Gruppo Editoriale Simone - Simone per la scuola · Supponiamo che il proprietario della pizzeria...

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1 Espansione on line S356/6 E SIMON EDIZIONI Gruppo Editoriale Simone Percorso 4 I fattori della produzione e le forme di mercato lezione 2 La produzione La produttività Una volta reperiti i fattori produttivi necessari l’imprenditore dovrà decidere come e quanto produrre. Ciò dipende essenzialmente dalla tecnica produttiva di cui l’imprenditore dispone e cioè dal modo in cui i fattori produttivi vengono combinati tra di loro. Si deve in realtà stabilire, data la quantità di terra di capitale e lavoro, la quantità massima di output (prodotto) ottenibile. La relazione tra la quantità di input (capitale, lavoro, terra) e di output viene detta funzione di produzione. Poiché i fattori produttivi possono essere combinati tra loro in modo diverso esistono di conseguenza diversi tipi di funzione di produzione. Così, ad esempio, l’imprenditore può decidere di impiegare la stessa quantità di lavoro, di terra e di capitale per produrre un certo output; in tal caso la funzione di produzione sarà detta a coefficienti fissi; in caso contrario, ovvero utilizzando quantità variabili dei fattori produttivi o sostituendoli gli uni con gli altri si parlerà di funzione di produzione a coefficienti variabili. Ma come può l’imprenditore valutare il contributo di ogni input alla produzione totale? Esistono due diversi strumenti di misura cui l’imprenditore può fare ricorso e cioè la pro- duttività media e la produttività marginale. La produttività media (PM) è il contributo medio che un fattore produttivo dà all’output finale; essa non è altro quindi che il rapporto fra la quantità totale di bene prodotta e la quan- tità del fattore produttivo impiegato, fermo restando la quantità degli altri fattori. La produttività marginale (PMa) misura, invece, il contributo che un’unità aggiuntiva del fattore produttivo considerato dà al prodotto totale, ferme restando le quantità impiegate degli altri. Per chiarire quanto detto ricorriamo ad un esempio: supponiamo che una pizzeria con 2 pizzaioli, 1 forno, 10 chili di mozzarella, 8 di farina e 10 di pomodori sforni in un giorno 200 pizze. Riferendoci al fattore produttivo lavoro la produttività media sarà uguale ad: Pm = 200 2 = 100 Supponiamo che il proprietario della pizzeria decida di assumere un nuovo pizzaiolo, la- sciando invariate le quantità di pomodori, farina e mozzarella e utilizzando ancora un solo forno. Supponiamo, inoltre, che il numero di pizze sfornate in un giorno salga a 250. Ciò significa che con l’impiego di un altro pizzaiolo, la produttività marginale del lavoro è uguale a 50 (250 – 200 = 50). È ovvio però che se il proprietario della pizzeria continuasse ad assumere pizzaioli senza com- prare quantità aggiuntive di mozzarella, farina e pomodori e utilizzando un solo forno ad un certo punto il numero di pizze in più sfornate dall’ultimo pizzaiolo assunto incomincerebbe a decrescere (45, 30, 15 ecc.), fino ad arrivare ad un punto in cui sarebbe impossibile produrre altre pizze, la produttività marginale del lavoro sarebbe cioè nulla o addirittura negativa.

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Gruppo Editoriale Simone

Percorso 4 ➜ I fattori della produzione e le forme di mercato

lezione 2 La produzione

La produttività

Una volta reperiti i fattori produttivi necessari l’imprenditore dovrà decidere come e quanto produrre.Ciò dipende essenzialmente dalla tecnica produttiva di cui l’imprenditore dispone e cioè dal modo in cui i fattori produttivi vengono combinati tra di loro. Si deve in realtà stabilire, data la quantità di terra di capitale e lavoro, la quantità massima di output (prodotto) ottenibile.La relazione tra la quantità di input (capitale, lavoro, terra) e di output viene detta funzione di produzione.Poiché i fattori produttivi possono essere combinati tra loro in modo diverso esistono di conseguenza diversi tipi di funzione di produzione. Così, ad esempio, l’imprenditore può decidere di impiegare la stessa quantità di lavoro, di terra e di capitale per produrre un certo output; in tal caso la funzione di produzione sarà detta a coefficienti fissi; in caso contrario, ovvero utilizzando quantità variabili dei fattori produttivi o sostituendoli gli uni con gli altri si parlerà di funzione di produzione a coefficienti variabili.Ma come può l’imprenditore valutare il contributo di ogni input alla produzione totale?Esistono due diversi strumenti di misura cui l’imprenditore può fare ricorso e cioè la pro-duttività media e la produttività marginale.

La produttività media (PM) è il contributo medio che un fattore produttivo dà all’output finale; essa non è altro quindi che il rapporto fra la quantità totale di bene prodotta e la quan-tità del fattore produttivo impiegato, fermo restando la quantità degli altri fattori.La produttività marginale (PMa) misura, invece, il contributo che un’unità aggiuntiva del fattore produttivo considerato dà al prodotto totale, ferme restando le quantità impiegate degli altri.

Per chiarire quanto detto ricorriamo ad un esempio: supponiamo che una pizzeria con 2 pizzaioli, 1 forno, 10 chili di mozzarella, 8 di farina e 10 di pomodori sforni in un giorno 200 pizze. Riferendoci al fattore produttivo lavoro la produttività media sarà uguale ad:

Pm =

2002

=100

Supponiamo che il proprietario della pizzeria decida di assumere un nuovo pizzaiolo, la-sciando invariate le quantità di pomodori, farina e mozzarella e utilizzando ancora un solo forno. Supponiamo, inoltre, che il numero di pizze sfornate in un giorno salga a 250. Ciò significa che con l’impiego di un altro pizzaiolo, la produttività marginale del lavoro è uguale a 50 (250 – 200 = 50).È ovvio però che se il proprietario della pizzeria continuasse ad assumere pizzaioli senza com-prare quantità aggiuntive di mozzarella, farina e pomodori e utilizzando un solo forno ad un certo punto il numero di pizze in più sfornate dall’ultimo pizzaiolo assunto incomincerebbe a decrescere (45, 30, 15 ecc.), fino ad arrivare ad un punto in cui sarebbe impossibile produrre altre pizze, la produttività marginale del lavoro sarebbe cioè nulla o addirittura negativa.

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Possiamo trarre da questo semplice esempio una legge generale detta dei rendimenti decre-scenti e alla quale obbediscono sia la produttività media che quella marginale.Secondo la legge dei rendimenti decrescenti «in qualsiasi attività produttiva all’impiego crescente di un determinato fattore, fermo restando la quantità impiegata degli altri fattori, corrispondono incrementi via via minori del prodotto totale».L’informazione fornita dalla produttività marginale è ovviamente molto utile per l’imprendi-tore perché è quella che permette di decidere fino a quale punto è economicamente conve-niente incrementare l’impiego di un solo fattore variabile.Prima di chiudere questo paragrafo è necessario introdurre il concetto di produttività mar-ginale ponderata cui si farà più specificamente ricorso nel paragrafo successivo.La produttività marginale ponderata di un fattore è uguale al rapporto tra la produttività marginale e il prezzo di mercato del fattore considerato.

Se il prezzo del lavoro (nel nostro esempio impiegare un altro pizzaiolo) è 60 e la produttività marginale è 50, la produttività marginale ponderata sarà uguale a:

Produttività marginale =

5060

= 0,83

L’equilibrio del produttoreIl produttore è in equilibrio quando, dati i mezzi monetari a sua disposizione e i prezzi dei fattori produttivi impiegati, riesce a produrre la quantità massima possibile di output.Per fare ciò il produttore deve confrontare la produttività marginale ponderata dei vari fat-tori e impiegare in quantità maggiore quel fattore che presenta la produttività marginale ponderata più elevata. Tale processo durerà fino a quando la produttività di quel fattore eguaglierà quella di tutti gli altri; infatti, per la legge dei rendimenti decrescenti, aumentando l’impiego di un fattore ad un certo punto la sua produttività incomincia a decrescere.Il produttore continuerà ad aumentare l’uso del fattore che presenta la produttività mar-ginale ponderata più alta finché non sarà raggiunta la combinazione ottimale dei fattori produttivi, cioè quella che rende massima la quantità prodotta, e che corrisponde alla situa-zione in cui le produttività marginali ponderate dei fattori stessi si eguagliano.In altro modo si può dire che il produttore dovrà impiegare il denaro a sua disposizione in modo tale che l’ultimo euro speso nell’acquisto di ogni fattore produttivo comporti lo stesso incremento di prodotto.Quanto detto sin qui può essere espresso anche graficamente.Esiste una curva che nel linguaggio economico viene detta isoquanto: essa indica in ogni suo punto combinazioni diverse dei fattori produttivi che danno però lo stesso prodotto finale.Così possiamo supporre che un’impresa ottenga 50 unità di prodotto usando 10 unità di lavoro e 2 unità di capitale, oppure 3 unità di lavoro e 12 di capitale e così via.Calcolando ogni combinazione dei due fattori produttivi, che diano però lo stesso prodotto finale, è possibile tracciare una curva di isoquanto.

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30

12

C

A

A1

B1

B

C

9

7

4

2

4 5 7,5 10

DE

CAPITALE

Q=50

Q=100

Q=150

LAVOROL

La curva è decrescente perché se si utilizzano quantità minori di un fattore, per ottenere sempre la stessa quantità di prodotto è necessario incrementare l’impiego degli altri fattori. Non esiste una sola curva di isoquanto ma infinite: ciò dipende dalla quantità di prodotto finale che si vuole ricavare da una certa produzione.Per trovare la combinazione ottima tra i fattori produttivi dobbiamo però tener presente che l’imprenditore ha una quantità determinata di denaro a sua disposizione ed è considerando tale somma di denaro che dovrà effettuare la sua scelta.In pratica, l’imprenditore dovrà considerare qual è il costo associato a ciascuna delle possi-bili combinazioni di fattori.

Nel caso più semplice che via siano solo due fattori produttivi, capitale e lavoro, il costo totale (CT) che l’impresa deve sostenere dipende oltre che dalla quantità impiegata dei due fattori anche dai relativi prezzi, che indichiamo con PC e PL che supponiamo siano fissi. Il costo totale può essere scritto come:

CT = PL × L + PC × C

Graficamente le combinazioni dei fattori produttivi che, dato il loro prezzo, determinano lo stesso costo per l’impresa, sono rappresentate da una retta detta isocosto. Per disegnarla ricorriamo ad un esempio.

Supponiamo che l’imprenditore abbia a disposizione una somma di denaro pari a e 150,00, che rappresenta anche il costo totale che essa può sostenere e che quindi indichiamo con CT, e che il prezzo di mercato del lavoro, che indichiamo con PL, sia uguale a 10,00 e mentre quello del capitale, che indichiamo con PC, sia uguale a 15,00 e. Quanto detto può essere espresso attraverso una semplice equazione:

CT = PL × L + PC × C

Sostituendo alle lettere i valori numerici su indicati si avrà:

150 = 10 × L + 15 × C

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Se supponiamo che l’imprenditore destini tutta la somma a sua disposizione all’acquisto di lavoro, e quindi che C = 0, avremo che:

150 = 10 × L + 15 × 0 =

150 = 10 L

e risolvendo per L avremo che:

L =

15010

=15

Se invece supponiamo che l’imprenditore decida di impiegare tutta la somma a sua disposi-zione per acquistare solo il capitale, e quindi che L = 0, avremo che:

150 = 10 × 0 + 15 × C =

150 = 15 C

e risolvendo per C avremo che:

C =

15015

=10

Se riportiamo i valori così trovati su un grafico in cui sull’asse delle ascisse indichiamo il lavoro e sull’asse delle ordinate il capitale potremo disegnare la retta di isocosto:

10

C

15

CAPITALE

LAVOROL

150 15

150 10

L’equilibrio del produttore si avrà nel punto in cui la retta di isocosto incontra, nel modo indicato nel grafico seguente, una delle curve di isoquanto ottenute seguendo il procedi-mento mostrato precedentemente:

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30

C

8

6

6

Q=30

Q=50

Q=80

L

E

F

H

G

Il punto E è il punto di equilibrio del produttore in cui, con la stessa spesa, egli è in grado di ottenere la maggiore quantità di prodotto possibile.

Gli altri punti indicati in figura 3 non sono ottimali, non consentono cioè, dati i vincoli di costo e le tecniche produttive, una combinazione di input che permetta all’impresa di otte-nere il massimo livello di produzione al minore costo possibile. Infatti:

• il punto G permette all’impresa di ottenere un prodotto pari a 80, ma esso non è raggiun-gibile con le risorse a disposizione dell’impresa (il punto G, infatti, è a destra della curva di isocosto);

• il punto H è al di sotto della curva di isocosto e dunque, date le risorse dell’impresa, per-fettamente raggiungibile. A questo punto corrisponde, però, una produzione pari a 30, e dunque non ottimale;

• il punto F si trova sulla curva di isocosto e richiede l’utilizzo di 3 unità di lavoro e 8 unità di capitale; dato il costo dei fattori (10 per il lavoro e 15 per il capitale) questa combina-zione è compatibile con le risorse dell’impresa (3 × 10 + 8 × 15 = 150) ma permette una produzione di sole 30 unità;

• il punto E richiede l’utilizzo di 6 unità di lavoro e 6 unità di capitale per un costo pari a (6 × 10 + 6 × 15 = 150). Il costo di utilizzo dei fattori, dunque, è lo stesso del punto F, ma la combinazione E assicura una produzione pari a 50.