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Guido Gozzano I colloqui (I) La signorina Felicita L’amica di nonna Speranza Totò Merumeni I colloqui (II) Acherontia Atropos Notizie sull’autore I colloqui 1914 I colloqui I Venticinqu'anni!... Sono vecchio, sono vecchio! Passò la giovinezza prima, il dono mi lasciò dell'abbandono! 1 Un libro di passato, ov'io reprima il mio singhiozzo e il pallido vestigio riconosca di lei, tra rima e rima 2 . Venticinqu'anni! Medito il prodigio biblico 3 ... guardo il sole che declina già lentamente sul mio cielo grigio. Venticinqu'anni... Ed ecco la trentina inquietante, torbida d'istinti moribondi... ecco poi la quarantina spaventosa, l'età cupa dei vinti, poi la vecchiezza, l'orrida vecchiezza dai denti finti e dai capelli tinti. O non assai 4 goduta giovinezza, oggi ti vedo quale fosti, vedo il tuo sorriso, amante che s'apprezza solo nell'ora triste del congedo! 1 il dono... dell’abbandono: la giovinezza mi fece il dono (ironico) di abbandonarmi. 2 Un libro... rima: il libro di poesie intitolato I colloqui, di cui questa è la lirica di apertura, nel quale Gozzano consegna il suo passato. 3 prodigio biblico: il fermarsi del sole in cielo per prolungare il tempo, come è raccontato nel libro biblico di Giosuè (10,12-13). 4 assai: abbastanza.

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Guido Gozzano

I colloqui (I)La signorina FelicitaL’amica di nonna SperanzaTotò MerumeniI colloqui (II)Acherontia AtroposNotizie sull’autore

I colloqui1914

I colloqui

I Venticinqu'anni!... Sono vecchio, sonovecchio! Passò la giovinezza prima,il dono mi lasciò dell'abbandono!1

Un libro di passato, ov'io reprimail mio singhiozzo e il pallido vestigioriconosca di lei, tra rima e rima2. Venticinqu'anni! Medito il prodigiobiblico3... guardo il sole che declinagià lentamente sul mio cielo grigio. Venticinqu'anni... Ed ecco la trentinainquietante, torbida d'istintimoribondi... ecco poi la quarantina spaventosa, l'età cupa dei vinti,poi la vecchiezza, l'orrida vecchiezzadai denti finti e dai capelli tinti. O non assai4 goduta giovinezza,oggi ti vedo quale fosti, vedoil tuo sorriso, amante che s'apprezza solo nell'ora triste del congedo!Venticinqu'anni!... Come più m'avanzoall'altra meta5, gioventù, m'avvedo che fosti bella come un bel romanzo!

II Ma un bel romanzo che non fu vissutoda me, ch'io vidi vivere da quelloche mi seguì, dal mio fratello muto. Io piansi e risi per quel mio fratello1 il dono... dell’abbandono: la giovinezza mi fece il dono (ironico) di abbandonarmi.2 Un libro... rima: il libro di poesie intitolato I colloqui, di cui questa è la lirica di apertura, nel quale Gozzano consegna il suo passato.3 prodigio biblico: il fermarsi del sole in cielo per prolungare il tempo, come è raccontato nel libro biblico di Giosuè (10,12-13).4 assai: abbastanza.5 altra meta: la morte.

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che pianse e rise, e fu come lo spetroideale di me, giovine e bello6. A ciascun passo mi rivolsi indietro,curioso di lui, con occhi fissispiando il suo pensiero, or gaio or tetro. Egli pensò le cose ch'io ridissi,confortò la mia pena in sé romita7,e visse quella vita che non vissi. Egli ama e vive la sua dolce vita;non io che, solo nei miei sogni d'arte,narrai la bella favola compita. Non vissi. Muto sulle mute carteritrassi lui, meravigliando spesso.Non vivo. Solo, gelido, in disparte, sorrido e guardo vivere me stesso.

La signorina Felicitaovvero la felicità

10 luglio: Santa Felicita.

I Signorina Felicita, a quest'orascende la sera nel giardino anticodella tua casa. Nel mio cuore amicoscende il ricordo. E ti rivedo ancora,e Ivrea rivedo e la cerulea Dorae quel dolce paese che non dico. Signorina Felicita, è il tuo giorno!8

A quest'ora che fai? Tosti il caffè:e il buon aroma si diffonde intorno?O cuci i lini e canti e pensi a me,all'avvocato che non fa ritorno?E l'avvocato è qui: che pensa a te. Pensa i bei giorni d'un autunno addietro,Vill'Amarena a sommo dell'ascesacoi suoi ciliegi e con la sua Marchesadannata, e l'orto dal profumo tetrodi busso e i cocci innumeri di vetro9

sulla cinta vetusta, alla difesa... Vill'Amarena! Dolce la tua casain quella grande pace settembrina!

6 fratello... bello: il poeta dichiara di aver vissuto come sdoppiato; di essersi creato una sorta di controfigura immaginaria, fantasma ideale di sé. Il poeta sente di essere un intellettuale moderno, incapace di spontaneità e di sentimenti, bloccato dallo scetticismo, spettatore e non attore della propria vita; ma nello stesso tempo desidererebbe essere un uomo sensibile alle passioni, capace di decisioni e azioni. Questo secondo io, l’uomo che il poeta non riesce ad essere, vive soltanto come figura letteraria.7 in sé romita: nascosta nella più profonda interiorità.8 è il tuo giorno!: il giorno del tuo onomastico.9 cocci... di vetro: un tempo venivano cementati frammenti di vetro sulla sommità dei muri di recinzione, per impedire che venissero scavalcati.

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La tua casa che veste una cortinadi granoturco fino alla cimasa10:come una dama secentista, invasadal Tempo, che vestì da contadina. Bell'edificio triste inabitato!Grate panciute, logore, contorte!Silenzio! Fuga delle stanze11 morte! Odore d'ombra! Odore di passato!Odore d'abbandono desolato!Fiabe defunte delle sovrapporte12! Ercole furibondo ed il Centauro,la gesta dell'eroe navigatore13,Fetonte e il Po, lo sventurato amored'Arianna, Minosse, il Minotauro,Dafne rincorsa, trasmutata in laurotra le braccia del Nume ghermitore14... Penso l'arredo - che malinconia! -penso l'arredo squallido e severo,antico e nuovo: la pirografia15

sui divani corinzi dell'Impero,la cartolina della bella Otero16

alle specchiere... Che malinconia! Antica suppellettile forbita!Armadi immensi pieni di lenzuolache tu rammendi paziente... Avita17

semplicità che l'anima consola,semplicità dove tu vivi solacon tuo padre la tua semplice vita!

II Quel tuo buon padre - in fama d'usuraio -quasi bifolco18, m'accoglieva senzainquietarsi della mia frequenza,mi parlava dell'uve e del massaio,mi confidava certo antico guaionotarile, con somma deferenza. "Senta, avvocato..." E mi traeva inquetonel salone, talvolta, con un attoche leggeva lentissimo, in segreto.Io l'ascoltavo docile, distrattoda quell'odor d'inchiostro putrefatto,da quel disegno strano del tappeto, da quel salone buio e troppo vasto...

10 La tua casa... cimasa: la tua casa indossa come fosse un vestito una distesa di pannocchie di granoturco fino al cornicione.11 fuga delle stanze: è detta fuga la prospettiva di una serie di stanze comunicanti e con le porte poste sulla stessa linea. 12 Fiabe... sovrapporte: racconti mitologici ormai dimenticati (fiabe defunte), affrescati nei riquadri sopra le porte, come usava nelle dimore aristocratiche antiche.13 eroe navigatore: Giasone, che per primo costruì una nave per andare a conquistare il vello d’oro, oppure Ulisse.14 Dafne... ghermitore: Dafne, ninfa dei monti e sacerdotessa della Madre Terra, di cui si era invaghito Apollo, è spesso raffigurata mentre fugge al dio che la insegue: nell’attimo in cui Apollo sta per afferrarla la Madre Terra la salva trasformandola in pianta d’alloro.15 pirografia: disegno inciso con una punta metallica incandescente.16 bella Otero: Carolina Otero, ballerina spagnola molto celebre all’inizio del Novecento.17 Avita: antica, tramandata dagli avi.18 bifolco: contadino.

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"...la Marchesa fuggì... Le spese cieche..."da quel parato a ghirlandette, a greche..."dell'ottocento e dieci, ma il catasto..."da quel tic-tac dell'orologio guasto..."...l'ipotecario è morto, e l'ipoteche..." Capiva poi che non capivo nientee sbigottiva: "Ma l'ipotecarioè morto, è morto!!..." - "E se l'ipotecarioè morto, allora..." Fortunatamentetu comparivi tutta sorridente:"Ecco il nostro malato immaginario!"

III Sei quasi brutta, priva di lusinganelle tue vesti quasi campagnole,ma la tua faccia buona e casalinga,ma i bei capelli di color di sole,attorti in minutissime trecciuole,ti fanno un tipo di beltà fiamminga... E rivedo la tua bocca vermigliacosì larga nel ridere e nel bere,e il volto quadro, senza sopracciglia,tutto sparso d'efelidi leggieree gli occhi fermi, l'iridi sincereazzurre d'un azzurro di stoviglia... Tu m'hai amato. Nei begli occhi fermirideva una blandizie femminina19.Tu civettavi con sottili schermi20,tu volevi piacermi, Signorina:e più d'ogni conquista cittadinami lusingò quel tuo voler piacermi! Ogni giorno salivo alla tua voltapel soleggiato ripido sentiero.Il farmacista non pensò davveroun'amicizia così bene accolta,quando ti presentò la prima voltal'ignoto villeggiante forestiero. Talora - già la mensa era imbandita -mi trattenevi a cena. Era una cenad'altri tempi, col gatto e la falenae la stoviglia semplice e fioritae il commento dei cibi e Maddalenadecrepita, e la siesta e la partita21... Per la partita, verso ventun'oregiungeva tutto l'inclito collegiopolitico locale: il molto RegioNotaio, il signor Sindaco, il Dottore;ma - poiché trasognato giocatore -quei signori m'avevano in dispregio... M'era più dolce starmene in cucinatra le stoviglie a vividi colori:tu tacevi, tacevo, Signorina:

19 blandizie femminina: comportamento pieno di attenzioni femminili, teso a corteggiare delicatamente il poeta.20 civettavi... schermi: cercavi di attirare l’attenzione, ma in maniera velata, non evidente e sfacciata.21 la siesta e la partita: il riposo dopo mangiato e la partita a carte serale sono parte inamovibile del rituale della cena, come lo sono il gatto, le farfalle notturne (la falena), le stoviglie a fiori, il commento alla riuscita dei piatti e la presenza della vecchissima domestica Maddalena.

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godevo quel silenzio e quegli odoritanto tanto per me consolatori,di basilico d'aglio di cedrina... Maddalena con sordo brontoliodisponeva gli arredi ben detersi,rigovernava lentamente ed io,già smarrito nei sogni più diversi,accordavo le sillabe dei versisul ritmo eguale dell'acciotolio22. Sotto l'immensa cappa del camino(in me rivive l'anima d'un cuocoforse...) godevo il sibilo del fuoco;la canzone d'un grillo canterinomi diceva parole, a poco a poco,e vedevo Pinocchio, e il mio destino... Vedevo questa vita che m'avanza:chiudevo gli occhi nei presagi grevi23;aprivo gli occhi: tu mi sorridevi,ed ecco rifioriva la speranza! Giungevano le risa, i motti brevidei giocatori, da quell'altra stanza.

IV Bellezza riposata dei solaidove il rifiuto secolare dorme!In quella tomba, tra le vane formedi ciò ch'è stato e non sarà più mai,bianca bella così che sussultai,la Dama apparve nella tela enorme: "È quella che lasciò, per infortuni,la casa al nonno di mio nonno... E noila confinammo nel solaio, poiche porta pena24... L'han veduta alcunilasciare il quadro; in certi novilunis'ode il suo passo lungo i corridoi..." Il nostro passo diffondeva l'ecotra quei rottami del passato vano,e la Marchesa dal profilo greco,altocinta, l'un piede ignudo in mano,si riposava all'ombra d'uno specoarcade, sotto un bel cielo pagano25. Intorno a quella che rideva illusanel ricco peplo, e che morì di fame,v'era una stirpe26 logora e confusa:

22 accordavo... acciottolio: il poeta dichiara di ispirarsi, nel comporre i suoi versi, al ritmo prodotto dal rumore (acciottolio) delle stoviglie mentre vengono lavate.23 vedevo... grevi: la poesia di Gozzano è tutta pervasa dalla consapevolezza della malattia e del destino breve della propria vita. Ogni volta che il poeta torinese accenna al futuro, come in questi versi, ci si imbatte in una allusione, più esplicita o più nascosta, malinconica o ironica, alla morte che lo attende da presso.24 porta pena: la sfortunata marchesa ha lasciato dietro di sé una fama sinistra, cosicché anche il suo ritratto è stato allontanato dalla vista e rinchiuso in solaio. 25 Marchesa... pagano: il quadro è composto secondo il gusto neoclassico di fine Settecento: la dama è raffigurata secondo i canoni della bellezza greca, veste un peplo (tunica femminile greca, vedi la frase successiva), stretto da una cintura sotto il seno (altocinta), si tiene un piede nudo con la mano come alcune celebri statue ellenistiche, è attorniata da una natura artefatta secondo il gusto arcadico. Speco: grotta; pagano: che richiama l’arte classica.26 stirpe: agglomerato, folla. La parola è ironicamente elevata, qui non si riferisce all’antichità di una casata, ma alla vecchiaia degli oggetti e alle varie generazioni che li hanno usati.

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topaie27, materassi, vasellame,lucerne, ceste, mobili: ciarpamereietto, così caro alla mia Musa! Tra i materassi logori e le cestev'erano stampe di persone egregie;incoronato delle frondi regie28

v'era Torquato nei giardini d'Este."Avvocato, perché su quelle testebuffe si vede un ramo di ciliegie?29" Io risi, tanto che fermammo il passo,e ridendo pensai questo pensiero:Oimè! La Gloria! un corridoio basso,tre ceste, un canterano dell'Impero,la brutta effigie incorniciata in neroe sotto il nome di Torquato Tasso! Allora, quasi a voce che richiama,esplorai la pianura autunnaledall'abbaino secentista, ovale,a telaietti fitti30, ove la tramadel vetro deformava il panoramacome un antico smalto innaturale. Non vero (e bello) come in uno smaltoa zone quadre, apparve il Canavese31:Ivrea turrita, i colli di Montalto,la Serra dritta, gli alberi, le chiese;e il mio sogno di pace si proteseda quel rifugio luminoso ed alto. Ecco - pensavo - questa è l'Amarena,ma laggiù, oltre i colli dilettosi,c'è il Mondo: quella cosa tutta pienadi lotte e di commerci turbinosi,la cosa tutta piena di quei "cosicon due gambe"32 che fanno tanta pena... L'Eguagliatrice33 numera le fosse,ma quelli vanno, spinti da chimerevane, divisi e suddivisi a schiereopposte, intesi all'odio e alle percosse:così come ci son formiche rosse,così come ci son formiche nere34... Schierati al sole o all'ombra della Croce35,tutti travolge il turbine dell'oro;o Musa - oimè - che può giovare loroil ritmo della mia piccola voce?Meglio fuggire dalla guerra atroce

27 topaie: tane di topi.28 frondi regie: fronde regali, cioè una corona d’alloro, simbolo di gloria. 29 ramo di ciliege: l’alloro ha bacche che, nella stampa in bianco e nero, possono essere scambiate per ciliege da chi non ha dimestichezza con i poeti e le usanze classiche.30 telaietti fitti: il telaio dell’abbaino è ripartito in piccoli riquadri, nei quali sono inseriti i vetri antichi, non perfettamente omogenei e perciò tali da deformare la visione del paesaggio.31 Canavese: regione del Piemonte a nord-est di Torino, nei dintorni di Ivrea.32 cosi con due gambe: gli uomini.33 L’Eguagliatrice: la morte.34 formiche rosse... formiche nere: il colore delle formiche ha un preciso riferimento alla politica dei primi anni del XX secolo: il rosso era il colore dei socialisti, mentre il nero quello attribuito ai “clericali” (a motivo del colore della veste dei preti), cioè ai cattolici che cominciavano allora a organizzarsi politicamente.35 sole... Croce: il “sole che sorge” o “sole dell’avvenire” era uno dei simboli del socialismo; la Croce sta qui a significare lo schieramento politico di ispirazione cristiana.

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del piacere, dell'oro, dell'alloro36... L'alloro... Oh! Bimbo semplice che fui,dal cuore in mano e dalla fronte alta!Oggi l'alloro è premio di coluiche tra clangor di buccine37 s'esalta,che sale cerretano38 alla ribaltaper far di sé favoleggiar altrui... "Avvocato, non parla: che cos'ha?""Oh! Signorina! Penso ai casi miei,a piccole miserie, alla città...Sarebbe dolce restar qui, con Lei!...""Qui, nel solaio?..." - "Per l'eternità!""Per sempre? accetterebbe?..." - "Accetterei!" Tacqui. Scorgevo un atropo39 solettoe prigioniero. Stavasi in riposoalla parete: il segno spaventosochiuso tra l'ali ripiegate a tetto.Come lo vellicai sul corsalettosi librò con un ronzo lamentoso. "Che ronzo triste!" - "È la Marchesa in pianto...La Dannata sarà, che porta pena..."Nulla s'udiva che la sfinge in pena40

e dalle vigne, ad ora ad ora, un canto:O mio carino tu mi piaci tanto,siccome piace al mar una sirena... Un richiamo s'alzò, querulo e roco41:"È Maddalena inqueta che si tardi:scendiamo: è l'ora della cena!" - "Guardi,guardi il tramonto, là... Com'è di fuoco!...Restiamo ancora un poco!" - "Andiamo, è tardi!""Signorina, restiamo ancora un poco!..." Le fronti al vetro, chini sulla piana,seguimmo i neri pipistrelli, a frotte;giunse col vento un ritmo di campana,disparve il sole fra le nubi rotte;a poco a poco s'annunciò la nottesulla serenità canavesana... "Una stella!..." - "Tre stelle!..." - "Quattro stelle!...""Cinque stelle!" - "Non sembra di sognare?..."Ma ti levasti su quasi ribellealla perplessità crepuscolare42:"Scendiamo! È tardi: possono pensareche noi si faccia cose poco belle..."

V Ozi beati a mezzo la giornata,36 alloro: significa la fama artistica.37 clangor di buccine: strepito di trombe. È riecheggiato qui un verso di D’Annunzio (giunge clangor di buccina lontana, da Il fanciullo, Alcyone), il poeta più celebrato del tempo, bersaglio dell’aspra polemica di Gozzano. 38 cerretano: ciarlatano. 39 atropo: nome scientifico di una farfalla notturna (Acherontia atrops), detta popolarmente testa di morto, per il disegno giallo sul dorso nero che richiama un teschio (vedi sotto: il segno spaventoso). Gozzano era un appassionato entomologo.40 Nulla... pena: non si udiva nulla (se non) il ronzio della farfalla sofferente. Sfinge è il nome scientifico della famiglia a cui appartiene la Acherontia atrops.41 querulo e roco: lamentoso e rauco.42 perplessità crepuscolare: atmosfera del crepuscolo che induce all’inquietudine, alla fantasticheria.

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nel parco dei Marchesi, ove la tracciarestava appena dell'età passata!Le Stagioni camuse e senza braccia43,fra mucchi di letame e di vinaccia,dominavano44 i porri e l'insalata. L'insalata, i legumi produttivideridevano il busso delle aiole;volavano le pieridi nel solee le cetonie e i bombi45 fuggitivi...Io ti parlavo, piano, e tu cuciviinnebriata dalle mie parole. "Tutto mi spiace che mi piacque innanzi!Ah! Rimanere qui, sempre, al suo fianco,terminare la vita che m'avanzitra questo verde e questo lino bianco!Se Lei sapesse come sono stancodelle donne rifatte sui romanzi! Vennero donne con proteso il cuore:ognuna dileguò, senza vestigio46.Lei sola, forse, il freddo sognatoreeducherebbe al tenero prodigio:mai non comparve sul mio cielo grigioquell'aurora che dicono: l'Amore..." Tu mi fissavi... Nei begli occhi fissileggevo uno sgomento indefinito;le mani ti cercai, sopra il cucito,e te le strinsi lungamente, e dissi:"Mia cara Signorina, se guarissiancora, mi vorrebbe per marito?" "Perché mi fa tali discorsi vani?Sposare, Lei, me brutta e poveretta!..."E ti piegasti sulla tua panchettafacendo al viso coppa delle mani,simulando singhiozzi acuti straniper celia47, come fa la scolaretta. Ma, nel chinarmi su di te, m'accorsiche sussultavi come chi singhiozzaveramente, né sa più ricomporsi:mi parve udire la tua voce mozzada gli ultimi singulti nella strozza:"Non mi ten...ga mai più... tali dis...corsi!" "Piange?" E tentai di sollevarti il visoinutilmente. Poi, colto un fuscello,ti vellicai48 l'orecchio, il collo snello...Già tutta luminosa nel sorrisoti sollevasti vinta d'improvviso,trillando un trillo gaio di fringuello. Donna: mistero senza fine bello!

43 Stagioni... braccia: statue raffiguranti le stagioni, rimaste senza naso (camuse) e senza braccia.44 dominavano: guardavano dall’alto.45 pieridi... bombi: la pieridi sono piccole farfalle bianche, molto comuni; le cetonie sono coleotteri dalla corazza verde dorata, i bombi insetti simili a grosse api.46 Vennero... vestigio: sono venute da me donne per offrirmi il loro amore, ma ognuna è scomparsa (dileguò) senza lasciare traccia.47 celia: scherzo.48 vellicai: solleticai.

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VI Tu m'hai amato. Nei begli occhi fermiluceva una blandizie femminina;tu civettavi con sottili schermi,tu volevi piacermi, Signorina;e più d'ogni conquista cittadinami lusingò quel tuo voler piacermi! Unire la mia sorte alla tua sorteper sempre, nella casa centenaria!Ah! Con te, forse, piccola consortevivace, trasparente come l'aria,rinnegherei la fede letterariache fa la vita simile alla morte... Oh! questa vita sterile, di sogno!Meglio la vita ruvida concretadel buon mercante inteso alla moneta,meglio andare sferzati dal bisogno,ma vivere di vita! Io mi vergogno,sì, mi vergogno d'essere un poeta! Tu non fai versi. Tagli le camicieper tuo padre. Hai fatta la secondaclasse, t'han detto che la Terra è tonda,ma tu non credi... E non mediti Nietzsche...Mi piaci. Mi faresti più feliced'un'intellettuale gemebonda49... Tu ignori questo male che s'apprendein noi. Tu vivi i tuoi giorni modesti,tutta beata nelle tue faccende.Mi piaci. Penso che leggendo questimiei versi tuoi, non mi comprenderesti,ed a me piace chi non mi comprende. Ed io non voglio più essere io!Non più l'esteta gelido, il sofista,ma vivere nel tuo borgo natio,ma vivere alla piccola conquistamercanteggiando placido, in obliocome tuo padre, come il farmacista... Ed io non voglio più essere io!

VII Il farmacista nella farmaciam'elogiava un farmaco sagace50:"Vedrà che dorme le sue notti in pace:un sonnifero d'oro, in fede mia!"Narrava, intanto, certa gelosiacon non so che loquacità mordace. "Ma c'è il notaio pazzo di quell'oca!51

Ah! quel notaio, creda: un capo ameno!52

La Signorina è brutta, senza seno,volgaruccia, Lei sa, come una cuoca...E la dote... la dote è poca, poca:diecimila, chi sa, forse nemmeno..."

49 gemebonda: facile al gemito, lamentosa; il poeta deride le donne che si esprimono attraverso atteggiamenti appresi dai romanzi o dal teatro, più che per spontanei sentimenti. 50 sagace: frutto di profonda sapienza, efficace.51 quell’oca!: Felicita.52 un capo ameno!: un tipo buffo, una testa matta.

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"Ma dunque?" - "C'è il notaio furibondocon Lei, con me che volli presentarlaa Lei; non mi saluta, non mi parla...""È geloso?" - "Geloso! Un finimondo!...""Pettegolezzi!..." - "Ma non Le nascondoche temo, temo qualche brutta ciarla..." "Non tema! Parto." - "Parte? E va lontana?""Molto lontano... Vede, cade a mezzoogni motivo di pettegolezzo...""Davvero parte? Quando?" - "In settimana..."Ed uscii dall'odor d'ipecacuana53

nel plenilunio settembrino, al rezzo54. Andai vagando nel silenzio amico,triste perduto come un mendicante.Mezzanotte scoccò, lenta, rombantesu quel dolce paese che non dico.La Luna sopra il campanile anticopareva "un punto sopra un I gigante". In molti mesti e pochi sogni lieti,solo pellegrinai col mio rimpiantofra le siepi, le vigne, i castagnetiquasi d'argento fatti nell'incanto;e al cancello sostai del camposantocome s'usa nei libri dei poeti. Voi che posate già sull'altra riva,immuni dalla gioia, dallo strazio,parlate, o morti, al pellegrino sazio!Giova guarire? Giova che si viva?O meglio giova l'Ospite furtiva55

che ci affranca dal Tempo e dallo Spazio? A lungo meditai, senza ritrarrele tempia dalle sbarre. Quasi a schernos'udiva il grido delle strigi56 alterno...La Luna, prigioniera fra le sbarre,imitava con sue luci bizzarre57

gli amanti che si baciano in eterno. Bacio lunare, fra le nubi chiarecome di moda settant'anni fa!58

Ecco la Morte e la Felicità!L'una m'incalza quando l'altra appare;quella m'esilia in terra d'oltremare,questa promette il bene che sarà...

VIII Nel mestissimo giorno degli addiimi piacque rivedere la tua villa.La morte dell'estate era tranquillain quel mattino chiaro che saliitra i vigneti già spogli, tra i pendiigià trapunti di bei colchici lilla59.

53 ipecacuana: pianta medicinale.54 rezzo: fresco.55 Ospite furtiva: colei che prende dimora dentro di noi (Ospite) come un ladro (furtiva): la morte.56 strigi: piccoli rapaci notturni.57 luci bizzarre: chiaroscuri della superficie lunare.58 settant’anni fa!: all’epoca del Romanticismo.59 colchici lilla: fiori delle Liliacee dal colore tra il rosa e il viola, che spuntano alla fine dell’estate.

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Forse vedendo il bel fiore malvagioche i fiori uccide e semina le brume60,le rondini addestravano le piumeal primo volo, timido, randagio;e a me randagio parve buon presagioaccompagnarmi loro nel costume. "Viaggio con le rondini stamane...""Dove andrà?" - "Dove andrò? Non so... Viaggio,viaggio per fuggire altro viaggio61...Oltre Marocco, ad isolette strane,ricche in essenze, in datteri, in banane,perdute nell'Atlantico selvaggio... Signorina, s'io torni d'oltremare,non sarà d'altri già? Sono sicurodi ritrovarla ancora? Questo puroamore nostro salirà l'altare?"E vidi la tua bocca sillabarea poco a poco le sillabe: giuro. Giurasti e disegnasti una ghirlandasul muro, di viole e di saette,coi nomi e con la data memoranda:trenta settembre novecentosette...Io non sorrisi. L'animo godettequel romantico gesto d'educanda. Le rondini garrivano assordanti,garrivano garrivano paroled'addio, guizzando ratte come spole62,incitando le piccole migranti...Tu seguivi gli stormi lontanantiad uno ad uno per le vie del sole... "Un altro stormo s'alza!..." - "Ecco s'avvia!""Sono partite..." - "E non le salutò!...""Lei devo salutare, quelle no:quelle terranno la mia stessa via:in un palmeto della Barberia63

tra pochi giorni le ritroverò..." Giunse il distacco, amaro senza fine,e fu il distacco d'altri tempi, quandole amate in bande lisce e in crinoline64,protese da un giardino venerando,singhiozzavano forte, salutandodiligenze che andavano al confine... M'apparisti così, come in un canticodel Prati65, lacrimante l'abbandonoper l'isole perdute nell'Atlantico;ed io fui l'uomo d'altri tempi, un buonosentimentale giovine romantico... Quello che fingo d'essere e non sono!

60 bel fiore... brume: il colchico è detto malvagio perché contiene una sostanza velenosa; uccide i fiori e sparge le nebbie (le brume) in quanto appare quando la stagione declina verso l’autunno.61 per fuggire altro viaggio: l’altro viaggio è la morte. Come sempre, quando la poesia di Gozzano tocca il futuro, ci si imbatte nella morte.62 spole: rocchetti di filo che viaggiano velocemente da un capo all’altro del telaio per la tessitura.63 Barberia: antica denominazione dell’Africa magrebina.64 crinoline: sottogonne tenute larghe per mezzo di cerchi di metallo, proprie della moda femminile ottocentesca.65 Prati: Giovanni Prati (1814-84), poeta tardo romantico, noto per la vena accentuatamente sentimentale delle sue composizioni.

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L'amica di nonna Speranza

28 giugno 1850"...alla sua Speranzala sua Carlotta..."(dall'album: dedica d'una fotografia).

I Loreto impagliato ed il busto d'Alfieri, di Napoleonei fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto), il caminetto un po' tetro, le scatole senza confetti,i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro, un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve66,gli oggetti col monito salve, ricordo, le noci di cocco, Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po' scialbi,le stampe, i cofani, gli albi dipinti d'anemoni arcaici, le tele di Massimo d'Azeglio67, le miniature,i dagherottìpi68: figure sognanti in perplessità, il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salonee immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto, il cùcu dell'ore che canta, le sedie parate a damascochèrmisi69... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!

II I fratellini alla sala quest'oggi non possono accedereche cauti (hanno tolte le federe ai mobili. È giorno di gala). Ma quelli v'irrompono in frotta. È giunta, è giunta in vacanzala grande sorella Speranza con la compagna Carlotta! Ha diciassett'anni la Nonna! Carlotta quasi lo stesso:da poco hanno avuto il permesso d'aggiungere un cerchio alla gonna70

il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine.Più snella da la crinoline emerge la vita di vespa. Entrambe hanno un scialle ad arancie a fiori a uccelli a ghirlande;divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guancie. Han fatto l'esame più egregio di tutta la classe. Che affannopassato terribile! Hanno lasciato per sempre il collegio. Silenzio, bambini! Le amiche - bambini, fate pian piano! -le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche. Motivi un poco artefatti nel secentismo fronzutodi Arcangelo del Leùto e d'Alessandro Scarlatti71. Innamorati dispersi, gementi il core e l'augello,

66 valve: gusci di conchiglia.67 Massimo d’Azeglio: uomo politico piemontese (1798-1866), che fu anche un pittore di paesaggi e di scene storiche apprezzato al suo tempo.68 dagherrotipi: primi esempi di stampe fotografiche, della metà dell’Ottocento, così chiamati dal nome dell’inventore L-J. Daguerre (1769-1851).69 le sedie... chermisi: le sedie rivestite con stoffa damascata di colore crèmisi (rosso cupo).70 aggiungere... gonna: le ragazze ormai diciassettenni possono vestirsi non più da bambine ma da donne adulte, con la gonna tenuta larga da cerchi di metallo inseriti nelle crinoline (sottogonna).71 Arcangelo… Scarlatti: il primo è il poco noto musicista romano Arcangelo Lori, detto del Leùto, morto nel 1679; il secondo è invece uno dei principali compositori italiani dell’epoca barocca (Palermo 1660 – Napoli 1725).

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languori del Giordanello72 in dolci bruttissimi versi:..................caro mio bencredimi almen!senza di telanguisce il cor!Il tuo fedelsospira ognor,cessa crudeltanto rigor!............... Carlotta canta. Speranza suona. Dolce e fioritasi schiude alla breve romanza di mille promesse la vita. O musica! Lieve sussurro! E già nell'animo ascosod'ognuna sorride lo sposo promesso: il Principe Azzurro, lo sposo dei sogni sognati... O margherite in collegiosfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati73!

III Giungeva lo Zio, signore virtuoso, di molto riguardo,ligio al passato, al Lombardo-Veneto, all'Imperatore; giungeva la Zia, ben degna consorte, molto dabbene,ligia al passato, sebbene amante del Re di Sardegna...74

"Baciate la mano alli Zii!" dicevano il Babbo e la Mamma,e alzavano il volto di fiamma ai piccolini restii. "E questa è l'amica in vacanza: madamigella CarlottaCapenna: l'alunna più dotta, l'amica più cara a Speranza". "Ma bene... ma bene... ma bene..." diceva gesuitico e tardo75

lo Zio di molto riguardo "...ma bene... ma bene... ma bene... Capenna? Conobbi un Arturo Capenna... Capenna... Capenna...Sicuro! alla Corte di Vienna! Sicuro... sicuro... sicuro..." "Gradiscono un po' di moscato?" - "Signora sorella magari..."E con un sorriso pacato sedevano in bei conversari. "...ma la Brambilla76 non seppe..." - "È pingue già per l'Ernani77...""La Scala non ha più soprani..." - "Che vena quel Verdi... Giuseppe..." "...nel Marzo avremo un lavoro alla Fenice, m'han detto,nuovissimo: il Rigoletto78. Si parla d'un capolavoro." "...Azzurri si portano o grigi?" - "E questi orecchini? Che beirubini! E questi cammei..." - "la gran novità di Parigi..." "...Radetzky79? Ma che? L'armistizio... la pace, la pace che regna...""...quel giovine Re di Sardegna è uomo di molto giudizio!" "È certo uno spirito insonne, e forte e vigile e scaltro...""È bello?" - "Non bello: tutt'altro." - "Gli piacciono molto le donne..." "Speranza!" (chinavansi piano, in tono un po' sibillino80)"Carlotta! Scendete in giardino: andate a giocare al volano."72 Giordanello: soprannome del musicista napoletano Giuseppe Giordani (1744-1798). I versi in quinari tronchi riportati di seguito appartengono appunto a una sua notissima romanza.73 Prati: vedi nota 65.74 Lombardo-Veneto... Sardegna: bisogna rammentare che la scena è collocata nel 1850, epoca in cui ferve la questione dell’unità nazionale e dell’indipendenza dalle potenze straniere. Da poco tempo si è conclusa la prima guerra d’indipendenza (1848-49) che ha contrapposto il regno di Sardegna e i patrioti lombardi all’impero austriaco. In seguito alla sconfitta, il re sabaudo Carlo Alberto aveva abdicato a favore del figlio Vittorio Emanuele II.75 gesuitico e tardo: cerimonioso e lento.76 Brambilla: Teresa Brambilla, celebre soprano, che si ritirò dalle scene proprio nel 1850.77 pingue... Ernani: è già troppo grassa per poter interpretare l’Ernani, opera di Giuseppe Verdi.78 Fenice... Rigoletto: Rigoletto, opera lirica tra le più famose di Verdi, venne eseguito per la prima volta nel marzo 1851 al teatro della Fenice di Venezia.79 Radetzky: generale austriaco (1766-1858) che comandò le truppe imperiali nella prima guerra d’indipendenza.

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Allora le amiche serene lasciavano con un perfettoinchino di molto rispetto gli Zii molto dabbene.

IV Oimè! che giocando un volano, troppo respinto all'assalto,non più ridiscese dall'alto dei rami d'un ippocastano! S'inchinano sui balaustri le amiche e guardano il lago,sognando l'amore presago nei loro bei sogni trilustri81. "Ah! se tu vedessi che bei denti!" - "Quant'anni?..." - "Ventotto.""Poeta?" - "Frequenta il salotto della contessa Maffei82!" Non vuole morire, non langue il giorno. S'accende più ancoradi porpora: come un'aurora stigmatizzata83 di sangue; si spenge infine, ma lento. I monti s'abbrunano in coro:il Sole si sveste dell'oro, la Luna si veste d'argento. Romantica Luna fra un nimbo leggiero, che baci le chiomedei pioppi, arcata siccome un sopracciglio di bimbo, il sogno di tutto un passato nella tua curva s'accampa:non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato84? Vedesti le case deserte di Parisina la bella85?Non forse non forse sei quella amata dal giovine Werther? 86

"...mah! Sogni di là da venire!" - "Il Lago s'è fatto più densodi stelle." - "...che pensi?" - "...Non penso." - "...Ti piacerebbe morire?" "Sì!" - "Pare che il cielo riveli più stelle nell'acqua e più lustri.Inchìnati sui balaustri: sognamo così, tra due cieli..." "Son come sospesa! Mi libro nell'alto..." - "Conosce Mazzini...""E l'ami?..." - "Che versi divini!" - "Fu lui a donarmi quel libro, ricordi? che narra siccome, amando senza fortuna,un tale si uccida per una, per una che aveva il mio nome."

V Carlotta! nome non fine, ma dolce che come l'essenze87

resusciti le diligenze, lo scialle, la crinoline... Amica di Nonna, conosco le aiole per ove leggestii casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo88. Ti fisso nell'albo89 con tanta tristezza, ov'è di tuo pugnola data: ventotto di giugno del mille ottocentocinquanta. Stai come rapita in un cantico: lo sguardo al cielo profondo80 sibillino: misterioso, ambiguo. L’invito a giocare a volano nasconde in realtà la preoccupazione che la ragazze non sentano discorsi scabrosi sulla passione del giovane re per le donne.81 trilustri: un lustro è un tempo di cinque anni; Carlotta e Speranza hanno compiuto tre lustri e sono nel quarto.82 contessa Maffei: la nobildonna Clara Carrara Spinelli Maffei (1814-1886) ospitava nel suo salotto intellettuali antiaustriaci.83 stigmatizzata: segnata come da una ferita.84 Novelliere Illustrato: periodico popolare.85 Parisina la bella: protagonista del poemetto romantico di Byron (1788-1824), che narra di una amore tragico.86 Non forse… Werther?: non sei forse quella Carlotta amata dal giovane Werther? Carlotta infatti è il nome della protagonista femminile del romanzo I dolori del giovane Werther, di Johann Wolfgang Goethe (1749-1832). Il romanzo, uno dei libri più significativi e famosi del romanticismo tedesco, narra gli ideali, gli entusiasmi, l’amore di Werther che, non potendo tradurre in realtà i suoi sogni appassionati, alla fine si suicida. Il romanzo ebbe un successo straordinario, fu il libro in cui un’intera generazione di giovani si identificò, fino a causare – si dice – una catena di suicidi. Anche le giovani della poesia di Gozzano vivono, con qualche decennio di ritardo, in un’atmosfera di passioni romantiche e anche nei loro discorsi si mescolano pensieri adolescenziali di morte con il richiamo al Werther (vedi gli ultimi versi della parte IV).87 l’essenze: i profumi. Come un certo odore ha il potere di rievocare una situazione, un’atmosfera dimenticata, così anche un nome, specie se si associa a quello di un personaggio letterario, ha il potere di ricreare nella mente un intero mondo scomparso.88 Jacopo… Foscolo: il romanzo di Ugo Foscolo Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1802) racconta una vicenda simile per situazione ed esito al Werther di Goethe.89 albo: album che raccoglie le fotografie.

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e l'indice al labbro, secondo l'atteggiamento romantico. Quel giorno - malinconia - vestivi un abito rosa,per farti - novissima cosa! - ritrarre in fotografia... Ma te non rivedo nel fiore90, amica di Nonna! Ove seio sola che, forse, potrei amare, amare d'amore?

Totò Merumeni

I Col suo giardino incolto, le sale vaste, i beibalconi secentisti91 guarniti di verzura92,la villa sembra tolta da certi versi miei,sembra la villa-tipo, del Libro di Lettura... Pensa migliori giorni la villa triste, pensagaie brigate sotto gli alberi centenari,banchetti illustri nella sala da pranzo immensae danze nel salone spoglio da gli antiquari93. Ma dove in altri tempi giungeva Casa Ansaldo,Casa Rattazzi, Casa d'Azeglio, Casa Oddone94,s'arresta un automobile fremendo e sobbalzando,villosi forestieri picchiano la gorgòne95. S'ode un latrato e un passo, si schiude cautamentela porta... In quel silenzio di chiostro e di casermavive Totò Merùmeni96 con una madre inferma,una prozia canuta ed uno zio demente.

II Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa,molta cultura e gusto in opere d'inchiostro97,scarso cervello, scarsa morale, spaventosachiaroveggenza: è il vero figlio del tempo nostro. Non ricco, giunta l'ora di "vender parolette"98

(il suo Petrarca!...) e farsi baratto99 o gazzettiere100,Totò scelse l'esilio. E in libertà rifletteai suoi trascorsi che sarà bello tacere101. Non è cattivo. Manda soccorso di danaro

90 nel fiore: della giovinezza.91 secentisti: seicenteschi, di stile barocco.92 guarniti di verzura: ornati di piante versi.93 spoglio da gli antiquari: spogliato, svuotato dai commercianti di oggetti antichi. Ciò significa che la famiglia di Totò ha dovuto vendere gli arredi pregiati della casa per far fronte a difficoltà economiche.94 Casa... Oddone: si tratta di famiglie aristocratiche piemontesi realmente esistite, che hanno avuto un ruolo di rilievo nella storia politica ed economica italiana.95 gorgone: il battacchio di bronzo del portone, a forma di testa di Medusa (o Gorgone), la divinità infernale della mitologia greca che aveva serpenti al posto dei capelli.96 Totò Merumeni: il nome del protagonista della poesia deriva dalla deformazione parodistica del titolo di una commedia dello scrittore latino Terenzio, Heautontimoroumenos, che, in greco, significa “il punitore di se stesso”. 97 opere d’inchiostro: opere letterarie. L’espressione è una citazione dell’Orlando furioso (I,3,6).98 “vender parolette”: l’espressione designa l’attività dell’avvocato, che Gozzano, al termine degli studi di giurisprudenza, avrebbe potuto esercitare. Anche qui siamo in presenza di una citazione letteraria, tratta dal Canzoniere di Petrarca (CCCLX, 81), come è dichiarato dal verso successivo.99 baratto: barattiere (chi approfitta di cariche pubbliche per ricavarne guadagni privati).100 gazzettiere: scrittore di “gazzette”, cioè giornalista, ma con accezione dispregiativa.

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al povero, all'amico un cesto di primizie;non è cattivo. A lui ricorre lo scolaropel tema, l'emigrante per le commendatizie102. Gelido, consapevole di sé e dei suoi torti,non è cattivo. È il buono che derideva il Nietzsche:"...in verità derido l'inetto che si dicebuono, perché non ha l'ugne abbastanza forti..."103

Dopo lo studio grave, scende in giardino, giocacoi suoi dolci compagni sull'erba che l'invita;i suoi compagni sono: una ghiandaia roca,un micio, una bertuccia che ha nome Makakita...

III La Vita si ritolse tutte le sue promesse.Egli sognò per anni l'Amore che non venne,sognò pel suo martirio attrici e principesse,ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne. Quando la casa dorme, la giovinetta scalza,fresca come una prugna al gelo mattutino,giunge nella sua stanza, lo bacia in bocca, balzasu lui che la possiede104, beato e resupino105...

IV Totò non può sentire106. Un lento male indomo107

inaridì le fonti prime del sentimento;l'analisi e il sofisma108 fecero di quest'uomociò che le fiamme fanno d'un edificio al vento. Ma come le ruine che già seppero il fuocoesprimono i giaggioli109 dai bei vividi fiori,quell'anima riarsa esprime a poco a pocouna fiorita d'esili versi consolatori...

V Così Totò Merùmeni, dopo tristi vicende,quasi è felice. Alterna l'indagine110 e la rima.Chiuso in sé stesso, medita, s'accresce, esplora, intendela vita dello Spirito che non intese prima. Perché la voce è poca, e l'arte predilettaimmensa, perché il Tempo - mentre ch'io parlo! - va,Totò opra in disparte, sorride, e meglio aspetta.E vive. Un giorno è nato. Un giorno morirà.

101 che sarà... tacere: ancora una citazione ironica, questa volta presa dalla Divina Commedia: Dante narrando del suo incontro con i grandi poeti dell’antichità nel Limbo, vela di geloso riserbo il colloquio dicendo “parlando cose che ‘l tacere è bello” (Inf IV, 104). Ma si dovrà intendere l’espressione di Totò Merumeni all’inverso di quella dantesca: non “cose troppo belle per essere rivelate”, ma “cose su cui sarà meglio stendere un pietoso velo”.102 commendatizie: lettere di raccomandazione.103 “in verità... forti”: la frase si trova in Così parlò Zarathustra II, Dei Sublimi.104 la possiede: il verbo “possedere” con significato sessuale è caratteristico dell’uso ottocentesco e dei primi del Novecento.105 resupino: supino, sdraiato sulla schiena.106 non può sentire: non riesce a provare sentimenti.107 indomo: indomabile, implacabile.108 sofisma: ragionamento troppo sottile, che confonde le idee, nel quale non si riesce più a distinguere il vero dal falso.109 le ruine... giaggioli: le rovine che provarono l’incendio producono (esprimono: etimologicamente “gettano fuori”) i giaggioli (o iris). 110 indagine: la riflessione filosofica.

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I colloqui111

I "I colloqui"... Rifatto agile e sanoaduna i versi, rimaneggia, lima,bilancia il manoscritto nella mano. - Pochi giochi di sillaba e di rima:questo rimane dell'età fugace?È tutta qui la giovinezza prima? Meglio tacere, dileguare in paceor che fiorito ancora è il mio giardino,or che non punta ancora invidia tace112. Meglio sostare a mezzo del cammino113,or che il mondo alla mia Musa maldestra,quasi a mima che canta il suo mattino114, soccorrevole ancor porge la destra115.

II Ma la mia Musa non sarà l'attriceannosa che si trucca e pargoleggia,e la folla deride l'infelice; giovine tacerà nella sua reggia,come quella Contessa Castiglionebellissima, di cui si favoleggia116. Allo sfiorire della sua stagione,disparve al mondo, sigillò le portedella dimora, e ne restò prigione. Sola col Tempo, tra le stoffe smorte,attese gli anni, senz'amici, senzaspecchi, celando al Popolo, alla Corte l'onta suprema della decadenza.

III L'immagine di me voglio che siasempre ventenne, come in un ritratto;amici miei, non mi vedrete in via, curvo dagli anni, tremulo e disfatto!Col mio silenzio resterò l'amicoche vi fu caro, un poco mentecatto; il fanciullo sarò tenero e anticoche sospirava al raggio delle stelle,che meditava Arturo e Federico117, ma lasciava la pagina ribelle

111 È la lirica che chiude la raccolta e porta lo stesso titolo della poesia iniziale e dell’intero libro. Gozzano riprende gli stessi temi della poesia d’apertura: la fine della giovinezza, l’approssimarsi della morte, la poesia.112 non punta… tace: l’invidia non ancora stuzzicata non si fa sentire.113 mezzo del cammino: citazione dell’incipit della Divina Commedia.114 quasi… mattino: come a un’attrice all’inizio della sua carriera.115 soccorrevole… destra: il mondo si mostra ancora benevolo. Citazione leopardiana (il mondo / soccorrevole ancor porge la destra, da Le ricordanze, vv126-27).116 Contessa… favoleggia: si racconta come di una leggenda il caso della contessa Castiglione che, dopo aver condotto un’intensa vita mondana a Parigi, si ritirò ancora giovane in solitudine nel suo palazzo.

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per seppellir le rondini insepolte,per dare un'erba alle zampine delle disperate cetonie118 capovolte...

117 Arturo e Federico: i filosofi tedeschi Arthur Schopenhauer (1788-1860) e Friedrich Nietzsche (1844-1900). Nel verso seguente, i loro libri sono detti pagina ribelle per la forte impronta polemica del loro pensiero.118 cetonie: coleotteri.

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Epistole entomologiche

Acherontia Atropos

D'estate, in un sentiero di campagna, v'occorse certo d'incontrare un bruco enorme e glabro, verde e giallo, ornato di sette zone oblique turchine Il bruco errava in cerca della terra dove affondare e trasmutarsi in ninfa; e dalla gaia larva, a smalti chiari, nasceva nell'autunno la più tetra delle farfalle: l'Acherontia Atropos. Certo vi è nota questa cupa sfinge favoleggiata, dal massiccio addome, dal corsaletto folto, con impresso in giallo d'ocra il segno spaventoso. Natura, che dispensa alle Diurne i colori dei fiori e delle gemme, Natura volle l'Acherontia Atropos simbolo della Notte e della Morte, messaggera del Buio e del Mistero, e la segnò con la divisa fosca e d'un sinistro canto. L'entomologo tuttora indaga come l'Acherontia si lagni. Disse alcuno, col vibrare dei tarsi. Ma non è. Mozzato ho i tarsi all'Acherontia e s'è lagnata ancora. Parve ad altri col fremito dei palpi. Io cementai di mastice la bocca all'Acherontia e s'è librata ancora per la mia stanza, ha proseguito ancora più furibondo il grido d'oltretomba; grido che pare giungere da un'anima penante che preceda la farfalla, misterioso lagno che riempie uomini e bestie d'un ignoto orrore: ho veduto il mio cane temerario abbiosciarsi tremando foglia a foglia, rifiutarsi d'entrare nella stanza dov'era l'Acherontia lamentosa. L'apicultore sa che questo lagno imita il lagno dell'ape regina quando è furente contro le rivali e concede alla sfinge d'aggirarsi pei favi, saziandosi di miele. L'operaie non pungono l'intrusa, si dispongono in cerchio al suo passaggio, con l'ali chine e con l'addome alzato, l'atteggiamento mite e riverente detto "la rosa" dall'apicultore. E la nemica dell'apicultore col triste canto incanta l'alveare. All'alba solo, quando l'Acherontia

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intorpidita e sazia tace e dorme, l'operaie decretano la morte. Depone ognuna sopra l'assopita un granello di propoli, il cemento resinoso che tolgono alle gemme. E la nemica è rivestita in breve d'una guaina e non ha più risveglio. L'apicultore trova ad ogni autunno, tra i favi, questi grandi mausolei. Farfalla strana, figlia della Notte, sorella della nottola e del gufo, opra non di Natura, ma di dèmoni, evocata con filtri e segni e cabale dalle profondità d'una caverna! Bimbo, ricordo, per le mie raccolte, sempre immolai con trepidanza questa cupa farfalla, quasi nel terrore di suscitare con la fosca vittima l'ira d'una potenza tenebrosa. E anche perché l'Atropo mi parla di cose rare, dell'antiche ville. Sul canterano dell'Impero, sotto la campana di vetro che racchiude le madrepore rare e le conchiglie, sta quasi sempre l'Acherontia Atropos depostavi da un nonno giovinetto. L'Acherontia frequenta le campagne, i giardini degli uomini, le ville; di giorno giace contro i muri e i tronchi, nei corridoi più cupi, nei solai più desolati, sotto le grondaie, dorme con l'ali ripiegate a tetto. E n'esce a sera. Nelle sere illuni fredde stellate di settembre, quando il crepuscolo già cede alla notte e le farfalle della luce sono scomparse, l'Acherontia lamentosa si libra solitaria nelle tenebre tra i camerops, le tuje, sulle ajole dove dianzi scherzavano i fanciulli, le Vanesse, le Arginnidi, i Papilî. L'Acherontia s'aggira: il pippistrello l'evita con un guizzo repentino. L'Acherontia s'aggira. Alto è il silenzio comentato, non rotto, dalle strigi, dallo stridio monotono dei grilli. La villa è immersa nella notte. Solo spiccano le finestre della sala da pranzo dove la famiglia cena. L'Acherontia s'appressa esita spia numera i commensali ad uno ad uno, sibila un nome, cozza contro i vetri tre quattro volte come nocca ossuta. La giovinetta più pallida s'alza con un sussulto, come ad un richiamo. "Chi c'è?" Socchiude la finestra, esplora il giardino invisibile, protende

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il capo d'oro nella notte illune. "Chi c'è? Chi c'è?" "Non c'è nessuno. Mamma!" Richiude i vetri, con un primo brivido, risiede a mensa, tra le sue sorelle. Ma già s'ode il garrito dei fanciulli giubilante per l'ospite improvvisa, per l'ospite guizzata non veduta. Intorno al lume turbina ronzando la cupa messaggiera funeraria.

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Guido Gozzano

Guido Gozzano nacque a Torino il 19 dicembre 1883. Il padre, Fausto, era ingegnere; la madre, Diodata Mautino, era figlia di un patriota che aveva conosciuto Cavour, Mazzini e Massimo d’Azeglio. L’infanzia di Guido trascorse tra Torino e la cittadina canavesana di Aglié, dove la sua famiglia possedeva diverse case e un vasto parco. Dopo studi liceali non brillanti, nel 1903 Guido Gozzano si iscrive alla facoltà di legge dell’Università di Torino; frequenta però soprattutto i corsi del poeta Arturo Graf alla facoltà di lettere. Graf, che si richiamava al pessimismo leopardiano, temperandolo con un socialismo d'impronta spiritualistica, era molto ammirato dai giovani letterati torinesi che vedevano nel suo pensiero un antidoto al dannunzianesimo imperante: lo stesso Gozzano, che aveva imitato D'Annunzio nei suoi primi, incerti tentativi poetici, si liberò definitivamente dal gusto dannunziano anche grazie all'influenza di Graf, e si dedicò a un attento studio di Dante e Petrarca. In questi stessi anni, l'amicizia con un impiegato di banca francese, Léon Coutas, conduce Gozzano alla lettura dei poeti belgi Rodenbach e Maeterlinck e quella del francese Francis Jammes. Alle letture, e alle conferenze della Società di cultura, Guido alterna un'intensa vita sociale: frequenta gli ambienti teatrali e intreccia flirts sullo sfondo del Valentino. Il 1907 (l'anno in cui avrebbe dovuto conseguire quella laurea in legge che non ebbe mai) fu per lui un anno cruciale: in aprile uscì la sua prima raccolta di versi, La via del rifugio, che ebbe un rapido e inaspettato successo in tutta Italia; in maggio le sue condizioni di salute si aggravarono per una violenta pleurite.Da questo momento in poi, la sua vita sostanzialmente solitaria trascorse soprattutto tra la riviera ligure e qualche villaggio di montagna, nel tentativo di recuperare la salute perduta. Del 1907 è anche l'inizio di una inquieta relazione amorosa con la poetessa Amalia Guglielminetti, alla cui travolgente passionalità egli cercò quasi sempre di sottrarsi, preferendo una cauta amicizia letteraria. Il secondo volume di versi di Gozzano, I colloqui, uscì agli inizi del 1911 e non rinnovò lo straordinario successo del primo. Nel 1912 Gozzano trascorse due mesi in India e a Ceylon: questo breve soggiorno, ampliato con l'aiuto della fantasia e di molte letture, fu all'origine del volume di prose Verso la cuna del mondo, che uscì postumo nel 1917. Alla sua morte, nel 1916, Gozzano lasciò incompiute le Epistole entomologiche (un poema sulla vita delle farfalle ispirato alla poesia didascalica settecentesca e all'opera di Maeterlinck), e la sceneggiatura di un film su san Francesco che non fu mai realizzato.

da R. Ceserani – L. De Federicis, Il materiale e l’immaginario, Loescher, 1986