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VENDETTA E PASSIONE Carol Marinelli Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano Questo volume è stato stampato nell'aprile 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. 1 5 6 7 8 9

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Carol Marinelli

VENDETTA E PASSIONE

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Devil Wears Kolovsky

Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2011 Carol Marinelli

Traduzione di Laura Premarini

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony

maggio 2012

Questo volume è stato stampato nell'aprile 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano

COLLEZIONE HARMONY

ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 2696 dello 08/05/2012

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Zakahr Belenki sarebbe potuto andare a piedi, ma scelse di non farlo, anche se gli uffici della Maison Kolovsky erano a soli due passi dall'hotel di lusso dove risiedeva. Oppure, per evitare la stampa, avrebbe an-che potuto percorrere la breve distanza attraverso l'o-rizzonte di Melbourne in elicottero. Zakahr aveva sognato a lungo quel momento, era e-sattamente quello che lo aveva sostenuto durante l'in-ferno della sua giovinezza e ora, infine, il futuro tanto sognato era arrivato. Il suo autista mise in moto. La lucida limousine dai finestrini oscurati faceva voltare molte teste, mentre a-vanzava per le strette strade fiancheggiate da boutique e gallerie. Seguendo le sue istruzioni, l'autista rallentò davanti alla boutique della Maison Kolovski. L'edifi-cio blu ceruleo con il logo dorato Kolovsky era molto conosciuto e i suoi modelli ammirati e desiderati in tutto il mondo. La vetrina, come sempre, era semplice, ma estremamente raffinata: drappi di seta pesante, im-preziositi da un grande opale che scintillava alla luce del mattino. L'insieme esteticamente era davvero bel-lo, ma, come sempre accadeva a quella vista, Zakhar avvertì il sapore della bile. «Prosegui.» L'autista obbedì e pochi momenti dopo, accosta-rono davanti agli uffici della Maison Kolovsky. Il

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momento era tutto di Zakhar. Le telecamere erano in attesa, già puntate, ma per una volta non gli importò. Incredibilmente ricco e di una bellezza minacciosa, lui era uscito con le donne più belle e famose di tutta Eu-ropa. La sua reputazione di rubacuori era stata spesso denunciata e commentata sulle riviste di gossip. Seb-bene Zakhar, di solito, aborrisse l'invasione della sua privacy ora, dall'altra parte del mondo e in quella par-ticolare mattina, la cosa non lo infastidì, e trattenne a stento un sorriso ironico, mentre pensava ai Kolovsky che guardavano il notiziario, facendo colazione. Spe-rava si strangolassero! Le domande erano pressanti, le telecamere lampeggiavano e i microfoni venivano spinti verso di lui. La Maison Kolovsky era dunque stata rilevata da lui, noto magnate europeo? Oppure se ne sarebbe oc-cupato solo mentre Aleksi Kolovsky era in luna di miele? Gli era piaciuto il matrimonio? Lui era paren-te? Dov'era Nina, la matriarca? Qual era il suo inte-resse nella Kolovsky? Quella era una domanda che meritava. Dopotutto, quell'icona dell'industria della moda non rappresenta-va che moneta spicciola in un portafoglio come quello della Belenki. Zakahr non fece commenti e non ne a-vrebbe fatti nemmeno in seguito. I fatti avrebbero pre-sto parlato. Il sole gli batteva sulla nuca, gli occhi grigi erano nascosti dietro un paio di occhiali scuri, le sue labbra erano serrate e l'espressione imperscrutabile. Nell'in-sieme era una visione imponente, la sua testa spiccava sopra quella di tutti gli altri. Aveva una pelle chiara e capelli neri corti, ma nonostante l'abito impeccabile, il luccichio di un orologio costoso e le scarpe lucide, c'e-ra un'aria indomita in lui, un'irrequietezza sotto quel-l'elegante esteriorità che intimoriva i giornalisti, insoli-tamente esitanti a insistere per avere delle risposte. Era come se nessuno volesse essere notato da quell'uomo

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minaccioso, né volesse che quel potere gli si rivoltasse contro. Lui attraversò la strada e si diresse su per le scale, disperdendo la stampa, mentre spingeva le porte dorate girevoli. Zakahr si ritrovò dentro, forse avrebbe dovuto ri-manere lì un attimo e apprezzare quel momento, per-ché finalmente tutto ciò che aveva intorno era suo. Tuttavia, dentro di sé, avvertiva un profondo senso di vuoto. Apprezzava le sfide ed era arrivato pronto a combattere, eppure quando la sua identità era stata ri-velata, la Maison Kolovsky gli era stata consegnata su un vassoio e ora stava a lui decidere cosa farci. Attor-no a sé, avvertiva tangibile la preoccupazione di tutti. Non lo scalfiva. «Signor Belenki...» Il saluto lo seguì, le porte dell'ascensore aspettava-no aperte e Zakahr vi entrò. L'ascensore salì e mentre usciva al piano dove c'era il suo ufficio, avvertì la stes-sa trepidazione. Era tangibile, come se fosse stata pompata nell'impianto di condizionamento. Avevano tutto il diritto di essere nervosi, Zakahr Belenki era stato chiamato lì e, nel mondo degli affari, questo pre-annunciava un cambiamento. Nessuno fuori dalla fa-miglia sapeva chi lui fosse veramente. Zakahr si dires-se verso il suo ufficio, vi era stato diverse volte, ma mai come capo. Aprì le pesanti porte di legno, pronto a reclamare la propria primogenitura, ma il momento si infranse quando entrò nell'oscurità. Zakahr trasalì mentre accendeva le luci e il suo mento si serrò per la rabbia. Non c'era personale ad accoglierlo e le persia-ne non erano nemmeno state aperte, né i computer ac-cesi. I Kolovsky pensavano forse che l'avrebbero avu-ta vinta? Aleksi nel weekend aveva sposato Kate, la sua assistente personale, ma gli aveva assicurato che le ultime settimane erano state spese a organizzare la sua sostituzione. Peccato che lì non ci fosse nessuno. Si diresse a una scrivania e prese un telefono per

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contattare la reception e far arrivare qualcuno lassù. In quell'istante, la porta si aprì di nuovo e Zakahr rimase immobile, fremente di rabbia, mentre una stupefacen-te bionda entrava, diffondendo una fresca fragranza e portando un grosso caffè da asporto. Gli passò oltre dirigendosi verso un piccolo ufficio fuori dalla suite principale. Posò la bevanda sulla scrivania ed esordì: «Mi spiace sono in ritardo». Si sfilò la giacca e accese il computer. «Sono Lavinia.» «Lo so» rispose Zakahr, perché l'aveva vista al ma-trimonio di suo fratello sabato e la sua era una faccia che gli uomini non scordavano. Aveva enormi occhi blu e una massa di capelli biondi che le conferivano un aspetto attraente, sebbene non fosse certo splendida come al matrimonio. C'erano ombre scure sotto ai suoi occhi e un'aria di stanchezza che suggeriva fosse più pronta per andare a letto, piuttosto che lavorare. «È così che cerca di dare una buona prima impres-sione?» chiese Zakahr, abituato a personale ben curato che sbiadiva in sottofondo e non a qualcuno che ir-rompeva in una stanza, estraendo uno specchio dal cassetto e iniziando a truccarsi seduta alla scrivania. «Mi dia due minuti» rispose Lavinia, applicandosi senza vergogna del fondotinta e, notò Zakahr, cancel-landosi abilmente tutte le ombre da sotto gli occhi, «e poi farò un'ottima impressione!» Lui non poteva credere a tanta sfacciataggine. «Dov'è la segretaria particolare?» «Si è sposata sabato» rispose Lavinia. Ora stava occupandosi dei suoi occhi, il pennello era carico di colore grigio. Dato che Zakahr era stato al matrimonio, lei doveva avere pensato che la sua ri-sposta fosse spiritosa, perché alla fine della frase emi-se una risatina. Mentre si applicava il mascara, gli dis-se la verità. «La sostituta che Kate ha addestrato se ne è andata in lacrime venerdì e ha detto che non sarebbe mai tornata.»

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Non aveva intenzione di addolcirgli le cose, la Maison Kolovsky era piombata nel caos dopo la noti-zia che stava per subentrare Zakahr Belenki, e se quel-l'uomo pensava davvero di arrivare lì e trovare tutto in ordine, allora si sarebbe presto reso conto che le cose erano ben diverse. Lavinia sapeva che era seccato nel vederla truccarsi, ma cosa doveva fare? In meno di un'ora sarebbero partiti per l'aeroporto ed era essenzia-le che lei svolgesse il proprio ruolo. Nessuno dei suoi precedenti capi, Levander, Aleksi o Nina, ci avrebbe fatto caso, Zakahr, invece, ne era chiaramente infasti-dito. «Anche Kate si sistemava il viso alla scrivania?» «Kate» rispose Lavinia, «non si preoccupava molto del proprio aspetto.» Lui avvertì la nota dura nella sua voce e soffocò un sorrisetto compiaciuto davanti a quella palese irrita-zione. Kate era l'esatto opposto di Lavinia e, sicura-mente, doveva essere irritata che una madre single, so-vrappeso e piuttosto scialba avesse sposato il prezioso Aleksi Kolovsky! «È evidente che Kate ha altre doti» commentò Za-kahr e, non riuscendo a resistere, aggiunse: «Dopotut-to, ha sposato il capo!». Lui osservò il pennello fermarsi sulla guancia per un secondo, poi Lavinia continuò a imbellettarsi. «Dov'è il suo staff?» chiese lei accigliandosi, men-tre scrutava oltre le sue spalle, come se si aspettasse di vedere qualcuno. «Purtroppo sei tu il mio staff» rispose Zakahr pas-sando direttamente al tu. «Non ha portato nessuno con lei?» La sorpresa era evidente nella sua voce. Naturalmente si era docu-mentata su Zakahr Belenki, un uomo che aveva inte-ressi sparsi in tutta l'Europa. Il suo team si destreggia-va tra aziende in crisi che lasciavano intravedere le proprie potenzialità, versandovi dosi massicce di con-

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tanti per mantenerle a galla. Poi vi si istallava come un cuculo e prendeva il primo posto nel nido nuovamente redditizio. Anche se la Kolovsky era ben lungi dall'es-sere sofferente, anche se Lavinia sapeva che lui era lì per ragioni decisamente più personali, era impensabile che fosse solo. «Non è venuto il suo team?» La domanda era pertinente. I suoi collaboratori era-no rimasti perplessi che Zakahr si recasse in Australia da solo, perché per loro lui stava valutando la solven-za di una società. Perché dunque non avrebbe dovuto portarli con sé? Ma Zakahr era un leader. Non aveva mai mostrato esitazioni e la Kolovsky costituiva la sua sola e unica debolezza. Non aveva alcuna intenzione di spiegare perché il suo viaggio fosse personale e non aveva nemmeno intenzione di discuterne con Lavinia, così le ordinò semplicemente di portargli un caffè ed entrò nel suo ufficio sbattendo la porta. Lavinia aveva già lavorato sia per Levander che per Aleksi Kolovsky, quindi non si sarebbe certo fatta tur-bare da una porta che sbatteva. Seduta alla propria scrivania, avrebbe soltanto voluto chiudere gli occhi e dormire. Non aveva certo dato la migliore delle im-pressioni arrivando in ritardo, ma almeno aveva impe-dito a Zakahr di chiederle il motivo. Era stato un weekend infernale. Sostenere Nina al matrimonio di Aleksi era stata la parte più facile. Ve-nerdì la sua sorellastra era stata data in affidamento e, sebbene Lavinia fosse sollevata che si fosse finalmen-te passati all'azione, era rimasta molto delusa. Racha-el, infatti, non era stata assegnata alle sue cure, ma si-stemata in una nuova famiglia e le autorità ora stavano valutando la situazione. La precarietà del futuro di Rachael l'aveva colpita duramente e Lavinia aveva trascorso tre notti insonni, preoccupandosi non tanto di questo, ma soprattutto di come la bambina se la stesse cavando nel nuovo ambiente. Come si sentiva a dormire in un letto sconosciuto, in una casa nuova e

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con degli estranei? Anche se in realtà c'era ben poco che potesse fare per lei al momento, l'ultimo posto do-ve Lavinia sarebbe voluta essere era lì e se si fosse trattato di un qualunque altro giorno, avrebbe chiama-to per dire che era ammalata. Ma a chi avrebbe potuto comunicarlo? L'efficiente segretaria che Kate aveva i-struito aveva gettato la spugna alla vigilia del matri-monio. Aleksi era in luna di miele, gli altri fratelli Ko-lovsky da molto si erano lavati le mani riguardo a quel posto e Nina, la povera Nina, dopo aver appreso la no-tizia della vera identità di Zakahr Belenki, si trovava in una clinica psichiatrica. Con le autorità che stavano analizzando l'idoneità a genitore di Lavinia, lei aveva più che mai bisogno di un impiego stabile e con quel pensiero in mente, inve-ce di starsene a casa, si era fatta la doccia e aveva in-dossato i vestiti preparati la sera precedente. Si era in-filata le sue scarpe preferite, di camoscio nero con i tacchi alti e in qualche modo era arrivata con più di cinque minuti in ritardo o, come avrebbe puntualizza-to più tardi, cinquantacinque minuti in anticipo. La maggior parte dei lavori in ufficio iniziavano alle no-ve! Non che Zakahr Belenki l'avesse ringraziata per il suo sforzo! Lavinia fece una linguaccia verso la porta, quell'uomo era più arrogante di tutti i suoi fratelli mes-si insieme, e questo la diceva lunga. Lei sapeva chi e-ra! Nonostante il nome che portava, Lavinia sapeva che in realtà lui era un Kolovsky e precisamente il fi-glio segreto di Nina e Ivan. Zakahr non poteva imma-ginare che lei ne fosse al corrente. Soddisfatta, accese il computer e controllò il programma della giornata. Anche se lei e Kate, la precedente segretaria e ora spo-sa di Aleksi, a volte si erano scontrate, ora più che mai avvertì la sua mancanza. Lavinia era l'assistente della segretaria particolare, ma era consapevole di essere stata assunta più come un accessorio attraente, brillan-te e vivace, ruolo essenziale nella Kolovsky. Tuttavia,

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il team che Ivan si era costruito, dopo la sua morte, era andato lentamente disgregandosi e questo, unito alla stupefacente notizia che Zakahr non si era portato i propri collaboratori, la lasciò con un pesante senso di responsabilità. Naturalmente non avrebbe dovuto pre-occuparsi, perché era certa che alcuni dei direttori sa-rebbero stati troppo felici di dare in prestito le proprie segretarie a Zakahr. Chi non avrebbe voluto un canale diretto con il misterioso nuovo capo? Forse solo lei, Lavinia. Non lo voleva, ma lo aveva. E, che le piacesse o no, finché lui non avesse capito il funzionamento compli-cato, la gestione della Kolovsky era sulle sue spalle. Era sicura che la gente avrebbe detto che si stava com-portando in modo grandioso, come se la Maison Ko-lovsky avesse bisogno di Lavinia per sopravvivere! Nel suo cuore sapeva che non era così, ma alcune cose erano davvero importanti e, senza di lei, non sarebbe-ro state fatte. Lavinia posò la testa sulla scrivania e chiuse gli occhi, solo un minuto e l'avrebbe sollevata. Poi si sarebbe costretta a sorridere, incollandosi sul vi-so un'espressione serena e avrebbe preparato caffè per entrambi. Sperava che lei e Zakahr potessero ricomin-ciare di nuovo. Le occorreva solo un minuto... «Lavinia!» Questa volta sussultò, proprio come era nelle inten-zioni di Zakahr. Le aveva telefonato dalla linea inter-na, aveva provato a chiamarla per ben due volte e poi l'aveva trovata addormentata alla sua scrivania! Lei sobbalzò, svegliandosi di colpo al suono di quella vo-ce furiosa. Avvertì la sua rabbia, mista al profumo pe-netrante della colonia che lo avvolgeva e fu tentata di prendere la borsa e andarsene semplicemente a casa, piuttosto che seguire le sue istruzioni. «Per favore, tu e i tuoi postumi di sbornia potreste raggiungermi nel mio ufficio?»