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1950 QUINTA EDIZIONE GUIDA PRATICA ALLA PROGETTAZIONE DEI LOCALI IGIENICI DESTINATI A PERSONE CON MOBILITÀ RIDOTTA E AD ANZIANI INFORMAZIONI SU BARRIERE ARCHITETTONICHE-ACCESSIMENTI-AUSILI PER ARCHITETTI - UFFICI TECNICI - INSTALLATORI

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QUINTA EDIZIONE

GUIDA PRATICAALLA PROGETTAZIONE DEI LOCALI IGIENICI

DESTINATI A PERSONE CONMOBILITÀ RIDOTTA E AD ANZIANI

INFORMAZIONI SU BARRIERE ARCHITETTONICHE-ACCESSIMENTI-AUSILI

PER ARCHITETTI - UFFICI TECNICI - INSTALLATORI

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1. Il controllo delle barriere architettoniche pag. 3

2. La progettazione pag. 5

2.1. Fonti d’ingombro e misure medie pag. 5

2.2. Ambito spaziale d’azione pag. 6

2.3. Spazi di manovra pag. 7

2.4. Antropometria pag. 8

2.5. Serramenti interni pag. 9

2.6. Spazio di manovra nei servizi igienici pag. 10

3. Il ruolo delle norme pag. 11

3.1. Le leggi in Italia, sintesi cronologica pag. 14

3.2. D.M. 236/89 e D.P.R. 503/96: criteri, specifichee soluzioni tecniche pag. 28

4. Esempi di realizzazioni pag. 30

4.1. Bagno privato pag. 31

4.2. Bagno pubblico pag. 32

4.3. Servizio di assistenza alla progettazione pag. 34

INDICE

I paragrafi: 3., 3.1., 3.2., 4.1. e 4.2. sono in parte tratti da:

Guida alla progettazione accessibile, a cura di Stefano Maurizio, Maria Teresa Ponzio e Paolo Zardini,

ed. BOCCHI, Milano, 1993

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Il termine “barriere architettoniche”, entrato nellinguaggio e nella normativa italiana (anche sesarebbe più appropriato dire “barriere materiali” o“barriere edilizie”) deriva dall’uso internazionalein particolare dall’espressione inglese “architectur-al barriers”.Vengono con esso definiti, come è noto, tutti gliostacoli materiali presenti nell’ambiente costruitoche non ne permettano l’agibilità alle persone fisi-camente svantaggiate.“Noi intendiamo per barriera architettonica -scrive l’arch. Maria Teresa Ponzio - tutto ciò che,nell’ambiente costruito, ostacola la persona nelcompimento di un’azione, in quanto non adegua-to alle capacità fisiche, psichiche e sensoriali dellapersona stessa”.Ad esempio un citofono posto troppo in alto perun bambino, una salita troppo ripida per unanziano, una superficie troppo scivolosa per chi

usa le stampelle; una porta troppo stretta per chi simuove in carrozzina...È da notare che si tratta di un rapporto dinamico, incontinua trasformazione, in funzione del-l’evoluzione tecnologica e scientifica degli ausili dicui può servirsi la persona (carrozzina, bastone,ecc.).Immobili pubblici e privati, spazi esterni: analiz-zandoli ci si accorge che l’ambiente costruito èstato studiato solo per le persone sane, che pos-sono tranquillamente accedere ad un marciapiede,a un mezzo di trasporto pubblico, a un edificio.La maggioranza di coloro che non hanno maiprestato attenzione al problema è destinata a viver-lo un giorno, invecchiando, di prima persona; concapacità motorie ridotte, facoltà sensoriali affievo-lite ci si rende conto di cosa voglia dire vivere inuna città modellata senza tener conto delle esigen-

1. IL CONTROLLO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

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ze di tutte le persone.L’opinione pubblica tende a prendere in conside-razione la questione delle “barriere architet-toniche” solo nei casi più eclatanti, di cui l’invali-do in carrozzina è il simbolo; difficilmente invecegli artritici, le vittime temporanee di incidenti, icardiopatici, gli obesi, i daltonici, le personeanziane, le gestanti e i bambini vengono identifi-cati come soggetti dipendenti in parte o completa-mente da questo problema.Chi abbia partecipato a vari convegni sull’argo-mento, alle occasioni di studio e di dibattito suc-cedutesi con una certa frequenza - nell’ultimodecennio - in Italia, avrà constatato una presenza,sia di operatori sanitari, sociali e assistenziali chedei diretti interessati - i soggetti disabili- e delleloro associazioni, portatori di esperienza e con-tributi tecnici qualificati e costruttivi.Disinformazione e scarso interesse sono, al con-trario, ancor oggi diffuse tra i progettisti (fattaeccezione per un ambito ristretto di specialisti).Troppi architetti, troppi ingegneri continuano apensare che l’adozione di ausili ed accessimentiarchitettonici, comporti una limitazione della loro

creatività progettuale, vincolandoli a soluzionimacchinose e fuori dalla norma; troppi sono tutto-ra convinti che l’assenza di barriere architettonichenel progetto di un manufatto edilizio incidaproibitivamente sul costo di realizzazione (nelcaso di nuove costruzioni è per lo meno anacro-nistico continuare a parlare di “eliminare le bar-riere” che esistono solo nella mente e nella matitadel progettista).Se il problema, invece, viene assunto subito, all’attodella progettazione e nella sua interezza, l’inciden-za dell’adeguamento sui costi si aggira sull’1% (finoad un max. del 5% raggiunto solo in casi moltospecifici, ad esempio in presenza di condizioni par-ticolari del terreno).Quanto agli interventi su edifici preesistenti(manutenzione straordinaria, ristrutturazione,restauro), l’incidenza dell’eliminazione delle bar-riere architettoniche sui costi è estremamente varia-bile; difficilmente comunque, è tale da giustificareuna rinuncia totale. Purtroppo le barriere architet-toniche sono diffuse anche nelle nuove costruzioni,malgrado la normativa in vigore e le numerose pub-blicazioni oggi reperibili in Italia.

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2. LA PROGETTAZIONE

2.1. FONTI D’INGOMBRI E MISURE MEDIE

Per una progettazione attenta alle problematiche rela-

tive alla fruizione degli spazi da parte di soggetti con

limitate possibilità motorie, si ritiene opportuno fornire

alcune informazioni di natura dimensionale, riguardanti

gli ingombri minimi e gli ambiti spaziali d’azione dei

diversi soggetti disabili. Viene posta particolare atten-

zione all’utenza in carrozzina, per la quale sono presi

in considerazione l’antropometria, gli spazi di manovra

e l’utilizzo di serramenti interni, di tipo specifico roto-

traslatorio e/o dotati di speciali ausili.

Nel dimensionamento dei locali e nella collocazione

degli arredi è indispensabile tenere conto degli ingom-

bri minimi relativi alle diverse disabilità.

Gli spazi minimi d’ingombro possono variare in fun-

zione del tipo di ausili necessari agli spostamenti; una

persona che per camminare utilizza il bastone, necessi-

ta di uno spazio d’ingombro di larghezza non inferiore

a 70-75 cm, mentre una persona che utilizza le stam-

pelle, o altri sostegni, richiede una dimensione variabile

dagli 80 ai 95 cm. A seconda del modello e delle

modalità d’uso, la carrozzina necessita di spazi diversi;

se spinta da un assistente, richiede, per un movimento

in linea retta, una larghezza netta minima dello spazio

d’ingombro di 80 cm (85 cm per carrozzine più larghe),

se spostata autonomamente dal disabile, in considera-

zione dell’ingombro dei gomiti o della difficoltà di pro-

cedere in maniera perfettamente rettilinea, lo spazio di

ingombro minimo diventa di 90 cm (fig. A).

Va ricordato che alcune persone disabili, per indossare o

togliere indumenti e/o apparecchi per gli arti inferiori, ha

bisogno di uno spazio minimo, dall’estremità del sedile

al più vicino ostacolo frontale, di 65-75 cm (fig. B).

Vengono illustrati alcuni dati d’ingombro medi e indica-

tivi riferiti ad una persona in carrozzina.(fig. C).

(Le illustrazioni sono tratte da European manual for an

accessible build environment, Rijswijk Netherlands,

CCPT, 1990)

fig. A - Larghezze di passaggio

A - uomo/donna

B - persona con stampelle

C - persona con passeggino

D - persona con valige

E - persona in carrozzina

F - persona accompagnata

fig. B - Spazio minimo frontale

fig. C - Misure d’ingombro medie

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2.2. AMBITO SPAZIALE D’AZIONE

Si ritiene interessante presentare alcune schematiz-zazioni relative all’ambito spaziale d’azione e allemisure da considerarsi “medie” per vari tipi di utenza,tra cui il soggetto disabile in carrozzina (fig. A).Queste illustrazioni vogliono comunque sottolineare

come, in fase di progettazione, il posizionamento diarredi, comandi o altri oggetti, deve essere preferibil-mente accessibile a qualsiasi utenza. (Le illustrazioni sono tratte da European manual for anaccessible build environment, op. cit.).

fig. A - Ambiti d’azioneA - uomoB - donnaC - bambinoD - anzianoE - disabile in carrozzina

fig. B - Spazio minimo frontale fig. C - Misure d’ingombro medio

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Il tipo di menomazione, le caratteristiche antropome-

triche della singola persona, il tipo di carrozzina e la

tecnica usata per girarla sono le variabili relative all’am-

bito spaziale di manovra di una persona disabile in car-

rozzina.

In fase di progettazione è opportuno prevedere cerchi di

rotazione (cioè spazi funzionali a un giro di 360°) di

150-170 cm di diametro; tali dimensioni infatti soddi-

sfano un’ampia casistica (fig. A).

Per una rotazione di 180° è indispensabile uno spazio

minimo di 140x180 cm. Per altri raggi di rotazione si

può fare riferimento alle quote dell’illustrazione.

È opportuno tenere in considerazione alcune caratteri-

stiche verticali della carrozzina, in quanto nell’area del

cerchio di rotazione possono essere compresi eventuali

spazi liberi sottostanti elementi dell’arredo, in relazione

all’altezza dei poggiapiedi, dei braccioli ecc. (fig. B).

Si riportano le dimensioni d’ingombro del soggetto disa-

bile in carrozzina e della sola carrozzina (Fig. C, da

Handicap et construction, Louis - Pierre Grosbois, Le

Moniteur, Paris, 1996).

2.3. SPAZIO DI MANOVRA

fig. A - Tipi di manovra per far ruotare la sedia

fig. B - Ingombro generato dalla rotazione

130

- 14

513

0 -

145

65 -

75

6050

18 2260

- 7

090

- 1

1070

- 7

5

115 - 125

65 - 75

110 - 120

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La progettazione “tradizionale” si è sempre “misurata”

con soggetti privi di alcuna limitazione: nelle più note

rappresentazioni antropometriche, lo standard di riferi-

mento rientra sempre in precisi e canonici rapporti

dimensionali.

Il progettista d’oggi deve essere in grado di dimensio-

nare correttamente gli ambiti fruiti dai soggetti disabili

e, deve inoltre tenere in considerazione l’eventualità

che l’utente rientrante oggi nei canoni antropometrici

standard, possa nel corso degli anni avere la necessità

di spazi diversi da quelli richiesti inizialmente.

Riduzioni delle possibilità motorie intervengono nor-

malmente nella terza età.

È intuibile che le informazioni dimensionali di base

sono estremamente diverse a seconda della natura delle

menomazioni che colpiscono i soggetti di riferimento:

far aderire struttura e dimensionamento di un ambiente

ai bisogni di persone anziane (che spesso, anche se

deambulanti, hanno particolari esigenze di fruizione

dello spazio) è altra cosa dal compiere un’analoga

operazione che tenga conto delle menomazioni di

adulti in carrozzina; diversi, ancora, i criteri progettuali

connessi ad un soggetto disabile giovane costretto all’u-

so della carrozzina.

Si allegano alcuni dati antropometrici medi relativi agli

ambiti spaziali d’azione del soggetto in carrozzina (fig.

A, da Handicap et construction, op. cit.).

2.4. ANTROPOMETRIA

fig. A - Dati antropometrici

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Particolare attenzione deve essere posta al posizio-

namento e al tipo di serramenti interni utilizzati negli

ambienti accessibili.

La porta di accesso di ogni edificio e di ogni unità

immobiliare deve essere di almeno 80 cm, mentre le

altre porte devono avere luce netta di almeno 75 cm

(preferibilmente 85 cm).

Gli spazi antistanti e retrostanti alle porte devono

essere adeguatamente dimensionati anche in rapporto

al tipo di apertura.

Per consentire un sufficiente spazio di manovra al soggetto

disabile in carrozzina, l’area libera adiacente alla porta,

dal lato della maniglia, deve essere di almeno 45 cm

(preferibilmente 55 cm); (fig. A tratta da European manualfor an accessible build environment,. op. cit.).

Nell’utilizzo di porte ad anta scorrevole, al fine di

migliorare la presa, si dovrà dotare la porta di maniglie

ausiliarie.

L’ingombro delle maniglie, non consente la totale aper-

tura della porta, che deve essere opportunamente

dimensionata al fine di mantenere la larghezza netta del

passaggio di almeno 85 cm.

Impiegando porte normali diviene opportuno dotare la

porta di una maniglia ausiliaria per la chiusura,

posizionata sul fronte opposto al senso di apertura (fig.

B - C).

Maggiore manovrabilità viene garantita con l’impiego della

porta rototraslante, il cui utilizzo, grazie ad un particolare

dispositivo, risulta essere molto più agevole (fig. D).

2.5. SERRAMENTI INTERNI

fig. C - Chiusura di porta dotata di maniglia ausiliaria fig. D - Apertura di una porta rototraslante

fig. A fig. B - Dotazione di maniglia ausiliaria

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Nel progettare il servizio igienico accessibile, si deve

tener conto di tutta quella serie di distanze minime ne-

cessarie all’utilizzo dei vari sanitari e quelle normate

dal D.M. 236/89.

È infatti nell’ambiente bagno che per ovvi motivi si

necessita di una completa autonomia, resa possibile da

un adeguato posizionamento di maniglioni di sostegno

in prossimità degli apparecchi sanitari. Nelle sequenze

qui riportate, tratte da European manual for an accessi-

ble build environment (op. cit.), vengono descritti i pos-

sibili metodi di trasferimento dalla carrozzina alla tazza

del wc.

Trasferimento laterale: accostata la carrozzina al wc, il

soggetto rimuove il bracciolo della carrozzina, afferra il

maniglione e scivola di lato sul sedile della tazza. I

sostegni per mantenere l’equilibrio sono costituiti dal

maniglione e dalla carrozzina (fig. A).

Trasferimento frontale: dopo l’avvicinamento frontale il

corpo viene spinto in avanti facendo leva su due

maniglioni e ruotando fino a raggiungere la posizione

seduta laterale e, spostata la carrozzina il soggetto di-

sabile si gira; l’equilibrio è supportato dall’utilizzo dei

due maniglioni (fig. B).

Trasferimento obliquo: dopo l’avvicinamento laterale,

la rimozione del bracciolo della carrozzina e lo sposta-

mento a lato del poggiapiedi, una mano viene appog-

giata sul sedile del wc e l’altra sulla carrozzina; il

trasferimento sul sedile del wc avviene con il solleva-

mento e la torsione del corpo. L’equilibrio è mantenuto

grazie al sostegno del maniglione e della carrozzina

(fig. C)

2.6. SPAZIO DI MANOVRA NEI SERVIZI IGIENICI

fig. A - Trasferimento laterale

fig. B - Trasferimento frontale

fig. C - Trasferimento obliquo

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Dal 1967 in Italia esistono norme riguardanti le barriere

architettoniche e l’accessibilità.

Una data recente. che indica come sia relativamente

tardiva, nel nostro Paese, l’attenzione a questa proble-

matica e il concreto riconoscimento del civile e dovuto

“diritto a vivere nel contesto sociale” anche per le per-

sone con limitazioni fisiche, psichiche o sensoriali.

Ma anche una data ormai sempre più remota, tale da

non consentire più di giustificare la “non accessibilità”

del costruito con una presunta novità delle leggi. Così

come non può essere addebitata la non osservanza di

queste norme alla mancanza di precise sanzioni, infatti

si tratta comunque sempre di leggi dello Stato e in

quanto tali può essere perseguita la loro mancata appli-

cazione, che non sarebbe corretto invece monetizzare

cioè accettare in cambio di una qualsiasi pena pecu-

niaria.

Le leggi ormai ci sono e, per quanto perfettibili, si tratta

soprattutto di applicarle con intelligenza e perizia.

Analizzando queste norme possiamo notare innanzi

tutto come si siano modificati ed evoluti negli anni i

concetti di accessibilità e barriera architettonica a livel-

lo culturale e come parallelamente sia mutato anche

l’atteggiamento del legislatore a questo proposito. Le

prime norme parlavano infatti di interventi volti a

migliorare la situazione di vita di “persone con mino-

razioni”; la barriera architettonica cioè era considerata

come un ostacolo in relazione ad una particolare si-

tuazione (definita peraltro con un termine svalutativo:

minorazione) della persona che subisce il danno. E così

pure si parlava soprattutto di “eliminazione” di barriere

architettoniche, più che di “non creazione” delle stesse.

Peraltro già si intuiva che un ambiente privo di tali bar-

riere avrebbe portato vantaggio a tutti.

Nel corso degli anni si è lentamente rafforzata la con-

sapevolezza che il vero problema è quello di una

accessibilità generalizzata, cioè di un ambiente rispon-

dente alle necessità di tutte le persone. Ciò non è quindi

un fatto che riguardi pochi individui, ma comporta

invece un tipo di progettazione più corretta, che con-

senta alle persone di muoversi liberamente all’interno

della città.

È utile sottolineare che le norme, se da un lato riflettono

la cultura del momento storico in cui nascono, dall’altro

possono concorrere a condizionare i comportamenti

sociali e possono dunque avere esse stesse valore

propulsivo o al contrario involutivo nei confronti di una

nuova cultura. È perciò evidente l’importanza di leggi

valide e in grado di trasmettere idee corrette.

La normativa non deve allora essere vista come un vin-

colo che costringe e umilia la creatività progettuale, ma

come un supporto per la conoscenza di nuovi requisiti

che devono essere introdotti nella progettazione e come

vincolo si, ma con il quale la progettazione è spinta a

confrontarsi proprio per esprimere il meglio della crea-

tività e abilità tecnica.

Compito del progettista infatti è proprio quello di ideare

le migliori soluzioni ai problemi più particolari e com-

plessi, in presenza di vincoli di varia natura (economici,

3. IL RUOLO DELLE NORME

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energetici, statici, costruttivi, ambientali, storici, cultu-

rali, sociali ecc.) tra i quali anche i vincoli umani, legati

alla persona che dovrà fruire del prodotto di tale proget-

tazione. E ciò vale sia per la progettazione di una città

che di un edificio o di un elemento di arredo, di un vei-

colo o di uno strumento, di un ago o di una matita!

L’espressione precisa di una nuova esigenza costituisce

lo stimolo per l’ideazione di nuovi prodotti. La legge,

dunque, non è solo un vincolo da rispettare, ma piut-

tosto una risorsa, uno strumento a disposizione per rag-

giungere un fine. E lo scopo da perseguire non è

comunque mai quello di adempiere la legge per se stes-

sa (tanto meno di rispettarla solo formalmente, letteral-

mente), ma piuttosto quello di raggiungere “attraverso il

rispetto della legge” l’obiettivo che la legge stessa indi-

ca. Nel caso che qui trattiamo, l’obiettivo da raggiun-

gere è quello della totale accessibilità e fruibilità del-

l’ambiente costruito, per consentire ad ogni persona il

pieno e autonomo utilizzo e godimento dell’ambiente

stesso e di svolgere liberamente le proprie attività quo-

tidiane, nei modi che le sono propri, usufruendo di tutto

il territorio e non solamente di ambiti delimitati o

porzioni percentuali dello stesso.

L’accessibilità quindi, definita in rapporto alle azioni,

non può certo essere ridotta solo a una questione di

centimetri né ad altri tipi di prescrizioni oggettuali

rigide (es.: il tipo della porta, la forma di un lavandino,

l’altezza di un interruttore, ecc.). Ma, al contrario, la

norma va vista e applicata in rapporto alla dinamica

dell’azione, così ad esempio: la larghezza della porta

deve essere tale da consentire il passaggio attraverso il

vano della porta stessa e dipende dunque anche dalla

posizione della porta rispetto all’ambiente in cui essa è

inserita, dall’andamento del percorso che precede e

segue la porta, dal tipo di manovra necessaria per aprire

e chiudere la porta ecc.; l’altezza del water deve essere

tale da consentire la seduta e l’alzata di una persona e/o

il trasbordo dalla carrozzina, la permanenza sulla tazza

in condizioni di sicurezza e comfort, l’espletamento

delle funzioni fisiologiche ecc. È necessario, tuttavia,

che l’attenzione per un’esigenza non vada a scapito di

un’altra . Ad esempio: se la porta avesse un battente

troppo ampio, questo potrebbe risultare difficoltoso e

faticoso da manovrare oltre a creare eccessivo ingom-

bro nella sua rotazione con conseguente riduzione degli

spazi utili circostanti.

Al contempo è altresì necessario che le esigenze di

accessibilità non vengano considerate in alternativa o in

antitesi, ad esempio, con esigenze di sicurezza o vice-

versa. Occorre invece attuare interventi unitari che sap-

piano ricomporre la complessità delle richieste

espresse.

Poiché come si è detto, l’accessibilità va considerata in

rapporto allo svolgimento di azioni risulta evidente che

il soddisfacimento di questo requisito possa richiedere

interventi non sempre uguali, ma relazionati alla diversa

tipologia della struttura edilizia ed al tipo di attività che

in essa si svolge: lavorativa, abitativa, sportiva, ecc.

Come pure differente sarà la soluzione che si potrà

adottare in caso di nuovi interventi piuttosto che in caso

di ristrutturazione. Tali osservazioni sottolineano un

altro aspetto di evoluzione tra le varie normative tec-

niche emanate in materia. Alcune infatti sono risultate

di difficile applicazione o di scarsa efficacia proprio

perchè non tenevano nel giusto conto le necessità di

interventi differenziati per le diverse situazioni, né la

disponibilità di nuovi sistemi offerti dal progresso tecno-

logico. Si va ora invece sempre più rafforzando la con-

sapevolezza che (soprattutto nel caso di preesistenze)

non sia sempre possibile una applicazione rigida di

standard dimensionali e che talora con l’ausilio di espe-

dienti meccanici o elettronici sia possibile garantire il

raggiungimento di una pur “minima” accessibilità, che

deve costituire comunque un obiettivo là dove l’alterna-

tiva sarebbe solo “nessuna” accessibilità.

Da tali considerazioni, deriva la necessità che i tecnici

siano in grado di affrontare anche questo problema con

la dovuta preparazione e informazione e dunque con

un costante aggiornamento, come già avviene per tutti

gli altri aspetti della professione. Infatti, anche se la nor-

mativa costituisce una risorsa non trascurabile, essa non

può comunque essere sufficiente a garantire il consegui-

mento reale dell’accessibilità. Cosi come la legge non è

sufficiente a garantire la possibilità di usare in modo

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completo e sicuro l’ambiente costruito: per una efficace

applicazione della legge occorre un profondo muta-

mento nella concezione e nell’uso degli spazi di vita

(come già avvenuto in passato per altre esigenze quali

ad esempio quelle di carattere igienico).

Del resto il diritto a vivere, a muoversi, a usare in modo

completo e sicuro l’ambiente costruito non possono

essere imposti solo per legge, ma devono essere

riconosciuti a tutti gli esseri umani da un contesto cul-

turale sensibile e consapevole.

Illustreremo nelle prossime pagine la legislazione

nazionale in materia di accessibilità, soffermandoci par-

ticolarmente sulle normative tecniche vigenti, che costi-

tuiscono il riferimento fondamentale e necessario per

chi opera nel nostro paese.

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Molte sono le norme che si sono succedute, a li-

vello nazionale, in tema di barriere architet-

toniche. Le prime prescrizioni a tal riguardo sono

contenute nella Circolare del Ministero dei Lavori

Pubblici n. 425 del 20 gennaio 1967 “Standards

residenziali”, che costituisce la guida per dimen-

sionare in modo qualitativamente valido, i piani

per l’edilizia economica popolare. In essa non

vengono date prescrizioni tecniche particolari

riguardo al problema delle barriere architettoniche,

ma questo viene richiamato nel quadro di una

migliore qualità ambientale, che va a vantaggio di

tutte le persone e che deve essere raggiunta sia

negli interventi edilizi che in quelli urbanistici.

Da allora sono stati emanati numerosi provvedi-

menti normativi (leggi, decreti, regolamenti, circo-

lari), ma purtroppo altrettanto numerose sono state

le inadempienze in merito, a volte anche a causa

della difficoltosa applicazione di tali norme o della

scarsa informazione.

Possiamo individuare sostanzialmente quattro

ricorrenti tipologie di prescrizioni relative a questo

tema: norme specifiche per l’eliminazione o non

creazione di barriere architettoniche; richiami, pre-

senti nei più diversi testi di Legge, al rispetto della

normativa specifica vigente; riferimenti alla neces-

sità di conseguire l’accessibilità delle strutture,

inseriti in normative di settore (scuola, sport,

tempo libero, cultura, turismo, trasporti, casa,

ecc.); cenni generici alla necessità di non creare o

di eliminare le barriere architettoniche.

Esamineremo ora i principali provvedimenti nor-

mativi che costituiscono i capisaldi nell’evoluzione

legislativa del nostro Paese in merito alla tematica

dell’accessibilità. Per ogni normativa che ana-

lizzeremo, sarà evidenziato anche graficamente il

relativo campo di applicazione; ciò al fine di ren-

dere di più immediata percezione anche il loro

intersecarsi e sovrapporsi, elemento questo com-

plicante ma fondamentale da tenere in conto per

una corretta interpretazione e utilizzazione delle

norme stesse.

C.M. 4809/68

La Circolare Ministeriale n. 4809 “Norme per assi-

curare l’utilizzazione degli edifici sociali da parte

dei minorati fisici e, per migliorarne la godibilità

generale” è stata emanata dal Ministero dei Lavori

Pubblici il 19 giugno 1968.

È interessante notare che questa circolare (a parte

l’uso in essa fatto di termini infelici e datati quali

“minorati”) esprimeva nelle sue premesse intendi-

menti ed impostazione assai validi e avanzati: ci

pare utile citarli qui di seguito sinteticamente.

La circolare riguarda “l’eliminazione delle barriere

architettoniche” in relazione ad opere ed edifici

costruiti dallo Stato e da Enti pubblici” o “realizza-

ti a totale o parziale finanziamento dello Stato”.

Specificamente le “norme si riferiscono a strutture

a carattere collettivo, con particolare riguardo al

settore dell’edilizia sociale, sia per le nuove

costruzioni che per le costruzioni già esistenti nel

caso che queste ultime siano sottoposte a ristrut-

turazione”, ma “forniscono anche precise indi-

cazioni all’edilizia collettiva in generale, ed

all’edilizia residenziale.”

Queste norme, che “hanno come presupposto la

generalizzazione dei vantaggi derivanti dalla elimi-

nazione delle barriere architettoniche”, hanno

“valore integrativo e non sostitutivo delle altre

vigenti regolamentazioni” e non escludono

soluzioni più avanzate, ma anzi vanno intese

“come stimolo di ulteriori progettazioni di mezzi

ed accorgimenti di più elevato grado di efficienza

e contenuto tecnico”, che “potranno pertanto

essere esaminate ed appurate dai competenti

Uffici”. Esse si pongono come un “mezzo atto a

3.1. LE LEGGI IN ITALIA - sintesi cronologica

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151950

favorire il processo di reinserimento del minorato

fisico nella società”, “tendono inoltre a promuo-

vere un processo di sensibilizzazione degli organi

interessati” e, più largamente, dell’opinione pub-

blica e conseguentemente determinare un preciso

impegno di tutti i settori, la cui attività si svolge in

favore dei minorati fisici”. L’eliminazione delle

barriere architettoniche “non rappresenta infatti la

soluzione definitiva del problema del reinserimen-

to dei minorati fisici, a causa delle complessità e

delle numerose implicazioni che il problema stes-

so presenta.

Risulta evidente pertanto che solo inquadrando la

strumentazione fornita al settore dell’edilizia nel-

l’ambito più vasto di una operante ricerca interdi-

sciplinare potrà attuarsi il tanto auspicato “reinseri-

mento del minorato fisico nella struttura sociale a

tutti i possibili livelli”.

Questa circolare, pur essendo formalmente supera-

ta dalle normative susseguenti, rimane oggi un

riferimento interessante, non solo per la valu-

tazione degli interventi effettuati nell’epoca cui

essa appartiene, ma anche perché in essa sono

contenuti spunti di carattere tecnico non sempre

ripresi dalle norme successive.

L. 118/71

La Legge n. 118 del 30 marzo 1971, “Conversione

in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove

norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”,

prevede agli articoli 27 e 28 anche provvedimenti

relativi alla eliminazione delle barriere architet-

toniche. In particolare l’articolo 27 (“Barriere

architettoniche e trasporti pubblici”) riprende, con

esplicito riferimento, i contenuti della C.M.

4809/68 relativamente agli edifici pubblici o aperti

al pubblico e le istituzioni scolastiche prescola-

stiche o di interesse sociale di nuova edificazione,

ma anche, per quanto possibile, agli edifici appal-

tati o già costruiti all’entrata in vigore della Legge.

Vi si richiede inoltre che siano accessibili agli inva-

lidi non deambulanti anche “i servizi di trasporti

pubblici ed in particolare i tram e le metropoli-

tane” e che “gli alloggi situati nei piani terreni dei

caseggiati dell’edilizia economica e popolare”

siano assegnati per precedenza agli invalidi, che

hanno difficoltà di deambulazione, qualora ne fac-

ciano richiesta.”

L’articolo 28 (“Provvedimenti per la frequenza sco-

lastica”) garantisce esplicitamente, anche attraver-

so l’adozione di adatti accorgimenti, il diritto per i

mutilati e gli invalidi civili alla frequenza scolasti-

ca e allo studio nelle normali strutture scolastiche.

Il riferimento tecnico cui la legge rimandava era a

quell’epoca la Circolare Ministeriale 4809 del

1968, sostituito il 27 aprile 1978 dal D.P.R. n. 384,

“Regolamento concernente norme di attuazione

dell’art. 27 della Legge 30 marzo 1971, n. 118, in

favore degli invalidi civili in materia di barriere

architettoniche e di trasporti pubblici”, a sua volta

abrogato e sostituito il 24 luglio 1996 dal D.P.R. n.

503, “Regolamento recante norme per l’elimi-

nazione delle barriere architettoniche negli edifici,

spazi e servizi pubblici”.

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L’art. 14 del DPR 384 abrogato prevedeva:

Locali igieniciAl fine di consentire l’utilizzazione dei locali igie-nici anche da parte di persone a ridotte o impeditecapacità motorie, i locali igienici stessi devonoessere particolarmente dimensionati e attrezzati.Alcuni comunque, non meno di uno, dei localiigienici devono essere accessibili mediante un per-corso continuo orizzontale o raccordato conrampe.La porta di accesso deve avere una luce nettaminima di 0,85 m e deve essere sempre apribileverso l’esterno.Le dimensioni minime del locale igienico devonoessere di 1,80 x 1,80 m.Il locale igienico deve essere attrezzato con: tazzae accessori, lavabo, specchio, corrimani orizzonta-li e verticali, campanello elettrico di segnalazione.La tazza w.c. deve essere situata nella parete oppo-sta all’accesso. La sua posizione deve garantire dallato sinistro (per chi entra) uno spazio adeguatoper l’avvicinamento e la rotazione di una sedia arotelle, dall’altro, una distanza tale da consentire achi usa il w.c. un agevole appiglio ai corrimanoposti sulla parete laterale (destra per chi entra).Pertanto l’asse della tazza w.c. deve essere postoad una distanza minima di 1,40 m dalla paretelaterale sinistra e a una distanza di 0,40 m dallaparete laterale destra.La distanza fra il bordo anteriore della tazza w.c. ela parete posteriore deve essere di almeno 0,80 m.L’altezza del piano superiore della tazza deve esse-re di 0,50 m dal pavimento.Gli accessori (comando per il lavaggio idraulicodella tazza w.c., porta carta igienica) devono esse-re sistemati in modo da rendere l’uso agevole edimmediato.Il lavabo deve essere posto preferibilmente nellaparete opposta a quella cui è fissata la tazza w.c.,lateralmente all’accesso.Il piano superiore del lavabo deve essere posto aduna altezza di 0,80 m dal pavimento. Deve esseredel tipo a mensola in maniera da consentire ade-

guato avvicinamento con sedia a rotelle.

Le tubazioni di aduzione e di scarico devono esse-

re sotto traccia in modo da evitare ogni possibile

ingombro sotto il lavabo. La rubinetteria deve

avere preferibilmente il comando a leva.

Lo specchio deve essere fissato alla parete, supe-

riormente al lavabo, interessando una zona com-

presa fra 0,90 e 1,70 m di altezza del pavimento.

Il locale igienico deve essere provvisto di un corri-

mano orizzontale continuo, fissato lungo l’intero

perimetro del locale (ad eccezione dello spazio

interessato dal lavabo e dalla porta) ad una altezza

di 0,80 m dal pavimento e a una distanza di 5 cm

dalla parete. Altro corrimano deve essere previsto

all’altezza di 0,80 m fissato nella faccia interna

della porta, in modo da consentirne l’apertura a

spinta verso l’esterno.

È necessario inoltre prevedere due corrimani verti-

cali fissati al pavimento e al soffitto e opportuna-

mente controventati alle pareti.

Un corrimano verticale deve essere posto alla sini-

stra (per chi entra) della tazza w.c. di 40 cm e dalla

parete posteriore di 15 cm in modo da essere soli-

damente afferrato con la mano destra da parte di

chi usa la tazza w.c.

Il secondo corrimano verticale deve essere posto

alla destra (per chi entra) della tazza w.c., ad una

distanza di 30 cm dal bordo anteriore della tazza

w.c. e di 15 cm dalla parete laterale destra in

modo da essere solidamente afferrato con la mano

sinistra.

I corrimano, orizzontali e verticali devono essere

realizzati in tubo di acciaio da 1 pollice, rivestito e

verniciato con materiale plastico antiusura.

Il campanello elettrico deve essere del tipo a cor-

done, posto in prossimità della tazza w.c., con

suoneria ubicata in luogo appropriato al fine di

consentire l’immediata percezione della eventuale

richiesta di assistenza.

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171950

L. 41/86 e L. 67/88

Le prescrizioni esistenti in tema di accessibilità

sono state per molti anni totalmente disattese, non

solo da parte dei privati, ma anche degli stessi Enti

Pubblici che avrebbero dovuto vigilare sulla loro

applicazione. Per questo la Legge n. 41 del 28 feb-

braio 1986 “Disposizioni per la formazione del

Bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge

finanziaria 1986” contiene, all’articolo 32, un

richiamo perentorio alla necessità di sanare la si-

tuazione esistente, imponendo a tutte le

Amministrazioni competenti di adottare piani di

eliminazione delle barriere architettoniche entro

un anno dall’entrata in vigore della Legge stessa,

pena il commissariamento da parte delle Regioni e

delle Province autonome di Trento e Bolzano.

Lo stesso articolo di legge ricorda, tra l’altro, che

non possono essere approvati progetti di

costruzione o ristrutturazione di opere pubbliche

che non siano conformi” alle disposizioni del

D.P.R. 384/78 (abrogato dal D.P.R. 503/96) e che

“non possono altresì essere erogati dallo Stato o da

altri enti pubblici contributi o agevolazioni per la

realizzazione di progetti in contrasto con le norme

di cui al medesimo decreto”. Queste enunciazioni

potrebbero, in parte, apparire superflue in quanto

ribadiscono obblighi già esistenti per legge tut-

tavia, alla luce della condizione di non accessibil-

ità in cui si trovano le nostre città, ben si com-

prende l’importanza di tale richiamo, con il quale

inoltre si estende l’obbligo anche a interventi effet-

tuati da privati qualora questi usufruiscano di con-

tributi o agevolazioni da parte di enti pubblici.

L’articolo già citato della Legge finanziaria 1986

prevede inoltre l’accantonamento di alcune quote

di bilancio per interventi di adeguamento di edifici

pubblici di competenza statale, di strutture edilizie

e di materiale rotabile dell’Ente Ferrovie dello Stato

e per la contrazione di prestiti finalizzati da parte

degli enti locali. La successiva Legge n. 67 dell’11

marzo 1988 “Disposizioni per la formazione del

bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge

finanziaria 1988)” prevede la possibilità, per

comuni e province, di accedere a mutui a totale

carico dello Stato “per il finanziamento dei piani

di eliminazione delle barriere architettoniche”, per

gli anni 1989 e 1990. Occorre al riguardo sottoli-

neare che la redazione dei piani è e rimane

comunque un obbligo ben preciso, mentre l’acces-

so a mutui più o meno agevolati è una possibilità

offerta agli Enti Locali per favorire l’attuazione dei

piani stessi, ma non può divenire un alibi per giu-

stificare l’inadempienza.

I piani di eliminazione delle barriere architet-

toniche configurano dunque un’operazione di

riqualificazione delle nostre città: si tratta di met-

tere a punto una vera e propria “pianificazione

dell’accessibilità” finalizzata alla riconversione sis-

tematica di tutto il patrimonio esistente e garantita

dalla correttezza di tutti i nuovi interventi.

L. 13/89 e D.M. 236/89

La Legge del 9 gennaio 1989 n. 13 “Disposizioni

per favorire il superamento e l’eliminazione delle

barriere architettoniche negli edifici privati” all’ar-

ticolo 1 sancisce, per il settore dell’edilizia privata

e tutta l’edilizia residenziale, l’obbligo di conside-

rare le esigenze di accessibilità della struttura

anche in rapporto a utenza con limitazioni motorie

o sensoriali.

Tale articolo di legge è particolarmente importante,

poiché proprio il settore dell’edilizia residenziale

privata era rimasto sino a quel momento privo di

indicazioni normative a livello nazionale in tema

di accessibilità.

Infatti mentre risultava ormai acquisita (almeno sul

piano teorico e normativo) la necessità di realiz-

zare ambienti ad uso pubblico con caratteristiche

di accessibilità per una utenza vasta ed eteroge-

nea, pareva invece che l’ambito più specifica-

mente privato non dovesse sottostare a tali requisiti

di piena fruibilità.

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La Legge prende in particolare considerazione la

“costruzione di nuovi edifici” e la “ristrutturazione

di interi edifici”, demandando ad un successivo

decreto la definizione delle prescrizioni tecniche

necessarie a garantirne l’accessibilità, l’adattabilità

e la visitabilità, ma al contempo indicando alcuni

precisi criteri di progettazione relativi alla percorri-

bilità verticale dell’edificio e agli accessi dell’edifi-

cio, delle sue parti comuni, delle singole unità

immobiliari. Ancora all’articolo 1 della Legge

13/89 troviamo introdotto, per la prima volta in

tema di accessibilità, l’obbligo di allegare al pro-

getto la dichiarazione di conformità alle dispo-

sizioni della Legge stessa, a firma del professionista

abilitato.

Nei successivi articoli (dal 2 al 12) la Legge tratta

di agevolazioni e contributi per l’adeguamento di

edifici privati esistenti, con specifico riguardo per

le abitazioni delle persone con disabilità.

Particolarmente interessanti risultano: le modifiche

introdotte al Codice Civile per consentire l’ese-

cuzione di vari interventi anche in opposizione al

parere del condominio, le semplificazioni proce-

durali per l’ottenimento dei permessi da parte dei

vari organi competenti, le deroghe possibili rispet-

to ai Regolamenti Edilizi comunali e l’istituzione

presso il Ministero dei Lavori pubblici di un

“Fondo speciale per l’eliminazione e il superamen-

to delle barriere architettoniche negli edifici pri-

vati”. Alcuni aspetti della Legge 13/89, soprattutto

quelli in relazione alle “innovazioni da attuare

negli edifici privati” esistenti e ai relativi contributi,

sono stati ulteriormente specificati dallo stesso

Ministero dei Lavori pubblici con la Circolare del

22 giugno 1989, n. 1669/U.L. “Circolare esplicati-

va della Legge 9 gennaio 1989, n. 13”.

In data 14 giugno 1989 è stato invece emanato

l’atteso Decreto contenente le prescrizioni tec-

niche, previsto dall’articolo 1 della Legge 13/89; si

tratta del Decreto Ministeriale n. 236 “Prescrizioni

tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’a-

dattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di

edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e

agevolata, ai fini del superamento e dell’elimi-

nazione delle barriere architettoniche”.

Occorre sottolineare l’importante elemento di

novità e qualità contenuto nel D.M. 236/89 e co-

stituito dall’impostazione di fondo che, riallaccian-

dosi all’approccio esigenziale-prestazionale, tende

a fornire elementi di definizione e controllo degli

obiettivi richiesti, anziché dettare soluzioni preco-

stituite univoche e indiscutibili. La qualità (accessi-

bilità) di un oggetto o di un ambiente è dunque

identificata non più in una determinata soluzione

dimensionale o tecnica, ma nel soddisfacimento

che l’oggetto attraverso le sue prestazioni, offre

alle esigenze individuate. Da tale impostazione

derivano alcune altrettanto importanti conseguenze;

la rivalutazione del momento progettuale, intesa

come riconosciuta libertà e responsabilità del pro-

gettista nella ricerca di soluzioni, ma anche come

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manifesta inderogabilità di un attento studio proget-

tuale che deve essere attuato preliminarmente ad

ogni intervento realizzativo; la presa d’atto dell’ap-

porto fornito dalla tecnologia alla possibilità di indi-

viduare risposte appropriate alle esigenze di fruibi-

lità di spazi e oggetti; la necessità di un continuo

aggiornamento del Decreto stesso, reso possibile da

una impostazione dinamica (atta a recepire anche i

suggerimenti provenienti da Enti locali, istituti uni-

versitari, studiosi e professionisti) al fine di consen-

tire di considerare la rapida e continua evoluzione

sociale culturale e tecnologica in atto.

Sebbene presenti ancora alcune carenze e diffi-

coltà a livello applicativo, il D.M. 236/89 si pre-

senta dunque come fatto innovativo all’interno del

nostro panorama legislativo. Di particolare rilievo

risulta essere, tra l’altro, la richiesta dell’accessibi-

lità intesa non più come un elemento di-

screzionale o accessorio, ma come un indispen-

sabile requisito di qualità (rafforzato da concetti di

sicurezza e autonomia) che non deve venir meno

neanche in presenza di vincoli storici artistici o

ambientali e che si affianca e deve essere coordi-

nato ad altri requisiti di qualità quali la preven-

zione ed estinzione incendi, la prevenzione del

rischio sismico, il risparmio energetico. ecc...

Data la sua particolarità, può essere utile al fine di

una maggior chiarezza e comprensione di questo

provvedimento normativo, sintetizzare qui la sua

articolazione: negli artt. 1, 2, 7, 10, 11, 12 sono

contenute le indicazioni generali relative all’appli-

cazione di questa norma e relative procedure

(campo di applicazione, definizioni, cogenza delle

prescrizioni, elaborati tecnici, verifiche, aggiorna-

mento e modifica delle prescrizioni); l’art. 2 del

D.M. 236 specifica le definizioni ai fini del decre-

to; al punto G) recita: “per ACCESSIBILITÀ si

intende la possibilità, anche per persone con ridot-

ta o impedita capacità motoria o sensoriale, di rag-

giungere l’edificio e le sue singole unità immobi-

liari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di

fruirne gli spazi e attrezzature in condizioni di

adeguata sicurezza e autonomia”.

Al punto H): “per VISITABILITÀ si intende la possi-

bilità, anche da parte di persone con ridotta o

impedita capacità motoria o sensoriale, di

accedere agli spazi di relazione di almeno un

servizio igienico di ogni unità immobiliare. Sono

spazi di relazione gli spazi di soggiorno o pranzo

dell’alloggio e quelli dei luoghi di lavoro, servizio

ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto

con la funzione ivi svolta”.

Al punto I): “per ADATTABILITÀ si intende la pos-

sibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito

a costi limitati, allo scopo di renderlo completa-

mente ed agevolmente fruibile anche da parte di

persone con ridotta o impedita capacità motoria o

sensoriale; l’art. 3 indica i criteri generali di pro-

gettazione, ovvero segnala quali siano i livelli

qualitativi (accessibilità, visitabilità, adattabilità) da

applicare per le diverse tipologie edilizie;

l’art. 4, indica quali siano i criteri di progettazione

per l’ACCESSIBILITÀ, l’art. 5, quali siano i criteri di

progettazione per la VISITABILITÀ dove al 5.3 rife-

rendosi alle STRUTTURE RICETTIVE prescrive:

ogni struttura ricettiva (alberghi, pensioni, villaggi

turistici, campeggi, ecc.) deve avere tutte le parti e

servizi igienici comuni ed un determinato numero

di stanze accessibili anche a persone con ridotta o

impedita capacità motoria. Tali stanze devono

avere arredi, servizi, percorsi e spazi di manovra

che consentano l’uso agevole anche da parte di

persone su sedia a ruote. Qualora le stanze non

dispongano dei servizi igienici, deve essere acces-

sibile sullo stesso piano, nelle vicinanze della stan-

za, almeno un servizio igienico.

Il numero di stanze accessibili in ogni struttura

ricettiva deve essere di almeno 2 fino a 40 o

frazione di 40, aumentando di altre 2 ogni 40

stanze o frazione di 40 in più.

In tutte le stanze è opportuno prevedere un

apparecchio per la segnalazione sonora e lumi-

nosa, di allarme. La ubicazione delle stanze acces-

sibili deve essere preferibilmente nei piani bassi

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dell’immobile e comunque nelle vicinanze di un

“luogo accessibile sicuro statico” o di una via di

esodo. Per i villaggi turistici e campeggi, oltre ai

servizi igienici ed alle attrezzature comuni,

devono essere accessibili almeno il 5% delle

superfici destinate alle unità di soggiorno tempora-

neo con un minimo assoluto di due unità.

L’art. 6 indica quali siano i criteri di progettazione

per l’ADATTABILITÀ.

Gli artt.. 8 e 9 trattano delle specifiche e soluzioni

tecniche, che possono tuttavia essere superate in

fase di progetto con soluzioni alternative (che

devono successivamente essere approvate, previa

verifica degli organi competenti) “purché rispon-

dano alle esigenze sottintese dai criteri di proget-

tazione” espressi nei già citati artt. 3, 4, 5, 6 che

costituiscono dunque il vero nucleo di questa nor-

mativa.

L. 104/92

Dopo una gestazione di alcuni lustri, è stata ema-

nata in data 5 febbraio 1992 la “Legge-quadro per

l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle

persone handicappate” n. 104.

L’esigenza di una tale legge nasceva, agli inizi

degli anni 70, dalla necessità di superare la Legge

118/71, che non offriva una soluzione soddisfa-

cente ai persistenti problemi di istituzionalizzazio-

ne ed emarginazione delle persone disabili, in

risposta alle istanze emerse di integrazione sociale.

La legge-quadro doveva dunque consentire, nelle

intenzioni dei proponenti, il passaggio dall’inter-

vento assistenziale alla difesa dei diritti sanciti

dalla Costituzione per “tutti i cittadini... senza

distinzione”.

Nel lungo e dibattuto iter percorso, il testo della

proposta di legge ha subito notevoli variazioni,

anche per adattarsi via via, con il trascorrere degli

anni, alle mutate e mutanti condizioni storiche

(socio-amministrativo-normative) nelle quali veni-

va a trovarsi. Basti pensare a quante norme sono

state emanate in questi anni, sia a livello nazionale

che locale, relativamente ai vari settori di interven-

to: scuola, sanità, edilizia, lavoro, ecc., anche con

specifico riferimento ai problemi della disabilità.

Mutando il contesto si è modificato sostanzialmen-

te anche il significato della tanto attesa legge-qua-

dro, al punto da far in parte dubitare persino della

sua stessa validità.

Tuttavia le molte implicazioni a livello architettoni-

co ed urbanistico derivanti da questa legge risulta-

no in alcuni casi anche sostanzialmente consistenti

e sottolineano l’importanza che hanno assunto

anche gli aspetti edilizi, territoriali e tecnologici

nell’ambito delle problematiche relative all’inte-

grazione sociale delle persone con disabilità.

Le norme che ci riguardano sono presenti in modo

più o meno esplicito in moltissimi articoli di que-

sta legge, anche se da una lettura affrettata del

testo potrebbe apparire che solo pochi articoli ne

ALLEGATO AART. 3 - CRITERI GENERALIDI PROGETTAZIONE

° (Adattabilità): possibilità di installazione nel tempo di meccanismidi sollevamento (ascensore o servo-scala)

ACC

ESSI

BILE

EDIF

ICI

NO

NRE

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ENZI

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EDIF

ICI

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DEN

ZIA

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ITABI

LE

AD

ATTA

BILE

• UNIFAMILIARI E PLURIFAMILIARI PRIVI DI PARTI COMUNI

UNITÀ IMMOBILIARI

UNITÀ IMMOBILIARI

PARTI COMUNI

°°

PLURIFAMILIARI CON NON PIÚDI TRE LIVELLI FUORI TERRA

PLURIFAMILIARI CON PIÚDI TRE LIVELLI FUORI TERRA

ATTIVITÀ SOCIALI (scuola, sanità, cultura, assistenza, sport)

PARTI COMUNI

••

•COLLOCAMENTO NONOBBLIGATORIO• RIUNIONE O SPETTACOLO

E RISTORAZIONECOLLOCAMENTOOBBLIGATORIO

•COLLOCAMENTO NONOBBLIGATORIO•

RICETTIVI E PARARICETTIVI

LOCALI APERTI AL PUBBLICO NONPREVISTI NELLE PRECEDENTI CATEGORIE

COLLOCAMENTOOBBLIGATORIO

CULTO

COLLOCAMENTO NONOBBLIGATORIO•COLLOCAMENTOOBBLIGATORIO

LUOGHI DI LAVORO NONAPERTI AL PUBBLICO

COLLOCAMENTO NONOBBLIGATORIO•COLLOCAMENTOOBBLIGATORIO•

•••

° (Accessibilità): deroga all’installazione dell’ascensore;restano valide tutte le altre prescrizioni previste per l’accessibilità

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211950

trattino in modo preciso.

È dunque necessario che i progettisti approfondi-

scano l’analisi di questa legge senza i preconcetti

che il suo titolo potrebbe indurre e che potrebbero

far ritenere si tratti di un provvedimento riguardan-

te solo alcune categorie di persone e ambiti di

applicazione particolari. Le indicazioni emergenti

da questa legge dovranno essere integrate e raccor-

date con le altre norme riguardanti l’accessibilità

oltreché con tutte le norme vigenti per ogni specifi-

co settore di intervento.

Citiamo qui alcune delle principali innovazioni

presenti nella legge in esame: il campo di applica-

zione della L.118/71 e della L.13/89 viene esteso

(per quanto di competenza di ognuna) a “tutte le

opere riguardanti edifici pubblici e privati aperti al

pubblico”, comprendendo anche le opere ex lege

47/85 art. 26; “la richiesta di modifica di destina-

zione d’uso di edifici in luoghi pubblici o aperti al

pubblico” deve essere accompagnata da una

dichiarazione di conformità alla normativa vigente

in materia di accessibilità; in caso di inadempien-

za, sono previste specifiche sanzioni per “il proget-

tista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico

degli accertamenti per l’agibilità e l’abitabilità ed il

collaudatore, ciascuno per la propria competen-

za”,(l’ammenda da 10 a 50 milioni e sospensione

dai rispettivi albi professionali per un periodo com-

preso da UNO a SEI mesi); sono previste quote di

finanziamento per l’eliminazione di barriere archi-

tettoniche negli edifici pubblici (residenziali e

non); si richiede di integrare i piani di eliminazio-

ne delle barriere architettoniche con interventi

relativi all’accessibilità degli spazi urbani; si preve-

de l’adeguamento dei regolamenti edilizi alle

disposizioni vigenti in materia; si richiede alle

regioni di elaborare, “nell’ambito dei piani regio-

nali di trasporto e dei piani di adeguamento delle

infrastrutture urbane, piani di mobilità delle perso-

ne handicappate” coordinati con piani predisposti

dai comuni e si stabilisce inoltre che il Ministero

dei trasporti provveda alla omologazione di proto-

tipi di mezzi di trasporto pubblico idonei.

La legge-quadro istituisce inoltre un “Comitato

nazionale per le politiche dell’handicap”, presie-

duto dal Ministro per gli affari sociali, con il com-

pito di coordinare “l’attività delle Amministrazioni

dello Stato competenti a realizzare gli obiettivi”

della legge stessa, oltre che di promuovere “politi-

che di sostegno per le persone handicappate” e

verificare la “attuazione della legislazione vigente

in materia”.

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D. Lgs. 626/94In materia di barriere architettoniche

In recepimento delle direttive europee riguardanti

la sicurezza e salute dei lavoratori sui luoghi di

lavoro È stato varato il Decreto Legislativo 19 set-

tembre 1994, n. 626.

In esso compare un articolo dettante le prescrizio-

ni in materia di barriere architettoniche nei luoghi

di lavoro, l’articolo 30, comma 4, 5 e 6, in cui si

prevede che i luoghi di lavoro devono essere strut-

turati tenendo conto, se del caso, di eventuali por-

tatori di handicap. Tale obbligo vige in particolare

per: le porte, le vie di circolazione, le scale, le

docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati ed

occupati direttamente da lavoratori portatori di

handicap; si afferma inoltre che tali disposizioni

non si applicano ai luoghi di lavoro già utilizzati

prima del 1° gennaio 1993, ma comunque che in

essi debbano essere adottate misure idonee a con-

sentire la mobilità, l’utilizzazione dei servizi sani-

tari e dell’igiene personale.

In realtà questa norma non è la prima a porre dei

vincoli sugli ambienti di lavoro, in quanto già con

il D.P.R. 384/78 (abrogato e sostituito dal D.P.R.

503/96) si prevedeva che gli edifici pubblici di

nuova realizzazione, quelli soggetti a ristruttura-

zione e gli esistenti fossero accessibili; la legge

13/89 ed il D.P.R. 236/89 prevedono già dalla loro

data di entrata in vigore che siano accessibili tutti

gli edifici privati di nuova costruzione o sottoposti

a ristrutturazione (quindi tutti i luoghi di lavoro

gestiti dai privati).

Infine la legge 104/92 prevede per tutti gli edifici

pubblici o aperti al pubblico condizioni di accessi-

bilità quando si effettui un cambiamento di desti-

nazione d’uso o l’esecuzione di lavori parziali

(opere interne).

L’accessibilità negli ambienti di lavoro era quindi

un requisito già richiesto, si è trattato quindi di un

ulteriore affermazione dell’attenzione da porre nei

confronti della eliminazione delle barriere architet-

toniche, in considerazione del fatto che esse costi-

tuiscono comunque una limitazione della sicurez-

za nell’ambiente di lavoro.

Va comunque notato che il legislatore non fa riferi-

mento alla data di costruzione dell’edificio, ma

alla data d’inizio di un’attività lavorativa: se ne

deduce per tanto che avviando un attività lavorati-

va in un edificio di antica costruzione vanno appli-

cate tutte le prescrizioni relative all’accessibilità.

D. Lgs. 626/94 In materia di movimentazione manualedei carichi

Con la legge 626/94 sono state recepite anche le

direttive europee in materia di movimentazione

manuale dei carichi.

La legge ha lo scopo di migliorare le condizioni di

sicurezza e di salute dei lavoratori nei luoghi di

lavoro; si pone gli obiettivi di ridurre i rischi ed

agevolare i lavoratori, responsabilizzando il datore

di lavoro e di indurre quest’ultimo a adottare misu-

re di prevenzione.

Il datore di lavoro è tenuto ad eliminare i rischi per

la salute del lavoratore introducendo nell’ambiente

di lavoro delle strumentazioni che, sfruttando il

progresso tecnico, limitano e riducono la fatica ed

il rischio della salute dei lavoratori; ai lavoratori

spetta invece l’utilizzo corretto dei macchinari e

delle attrezzature messe a loro disposizione

Al titolo quinto il decreto tratta della movimenta-

zione manuale dei carichi durante lo svolgimento

del lavoro: per movimentazioni manuale dei cari-

chi si intendono “le operazioni di trasporto o di

sostegno di un carico ad opera di uno o più lavora-

tori, comprese le azioni di sollevare, deporre, spin-

gere, tirare, portare o spostare un carico che per

loro caratteristiche o in conseguenza delle condi-

zioni ergonomiche sfavorevoli, comportino tra l’al-

tro rischi di lesioni dorso-lombari” (lesioni a carico

delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari

a livello dorso-lombare).

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231950

Il datore di lavoro è obbligato ad adottare le misu-

re organizzative necessarie o ricorrere ai mezzi

appropriati; inoltre quando si rende necessaria la

movimentazione manuale di carichi, essa deve

essere organizzata in modo che sia quanto più

possibile sicura e sana.

L’allegato VI alla legge 626/94 introduce i parame-

tri necessari a valutare la presenza di rischi per i

lavoratori in considerazione al carico e alla sua

movimentazione: viene sottolineato il rischio

dorso-lombare quale conseguenza di alcune situa-

zioni, tra cui carico troppo pesante (30 Kg), diffi-

coltà di afferrare l’oggetto, equilibrio instabile

dello stesso, necessità di tenerlo o maneggiarlo

con torsione e/o inclinazione del tronco, ecc.

Attraverso l’utilizzo di ausili atti a facilitare le ope-

razioni di movimentazione e/o sollevamento il

datore di lavoro ed i lavoratori devono tutelarsi

contro la presenza dei rischi derivanti da tali ope-

razioni.

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24

1950

Il D.P.R. 503/96

L’emanazione del D.P.R. 503/1996 quale regola-

mento recante norme per l’eliminazione delle bar-

riere architettoniche negli edifici, spazi e servizi

pubblici, abroga l’ormai datato D.P.R. 384/78 che

dettava, norme diverse e molto più rigide di quelle

che regolavano l’accessibilità degli edifici privati,

come ad esempio le norme riguardanti locali igie-

nici accessibili negli edifici pubblici, che consen-

tono la realizzazione di bagni di dimensioni ridot-

te, ovviando alla realizzazione di bagni sovradi-

mensionati e di esclusivo utilizzo dei soggetti disa-

bili.

Con la nuova normativa il legislatore introduce

per gli edifici pubblici standards di accessibilità

analoghi a quelli utilizzati per gli edifici privati,

facendo continuamente riferimento al regolamento

dettato dal D.M. 236/1989 e ordinando così tutta

la normativa tecnica precedente.

Il campo di applicazione della norma è esteso a

tutti gli edifici pubblici e gli spazi pubblici.

Altra novità è data dall’introduzione della “acces-

sibilità condizionata”, da estendersi a tutti gli edifi-

ci pubblici non ancora accessibili, infatti l’art. 1

comma 5 prevede che in attesa del predetto ade-

guamento ogni edificio deve essere dotato entro

180 gg. dalla data di entrata in vigore del regola-

mento, a cura dell’Amministrazione pubblica che

utilizza l’edificio, di un sistema di chiamata per

attivare un servizio di assistenza tale da consentire

alle persone con ridotta o impedita capacità moto-

ria o sensoriale la fruizione dei servizi espletati.

Nel decreto viene ripresa l’adozione del Simbolo

Internazionale di accessibilità (come già introdotto

dal D.P.R.384/78) per segnalare “gli edifici, i mezzi

di trasporto e le strutture costruite, modificate o

adattate tenendo conto delle norme per l’elimina-

zione delle barriere architettoniche”.

Il decreto evidenzia l’importanza della pianifica-

zione urbanistica, quale strumento in grado di sce-

gliere, tra le aree da destinare a servizi pubblici

quelle che più si prestano all’assenza di barriere

architettoniche, si richiede inoltre che tutti gli

spazi pubblici pedonalizzati siano dotati di alme-

no un percorso accessibile in grado di consentire

la fruizione di tutti i servizi; spazi pedonali, mar-

ciapiedi, attraversamenti pedonali, scale e rampe,

servizi igienici pubblici e parcheggi devono tener

conto degli standards di accessibilità prevalente-

mente normati dal D. M. 236/89.

Si descrivono le norme generali per gli edifici, si

sottolinea che si debba garantire un adeguato livel-

lo di accessibilità sia al pubblico che al personale

in servizio mediante la presenza di almeno un per-

corso accessibile all’edificio ed ai suoi servizi.

Vengono prese in considerazione le procedure di

deroga e quelle per gli edifici sottoposti a vincolo;

le deroghe sono ammesse in caso di dimostrata

impossibilità tecnica connessa agli elementi strut-

turali o impiantistici, mentre negli edifici soggetti a

vincolo si prevede la possibilità di renderli accessi-

bili attraverso la realizzazione di opere provvisio-

nali.

Gli elaborati tecnici devono essere espliciti nell’in-

dividuare le soluzioni tecniche adottate e il rispetto

alle prescrizioni di legge; sono accompagnati da

una relazione specifica contenente la descrizione

di soluzioni progettuali, opere previste, accorgi-

menti tecnico strutturali e impiantistici, materiali

previsti, e dall’eventuale illustrazione di alternative

con simile o migliore qualità di risultati ottenibili.

Infine il decreto tratta di edilizia scolastica, servizi

speciali di pubblica utilità quali mezzi di trasporto

con relative stazioni e impianti telefonici pubblici.

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25

1950

ESEMPIO DI REALIZZAZIONE MINIMA DI UN SERVIZIO IGIENICO PUBBLICO

MA

LU

X90

0M75 20

0

1,4m

0,4m

0,8m

1,8m

MA

LU

X30

00 c

m 1

700,4m

VE

RA

MA

LU

X60

60

MA

LU

X41

5

0,8m 0,4m

1m

0,25

0,30

m ML

UX

300

0,75

-0,8

m

WABI

RA

DA

215

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26 1950

ESEMPIO DI REALIZZAZIONE DI UN BAGNO PUBBLICOCON SPAZI MINIMI PER GARANTIRE LA FRUIBILITÀ DEI SANITARI

40 40

220

90

220

50

150

85 200

MA

LUX

415

MA

LUX

3000

cm

200

WABI

RADA215HD

MALUX430

MA

LUX

900M

DODI

MALUX500

MA

LUX

300D

MA

LUX

6060

VERA

110

80 c

m

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271950

ACCENNI ALLE NORMATIVE LOCALIRegioni, Province, Comuni, ognuno secondo le

proprie competenze, nel corso di questi anni

hanno adottato provvedimenti in materia di barrie-

re architettoniche, integrando o prevenendo la

legislazione nazionale.

La grande quantità di tali normative locali, di vario

tipo, può essere sommariamente sintetizzata come

segue:

- normative riguardanti le barriere architettoniche

in relazione a particolari tipologie edilizie (es.:

residenziale);

- inserzioni in normative tecniche non riguardanti

solo l’accessibilità;

- richiami alle normative nazionali vigenti in tema

di barriere architettoniche (sinora i richiami riguar-

davano soprattutto il D.P.R. 384/78);

- agevolazioni o incentivi per la rimozione delle

barriere architettoniche o la realizzazione e utiliz-

zazione di strutture accessibili;

- disposizioni particolari all’interno degli strumenti

urbanistici e dei regolamenti igienici ed edilizi.

Le disposizioni emanate da ogni Regione,

Provincia o Comune, in riferimento al tema del-

l’accessibilità, sono molteplici e ognuna di esse,

oltre ad appartenere ad una delle tipologie di inter-

vento sopra descritte, rivela connotati più o meno

progressisti o emarginati, coerentemente al

momento socio-politico nel quale è nata.

Non ci soffermeremo qui a esaminare tutte queste

norme, ma riteniamo necessario informare il letto-

re di questa realtà e invitarlo a prendere attenta-

mente in esame, prima di operare, anche i regola-

menti locali.

Questi infatti potrebbero risultare in taluni casi

anche maggiormente cogenti della legislazione

nazionale e dovranno ugualmente essere rispettati.

In altri casi è possibile invece individuare, ancora

a livello locale, provvedimenti attraverso i quali

sono previsti finanziamenti, contributi o agevola-

zioni, ad esempio per eseguire opere di adegua-

mento nell’alloggio o per la fornitura di ausili.

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28 1950

In questo paragrafo si riporta il testo del D.M.

236/89 che regola la normativa in materia di

accessibilità dei servizi igienici negli edifici privati,

indicando criteri, specifiche e soluzioni tecniche.

Il D.P.R. 503/96 che regola la normativa relativa a

edifici, spazi e servizi pubblici, rimanda completa-

mente al D.M. 236/89, ad eccezione della prescri-

zione secondo cui deve essere prevista l’accessibi-

lità ad almeno un wc ed un lavabo per ogni nucleo

di servizio installato.

Il D.P.R. 503 all’art 8 , servizi igienici pubblici,

rimanda al D.M. 236/89, i cui criteri sono descritti

al punto 4.1.6. i Servizi igienici:

Nei servizi igienici devono essere garantite, con

opportuni accorgimenti spaziali, le manovre di

una sedia a ruote necessarie per l’utilizzazione

degli apparecchi sanitari.

Deve essere garantito in particolare:

- lo spazio necessario per l’accostamento frontale

della sedia a ruote al lavabo, che deve essere del

tipo a mensola;

la dotazione di opportuni corrimano e di un cam-

panello di emergenza posto in prossimità della

tazza e della vasca.

Si deve dare preferenza a rubinetti con manovra a

leva e, ove prevista, con erogazione dell’acqua

calda regolabile mediante miscelatori termostatici,

e a porte scorrevoli o che aprono verso l’esterno.

Le specifiche e soluzioni tecniche sono riportate al

punto 8.1.6. Servizi igienici:

Per garantire la manovra e l’uso degli apparecchi

anche alle persone con impedita capacità motoria,

deve essere previsto, in rapporto agli spazi di

manovra di cui al punto 8.0.2., l’accostamento

laterale alla tazza wc, bidet, vasca, doccia, lavatri-

ce e l’accostamento frontale al lavabo.

A tal fine devono essere rispettati i seguenti minimi

dimensionali:

- lo spazio necessario all’accostamento e al trasfe-

rimento laterale della sedia a ruote alla tazza wc e

al bidet, ove previsto, deve essere minimo 100 cm

misurati dall’asse dell’apparecchio sanitario;

- lo spazio necessario all’accostamento laterale

della sedia a ruote alla vasca deve essere minimo

di 140 cm lungo la vasca con profondità minima

di 80 cm;

- lo spazio necessario all’accostamento frontale

della sedia a ruote al lavabo deve essere minimo di

80 cm misurati dal bordo anteriore del lavabo.

Relativamente alle caratteristiche degli apparecchi

sanitari inoltre:

- i lavabi devono avere il piano superiore posto a

cm 80 dal calpestio ed essere sempre senza colon-

na con sifone preferibilmente del tipo accostato o

incassato a parete;

- i wc e i bidet preferibilmente sono del tipo sospe-

so, in particolare l’asse della tazza wc o del bidet

deve essere posto ad una distanza minima di cm

40 dalla parete laterale, il bordo anteriore a cm

75-80 dalla parete posteriore e il piano superiore a

cm 45-50 dal calpestio.

Qualora l’asse della tazza-wc o bidet sia distante

più di 40 cm dalla parete, si deve prevedere, a 40

cm dall’asse dell’apparecchio sanitario un mani-

glione o corrimano per consentire il trasferimento;

- la doccia deve essere a pavimento, dotata di sedi-

le ribaltabile e doccia a telefono.

Negli alloggi accessibili di edilizia residenziale

sovvenzionata di cui al capo II art. 3 deve inoltre

essere prevista l’attrezzabilità con maniglioni e

corrimano orizzontali e/o verticali in vicinanza

degli apparecchi: il tipo e le caratteristiche dei

maniglioni o corrimano devono essere conformi

alle specifiche esigenze riscontrabili successiva-

mente all’atto dell’assegnazione dell’alloggio e

posti in opera in tale occasione.

3.2. D.M. 236/89 E D.P.R. 503/96:criteri, specifiche e soluzioni tecniche

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291950

Nei servizi igienici dei locali aperti al pubblico è

necessario prevedere e installare il corrimano in

prossimità della tazza wc, posto ad altezza di 80

cm dal calpestio, e di diametro cm 3-4; se fissato a

parete deve essere posto a 5 cm dalla stessa.

Nei casi di adeguamento è consentita la elimina-

zione del bidet e la sostituzione della vasca con

una doccia a pavimento al fine di ottenere anche

senza modifiche sostanziali del locale, uno spazio

laterale di accostamento alla tazza wc e di definire

sufficienti spazi di manovra.

Negli alloggi di edilizia residenziali nei quali è

previsto il requisito della visitabilità, il servizio

igienico si intende accessibile se è consentito

almeno il raggiungimento di una tazza wc e di un

lavabo, da parte di persona su sedia a ruote.

Per il raggiungimento dell’apparecchio sanitario si

intende la possibilità di arrivare sino alla diretta

prossimità di esso, anche senza l’accostamento

laterale per la tazza wc e frontale per il lavabo.

Nelle figure si riportano alcuni schemi indicativi

delle dimensioni minime di ingombro.

Distanze minime previste dal D.M. 236/89Illustrazione tratta da: Le barriere architettoniche, Luigi Prestinenza Puglisi, ed. NIS, Roma, 1996

VASO E BIDET:accostamentolaterale

ACCOSTAMENTOFRONTALE LAVABO:perpendicolare o coninclinazione max di 15°rispetto all’asse

VASCA DA BAGNO:accostamentolaterale

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30 1950

4. ESEMPI DI REALIZZAZIONI

Il presente capitolo presenta alcune soluzioni di

bagni, nuovi o ristrutturati, a domicilio o inseriti in

centri residenziali (case di cura, case di riposo,

centri per disabili, ecc.).

Prendendo in analisi i singoli casi risolti si rileva

l’importanza di abbinare, all’applicazione della

legge, una attenta valutazione delle reali esigenze

delle persone disabili; aggiungendo vari accorgi-

menti e ausili tecnici (come ad esempio un solle-

vatore), non prescritti dalla normativa, indispensa-

bili per rendere l’ambiente bagno realmente fruibi-

le.

Le norme introdotte con il D.P.R. 503/96 in mate-

ria di servizi igienici negli edifici pubblici ed edifi-

ci aperti al pubblico, hanno facilitato la realizza-

zione di servizi igienici accessibili in particolar

modo negli edifici esistenti. Inoltre la legge con-

sente che siano resi accessibili i servizi igienici

usati correntemente dagli uomini e dalle donne

senza dover costringere i soggetti disabili all’utiliz-

zazione di uno specifico servizio igienico.

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311950

4.1. BAGNO PRIVATO

CASO A

R. D. di 12 anni affetta da distrofia muscolare, abita insie-

me ai genitori, in un appartamento in affitto. Si sposta in

carrozzina elettrica ed ha un uso ridotto degli arti superio-

ri. Riesce a lavarsi autonomamente ma non è in grado di

fare i trasferimenti.

Obiettivi da raggiungere.

- mobilità in carrozzina all’interno dell’alloggio

- autonomia in bagno per tutte le operazioni di igiene per-

sonale

Problemi evidenziati:

- porta di accesso troppo stretta

- misure inadeguate per garantire il cerchio di rotazione

della carrozzina elettrica

- presenza della vasca, elemento inaccessibile

- impossibilità di avvicinarsi al wc per fare i trasferimenti

Soluzioni adottate:

- ampliamento della porta di accesso (da 71 cm a 80 cm)

- utilizzo di porte scorrevoli a scomparsa o rototraslatorie,

per la maggior praticità del movimento e per diminuire lo

spazio di ingombro

- utilizzo del piatto doccia (Mod. DODI) in sostituzione

della vasca

- installazione del lavabo reclinabile (Mod. VERA)

- acquisto di un sollevapersone mobile (Mod. SOLPAX)

A completamento del progetto è stata presentata domanda

di contributo in base alla Legge 9 gennaio 1989, n. 13.

Pianta stato di fatto. Piano primo

Particolare del bagno con accessori

Assonometria

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32 1950

4.2. BAGNO PUBBLICO

Il D.P.R. 503/96 ha ridefinito i parametri dimensio-

nali, da adottarsi nella progettazione delle strutture

pubbliche, abrogando il D.P.R. 384/78, i cui para-

metri sono stati molto spesso visti come dei vincoli

limitativi e di difficile applicazione.

Grazie alle nuove norme si possono realizzare dei

bagni di dimensioni ridotte, ovviando alla realizza-

zione di bagni sovradimensionati e di esclusivo

utilizzo dei soggetti disabili.

Nell’esempio che viene sottoesposto si offre una

soluzione che permette di avere un servizio igieni-

co completo anche in uno spazio di medie dimen-

sioni.

CASO B

Realizzazione di locale igienico per un centro per

soggetti disabili

Obiettivi da raggiungere:

- economia nello sfruttamento degli spazi

- mobilità ed autonomia in bagno

Problemi evidenziati:

- rilettura delle distribuzioni dei sanitari

- selezione dei maniglioni più idonei per le diverse

operazioni da svolgere in bagno

Soluzioni adottate:

- accostamento del piatto doccia accessibile (Mod.

DODI) al wc per garantire il cerchio di rotazione

- inserimento di maniglione di sicurezza ribaltabile

(Mod. MAKO) alla destra del wc.

40 40

220

90

220

50

150

85 200

MA

LUX

415

MA

LUX

3000

cm

200

WABI

RADA215HD

MALUX430

MA

LUX

900M

DODI

MALUX500

MA

LUX

300D

MA

LUX

6060

VERA

110

80 c

m

Assonometria

Bagno tipo

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331950

CASO C

M. L. di 35 anni affetto da sclerosi multipla.Lavora presso un ente parastatale e il servizioigienico a sua disposizione è di dimensionilimitate con sanitari inadeguati. Attualmenteutilizza quasi esclusivamente la carrozzina epresenta grosse difficoltà nei trasferimenti.Nella ristrutturazione bisogna considerare glispazi di movimento del sollevatore mobile, inquanto la mobilità dell’utente è notevolmentecompromessa.

Obiettivi da raggiungere:- collegare il luogo di lavoro con il servizioigienico- rendere accessibile il servizio igienico- garantire autonomia negli spostamenti anchemediante il sollevatore e l’ausilio di unaccompagnatore

Problemi evidenziati:- impossibilità di effettuare autonomamente itrasferimenti- garantire l’accesso della carrozzina nell’anti-bagno - spazi ridotti- porte troppo strette

Soluzioni adottate:- l’ampliamento della porta di accesso fino a80 cm- inserimento sollevapersone mobile (Mod.SOLPAX)- installazione dei sanitari (wc Mod. WABI,lavabo Mod. VERA)- scelta di una pavimentazione antisdrucciolo- applicazione del miscelatore termoscopico(Mod. RADA) con relativa doccetta

Particolare del bagno

Assonometria

Pianta stato di progetto

Pianta stato attuale

12

1212

12 27

12 12 27327203

12 12 27327203

331

331

105

108

9412

225

1222

5

166

94

166364

12 12 27166364

12 40 2740

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34 1950

4.3. SERVIZIO DI ASSISTENZA ALLA PROGETTAZIONE

1950 CENTRO SERVIZI CONSIGLI DI PROGETTAZIONE

AREA BAGNO DISABILI

Misure in metriScala 1:20

Propone un servizio unito a consigli di progettazio-ne, rivolto all’ambiente bagno.Il susseguirsi di leggi, decreti e circolari ministeriali,rendono il compito del Progettista difficile perchécostretto a consultare più normative.Il nostro servizio propone, ricevendo la pianta quo-tata dell’ambiente bagno, con la posizione, se obbli-gata, della colonna di scarico, un disegno eseguitocon computer e stampa laser, rispettando le normati-ve vigenti e quindi garantendo gli spazi di manovradella sedia a ruote, assicurando così l’accessibilità.

MALUX900M

MALUX415

MALUX845

MALUX430

SPECCHIOMALUX

LAVABOVERA

WC WABI

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1950

Librerie produzioni BOCCHI: disegni in pianta e sezione scala 1:20.Un importante supporto tecnico per tutti i progettisti, utilizzatori diAutocad® (Dos, Windows) e Minicad® (Macintosh).Scaricale gratuitamente dal nostro sito internet: www.bocchi.it.

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UNI EN ISO 9001

BOCCHI S.p.A.

C.so Plebisciti,13 - 20129 MILANO

Tel. 02 70123756 Fax 02 70005331

www.bocchi.it - e-mail:[email protected]

Cert. N. 9190. BOCH

La Qualità dei prodotti e dei servizi sono semprestati elementi della massima importanza perla Bocchi.Sin dalle sue origini, in oltre 50 anni di attività,la Bocchi ha perseguito la Qualità come fattooltre che di cultura, di professionalità e diimpegno etico nei confronti dei propri Clienti.Questi sforzi sono stati finalmente coronati conl'ottenimento degli ambìti certificati di“Qual i tà Aziendale” nazionale edinternazionale CSQ e EQNet, rilasciati indata 5 Ottobre 1994 n.9190.BOCH e sottoriportati in copia.La Certificazione CSQ UNI EN29001-ISO 9001giusto premio di anni di lavoro all'insegna della

Qualità riguarda la progettazione, la vendita,l'assistenza e la commercializzazione dirubinetteria automatica, ausili per disabili,contenitori per liquidi infiammabili, docced'emergenza, apparecchiature per il fitnesse condotte d'aria.Il Sistema Qualità Bocchi è certificato CSQ

e riconosciuto in ambito Europeo da EQNetsecondo le norme ISO 9000 che regolano tuttala gamma delle attività aziendali, dallaprogettazione e sviluppo del prodotto, alladistribuzione ed assistenza. Il riconoscimento

di Qualità più importante è la soddisfazioneche viene dai Clienti e dagli Utenti dei prodotti edei servizi Bocchi.

Qualità Totale

1950

1950

P&

B-

0571

530

262

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ca 0

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