alcuni giorni.In ambiente acido il bagno di colore vira al giallo-rosso, mentre in presenzadi alcali diventa rosso-violetto, e bruno-nero per successiva ossidazioneall’aria. Questo legno, a partire dal XVIII secolo, ha avuto una importanzaeconomica enorme, ed ha resistito alla concorrenza dei coloranti chimici finoa dopo la prima guerra mondiale. Il segreto di questo successo è da

ricercare nella messa a punto di particolari sistemi di colorazione, che permettevano di ottenere colcampeggio colori neri di sfumature diverse (neri-rossastri, neri-verdastri, neri-blu ecc.) estremamentesolidi, soprattutto sulla lana.Questo traguardo tecnico fu raggiunto proprio nel periodo storico dellaRiforma in Europa e dell’avvento del Puritanesimo, caratterizzato dauna borghesia emergente e bisognosa di distinguersi moralmenteanche nel modo di vestirsi, per cui sia gli uomini che le donne sivestirono di nero. Così la richiesta di tessuti (lana, seta e cotone) neri,per confezionare abiti da parte di civili e religiosi fu grandissima, e duròper tutto il XIX secolo. I neri erano ottenuti per sovrapposizione di piùtinture, quasi totalmente di origine vegetale, e nelle ricette il legnocampeggio era sempre presente in una alta percentuale.

L’utilizzo della polvere del legno di campeggio per dare riflesso aicapelli, si è rivelato un vero e proprio unicum, nel senso che dàtonalità uniche e caratteristiche. In miscela con altre polveri d’erbe(Miscela Mallo di noce, Hennè Rosso, Hennè Nero) assume sui fondi castani delle note castano-ramate con notevole copertura anche in presenza di capelli bianchi.

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INCI: Matricaria recutita flower powder (Compositae)

E’ una pianta erbacea, annua, aromatica, glabra, alta fino a 50 cm. I fiorisono raccolti in capolini, con il disco centrale costituito da fiorellini tubulosigialli e la raggiera esterna da fiori bianchi. Il nome italiano, camomilla,deriva dal latino chamomilla, a sua volta adattamento del grecokhamaìmelon (dall’avverbio chàmai, “a terra”, e per estensione “piccolo” eda melon, mela, cioè:”piccola mela”, per l’odore dei fiori simile a quello dicerti pomi). Cresce spontaneamente in Europa, Asia, America settentrionaleed Australia, ma viene anche facilmente coltivata; nelle regioni temperateeuropee fiorisce da maggio a settembre. La parte della pianta utilizzata pertingere sono i capolini, contenenti flavonoidi. La camomilla è una dellepiante più utilizzate in cosmesi, poiché tutti i suoi derivati sonoperfettamente tollerati a livello cutaneo senza limiti di dosaggio. E’ impiegatacome emolliente, lenitivo e schiarente per capelli.Dioscoride la consigliava alle donne partorienti per la sua influenzabenefica sulla muscolatura dell’utero: funzione ricordata dal suo nomebotanico matricaria, che deriva dal latino matrix, utero, o da mater, madre.

L’infuso di camomilla è da sempre consigliatonella tradizione popolare come risciacquo per eliminare il grigio daicapelli sbiaditi e ridonare una lucentezza dorata ai capelli biondi.Il reale risultato che si ottiene utilizzando questa pianta da sola, però, ècomunque molto blando. L’utilizzo in miscela con altre polveri di erbe tintorie(rabarbaro, centaurea, hennè rosso) riesce a dare risultati soddisfacenti,soprattutto in presenza di biondi venati di bianco, meches e colpi di sole,ottenendo copertura ai capelli bianchi e riflessature naturali.

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INCI: Rheum officinale root powder (Polygonaceae)

Il rabarbaro cinese o Rheum officinale (palmatum) è originario della Cina edel Tibet, cresce allo stato spontaneo, ma soprattutto, visto il largo uso, vienecoltivato. Il suo aspetto è simile a quello del nostro rabarbaro rapontico, oRheum rhaponticum, anche esso originario dell’Asia centrale. Di entrambe lespecie si utilizza il grosso rizoma, che viene prelevato in primavera o autunnoda piante di 6-10 anni. Quello cinese a volte viene sofisticato con l’altro,soprattutto in forma di polvere, più difficile da riconoscere rispetto alla radiceintera. Il rizoma contiene alcuni pigmenti antrachinonici. Con le foglie siottengono gialli mediamente resistenti, mentre con il rizoma si hanno arancipiù o meno scuri, solidi alla luce e al lavaggio.I rabarbari sono la principale fonte di tinture gialle ed arancio utilizzate percolorare tessuti e tappeti in Tibet.

La polvere della radice di rabarbaro cinese è in gradodi colorare i capelli, e dona a quelli biondi e castano

chiari riflessi dorati molto intensi. E’ un colorante per capelli moltoutilizzato, usato sia nell’antichità che in tempi più recenti.In realtà per colorare i capelli col rabarbaro è sufficiente fare una pastella conacqua calda ed applicarsela sulla testa e, poiché le sue capacità di colorare sononotevoli, è consigliabile utilizzarlo in miscela con altre piante anche non coloranti,capaci invece di donare morbidezza e lucentezza al capello.La Miscela Camomilla studiata per i toni chiari/biondi è ottenuta aggiungendo alrabarbaro, le polveri di camomilla, cassia obovata, ed anche una piccola quantitàdi hennè rosso, dona una sfumatura naturale ai capelli biondi, e può portare ad un effetto gradevole, piùo meno deciso, sia su capelli biondo scuri che castano chiari, anche in presenza di capelli bianchi; siutilizza su meches o colpi di sole ormai opachi, ottenendo delle ottime nuances naturali e rinvigorendo letonalità dorate.

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INCI: Rubia tinctorum root powder (Rubiaceae)

Il nome latino di questa pianta significa “rosso dei tintori”, e rimandaimmediatamente all’utilizzo che un tempo di essa veniva fatto comecolorante. E’ una pianta perenne, sempreverde, che può raggiungereun metro di altezza. La parte utilizzata a scopo tintorio è la radice, conuna corteccia rossastra e l’interno di colore giallognolo. LaRobbia cresce spontaneamente in tutto l’Oriente. Oggi questa piantanon è quasi più usata per tingere, ma le sue radici si trovano ancoranei mercati orientali e sono utilizzate come materiale per lavoriartigianali. Le radici, di circa 2 o 3 anni, vengono raccolte in autunno,seccate al sole e macinate, fino ad ottenere una polvere, poiconservata dentro a delle botti fino a quattro anni.L’invecchiamento, caratterizzato da processi di fermentazione e idrolisienzimatica, spesso ne migliora le capacità tintorie, poiché i principicoloranti vengono in questo modo liberati dai loro legami con gli

zuccheri. Spesso si osserva che la polvere di radici che si trova in commercio non è pura, ma miscelata aquella di sandalo e altri legni rossi, per questo motivo i colori che si ottengono non sono sempre uguali.La radice di robbia contiene numerosi pigmenti di natura antrachinonica, il più importante dei quali èl’alizarina.Il colore che si ottiene è un rosso ruggine, la cui intensità dipende da diversi fattori: dalla concentrazionedel bagno, dalla durata dell’immersione della fibra da colorare, dall’invecchiamento della radice e dal suocontenuto in tannini. I rossi storicamente più famosi sono quelli che gli artigiani orientali riuscivano adottenere sul cotone, chiamati: rosso turco e rosso delle Indie, il cui segreto stava nel lungo trattamento cuiil tessuto veniva sottoposto prima della tintura, per fargli assorbire il massimo del principio colorante.

La robbia conosciuta fin dai tempi più remoti, è stata ritrovata sulle bende di linonelle tombe della valle del Nilo, ed è nominata nelle scritture sumere e nellaBibbia. Era nota ed apprezzata in tutto l’Oriente, dove l’India detenne fino al XVIIsecolo il monopolio mondiale per la tintura del cotone con questa pianta.L’utilizzo della polvere di Robbia Tintoria per colorare i capelli è poco nota, mai risultati ottenuti sono a dir poco esaltanti; soprattutto se i trattamenti diriflessatura sono indirizzati verso capelli castano-chiari, biondi, biondo-scuri, anche con colpi di sole ormai senza vivacità. La sua prima ed emergentetonalità di color rosa-albicocca, in opportuna miscelazione col giallone delrabarbaro ed il rosso-dorato dell’hennè rosso, dona alle capigliature sopra descritte uniche e naturalinuances “cognac”.

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