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Gustavo Rol e l'espressione del pensiero magico (Chi fosse interessato al filmato proiettato durante la presentazione può visionarlo a questo link: https://youtu.be/p9NgHo1AlTU ) “Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla!” 1 . Questa frase, tratta dall'agenda di Rol del 1927, segna la “grande” intuizione del sensitivo torinese e l'inizio della sua pratica di mago. CENNI BIOGRAFICI Rol nasce a Torino nel 1903, da padre bancario proveniente da una famiglia agiata e da madre anch'ella di ricca casata. L'infanzia e l'adolescenza vengono descritte come ricche di affetti familiari, ma attraversate da cambiamenti di umore e incostanza negli studi. Viene riportato l'amore del giovane Gustavo per i giochi di prestigio e per la musica, la pittura e la poesia. Dopo il Liceo (Istituto D'Azeglio e Istituto Sociale di Torino) si laurea in Giurisprudenza e Biologia medica, quest'ultima ottenuta a Parigi, dove si trasferisce per lavoro dopo essere stato anche a Marsiglia, impiegato nel settore bancario. A causa della sua inquietudine e della sua difficoltà ad accettare per sé la professione di banchiere, si fa trasferire a Londra (1929), dove si iscrive e si laurea in Scienze Commerciali. Le sue lettere al padre di quel periodo sono sature di nostalgia, sia per la famiglia che per le amate colline di Torino. Nel 1930 si sposa nella chiesa di San Carlo (Torino) con la norvegese Elna Resch-Knudsen, che aveva conosciuto durante il soggiorno parigino. Dopo circa un paio d'anni in trasferta riesce finalmente a tornare a Torino dove si stabilisce nell'alloggio di via Silvio Pellico 31, casa che abiterà fino alla morte. Dopo la morte del padre, nel 1934, non esita a dare le dimissioni dalla banca ed inizia ad occuparsi di antiquariato finché, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, inaugura una bottega di mobili antichi in via Accademia Albertina, che più tardi si trasformerà in una piccola galleria all'angolo tra via Maria Vittoria e via Lagrange. Gustavo ci lavorerà a tempo pieno per circa un decennio; successivamente la pittura diverrà la sua principale occupazione. 1 G.A.Rol, Io sono la grondaia. Diari,lettere, riflessioni, Giunti Editore 2000, pag. 38. 1

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Gustavo Rol e l'espressione del pensiero magico

(Chi fosse interessato al filmato proiettato durante la presentazione può visionarlo a questo link:

https://youtu.be/p9NgHo1AlTU)

“Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Hoperduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla!”1.

Questa frase, tratta dall'agenda di Rol del 1927, segna la “grande” intuizione del sensitivo torinese e

l'inizio della sua pratica di mago.

CENNI BIOGRAFICI

Rol nasce a Torino nel 1903, da padre bancario proveniente da una famiglia agiata e da madre

anch'ella di ricca casata. L'infanzia e l'adolescenza vengono descritte come ricche di affetti

familiari, ma attraversate da cambiamenti di umore e incostanza negli studi. Viene riportato l'amore

del giovane Gustavo per i giochi di prestigio e per la musica, la pittura e la poesia.

Dopo il Liceo (Istituto D'Azeglio e Istituto Sociale di Torino) si laurea in Giurisprudenza e Biologia

medica, quest'ultima ottenuta a Parigi, dove si trasferisce per lavoro dopo essere stato anche a

Marsiglia, impiegato nel settore bancario.

A causa della sua inquietudine e della sua difficoltà ad accettare per sé la professione di banchiere,

si fa trasferire a Londra (1929), dove si iscrive e si laurea in Scienze Commerciali.

Le sue lettere al padre di quel periodo sono sature di nostalgia, sia per la famiglia che per le amate

colline di Torino.

Nel 1930 si sposa nella chiesa di San Carlo (Torino) con la norvegese Elna Resch-Knudsen, che

aveva conosciuto durante il soggiorno parigino. Dopo circa un paio d'anni in trasferta riesce

finalmente a tornare a Torino dove si stabilisce nell'alloggio di via Silvio Pellico 31, casa che

abiterà fino alla morte.

Dopo la morte del padre, nel 1934, non esita a dare le dimissioni dalla banca ed inizia ad occuparsi

di antiquariato finché, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, inaugura una bottega di

mobili antichi in via Accademia Albertina, che più tardi si trasformerà in una piccola galleria

all'angolo tra via Maria Vittoria e via Lagrange. Gustavo ci lavorerà a tempo pieno per circa un

decennio; successivamente la pittura diverrà la sua principale occupazione.

1 G.A.Rol, Io sono la grondaia. Diari,lettere, riflessioni, Giunti Editore 2000, pag. 38.

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Nei primi giorni dell'inverno del 1993, dopo aver compiuto novant'anni, Rol si ammala di una

bronchite asmatica dalla quale si riprende, con fatica, soltanto dopo un paio di mesi. Oramai fa

fatica anche a dipingere ed il giorno di San Lorenzo del 1994 il quadro clinico comincia di colpo a

peggiorare. L'8 settembre i medici curanti optano per il ricovero all'ospedale Molinette: la febbre

non accenna a scendere e la respirazione è sempre più faticosa, fino a giovedì 22 settembre, giorno

in cui Gustavo Rol esala l'ultimo respiro. Le sue ceneri riposano nella tomba di famiglia a San

Secondo di Pinerolo, il paese di origine della famiglia.

Esperimenti.

Per la descrizione e classificazione degli esperimenti userò il volume di Maurizio Ternavasio.

L'autore del libro segnala che i fenomeni magici riportati sono stati tutti validati, in quanto le

persone che li hanno direttamente o indirettamente riferiti asseriscono con assoluta certezza di

avervi assistito nel pieno delle loro facoltà (questo tipo di validazione è quello che la maggior parte

di noi usa per verificare l'efficacia delle psicoterapie...).

ESPERIMENTI CON LE CARTE

Questi giochi si svolgevano nel salotto di casa Rol in via Silvio Pellico o presso le abitazioni di

alcuni suoi amici. Il rituale si ripeteva quasi sempre con la stessa dinamica: in un primo tempo gli

ospiti si intrattenevano conversando, poi, dopo la mezzanotte, ci si radunava attorno al tavolo. I

posti venivano assegnati da Rol, il quale cercava di rendere il più armonioso possibile il gruppo.

Spesso gli esperimenti con le carte erano una sorta di riscaldamento per fenomeni più complessi. Le

luci nel salone dovevano essere ridotte, ma non troppo basse. <<Vedo cose strane e se le luci sono

eccessivamente fioche non riesco più a dominare certe forze>>, spiegava. Spesso Rol metteva

musica di Mozart o di Beethoven in sottofondo.

Maurizio Ternavasio fa una precisazione: le carte, maneggiate da tutti o da qualcuno degli invitati,

non venivano quasi mai toccate direttamente da Rol. Lui faceva esclusivamente da regista,

indirizzando i presenti su che cosa fare con le carte.

<<Mi fa scegliere una carta da un mazzo. Era, mi ricordo, il sei di fiori. <<Prendila in mano – midice – tienila stretta sul tuo petto e non guardarla: in che carta vuoi che la trasformi?>>. Io scelgo a

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caso. Nel dieci di cuori, gli dico. <<Mi raccomando – ripete lui – tienila bene stretta e nonguardarla>>. Lo vedo concentrarsi, fissare con intensità spasmodica la mia mano che tiene la carta.Intanto penso: perché mai non devo guardare? Sì, me lo ha proibito, ma il tono non era così severo.Che me lo abbia detto apposta per indurmi a trasgredire? Insomma, non resisto alla tentazione.Stacco un po' la carta dal petto e osservo. E allora ho visto... ho visto una cosa orrenda che le parolenon possono dire... la materia che si disgregava, una poltiglia giallastra e acquosa che sidecomponeva palpitando, un'amalgama ributtante in cui i segni neri dei fiori si disfacevano evenivano su delle venature rosse... a questo punto ho sentito una mano che mi prendeva lo stomacoe me lo rovesciava come un guanto. Un'inesprimibile nausea... e poi mi sono ritrovato nella mano ildieci di cuori>>.

Fellini, intervista al Corriere della Sera, 1965

SCRITTURA, LETTURA E PITTURA A DISTANZA

L'esperimento più comune di scrittura a distanza era quello che avveniva al ristorante. Il rituale era

sempre lo stesso: Rol tracciava per aria con una matita o con un dito delle linee che andavano a

comporre parole o addirittura frasi compiute sul tovagliolo ripiegato in grembo di chi era seduto al

suo fianco o che, eccezionalmente, si trovava in tavoli vicini.

La pittura a distanza contemplava solitamente la spontanea trasformazione di qualche particolare

che Rol aveva dipinto nel suo studio. Così poteva accadere che, una volta momentaneamente posati

i pennelli o dopo l'ultimazione di una determinata tela, sulla tavola comparisse di colpo un albero,

una casa cambiasse forma, oppure che entrasse in gioco un omino originariamente non previsto. O

ancora, come accadde alla signora Giordano nel giorno di Pasqua del 1985, che uno dei suoi vasi di

rose mutasse improvvisamente colore.

GLI APPORTI E LA COMPARSA DI OGGETTI

Si tratta in questo caso dell'improvvisa comparsa di oggetti. Rol spiegava tale fenomeno in modo

molto semplice: <<L'apporto consiste talvolta in creazione di materia, molto spesso, invece, in

trasporto di materia: la materia viene presa in un luogo e riportata in un altro>>.

<<Era un giorno di settembre, stavamo percorrendo via San Massimo quando gli dissi che unconoscente comune mi aveva pregato di chiedergli un bottone di una giubba di un ufficialenapoleonico, di cui faceva collezione. Lì per lì si adirò esclamando: <<Ma sono richieste da farmi?Non ho mica la stamperia, che buon senso!>>. Subito dopo si agitò e, in modo quasi convulso, mi

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intimò: <<Ferma, ferma la macchina>>. Rischiai un tamponamento, ma appena riuscii ad arrestarmiguardai il palmo della sua mano aperta: lui stesso era sbigottito, si stava formando un bel bottone diuna divisa da ufficiale dell'esercito dell'Imperatore corso>>.

LETTURA DEL PENSIERO, PREVISIONI, CHIAROVEGGENZA.

<<Il dottore mi aveva chiesto di andare a comperare alcune lampadine in un negozio del centro cheavrei potuto comodamente raggiungere con il tram numero 16, che passava proprio in corsoMassimo d'Azeglio, sotto casa sua. <<Però – subito dopo mi avvertì tutto serio – non salga sulprimo che passa perché, vedrà, le sue porte saranno bloccate>>. Un quarto d'ora dopo ero allafermata e rimasi di sasso: il 16 arrivò carico all'inverosimile di passeggeri che si lamentavano,battendo sui vetri, perché tutte le porte di accesso erano chiuse>>.

Predisse anche a Mussolini e ad Hailé Selassié la fine del loro potere con precisione temporale edanni prima dei fatti riferiti.

DIAGNOSI MEDICHE E GUARIGIONI

Forse il caso documentato più eclatante di guarigione è quello relativo ad un grosso calcolo renale

che aveva convinto Tino Neirotti, allora vicedirettore della “Stampa”, ricoverato presso la clinica

Pinna Pintor, a farsi operare. Ecco cosa ricorda in proposito Marco, il figlio, anch'egli giornalista

del quotidiano torinese.

<<Eravamo a metà degli anni '70. Stufo delle continue coliche, mio padre aveva finalmente optatoper l'operazione, anche perché gli esami radiologici avevano escluso che il calcolo, viste ledimensioni, potesse essere espulso. Mi trovavo con lui nella camera della clinica quando entraronoRemo Lugli, suo collega al giornale, e Gustavo Rol, da lui conosciuto in occasione di qualche serataun po' speciale, durante la quale papà aveva comunque manifestato un certo scetticismo. Rol era dipassaggio, in quanto stava facendo uno dei soliti giri per malati: allora si diceva che le sue visitedessero risultati migliori della morfina, e che quando se ne andava non occorresse più ricorrere allepastiglie>>.

<<Rol aveva avvicinato la mano alla schiena di mio padre senza toccarla in alcun modo,provocandogli soltanto una strana vibrazione e una vampata di calore. Prima di congedarsi, loricordo come fosse adesso, gli disse: <<Secondo me non è il caso di farsi operare>>.Per scrupolo Neirotti chiese di essere sottoposto ad un altro esame radiografico primadell'intervento fissato per l'indomani.Il calcolo era completamente scomparso, come se fosse stato bombardato dalle onde d'urto del

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litotritore. I medici, sbalorditi, lo hanno subito rispedito a casa, e lui in seguito non ha mai più avutoproblemi di quel genere>>.

VIAGGI NEL PASSATO E NEL FUTURO

Lugli, che ha assistito a più di un viaggio nel passato, ne descrive i retroscena ed i meccanismi:

<<Erano questi gli esperimenti da fare in penombra, esigendo molta concentrazione. Non c'eratrance da parte di nessuno. Si stabiliva di comune accordo e con precisione una data e un luogo dascegliere. Rol evitava sempre tempi vicini a noi per non incorrere in interferenze con i viventi.Stabiliti tali elementi, prima di tutto invitava i partecipanti alla seduta a concentrarsi sul coloreverde e poi ognuno doveva immaginare di essere in quel luogo ed in quel tempo. Non davaindicazioni o suggerimenti specifici; ognuno doveva cercare di vedere con gli occhi della propriafantasia. Chi aveva immagini o sequenze di immagini chiare e persistenti doveva parlare eraccontarle. Gli altri ascoltavano, seguivano la propria immaginazione o, a un certo punto, eranoinfluenzati da quella enunciata e la controllavano, ci si inserivano e magari erano in grado diaggiungere alcuni particolari. In questo modo tutti o quasi tutti entravano con il loro pensiero nellascena che si andava descrivendo, rendendola quasi reale. Rol ascoltava ed interveniva perconfermare se anche lui si era inserito in quell'atmosfera o per fare una precisazione o, ancora, perl'aggiunta di un particolare. Potevano anche scaturire dei veri e propri dialoghi: il viaggiatore delpresente, incontrando un personaggio dell'altro tempo, lo interpellava e ne riferiva in seduta lerisposte. Un <<viaggio>> durava anche più di un'ora e a un certo punto accadeva, evidentemente, larottura di un diaframma tra l'immaginazione e la realtà perché si sentivano, di quel mondo, i rumori,gli odori, il freddo ed il caldo. E, spesso, accadeva il fenomeno strabiliante dell'apporto di unoggetto <<visto>> in quel luogo ed in quel momento>>.

SDOPPIAMENTI E SMATERIALIZZAZIONI

Un episodio del genere è stato ad esempio raccontato da Arturo Berganti, per anni a servizio in casa

Rol.

<<Un giorno mi trovavo sul balcone insieme a un fabbro che stava eseguendo dei lavori. Quando ildottore ci raggiunse per vedere come stavano andando le cose, scherzando dissi all'operaio: <<Lo sache il padrone di casa sarebbe in grado di fare passare la cassetta dei ferri attraverso la parete?>>. Ilfabbro mi guardò con un'espressione strabiliata e incredula. A quel punto, divertito per la sfida chegli avevo lanciato, Rol si fece consegnare la mazzetta dall'uomo, e la lanciò senza troppa forzacontro il muro più vicino: ebbene, questa scomparve del tutto. La trovammo in un'altra stanza, aipiedi del busto napoleonico>>.

CIRCUMAMBULATIO

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Non intendo in questo lavoro sbilanciarmi sulla veridicità degli esperimenti di Rol, ai quali non ho

partecipato in prima persona, ma voglio approfondire la sua vicenda interiore e le narrazioni ad essa

correlate, che trovo estremamente affascinanti, riannodandole agli studi recenti sul magismo e

sull'alchimia, utilizzando una chiave di lettura di matrice junghiana, con particolare riferimento agli

studi sull'Unus Mundus e sulla sincronicità.

Quando ci si pone il problema della realtà dei poteri magici, si da per scontato che cosa si debba

intendere per realtà, quasi si trattasse di un concetto tranquillamente posseduto dalla mente. Ma

esiste un concetto di realtà condivisa, per così dire, universalmente?

Possiamo constatare che la magia si compone attraverso procedure spesso indefinite e multiformi,

che rimandano ad un mondo, quello spirituale e mitologico, che si esprime principalmente per

immagini simboliche. Del resto, come afferma Mauss (sociologo, antropologo, storico delle

religioni, 1872-1950), la magia è, per definizione, oggetto di credenza ed i suoi elementi, non

essendo separabili gli uni dagli altri, non possono essere oggetto di credenze distinte. La magia,

come la religione, è un blocco, vi si crede oppure no e, a differenza della scienza che è

sperimentale, la credenza nella magia è a priori (precede necessariamente l'esperienza): si va a

trovare il mago perché si ha fiducia in lui o si esegue una ricetta perché si ha fiducia in essa. Gli

spiritisti moderni (talvolta anche Rol) non ammettono la presenza di increduli alle loro sedute

proprio perché ne comprometterebbero la riuscita.

L'atto di fede, seppure incomprensibile razionalmente, non è però insensato: non mi riferisco solo ai

successi che i seguaci dei maghi attestano e che alimentano la fede, ma anche al fatto che l'idea di

magia comprende anche quella di potere.

E' questa l'idea di una forza di cui la forza del mago, quella del rito e quella dello spirito sono

soltanto espressioni diverse; nessuno di questi elementi, infatti, agisce in quanto tale, ma

precisamente in quanto è dotato del carattere stesso di forza, più precisamente di forza magica, che

è la causa stessa degli effetti magici.

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MANA

Questa nozione riunisce in sé tutto il mondo variegato e spesso discontinuo della magia e della

religione. Mauss si riferisce al concetto di mana, trovando in esso una costante che con termini e

sfumature diverse è presente in tutte le culture umane ed in tutte le epoche storiche. Il mana non è

semplicemente una forza, un essere, è anche un'azione, una qualità ed uno stato. In altre parole il

mana è, insieme, un sostantivo, un aggettivo ed un verbo. Si può dire di un oggetto che è mana per

dire che possiede tale qualità e, in questo caso, la parola è una specie di aggettivo. Ma si può dire

anche di un essere, di uno spirito, di un uomo, di una pietra o di un rito che hanno del mana, il

“mana di fare questo o quello”.

L'idea di mana è in definitiva una di quelle idee non limpide; essa è oscura, vaga, ma tuttavia piena

di concretezza. Si comporta come un simbolo e quindi è dotato di energia.

Il mana dà valore alle cose ed alle persone, valore magico, valore religioso ed anche valore sociale;

la posizione sociale degli individui è direttamente proporzionale all'importanza del loro mana. Esso

è per natura trasmissibile, contagioso; si comunica il mana che si trova in una pietra ad altre pietre,

mettendolo in contatto con esse. E' rappresentato come materiale: lo si sente, lo si vede sprigionarsi

dalle cose in cui risiede; il mana fa rumore fra le foglie, fugge prendendo l'aspetto di una nuvola o

quello di una fiamma. Si può specializzare: c'è il mana che rende ricchi ed il mana che uccide.

Esso è, allo stesso tempo, soprannaturale e naturale perché è diffuso in tutto il mondo sensibile ed in

quello spirituale; è impersonale ed opera in maniera indipendente, utilizzando però oggetti o

persone.

Dai racconti di chi partecipava alle serate in casa Rol emerge che il sensitivo fosse in grado, in

determinate situazioni, di stimolare nel suo interlocutore la facoltà di compiere atti di tipo magico.

Gli esperimenti con le carte potevano avvenire anche senza la presenza fisica di Gustavo. A volte

era sufficiente che il sensitivo si trovasse dall'altro capo del telefono: come nel caso raccontato a

Lugli dal professor Guasta, dentista nonché amico di Rol.

<<Negli anni '80, quando avevo ancora lo studio in corso Fiume, a meno di un chilometro in linead'aria da casa Rol, poteva capitare che di pomeriggio Gustavo mi telefonasse per fare duechiacchere. Il piacere di parlare con lui era tale da non farmi rifiutare il colloquio anche se la salad'aspetto era piena di pazienti. Dalle chiacchere era facile che Rol proponesse di passare agliesperimenti. Mi diceva di prendere un mazzo e di provare a lanciarlo come era solito fare lui, inmaniera che tutte le carte si distribuissero su di un'unica linea. <<Vuoi che una carta sia girata?

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Dimmi quale>>. Io sceglievo, ad esempio, il cinque di cuori. <<Bene, allora pensa al cinque dicuori, e poi le lanci coperte>>. Così facevo e le carte si distribuivano tutte coperte, eccetto il cinquedi cuori che appariva in vista. Era un'emozione stupenda. Ma non potevo illudermi: io facevo solo ilgesto, quello che comandava era lui attraverso il nostro collegamento telefonico. E non sbagliavamai un colpo>>.

Esistono resoconti di esploratori che raccontano di circostanze in cui lo sciamano è in grado di

condividere il proprio potere con altri. L'etnologo Gudgeon, come riporta De Martino, ne fa

esperienza diretta.

<<Debbo dirvi che ho visto la cerimonia del fuoco Umu-Ti, e vi ho anche partecipato. La fornace

fu accesa all'alba del venti gennaio, e io osservai che le pietre erano molto grandi, come anche lo

erano i tronchi impiegati nella fornace stessa per somministrare il calore necessario. Circa alle due

del pomeriggio ci recammo nel luogo dove era la fornace, e quivi trovammo il tohunga (sacerdote)

che faceva gli apprestamenti necessari. […] Il sacerdote e il suo apprendista si recarono presso la

fornace, e dopo essersi fermati, il profeta disse alcune parole, e quindi ciascuno dei due percosse gli

angoli della fornace con i rami di ti. Questa operazione fu compiuta tre volte; quindi essi

camminarono lentamente e cautamente sul piano formato dalle pietre calde. Dopo avere fatto

questo, il sacerdote venne da noi, e il discepolo porse il suo ramo di ti al signor Goodwin, dal posto

del quale la cerimonia ebbe inizio, ed essi compirono il rito. Quindi il sacerdote disse al signor

Goodwin: - Faccio passare a voi il mio mana: conducete con voi i vostri amici - . Ora vi erano

quattro europei, il dott. W. Craig, il dott. C. Craig, il signor Goodwin ed io, e quel che posso dire è

che ci avviammo coraggiosamente. Io effettuai indenne il passaggio, e solo uno della comitiva fu

gravemente scottato: tuttavia fu accertato – si disse – che egli, al pari della moglie di Lot, si era

voltato a guardare indietro; una cosa contro tutte le regole. E' difficile darvi un resoconto di quello

che provai. Ma posso dirvi questo: che ero perfettamente consapevole di camminare su pietre

riscaldate fino al calore rosso, che sentivo il calore, e che, inoltre, non ero scottato. Sentivo

alcunché che rassomigliava a leggere scosse elettriche, sia allora che dopo, ma questo è tutto>>2.

La nozione di mana appartiene allo stesso ordine di quella di sacro (e quindi di numinoso) e in un

certo numero di casi le due nozioni si confondono: l'idea di manitu presso gli Algonchini, l'idea di

orenda presso gli Irochesi e l'idea di mana in Melanesia sono altrettanto magiche che religiose. Il

concetto di mana appare però più generale di quello di sacro in quanto non tutte le cose mana sono

anche sacre, mentre tutte le cose sacre hanno mana; presso gli Algonchini, ad esempio, sono mana

molti oggetti e spiriti, ma solo gli dei sono anche sacri. Probabilmente è esatto dire che il sacro è

2 E. De Martino, Il mondo magico, Bollati Boringhieri 2007, pp. 20, 21.

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una specie di cui il mana è il generale.

Mauss ritiene che il concetto di “mana” sia esistito ed esista quale patrimonio collettivo

dell'umanità. Non è necessario che questo compaia esplicitamente in una data epoca, in quanto può

essere esistito senza essere stato espresso. Un popolo, sostiene, non ha bisogno di formulare una

simile idea più di quanto non ne abbia di enunciare le regole della propria grammatica.

Essa, afferma Mauss, viene annoverata fra le “idee incoscienti che agiscono” o, detto in altri

termini, fra gli archetipi dell'inconscio collettivo. La nozione di mana del resto non ha ragione

d'essere al di fuori della società, ma allo stesso tempo non appare il prodotto di convenzioni sociali

tra individui e maghi, poi diventate idee tradizionalmente accettate in nome della ragione; al

contrario sembra proprio una questione di sentimenti.

“Più esattamente diremo, per usare il linguaggio astruso della teologia moderna, che la magia, comela religione, è un gioco di “giudizi di valore”, cioè di aforismi sentimentali, che attribuiscono qualitàdiverse ai diversi oggetti che entrano nel suo sistema. Ma questi giudizi di valore non sono operadegli individui; al contrario, essi sono espressione di sentimenti sociali che si sono formati, orafatalmente e universalmente, ora fortuitamente, riguardo a certe cose, piante e animali, professioni esessi, astri, meteore, elementi, fenomeni fisici, accidenti del suolo, materie, etc”3.

Tutti i giorni la società ordina nuovi maghi, sperimenta riti e ascolta racconti inediti, che sono poi

sempre gli stessi; la nostra vita, si sa, è attraversata da superstizioni e riferimenti al soprannaturale,

come ci insegnano anche le numerose trasmissioni televisive che si occupano di misteri, mostri e

spiriti. Ciò che è reale (come ad esempio la magia), non dipende allora tanto da ciò che è vero

(dimostrabile), quanto dal posto assegnatogli socialmente; nella nostra società queste realtà hanno

un carattere più fluido e non sono più pratiche “istituzionali”, mentre altrove sono servite per

costruire sistemi ufficiali di interpretazione; esse hanno avuto, cioè, il compito che noi attribuiamo

alla scienza.

Ci stiamo addentrando sempre più in una dimensione di tipo psichico, costellata da quelle che

Mauss definisce “idee incoscienti che agiscono”.

Queste “idee inconsce”, nella magia, sembrano però agire in modo particolare, facendo irruzione

nella realtà tramite un potere che si direbbe non sottostare alle regole che ordinano i rapporti fra le

3 M. Mauss, Teoria generale della magia, Piccola Biblioteca Einaudi 1965, pag. 124.

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cose, almeno come li intendiamo comunemente.

De Martino riporta gli studi effettuati dal laboratorio dell'Istituto Internazionale di Metapsichica di

Parigi; viene descritto approfonditamente l'esperimento col medium Rudi Schneider che nel 1930

(proprio nel periodo in cui Rol si esercitava con i suoi esperimenti) accettava la presenza di un

dispositivo fotografico ad infrarossi per riprendere eventuali fenomeni telecinetici che si

avverassero nell'oscurità. Durante la seduta del 10 novembre si produsse un evento inaspettato, che

aprì nuovo orizzonti alla ricerca. Durante la seduta era attiva una macchina fotografica in grado di

scattare automaticamente utilizzando frequenze infrarosse in modo che se l'oggetto collocato sul

tavolino a scopo di esperimento si fosse mosso per telecinesi entrando nel campo della cella ad

infrarossi, questa avrebbe attivato il dispositivo fotografico con l'ausilio di un lampo di magnesio.

Ad un certo punto della seduta Olga, la personalità assunta dal medium, annunciò: <<Stringete forte

le mani. La forza procede dal gabinetto verso il tavolino>>. Appena l'interprete tradusse in francese

quelle parole si ebbe una deflagrazione del magnesio, anche se l'oggetto che avrebbe dovuto essere

spostato rimase al suo posto. Constatato il normale funzionamento degli apparecchi ed esclusa

qualsiasi causa ordinaria che avesse provocato il lampo di magnesio, fu fatta l'ipotesi che il medium

nei suoi sforzi, per lo più inefficaci, di sollevare l'oggetto fisico (un fazzoletto), esteriorizzava un

quantum di energia che assorbiva una quantità di raggi infrarossi tale da fare scattare l'automatismo

che conduce alla deflagrazione. Tale ipotesi fu poi confermata dalle sedute successive. Si giunse

così alla conclusione condivisa che il medium, durante lo sforzo telecinetico, generava una qualche

sostanza invisibile, manifestabile a distanza, retta dal pensiero, producibile a volontà e dotata di una

sostanza in grado di assorbire gli infrarossi.

Questo risultato, afferma indirettamente De Martino, costituisce per il biologo e per il fisico un

fenomeno straordinario quanto una materializzazione vera e propria; ne consegue una soluzione

almeno parzialmente positiva del problema sulla realtà dei poteri magici.

Riporto, per tenere vivo il dibattito, il severo giudizio che Guglielmo Wundt pronunciava sulla

fenomenologia del paranormale.

<<Gli scienziati hanno buona ragione di non avventurarsi sul terreno della fenomenologiaparanormale. Queste ragioni si trovano, secondo me, nei risultati della ricerca parapsicologica.Basterà leggere, per farsene un'idea, uno dei lavori più minuziosi eseguiti in questo dominio, vogliointendere le ricerche del Richet sulla trasmissione del pensiero e sulla lucidità. Supponiamo che tuttigli esperimenti descritti in questo lavoro abbiano avuto esito positivo, al punto di obbligarci adammettere azioni magiche a distanza in quei casi in cui l'autore stesso le ritiene probabili: qualeconclusione ne ricaveremo noi? Evidentemente il mondo che ci circonda diverrebbe in realtàcomposto da due mondi assolutamente diversi. Da una parte quello di Copernico, di Newton, diLeibniz e di Kant: e cioè l'universo retto da leggi eternamente immutabili, e per cui il più piccolocome il più grande si uniscono in un tutto armonico. Dall'altra parte, accanto a questo grandioso

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universo che suscita sempre più la nostra meraviglia e la nostra ammirazione ad ogni passo che inessa muoviamo, vi sarebbe un altro piccolo mondo, un mondo di spiriti e folletti, di maghi e di“medi”, il quale sarebbe il completo rovescio del primo, del grandioso e sublime universo, le cuileggi si troverebbero sospese a profitto delle persone fra le più volgari e spesso isteriche. […] Masupponendo che tutte queste assurdità e molte altre siano esatte, si può ammettere che un naturalistae uno psicologo, esente da pregiudizi e libero nella sua scelta, non dia la preferenza al grandiosouniverso il cui ordinamento riposa su leggi immutabili, piuttosto che a questo piccolo mondo dimedi isterici?>>4.

JUNG

Jung sostiene che ogni forma di conoscenza filosofica, religiosa, ma anche scientifica, sia in

qualche modo antropomorfica e quindi psichicamente condizionata. Una filosofia come quella di

Hegel, ad esempio, è da considerarsi un'autorivelazione di sfondi psichici: psicologicamente essa

non significa altro che un'irruzione dell'inconscio (a questo proposito si vedano i seminari sullo

Zarathustra di Nietzsche). Va da sé che gli “sfondi psichici” debbano essere dotati di una

potenzialità creativa intrinseca, particolarità che differenzia la teoria dell'inconscio Junghiana da

quella Freudiana.

“E' quindi possibile che l'inconscio ospiti contenuti i quali posseggono una tensione energetica tantogrande da dovere diventare percepibili all'Io in altre circostanze. Di norma non si tratta affatto, incasi del genere, di contenuti rimossi, bensì di contenuti non ancora consci, cioè realizzati comesoggettivi, come per esempio i demoni e gli dei primitivi ed i vari “ismi” moderni ai quali si tributauna fede fanatica. Questa condizione non è né patologica né strana, anzi è la “condizione normaleoriginaria”, mentre la totalità della psiche, riassunta nell'unità della coscienza, rappresenta una metaideale mai raggiunta.Non è illegittimo da parte nostra stabilire un'analogia tra la coscienza e le funzioni sensoriali, dallacui fisiologia proviene del resto il concetto di “soglia”. Il numero di vibrazioni del suonopercepibile dall'orecchio umano va da 20 a 20000 circa, e le lunghezze d'onda della luce visibile siestendono da 7700 a 3900 angstrom. In base a questa analogia sembra pensabile che esista, per iprocessi psichici, non solo una soglia inferiore, ma anche una soglia superiore e che di conseguenzala coscienza, che è il sistema di percezione per eccellenza, possa essere paragonata alla scalapercepibile del suono o della luce, il che spinge a supporre, analogamente a quanto accade colsuono o con la luce, l'esistenza non solo di un limite inferiore ma anche di un limite superiore. Forsesarebbe possibile estendere questo paragone alla psiche in generale, se esistessero processi“psicoidi” a entrambe le estremità della scala psichica. In base all'assioma natura non facit saltustale ipotesi non sarebbe del tutto peregrina”5.

4 E. De Martino, Il mondo magico, Bollati Boringhieri 2007, pag. 495 C. G. Jung, Opere, vol. 8, La dinamica dell'inconscio, Bollati Boringhieri 1994, pp. 194, 195.

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Per Jung “psicoide” è un concetto limite che apparterrebbe alla parte invisibile, ultravioletta, dello

spettro psichico e per questo non percepibile dalla coscienza. Si riferirebbe appunto al punto di

contatto o alla natura comune di materia e psiche, punto in cui esse non sarebbero ancora

distinguibili nella loro separatezza.

L'inconscio assume caratteristiche ed estensioni che sembrano potere rispecchiare le potenzialità

espressive e dinamiche delle civiltà umane e viene descritto da Jung, psicologicamente, come

“coscienza multipla”.

“L'ipotesi di luminosità multiple si basa da un lato, come abbiamo visto, sullo stato paracoscientedei contenuti inconsci, dall'altro sull'incidenza di certe immagini che vanno considerate simboliche,e che possono essere constatate nei sogni e nelle fantasie visive di individui moderni o in documentistorici. E' noto che una delle principali fonti di rappresentazioni simboliche in epoche passate èl'alchimia. Dall'alchimia traggo anzitutto la rappresentazione delle scintillae, che affiorano comeillusioni visive nella “sostanza arcana”. Dice l'Aurora consurgens, parte 2°: “Sappi che la terrafetida presto riceve delle piccole scintille bianche”. Queste scintille sono radii atque scintillae, raggie scintille, dell'Anima catholica, dell'anima universale che è identica allo spirito di Dio. Da questaspiegazione risulta chiaramente che già certi alchimisti avevano intuito la natura psichica di questeluminosità. Sarebbero “semi di luce” diffusi nel caos. Anche l'intelletto umano è una scintilla. Lasostanza arcana (“terra acquosa o acqua terrestre – limus fango – dell'Ente cattolico”) è“universalmente animata” dalla “scintilla infuocata dell'anima del mondo” in conformità con ilLiber sapientiae I.7: “Perché lo spirito del Signore ha riempito l'universo”. Nell'“acqua dell'arte”,nella “nostra aqua” che è anche il caos, si trovano le scintille infuocate dell'anima del mondo comepure Formae Rerum essentiales. Queste formae corrispondono alle idee platoniche, dal cherisulterebbe quindi una “identità delle scintille con gli archetipi”, se si suppone che le immaginieterne di Platone, “custodite in un luogo sovraceleste”, siano un'espressione filosofica degliarchetipi psicologici. Partendo da questa visuale alchimistica si dovrebbe concludere che gliarchetipi posseggano in sé una certa luminosità o paracoscienza e che quindi alla numinositascorrisponda una luminositas”6.

In Paracelso, scrive Jung, il lumen naturae deriva dall'astrum, dalla stella che è nell'uomo, ma che è

anche “luce naturale”.

Paracelso considera la psiche oscura come un cielo notturno disseminato di stelle, un cielo in cui i

pianeti e le costellazioni di stelle fisse sono rappresentati dagli archetipi in tutta la loro luminosità e

numinosità. Il cielo stellato accoglie in sé la “proiezione cosmica”, il riflesso dei mitologemi o degli

archetipi e l'anima del mondo, intesa come forza naturale alla quale si devono i fenomeni della vita

e della psiche, appare diffusa nella res cogitans e nella res extensa, in una visione “indivisa” di

Cosmo.

Jung fa ricorso alla sua esperienza clinica per riflettere sulle numerose immagini ed impressioni

6 Ibidem, pp. 209, 210.

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oniriche dei suoi pazienti, apparentemente caotiche e multiformi. Egli racconta che nel corso del

suo lavoro tali immagini tendevano ad ordinarsi in motivi ed elementi formali, con una tendenza a

ripetersi in forme simili negli individui più diversi. I motivi più caratteristici erano costituiti da

polarità quali il caos e l'ordine, la dualità, il contrasto di chiaro e scuro, sopra e sotto, destra e

sinistra, l'unificazione dell'antitesi in un terzo elemento, la quaternità (quadrato, croce), la rotazione

(cerchio, sfera) e la convergenza in un centro.

Jung si dilunga sull'effetto attivante e finalistico dell'archetipo che, grazie al suo carattere

“numinoso”, può essere descritto come fondamentalmente spirituale o addirittura magico. Esso è in

grado di mobilitare concezioni filosofiche o religiose in persone che si credono lontane da simili

sensibilità; spesso accade che prema verso il suo scopo con passionalità inaudita e logica spietata,

trascinando nel suo cerchio magico il soggetto che non riesce a liberarsene ed alla fine non vuole

più affrancarsene (non vuole più perché questo stato comporta una pienezza di significato

appagante e cristallina). L'irruzione di un contenuto archetipico ha una qualità mana che può

coinvolgere non solo il soggetto, ma anche il gruppo intorno a sé, come nel caso delle sette magiche

o di quelle religiose (proiezione di contenuti archetipici su oggetti o rituali dei maghi).

Gli archetipi compaiono nell'esperienza psichica come “ordinatori” di rappresentazioni e non

possono essere riconosciuti se non a posteriori; essi integrano materiale che proviene dal mondo

fenomenico e così diventano manifesti attraverso immagini e simboli. Noi possiamo quindi

sperimentarne gli effetti attraverso ciò che può essere rappresentato e vissuto dallo stato cosciente.

Lo spettro psicoide può quindi solo essere postulato, in quanto sembra sfuggire ad ogni esperienza

diretta. Jung a questo proposito ipotizza che l'archetipo possieda un aspetto non psichico e motiva

questa possibilità sulla base dei fenomeni sincronistici, durante i quali il non psichico si comporta

come psichico e viceversa, senza nesso causale.

L'archetipo è direttamente radicato nell'organismo materiale e rappresenta, con la sua natura

psicoide, il ponte verso la materia in generale.

Nell'introduzione a I Ching, Jung differenzia l'approccio causale da quello sincronistico e Marie-

Louise Von Franz, nel suo volume su Psiche e Materia, spiega che ciò che in Occidente definiamo

causalità, si radica nei mitologemi greci di Ananke (necessità) e Dike (giustizia), Heimarmene

(fato) e Nemesi (vendetta).

Eraclito afferma anche che <<ogni evento accade secondo lotta e necessità>>. Nella filosofia stoica

Ananke, divenne poi una legge universale che tutto governa, persino gli dei. Per gli Stoici Chronos

(il tempo) era accoppiato con Ananke (la necessità). Quest'ultima tiene l'universo <<in ceppi

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inflessibili>>.

L'idea della necessità non scompare nel Cristianesimo, ma è proiettata sulle leggi d'una natura

creata da Dio, in cui questi può intervenire attraverso il miracolo. Solo con Cartesio diviene

dominante l'idea di una determinazione razionale, di un'assoluta validità delle leggi di natura e viene

esclusa ogni possibilità d'un nuovo influsso creativo di Dio. Gli atti di volizione di Dio

corrispondono del tutto alle leggi di natura e coincidono pienamente con le leggi dell'intelletto.

L'intervento divino che smentisce la prevedibilità, fluidità e ritmicità dello scorrere del tempo è

comunemente denominato “miracolo”; in molte opere pittoriche medievali e rinascimentali, nella

rappresentazione di un miracolo vediamo una mano, la mano di Dio, che dalle nuvole indica verso il

basso. Così Dio s'intromette nella sua creazione, alludendo forse al fatto che sono sempre possibili,

nel mondo, nuovi atti creativi.

Jung definì gli eventi sincronistici “atti creativi nel tempo”, parlando anche di una creatio continua,

di un coordinamento che in parte si ripete sempre, in parte sporadicamente, e che non può essere in

nessun modo dedotto da antecedenti constatabili. Nel concetto di creatio continua vanno intesi non

solo una serie di atti creativi successivi, bensì anche l'eterno presente dell'unico atto creativo.

Gli eventi sincronistici, come Jung scrive alla fine del suo saggio sulla sincronicità, sembrano essere

solo <<un caso particolare del generale coordinamento acausale>> in quanto principio naturale.

Nella fisica tale ordine acausale si manifesta, per esempio, nella scansione di tempo della decadenza

radioattiva, che è un dato semplice, poiché non possiamo trovare per esso alcuna causa. Nell'ambito

dello spirito (psiche) il coordinamento acausale si trova invece nel 6, numero perfetto: l'addizione di

1, 2, 3 dà infatti lo stesso risultato della loro moltiplicazione (1 x 2 x 3). Dobbiamo assumere tale

dato, senza poterne fornire una ragione.

Il concetto di coordinamento acausale chiama in causa, a mio avviso, gli studi sul fenomeno

dell'emergenza:

“L'emergenza si verifica quando all'interno di un sistema appaiono nuove proprietà che prima non

c'erano e che non sarebbero state facilmente prevedibili dalle componenti del sistema. I fenomeni

emergenti ubbidiscono a leggi che compaiono con le nuove proprietà e condizionano le componenti

legate alla natura del fenomeno emergente”.7

7 J. Cambray, L. Carter, Psicologia analitica, Giovanni Fioriti Editore, 2010, pag. 46.

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Hogenson, nel volume intitolato “Psicologia analitica”, a cura di Cambray e Carter, riporta

l'esempio dell'acqua: non sono evidenti caratteristiche dell'idrogeno e dell'ossigeno che possano

permettere di predire che questi due atomi, combinati insieme, diano luogo ad un liquido che, a

seconda della sua temperatura, possa diventare anche solido o gassoso. Tali proprietà dell'acqua

sono quindi emergenti dalla combinazione di idrogeno ed ossigeno.

Uno dei vantaggi del concetto di emergenza è di essere proposto come una proprietà della

complessità che ha riscontro in tutto il mondo della natura, dal subatomico al cosmologico; si

postula che sia un principio essenziale di organizzazione ad ogni livello, inclusa l'emergenza della

mente dalle interazioni neurali del cervello. Secondo gli autori questa proprietà ci permette di dare

una cornice più coerente di quanto faccia la fisica quantistica (che ha riscontri solo a livello

subatomico) anche a teorie come quella degli archetipi o della sincronicità.

Aggiungo che neanche la teoria emergentista spiega i motivi ed i meccanismi per i quali i sistemi

complessi, interagendo, possano dare luogo a nuove proprietà in grado di organizzarsi, però tale

teoria sembra allinearsi meglio di altre con le moderne teorie archetipiche che sembrano escludere

la possibilità che contenuti culturali o esperienze significative possano essere ereditate. Jean Knox

sostiene infatti che gli archetipi possono essere riformulati come strutture emergenti dello sviluppo

mentale e non più come contenuti inconsci innati.

In ogni caso, anche a partire da questa stimolante proposta, il concetto di causalità appare debole,

infatti esso viene sempre più sostituito da quello di “complessità”.

Il concetto logico antitetico alla causalità (ed alla sua radice storica, la necessità) è quello di caso. Il

suo aspetto temporale, l'“istante numinoso”, ha forse radici religiose ancor più antiche della

causalità: gli antichi Greci e Romani, ad esempio, possedevano numerosi dei “del singolo istante”.

C'era un dio dell'attimo in cui fuggono i cavalli, un dio del momento giusto per estirpare l'erba

cattiva, per prendere il miele dal favo, etc. Era particolarmente importante un dio associato con

Hermes, il dio Kairos, che personificava la coincidenza di circostanze favorevoli all'azione. Lo si

doveva afferrare per i capelli, altrimenti si dileguava.

Ciò che denominiamo coincidenza sembra essere il terreno privilegiato dell'osservazione dello

spirito cinese; il disordine delle leggi di natura, che il momento presente produce di volta in volta, è

più importante della spiegazione causale. Jung, in linea con questo modello, afferma che il principio

di sincronicità conferisce alla coincidenza di eventi nello spazio tempo un significato superiore al

puro caso: tale principio assegna un peculiare effetto reciproco tra un evento ed un altro e con lo

stato psichico soggettivo di uno o più osservatori.

Come abbiamo visto il fenomeno del tempo si mostra quanto mai difficile e contraddittorio anche se

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viene trattato solamente dal punto di vista dell'esperienza cosciente: se poi proviamo a seguirlo nei

meccanismi del funzionamento inconscio ci troviamo di fronte ad ulteriori complicazioni. Jung

sostiene infatti che nell'inconscio il tempo diviene sempre più relativo quanto più penetriamo in

profondità e che in determinati ambiti dell'inconscio sembra non esistere del tutto.

M.R. Von Franz ci ricorda che la relatività del tempo nell'inconscio è stata spesso espressa anche

nelle fiabe popolari. Soprattutto nei paesi celtici troviamo numerosi racconti in cui qualcuno va nel

regno delle fate o degli spiriti, pensando di dimorarvi un solo giorno o una notte. Al ritorno non

trova i suoi cari e il suo villaggio è scomparso: in realtà è stato via cent'anni. Un'altra prova della

relatività del tempo negli strati più profondi dell'inconscio sono le “irruzioni nel passato” riferite

dalla parapsicologia.

M. L.Von Franz ne riporta un esempio:

“Molto nota è l'esperienza di due inglesi, miss Moberly e miss Jourdain, la prima presidente del St.Hugh' s Women' s College di Oxford, la seconda vicepresidente e in seguito a sua volta presidentedel college. Un pomeriggio, nel 1901, le due signore facevano una passeggiata a Versailles, indirezione del Trianon, quando videro una donna agitare un fazzoletto bianco da una finestra e duegiardinieri con un mantello grigioverde e un cappello a tricorno. A un tratto miss Moberly si sentimadida di sudore, ma non proferì parola e andò avanti. Giunsero a un chiosco rotondo: <<Tuttoappariva innaturale, gli alberi sembravano piatti e senza vita, come un bosco in un arazzo (…)dominava un intenso silenzio>>. S'inoltrarono a lungo per la strada, incontrando varie persone inabiti antiquati, e infine tornarono a Parigi. Solo allora scambiarono le loro impressioni e decisero discrivere quanto avevano visto. Dopo anni di accurate ricerche scoprirono di avere visto la Versaillesdi Maria Antonietta, e non solo persone, ma anche costruzioni del tempo, come un piccolo pontenon più esistente, che tuttavia avevano attraversato. […] L'esperienza occorsa a Jung a Ravenna,ove osservò con Freud mosaici scomparsi, è un esempio affine. Essa mostra che il passato puòessere ancora pienamente presente nella profondità dell'inconscio”8.

Anche Maria Luisa Giordano, frequentatrice di casa Rol, riporta la testimonianza relativa ad un

salto nel tempo, riferitagli da una famiglia che abitava nello stesso palazzo del sensitivo.

<<Per un viaggio nel passato, Gustavo fece scegliere data e luogo. I presenti indicarono l'anno e ungiorno estivo a Versailles. Trascorsi dieci minuti, uno dei presenti disse: <<Eccola, la vedo, laregina Maria Antonietta con una sua amica>>. <<La vedo, la vedo anch'io>>, disse un altro,cominciando a concordare sull'abbigliamento. <<Che bella capretta ha con sé>>. <<Ma certo, e chebella campanella porta appesa al collo>>. Tutto ad un tratto all'altezza del soffitto si udì il suonodella campanella, che poco a poco cadde sul tavolo, tra la sorpresa degli astanti>>.

Possiamo ipotizzare che gli archetipi possano essere, per così dire, fuori dal tempo e che si trovino

anche alla base degli eventi sincronistici, che secondo Jung accadono proprio quando viene

costellato un archetipo. Tali coincidenze sorgono in stati emotivi o in una situazione esterna, che è

8 M.L. Von Franz, Psiche e Materia, Bollati Boringhieri 1992, pp. 89, 90.

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oggettiva e preesistente ed ha un significato capitale, come la morte, la malattia, etc. Nella lettera a

Smythies, il 29 febbraio 1952, Jung scrive:

“Il carattere collettivo degli archetipi si manifesta anche in coincidenze conformi al senso, come sel'archetipo (o l'inconscio collettivo) vivesse non solo nell'individuo stesso, ma anche fuori, cioè nelsuo ambiente. [...] Poiché nel mondo psichico non c'è alcun corpo che si muova come nello spazio,non esiste neppure il tempo. Il mondo archetipico è “eterno”, cioè al di fuori del tempo, ed èovunque, poiché nelle condizioni psichiche, cioè archetipiche, non esiste alcuno spazio. Oves'impone un archetipo, possiamo tener conto dei fenomeni sincronistici, cioè di corrispondenzeacausali, di fatti ordinantisi parallelamente al tempo”9.

Von Franz propone di utilizzare il simbolo della ruota in movimento per rappresentare il tempo con

i suoi diversi flussi. Al margine esterno troviamo l'Io che si muove nel tempo in un flusso dinamico

di eventi esterni ed interni. Subito sotto c'è la sfera psichica del cosiddetto inconscio personale,

ancora relativamente connessa allo scorrere del tempo. Più all'interno troviamo la sfera delle

immagini archetipiche, che sembra essere ancora legata al tempo, ma è immersa in un tempo molto

più esteso; alcune di queste immagini si muovono addirittura in eoni millenari e possono

“costellarsi”, emergere cioè nelle sfere più esterne, fino a quella dell'Io. Più all'interno c'è il

movimento di rinnovamento intimo del Sé, descritto da Jung in Aion. Ancora più interni sarebbero

gli archetipi eterni ed il Sé. Al centro troviamo il mozzo vuoto della ruota, l'area che Von Franz

chiama del non tempo puro (più ci si avvicina al mozzo, più la rotazione diviene lenta, fino a

fermarsi). <<Trenta raggi circondano un mozzo: nel loro nulla consiste il lavoro della vettura>>

(Lao-Tze, Il libro della via edella virtù).

ALCHIMIA

Von Franz ricorda il Liber sextus di Avicenna (diffuso nel XII e XIII secolo); la sua idea di fondo è

che esisterebbe una forza immaginativa nella psiche dell'uomo che, nello stato di alta tensione

affettiva e nella costellazione astrologica adeguata, potrebbe produrre mutamenti concreti nel

mondo materiale.

Nel XVII secolo l'idea di un'anima universale e di un animismo della natura viene del tutto

abbandonata e con Cartesio iniziò ciò che Jung definì “quella stupida fantasia dell'orologio”,

9 Ibidem, pag. 95.

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secondo la quale Dio ha creato una volta per tutte il mondo e questo da allora funziona come una

sorta di meccanismo automatico costituito da materia morta. Cartesio fondò quindi la sua idea di

causalità a partire dal fatto che Dio manterrà sempre le sue regole, create un tempo e una volta per

tutte; in un mondo del genere non c'é più spazio per la creatività, fatta eccezione per i miracoli

approvati dalla Chiesa.

Numerosi testi di mistici ed alchimisti parlano invece di “immaginazione creativa”; Avicenna

sostiene, ad esempio, la dottrina dell'imaginatio, che presenta proprietà magico-creative. Poiché

nell'anima esistono forme archetipiche, la materia potrebbe esserne influenzata, non solo all'interno,

bensì anche all'esterno del corpo. Questa concezione influenzò personaggi come Alberto Magno

(1206-80) e Tommaso d'Aquino, che la utilizzarono per spiegare la trasmutazione alchimistica dei

metalli: per loro questa si verifica non per la consueta via tecnico-causale, bensì attraverso l'influsso

dell'immaginazione creativa degli alchimisti. In Alberto Magno troviamo sottolineato un importante

elemento già citato da Avicenna: la connessione di questa creatività materiale dell'anima con gli

stati affettivi. Jung cita il seguente passo da uno scritto attribuito proprio ad Alberto Magno, il De

mirabilius mundi:

“[...] Chi vuole quindi conoscere il segreto di questo fatto per provocarlo e scatenarlo, deve sapereche chiunque può influenzare magicamente ogni cosa, se cade preda di un grande eccesso […] eallora lo deve fare precisamente in quell'ora in cui l'eccesso lo aggredisce e agire con le cose chel'anima gli prescrive. Infatti l'anima è allora così bramosa della cosa che vuole causare, che afferraanche da sé l'ora più importante e migliore, che comanda anche alle cose che più convengono aquell'effetto. Così è l'anima che brama più intensamente l'oggetto che rende le cose più efficaci epiù simili [a ciò] che risulta […] In maniera simile funziona infatti la produzione in tutto ciò chel'anima brama con intenso desiderio”10.

Secondo concezioni come questa la <<forza bramosa dell'anima>>, magari sostenuta dal momento

propizio (kairos), sarebbe in grado di mettere in moto trasformazioni anche nella materia; ne

consegue che gli eventi che oggi definiamo sincronistici in passato sono stati spiegati (e Jung ce lo

ricorda) come una forma di causalità magica.

Esiste poi il contributo della mistica araba, che descrive il nous poietikos come energia raggiante e

creativa dello spirito divino, paragonabile alla luce: essa è una teofania della divinità. Questa luce

creativa di Dio illumina ed ispira anche lo spirito dei teologi, dei profeti e dei mistici. In Avicenna è

l'intelligenza agens ed è una realtà cosmica. La sua luce abita nei pianeti ed è la radice esterna

d'ogni conoscenza umana; così se l'anima si eleva all'estasi, la sua sacra forza spira in essa e

produce doni profetici.

10 C. G. Jung, Opere, vol. 8, La dinamica dell'inconscio, Bollati Boringhieri 2000, pag. 477.

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Accanto al nous poietikos voglio ancora ricordare la figura medievale della sapientia Dei; negli

scritti tardi dell'Antico Testamento influenzati dalla gnosi, la sapienza di Dio emerge come uno

pneuma creativo di natura femminile. Questa ipostasi divina agisce come amante ed ispiratrice

dell'opera divina al momento della creazione; ha la qualità dell'Eros, poiché è uno spirito

filantropico. Mentre il nous poietikos ipostatizza l'intelligenza soprannaturale della forza creativa di

Dio, la sapientia Dei (Maria, in ambito cristiano) illustra più la sympnoia, la coesione dell'universo

animata dallo spirito d'amore.

Bene, Gustavo Rol si inserisce a pieno titolo all'interno di queste speculazioni: fa infatti ampio

riferimento ad un'energia che chiama spirito sublime o intelligente e sostiene che questa sia la fonte

creativa delle sue “possibilità” magiche. Egli afferma che ci sia una qualche forma di coscienza

nella materia e che spirito e materia si confondano.

Lo spirito non è vissuto dal sensitivo come soggetto al desiderio o alla volontà individuale, ma

viene descritto come un'energia che è dovunque e di cui anche noi siamo parte. Per questo amava

definirsi “la grondaia” che convoglia l'acqua che cade sul tetto, cioè una forza di cui riteneva di

essere soltanto il canale. Egli più volte spiegò a chi glielo chiedeva che i propri esperimenti non

erano frutto di un potere personale, bensì manifestazioni dello spirito.

<<Nei miei esperimenti è la psiche a fare da grondaia allo spirito>>.

Più volte si legge nelle sue dichiarazioni di non essere in grado di decidere di sua iniziativa la

riuscita di un esperimento (kairos).

A questo proposito Luigi Bazzoli, giornalista, riporta una dichiarazione di Rol:

<<A volte io stesso sono incapace di spiegarmi tali fatti. Agisco d'impulso, come sotto la spinta diun suggerimento. Il bello è che a provarne contentezza sono prima di tutti io stesso perché sonocerto che ciò che accade è sempre a fin di bene oppure per una ragione misteriosa che con il temposi rivelerà positiva>>.

Questo atteggiamento segna una importante differenza fra Rol ed altri maghi contemporanei: siamo

infatti abituati a pensare che il supposto potere magico di illusionisti e prestigiatori sia una forza a

disposizione dell'individuo, il quale la esercita a suo piacimento, mentre il sensitivo torinese sembra

fare riferimento ad un intervento esterno che ricorda sia l'elusivo concetto di mana che il concetto di

“creatio continua”, verificabile durante gli eventi sincronistici. Jung sosteneva che tali eventi

costituiscano anche momenti in cui un individuo diviene cosciente di un senso “cosmico” o “più

ampio”. Come succedeva regolarmente a chi partecipava agli esperimenti di Rol, anche a chi fa

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esperienza di un evento sincronistico può succedere di sentirsi profondamente turbato.

Sono interessanti a questo proposito alcune interviste fatte ai frequentatori di casa Rol: vengono

descritte esperienze uniche ed inspiegabili. Eccone alcune:

<<Quando ci invitava a casa sua ci dava appuntamento alle nove e un quarto precise sotto casa,all'angolo fra via Silvio Pellico e Corso Massimo D'Azeglio. Ci trovavamo tutti lì, col batticuore.Varcata la soglia del portone si entrava in una dimensione meravigliosa>>. <<Non sapevamo checosa ci avrebbe fatto “il grande vecchio” e in quale momento; poteva essere nell'ascensore, potevaessere in casa sua...>>. <<Si parlava della stagione autunnale e che c'erano delle castagne per terra.Gustavo allora ha detto: <<Castagne?>> ed all'istante una pioggia di castagne sono arrivate nellacamera, ce n'erano centinaia sul pavimento!>>. <<Lui è andato nell'altra camera... attraverso ilmuro>>. <<Entro nell'ascensore ed in quel momento Rol prende le sembianze di un giganteenorme>>. <<Devo dire che mi fanno un po' impressione queste cose, quindi non ne voglio saperetanto di più. Quello che so è che mentre noi chiaccheravamo “il vecchio” camminava e scivolavalungo il muro. Com'era potuto succedere questo non me lo so assolutamente spiegare>>. <<ConGustavo eri talmente abituato a considerare il paranormale come normale che non c'era più nienteche mi stupisse>>. <<All'inizio mi sembrava di essere come Alice nel paese delle meraviglie. Ericome sollevata da terra e quel rituale di varcare la soglia è una cosa che ogni tanto sogno ancora>>.

L'orizzonte simbolico all'interno del quale sembra esprimersi l'intuizione di Rol, rimanda

all'armonia di tutte le cose ed alla natura comune di spirito e materia. Il sensitivo torinese affermava

infatti di avere scoperto una legge che lega fra loro il colore verde, la quinta musicale ed il calore; il

numero, le armonie musicali ed il calore (energia psichica) sembrano rimandare alla misteriosa

potenza dello Spirito ordinatore che fluisce nella materia. Esso esprime una qualità creativa che si

esplicita nella perfezione del cosmo ed è avvertita non solo dall'intelletto ma, in quanto espressione

archetipica, può prorompere nella sfera sentimentale di ognuno con la forza del numinoso. Gli

esempi riportati riguardo a Rol parlano infatti dell'esperienza diretta della proprietà ordinatrice e

creativa di questa forza, esperienza paragonabile a quella mistica e che si esprime attraverso le

immagini, il coinvolgimento in eventi sincronistici e la sensazione di essere alla presenza di

qualcosa di potente e di natura muninosa. Il calore ne è una proprietà fondamentale: nell'alchimia

infatti il “Sol” (immagine di Dio per Keplero) è descritto come

“una forza misteriosa a cui veniva attribuita un'azione procreativa e trasformativa. Come il solefisico rischiara e riscalda l'universum, così nel corpo umano esiste un altro arcano solare nel cuore,da cui fluiscono vita e calore. “A ragione dunque – scrive Dorneus – egli (Sol) è il Primo dopo Dioed è chiamato padre e generatore del Tutto, perché in lui dimorano la virtù seminale e formale ditutte le cose” (quorumvis seminaria virtus atque formalis delitescit). Questa “virtù” viene chiamata“zolfo”. Esso è un caldo principio demonico della vita, che ha la più stretta relazione con il solenella terra, ossia con l'ignis centralis e gehennalis [infernale]. Esiste perciò anche un sol niger, unsole nero che coincide con la nigredo e con la putrefactio, ossia con la condizione di morte. Come

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Mercurio, così anche Sol è ambivalente nell'alchimia”11.

Rol avvertì nel numero cinque la qualità della vita stessa, lo vide affine al colore verde (che sta al

centro dell'arcobaleno) e ne segnalò la posizione centrale nella scala fra uno e dieci. Anche Jung

parla del numero cinque e lo fa sia riguardo al simbolo di Cristo che alla struttura del Sè. In

entrambi i casi il cinque è messo in relazione alla quaternità, intesa come simbolo di totalità ed

equilibrio degli opposti. In Psicologia e religione Jung approfondisce fra l'altro il rito della Messa e

si sofferma sui differenti tipi della Fractio dell'ostia; prende quindi in considerazione la Fractio

mozarabica e spiega che l'ostia in questo rito viene spezzata prima in due parti e successivamente la

parte sinistra è divisa in cinque parti e la destra in quattro. I cinque frammenti si riferiscono al corso

della vita umana del Signore ed i quattro alla sua esistenza ultraterrena. Secondo quella concezione,

il cinque è il numero dell'uomo naturale che ha braccia e gambe divaricate forma, con la testa, un

pentagramma, mentre il quattro corrisponde alla totalità eterna.

In Aion invece il cinque è simbolizzato come “unità del quattro”.

Ritengo che in questo senso il cinque possa anche esprimere qualitativamente il rapporto fra centro

(1) e lati del mandala di forma quadrata (4), sottintendendo il continuo rimando fra totalità inestesa

ed estesa. Il cinque sembra poi tematizzare il rapporto fecondo fra Io (uomo naturale immerso nel

tempo) e Sé (Totalità eterna): da questo punto di vista è significativo che Rol lo considerasse il

simbolo della vita e lo accostasse al colore verde, che rimanda alla natura materiale, femminile,

pulsionale, umana.

Il fatto che Rol si considerasse una “grondaia che convoglia l'acqua (Spirito) che cade sul tetto”,

può essere considerata una variante dell'intuizione che abbiamo amplificato qui sopra. Il cinque

come simbolo dell'uomo naturale richiama infatti l'immagine della grondaia, ricettacolo

dell'epifania del grande Sé.

Sogno di Rol, appuntato sul suo diario nel 1949.

<<Il pensiero materializza le cose attraverso l'immaginazione, il ricordo e l'intuizione – quindi lospirito è energia.Ricordo vagamente una visione che ho avuta la scorsa notte nel delirio che mi causava la febbre.Sotto un immenso cielo, una spiaggia immensa e immenso silenzio, tutto ad un tratto, come sevolasse sfiorando il suolo, proprio al limite delle acque, mi apparve la figura di una giovanissimadonna bionda, su di un cavallo dalla criniera d'oro svolazzante e la lunga coda. Eri tu, vestita di

11 C. G. Jung, Opere, vol. 14, Mysterium coniunctionis, Bollati Boringhieri 1991, pag. 93.

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nulla, o forse di un velo d'aria appena tinto d'azzurro. Rimasi affascinato, finché ti vidi immobile, adue passi da me. Il tuo sguardo mi penetrava ma non parlavi, né sorridevi ed io volevo interrogarti,ma la mia voce era legata (succede spesso nel sogno). Finalmente il cavallo nitrì e l'incanto si ruppe.Ora camminavamo sul bagnasciuga tenendoci per mano. Ti sentivo calda e straordinariamente forte.Guardavo i tuoi piedi nudi lasciare un'impronta leggera sulla sabbia, che subito scompariva mentreil tuo passo animava mollemente il velo d'aria che lo disegnava. Io faticavo a camminare, le miescarpe dalla suola pesante affondavano sempre più nella sabbia e, a un tratto, mi ritrovai immersofino alla cintola. Mi era difficile respirare, mi sentivo morire. Fu allora che tu mi cingesti con lebraccia morbide e sentii che mi stavi liberando. Perdetti i sensi.Ma il sogno non era finito. C'era il bosco, ora, e l'aria aveva un profumo dolce e acre come di legnoantico bruciato. Ero disteso accanto a te e tu continuavi a fissarmi senza parlare e senza sorridere.Non eri nuda e neppure vestita: parevi fatta di madreperla. Guardavo il tuo corpo ed ero stupitoperché la sua materia levigata ed opalescente, non era impudica. Le linee perfette che modellavanoil seno, il ventre, le gambe, rivelavano la morbidezza compatta di un tessuto naturale. Volevoazzardare una carezza nella conca del ventre, ma non osavo farlo. Mi sembrava di assistere alprodigioso evento di un'opera statuaria che dopo millenni di immobilità avesse ritrovata la stessavita nella quale la concepì il pensiero del suo autore. Finalmente la tua voce: <<Cosa vuoi?>>,dicesti sempre senza sorridere.<<Amarti>>, risposi.<<Tu non ami la materia>>.<<Ma tu non sei materia>>.<<Io lo sono, come lo è la luce e anche i profumi, i colori e la musica sono materia>>.<<Ma queste cose non si toccano>>.<<Allora toccami>>.Misi una mano sul tuo ginocchio: lo sfiorai appena e mi sentii penetrato da un'onda vigorosa dibenessere e di esaltazione. Allora appoggiai la mia guancia sulle tue ginocchia e chiusi gli occhi.Percepii la carezza della tua pelle che sentivo morbida e lucente nel movimento delle ginocchia chesi scostavano per accogliere il mio viso. Perché una luminosa armonia mandava tutto il mio esserealle carezze che il mio capo riceveva. Quel contatto si tradusse in musica: erano suoni morbidi,legati fra di loro da una dolcissima risonanza e venivano a generare nella mia immaginazione illento movimento di veli colorati e leggerissimi che si confondevano fra di loro. Intuivo, per la primavolta, il tradursi in realtà di quella materia astratta che è fondamento invisibile di ogni operasublime, prima fra tutte la Creazione, e sentii il bisogno di invocare Iddio pronunciando il tuonome>>12.

La visione si apre su di un luogo di confine, la spiaggia, che unisce terra e mare. La spiaggia evoca

il concetto alchimistico di “sostanza arcana” che è “terra acquosa o acqua terrestre” ed è

“universalmente animata” dalla “scintilla infuocata dell'anima del mondo” (Aurora consurgens).

Lo scenario è realistico, ma allo stesso tempo si ha l'impressione di essere in un luogo altro, a causa

dell'immenso silenzio e dell'immensità dello scenario naturale. Proprio sulla sottile linea di unione

fra gli elementi ad un tratto appare, quasi sospesa in aria, l'immagine di una giovane donna bionda,

su di un cavallo dalla criniera d'oro. Siamo al cospetto di una figura d'Anima sostenuta da

un'energia ctonia, il cavallo, simbolo della libido, che richiama con la sua criniera l'oro del Sole, a

sottolinearne ancora di più la sua proprietà generativa. E' questo ciò che Jung avrebbe definito un

12 G. Rol, “Io sono la grondaia...”, Diari, lettere, riflessioni, Giunti Editore 2000, pp. 230, 231, 232.

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“grande sogno”, che porta in sé motivi archetipici. Questi sogni sono così significativi che spesso

vengono ricordati per tutta la vita e, secondo Jung, esprimono per così dire il discorso della psiche

oggettiva.

Lo sguardo della donna è penetrante ed enigmatico, ed è privo di ogni espressività che possa

renderlo riconoscibile come familiare; Rol vorrebbe parlare ma è impietrito, come di fronte ad una

divinità. Tutto appare sospeso finché il cavallo prende iniziativa e rompe il silenzio, mostrando

affinità e complicità con la donna. Finalmente i due si avvicinano e prendono a camminare per

mano lungo la spiaggia: qui Rol fa un riferimento all'energia che emana da lei, che sembra

condividere la stessa natura “solare” del cavallo (anche lei è bionda). La forza che pare

contraddistinguere la donna è particolarmente evocativa e ricorda la qualità mana propria degli

spiriti del mondo tribale e sciamanico.

Jung, negli Archetipi dell'inconscio collettivo, riporta il sogno ricorrente di un teologo protestante

che ho trovato interessante e pertinente:

“[Il teologo] si trovava sul versante di una montagna, sotto la quale giaceva una valle profonda checonteneva un lago oscuro. Egli sapeva, in sogno, che qualche cosa lo aveva fino allora sempretrattenuto dall'avvicinarsi al lago, ma quella volta decise di raggiungerlo. Mentre si avvicinava allariva, l'atmosfera si fece buia e tetra e un colpo di vento guizzò all'improvviso sullo specchiod'acqua. Allora, preso dal panico, si svegliò”13.

Jung interpreta l'alito di vento che spaventa il sognatore come lo pneuma, che spira dove vuole (Rol

era solito ripetere <<spiritus flat ubi vult>>). Anche la donna ed il cavallo nel sogno sembrano

avere qualità pneumatiche, dal momento che i loro passi sono lievi e quando compaiono sembrano

addirittura volare, sfiorando il suolo. Le caratteristiche solari di entrambi possono rimandare alla

“luce creativa” di Dio, in grado di ispirare lo spirito di teologi, profeti e mistici. Questa

caratteristica, come abbiamo visto, viene attribuita alla Sophia o alla Sapientia Dei; negli scritti tardi

dell'Antico Testamento influenzati dalla gnosi, la sapienza di Dio emerge come uno pneuma

creativo di natura femminile. Questa ipostasi divina agisce come amante ed ispiratrice dell'opera

divina, al momento della creazione.

Il sogno non tarda a segnare la differenza fra questa immagine di Anima e l'uomo: mentre lei

cammina leggera senza quasi lasciare la sua impronte sulla sabbia, Rol sente i suoi passi sempre più

pesanti, come se la sostanza materiale di cui è fatto acquisisse un peso specifico sempre più grande,

fino a sprofondare. Propongo di interpretare lo “sprofondamento” come il rischio di una

polarizzazione “materialistica” della coscienza individuale, che la presenza della Sophia sembra

13 C. G. Jung, Opere, vol. 9*, Gli archetipi e l'inconscio collettivo, Bollati Boringhieri 1997, pp. 17, 18.

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compensare.

Improvvisamente cambia la scena, ora Rol è disteso accanto alla donna nel bel mezzo di un bosco,

come se Madre Natura lo avesse accolto nel suo regno. La natura non umana di lei emerge sempre

di più; pare fatta di madreperla e le sue linee perfette ricordano un tessuto naturale. Siamo al

cospetto di una materia inorganica ma animata o, detto in altri termini, di una rappresentazione

dell'essenza psicoide dell'archetipo. A questo proposito ci viene in aiuto il concetto junghiano di

fattore formale in natura, descritto a partire da alcuni sogni; si tratterebbe di un fattore relativo alla

natura intrinseca della materia ed alla sua proprietà generativa (perciò non solo umana).

“Un altro motivo onirico dello stesso genere è il seguente: l'uomo che sta sognando scopre in unaselvaggia regione rocciosa strati contigui di una roccia triadica schistosa. Stacca i dischi l'unodall'altro e scopre con suo enorme stupore che sui dischi staccati emergono a bassorilievo delle testeumane grandi al naturale. […] In un altro caso, colui che sogna trova “durante un viaggio nellatundra siberiana un essere vivente cercato da tempo: è un gallo più grande del normale fatto di unasorta di vetro sottile e incolore. Ma è vivo ed è sorto casualmente proprio allora da un esseremonocellulare microscopico che possiede la capacità di raffigurare all'improvviso qualunqueanimale (che non esiste affatto nella tundra) o addirittura utensili dell'uomo, di qualunquedimensione. Un momento dopo la forma casuale scompare “senza lasciar tracce”. [...]Questi sogni sembrano descrivere l'esistenza di un fattore formale in natura. Non si tratta solo di unlusus naturae, ma della coincidenza significativa di un prodotto naturale assoluto con unarappresentazione umana, da esso indipendente”14.

Improvvisamente, ma con naturalezza, sboccia il dialogo: la donna non potrebbe essere più chiara di

così sulla sua natura. Lei è la materia, come sono materia la luce, i profumi, i colori e la musica. Qui

le divisioni cartesiane fra spirito e materia sembrano sfumare: la materia è spirito e lo spirito è

materia, senza soluzione di continuità. L'Unus Mundus trova espressione poetica nella

rappresentazione di questo sogno.

Al cospetto di una presenza così potente e numinosa si prova spaesamento; la sua presenza esige

devozione e scatena il desiderio, confinando chi ne è esposto in un vissuto di inferiorità implorante.

Appena la mano del sognatore sfiora il ginocchio della dea un'onda di benessere lo invade; Rol

viene accolto per la seconda volta (la prima volta viene accolto dal bosco), in un crescendo di estasi

e di sensualità. Quel contatto, descritto come una “luminosa armonia”, diviene musica; è una

musica “morbida” che si traduce, nell'immaginazione, <<in un lento movimento di veli colorati e

leggerissimi>>.

Questo sogno non regala solo estasi, ma istilla in Rol una nuova consapevolezza, la consapevolezza

di un fondamento che in noi evoca il fondo irrappresentabile dell'inconscio: esiste una materia

14 C. G. Jung, Opere, vol. 8, La dinamica dell'inconscio, Bollati Boringhieri 1994, pp. 522, 523.

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astratta (scintilla) che è fondamento della creatività che anima la sostanza arcana. Il sogno

rappresenta una delle possibili presentificazioni dell'Unus Mundus.

CONCLUSIONI

La storia recente del pensiero scientifico occidentale, votato di fatto al dualismo cartesiano, sembra

accompagnarsi con l'espressione, di tipo compensatorio, di modelli di pensiero tendenti alla

ricomposizione dell'Uno, sul filone del pensiero magico-religioso di tipo primitivo. Il mondo

magico roliano ne rappresenta un'espressione affascinante e significativa, sia perché invita a fare

esperienza di un universo creativo, vivo e dalle potenzialità illimitate, sia per il fatto di essere in

continuità con la tradizione mistica, esoterica ed alchimistica. Leggere le pagine degli autori che ne

hanno raccontato la vita e gli esperimenti suscita, però, alla lunga, vissuti contrastanti:

Da una parte ci si sente pervasi di stupore e meraviglia per l'incredibile potenzialità magica espressa

dal sensitivo, mentre dall'altra si ha la sensazione di essere confinati all'interno di convinzioni

granitiche, che ricordano il fanatismo religioso o l'inflazione psichica.

Dopo un po' di tempo gli eventi esposti appaiono un po' troppo saturati da una claustofobica

eccedenza di senso. Tutto sembra “tornare” ed anche l'incredibile potenzialità espressa dagli

esperimenti magici inizia ad apparire scontata. L'enorme potenziale dello Spirito tende infatti ad

essere restituito attraverso giudizi e resoconti di tipo sensazionalistico, moraleggiante o

semplicisticamente autoreferenziale, rischiando così di risultare “monco” per l'assenza di quel

potenziale trasgressivo proprio della fenomenologia dell'archetipo e delle leggi di natura. Ci si

accorge allora di essersi ingiustificatamente allontanati dagli scenari tratteggiati da Otto riguardo

all'esperienza del numinoso o da quelli evocati dallo Jung di “Risposta e Giobbe”, nei quali si

avverte la forza destabilizzante propria dell'ambivalenza del divino. Avvertiamo allora il desiderio

di rileggere una delle numerose ed evocative descrizioni che Otto fa dell'esperienza del sacro:

“Ma cos'è dunque questo numinoso, sentito oggettivamente fuori di noi? […] Seguiamo questosentimento provandolo e condividendolo, immedesimandoci in coloro che stanno attorno a noidurante i loro grandi trasporti di religiosità e durante le espressioni emozionali che liaccompagnano; osserviamolo durante le solennità e nelle sensazioni che i riti e i culti destano innoi; in ciò che vive e si effonde attorno ai monumenti e agli edifici religiosi, attorno alle chiese e aitempli; una sola espressione s'impone: senso del mysterium tremendum, del tremendo mistero. Il

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sentimento che ne emana può penetrarci come un flusso di armonioso, riposante, vagoraccoglimento. Oppure può trapassarci l'anima con una risonanza continuamente fluente che vibra eperdura lungamente finché svanisce per riabbandonarla al suo tono profano. Esso può ancheerompere dall'anima subitamente con spasmi e convulsioni. Può trascinare alle più straneeccitazioni, alla frenesia, all'orgasmo, all'estasi. Può rivestire forme selvagge e demoniache. Puòfarci precipitare in un orrore spettrale e pieno di raccapriccio. Ha manifestazioni e antecedentiprimordiali crudi e barbarici, e ha la capacità di trasformarsi nel bello, nel puro, nel glorioso. Puòdivenire la silenziosa e tremante umiltà della creatura, al cospetto di quello che è il misteroineffabile”.15

Otto insiste nel sostenere che l'emozione di fronte al numinoso non ha nulla in comune con le altre

emozioni, seppure dello stesso tipo; è questa un'emozione di dipendenza, qualitativamente diversa

da ogni simile. E' il sentimento di essere una creatura che naufraga nella propria nullità, che

scompare al cospetto di ciò che la sovrasta.

Alla luce di questi discorsi la narrazione dell'attività magica e dell'esperienza mistica di Rol appare

sbilanciata perché “unilaterale”. Il suo concetto di “spirito sublime” propone cioè un'idea di

generatività continua e di eccedenza di senso tale che, alla lunga, risulta ridondante, perché

ascrivibile più all'universo concettuale della perfezione che a quello della completezza.

A Jung va riconosciuta l'onestà intellettuale di avere tenuto un atteggiamento critico trasversale, che

ha salvaguardato la necessaria tensione verso la ricomposizione simbolica dell'esperienza: come

non esiste luce senza ombra o bene senza male, allo stesso modo l'emergere simbolico del senso

comprende inevitabilmente anche il relativo non senso.

Viene alla mente, per finire, una delle immagini più importanti che fanno parte del teatro interiore

di Jung, raffigurata nel “Libro Rosso”:

Filemone è una guida saggia, ma che non regala niente; il suo insegnamento deve essere conquistato

al duro prezzo dell'abnegazione e questo sembra valere per tutta l'economia esistenziale, se vissuta

nella sua pienezza. All'Io viene chiesto di fare un passo indietro, accettando il conflitto interiore ed

il dubbio come inizio della saggezza. A. Romano, in una sua presentazione del “Libro Rosso”, si

sofferma su questo tema, riportando una osservazione dello stesso Jung, rivolta a Filemone:

“Tu non sei il Salvatore che stabilisce una verità eterna […] Cristo ha reso gli uomini avidi, perchéda allora essi si aspettano doni dai loro salvatori, senza nulla dare in cambio. La virtù del donare è ilmanto celeste del tiranno. Tu sei saggio, Filemone, non regali nulla”.

15 R. Otto, Il Sacro, Se 2009, pp. 27-28.

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E ancora: “Per colui che ha visto il caos non c'è più possibilità di nascondersi, egli sa piuttosto che la terra glioscilla sotto i piedi e sa che cosa significa quel movimento. Ha visto l'ordine e il disordinedell'infinito, sa dell'esistenza di leggi illegali. Conosce il mare e non può più scordarlo”.

<<Nessuna consolazione>>, concludiamo con Romano, <<ma la piena accettazione della

contraddittorietà del reale>>.

Contraddittorietà che sempre auspichiamo possa fare da gradiente per l'emergenza di nuove

potenzialità.

Grazie.

Andrea Calvi

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