H. R. Maturana - Amore e Autopoiesis

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179/196 A proposito di una polemica aperta dalla nostra rivista FILO SO FI AI FILOSOFIE 179 Humberto R. Maturana, creatore insieme a Francisco I. Varela della teoria dell'autopoiesis, risponde alle critiche mossegli da Danilo Zolo su MicroMega 1/86. Quali sono, secondo il biologo cileno, le applicazioni di questa teoria all'analisi dei sistemi sociali. Una replica finale di Zolo, in cui si rafforzano le osservazioni negative su questo 'paradigma conservatore '. AMORE E AUTOPOIESIS Una risposta scientifica all'interrogativo su che cosa sia un sistema vivente. Le quattro condizioni deUa'spiegazione scientifica. L'emozione fondamentale che origine ai sistemi sociali è quella amorosa. Il senso dell'autoreferenza. HUMBERTO R. MATURANA Danilo Zolo mi ha usato la gentilezza di inviarmi una copia del suo saggio Autopoiesis: critica di un paradigma conservatore, apparso sul primo numero di MicroMega, assieme ad una sua versione in lingua inglese. Questa è la mia replica alle sue critiche. Ho apprezzato lo sforzo critico di Danilo Zolo. E tuttavia, leggendo il suo articolo, ho l'impressione che nel citare i miei testi egli ne distorca accuratamente il senso. Egli lo fa, a mio parere, a causa di un pregiu- dizio negativo nei confronti dell'oggetto del suo saggio, e cioè la teoria

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Una risposta scientifica all'interrogativo su cosa sia un sistema vivente. Le quattro condizioni della spiegazione scientifica. L'emozione fondamentale che dà origine ai sistemi sociali è quella amorosa. Il senso dell'autoreferenza.

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179/196A proposito di una

polemica aperta dallanostra rivista

F I L O SO F I AI F I L O S O F I E

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Humberto R. Maturana,creatore insieme a Francisco I.Varela della teoriadell'autopoiesis, risponde allecritiche mossegli da DaniloZolo su MicroMega 1/86. Qualisono, secondo il biologo

cileno, le applicazioni diquesta teoria all'analisi deisistemi sociali. Una replicafinale di Zolo, in cui sirafforzano le osservazioninegative su questo 'paradigmaconservatore '.

AMORE EAUTOPOIESISUna risposta scientifica all'interrogativo su che cosa sia un

sistema vivente. Le quattro condizioni deUa'spiegazionescientifica. L'emozione fondamentale che dà origine ai

sistemi sociali è quella amorosa. Il sensodell'autoreferenza.

HUMBERTO R. MATURANA

Danilo Zolo mi ha usato la gentilezza di inviarmi una copia del suosaggio Autopoiesis: critica di un paradigma conservatore, apparso sulprimo numero di MicroMega, assieme ad una sua versione in linguainglese. Questa è la mia replica alle sue critiche.Ho apprezzato lo sforzo critico di Danilo Zolo. E tuttavia, leggendo ilsuo articolo, ho l'impressione che nel citare i miei testi egli ne distorcaaccuratamente il senso. Egli lo fa, a mio parere, a causa di un pregiu­dizio negativo nei confronti dell' oggetto del suo saggio, e cioè la teoria

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180 dell'autopoiesis. La mia impressione è che, essendo un filosofo, Zolarifiuti la mia ricerca e le sue conseguenze al punto da non capire checosa io dico realmente. E questo accade perché io sono uno scienziatoche non si limita a riflettere sulle implicazioni del suo lavoro nell' am­bito delle spiegazioni scientifiche, ma, in quanto scienziato, si sforza dicomprenderne le conseguenze anche dal punto di vista della sua vitacome entità sociale. lo non sono un filosofo e perciò, pensa Zolo, nonposso che sbagliarmi.Oltre a ciò, Zolo sembra esprimersi come se, da filosofo, egli fosse ingrado di capire la scienza e la biologia, mentre i biologi non sarebberocapaci di fare altrettanto. Ma, leggendo quanto egli scrive nel suosaggio a proposito di biologia e di scienza, non posso fare a meno dipensare che egli non capisce né la scienza, né la biologia. Infine, DaniloZolo si occupa delle origini delle mie idee senza studiare il mio pensie­ro e il suo sviluppo sulla base di altri miei testi. Ed egli si comporta inquesto modo nonostante che muova da presupposti generali di ordinesociologico che gli dovrebbero imporre di studiare il mio pensiero inchiave evolutiva per poter dire su di esso qualcosa di serio.Mi dispiace, ma questa è la mia impressione leggendo il saggio di Zolo.Questo è quanto io penso e sento. Ed è per questa ragione che nonrisponderò direttamente alle sue obiezioni, ma riaffermerò qui succin­tamente le mie tesi in modo da fornire ai lettori di MicroMega una basepiù ampia per le loro riflessioni.

Difficoltà.

Ci piaccia o meno, noi tutti esseri umani siamo dei sistemi viventi: ecome tali moriamo. Questo significa che qualsiasi cosa noi facciamo, lofacciamo come entità viventi, e cioè attraverso la nostra vita stessa.nello stesso tempo ciò non significa che io sostenga che ci sia un solodominio fenomenologico. Significa che noi prendiamo parte a tutti idomini fenomenologici (a cui prendiamo parte) in quanto esseri viventie attraverso la nostra vita. Perciò la nostra dinamica vitale è sia il miopunto di partenza che il mio problema nel mio tentativo di spiegare ilfenomeno della conoscenza. Se si rifiuta questo punto di partenza, sirifiuta tutto ciò che io ho da dire.Inoltre, sia che operiamo come scienziati, come contadini o comefilosofi, quando spieghiamo qualcosa lo spieghiamo entro la dinamicasociale del linguaggio, e nel comportarci in questo modo noi operiamoentro la coerenza operazionale del linguaggio, sia per difendere cheper confutare un argomento. Occorre aggiungere che il linguaggio haluogo nella prassi vitale del parlante e del suo ascoltatore e se labiologia di uno dei due viene alterata, ne risulta alterato anche illinguaggio. È per questo che io assumo il linguaggio sia come il miostrumento esplicativo sia come un fenomeno che deve essere spiegato

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mostrando come esso si presenta nelle operazioni dei sistemi viventi.Nell'assumere il linguaggio sia come un mio strumento che come unmio problema, io assumo l'osservatore e l'osservazione come mieistrumenti e come mio problema. Perciò, il mio obbiettivo finale è dispiegare l'osservatore e l'osservazione come fenomeni biologici, e difarlo in quanto scienziato.Le descrizioni, il discorso, le formulazioni normalmente comportano leseguenti difficoltà: esse postulano un'entità, un fenomeno, un processoche deve essere descritto, ma non colgono la sua multidimensionalitàpoiché lo appiattiscono su un piano descrittivo. Per evitare questo.ènecessario un gioco di distinzioni che richiede da parte di chi ascoltala disponibilità ad accettarle secondo l'invito di colui che parla o chescrive. Tutto questo è difficile perché colui (o colei) che ascolta non puòche ascoltare dal punto di vista delle nozioni che egli stesso (o e11astessa) accetta, ma deve anche rinunciare a servirsene, tenendo contonel frattempo del proprio cambiamento, se intende prestare ascolto aqualcosa di nuovo o differente.Per esempio, quando distinguo tra il funzionamento dei componenti diun sistema nella sua composizione e il funzionamento del sistema comeun tutto, io invito chi mi ascolta ad un duplice sguardo: invito l'ascol­tatore a riconoscere che il funzionamento dei componenti del sistemache noi produciamo con la nostra distinzione e il f~nzionamento delsistema come un tutto hanno luogo in due domini fenomenologici chenon si intersecano né operazionalmente né logicamente. E invito inol­tre il mio interlocutore a riconoscere che operare in questi due dominifenomenologici che non si intersecano diviene la condizione di esisten­za per ogni unità composita (sistema) così come essa viene prodottanella sua distinzione da parte di un osservatore. Se colui o colei cheascolta (o che legge) si rifiuta di accettare questo invito a causa dellesue preferenze esplicative, non c'è niente che si. possa fare, perchécostui (o costei) non capirà ciò che verrà detto in seguito.Qualsiasi autore (o autrice) che cerca una soluzione ad una certa que­stione si trova ad essere sempre circondato (o circondata) da ascoltatoriche hanno proprie personali soluzioni per la stessa questione, o propripersonali criteri per accettare o rifiutare una soluzione a tale questio­ne. In realtà, ogni ascoltatore (o ascoltatrice) accetta o rifiuta unasoluzione ad una certa questione se la soluzione si accorda o non siaccorda con i propri personali criteri di accettabilità. È per questo cheio fornisco sempre, implicitamente o esplicitamente, il mio criterio diaccettabilità per le soluzioni che propongo quando assumo di parlareda scienziato. Nello stesso tempo questa è la ragione per la quale, ameno che l'ascoltatore (o l'ascoltatrice) non sia disposto (o disposta) arinunciare alle sue soluzioni o ai suoi criteri di accettabilità in relazio­ne alla questione o al problema in esame, egli (od ella) non riuscirà maia intendere la soluzione proposta da qualsiasi altro.

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182 Il criterio di accettabilità

Qualsiasi spiegazione viene offerta entro un dominio implicito od espli­cito, definito da un implicito od esplicito criterio di accettabilità deglienunciati di cui consta la spiegazione. Se l'ascoltatore (o l'ascoltatrice)non accetta il criterio di validàzione alla luce del quale è stata propostala spiegazione o ne preferisce un altro, rifiuterà tale spiegazione. loparlo come uno scienzato, ovviamente, come un moderno scienziatonaturale. Molti filosofi non capiscono la scienza moderna o le spiega­zioni scientifiche moderne, e pensano che il criterio di accettabilitàdegli enunciati scientifici abbia a che fare con ciò che essi chiamanofatti empirici, quantificazione, predizione e falsificazione.Questa opinione è inadeguata. Le spiegazioni scientifiche sono propo­sizioni di meccanismi che producono come conseguenza del loro fun­zionamento i fenomeni che devono essere spiegati, e che vengonoaccettati come tali quando essi vengono presentati come parte dellasoddisfazione congiunta di una particolare serie di quattro condizionioperazionali realizzabili da parte dei membri della comunità degliosservatori che li accetta. Chiamo i membri di questa comunità «osser·vatori standard» e chiamo la serie delle condizioni che devono esseresoddisfatte perché una particolare proposizione generativa possa esse·re considerata una spiegazione scientifica, il criterio di validazionedelle spiegazioni scientifiche. Queste condizioni sono le seguenti:1. la descrizione di ciò che l'osservatore (o l'osservatrice) standarddeve fare per essere testimone (nel suo dominio di esperienza) delfenomeno che deve essere spiegato;2. la proposizione di un meccanismo generativo che se operasse gene­rerebbe come sua conseguenza il fenomeno che deve essere spiegatonel dominio delle esperienze di un osservatore standard;3. la deduzione dal meccanismo generativo proposta sopra, oltre cheda tutte le coerenze operazionali che esso comporta nel dominio delleesperienze di un osservatore standard, di altri fenomeni e delle condi­zioni operazionali che un osservatore (o un'osservatrice) standard deverealizzare nel suo dominio di esperienza per esserne testimone;4. l'essere testimone da parte di un osservatore (o di un'osservatrice)standard nel suo dominio di esperienze dei fenomeni dedotti secondoquanto esposto al punto 3.Se queste quattro condizioni operazionali sono soddisfatte nel dominiodelle esperienze degli osservatori standard, e sol~anto nella misura incui sono soddisfatte, il punto 2 viene accettato come una spiegazionescientifica nella comunità degli osservatori standard. Ne segue che lespiegazioni scientifiche nelle moderne scienze naturali sono costituti­vamente delle proposizioni generative valide entro la comunità degliosservatori che le accettano. Consegue inoltre che le spiegazioni scien­tifiche non producono una riduzione fenomenica, ma che al contrario

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esse validano almeno due domini fenomenologici che non si interseca·no, e cioè il dominio fenomenologico del meccanismo generativo e ildominio fenomenologico nel quale ha luogo il fenomeno che deveessere spiegato. Infine, da tutto ciò segue che è possibile produrre dellespiegazioni scientifiche in qualsiasi dominio nel quale venga soddisfat­to il criterio di validazione delle spiegazioni scientifiche.Coerentemente con tutto questo, ciò che Varela ed io abbiamo propo­sto quando abbiamo proposto l'autopoieis in uno spazio molecolarecome l'organizzazione dei sistemi viventi, è un meccanismo generativo.Infatti, noi affermiamo che un sistema costituito come l'unità di ~narete autopoietica di produzioni molecolari (e cioè nello spazio moleco­lare) non è distinguibile da una cellula, e che noi proponiamo di dareai sistemi viventi il nome di sistemi multicellulari (organismi), perchéessi sono composti di cellule e si riproducono attraverso singole cellule.Noi affermiamo inoltre che è opportuno chiamare i sistemi multicellu­lari col nome di sistemi autopoietici di secondo ordine. Infine, noisosteniamo che l'autopoiesis nello spazio molecolare è uq.a spiegazionescientifica della vita perché è possibile mostrare come tutti i fenomenibiologici sorgono come conseguenza della loro costituzione come siste­mi autopoietici molecolari, o in una vicenda dipendente dalla loroconservazione come tali.

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Organizzazione e struttura

La distinzione fra organizzazione e struttura è fondamentale per trat­tare l'identità e il cambiamento nei sistemi. Uso la parola struttura perriferirmi ai componenti effettivi e alle relazioni effettive che costitui­scono un particolare sistema, così come esso è prodotto nella suadistinzione da parte di un osservatore. Nello stesso tempo uso la parolaorganizzazione per riferirmi alle relazioni fra i componenti di un par·ticolare sistema che definiscono la sua identità come classe. Come tale,l'organizzazione di un sistema (o unità composita) è implicata nelladistinzione dell'osservatore che la produce, e si realizza nella strutturadel sistema così come viene distinta.Poiché l'organizzazione di un sistema definisce la sua identità comeclasse, la conservazione dell'identità come classe implica la conserva­zione dell' organizzazione e viceversa. È questa la ragione per la qualeio affermo che l'organizzazione di-un sistema è necessariamente un'in­variante, e che quando l'organizzazione di un sistema cambia il sistemasi disintegra. Viceversa, la struttura di un sistema può cambiare. Diconseguenza, poiché l'organizzazione di un sistema si realizza nellasua struttura, quando la struttura di un sistema cambia ma non cambiala sua organizzazione, il sistema rimane lo stesso e ciò che cambia èsoltanto il suo stato. Ma quando come risultato di un cambiamentostrutturale cambia l'organizzazione del sistema, anche il sistema si

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184 disintegra. Quando un sistema subisce un cambiamento strutturale maconserva la sua organizzazione rimane lo stesso, ma le sue proprietàcome tali cambiano. Quando un sistema subisce un cambiamento strut­turale e perde la sua organizzazione, si dissolve, e qualcosa d'altro puòessere distinto al suo posto. lo affermo che la distinzione fra organiz­zazione e struttura è operazionalmente praticata nella vita di ognigiorno inconsapevolmente e che ciò è essenziale per una completadescrizione e comprensione dell' operazione dei sistemi strutturalmentedeterminati.

L'osservatore

Gli esseri umani che usano una lingua che fa delle distinzioni sono degliosservatori. Nello stesso tempo affermo che l'osservazione in quantorealizzazione di un'operazione di distinzione nella prassi della vita nellinguaggio è come tale preliminare ad ogni spiegazione e ad essanecessaria. È per questo che io considero l'osservatore e l'osservazionesia miei strumenti che miei problemi. In effetti io sostengo che se nonsi spiegano l'osservatore e l'osservazione come fenomeni biologici nonè possibile spiegare la conoscenza come fenomeno biologico e divienenecessario assumere la proprietà della conoscenza come un dato inspie­gabile.lo affermo inoltre che per spiegare l'osservatore e l'osservazione comefenomeni biologici lo si deve fare scientificamente, e cioè: è necessarioproporre un meccanismo che generi l'osservatore e l'osservazione comeconseguenza dell'operazione del meccanismo stesso nel contesto dellasoddisfazione del criterio di validazione delle spiegazioni scientifiche.Inoltre, io sostengo anche che per fare tutto ciò noi dobbiamo conside­rare i sistemi viventi come sistemi strutturalmente determinati, e cioècome sistemi che non ammettono interazioni istruttive perché tutto ciòche accade in essi è determinato in ogni istante in quella che è in quelmomento la loro struttura, sia attraverso la loro specifica dinamicastrutturale sia perché innescato in essi (ma non specificato) quando essiinteragiscono con altri sistemi strutturalmente determinati.Infine, io sostengo anche che per spiegare l'osservatore e l'osservazionecome fenomeni biologici è essenziale accettare come condizione dipartenza la nostra incapacità di distinguere sperimentalmente fra ciòche chiamiamo percezione e ciò che chiamiamo illusione, riconoscendoche questa distinzione ha luogo sempre sulla base di un riferimento aduna esperienza diversa da quella che viene caratterizzata come perce­zione o illusione.Se si accetta tutto ciò, e soltanto se si accetta tutto ciò, diviene chiaroche è una caratteristica costitutiva dell'osservatore (o dell'osservatrice)come essere umano vivente che egli (od ella) non possa asserire alcun­ché su di una indipendente realtà obbiettiva, anche se questo può

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sembrare necessario per ragioni epistemologiche. Solo se si accettal'impossibilità di distinguere sperimentalmente fra percezione ed illu­sione come caratteristica costitutiva dell' osservatore (o dell' osservatri­ce) diviene chiaro che qualsiasi cosa che egli (od ella) distingue ècostituito, è prodotto dalle sue operazioni di distinzione: l'osservatore(o l'osservatrice) costituisce l'esistenza nel suo agire nella prassi comeconseguenza della prassi della vita nel linguaggio.Perciò se si mostra in che modo le entità prodotte dall'osservatore (odall'osservatrice) nelle sue distinzioni nella prassi della vita nellinguag­gio costituiscono un meccanismo che genera sia il linguaggio che glioggetti e l'osservazione come conseguenza del suo funzionamento, simostra il meccanismo generativo che dà origine ai sistemi che fannoquello che noi facciamo e sono, nella misura in cui essi lo fanno comesistemi viventi, indistinguibili da noi. Se ciò viene realizzato nel quaàrodella soddisfazione del criterio di validazione delle spiegazioni scienti­fiche, il meccanismo generativo proposto è, in atto, una spiegazionescientifica del linguaggio, degli oggetti e dell'osservaziol}e che general'osservatore come entità vivente. Realizzare tutto ciò in quanto osser~

vatore attraverso il linguaggio non rappresenta una contraddizioneperché in nessun caso una spiegazione sostituisce ciò che essa spiega,essa mostra soltanto come esso si presenta.

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Il sistema vivente

La spiegazione scientifica di ciò che è vivente consiste nel proporre unmeccanismo generativo che dà origine, come conseguenza del suofunzionamento, ad un sistema indistinguibile dai sistemi viventi nellaprassi della vita, e che ci consente di farlo soddisfacendo il criterio divalidazione delle spiegazioni scientifiche. Questa spiegazione, per laquale ho inventato nel 1971 la parola autopoiesis, fornisce una soluzio­ne completa alla questione: «Che tipo di sistemi sono i sistemi viventi?»e lo fa in quanto è una spiegazione scientifica. In effetti noi abbiamodescritto in modo completo come tutti i fenomeni biologici sorgono inrelazione alla realizzazione dei sistemi viventi come entità autopoieti­che nel dominio molecolare (e cioè nello spazio fisico).Accade che nel fare ciò noi non ci limitiamo a spiegare la costituzionedei sistemi viventi al livello cellulare, ma allarghiamo il dominio dellaconoscenza della dinamica molecolare della cellula, della differenzia­zione cellulare, del funzionamento del sistema nervoso, dell'evoluzionee della conoscenza. Inoltre io sostengo che i problemi della conoscenza,della percezione e del linguaggio come fenomeni biologici non possonotrovare soluzione se non si accetta di considerare i sistemi viventi comesistemi strutturalmente determinati, e che questi non possono esserecapiti come tali se non vengono intesi come sistemi autopoietici nellospazio fisico.

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186 Naturalmente Varela ed io non siamo i soli a sostenere che i sistemiviventi sono entità strutturalmente determinate. Ciò che è specifico eoriginale nella tesi che i sistemi viventi sono sistemi autopoietici mole­colari sono essenzialmente quattro cose:l. l'autopoiesis nello spazio molecolare viene proposta come un mecca­nismo generativo valido come spiegazione scientifica, non come unadescrizione di caratteristiche dei sistemi viventi così come essi appaio­no ad un osservatore;2. si sostiene, e in linea di principio si dimostra, che tutti i fenomenibiologici (inclusi, come ho detto, la conoscenza e il linguaggio) sorgonoin connessione con la realizzazione dei sistemi viventi come sistemiautopoietici nello spazio molecolare;3. l'attenzione è concentrata sulle unità viventi e sulla loro realizzazio­ne come tali, e si sostiene che tutti i fenomeni biologici hanno luogoattraverso la realizzazione dell'autopoiesis delle unità viventi; la tesi èche i fenomeni biologici sono fenomeni che comportano la realizzazio­ne della vita di almeno un sistema vivente.4. tutto questo viene sostenuto senza confondere i domini fenomenolo­gici, e cioè senza confondere il dominio di costituzione del sistemavivente con il dominio del suo funzionamento come un tutto, e senzanegare domini fenomenologici, e cioè sostenendo esplicitamente che lespiegazioni scientifiche non sono riduzionistiche perché sono proposi­zioni generative.Ritengo che la comprensione di fenomeni biologici come la percezione,il linguaggio, la conoscenza, l'adattamento, il cambiamento o la dina­mica sociale umana è stata impedita a causa di confusioni in uno diquesti quattro punti. Così, per esempio, i biologi hanno spesso conside­rato le questioni connesse alla conoscenza e al linguaggio come questio­ni legate a fenomeni che possono essere definiti indipendentementedalla loro costituzione da parte di entità viventi. Un altro caso è ciò cheaccade con nozioni come quelle di adattamento e cambiamento. Se nondistinguiamo fra loro le nozioni di organizzazione e di struttura, e senon prestiamo attenzione alla realizzazione dei sistemi viventi comeunità nella generazione dei fenomeni biologici, allora l'adattamento eil cambiamento si presentano come problemi invece che come condizio­ni costitutive nei sistemi viventi. In effetti, noi non ci rendiamo contoche:1. i sistemi viventi in quanto sistemi autopoietici sono sottoposti a uncontinuo cambiamento strutturale a causa della loro stessa dinamicacostitutiva, e che ciò che deve essere spiegato è il corso del lorocambiamento in presenza delle loro interazioni entro un medium;2. la conservazione dell'organizzazione (autopoiesis) e la conservazio­ne della corrispondenza con un medium (adattamento) sono in egualmisura condizioni costitutive di esistenza dei sistemi viventi. Perciò noinon ci rendiamo conto che la formazione delle specie nell'evoluzione

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biologica è uno spostamento nel modo di vita conservato come un 187fenotipo ontogenetico nei sistemi viventi, nel momento in cui essidanno origine a linee di discendenza attraverso la riproduzione sequen·ziale sotto le condizioni della conservazione dell' organizzazione e del­l'adattamento.Di conseguenza, noi non ci rendiamo conto che il meccanismo dell' evo­luzione è conservazione dell' organizzazione e dell' adattamento attra­verso la riproduzione sequenziale di sistemi viventi strutturalmente incambiamento, che si realizzano come entità autopoietiche in un me­dium che cambia strutturalmente, e che non è invece una selezione chesia una conseguenza nel dominio delle comparazioni che un osservatore(o un'osservatrice) compie fra ciò che percepisce come reale e ciò checonsidera come possibile.

I sistemi socialiIl mio interesse nei confronti dei sistemi sociali è una conseguenza delfatto che mi sono reso conto che la comprensione dei sistemi viventicome unità mi consentiva una comprensione generale della partecipa­zione dei sistemi viventi alla costituzione di altri sistemi attraversorelazioni di composizione nelle quali essi conservano la loro autopoie­sis. È questo che mi permette di cogliere il dominio fenomenologico chesi costituisce quando dei sistemi viventi formano attraverso le lorointerazioni ricorrenti dei sistemi di coordinazione delle azioni checomportano mutua accettazione. Ed è questo che mi consente inoltredi vedere che questo dominio fenomenologico è indistinguibile da ciòche nella vita di ogni giorno noi chiamiamo il dominio sociale.In effetti, io affermo che l'emozione fondamentale che dà origine aisistemi sociali è la mutua accettazione in coesistenza attraverso coordi­nazioni ricorrenti di azioni, e cioè attraverso l'amore. lo affermo inoltreche tutto ciò comporta negli esseri umani il linguaggio e che le coordi·nazioni umane delle azioni hanno luogo nel linguaggio. In altre parole,io affermo che nel dominio dei vertebrati non ci sono azioni senzaun'emozione che specifica il dominio nel quale l'azione ha luogo e chela sostiene, e che l'amore, e cioè la mutua accettazione nella coesisten­za, è l'emozione che dà origine ai fenomeni sociali.NelIo stesso tempo io affermo che i coordinamenti di azioni che nonhanno luogo sotto l'emozione dell'amore non sono coordinamenti so­ciali delle azioni, e che il dominio nel quale essi hanno luogo non è undominio sociale. Così, io sostengo che le relazioni di lavoro e le relazionidi obbedienza non sono relazioni sociali. Le prime perché ciò che ledefinisce è la realizzazione di un compito, non la realizzazione degliesseri umani che realizzano questo compito; le seconde perché ciò chele definisce è la mutua negazione dei partecipanti quando uno dei dueconcede potere all'altro facendo ciò che l'altro chiede per subordinazio­ne.

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188 Ciò che affermo non rappresenta una riduzione dei fenomeni sociali afenomeni biologici. Certo, io affermo che i sistemi sociali sono deisistemi biologici perché essi comportano la realizzazione come sistemiviventi dei sistemi viventi che li compongono. E tuttavia io affermonello stesso tempo che i sistemi sociali hanno luogo in un dominiofenomenologico loro proprio perché ciò che li caratterizza è il loromodo di costituirsi come rete di coordinazione di azioni che comportala mutua accettazione fra i sistemi viventi che li realizzano. In ognicaso, ciò che sostengo come biologo è che la dinamica del dominiosociale, e particolarmente la dinamica del cambiamento sociale, nonpuò essere pienamente compresa se non si prende in considerazione ilmodo in cui vi è implicata la corporeità dei sistemi viventi che realiz­zano quella dinamica.Per esempio, sostengo che la lingua, in quanto fenomeno che ha luogonel dominio delle coordinazioni delle azioni degli esseri umani attra­verso un innesco reciproco di cambiamenti strutturali, costituisce undominio di coinvolgimento ricorsivo del modo di vivere assieme entrola dinamica strutturale della corporeità degli esseri sociali che integra­no il sistema sociale.Ovvero, in altre parole, io affermo che quando gli esseri umani realiz­zano la loro dinamica sociale nel linguaggio attraverso coordinazionidi azioni che implicano un innesco reciproco di cambiamenti struttura­li, le loro strutture e, quindi, i comportamenti che essi generano,cambiano in funzione di ciò che ha luogo entro il loro vivere assiemenel linguaggio.

Spiegazione ed autoreferenza

Una spiegazione è sempre una riformulazione di un fenomeno accetta·ta come tale da un ascoltatore (o ascoltatrice) in funzione di un parti·colare criterio di accettabilità che egli (od ella) adotta nell'ascoltare. loparlo ed ascolto come scienziato, e ciò significa che uso il criterio divalidazione delle spiegazioni scientifiche come mio criterio di accetta·bilità delle proposizioni che accetto come spiegazioni e per quelle chepropongo come tali. Inoltre, le spiegazioni scientifiche sono proposizio.ni di un osservatore (o un'osservatrice) che costituiscono delle riformu­lazioni della sua prassi di vita mediante coerenze operazionali della suaprassi di vita, e come tali esse spiegano la prassi di vita dell'osservatoreper mezzo della medesima prassi di vita dell'osservatore e non sottrag­gono l'osservatore da questa prassi. La persona che non capisce questonon capisce l'epistemologia della scienza e non capisce neppure che lespiegazioni scientifiche appartengono al dominio delle ontologie costi­tutive, nel senso che esse costituiscono nella prassi della vita ciò cheesse spiegano.Nello stesso tempo le spiegazioni scientifiche in quanto proposizioni

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generative convalidate dal criterio di validazione delle spiegazioni 189scientifiche sono costitutivamente non riduzioniste, e convalidano co-me domini fenomenologici legittimamente indipendenti tutti i dominifenomenologici che l'osservatore produce attraverso di esse. Inoltre, lespiegazioni scientifiche, come le spiegazioni in generale, non sostitui-scono la prassi della vita che esse spiegano. In queste circostanze laspiegazione scientifica dell'osservatore, mostrando come l'osservatoreemerge nel linguaggio, non sostituisce 1'osservatore che fornisce laspiegazione. Afferma soltanto in che modo il funzionamento delleentità che l'osservatore (o l'osservatrice) produce nella prassi della suavita darebbe luogo, come conseguenza della loro esistenza, a un'entÌtàche sarebbe operazionalmente indistinguibile dall' osservatore che for-'­nisce la spiegazione.La persona (uomo o donna che sia) che non capisce questo non capiscela scienza come dominio conoscitivo e neppure capisce le spiegazioniscientifiche come il dominio delle operazioni nella prassi della vitadell'osservatore, indipendentemente dal fatto che questa persona siauno scienziato o un filosofo. 'Infine, è nel contesto di ciò che ho detto sopra che occorre intendereil termine «autoreferenza». Dal punto di vista operativo l'autoreferen·za ha luogo come una relazione, stabilita da un osservatore (od osser­vatrice) nel corso delle sue descrizioni, fra due distinzioni che egli (odella) fa del medesimo sistema. E questo avviene in-e'ircostanze in cui èl'osservatore stesso (o l'osservatrice) che specifica l'identità del sistemaattraverso le sue operazioni di distinzione. Così, l'autoreferenza com­porta un'operazione attraverso un metadominio descrittivo rispetto aldominio di costituzione di un sistema come unità composita.Perciò, da un punto di vista costitutivo nessun sistema in quanto entitàcomposita può essere operazionalmente autoreferente nel suo dominiocostitutivo.Ovvero, in altre parole, poiché il sé (selj) di un sistema è una conseguen­za della sua costituzione come unità composita, ed ha luogo dove essoopera come unità semplice, il sé (selj) come unità composita non puòpartecipare alla sua costituzione come un componente. Essendo unarelazione stabilita da un osservatore, l'autoreferenza ha un valoreeuristico in riferimento a sistemi che operano in una dinamica chiusadi stati, ma non ha valore esplicativo se si intenda spiegare come questadinamica ha luogo. È per questo che io non parlo di autoreferenza inrel~zione a sistemi viventi dopo averli pienamente caratterizzati comesistemi autopoietici nel dominio molecolare.Naturalmente, se si appiattisce tutto attraverso descrizioni che trascu·rano la multidimensionalità della prassi della vita, non è possibileprestare ascolto a ciò che io affermo e allora l'autoreferenza si presentacome un'operazione che può aver luogo in un singolo dominio fenome­nologico.

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190 La prassi della vita

La prassi della vita, l'accadimento della vita dell' osservatore semplice­mente accade: noi esseri umani troviamo noi stessi osservatori entro illinguaggio. Accade in noi, non dobbiamo fare niente di speciale. Nonabbiamo alcun bisogno di spiegare la nostra operazione linguisticaconsistente nell' essere osservatori: le spiegazioni non sono necessarieper la prassi della vita dell' osservatore entro il linguaggio, anche seesse hanno luogo in questa prassi. In effetti, le prassi sono valide in sestesse e le spiegazioni sono superflue rispetto ad esse.Noi possiamo avere spiegazioni differenti per la stessa prassi, e ciò nonha importanza per la sua realizzazione purché noi non cambiamo ciòche facciamo come conseguenza del fatto che prestiamo ascolto ad unaspiegazione o ad un'altra. Se questo accade la nostra prassi cambia ela nuova prassi come tale è indipendente da ogni spiegazione. È questoche dà alle spiegazioni scientifiche il loro speciale carattere e la loroefficacia nella prassi della vita dell'osservatore: le spiegazioni scientifi­che spiegano la prassi della vita dell'osservatore attraverso coerenzeoperazionali della prassi della vita dell' osservatore e come tali essehanno luogo come prassi della vita dell'osservatore.

Le osservazioni

Le osservazioni sono operazioni di distinzione nella prassi della vitadell'osservatore, né più né meno. Esse accadono, e come accadimentidella prassi della vita esse non richiedono alcuna giustificazione. Co­munque, se noi desideriamo spiegare, nella spiegazione di ciò chefacciamo (di ciò che accade) nella prassi della vita noi possiamo assu­mere una realtà indipendente che sostiene la nostra spiegazione. Moltifilosofi e scienziati fanno così. lo sostengo che se noi desideriamospiegare la conoscenza come un fenomeno biologico e non come unfenomeno filosofico, questa assunzione non può essere mantenuta. Edio sostengo che questa assunzione non può essere mantenuta se ciinterroghiamo sulla biologia dell'osservazione, perché essa diviene pri­va di senso. Ed io sostengo questo perché appena noi ci interroghiamoa proposito dell' osservatore come entità biologica non possiamo evita­re di riconoscere che come tale l'osservatore non può distinguere, entrol'esperienza che sarà così classificata, fra ciò che nella vita di ognigiorno noi chiamiamo percezione e ciò che chiamiamo illusione.Perciò è un elemento costitutivo dell'osservazione che la distinzionefra percezione e illusione non entra nell'operazione dell'osservare, equesta distinzione emerge soltanto quando l'osservatore (o l'osservatri­ce) fa delle riflessioni esplicative sulla sua prassi di vita. In Coerenzacon quanto affermo, allora, la questione che dovremmo porci di frontea qualsiasi particolare osservazione è non se essa è illusione o percezio­ne, ma «in quale dominio della prassi dell'osservatore essa ha luogo?»;

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oppure «a quale dominio di coerenze operazionali dell' osservatore essa 191appartiene?».

Riflessioni sulla biologia della conoscenza

Il nocciolo del mio lavoro sulla conoscenza è la mia considerazionedella conoscenza come fenomeno biologico che deve essere spiegatoscientificamente. La nozione di autopoiesis fornisce quella comprensio­ne dei sistemi viventi come entità autonome che è necessaria per talespiegazione. Nel fornire questa spiegazione, comunque, altre cose s0I?-0divenute evidenti, come la costituzione dei sistemi sociali attraversol'emozione dell' amore (mutua accettazione nella coesistenza) e la natu­ra sociale dell'individuo umano. Nello stesso tempo, attraverso la com­prensione della dinamica sociale nella realizzazione della vita dei siste­mi viventi che compongono un sistema sociale, le emozioni si sonopresentate come disposizioni verso azioni che specificano il dominio nelquale le azioni hanno luogo. ,In noi esseri umani, osservatori, sistemi viventi che attraverso il lin.'guaggio generano domini differenti di coerenze operazionali comedifferenti sistemi razionali, le emozioni determinano in ogni singolocaso la nostra accettazione delle premesse esplicite o implicite chedefiniscono il sistema razionale che noi usiamo. Questo non vienefacilmente capito o accettato perché noi viviamo COIY l~ convinzione chela razionalità si fondi su nozioni trascendentali che costituiscono siste­mi razionali dotati di universale, obbligatoria validità per tutti gli esseriumani.Di conseguenza noi svalutiamo le nostre emozioni e quelle degli altrisostenendo che, quando esse appaiono dando origine a un dominio dicoerenze operazionali nel linguaggio diverso da quello che noi preferia­mo, è stata introdotta l'irrazionalità. Analogamente, noi svalutiamocome irrazionali i domini di coerenze operazionali ~he si fondano supremesse di fondo diverse da quelle che noi preferiamo, e noi lofacciamo senza riconoscere il nostro coinvolgimento emotivo nell'accet­tare le premesse che preferiamo, sostenendo che noi siamo obbiettivi.Nessuna teoria può fare meglio di ciò che fanno i suoi utenti. Perciòdesidero presentare alcune delle cose che sono in grado di fare con lamia teoria della conoscenza. Per me la conseguenza più rilevante dellamia spiegazione dei fenomeni cognitivi come fenomeni biologici neldominio delle relazioni umane è che essa conferisce nuovamente all'in­dividuo la responsabilità delle sue azioni sociali così come la possibilitàdi essere consapevole, sia esso uomo o donna, dei propri desideri,preferenze e passioni. Per me ogni teoria è un sistema di spiegazionivalido in un particolare dominio di coerenze operazionali della prassidella vita degli osservatori che la accettano, e che rivela l'esistenza diun dominio di interessi umani. lo penso che la mia spiegazione del

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192 fenomeno della conoscenza come fenomeno biologico fa questo neldominio della consapevolezza di ciò che facciamo, perché afferma cheogni realtà è prodotta da noi osservatori che viviamo assieme.Di conseguenza alcune questioni diventano particolarmente rilevanti:quale mondo desideriamo vivere? Ovvero, quali tipi di interazionisociali desideriamo realizzare se produciamo il mondo assieme? Noiagiamo nella prassi della vita nel linguaggio in un modo o nell'altrosecondo le risposte implicite od esplicite che diamo a queste questioni.La natura che noi produciamo viene costituita attraverso le nostreattività come entità sociali, non esiste indipendentemente da ciò chefacciamo; le regolarità delle interazioni umane accettate e rifiutate e lerelazioni che noi configuriamo con i sistemi giuridici che noi producia­mo vivendo assieme, rivelano i nostri desideri fondamentali anchequando noi non ne siamo consapevoli e nello stesso tempo oscurano laconsapevolezza che ne abbiamo con argomenti razionali che noi rite­niamo fondati su verità trascendentali.Infine, una teoria è buona o cattiva nel dominio delle spiegazioniscientifiche se riesce o non riesce a spiegare scientificamente ciò chepretende di spiegare. La mia proposizione lo fa. Ciò che accade conessa è che richiede un cambiamento epistemologico di fondo e unanuova comprensione delle questioni ontologiche che esige l'abbandonodi vecchie concezioni, e a questo non tutti sono disposti. Costoro nonsaranno in grado di giudicare quello che dico nel suo specifico domi·nio, non saranno in grado di capire le premesse di fondo sulle quali sifonda ciò che affermo e non saranno capaci di rifiutare quello cheaffermo sulla base di un rifiuto consapevole di quelle premesse difondo. Essi giudicheranno quello che affermo secondo la prospettiva dipremesse che non lo possono accettare e perciò essi lo troverannosbagliato.Fra parentesi: una teoria è utile se oltre ad essere accettabile neldominio in cui è accettata apre possibilità per azioni nuove nel dominiodei nostri desideri, ora, nel presente. La mia spiegazione della cono­scenza fa tutto questo, consentendoci di realizzare il nostro coinvolgi­mento biologico in tutto ciò che facciamo, si tratti di una fabbrica, diun sistema giuridico, dello sviluppo o della distruzione di una foresta,E tuttavia i modi in cui una teoria viene usata non dipendono dallateoria, e la mia proposizione dic~ perché: dipende dai nostri desideri.