Guido Salvini: "OFFICE AT NIGHT - Appunti non ortodossi di un giudice" (versione ridotta)

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    OFFICE AT NIGHT

    Appunti non ortodossi di un giudice

    di Guido Salvini

    A mia madre, alla sua curiosit,

    a mio padre, al suo esempio.

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    ISBN 978-88-908679-1-0

    www.gettalarete.it

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    INTRODUZIONE

    Anni di indagini e di vita allinterno del Palazzo digiustizia di Milano possono essere, per chi sa usarlo,un osservatorio privilegiato sulla citt e sulla magi-

    stratura, unistituzione quasi sacrale di cui dalle-sterno facile percepire le luci ma meno le ombre.

    La scrivania prende vita e, come nellincisione diMaurits Escher, si fonde in un continuum con la cit-t, un unico piano in cui libri e codici, e anche unapipa, si affacciano su una strada, case e persone.

    Intorno alle indagini, ai processi, alle prese di po-sizione pubbliche delle associazioni dei magistrati,in genere risposte alle iniziative ostili della politi-ca, esiste una zona non illuminata che non pu esse-re scritta nelle sentenze e che viene taciuta nei di-battiti pubblici sulla giustizia.

    Ho provato allora ad affidare a qualche articolo

    queste esperienze, quello che in una sentenza nonavrei potuto scrivere e nelle sentenze altrui non a-vrei letto e le riflessioni sui meccanismi del nostromondo, date magari per scontate in privato, ma chescompaiono, per immediata autocensura, negli in-terventi pubblici.

    Qualche idea non sistematica ma personale, non

    dovuta a nessuno e priva di vantaggi, sulla giusti-zia, i processi di terrorismo, la laicit delle istituzio-ni. Il prodotto spontaneo di tanti fascicoli letti e didiscorsi della magistratura ufficiale ascoltati e an-che dei messaggi, dei rumori di fondo che vengono

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    da una citt prima azzurra e ora arancione.

    Qualche articolo sulla giustizia che probabilmentenon mi varr lodi e promozioni.La magistratura ha molti e anche troppi meriti.

    Valgano per tutti, dopo il terrorismo, le inchieste sulradicamento della ndrangheta anche nel Nord e sul-la nuova corruzione dei pubblici poteri. Ma questimeriti hanno avuto anche un effetto perverso. Anche

    senza raccontare lo scadimento della qualit umaneche si registrato negli ultimi ventanni, invidie, piag-geria, arrivismo e una buona dose di arroganza so-prattutto quando si ha di fronte lutente piccolo, laconseguenza principale stata considerarsi gli unici eperfetti depositari della verit.

    La trasformazione pi profonda avvenuta nel

    ruolo assunto dal Csm ben diverso da quello imma-ginato dalla Costituzione di semplice organo di altaamministrazione che gestiva concorsi e le carrieredei magistrati, divenuto col tempo istituzione semi-politica e semi-legislativa in grado di esprimere in-dirizzi generali di politica giudiziaria e nel contempotitolare di una sorta di diritto di veto sulle propostedi legge. Con in pi lAnm, che ne produce integral-mente i consiglieri, e che ne duplica le funzioni, e-sternazioni quotidiane e minacce di sciopero com-prese.

    Nel Csm le correnti, partiti dei giudici, inossi-dabili con la loro nomenklatura e la loro forza orga-

    nizzativa, vero centro decisionale della magistraturadove lautonomia del singolo magistrato, il primo deivalori, muore e a cui consigliabile iscriversi. Fun-zionano infatti da acceleratori di diritti veri o pre-sunti per i loro iscritti e sono in grado di trasforma-

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    re in eccellente un magistrato mediocre purch mili-

    tante in una di esse e a portarlo allagognato incaricodirettivo.

    Forse in un Paese dove politica e amministrazionesono largamente delegittimate lassunzione di que-sto ruolo stata sociologicamente inevitabile.

    Ma non si pu volere contemporaneamente luna

    e laltra cosa. Se si vuole mantenere il ruolo di diri-genza politica della magistratura e talvolta di pote-re autoreferenziale a qualcosa bisogna pur rinunzia-re. Ad esempio a nominare i capi degli uffici e ad e-sercitare la Giustizia disciplinare che spesso colpiscenon i reprobi ma i dissidenti e i riottosi. Tali deci-sioni non sopportano accordi e mercanteggiamenti

    di forze organizzate in debito o in credito con i can-didati.

    Sorteggiare quindi i consiglieri del Csm, dato chele correnti continuerebbero comunque ad esisterenellAnm, o in alternativa sorteggiare tra una sele-zione di candidati idonei i capi degli uffici spezzandocos il lavorio dei tanti che dedicano buona parte delloro tempo a preparare la scalata ai concorsi e co-struirsi i migliori rapporti con i capi corrente. Il gio-co non varrebbe pi la candela: fine dincanto dellemanovre di corridoio.

    E a corollario il problema della separazione dellacarriera della magistratura da quella della politica,

    forse ancor pi attuale della separazione delle car-riere tra giudici e pubblici ministeri, dato che il ser-vizio in magistratura visto sempre pi spesso noncome un impegno di lunga durata, non solo neigrandi processi ma anche in quelli piccoli che non

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    fanno notizia, ma come un trampolino di lancio per

    incarichi esterni e carriere politiche che proprio nel-le correnti trovano i rapporti e le relazioni giusteper decollare.

    Altri articoli nascono dallesperienza nei delitti diterrorismo che pi di altri coinvolgono la coscienzadel giudice perch non lo introducono in un mondodi delitti gratuiti in cui alcune potenzialit pi alte

    delluomo si trasformano nelle azioni pi vili.La pretesa dellassassino Cesare Battisti di dipin-

    gersi come un perseguitato politico in Italia condan-nato senza garanzie, scenario di cui riuscito a con-vincere il Brasile, un paese, in cui, nonostante moltiprogressi, la polizia commette ancora esecuzioni e-xtralegali anche di ragazzini.

    Lomicidio a Milano in via De Amicis del brigadie-re Antonino Custra, durante un attacco ripreso dallafotografia di uno sparatore incappucciato e a bracciatese, divenuta unicona negativa di quegli anni. Uncaso risolto 15 anni dopo, individuando in quellastessa fotografia, come nel film Blow-up, il secondofotografo che, celato da un albero sul lato oppostodella strada, stava fotografando il primo e lo spara-tore. Nascoste in un libro nel suo studio cera unaserie di 28 negativi, mai scoperti che ritraevano lin-tera scena dellomicidio.

    Ma anche la storia dellimpegno della magistratu-ra contro il terrorismo ha la sua met oscura, che si

    vorrebbe ma non si deve dimenticare.Lassassinio di Walter Tobagi, certamente nonfrutto di un complotto come sosteneva Craxi, ma undelitto che forse si poteva prevenire ponendo atten-zione alle confidenze che un Carabiniere era riuscito

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    ad ottenere da un informatore. Un passo falso degli

    investigatori, non un complotto, in cui per la magi-stratura, per un eccesso di tutela e di difesa ad ognicosto della perfezione delle proprie indagini, non hamai avuto il coraggio di acquisire il pacco delle rela-zioni dellinformatore che giacciono a tuttoggi in unarchivio dellArma dei carabinieri. Giungendo sino acondannare per diffamazione i giornalisti che ne a-

    vevano denunciato lesistenza, con una sentenza checontrasta con il diritto di informazione e quello deicittadini a conoscere senza censure la storia di que-gli anni.

    Ancora pi deludente e non giustificato dalla con-citazione dei momenti pi caldi della lotta al terrori-smo stato il metodico abbandono, non trovo e-

    spressione pi adeguata di questa che sfiora lossi-moro, delle indagini su piazza Fontana. Unindagineprigioniera da oltre ventanni non pi dei Servizi se-greti e delle forze oscure, come sarebbe naturalepensare, ma di un blasonato ufficio giudiziario, laProcura della Repubblica di Milano. Prima, per quasidieci anni le ha ignorate, poi ha profuso la maggiorparte del suo impegno ad attaccare il giudice istrut-tore (era questo in giovent il mio mestiere), poi si resa invisa o ha dimenticato tutti i possibili testimo-ni non riuscendo a portare nulla alle indagini. Infinenegli ultimi anni, ostinatamente, si rifiutata di ri-spondere seriamente alla richiesta dei familiari delle

    vittime di riaprire le indagini, attivit che sarebbestata, sulla scia della medesima attivit avviata daicolleghi di Brescia per piazza della Loggia a costozero. Con la conseguenza se non lobiettivo di giun-

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    gere alla fine biologica delle indagini e cio la morte

    di tutti i testimoni.Le vicende che racconto nellintervista, quella diGiovanni Ventura, lasciato morire, come molti altripossibili testimoni, in Argentina senza essere nem-meno contattato e dellagenda dimenticata che a-vrebbe quasi certamente cambiato lesito del pro-cesso su piazza Fontana sono solo due di quelle per

    cui un tempo la sinistra avrebbe gridato allin-sabbiamento ed io ora chiamerei, pi tecnicamente,malpractice giudiziaria.

    Qualche articolo, scritto come gli altri di getto, ri-guarda i rapporti tra le istituzioni e le religioni e tralIslam in primo luogo e i diritti dei diversi.

    La presenza del vicesindaco di Milano al Rama-

    dan del 2012, espressione della bizzarra idea per cuile amministrazioni comunali dovrebbero ossequiaree di fatto sponsorizzare un credo, non a caso quellodella comunit politico-religiosa che alza di pi lavoce e che si muove, islamici moderati compresi,con lobiettivo finale di sostituire al cittadino, figliodellIlluminismo, il credente controllato in ogni a-spetto della sua vita civile dai suoi capi religiosi. Unpasso indietro nellaffermazione della laicit delleamministrazioni. Come se non bastasse il tributo giofferto quotidianamente alla Chiesa Cattolica conlintroito quasi intero dell8 per mille, le esenzionifiscali e il sostentamento statale degli insegnanti di

    religione, frutto di un Concordato che nessun par-tito salvo i Radicali, ha il coraggio di mettere in di-scussione.

    Intanto scivola via senza lattenzione nemmenodei nostri dei giuristi, ed era il caso di ricordarla in

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    un articolo, la coraggiosa sentenza della Corte di

    Giustizia dellUnione Europea che impedisce lespul-sione di due appartenenti al credo Ahmadi, piccoladissidenza pacifista dellIslam, per sottrarli alle vio-lenze cui sarebbero soggetti in Pakistan. Una lampa-dina che ricorda ai ciechi come in quel paese e ingran parte dei paesi del Medio Oriente siano perse-guitati con sistematicit i diversi: minoranze reli-

    giose, apostati e non credenti, gay, artisti, blogger,giornalisti e donne, sino alla grottesca cancellazionein Arabia Saudita delle figure femminili dai cataloghipubblicitari dellIkea.

    Una situazione non troppo diversa dal vecchioapartheid del Sudafrica che in altri tempi avrebbespinto la comunit internazionale allembargo men-

    tre oggi non provoca alcun cenno di protesta n nel-la destra del libero mercato n nella sinistra affasci-nata dal fascismo verde islamico e non crea alcunimbarazzo a concludere contratti ed affari.

    E ancora, in tema di laicit, una riflessione sul casoEluana e sul diritto a decidere sulla nostra vita e sul-la sua fine. Una scelta per cui la societ politica tardaa munire tutti noi di una legge razionale ma chespesso anche ciascuno di noi, come individuo, tendedentro di s a rimandare: ci sar un domani perpensarci.

    Accanto al sindaco di Milano che sponsorizza il Ra-

    madan, racconto di un altro sindaco, questa volta dicentrodestra che, con una distorsione speculare, vietaun centro spirituale buddista, forse del tutto immemo-re che lUnione Buddista Italiana, a differenza dellI-slam, ha stipulato definitivamente con lo Stato italiano

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    lIntesa prevista dallart. 8 della Costituzione oltre a

    sottoscrivere la Carta dei valori della cittadinanza edellintegrazione che comporta la condivisione inte-grale dei valori democratici della Costituzione.

    Infine a piazza Fontana dedicato lultimo artico-lo, scritto ad oltre quarantanni da quel 12 dicembre,che racconta anche la storia censurata della tardivacomparsa della Procura di Milano nella ricerca sulla

    strage e del naufragio volontario dellinchiesta cheben presto ne seguito.

    Ho pubblicato buona parte di questi articoli gra-zie alla disponibilit offertami dal quotidiano Il Ri-formista, scomparso purtroppo nel 2012. Un quoti-diano parte del mondo progressista ma soprattuttouna voce critica al suo interno che non aveva timore

    di dire qualcosa di non politicamente corretto.Forse per me un legame sotterraneo con lantica

    militanza, ai tempi del liceo Manzoni, nel MovimentoSocialista Libertario, una via di mezzo tra la vecchiaanarchia e i radicali, piccolo e inviso tanto al mondobenpensante quanto agli stalinisti del MovimentoStudentesco e agli analoghi gruppi settari.

    Ho intitolato questa raccolta di articoli Office at Night,il titolo di un quadro di Edward Hopper non tra i pinoti che rappresenta un uomo solo, nel suo ufficio, disera, intento a leggere alcuni fogli alla sua scrivania.

    Anchio ho scritto quasi sempre a tarda sera nel

    Palazzo ormai deserto quando le carte che mi eranopassate dinanzi, i processi, le sentenze e gli articolidi quel tempo sulla giustizia si condensavano in unpiccolo flusso di idee, frutto del punto di osservazio-ne sul mondo in cui mi trovavo: la mia vecchia stan-

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    za al settimo piano del Tribunale da cui si vede il

    tramonto sui tetti di Milano fino alle guglie del Duo-mo e in mezzo, luogo immaginario, piazza Fontana.

    Guido Salvini

    febbraio 2013

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    PIAZZA FONTANA O DELLA PERSEVERANZA

    Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,incontrando a Milano nel dicembre 2009, quaran-

    tesimo anniversario di piazza Fontana, i famigliaridel vittime della strage e anche i congiunti di Giu-seppe Pinelli e del commissario Luigi Calabresi, a-veva esortato a conservare vivo nella memoria delPaese il ricordo e il significato di quelleccidio e, ri-volto alla magistratura, a cercare ancora ogni fram-mento di verit.

    stata ascoltata questa esortazione?Qualcosa avvenuto ma incomprensibili ostacoli

    burocratici, insensibilit politica e la poca attenzionedi chi sarebbe chiamato a cercare ancora qualchepezzo di verit hanno in gran parte vanificato questo

    messaggio. Per spiegarlo dobbiamo ricordare treeventi che da quel giorno si sono aggiunti alla storiadi piazza Fontana.

    Nellautunno 2010 giunto alla conclusione illungo lavoro di digitalizzazione di tutti gli atti delprocesso di Catanzaro, le cui carte rischiavano di de-teriorarsi irrimediabilmente in un vecchio deposito.

    Questa iniziativa era stata resa possibile nel 2007dallimpegno del ministro di Giustizia che, durante ilgoverno Prodi, aveva stanziato i fondi necessari. Siera cos aggiunta allautonoma ed encomiabile inizia-tiva curata dal Tribunale di Cremona che, affidando il

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    lavoro a detenuti come momento di recupero sociale,

    aveva gi consentito la digitalizzazione di tutti gli attidelle indagini riaperte a Milano negli anni 90 e delprocesso poi celebrato nella nostra citt.

    I 9 Cd che contengono tutti gli atti del processo diCatanzaro sono stati ufficialmente presentati in unamanifestazione che si svolta, nel 41 anniversariodella strage, in una sala comunale di tale citt, alla

    presenza del sindaco e delle associazioni della socie-t civile che avevano fatto partire la battaglia per ilsalvataggio di quegli atti dalla distruzione. I docu-menti di quel processo non sono infatti semplici attigiudiziari ma una fotografia insostituibile di una par-te della storia dellItalia contemporanea in cui la sfila-ta di neonazisti protetti dal Sid, di ufficiali dei Servizi

    segreti e del ministero dellInterno, di ministri che in-vocano il segreto di Stato racconta le collusioni, icompromessi e le ambiguit con i quali una parte del-le istituzioni giunta a sacrificare la verit sulla mor-te di 17 cittadini pur di salvaguardare interessi edequilibri politici, anche internazionali, che in queglianni sembravano incrinati portando ad aperture amolti potenti non gradite.

    Molti, studiosi, studenti, semplici cittadini sonoancora oggi interessati, e lo testimonia la partecipa-zione alle manifestazioni in ricordo di piazza Fonta-na, a studiare quelle carte sino a ieri non consultabili.

    Ma il frutto di questo lavoro divenuto oggi ac-

    cessibile a tutti? Purtroppo non ancora. I nove Cd,per una incomprensibile resistenza, sono ancora con-siderati dal ministero copie di atti giudiziari e nonatti pubblici come sarebbe stato logico pensare unavolta conclusa la loro digitalizzazione. Non sono

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    quindi a tuttoggi, in tempo di internet, ancora con-

    sultabili da chi ne abbia interesse, uno studente perscrivere une tesi, un circolo culturale per organizza-re un dibattito. Le copie possono essere rilasciatesolo al termine di una complessa procedura buro-cratica che comporta anche il pagamento dei dirittiammontanti a varie migliaia di euro.

    stato cos vanificato in gran parte il senso delli-

    niziativa e di tanta fatica: gli atti sono digitalizzatima nessuno o quasi li pu leggere.Questo inaspettato ostacolo deve essere superato.Gli atti di Catanzaro, come quelli di altri processi chehanno segnato la storia di Italia, dovrebbero esserecollocati in un sito internet ufficiale del ministero e lecopie dei Cd dovrebbero essere rilasciate a chi ne fa

    richiesta ad un semplice prezzo di costo o comunque aprezzo simbolico, senza pagare i diritti come avvienein Tribunale per le copie di un processo in corso.

    Solo in questo modo il lavoro svolto assolver ilsuo significato che quello di conservare e diffonde-re la memoria anche tra i pi giovani che non hannovissuto quegli eventi.

    Nel dicembre 2010, un appello al Capo dello Statopromosso da giornalisti, parlamentari, storici, magi-strati e poi firmato da oltre 50.000 cittadini ha chie-sto la piena attuazione della legge 3.8.2007 n. 124che regola i Servizi di Informazione e il segreto di

    Stato e che prevede che, trascorsi 30 anni da un e-vento, nessuna classifica di riservatezza sia pi op-ponibile. Lappello ha chiesto che tutti i documentidel passato diventino pubblici e consultabili per fa-cilitare la ricerca storica. Accessibilit quindi e com-

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    pleta catalogazione e pubblicit, sul modello del Fre-

    edom of Information Act statunitense, di tutti i do-cumenti non solo dei Servizi segreti ma anche deicarabinieri, della polizia e della guardia di finanza edanche degli archivi diplomatici e politici.

    Un completo cambio di rotta quindi non solo ri-spetto ai segreti di un tempo ma alle proposte emer-se proprio in quei mesi nelle bozze di progetto dei

    decreti attuativi della legge del 2007 con le quali siproponeva addirittura linaccettabile possibilit direiterare il segreto di Stato anche trascorsi i 30 anni.

    Per rendere realizzabile la proposta contenutanellappello al presidente della Repubblica, se si pre-ferisse non rendere immediatamente pubblica taledocumentazione senza limitazioni, basterebbe poco.

    Sarebbe sufficiente che il ministero della Cultura,che potrebbe essere individuato simbolicamentecome luogo di verit, potesse nominare una com-missione formata da storici, studiosi ed esperti di ri-cerche darchivio, autorevoli ed indipendenti. Unacommissione incaricata del compito di controllare lacatalogazione di tali archivi ed esaminare in modosistematico le carte che si riferiscono, direttamenteo indirettamente o per il loro contesto politico, apiazza Fontana e a tutti quegli eventi tragici chehanno condizionato e inquinato la vita del nostroPaese e che tanti cittadini non hanno dimenticato.

    Sarebbe uno strumento semplice, con ogni garan-

    zia e poca spesa, e un passo importante nella ricercadi pi verit.Ma anche lautorit giudiziaria, preposta ad inda-

    gare, non ha concluso il suo compito anche se vi chiritiene, credo sbagliando, che tale compito sia termi-

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    nato dopo la sentenza della Cassazione del 2005.

    trascorso ormai un anno e mezzo da quando,nellautunno del 2009, i famigliari delle vittime dipiazza Fontana hanno diretto alla Procura di Milanouna motivata richiesta di riapertura delle indagini.

    Nuovi documenti e nuovi testimoni erano infattiapparsi e altri, anche in modo spontaneo, sono e-mersi anche pi di recente. Nuove piste investigati-

    ve percorribili si sono delineate, che non possonosfuggire a chi ha esperienza di queste cose.

    Eppure la Procura di Milano non ha in alcun mo-do risposto alla richiesta dei famigliari, rimastamuta, non ha mandato alcun segnale di impegno an-che se sarebbe costato poco. Purtroppo questa scel-ta sembra la continuazione di quanto avvenuto negli

    anni 90, quando le nuove indagini su piazza Fonta-na furono considerate meritevoli di poca attenzione,senza profondere quindi le energie migliori che, vo-lendo, non sarebbero mancate. Un magistrato pur digrande valore come il procuratore capo Borrelli finad affidarle a sostituti appena arrivati in Procura eprivi di qualsiasi esperienza in materia di eversionepolitica. Una sottovalutazione dellimpegno richiestoche ha inciso non poco sullesito finale come inciseallora la volont della Procura di aprire un incom-prensibile conflitto con chi scrive, allora giudice i-struttore, a colpi di esposti e di azioni disciplinari alCsm. Azioni che si risolsero nel nulla ma pregiudica-

    rono lo sviluppo delle indagini e giovarono invece esolo agli ordinovisti imputati.Non di tutto ci che di nuovo giunge, per vie di-

    verse, su piazza Fontana sarebbe prudente parlareper non pregiudicarne i possibili sviluppi. Ma una

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    vicenda centrale - in parte gi narrata nel testo tea-

    trale Segreto di Statodi Fortunato Zinni e del registaSilvio Da R che accompagna questo volume - testi-monia la poca cura di ieri e di oggi nel coltivare il la-voro sulla strage. Il collaboratore Carlo Digilio,nellindagine del giudice istruttore, aveva a lungoparlato di un casolare isolato nelle campagne di Pae-se, una localit vicino a Treviso, utilizzato come

    santabarbara dagli ordinovisti veneti, tra cui Ven-tura, Freda e Zorzi, per custodirvi armi ed esplosivie in cui, con laiuto dello stesso Digilio, erano statiapprontati molti degli ordigni usati per la campagnadi attentati del 1969. Il casolare era per ormaiscomparso ed essendo noto solo ad una ristrettacerchia di militanti nessuno oltre a Digilio ne aveva

    parlato. La mancanza di specifici riscontri a questaparte decisiva del suo racconto era stata giudicatadalla Corte di Assise di Appello, in modo peraltro di-scutibile poich si trattava di un racconto molto det-tagliato, una dei motivi centrali per pervenire allas-soluzione degli imputati.

    La Procura di Milano, in vista del dibattimento,aveva raccolto a Catanzaro gli atti del vecchio pro-cesso che potevano essere di riscontro alle nuovedichiarazioni. Ma aveva lasciato a Catanzaro propriolagenda di Ventura del 1969, lagenda acquisita ne-gli anni Settanta proprio dal dr. DAmbrosio, ancorain servizio a Milano, e ora infelicemente dimenticata.

    Infelicemente perch in quei fogli vi erano scrittipi volte con la mano di Ventura il nome di Digilio eil nome di Paese, un riscontro importante e risalentea tempi non sospetti che cos era andato perduto.

    Ma era andato perduto anche pi di quanto non si

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    immaginasse. Anni dopo un altro ufficio, la Procura

    di Brescia che stava indagando con impegno sullastrage di piazza della Loggia e aveva dissodato anches-sa gli atti di Catanzaro, ha trovato invece lagenda e hanotato un nome nuovo che portava direttamente aquel casolare e al racconto di Digilio. Lagenda e ildato erano cos arrivati a Milano. I famigliari dellevittime di piazza Fontana nella richiesta di riapertu-

    ra delle indagini hanno segnalato questo elementonuovo ma nemmeno ci ha spinto la Procura di Mi-lano, nel 2009, a cercare. Eppure, e questa storia dioggi, la strada indicata da Brescia, un grande passoin avanti nella ricerca della verit di cui un giorno sipotr parlare, sembra davvero quella giusta. Qui cifermiamo.

    Altre indagini sono state riaperte in questi anni, daultimo a Roma quella sullomicidio irrisolto del gio-vane di sinistra Valerio Verbano ucciso nel 1980.Piazza Fontana no, o non ancora, se non per la giu-stizia nemmeno per avere una verit pi completa.

    La convinzione che nulla si possa fare non sem-pre protegge dallostinazione ma ne talvolta il suospecchio, diventa ostinazione a non fare, che non pi una virt. Allontana allora dalla perseveranzache la volont razionale nel cercare il giusto.

    Quella perseveranza cui ci ha richiamato il presi-dente della Repubblica, ricordando che la strage di

    piazza Fontana imprescrittibile non solo per il Co-dice penale ma per la storia del nostro Paese e ri-cordando che abbiamo il dovere, come magistrati, dicontinuare a cercare ogni frammento di verit.

    Dovremmo, davvero, a Milano, ascoltarlo.

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    Da Piazza Fontana: nessuno Stato, a cura di Fortu-nato Zinni, V ed. 2011, libro di memorie e documentisulla strage patrocinato dal Comune e dalla Provincia

    di Milano, dai Comuni di Bresso e di Lodi e da altri en-

    ti e diffuso anche nelle scuole.

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    POSTFAZIONE:

    QUELLO CHE ABBIAMO VISTO DOPO

    I primi articoli di questa raccolta risalgono al 2009.Molte delle storie di cui abbiamo parlato, interne al

    mondo della giustizia ma relegate ai suoi confini piin ombra e meno esaltanti, si sono evolute nel temposecondo il percorso che avevamo immaginato.

    Chi si ricorda di Eluana?

    Il primo articolo, pubblicato nello ormai lontanogennaio 2009, era dedicato ad Eluana Englaro e allanecessit di dare pieno valore legale, con una leggedello Stato, al testamento biologico. Da allora nessunrisultato. Anche il progetto approvato dal Senato nelluglio 2011, un testo comunque ispirato pi dai con-sigli dellaConferenza Episcopale Italiana che dai va-lori della laicit, decaduto con la fine della legisla-tura. Poich purtroppo la morte non aspetta e nonsempre rispetta i tempi di legislatori sempre in ri-tardo, chi intende scegliere una fine che ritiene di-gnitosa, scelta rispettabile come lo quella dellac-

    cettazione del degrado e della sofferenza, deve per ilmomento scegliere altre vie private e non del tuttosicure sul piano dellefficacia legale. Compilare unaDichiarazione anticipata di volont usando magari ilmodello della Fondazione Veronesi, che ha avuto

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    lapprovazione del Consiglio Nazionale Forense, in-

    dicare le cure che intende ricevere e a cui vuole ri-nunciare e un fiduciario e depositare il documentopresso un notaio. Non niente di straordinario, solola logica estensione del consenso informato che tutticonosciamo quando entriamo in un Ospedale e nullaha che fare con leutanasia, ma anche questo sembratroppo in un paese che non mai riuscito ad essere

    laico.

    Chi ha insabbiato piazza Fontana?

    Vi sono due storie: la storia ufficiale,

    menzognera, che ci viene insegnata, la sto-ria ad usum delphini, e la storia segreta,

    dove si trovano le vere cause degli avveni-

    menti, una storia vergognosa.(Honor de Balzac - Le illusioni perdute)

    Le storie di terrorismo hanno un tratto peculiareche le distingue dalla maggior parte dei delitti co-muni. Anche quando i fatti risalgono a molti anni fa,anche pi di una generazione, lo scenario in cui sonoavvenuti non pu ripetersi, i processi sono conclusi,le vittime sono state dimenticate e solo qualcuna,per il ruolo pubblico che ricopriva ancora comme-morata, i colpevoli sono stati condannati e molti di

    loro sono tornati alla vita civile e vivono non daclandestini ma in mezzo a noi, oppure il caso statodichiarato insoluto ed diventato un cold case, que-ste storie non sono mai del tutto esaurite, continua-no ad illuminare alcuni aspetti della societ e della

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    vita presente, spesso i suoi meccanismi taciuti o im-

    barazzanti.

    Avevamo scritto per Il Riformista un articolo criticosulla sentenza milanese che aveva visto due giorna-listi condannati per diffamazione per aver pubblica-to unintervista con un sottufficiale dei Carabinierisul caso Tobagi. Il Carabiniere, che allepoca lavora-

    va nellAntiterrorismo, aveva raccontato che, grazieal rapporto che aveva costruito con un giovane in-terno ai gruppi terroristici milanesi e che era diven-tato cos suo confidente, aveva raccolto parecchienotizie e anche informazioni che avrebbero potutosventare il progetto contro il giornalista. Quanto a-veva appreso, relazione su relazione, era stato pas-

    sato dal Carabiniere ai suoi superiori ma, in queimomenti difficili, loccasione era stata persa e Toba-gi, privo di protezione nonostante i progetti nei suoiconfronti, era stato ucciso.

    Nellintervista non cera molta dietrologia, piche di mandanti occulti, che non sembrano pro-prio esservi stati, si parlava del rammarico per unlavoro che avrebbe potuto essere sfruttato e delliso-lamento che, per paradosso, il Carabiniere aveva poisubito forse pagando di persona, e ingiustamente,limbarazzo dei suoi comandanti per lerrore inve-stigativo.

    La sentenza di condanna, compreso il forte risarci-mento ad alcuni ufficiali dellArma che, piuttosto atorto che a ragione si erano sentiti offesi e diffamati,era stata anche criticata dalle Associazioni della

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    stampa come uningiusta limitazione della libert

    dinformazione.Il mio articolo aveva comunque suscitato qualchereazione piuttosto infastidita proveniente dallinter-no della magistratura milanese. Sembrava comun-que un caso chiuso, con un finale non esaltante per isuoi protagonisti compresi i magistrati che avevanochiesto e pronunciato la condanna, ma, come spesso

    accade in questo campo, dopo successo qualcosa.Ho avuto occasione lo scorso anno di avere un collo-quio con il generale dei carabinieri Nicol Bozzo,oggi in congedo. Era stato, a Milano, negli anni 70uno dei pi alti ufficiali della Divisione Pastrengo,impegnato negli anni pi bui del terrorismo a fiancodel gen. Dalla Chiesa e, anni dopo, a Savona nel caso

    Teardo, il presidente della Regione Liguria, che erastato la prova generale di Mani pulite. Un generaleun po diverso da tanti altri fin troppo fedeli e in-gessati nel loro ruolo. Aveva avuto il coraggio, a co-sto di compromettersi la carriera, di opporsi e di de-nunciare anche nei processi il potere parallelo che siera costituito nellArma a seguito dellinfiltrazionedella P2 negli alti comandi, era stato presidente delCo. Cer., la rappresentanza sindacale dei Carabinieri,anche da pensionato, Genova, attivo in associazionidella societ civile. Un buon carabiniere insomma,dalla carriera limpida.

    Il Gen. Bozzo in questo colloquio ha rievocato con mei suoi anni allAntiterrorismo di Milano e mi ha rac-contato senza difficolt che ricordava bene quellin-formatore di Varese, Rocco Ricciardi, agganciatoda un sottufficiale e convinto a raccontare come si

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    non credo vi siano stati, ma certo una falla investiga-

    tiva di quei Carabinieri con cui quella stessa Procuraaveva lavorato fianco a fianco per tanti anni.Avevamo scritto tre anni fa sul Riformista che

    quella condanna era stata un cattivo servizio resoalla verit. Ora ne viene la conferma, e da una fonteautorevole. E quel fascicolo in quellarchivio c an-cora o comunque ne rimasta traccia. Basterebbe

    volerlo cercare, per riparare una sentenza un postorta e diradare una volta per tutte i sospetti sul ca-so Tobagi, almeno quelli ingiustificati. Basterebbeun passo della Procura ma, credo, nessuno lo far.

    Battisti rimasto Brasile e le iniziative dei nostriGoverni per riaverlo in Italia sembrano affievolite.

    Intanto in Brasile, paese o meglio Governo che loconsidera una vittima e un perseguitato politico pri-vato dei suoi diritti di difesa, la famiglia di un ragaz-zino, vittima, questo s, di una esecuzione extralega-le della Polizia, uno delle centinaia che ogni annonello stato di Rio muoiono durante larresto o scom-paiono subito dopo, ha avuto per la prima volta ilcoraggio di rivolgersi ai giudici e allopinione pub-blica per far aprire uninchiesta. Forse almeno que-sta volta qualcuno dei Procuratori locali, che di soli-to passano subito allarchivio quei fascicoli con unacroce a pennarello in copertina, avr il coraggio difarlo e di spostare la trave in casa propria invece di

    cercare la pagliuzza in casa altrui.Quanto a Battisti il suo destino personale in fondo quasi indifferente, condannato comunque, una voltascoperto, ad un eterno presente di assassino ricerca-

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    to, molto pi dei suoi stessi compagni che hanno

    scontato la pena e sono tornati ad una vita normale.Parlando in questi anni di lui e delle sue intervistesprezzanti, sono state ricordate in qualche modo an-che le sue vittime e questo, se non basta, comun-que qualcosa.

    Intanto un po pi a sud nellAmerica latina, in Ar-

    gentina morto Giovanni Ventura, senza che nessu-no abbia avuto voglia di andarlo a cercare e chieder-gli di tutto quanto era emerso in questi anni. Delletestimonianze di Gianni Casalini e di Giampaolo Sti-mamiglio, lultimo pentito di Ordine Nuovo, tra-smesse dalla Procura di Brescia a Milano, nessuno si curato. E i Pm di Milano, che hanno i loro uffici a

    poche centinaia di metri da piazza Fontana, sonoriusciti, facendo tacere i familiari delle vittime chehanno avuto sempre lingenuit di avere troppa fi-ducia in loro, a far chiudere lultimo segmento delleindagini sulla strage.

    Il Giudice che ha firmato il decreto di archiviazio-ne ha annotato in un passo del suo provvedimentoche la storia di piazza Fontana non pu che deter-minare una generale insoddisfazione e ha postoquindi implicitamente una domanda e cio il motivodi questo esito insoddisfacente.La risposta molto semplice e non richiede, almenooggi, richiamarsi allazione di forze oscure: basta

    non fare nulla.Un esempio, tra gli spunti di indagine che in questianni sono emersi da soli, quasi per forza propria.

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    Nel 2009 aveva preso contatto con me Gianni Casali-

    ni, un ex- componente del gruppo padovano di Fredae uno dei testimoni della mia indagine. Casaliniallinizio degli anni 70 aveva deciso di scaricarsi lacoscienza, come scritto in un appunto autografodel gen. Maletti, per quanto aveva fatto e saputo e siera rivolto al Sid di Padova per raccontare ci che sa-peva. Aveva per battuto la porta sbagliata. Il Sid,

    coinvolto nella protezione degli autori degli attenta-ti, aveva invece scaricato lui e fatto scomparire lasua confessione.

    Lavevo rintracciato esentito negli anni 90, Casa-lini mi aveva confermato in ogni dettaglio il suo ten-tativo con gli uomini del Sid, che lo avevano ributta-to indietro ma, bruciato da quellesperienza, aveva

    raccontato solo una parte di quanto negli anni 70aveva in animo di rivelare.

    Venuta meno la paura e uscito dalla lunga depres-sione che laveva tormentato per tutta la vita Casali-ni nel 2009 si reso disponibile a parlare e, informa-ta da me, la Procura di Brescia aveva verbalizzato ilsuo racconto che alla fine arrivato alla Procura diMilano.

    Casalini ha raccontato la sua storia.

    Un componente del gruppo di Padova, lo chiamere-mo Ivan, non un personaggio di secondo piano ma

    un camerata operativo che con Freda e Casaliniformava un terzetto anche sul piano amicale, loaveva reclutato per collocare la notte dell8 agosto1969 due bombe sui treni alla Stazione Centrale di

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    Milano, due di quelle dieci che quella notte avevano

    preceduto di pochi mesi la strage del 12 dicembre.Casalini ha raccontato non solo degli attentatidell8 agosto, cui aveva preso parte personalmentema, con lucidit, determinazione e mille dettagli, ditanti episodi di quei mesi in cui si preparava la stra-ge. Ivan gestiva un deposito di esplosivi appena fuo-ri Padova, con lui aveva studiato la preparazione dei

    congegni, con Freda Ivan disponeva di un apparta-mento in pieno centro citt usato come base opera-tiva, altri attentati erano falliti per poco quando lebombe erano gi state deposte. Come Freda era incontatto con i Nuclei di Difesa dello Stato, nuclei mi-litari che sarebbero intervenuti per ristabilirelordine dopo le bombe anarchiche.

    Casalini ha parlato degli autori delle bombe del25 aprile sempre a Milano, alla Fiera Campionaria eallUfficio Cambi e descritto il ruolo non solo di Ivanma di altri uomini del gruppo ancora viventi e sfug-giti alle maglie delle indagini.

    Non ancora la verit su piazza Fontana, cui Casali-ni non aveva preso parte, ma unottima base di par-tenza per cominciare e cercare qualcosa di pi. E I-van non un nome nuovo. Gi nelle prime indaginipadovane dei giudici Calogero e Stiz era emerso che acasa sua si era tenuta la riunione del 18 aprile 1969durante la quale era stata messa a punto la campagna

    di attentati e quando Freda era stato arrestato, nel1972, Ivan aveva ritenuto prudente lasciare tutto efuggire in Spagna. E ricostruirsi poi unidentit comeimprenditore in Africa.

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    Non necessario, con tutti questi elementi nuovi,

    essere un provetto investigatore per comprendereche Ivan o coinvolto nella strage o, nellipotesi pibenevola, sa cos accaduto il 12 dicembre. Sin daglianni 70 del resto la stessa Procura aveva sostenuto,ed ormai accertato anche nelle sentenze, che tutti gliattentati di quel terribile 1969 erano parte di un u-nico piano in progressione ideato dalle medesime

    persone.Eppure chi ha voluto chiudere tutto con larchi-

    viazione, Spataro e Pradella, non si preso nemme-no il disturbo di andare a sentire Casalini. E la pro-posta di un altro Pm che nellestate del 2009 inten-deva affidare ai Carabinieri esperti nel terrorismo iprimi accertamenti su quanto di nuovo stava emer-

    gendo, stata subito bloccata.E nessuno si premurato di andar cercare Ivan

    come se fosse un fantasma introvabile. Al Giudiceche doveva decidere sullarchiviazione stata addi-rittura riciclata uninformativa della Questura dellontano 1992, facendola figurare come recente, incui si affermava disporre solo di un suo vecchio edinverificabile indirizzo. Peccato che Ivan sia inveceun imprenditore ben conosciuto, ancora con inte-ressi in Italia e che compaia addirittura con la suafamiglia su Facebook. Ha avuto davvero doppiamen-te fortuna, con gli affari e con una giustizia pi chedisattenta.

    Sarebbe stata, se si voleva, unindagine a costozero. Sarebbe bastato incaricare i Carabinieri che la-vorano ancora sulla strage di Brescia e su OrdineNuovo, di affiancare al loro lavoro lo sviluppo deglielementi nuovi su piazza Fontana: le persone e

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    lambiente sono gli stessi. Ma hanno prevalso vec-

    chie insofferenze. I Carabinieri sono la struttura cheaveva lavorato negli anni 90 con il Giudice Istrutto-re che era da cancellare. Ne parleremo tra poco.

    Si preferito invece che non residuasse alcunapossibilit di sapere qualcosa di pi, pervenire anuovi elementi di conoscenza su quanto avvenutoalla Banca Nazionale dellAgricoltura. Esattamente il

    contrario di quanto il 12 dicembre 2009 a Milano,nel quarantennale della strage, il Presidente Napoli-tano aveva esortato i magistrati a fare: continuare acercare ogni frammento di verit. Lo avevamo ri-cordato nellultimo articolo di Office at night. Esor-tazione inascoltata.

    Per mettere quindi la parola fine bastato ripete-

    re latteggiamento consueto: disprezzare il lavoroaltrui - tutti i nuovi spunti investigativi venivanodalla Procura di Brescia o erano stati forniti da chiscrive - senza produrre niente di proprio. Uscire dalsilenzio solo per azzerare quanto stava venendo allaluce. E questo avvenuto a Milano per piazza Fon-tana, si ripetuto ad ondate successive, dalliniziodegli anni 90 in poi.

    Va ricordato. Anche se difficile rappresentare inpoche righe anni di perdita di senno giudiziario, agi-ta senza rendersi conto che si andava a maneggiareun oggetto fragile come piazza Fontana che non

    permetteva desideri di affermazioni personali o dirivincite e che, scosso da queste, si sarebbe prestofrantumato.

    In pochi mesi la Procura, entrata in campo nel1995 dopo anni di completa assenza, ad indagini su

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    no a s, in pochi mesi, minacce e progetti di attentati

    di ogni genere contro la sua persona.

    Quella che si conclusa nel settembre 2013 unastoria pi che ventennale e con gli stessi protagoni-sti in Procura, proprio gli stessi aggiunti e sostituti.Una storia di disinteresse per le indagini sulla stra-ge, salvo qualche velleit di appropriarsene al mo-

    mento buono, senza per essere poi capaci di gestir-le, quando quelle del Giudice Istruttore, cio le mie,a met degli anni 90 stavano dando finalmente ri-sultati.

    anche una storia curiosa. Davanti al Csm, oveero stato trascinato dalla Procura nel tentativo difarmi trasferire dufficio da Milano e non avere cos

    concorrenti e appropriarsi senza problemi dei mieiatti, ero stato addirittura accusato di essermi sosti-tuito alla Procura stessa nello svolgimento delle in-dagini. Per inciso, e questo il danno maggiore, do-vendomi difendere dal Csm, ero stato cos distoltodal proseguire gli interrogatori, proprio nel momen-to pi delicato.

    Ma insomma era proprio vero che la Procura vo-leva fare quelle indagini, e le avrebbe fatte e con im-pegno se non ci fosse stato quellostacolo testardodel Giudice Istruttore?

    Non proprio.

    A partita chiusa il momento di raccontare un pezzodi questa storia che nessuno conosce. Avevo manda-to una serie di atti, interrogatori di Vinciguerra, Di-gilio ed altri al Procuratore aggiunto Gerardo dAm-

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    brosio per avere la sua collaborazione, cercare di

    coinvolgerlo nella ricerca di quella verit che si sta-va aprendo. Altri atti gli erano arrivati da un altroGiudice Istruttore, il collega di Venezia Carlo Mastel-loni che si occupava della destra eversiva. Il dottordAmbrosio, celebrato protagonista delle prime in-dagini negli anni 70, li aveva raccolti in un fascicolorubricato in copertina come art. 422, commesso a

    Milano il 12 dicembre 1969, la strage appunto.

    Che sorte ha avuto quel fascicolo, che cosa ne ha fat-to il dottor dAmbrosio? Nulla. Lo ha fatto archiviare,quattro anni dopo, senza svolgere un solo atto di in-dagine. E, tempo dopo il dottor d'Ambrosio non ave-va avuto alcun ritegno a tuonare davanti alla Com-

    missione Stragi per la dannosapresenza del Giudi-ce Istruttore e la sua Procura. Davanti al Csm lo ave-va accusato di aver continuato, accusa strana e in-quietante, a fare interrogatori. Gli unici rivelatisi u-tili e che erano poi stati utilizzati nellaula della Cor-te dAssise. Proprio quello che gli accusatori nonerano mai stati capaci di fare.

    Strage archiviata di nascosto dunque. Nessuno losa. E per gli increduli il numero del fascicolo speditodal dottor dAmbrosio in archivio 7618/91. E staancora l, sperando di farsi dimenticare.

    Ho detto queste cose, salvo la storia del fascicolo

    fantasma raccontata ora per la prima volta, in unpaio di articoli pubblicati in Office at Night, in detta-glio negli interventi in una mezza dozzina di libri tracui Bombe e segretidi Luciano Lanza e Piazza Fonta-na, 43 anni dopo, pubblicato lo scorso anno da Mi-

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    mesis. Addirittura nel copione di unopera di teatro

    civile scritto a quattro mani con Fortunato Zinni,cassiere della Banca dellAgricoltura sopravvissutoalla bomba e oggi sindaco di Bresso, unopera rap-presentata in scuole e centri culturali.

    Ma non successo niente. Nessuno, meno che maidal Palazzo di Giustizia mi ha risposto, nemmenoper smentirmi. questa una tecnica in uso, quella

    del silenzio, quando si gode di un pregiudizio favo-revole e si vuole lasciare a tacere verit imbarazzan-ti. La verit imbarazzante che la conoscenza diquanto avvenuto in piazza Fontana stata vittimadal 1969 per i primi ventanni delle manovre e degliostacoli posti da uomini dello Stato e dei Servizi se-greti, nei secondi ventanni, quando queste forze si

    erano ormai esaurite e la verit era portata di mano, stata invece vittima di unopera di autoinsabbia-mento o autodepistaggio, chiamiamola come vo-gliamo, di inquirenti pigri e spesso invidiosi dei ri-sultati altrui tanto da far di tutto per affondarli. Ilprossimo 12 dicembre, grazie a loro, sar il primoanniversario in cui non vi nessuna indagine apertasulla strage. Se fossi il familiare di una vittima o uncittadino che non si dimenticato di quel pomerig-gio di dicembre, rinuncerei alla solita commemora-zione, diventata un rito stanco vuoto. Senza palco,senza oratori inutili, sosterei solo per un minuto disilenzio, con chi vuole esserci, nella piazza. Quella

    piazza dimenticata dalla magistratura.Questo sarebbe, davvero, un momento di consa-pevolezza e di rottura. La sola scelta illuminata.

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    Parlando di piazza Fontana ho forse sforato i limiti

    di una postfazione. Ma larchiviazione finale giuntaproprio quando la stavo scrivendo e questo sotter-ramento tanto cercato non poteva, almeno per me,consumarsi in silenzio.

    Perch non lasciare Dio, soprattutto il Dio-padrone, al suo posto?

    Nel mondo dellislam politico sciiti e sunniti,quando non sono impegnati nellopera misericor-diosa di ridurre il numero degli infedeli, proseguonola loro millenaria faida religiosa con stragi recipro-

    che e quasi quotidiane di cui si legge sui giornaliquasi con un senso di normalit. Il maggior numerodi musulmani ucciso in nome del Corano e certonon in nome della Bibbia o della Torah, questo undato statistico ma anche solo accennarne pu espor-re alla pericolosa critica di islamofobia. Dal canto lo-ro le comunit islamiche stanziate in Europa fingono

    di non vedere i tratti patologici della loro religione enessuno, nei dibattiti e negli incontri interreligiosi,si permette di toccare simili temi. Ogni discorso suldialogo tra culture e religioni rimane quindi finto emonco, passerella di smancerie e convenevoli comecerti vecchi salotti borghesi.

    Pi modestamente rispetto alle auto-bombe la poli-zia di Hamas pattuglia con le sue ronde Gaza persbattere in guardina i giovani con la cresta e panta-loni a vita bassa in quanto contrari alla morale i-

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    slamica. Se negli anni 60 i nostri questurini avesse-

    ro fatto altrettanto con i capelloni e quelli con la chi-tarra e i pantaloni a zampa di elefante, coloro cheoggi, non pi giovani e che leggono solo il Fatto Quo-tidiano, simpatizzano per Hamas in quanto comun-que nemico degli Usa e di Israele, sarebbero insorticontro la polizia fascista. Ma lautocensura in casisimili e anche pi gravi, come quando viene buttato

    in carcere un artista o eliminato un omosessuale,scatta subito: il militante barbuto pu essere ancheil peggior tagliagole ma sempre il nemico del miovecchio nemico.

    Intanto la Lega Araba ha deciso di istituire un Tri-bunale pan-arabo dei diritti umani e di collocarne la

    sede nellemirato del Golfo del Bahrein. Non si sa inquesto progetto che cosa si intenda per diritti umanie proprio il Bahrein, non meno di altri emirati vicini,ove le donne non possono guidare e nemmeno fir-mare un documento legale senza un tutore maschio, da anni sotto osservazione da parte di HumanRights Watch per innumerevoli violazioni di dirittifondamentali. un po come se si fosse proposto ne-gli anni 70 di istituire un osservatorio sul rispettodella democrazia in America latina affidandone ilfunzionamento al Cile di Pinochet o allArgentina diVidela.

    Avevamo scritto del Ramadan del 2012 e della par-tecipazione di un vice-sindaco con tanto di velo maquestanno la Giunta comunale ha fatto anche di me-glio inviando un assessore alla manifestazione allA-

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    rena ove ha fatto gli onori di casa un inquietante I-

    mam giordano.Costui, di nome Al-Bustanji, in un intervista delgiugno 2012 reperibile su YouTube, aveva tranquil-lamente raccontato di aver portato la sua figliolettaa Gaza perch imparasse dalle donne di Gaza comecrescere i bambini nella Jihad e nella ricerca delmartirio.

    Tra laltro le comunit che hanno celebrato il Rama-dan allArena civica, ospiti di un paese come lItaliache ha spesso usato generosit, non hanno mai spe-so una parola per le decine di civili italiani, anche la-sciando da parte i militari, uccisi in attentati o se-questrati in Egitto, Afghanistan, Pakistan, Nigeria,

    Indonesia da altri adoratori del Corano. Uno di essi,il cooperante Giovanni Lo Porto rapito in Pakistan,nessuno se lo ricorda pi, scomparso da oltre ventimesi e non se ne sa pi nulla.

    La Giunta comunale aveva esordito bene proteggen-do Milano da una nuova colata di cemento, soprat-tutto nella zona sud, il cui progetto era un lascitodella Giunta precedente, e istituendo una Commis-sione Antimafia comunale per riparare anche inquesto caso alle disattenzioni del passato. Ma non nuova a questi passi falsi ispirati dalla sua compo-nente meno liberale e pi veterocomunista. Insiste

    nella sua politica estera in materia di religione,scegliendo senza alcun controllo i suoi interlocutorie ha preteso di attribuirsi poteri di polizia indi-cando ufficialmente quali manifestazioni pubbliche

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    dovrebbero essere vietate i raduni di estrema de-

    stra in primo luogo dalla Questura o dal Prefetto.Dimenticando che avere delle idee anche sbaglia-te, sbagliatissime, magari anche fanatiche e xenofo-be un diritto che, piaccia o non piaccia, la demo-crazia riconosce e che la libert espressione non puessere vietata se non in circostanze davvero ecce-zionali, quando si accompagna ad esempio a intenti

    e gesti diretti di violenza. facile del resto com-prendere che cercando di vietare anche ai peggioridi radunarsi, non si fa altro che dar risalto e pubbli-cit al loro raduno e si diventa, gratuitamente, il loromiglior sponsor.

    Tornando al Ramadan la scelta della Giunta comuna-

    le di partecipare in modo ufficiale alla sua celebra-zione da parte degli islamici pi radicali ha avutocome conseguenza quella di interrompere i contattitra la comunit ebraica milanese e le comunit isla-miche. Una conseguenza non dannosa se aiuta al-meno ad uscire dallinsincerit.

    Infatti quello che non si ha mai il coraggio di dire che molti equivoci e di conseguenza molti ostacolialla convivenza in un comune ambito sociale origi-nano proprio da unidea che ostinatamente vieneesaltata e cio la necessit del dialogo e del confron-to tra le religioni di cui il dialogo, in genere ambiguoe futile con le istituzioni, vedi il Ramadan, costituisce

    il corollario. In verit le principali religioni, in quan-to intrinsecamente fedi, hanno ben poco su cui dia-logare. Al di l delle cortesie di facciata le religionisono impegnate da sempre in una concorrenza difatto senza regole, la conquista del maggior numero

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    possibile di anime, una concorrenza che ha visto

    tante volte nella storia anche la ferocia, per far pre-valere il loro prodotto, si passi il termine, sul mer-cato della fede. E sui pilastri fondamentali delle di-verse religioni, cosa che si preferisce sempre nonvedere, c davvero ben poco su cui confrontarsi. IlDio-padre dei cristiani che ha mandato il Figlio interra per stringere un patto con luomo e il Dio-

    padrone e inconoscibile dellIslam non hanno nulla ache vedere tra loro anche se vengono chiamati perconvenzione con lo stesso nome. E non un caso chela maggioranza islamica in Malaysia, certo a fini diintimidazione e non di rigore cartesiano ma comun-que con una certa logica, abbia proibito ai cristianidi riferirsi al loro Dio usando il termine Allah, pur in

    assenza in lingua malay di una parola per indicare ilDio cristiano.

    Per non parlare, sempre in tema di diversit essen-ziali, delle mille divinit degli Ind, espressione delciclo e del principio universale dellAtmane del non-Dio dei buddisti. C tra queste visioni infinitamentedi meno in comune e su cui discutere di quanto nonvi sia, ed infatti non esiste un Parlamento delle reli-gioni, tra i programmi relativi e modificabili dei par-titi politici, anche quelli pi in contrasto tra loro.

    Sarebbe allora meglio che le religioni, evitandogentili ipocrisie, si lasciassero stare lun laltra e

    lasciassero stare le istituzioni civili. Sarebbe me-glio, piuttosto, che si limitassero, o meglio qualcunole abituasse, ad imparare una concorrenza almenoun po pi leale tra loro visto che i cristiani, soprat-tutto protestanti, sono impegnati in una ben poco

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    etica conquista delle anime inondando di fiumi di

    soldi le terre da evangelizzare, in pratica quindicomprando conversioni, mentre gli islamici, come noto, prediligono da sempre la conversione forzataanche con le cattive, cio con la spada.

    Per il resto, e cio tutto quanto non sono gli inconci-liabili argomenti di fede, ciascuno pu relazionarsi

    con i suoi simili, da qualsiasi fede o non fede pro-venga, allinterno di quelletica pubblica che sotto-stante alla Costituzione e allinsieme delle leggi, sen-za necessit di tavoli interreligiosi e senza bisognodella presenza organizzata e invadente delle variefedi quando si discute di come si debba comportarsigli uni nei confronti degli altri o come si possa aiuta-

    re chi debole o in difficolt. Ciascuno lo faccia nelnome di chi vuole, ma senza ostentarlo.In fondo questo il senso della Carta della laicitfrancese: unetica pubblica comune, anche di frater-nit, che stringa gli individui senza intromissioni esenza linfluenza di forze organizzate del potere re-ligioso.

    Un Giudice libero pensatore?

    La condanna definitiva di Berlusconi nel processoper frode fiscale e il conseguente scontro sulla deca-denza da senatore hanno acceso al calor bianco ilconflitto tra parte del mondo politico e la magistra-tura mettendo per il momento nellangolo ogni ideadi intervenire sulla giustizia in modo da renderla un

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    servizio pi giusto e pi funzionale per i cittadini. A

    margine di questo atto forse finale di una contrap-posizione ormai ventennale, nessuno sembra averenotato quanto siano stati maldestri il ministro Seve-rino e i nostri parlamentari.

    Nello scrivere una legge su un argomento in fon-do cos limitato, la decadenza appunto, in modo non

    autoesplicante ma soggetto a diverse interpretazionisu cui sono intervenuti, con conclusioni opposte, ipi illustri costituzionalisti: se cio la decadenza siapplichi o meno quando il reato stato commessoprima dellentrata in vigore della legge, se sia possi-bile o necessario un intervento della Corte Costitu-zionale per dirimere il rapporto tra le nuove norme

    e la Costituzione, se il Senato sia chiamato ad una ra-tifica automatica o in qualche modo debba effettuareuna valutazione nel merito. Di tutti questi aspettiabbiamo letto tanto e non aggiungo la mia opinionema leffetto di questa incredibile incuria, nonostantefosse prevedibile a quale situazione esplosiva la leg-ge potesse essere presto applicata, stato quello dimoltiplicare lo scontro e di infilare mondo politico eParlamento in settimane di iniziative, dibattiti, pro-clami e prese di posizione anche da parte di politiciche non sanno nulla di diritto. Una legge scritta sen-za metodo scientifico, cio quel metodo seguendo ilquale ad una semplice lettura si dovrebbe capire in

    modo certo cosa una legge significa e come si appli-ca, ha regalato unulteriore occasione di degradodella vita istituzionale, in danno come sempre deicittadini.

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    In questo vuoto sono ricomparsi sulla scena politica,

    seppur con un ruolo pi marginale rispetto agli anni70, i referendum promossi dal Partito Radicale.Quelli che riguardano alcuni istituti che segnano ilcostume sociale suscitano simpatia: labolizione delcarcere per le piccole vendite di stupefacenti spessotra semplici consumatori, produttrici di processiquasi inutili, il divorzio breve, labolizione dellasse-

    gnazione delle somme corrispondenti alle scelte nonespresse per l8 per mille in proporzione alla scelteespresse che regala ogni anno alla Chiesa Cattolicaun tesoro di oltre 500 milioni di euro in danno deiconti pubblici.

    Quanto ai referendum sulla giustizia pi chegiusta labolizione o forte riduzione degli incarichi

    fuori ruolo per i magistrati che si collocano a centi-naia in gabinetti ministeriali, nelle pi svariatecommissioni, in improbabili incarichi internazionalia discapito della giustizia ordinaria per i cittadini edimostrando con tali pratiche, in genere appannag-gio dei pi raccomandati, di considerare il servizioin magistratura solo uno strumento per intrapren-dere una carriera parallela, fare un salto di qualitche li pone, senza essere eletti, a fianco della politicae dellalta amministrazione, finendo ad offuscare an-che limmagine di indipendenza della magistraturanel suo insieme. Altre proposte invece sono lespres-sione di unidea astratta della giustizia e dei feno-

    meni criminali che deve contrastare, come la propo-sta di abolizione dellergastolo, applicato ormai qua-si solo a mafiosi irrecuperabili o la proposta di farquasi sparire la custodia cautelare durante le inda-gini. Uno strumento che, se utilizzato con raziocinio,

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    pu prevenire nellimmediatezza delitti e vendette e,

    realizzando un minimo di effetto sorpresa, pu evi-tare, almeno nei primi momenti di unindagine,pressioni e condizionamenti sui componenti di ungruppo criminale, magari i pi deboli, affinch forni-scano versioni fasulle e concordate.

    C poi il referendum sulla separazione delle carrie-

    re che ha avuto lentusiastica adesione anche del Pdlcon il proposito non dichiarato non tanto di garanti-re un processo pi equo a tutti i cittadini ma piutto-sto di contenere in qualche modo il potere della ma-gistratura e di prevenire possibili influenze dei Pmsui giudici nei processi pi importanti, ad esempioquelli con riflessi politico-amministrativi.

    In realt, e anche senza giudicare le intenzioni,chi pensa che separando le carriere possano esse-re dincanto realizzati questi obiettivi, dimostra diaver capito poco del funzionamento profondo dellamagistratura italiana.

    Infatti la netta separazione delle funzioni se nonproprio delle carriere esiste gi. Nessuno spiega cheil concorso iniziale s unico e che dopo averlo vintoil neomagistrato pu scegliere, nei limiti dei postidisponibili, se fare il giudice o il Pm ma che nel con-creto svolgimento della carriera i passaggi di ruolotendono quasi del tutto a scomparire. Dopo la rifor-ma Mastella dellOrdinamento giudiziario, e quindi da

    parecchi anni ormai, il Pm pu diventare giudice e ilgiudice Pm solo spostando la propria sede di servizioin unaltra regione e tale obbligo ha drasticamente ri-dotto la trasformazione, gi in passato molto limitata,dellaccusatore in giudice e viceversa perch ben po-

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    chi sono disponibili a modificare, cambiando sede, le

    proprie abitudini di vita e di lavoro.

    sufficiente dare uno sguardo alla carriera dei Pmpi noti per le loro indagini per rendersi conto che, aMilano come a Roma come a Torino e dovunque, es-si sono nati e sono sempre stati accusatori, nonhanno mai fatto il giudice nella loro vita e la stessa e

    speculare situazione vale per quasi tutti i presidentidei collegi giudicanti che assai raramente provengo-no dalle file dei Pm. Gi oggi quindi non vi alcunaosmosi, almeno in questi termini,che faccia trovaredi fronte personalit ibride tra giudice e accusatore.

    Dove possono verificarsi invece influenze, commi-

    stioni, relazioni che possono incidere sullautonomiadel singolo giudice, sulla sua equidistanza tra accusae difesa e trasformare la magistratura in un corpounico magari, secondo i sostenitori del referendum,con i suoi obiettivi, i suoi nemici e una sua lineapolitica? Di certo non dallaver partecipato ad un co-mune e lontano concorso, di cui nessuno si ricordapi ma dallazione quotidiana delle correnti che rac-colgono insieme indistintamente giudici e Pm.

    Sono aspetti poco noti ma proviamo a immaginareun giudice che, soprattutto nei Tribunali che fannola storia, militi in una corrente, aspiri ad un posto

    nella sua Segreteria a qualche livello o a essere elet-to nel Consiglio Giudiziario o addirittura al Csm o siainteressato ad un posto direttivo o ad un prestigiosoincarico extragiudiziario. Quel giudice pu trovare, elo trover facilmente, come accusatore in processi di

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    grande rilievo un Pm molto potente che milita nella

    sua stessa corrente o in una corrente vicina, un Pmche incontra tutti i giorni le nelle riunioni pomeri-diane, con il quale fa propaganda per il loro gruppoe sul cui appoggio ai piani alti del Csm confida perraggiungere i suoi obiettivi.

    Il caso non un periodo ipotetico. Sono situazioniche ho ben presenti e che ho conosciuto personal-

    mente nella mia carriera. libera, nel decidere, la coscienza di quel giudice?Lo spirito umano complesso e forse nemmeno luisaprebbe rispondere. Ma di certo scenari simili nondovrebbero nemmeno formarsi.

    Da molti anni il campo di intervento della magistra-

    tura si enormemente ampliato, ha occupato spaziche non si immaginavano allepoca della nascita del-la Costituzione e delle leggi fondamentali dellOrdi-namento giudiziario. Ha innescato questo fenomeno,unico in Europa, la difficolt a selezionare una classedirigente dopo la fine della Prima Repubblica, lapresenza sulla scena di un ceto politico e ammini-strativo scadente che non guarda oltre leffimero in-dividuale e cui speculare uno scarso rispetto delleregole diffuso anche tra i semplici cittadini, spessopropensi a trovare vie duscita private a scapito deidiritti altrui o della collettivit.

    Sono gi lontani i tempi del discusso collaterali-smo di alcuni gruppi della magistratura rispetto adalcune forze politiche, dal Pci allestrema sinistra. Unosservatore disinteressato che si occupasse nella vi-ta di tuttaltro e che provenisse da un luogo lontano,

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    dalla Svezia dal Giappone o della Nuova Zelanda e a

    cui fosse chiesto di dare un suo giudizio sulla vitapolitica italiana di questi anni, risponderebbe di a-ver percepito invece il contrario e cio il collaterali-smo di partiti di opposizione, confusi ed esitanti, al-le iniziative della magistratura. E noterebbe, con unacerta perplessit che la cronaca giudiziaria occupasulla stampa lo stesso spazio della cronaca politica

    quando non lo supera. E in pi, come avvenuto per iprocessi a carico dellex Presidente del Consiglio,della cronaca politica indirizza largamente i temi e icontenuti.

    La magistratura formata da poche migliaia di per-sone non elette ma cooptate con un concorso, di cui

    solo poche centinaia costituiscono lapparato cheinfluenza i restanti. Si guadagnata, anche a ragione,o si trovata a ricoprire il ruolo di custode dellaNazione, una sorta, per fare un paragone anche diprestigio, di Kemal Ataturk italiano e in vesti civili.Ma se intende mantenere questo ruolo, senza so-spetti e senza esporsi allaccusa di essere una forzapolitica non prevista dalla legge, a qualcosa deverinunciare.

    Chi chiamato in unaula di Tribunale, dal politi-co al comune cittadino, deve avere la certezza ditrovarsi di fronte a qualcuno del tutto libero e privodi condizionamenti anche da parte del suo ambiente,

    un giudice singolo che ha la forza di giudicare nellasolitudine. Non di trovarsi davanti ad un esponentedi un aggregato politico-correntizio espressione diuna linea della magistratura che pu trovare sod-disfazione anche in quel singolo caso e non alla pe-

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    dina di una magistratura in cui una realt quoti-

    diana la contiguit tra Pm, spesso eccellenti, e giudi-ci negli incontri dellAnm e delle correnti, rosse,verdi o gialle che siano.

    Ci che conta non meno dellautonomia esternadella magistratura, cio dagli altri poteri dello Stato lautonomia interna anche del singolo giudice

    dalla magistratura nel suo insieme o, se si vuole, dal-la corporazione.

    Un concorso separato con prove differenziate e inluoghi diversi per gli aspiranti giudici e gli aspirantiaccusatori non , come pensa chi comprende poco imeccanismi interni e le leggi non scritte della magi-stratura, una risposta efficace a questa esigenza.

    Lo sarebbe il venir meno del malcostume dellecorrenti, ove il giudice non pi singolo ma parte diun sistema e ove giudici e Pubblici Ministeri, questiultimi quasi sempre con un peso specifico ben supe-riore al loro numero, si incontrano quotidianamen-te, si rappresentano tendenze di intervento comuni,discutono la politica giudiziaria della corrente, siscambiano progetti e promesse per i posti pi pre-stigiosi a concorso e per gli ambiti incarichi extra-giudiziari. Ben pi della separazione formale dellecarriere, pu soddisfare lesigenza di trovare un sin-golo giudice lontano da influenze dellaccusa e anchepi libero dentro di s rispetto al peso, che non si ri-

    corda mai, della magistratura associata, la divisio-ne del Csm in due organismi, uno dei giudici e unodei Pubblici Ministeri.

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    Per non assistere pi a scene imbarazzanti in cui un

    giudice viene promosso, trasferito o punito anchecon il voto nellaula del Csm dei suoi colleghi Pmche ha visto molte volte o che vedr nelle aule deisuoi processi e che ovviamente si attendono da luicomportamenti accondiscendenti e una sentenza fa-vorevole. E questo anche senza giungere al caso li-mite capitato a me e che il Csm garante dellindi-

    pendenza, ha tranquillamente tollerato. Trovarmidi fronte come mio giudice in una iniziativa di tra-sferimento disciplinare un Pm della stessa Procuradi Milano che aveva sollecitato lazione contro di mee proprio un Pm che era stato un testimone inquelliniziativa. Guarda caso si parla sempre di piaz-za Fontana e sempre degli stessi le cui gesta si ricor-

    dano in questa postfazione. Vedi sopra e,volendo, gliatti sono nellarchivio di Palazzo dei Marescialli.

    Ma anche dividere in due il Csm forse non baste-rebbe se, nelluno e nellaltro, vi continuassero acomandare gruppi organizzati. Il giudice che al difuori delle correnti o ad esse inviso o anche solo chenon ne protetto da una, come il vassallo dal suofeudatario, destinato a fare poca strada e, se pro-prio insiste, irta di ostacoli e di trappole.

    Liberarsi dal feudalesimo delle correnti e del Csmche esse occupano saldamente significherebbe perla magistratura non presentarsi ai cittadini come unpotere organizzato ma come la somma di tanti giu-

    dici indipendenti, ognuno dei quali dipende solo dal-la propria coscienza e non da entit direttive e di in-fluenza interne che lo sovrastano e che hanno inmano la sua vita professionale: sarebbe la rivoluzio-ne illuminista dei magistrati.

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    Due risposte, forse?

    Due argomenti di cui da poco ho letto costituiscono,mi sembra, quasi una sintesi di ci che scritto inquesto libro.

    Il primo la Carta della laicit francese, cui si gifatto cenno, di cui il Ministro dellIstruzione, il socia-

    lista Vincent Pellon, ha ottenuto lapprovazione eche sar esposta in ogni scuola e diffusa tra studenti,insegnanti e genitori. Nei suoi semplici 16 articoli silegge tra laltro che lo Stato garantisce la libert dicoscienza e quindi il diritto di credere o non crede-re e che protegge da tutti i proselitismi e da tutte lepressioni. Inoltre tutela luguaglianza tra uomini e

    donne. Gli insegnamenti sono laici e nessuno sipu appellare a convinzioni politiche o religiose percontestare un insegnamento.

    Lintento quello di accompagnare gli studentinel loro diventare cittadini sulla base di diritti e dilibert individuali condivise da tutti.

    Questa carta dei principi esposta anche negli atri

    di tutte le scuole italiane sarebbe il primo ostacoloideale contro ogni fanatismo e integralismo. Ma trale tante riforme della Costituzione avanzate, spessoa sproposito, ne sempre e purtroppo mancata unamolto semplice. Al primo articolo ove si legge chelItalia una Repubblica democratica fondata sullavoro aggiungere che una Repubblica laica.Come nel primo articolo della Costituzione francese,appunto. Ma credo avremo da aspettare anche per-ch il nostro paese viene da una storia in cui spessoal pensiero clericale si sono opposte varie ideologie

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    che hanno assunto una veste di palingenesi rivolu-

    zionaria e quindi anchesse di religione mascherata,in fondo.

    Il secondo un pensiero di Mario Remuzzi, medico eillustre ricercatore ma anche umanista, che, dalle co-lonne del quotidiano con cui collabora, ha propostodi non limitare la prova di ammissione alla facolt di

    Medicina ai test, i soliti quiz scientifici ma di am-pliarla ad un colloquio che faccia emergere una pre-parazione pi profonda. Il prof. Remuzzi ha unintui-zione profonda quando pensa che ai candidati sidebba chiedere quali siano gli ultimi cinque libri chehanno letto, se li hanno letti, e che si debba com-prendere se hanno le qualit che un dottore deve

    avere, saper parlare un ammalato ad esempio o sesapranno non perdersi danimo e cercare di capirequalcuno che soffre e che muore. Non so se sia tecni-camente fattibile, ma una buona idea. Lapplicherei,nelle forme appropriate, anche ai candidati al con-corso per magistratura i quali, se prevalgono tra lemigliaia di concorrenti, acquisiscono per tutta la vitail diritto di giudicare i loro simili solo per aver scrit-to bene in giovent tre temi di civile, penale e am-ministrativo.

    Cercare quindi quello che altri possono anche tra-scurare ma che deve avere un Giudice. Avere una

    buona cultura generale e non limitarsi a conoscere amemoria sentenze della Cassazione spesso nebulo-se, e questo non di tutti, saper parlare con imputatie testimoni, e questo di pochi, scrivere in un italia-no non oscuro, leggere bene linglese. Essere capaci

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    di mettere in rapporto fenomeni diversi e trovare un

    filo conduttore che unisca la spiegazione psicologicacon quella logica, saper riflettere ma, nel campo pe-nale, saper decidere anche in pochi minuti. E soprat-tutto non avere uno spirito gregario, non dipendereda nessun ambiente, nemmeno dei propri colleghi esapersi costruire un baricentro che tenga lontano damolti pericoli anche tra loro opposti: diventare un

    magistrato notabile con molte conoscenze, Romane piena, o essere un imitatore dei Pm che fanno legrandi indagini senza tuttavia saperle fare, o rima-nere un impiegato che trova quel lavoro comodoperch il pomeriggio si possono andare a prendere ifigli a scuola. Dietro ogni candidato si dovrebberogi almeno intravvedere tutte queste qualit che

    proteggono tanto dallhybrisgreca, e cio dagli arro-ganti quanto dai piccoli burocrati che prediligono ledecisioni pi facili e meno costose.

    Non so se un programma politico per la magi-stratura, forse no, ma non importa.

    Sembrano due proposte in campi molto diversi ma,se ci si pensa bene, hanno in comune qualcosa di es-senziale: la capacit e la libert di scegliere e una co-scienza che funziona. Quello, cio, che conta davvero.

    Infine se qualcuno legger uno degli ultimi articoli,quello sul fabbro, sappia che non uno scherzo an-che se, per il fulgido Tribunale di Milano, la vicenda

    quasi grottesca, un remake, modesto come i suoiautori, di quanto mi era successo negli anni 90, aitempi di piazza Fontana. Rifletta sul fatto che se nonsi iscritti ad una corrente, rossa, verde o gialla chesia, se si scrivono articoli fuori ortodossia e poco

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    graditi, se non ci si presenta davanti ai capi degli Uf-

    fici con la schiena curva ed il cappello in mano, puaccadere che un fantasma cambi la serratura cheporta al tuo ufficio, il fax ammutolisca di colpo, laclassica provocazione e, se osi protestare, eccotiandare dritto al Disciplinare, guarda caso proprionel momento giusto per escluderti da qualsiasi con-corso per incarichi direttivi in corso presso il Csm.

    Poi magari al Csm ti assolvono, ma dopo avertiridotto allo stato di paria. Ti assolvono non perch sivergognano di quello che fanno, questo non succedemai, ma perch ormai i concorsi sono esauriti e i figlidei notabili e i clienti delle varie correnti sono anda-ti al loro posto. Di certo nessuno ti dice che avevi ra-gione e ti porge le scuse, meno che mai i potenti del-

    la Procura Generale della Cassazione, quelli per col-pire i riottosi con i disciplinari ascoltano solo la vocedi qualche altro potente che, come nella favola diFedro, superior stabat.

    Spesso siamo acclamati, e molte volte a ragione,ma, giusto saperlo, la magistratura anche questo.Peggio di quella favola.

    Dimenticavo. Quando mi sono trovato davanti al-la porta con la borsa e le chiavi in mano e la serratu-ra cambiata era sera, quando, tutti lo sanno, anche ilcapo che aveva mandato il fabbro, torno in ufficio.Office at night, appunto.

    31 ottobre 2013

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    INDICE

    Introduzione ........................................................................................ 5

    Un giudice contro: Basta correnti, occupano il Csm..... 17Le nomine del Csm sono come i voti al premio Strega ... 20

    Csm: Se volete davvero cambiarlo .......................................... 22

    Sentire Ventura per riaprire lindagine ................................. 27

    Non tutto male nel processo breve ...................................... 33

    La polizia disse tutto al Pm Fiorillo? ...................................... 36Caso Tobagi, che brutto errore condannare chi cerca

    la verit ............................................................................................... 41

    Non serve la carta per prosciogliere un innocente .......... 45

    Battisti, lindifendibile .................................................................. 49

    Cosa era lAnello di Gelli?............................................................ 52Io, magistrato, voglio discutere non scioperare ................ 57

    Cinque azioni per rendere brevi i processi .......................... 62

    La verit nascosta in 28 negativi - Cos scoprimmo

    chi uccise Custra ............................................................................. 69

    La scarsa sagacia sul caso Battisti ........................................... 74Integrare gli stranieri, non soltanto i fedeli ......................... 78

    Intercettazioni: lassurdit di un collegio apposito .......... 81

    Le idee religiose, pi uguali delle altre .................................. 85

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    Breivik va mandato in cella o in clinica? ............................... 89

    Non serve il sindaco al Ramadan ............................................. 93Breivik, non folle ma terrorista di oggi ................................. 97

    Una sentenza da conoscere: la Corte di Giustizia,

    la persecuzione degli Ahmadi e oltre ...................................101

    I tre topolini ciechi del caso Sallusti .....................................105

    Il sindaco che dimentica le intese religiose .......................113

    In margine allo scontro Grasso-Caselli: per un Csm

    senza fazioni ...................................................................................115

    Sergio Ramelli: per un anniversario senza odio ..............120

    Ius affectionis: una prospettiva per la cittadinanza

    oltre il sangue e il suolo .............................................................126

    Eluana: i punti fermi, le incertezze, le immagini .............138

    La diffamazione, i giudici, i giornalisti e altre cose .........146

    Il giudice senza correnti e il fabbro fantasma

    del Palazzo di giustizia ...............................................................154

    Piazza Fontana o della perseveranza ...................................159

    Postfazione: Quello che abbiamo visto dopo ....................169

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    Office at Night

    E. Hopper, 1940

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