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DIRITTO MINORILE Disciplina essenziale e nuovi orientamenti EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Esselibri - Simone ® DIRITTO MINORILE 212/2 COLLANA TIMONE ESAMI e CONCORSI ELEMENTI DI Estratto della pubblicazione

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seconda lettura di rifinitura;• brevi glossari delle parole chiave riportati a fine capitolo;• esempi chiarificativi;• linguaggio agevole e di immediata comprensione;• uso del corsivo e del neretto per individuare immediatamente i percorsi

di lettura e i concetti fondamentali.

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Vietata la riproduzione anche parziale

Azienda certificata dal 2003 con sistema qualità ISO 14001 : 2004

Ai lettori di questo volume segnaliamo:

3/2 • Compendio di diritto penale3/6 • Compendio di criminologia5/4 • Compendio di diritto di famiglia7/1 • Compendio di diritto processuale penale23/1 • Compendio di diritto penitenziario27 • Compendio di diritto minorile

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.itove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati

Ideazione e direzione scientifica del Prof. Federico del Giudice

Edizione a cura di Mariarosaria Rumore

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A.(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Finito di stampare nel mese di gennaio 2008dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 Arzano (NA)

per conto della Esselibri S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - (Na)

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Il volume, in coerenza con le caratteristiche di sintesi e di immediatacomprensione della materia proprie della collana last minute nella quale vaad inserirsi, costituisce un testo di rapida ed agevole consultazione che for-nisce al lettore una panoramica completa organica degli istituti del dirittominorile e della disciplina ad essi riservata.

Mediante l’ausilio di box di domanda o di approfondimento, vengonoaffrontati in maniera semplice e chiara aspetti giuridici afferenti alla mate-ria del diritto minorile.

Alla stasi normativa della materia, ha fatto da contraltare una particolarefecondità della giurisprudenza di legittimità, nonché della Corte Costituzio-nale. Su tale ultimo fronte sono da segnalare: la sent. n. 26 del 6-2-2007,con la quale la Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale della l. 46/2006 (cd. legge Pecorella) laddove limitava la possibilità di appello del P.M.avverso le sentenze di proscioglimento; la sent. n. 320 del 20-7-2007 con laquale la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della l. 46/2006,nella parte in cui esclude che il pubblico ministero possa appellare contro lesentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato. Anchela Corte di Cassazione è intervenuta in materia, con l’ordinanza n. 19406del 21-9-2007, in materia di competenza del tribunale per i minorenni, nel-l’ambito dei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati; la sent.n. 35559 del 26-9-2007, in materia di furto in abitazione commesso da mi-nore e custodia cautelare.

Completo di un glossario che arricchisce i vari capitoli con la esplica-zione dei termini più specialistici o mutuati da altre branche del diritto, iltesto consente una preparazione globale in tempi brevi, venendo incontroalle esigenze di quanti si apprestano ad affrontare esami universitari e con-corsi.

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PARTE PRIMA

IL DIRITTO MINORILE

CAPITOLO PRIMO

FONTI DEL DIRITTO MINORILE

Sommario: 1. Origini ed evoluzione della legislazione minorile. - 2. Autonomia deldiritto minorile e sue fonti: diritto interno. - 3. Fonti del diritto minorile - 4. Segue:Fonti internazionali.

1. ORIGINI E L’EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE MINO-RILE

Il sistema penale minorile rappresenta il risultato di un lungo processo dimaturazione della coscienza civile, che, nel tempo, è andata riconoscendo laspecificità della condizione minorile. A tutela di tale condizione è stato co-struito un sistema differenziato di diritto penale che tenga conto della delicatacondizione dei minori. Uno dei principi fondamentali della nostra Costituzio-ne il principio favor minoris. Le due principali scuole penali di tutti i tempisono state la Scuola Classica e la Scuola Positiva, che si sono poste comeobiettivo principale lo studio del crimine, dell’autore del reato e della pena.

A) Scuola ClassicaFino all’Illuminismo si rappresentava il delinquente come un «soggetto moralmente tra-

viato» (G.L. PONTI) e lo si sottoponeva a pene crudeli ed arbitrarie.L’Illuminismo ebbe effetti determinanti per la concezione della funzione della pena e per

le modalità della sua esecuzione. Sorse, allora, la Scuola Classica che muove dal postulato dellibero arbitrio, negando ogni alterazione alle condizioni mentali, morali e familiari del reo.Conseguenza di questi presupposti è una concezione della giustizia che attribuisce alla penauna funzione esclusivamente retributiva.

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Parte Prima - Il diritto minorile6

Le prime istituzioni specificamente minorili sorsero, a partire dal XVIII sec., per i minoriabbandonati, vagabondi, incontrollati ed incontrollabili era previsto l’internamento in istitutodove la disciplina ed il lavoro costituivano i due imperativi pedagogici, per la redenzione dicoloro che vi erano internati.

B) Scuola PositivaNella prima metà dell’Ottocento il positivismo assegnò alle scienze sociali il compito di

interpretare totalmente la realtà, e di studiare e definire la natura umana.Al centro dello studio della criminalità venne posto il soggetto delinquente, che venne

concepito come un soggetto malato, privo di responsabilità e assolutamente condizionato dafattori interni o esterni.

Il fatto che «a comportamenti «diversi» dovesse far sempre riscontro una diversità comepatologia dei rispettivi autori sembrò particolarmente evidente riguardo ai minori «delinquen-ti» per i quali la diversità, la non normalità, la condizione di non responsabilità erano fra l’altroconsiderate ovvi attributi dell’età» (G. DE LEO).

Sul finire del secolo fanno la loro comparsa, nel mondo anglosassone, organi giudiziariche si occupano di minori. In Italia il Tribunale per i Minorenni fu istituito solo nel 1934 con ilR.D.L. 1404, anche se il primo progetto risale al 1908 (Progetto Quarta-Vacca).

C) Codice ZanardelliFino al 1890 in tutta Italia, a seguito dell’unificazione, era applicabile ai minori l’articolo

88 del Codice sardo secondo cui: «il minore di quattordici anni, che avesse agito senza “di-scernimento”, non era passibile di pena e, in caso di crimine o delitto, poteva, a discrezionedell’autorità giudiziaria, essere consegnato ai genitori o ricoverato in uno stabilimento pub-blico di lavoro».

Punto focale della riforma (R.D. 6133/1889), entrata in vigore il 1-1-1890, fu quellodell’età minima dell’imputabilità che il codice penale del 1889 fissava in nove anni, conpossibilità di ordinare per i minori di tale età, il ricovero in istituto di educazione e di corre-zione (art. 53); per i minori fra i 9 e i 14 anni era prevista l’indagine sul discernimento (art.54); per i minori fra i 14 e i 18 anni, valeva la regola dell’imputabilità, accompagnata dallapena ridotta e possibilità di espiazione in casa di correzione (art. 55); dai diciotto ai ventunoanni erano stabilite alcune diminuzioni di pena (art. 56). Unica novità processuale si puòdefinire l’indispensabilità della figura del medico, quale ausiliario del giudice capace distabilire l’esistenza o meno del discernimento nei singoli casi, resa necessaria dall’introdu-zione della obbligatorietà dell’accertamento sul «discernimento» del minore al momentodella commissione del fatto.

Con il Regolamento carcerario del 1891, si distinsero, così, le Case di correzione perminorenni sotto i 18 anni condannati in applicazione degli articoli 54 e 55 del Codice penale;gli Istituti di educazione e di correzione per fanciulli con meno di 9 anni, che avevano commes-so un delitto punibile con la reclusione o la detenzione non inferiore ad un anno (art. 53) e peri minori tra 9 e 14 anni, che avevano commesso un reato senza discernimento (art. 54); gliIstituti di educazione correzionale per i minorenni infradiciottenni dediti all’oziosità, al vaga-bondaggio, alla mendicità e al meretricio; infine, istituti di correzione paterna per giovaniricoverati a norma degli articoli 221 o 222 del Codice civile.

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7Capitolo Primo - Fonti del diritto minorile

D) Codice RoccoNel 1930 fu approvato il nuovo codice penale Rocco, che adotta il sistema del doppio

binario recependo sia il criterio retributivo della pena e della responsabilità morale della scuo-la classica, che quello sostenuto dalla scuola positiva, fondato sulla prevenzione e misure disicurezza. Le più importanti novità in materia minorile riguardano l’attuale art. 97 c.p. cheelevò il limite di non imputabilità assoluta, dai nove ai quattordici anni; dai quattordici a di-ciotto anni, invece, dove prima esisteva una presunzione di responsabilità, il minore venneritenuto imputabile solo se in possesso della «capacità di intendere e di volere» e si stabilì chequesta dovesse essere accertata caso per caso con l’ausilio della «scienza positiva». Fu mante-nuta, invece, il precedente principio secondo cui anche nel caso d’accertata imputabilità lapena è diminuita. Anche terminologicamente il Codice Rocco fu innovativo: il termine discer-nimento fu sostituito con quello della capacità di intendere e di volere e quest’ultima fu costru-ita come maturità ed immaturità, per le ipotesi di presenza o assenza. Anche in sede di esecu-zione furono apportate innovazioni, quali la disciplina della liberazione condizionale (art. 176c.p.); l’istituto del perdono giudiziale (art. 160 c.p.).

E) Nascita del tribunale per i minorenniIl T.M. fu istituito durante il periodo fascista con il Regio Decreto Legge (R.D.L.) n. 1404

del 1934, convertito nella L. 27-7-1935, n. 835. Esso rappresentò il primo tentativo di discipli-nare in modo sistematico la materia minorile. Il Tribunale per i Minorenni venne istituito qualeorgano di decisione autonomo (in quanto composto da due magistrati togati e «da un cittadinobenemerito dell’assistenza sociale, scelto tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropolo-gia criminale, di pedagogia» (art. 2)). Al tribunale vennero attribuite tre competenze (penale,civile e amministrativa), che perdurano attualmente. Con la nascita della Repubblica, la CartaCostituzionale pone le basi per una più completa considerazione e protezione del minore; mala vera e propria svolta fu attuata con la L. 888/1956 che modificò il R.D.L. 1404/1934. Taleriforma, oltre a portare a due il numero dei componenti onorari (un uomo ed una donna) nelcollegio, innovò profondamente la competenza amministrativa, cd. rieducazione, per i minoriirregolari per condotta o per carattere, incentrata su un doppio ordine di misure: l’affidamentoal servizio sociale del Ministero di giustizia (l. 1085/1962) e il collocamento in casa di riedu-cazione.

2. AUTONOMIA DEL DIRITTO MINORILE

Attualmente il diritto minorile può essere considerato come un insieme di norme, civili,penali ed amministrative che hanno per oggetto l’attività posta in essere direttamente dalminore o che pur essendo attuata dagli adulti, interessi, anche se non in via immediata, iminori stessi.

In tale ottica nasce l’autonomia del diritto minorile, rispetto alle altre branche del diritto,sia sul piano scientifico con cui si intende la possibilità che il diritto minorile formi oggetto distudi specializzati; sul piano legislativo con cui s’intende generalmente l’esistenza di un corpoorganico di norme sufficientemente esteso da contenere in maniera compiuta tutta la disciplinadi un determinato sistema giuridico (codificazione); infine sul piano didattico in quanto il

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Parte Prima - Il diritto minorile8

diritto minorile gode di autonomia didattica in quasi tutti gli atenei italiani, istituendo, così,cattedre di legislazione minorile e/o diritto e procedura penale minorile.

3. FONTI DEL DIRITTO MINORILE

A) Diritto interno

Con l’espressione «fonti del diritto» si intendono sia i fatti o i soggettiche danno vita alle norme giuridiche, sia gli atti giuridici che contengonotali norme.

Nel nostro diritto positivo la gerarchia delle fonti è la seguente:

1) Costituzione e norme costituzionali (sullo stesso piano).2) fonti primarie (o atti di legislazione ordinaria) sono le leggi ordinarie dello Stato, i decreti-

legge, i decreti legislativi, le leggi regionali e le leggi delle Province di Trento e Bolzano;3) fonti secondarie sono i regolamenti e le ordinanze delle autorità amministrative;4) contratti collettivi erga omnes;5) consuetudine.

Sono fonti di diritto minorile tutte quelle norme giuridiche che impon-gono una deviazione dalle regole generali, in conseguenza della minore etàe che riguardano i minori (BAVIERA).

Esse sono:

— la Carta Costituzionale che ha posto delle norme specifiche riguardanti i minori, fissan-do altresì dei principi fondamentali ai quali tutto l’ordinamento giuridico deve attenersi(artt. 2; 30-31; 34; 37);

— il diritto penale, le cui norme sono contenute in singoli articoli del codice penale, chedettano specifiche statuizioni, aventi come presupposto o come oggetto la minore età, eche per questo pongono deviazioni alle regole generali (artt. 97; 98; 169; 142),

— le norme particolari in materia di esecuzione della pena detentiva, articolate nella L.354/1975, contenente norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misu-re privative e limitative della libertà;

— il codice di procedura penale, che ha determinato una svolta di fondamentale importanzanell’ambito delle fonti del diritto minorile: si è creato una normativa ad hoc (D.P.R. 22settembre 1988, n. 448), con apposite disposizioni di attuazione (D.Lgs. 28 luglio 1989, n.272);

— il codice civile, le cui norme ed istituti particolari hanno la loro ragione di essere nell’etàdei soggetti e nella necessità di supplire alla incapacità conseguente. È fondamentale lanorma contenuta nell’art. 2 che attribuisce la capacità di agire al raggiungimento dellamaggiore età, fissata al compimento del 18° anno.Sul fronte del diritto delle persone e della famiglia sono intervenute, da ultimo, la l. 8-2-2006, n. 54, in materia di separazione e affidamento condiviso dei figli; la l. 9-1-2004, n. 6,che ha modificato le norme relative alla interdizione ed inabilitazione, inserendo il nuovo

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9Capitolo Primo - Fonti del diritto minorile

istituto dell’amministrazione di sostegno; la l. 6-11-2003, n. 304, in materia di ordini diprotezione contro gli abusi familiari; la l. 4-4-2001, n. 54, in materia di misure contro laviolenza nelle relazioni familiari, che ha anche introdotto una sanzione penale in caso diinosservanza degli ordini di protezione contro gli abusi familiari emessi dal giudice civile;

— il codice di procedura civile, che di recente, con la l. 8-2-2006, n. 54 (in vigore dal 16-3-2006), ha aggiunto all’art.708 un quarto comma, che prevede che avverso i provvedimentipresidenziali temporanei ed urgenti sia proponibile, nel termine perentorio di dieci giornidalla notificazione degli stessi, reclamo con ricorso alla Corte di Appello, che si pronunciain camera di consiglio. Inoltre, la stessa legge ha introdotto l’art.709 ter, che ha per ogget-to la soluzione delle controversie e i provvedimenti da adottare in caso di inadempienze eviolazioni.Si ricordino, ancora, gli artt. 732-734 recanti disposizioni relative ai minori, agli interdetti,agli inabilitati, nonché gli artt. da 737 a 742 che disciplinano il rito in camera di consiglio,proprio del Tribunale per i Minorenni.

B) Fonti internazionali

I primi segni, a livello internazionale, di un nuovo interesse per l’infan-zia e di un modo nuovo di concepire il minore come soggetto di diritti siebbero nel 1902 nell’ambito di una Conferenza di diritto privato tenutasiall’Aja, durante la quale venne approvata una Convenzione sulla tutela delminore. In seguito, nel 1913 la Conferenza internazionale per la prote-zione dell’infanzia di Bruxelles, promosse la cooperazione internazionalein quest’ambito.

Analizzando direttamente le prime normative che sono incentrate total-mente sul minore, troviamo l’esperienza di Eglantyne Jebb, fondatrice nel1920 di Save the Children, una delle più importanti organizzazioni inter-nazionali, con sede a Ginevra, che si occupano a tutt’oggi dei diritti dell’in-fanzia e che ben presto si impose nello scenario non solo europeo.

Nel 1924, in sede di Assemblea generale delle Nazioni, venne formulataed approvata la Dichiarazione di Ginevra sui diritti del fanciullo. Il minoreviene ad essere così, destinatario di attenzioni, in quanto soggetto debole datutelare. In seguito, il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale dell’O.N.U.approvò la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, alcuni di essiriferibili ai minori, alla famiglia e alla predisposizione di norme speciali perla loro protezione ed assistenza.

Nell’ordinamento internazionale, la più alta manifestazione della presadi coscienza dell’esistenza di diritti inalienabili del minore è costituita dauna decisa risoluzione dell’O.N.U. che, nella seduta del 20 novembre 1959,approvò all’unanimità una «Dichiarazione dei diritti del fanciullo».

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Parte Prima - Il diritto minorile10

Il 20 novembre 1989 fu approvata dall’Assemblea Generale delle Na-zioni Unite, una Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia. InItalia con la legge 27 maggio 1991, n. 176 è stata data l’autorizzazione allaratifica di questa convenzione.

L’aspetto fondamentale della Convenzione è quello di aver riconsidera-to in modo globale i diritti facenti capo al minore, come titolare di situazio-ni giuridiche soggettive, munendoli di corrente efficacia.

Sempre in campo internazionale vanno altresì ricordate:

— la Dichiarazione concernente la promozione tra i giovani degli ideali di pace, di rispettoreciproco e di comprensione tra i popoli (proclamata dall’Assemblea Generale dell’O.N.U.con risoluzione del 7 dicembre 1965);

— la Convenzione per regolare la tutela dei minori (l’Aja, 12 giugno 1902);— la Convenzione internazionale per la soppressione della tratta delle donne e dei fanciulli

(Ginevra, 20 settembre 1921);— la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio (New York, 9

dicembre 1948);— la Convenzione sulla protezione della maternità (Ginevra, 28 giugno 1952);— la Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari nei riguardi dei figli

minori (l’Aja, 24 ottobre 1956);— la Convenzione concernente il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze sugli obbli-

ghi alimentari verso i figli minori (l’Aja, 15 aprile 1958);— la Convenzione europea sull’adozione di minori (Strasburgo, 24 aprile 1967);— la Convenzione europea relativa al rimpatrio dei minori (l’Aja, 28 maggio 1970);— la Convenzione europea sull’adozione internazionale (l’Aia, 8 giugno 1993), che viene

recepita con la l. 476/1998.

Anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertàfondamentali, dal 4 novembre 1950 ratificata in Italia con l. 4-8-1955, n. 848, ponendo comepreliminare il divieto assoluto di tortura o di pene o trattamenti inumani o degradanti, assumerilievo nella materia minorile, sia perché stabilisce che nessuno può essere condannato per un’azioneo un’omissione non costituente reato al momento in cui fu commessa e che non può, del pari,essere inflitta una pena superiore a quell’applicabile al momento in cui il reato fu consumato.

Successivamente anche il Consiglio Europeo ha redatto una Raccomandazione sulle ri-sposte sociali alla delinquenza minorile (R87)20, Strasburgo, 17 settembre 1987),che carat-terizza il sistema penale dei minori per il suo obiettivo di educazione e di inserimento sociale edeve tendere, quanto più possibile, alla soppressione della carcerazione dei minori.

Il 20 settembre del 1989 è stata, inoltre, approvata la Convenzione dell’ONU sui diritti delbambino. Le principali idee guida sono: «il riconoscimento della famiglia come ambienteprimario di sviluppo per il minore; l’identificazione del bisogno del minore ad essere educatoed aiutato a vivere nella società; la dichiarazione che il minore è portatore e titolare di tutti idiritti civili e sociali riconosciuti all’uomo; il riconoscimento della necessità di tutelare situa-zioni particolari che possono creare svantaggio o disagio nel soggetto in età evolutiva».

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11Capitolo Primo - Fonti del diritto minorile

Nell’ambito dell’VIII Congresso ONU sulla prevenzione dei reati e sulla protezione delminore, nel 1990 si è giunti all’elaborazione delle Direttive delle Nazioni Unite per la preven-zione della delinquenza minorile (Direttiva di Riyadh), ed è stato disposto un Regolamentodelle Nazioni Unite per la protezione dei minori deprivati delle loro libertà. Si tratta di duedocumenti che si pongono in linea con quanto già espresso nelle «Regole minime di Pechino»e nella Convenzione dell’ONU del 1989 sui diritti del bambino, ma che hanno una certa impor-tanza per aver evidenziato delle specifiche linee programmatiche di intervento per le politichedegli Stati.

Con la legge 20 marzo 2003, n. 77, si è dato esecuzione alla Convenzione europea sul-l’esercizio dei diritti dei fanciulli del 25 gennaio 1996.

Le disposizioni della Convenzione europea mirano soprattutto, a rendere possibile, in ambitogiudiziario, il concreto esercizio dei diritti dei minori. Campo di applicazione della Conven-zione sono i procedimenti in materia familiare, in particolare quelli che riguardano l’affida-mento dei figli, l’esercizio delle responsabilità dei genitori connesso con la residenza ed ildiritto di visita. Il minore ha il fondamentale diritto di essere informato e di esprimere la pro-pria opzione nella procedura che lo riguardi.

La Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 20 del 2003, adottata dal Comitato deiMinistri del 24-9-2003, concernente le nuove modalità di trattamento della delinquenza mino-rile, esorta gli Stati europei a prevenire la delinquenza giovanile primaria e la recidiva, a riso-cializzare e reinserire i giovani criminali, ad occuparsi delle necessità e degli interessi dellevittime.

Le «Regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile» (c.d. Regole diPechino) sono state approvate dal VI Congresso delle Nazioni Unite il 29 novembre 1985 ecostituiscono sicuramente la fonte più immediata del nostro processo minorile (d.P.R. 448/1988). In tali «Regole minime» si ritrovano infatti sia gli elementi più importanti ed innovatividel nuovo codice, sia alcune raccomandazioni di principio.

GlossarioConvenzioni internazionali: sinonimo di trattati, con tale termine si intendono gli accordibilaterali o multilaterali con i quali due o più Stati regolano reciprocamente i propri rappor-ti, assumendo obblighi o riconoscendo diritti. In quanto fondati sul reciproco accordo delleparti contraenti, essi vincolano solamente coloro che li hanno sottoscritti, salvo che siastata prevista la possibilità per altri Stati di aderirvi successivamente (cd. trattati aperti).

Funzione rieducativa della pena: è una delle finalità cui tende la pena, e consiste nelpredisporre le condizioni necessarie perché il condannato possa successivamente reinserir-si nella società in modo dignitoso. In questo senso la rieducazione si collega con la finalitàdi prevenzione, tesa cioè ad impedire che il condannato tornato in libertà commetta nuovireati.

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CAPITOLO SECONDO

ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA

Sommario: 1. Tribunale per i minorenni. - 2. Competenza del tribunale per i mino-renni. - 3. Organi ausiliari del tribunale per i minorenni. - 4. Giudice tutelare. - 5.Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. - 6. Pubblico ministeropresso il tribunale per i minorenni. - 7. Sezione di Corte di Appello per i minorenni. -8. Magistratura di sorveglianza.

1. TRIBUNALE PER I MINORENNI

Il R.D.L. 20-7-1934, n. 1404 (con. in L. 27-5-1935, n. 835), che ha subi-to nel tempo importanti e opportune modifiche, introduce nel nostro ordina-mento un organo giudiziario autonomo, rispetto agli altri Tribunali penali ecivili, all’organico e alla competenza territoriale, specializzato per gli affaripenali, civili e amministrativi riguardanti i minorenni e contemporaneamentestabilimenti speciali per l’esecuzione della pena, della misura di sicurezza,ma soprattutto per l’esame scientifico e lo studio del minore, sia dal puntodi vista fisico che psichico, e per il riadattamento e la rieducazione del mi-nore deviato.

Vediamo in concreto quali siano le competenze effettive del tribunaleper i minorenni:

— Competenza penale. Il Tribunale per i minorenni è competente per tuttii reati commessi da minori di età compresa tra i quattordici e i diciottoanni; per l’applicazione di misure di sicurezza; in funzione del Tribuna-le di sorveglianza (misure alternative; riabilitazione speciale); é magi-strato di sorveglianza (permessi, esecuzioni di misure di sicurezza e al-ternative)

Il tribunale per i minorenni essendo configurato come il «giudice naturale» per i mi-nori giudica anche nel caso in cui vi fosse concorso di minorenni e maggiorenni nelreato.Ad avvalorare ciò è l’art. 14 c.p.p. che esclude tassativamente l’operare della connessionetra procedimenti relativi a minorenni ed altri relativi a maggiorenni.

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13Capitolo Secondo - Organizzazione giudiziaria

— Competenza civile. Il Tribunale per i minorenni è competente nei pro-cedimenti civili e di volontaria giurisdizione riguardante i minori, esclu-si quelli di competenza del giudice tutelare.

— Competenza in materia amministrativa. Tale competenza riguardainterventi educativi a favore di adolescenti in difficoltà.

Tornando alla specializzazione del giudice minorile questa si realizza,quindi, sia in ragione della composizione dell’organo, sia in ragione dellasua funzione.

Sotto il primo aspetto, il Tribunale per i minorenni è caratterizzato dallapartecipazione al collegio giudicante di due componenti privati — giudicilaici e non togati — esperti, «un uomo ed una donna, benemeriti dell’assi-stenza sociale, scelti tra i cultori di biologia, psichiatria, antropologia cri-minale, psicologia» (art. 2 R.D.L. 1404/1934), che devono aver compiuto iltrentesimo anno di età, sono nominati dal C.S.M. per un triennio e possonoessere confermati (artt. 5, c. 2, e 6 R.D.L. 1404/1934).

Il Tribunale per i minorenni ha giurisdizione su tutto il territorio dellaCorte d’appello o della sezione di Corte d’appello in cui è istituito (art. 3,R.D.L. 1404/1934).

Sotto il secondo aspetto, il Tribunale per i minorenni è, inoltre, un orga-no specializzato, chiamato a comprendere e giudicare le difficili situazioniin cui vengono a trovarsi i minori.

Si tenga presente, inoltre, che il concetto di specializzazione è diversoda quello di specialità. Il giudice specializzato fa comunque parte dell’ordi-namento giudiziario ordinario ed è competente, nello specifico, a decideresu determinate materie.

In particolare, si hanno nell’ambito della giustizia penale minorile, i se-guenti soggetti specializzati:

a) giudici minorili. Sono previsti, nell’ambito del tribunale per i minoren-ni il G.I.P. (unico organo monocratico); il G.U.P. (organo collegiale, com-posto da un magistrato, persona diversa dal G.I.P., e due laici); il tribu-nale dibattimentale (il Giudice del dibattimento è formato da quattromembri e cioé dal Presidente (che è un magistrato di Corte di appello),dal giudice a latere (che è un magistrato di Tribunale) e da due compo-nenti onorari. Nella stessa composizione del dibattimento il Tribunaleper i Minorenni giudica con funzioni di Tribunale del Riesame e di Tri-bunale di Sorveglianza) nonché l’articolazione di sorveglianza (giudice

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Parte Prima - Il diritto minorile14

e tribunale di sorveglianza). In appello esiste, presso la Corte d’Appello,un’apposita Sezione della Corte di appello per minorenni (composta da3 magistrati e 2 esperti, un uomo e una donna). In Cassazione mancauna composizione specializzata.

Sia il tribunale che la Sezione di Corte di appello per i minorenni presentano composizionec.d. mista togato-laica. Al Collegio giudicante partecipano due componenti privati, inmodo che siano assicurate non solo le conoscenze giuridiche dei magistrati di carriera, maanche quelle scientifico-umanistiche dei componenti privati. Proprio una siffatta esigenzadi multidisciplinarietà delle cognizioni spiega, per l’udienza preliminare, la composizionecollegiale e mista-mista del G.U.P. (un membro togato e due componenti privati), mentreinnanzi al tribunale ordinario il G.I.P. è sempre monocratico (art. 50 bis Ord. giud., inseri-to con D.P.R. 449/1988);

b) P.M. Esiste un separato ed autonomo Procuratore della Repubblica pressoil tribunale minorile;

c) Sezione di polizia giudiziaria. Questa è composta da personale di P.G.avente particolari attitudini per le problematiche minorili ed è costituitaad hoc alle dipendenze del Procuratore della Repubblica presso il tribu-nale per i minorenni (artt. 5 D.P.R. 448/88 e 6 D.Lgs. 272/89);

d) difensore. La figura dell’avvocato del minore si presenta sotto tre diver-si modelli di rappresentanza nel processo già presenti nell’ordinamento.In particolare al curatore speciale del minore, al difensore di ufficio delminore imputato nel processo penale e al difensore previsto nella leggesul patrocinio a spese dello Stato.

Premettendo che quando il difensore viene nominato di fiducia dall’imputato minorenneo dagli esercenti la potestà, la scelta avviene in modo libero tra tutti i legali; al contrario,quando l’imputato non ha un legale di fiducia, dovrà essere nominato un difensore d’uffi-cio. La fonte del potere di rappresentanza del difensore di ufficio nei procedimenti penaliè costituita senz’ altro dal decreto di nomina (artt. 97 c.p.p. e 28 disp. att. c.p.p.). Ladisciplina sulla difesa d’ufficio è stata profondamente modificata dalla l.60/2001. Il difen-sore di ufficio ha l’ obbligo di prestare il patrocinio e può essere sostituito solo per giusti-ficato motivo (art. 98, co. 5, c.p.p.) e cessa dalle sue funzioni se viene nominato un difen-sore di fiducia (art. 98, co. 6, c.p.p.). L’ attività del difensore di ufficio nel processo penaleè in ogni caso retribuita dall’interessato (art. 31disp.att.c.p.p.) il quale potrà anche richie-dere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in base D.P.R. 115/2002 dove i limitidi reddito sono fissati in € 9723,84;

e) servizi minorili dell’amministrazione della giustizia (art. 6 D.P.R. 448/1988). Essi coadiuvano l’autorità giudiziaria in ogni stato e grado delminore, affiancando il minore durante la delicata fase del processo;

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15Capitolo Secondo - Organizzazione giudiziaria

f) Comunità private autorizzate dal Ministero della Giustizia ad operarenel settore minorile.

2. COMPETENZA DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI

La competenza consiste, nella sfera esterna di giurisdizione che appar-tiene (compete) a ciascuno degli uffici giudiziari inquadrati nel medesimoordine giudiziario, ivi compresi i giudici di pace, che sono anch’essi magi-strati ordinari, anche se onorari. Ai fini della distribuzione dei procedimentiper competenza, si prevede:

— la competenza per territorio (art. 3 r.d.l. 1404/1934): il tribunale per iminorenni ha giurisdizione su tutto il territorio della Corte d’appello incui è istituito;

— la competenza per materia (art. 3 d.P.R. 448/1988): essa riguarda tutti ireati commessi dai minori degli anni diciotto; pertanto, la competenzadel giudice minorile è esclusiva, inderogabile e ultrattiva;

— la competenza e l’attribuzione per connessione sono determinate dalrapporto di collegamento tra un procedimento principale e uno o piùprocedimenti secondari. Così, ogni deroga alla competenza del giu-dice minorile viene esclusa nell’ ipotesi di connessione (ex art.12c.p.p.), per cui essa rimane ferma e si fa luogo alla separazione deigiudizi.

La connessione tra procedimenti modificherà la competenza nelle seguenti ipotesi:

a) concorso di un minore e di maggiorenni nel reato (art.12, lett.a), c.p.p.);b) nel caso si proceda per più reati commessi dal soggetto prima in età minore e poi

maggiorenne (art. 12 lett. b) e c)).

A tal riguardo, l’art. 14 c.p.p. (limiti alla connessione nel caso di reati commessi da mino-renni) stabilisce al primo comma che la connessione non opera nel caso di coimputati minoren-ni assieme a maggiorenni, mentre al comma secondo che la connessione non opera fra proce-dimenti per reati commessi quando l’imputato era minorenne e procedimenti per reati com-messi quando era maggiorenne.

Unica eccezione alla competenza esclusiva del tribunale per i minorenni è rappresentatadal caso di reato permanente,cioè quando all’inizio dell’attività criminosa il reo era minore ela condotta si protrae anche dopo il raggiungimento della maggiore età; in tal caso la Cassazio-ne ha ritenuto, essendo il reato permanente un’entità giuridicamente unitaria, che la competen-za rientri per intero al tribunale penale ordinario, anche per la parte di condotta posta in esseredurante la minore età.

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Parte Prima - Il diritto minorile16

3. ORGANI AUSILIARI DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI

A) Premessa

Il Ministero ha competenza in materia di minori e di gestione del perso-nale e dei beni relativi al settore della giustizia minorile. La nuova strutturacentrale è costituita dal Dipartimento per la Giustizia Minorile articolato intre Direzioni generali e in 12 centri.

Ogni centro opera sul territorio attraverso i servizi minorili della giusti-zia (Centri di prima accoglienza; Istituti penali per minorenni; Uffici di ser-vizio sociale per minorenni; Comunità).

Il Capo del Dipartimento per lo svolgimento dei propri compiti si avva-le, altresì, dell’Ufficio del Capo del Dipartimento.

B) Centri per la giustizia minorile

I Centri per la giustizia minorile, hanno competenza regionale. Hannofunzioni tecniche di programmazione, di coordinamento dell’attività dei variservizi facenti parte dei centri e di collegamento con gli enti locali.

Di ogni centro per la giustizia minorile fanno parte una serie di servizi indicatiespressamente nell’art. 8 (d.lgs. 272/89) ed ubicati nel territorio di competenza.

Essi sono:

a) Uffici di servizio sociale per minori. Sono stati costituiti presso ogni capoluogo del distret-to di Corte d’Appello o di sezione di Corte d’Appello. Essi forniscono assistenza a minoriautori di reato in tutte le fasi del procedimento penale e anche nella fase di attuazione deiprovvedimenti dell’autorità giudiziaria.

b) Istituti penali per i minorenni. Essi sono preposti a due funzioni: l’esecuzione della penae l’esecuzione della misura cautelare. Il Magistrato di Sorveglianza competente per terri-torio, ha il compito di vigilare sullo svolgimento dei vari servizi dell’Istituto e sul tratta-mento dei detenuti.

c) Centri di prima accoglienza. Essi ospitano i minorenni arrestati o fermati, accompagnatidalla polizia giudiziaria, fino all’udienza di convalida (entro le 96 ore).Il termine massimo per cui il minore può essere trattenuto è di dodici ore.

d) Comunità. Esse sono destinate ad accogliere i minorenni a cui è stata applicata la misuracautelare del collocamento in comunità o la misura di sicurezza del riformatorio giudizia-rio (artt. 18, 18-bis, 22, 36 e 37, D.P.R. 448/1988).

e) Istituti di semilibertà con servizi diurni per misure cautelari, sostitutive ed alternative.Essi sono organizzati e gestiti in modo da assicurare una effettiva integrazione con lacomunità esterna (art. 11 disp. att. c.p.p.m.). Negli istituti di semilibertà vengono ricovera-ti i minori in espiazione di pena ammessi alla misura alternativa della detenzione in semi-libertà (art. 50 L. 354/1975); nei secondi (Istituti di semidetenzione) i minori a cui è statairrogata la sanzione sostitutiva della semidetenzione.

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17Capitolo Secondo - Organizzazione giudiziaria

C) Servizi sociali locali

Per la prima volta, con il d.P.R. 448/1988, viene riconosciuta esplicita-mente una funzione essenziale, nell’ambito del processo penale, ai servizisociali locali.Tali servizi vengono affiancati a quelli giudiziari e sono chia-mati a collaborare con questi. La collaborazione tra i servizi della giustiziae quelli dell’ente locale è richiamata più volte da una serie di articoli (artt.19, c. 3, e 28, c. 2, d.P.R. 448/1988; artt. 7, c. 4, 11, c. 2, 27, c. 1 e 2, lett. c),disp. att. min.); possono altresì collaborare nella conoscenza della persona-lità del minore (art. 9 d.P.R. 448/1988).

Per il coordinamento delle attività tra i servizi minorili dell’amministra-zione della giustizia e i servizi di assistenza degli enti locali, il legislatore haprevisto (art. 13 disp. att. min.) due commissioni: una su base regionale,presso ogni centro di giustizia minorile; l’altra, centrale, su scala nazionale,presso il Ministero della giustizia.

4. GIUDICE TUTELARE

Il Giudice tutelare, designato ogni due anni dal Presidente del Tribunalenel quadro dell’organizzazione generale dell’Ufficio, è il giudice del Tribu-nale a cui sono affidate diverse e importanti funzioni in materia di tuteladelle persone, particolarmente i soggetti più deboli come i minori e gli inca-paci, con riguardo agli aspetti sia patrimoniali che non patrimoniali. Eglisovrintende alla maggior parte di quelle attività definite di “volontaria giu-risdizione”, ossia caratterizzate dal fatto che non vi sono due o più particontrapposte, portatrici di interessi in conflitto, ma soltanto delle personeincapaci, o non del tutto capaci, di provvedere da sole ai propri interessi, acui favore è previsto l’intervento di un giudice con funzioni di tutela e digaranzia, su sua autonoma iniziativa o su richiesta di parenti o soggetti cheagiscono con la stessa finalità di protezione.

Nell’esercizio dei compiti di tutela delle persone minori o incapaci, ilgiudice tutelare può, in qualsiasi momento, convocare il tutore, il curatore ol’amministratore di sostegno per chiedere informazioni, chiarimenti e noti-zie, e per dare istruzioni per la migliore realizzazione degli interessi moralie patrimoniali della persona tutelata.

Il giudice tutelare provvede con decreto e, nei casi urgenti, la richiesta diun provvedimento può essere fatta al giudice anche verbalmente. Contro idecreti del giudice tutelare può essere proposto reclamo al Tribunale.

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Parte Prima - Il diritto minorile18

I provvedimenti del giudice tutelare sono emessi con decreto (art. 43disp. att. c.c.) La competenza a decidere sui reclami contro tali decreti spet-ta al tribunale per i minorenni.

5. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PERI MINORENNI

È l’ufficio dei magistrati che svolgono le funzioni del Pubblico Ministero. Icompiti fondamentali della Procura per i minorenni si svolgono in due ambiti:

— penale, in cui l’attività della Procura è sostanzialmente identica a quelladi qualsiasi altra Procura, salva restando, ovviamente, la necessità divalutare anche la personalità e la maturità dei giovani autori di reati,come richiede la legge, di volta in volta e caso per caso;

— civile, in cui la Procura per i minorenni ha il compito di raccogliere lesegnalazioni di situazioni di eventuale rischio o pregiudizio per soggettiminori e avanzare istanze al Tribunale, cioè chiedere provvedimenti.

6. PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINO-RENNI

L’ufficio del pubblico ministero presso il Tribunale per i minorenni ècostituito da un magistrato avente grado di Sostituto Procuratore Generaledi Corte di Appello o di Sostituto Procuratore della Repubblica, che ne è acapo e che ha la qualifica di Procuratore della Repubblica presso il Tribuna-le per i minorenni.

Al P.M. è imposto non solo l’obbligo dell’azione penale e della ricercadegli elementi di accusa, ma anche il potere-dovere, insieme al giudice, diacquisire gli elementi circa le condizioni e le risorse personali e familiaridel minore al fine di accertarne l’imputabilità ed il grado di responsabilità,nonché la possibilità, per tali fini, offerta al P.M. ed al giudice di assumereinformazioni da persone che abbiano frequentato il minore senza alcunaformalità.

7. SEZIONE DI CORTE DI APPELLO PER I MINORENNI

Il principio generale del diritto processuale del Doppio grado di giuri-sdizione di merito trova conferma con l’art. 5 r.d. 1404/1934 che ha istituitola sezione di Corte d’appello per i minorenni.

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19Capitolo Secondo - Organizzazione giudiziaria

I provvedimenti del Tribunale per i minorenni (civili, penali e ammini-strativi) possono essere impugnati e sottoposti quindi all’esame del giudicedi secondo grado, che giudica con un collegio formato da tre magistratiprofessionali (consiglieri) e due giudici onorari (esperti in discipline umanenominati dal Consiglio superiore della magistratura, come avviene per igiudici onorari del Tribunale per i minorenni).

Nelle Corti d’appello maggiori, esiste una Sezione specializzata stabile che ha competen-za sugli appelli riguardanti tutta la materia minorile e di famiglia (quindi, ad esempio, anchesulle cause di separazione o divorzio):

Possono impugnare i provvedimenti del Tribunale per i minorenni e ri-volgersi quindi alla Sezione per i minorenni della Corte di appello:

— il Procuratore della Repubblica per i minorenni, il Procuratore generale,l’imputato (in ambito penale);

— il Procuratore della Repubblica per i minorenni e i soggetti privati legit-timati a proporre la domanda al Tribunale (genitori, parenti, tutore) (inambito civile).

L’atto di impugnazione si chiama reclamo se è diretto contro decreti delTribunale per i minorenni, e si chiama appello se diretto contro sentenze.

8. MAGISTRATURA DI SORVEGLIANZA

Con l’entrata in vigore dell’ordinamento penitenziario del 1975 e la suc-cessiva L. 663 del 1986, si sono sdoppiate le funzioni di sorveglianza confe-rendole nel settore minorile, al giudice di sorveglianza presso il tribunaleper i minori e al tribunale per i minori.

L’art. 79 o.p., prevede che il Tribunale per i minorenni nella sua compo-sizione ordinaria svolge tutte le funzioni proprie del Tribunale di sorve-glianza.

L’art. 3, c. 2, disp. c.p.p.m., chiarisce che anche il tribunale per i mino-renni esercita le attribuzioni della magistratura di sorveglianza.

Le funzioni di sorveglianza sono, dunque, distribuite tra:

— il magistrato di sorveglianza, giudice monocratico che esercita le fun-zioni risultanti dal coordinamento degli artt. 69 o.p.; 62 L. 689/81 (de-penalizzazione); 678 c.p.p. nonché quelle specificamente conferiteglidagli artt. 30 e 40 D.P.R. 448/1988;

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Parte Prima - Il diritto minorile20

— il tribunale per i minorenni, (giudice collegiale) che svolge le funzioniattribuite al tribunale di sorveglianza, è competente riguardo ai provve-dimenti previsti dall’art. 70 o.p.

È importante rilevare che la loro competenza, relativamente ai reati com-messi dai minori degli anni diciotto, continua sino a che il soggetto nonabbia compiuto il venticinquesimo anno di età.

GlossarioCompetenza processuale: consiste nella quantità di giurisdizione che ogni organo giudi-ziario può esercitare in concreto: essa è limitata in base a criteri di funzioni, materia eterritorio. La competenza processuale è diversamente ripartita fra i vari organi giudiziari, aseconda che si tratti di giurisdizione civile e penale.

Consiglio dell’Ordine forense: è l’associazione di categoria degli esercenti la professionedi avvocato. La sua funzione attiene essenzialmente alla disciplina degli iscritti circa laosservanza delle regole di deontologia professionale ed alle questioni relative agli onorari.

Doppio grado di giurisdizione: È il principio secondo il quale, dopo la decisione di primogrado in un giudizio (civile, penale, amministrativo, tributario), e prima dell’intervento dilegittimità della Corte di Cassazione, è ammessa la possibilità di un riesame della questioneda parte di un diverso organo giudicante. Il (—) di merito non è costituzionalmente garantito:l’art. 111 Cost., infatti, garantisce la ricorribilità in Cassazione per i soli motivi di legittimità.

Patrocinio a spese dello Stato: altrimenti detto “gratuito patrocinio”, consiste nel dirittoall’assistenza legale gratuita delle persone non abbienti. Al gratuito patrocinio possonoessere ammessi l’imputato, la persona offesa dal reato, il danneggiato che intenda costitu-irsi parte civile ed il responsabile civile. Il richiedente deve essere, in ogni caso, “personanon abbiente”, secondo i parametri fissati dalla legge. L’istituto è ammesso anche nei giu-dizi civili, amministrativi, contabili, tributari e negli affari di volontaria amministrazione.

Rappresentanza: è in generale il meccanismo di sostituzione di un soggetto (rappresentan-te) ad un altro (rappresentato) nel compimento di attività giuridica per conto di quest’ultimo.

Reato permanente: è quel reato in cui la lesione al bene protetto, richiesta per l’esistenzadel reato, perdura per un certo lasso di tempo.

Scrittura privata autenticata: documento scritto che ha per contenuto una dichiarazione,di scienza o di volontà, dell’autore del documento medesimo: questo non proviene da unpubblico ufficiale, ma è sottoscritto dalla parte. L’autenticazione consiste nell’attestazione,da parte del pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previoaccertamento della identità della persona che sottoscrive.

Volontaria giurisdizione: È un tipo di giurisdizione diretta alla gestione di un negozio o di unaffare, per la cui conclusione è necessario l’intervento partecipativo di un terzo (il giudice)estraneo ed imparziale che collabora con le parti allo scopo di costituire un determinato rapportogiuridico, in quei casi in cui la legge non consente ai privati di provvedervi autonomamente.

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PARTE SECONDA

MINORE E FAMIGLIA

CAPITOLO PRIMO

PERSONE FISICHE

Sommario: 1. Persona fisica. - 2. Capacità giuridica. - 3. Capacità di agire. - 4. Figuredi incapacità legale di agire. - 5. Incapacità naturale di agire. - 6. Figure di incapacitàrelativa. - 7. Istituti di protezione degli incapaci.

1. PERSONA FISICA

Il minore è, per il diritto, una persona e, come tale, è sottoposto al regi-me giuridico delle persone fisiche.

Diamo di seguito in questo capitolo le nozioni generali, rinviando a quellisuccessivi gli approfondimenti relativi allo status dei minori.

Persona, nel linguaggio giuridico, sta a significare soggetto di diritto(SANTORO-PASSARELLI). L’ordinamento giuridico stabilisce chi debbaessere considerato soggetto di diritto, ossia persona.

Nel nostro ordinamento, soggetti dell’attività giuridica sono: le personefisiche; le persone giuridiche; gli enti di fatto.

L’uomo è riconosciuto dall’ordinamento come soggetto del mondo giu-ridico, capace, cioè, di essere titolare e di esercitare diritti e doveri giuri-dici.

La nostra Costituzione, in materia di persona fisica, sancisce due fondamentali principi:

— ogni essere umano, solo perché è persona fisica, è considerato dall’ordinamento anchesoggetto di diritto;

— tali soggetti hanno tutti uguale grado di soggettività giuridica.

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Parte Seconda - Minore e famiglia22

L’uomo, in virtù del riconoscimento come soggetto di diritto, è capacedi essere tutelare di diritti e doveri giuridici (capacità giuridica) ed è altresìcapace di esercitare i diritti e doveri medesimi (capacità di agire).

2. CAPACITÀ GIURIDICA

La capacità giuridica compete a tutte le persone fisiche ed alle personegiuridiche e non può essere oggetto di rinuncia o transazione.

Ai sensi dell’art. 1 c.c., la capacità giuridica si acquista al momentodella nascita con la separazione del feto dal corpo materno che è fatta coin-cidere con l’inizio della respirazione polmonare.

È necessario. quindi, esser nati vivi (il nato morto, infatti non acquista lapersonalità), ma è sufficiente anche la vita di pochissimi istanti.

La legge prende eccezionalmente in considerazione anche la condizione del concepito,riconoscendogli la possibilità di essere titolare di diritti, sia pure subordinatamente all’eventodella nascita (art. 1, co. 2, c.c.). In particolare:

— ai nascituri concepiti, la legge riconosce la piena capacità di succedere a causa di morte(art. 462, co. 1, c.c.) e la capacità di rilevare per donazione (art. 784 c.c.);

— ai nascituri non concepiti la legge riconosce la capacità di succedere a causa di morte masolo in caso di vocazione testamentaria (art. 463, co. 3 c.c.) e la capacità di ricevere perdonazione (art. 784 c.c.).

3. CAPACITÀ DI AGIRE

La capacità di agire è l’attitudine mediante manifestazioni di volontà adacquistare ed esercitare diritti, nonché ad assumere obblighi.

Differenze

La capacità di agire va tenuta distinta dalla capacità giuridica in quanto:— la capacità giuridica attiene all’aspetto statico-passivo della soggettività, ed indica la

riferibilità al soggetto di diritti, obblighi e situazioni giuridiche;— la capacità d’agire concerne l’aspetto dinamico ed attivo, la possibilità per il soggetto

di compiere atti di acquisto, perdita, modifica dei suoi diritti e rapporti giuridici.

La capacità legale di agire si acquista con la maggiore età e cioè alcompimento del diciottesimo anno (art. 2 c.c.), età in cui si presume chel’individuo possa consapevolmente curare i propri interessi e sia in grado divalutare la portata degli atti da porre in essere (cd. capacità di intendere e divolere).

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23Capitolo Primo - Persone fisiche

La capacità legale d’agire, si conserva — di regola — fino alla morte.Essa, comunque, è legata alla idoneità del soggetto a curare i propri inte-ressi. In tutti i casi in cui tale idoneità viene meno, o è limitata, anche lacapacità di agire subisce la stessa sorte.

Pertanto si può avere:

— incapacità legale di agire, che presuppone l’inidoneità del soggetto allacura dei propri interessi: l’incapacità è assoluta, totale, perché il sogget-to non può compiere nessun atto.

I casi sono tassativamente determinati dalla legge e sono:

— la minore età;— l’interdizione giudiziale;— l’interdizione legale;

— incapacità relativa, nelle ipotesi in cui il soggetto ha una limitata capa-cità di agire, dato che la legge gli attribuisce il potere di compiere soloatti di ordinaria amministrazione, che non incidono sul suo patrimonio.I casi sono:

— l’emancipazione;— l’inabilitazione.

A tutte queste ipotesi di incapacità si collegano i c.d. istituti di protezio-ne che consentono l’esplicazione dell’attività giuridica del soggetto incapa-ce, attraverso l’ausilio di una persona normalmente capace.

4. FIGURE DI INCAPACITÀ LEGALE DI AGIRE

A) Minore di età

La minore età dà luogo ad una figura di incapacità legale assoluta, nelsenso che esclude ogni attitudine del soggetto al compimento di quegli attiper i quali la legge richiede la capacità di agire.

In sostanza, il legislatore richiede che per il compimento di determinatiatti o fatti il minore abbia raggiunto un grado di maturità tale da consentirglidi effettuare una valutazione obiettiva circa l’opportunità e l’importanzadell’atto che si appresta a compiere.

Il negozio compiuto dal minore è annullabile a meno che non sia stato ilminore stesso che con artifici e raggiri ad occultare la sua età (malitia sup-plet aetatem, art. 1426). L’azione di annullamento può essere esercitata dal

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Parte Seconda - Minore e famiglia24

minore, dal suo rappresentante, dagli eredi e aventi causa del minore. Siprescrive in cinque anni che iniziano a decorrere dal raggiungimento dellamaggiore età.

B) Interdizione giudiziale

L’interdizione giudiziale (art. 414 c.c.) si ha quando colui che si trovaaffetto da abituale (ossia permanente) infermità di mente è dichiarato consentenza incapace di provvedere ai propri interessi (TRABUCCHI).

Presupposti per l’interdizione:

— esistenza di un’infermità mentale, caratterizzata dal duplice requisito della gravità edell’abitualità;

— incapacità di provvedere ai propri interessi.

Il minore non emancipato può essere interdetto nell’ultimo anno della sua minore età (art.416). Tale norma ha lo scopo di non lasciare privo di tutela l’incapace neanche nel periodo ditempo che può intercorrere tra il compimento della maggiore età (fino a questo momento sonoi genitori che si occupano della sua cura) e la sentenza di interdizione. Il provvedimento d’in-terdizione consiste in una sentenza costitutiva.

In seguito all’emanazione della L. 9-1-2004, n. 6, l’interdizione non è più obbligatoria ma deveessere disposta solo quando ciò si riveli necessario ai fini dell’adeguata protezione dell’incapace.

Infatti, qualora il giudice, nel corso del giudizio di interdizione, ritenga opportuno appli-care il diverso istituto dell’amministrazione di sostegno, dispone a tal fine la trasmissione degliatti al giudice tutelare (art. 418 c.c.).

C) Interdizione legale

L’interdizione legale (art. 32 c.c.) è una misura che si applica nei con-fronti di coloro che sono condannati all’ergastolo o alla reclusione per untempo non inferiore ai cinque anni (art. 32 c.p.).

È qualificata legale, in quanto opera ex lege, senza bisogno di un appo-sito giudizio.

Differenze

Quando alla differenza tra interdizione legale e giudiziale si ricordi che:— l’interdizione legale non rappresenta una forma di protezione dell’incapace, ma una

pena;— l’incapacità dell’interdetto legale è limitata agli atti di natura patrimoniale; l’interdet-

to legale può, quindi, sposare, riconoscere figli e porre in essere tutti gli atti di naturanon-patrimoniale;

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