Simone Martinetto

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Simone Martinetto DELLA STESSA MATERIA DEI SOGNI

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della stessa materia dei sogni

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Simone Martinetto DELLA STESSA MATERIA DEI SOGNI

Simone Martinetto DELLA STESSA MATERIA DEI SOGNI

Quando chiudiamo gli occhi la nostra vista si spalanca all’interno e fi-nalmente riusciamo a vedere, a guardare dentro di noi infilandoci in spazi aperti, cunicoli, sentieri o stanze di cui spesso non immaginava-mo l’esistenza.

Poi quando entriamo nella fase del sonno la nostra mente fa un passo nel regno del mistero, tanto che ancora oggi nell’epoca della scienza e della tecnologia si sanno davvero poche cose certe sul mondo onirico, sul perché sognamo o su che significato abbiano i nostri sogni: ombre nella notte o fari per guidare la vita.

Le persone che compaiono in questo lavoro sono persone che cono-sco da un po’ di tempo, alcune sono parenti stretti o grandi amici che hanno condiviso fin qui un pezzo di strada insieme a me. Nonostante ciò non è sempre stato facile coinvolgerli e chiedergli di raccontarmi un sogno fatto durante il sonno. Un sogno di cui avevano ancora memoria, che erano riusciti a trattenere nonostante gli occhi aperti, strappando-lo dall’oblio del buio.

Le loro voci sono ricordi di sogni.E le fotografie possono, talvolta casualmente, raggiungere quel punto fragile e magico dove il passato e il futuro si incontrano, si salutano e si mescolano. Possono diventare della stessa materia dei sogni, pure associazioni intuitive e libere, libere e intuitive come la parte più profon-da di noi stessi.

Simone Martinetto

Simone Martinetto SUCH STUFF AS DREAMS ARE MADE ON

When we close our eyes our vision opens inwards and we can finally look into ourselves and see what is inside us, slipping into open spaces, narrow passageways and rooms, and onto paths we hardly imagined existed.

Then when we enter the phase of sleep, the mind moves into the realm of mystery, so that even in the scientific, technological era we live in, very little is known about the oneiric world, about why we dream and what our dreams mean: shadows in the night or beacons to guide us through life.

The people who appear in these works are people I’ve known for a while. Some are relatives or good friends that have been with me on many of the roads I’ve travelled. Despite this, it was not always easy to involve them and get them to tell me the story of a dream they’d had in their sleep. A dream they could still remember, one they had managed to retain although they had opened their eyes, wresting it from the oblivion of the dark.

Their voices are recollections of dreams.And the photographs can, sometimes fortuitously, reach that fragile magic point where past and future meet, nod to one another, and mesh. They themselves can become the stuff of dreams, pure, free intuitive associations like the deepest part of ourselves.

Simone Martinetto

Un uomo che dorme tiene in cerchio intorno a sé il filo delle ore, l’ordine degli anni e dei mondi.M. Proust, Dalla parte di Swann, 1913

Nelle ombre di un sogno, o forse in una fotografia lontani dal mare, con solo un geranio e un balcone.P. Conte, Una giornata al mare, 1974

È risaputo come Freud, ne L’interpretazione dei sogni, abbia suggerito di immaginare “lo strumento che serve alle attività psichiche pressappoco come un microscopio composto, un apparecchio fotografico e simili”. Il paragone gli appariva adatto a far comprendere come nel sonno, interrot-ta ogni forma di motorietà, e dunque di conoscenza fondata su un principio di relazione fisica, l’attività psichica procedesse di fatto per immagini. Da qui dunque il richiamo a strumenti in grado di produrle e proporle in modo sostanzialmente autonomo, prescindendo dalla necessità di un intervento diretto, o per meglio intenderci, “manipolativo”, del soggetto. Ma anche oltre le esplicite indicazioni fornite da Freud è difficile rinunciare a scorgere suggestive e singolari coincidenze tra le forme del sogno e quelle della fotografia. Una prima potente analogia riguarda senz’altro il disorientante e al tempo stesso attraente senso di isolamento e deconte-stualizzazione che entrambi esprimono. Così come accade nel sogno, che propone situazioni completamente isolate ed autonome, oltre il margi-ne della foto tutto si interrompe, o almeno così pare. Il mondo c’è, se ne percepisce la presenza, ma di fatto è come assente. L’inquadratura isola e delimita una porzione di realtà conferendole senso pur in assenza di qualsiasi altra relazione. L’immagine, psichica o fotografica che sia, pare così autonoma ed autosufficiente, suggerendo in modo letteralmente incantato un tempo e un luogo propri ove ogni cosa ha principio e fine. C’è poi un generale carattere di sorpresa e di incongruenza che spesso accomuna sogno e fotografia per quanto riguarda alcuni elementi che compaiono in scena. Come un senso di ipnotico straniamento che, certamente tipico dell’attività onirica (Freud lo indicava col termine di sposta-mento) è però attivo anche in ogni fotografia (il mitico punctum di Barthes). Per quanto l’autore si preoccupi di programmare il suo soggetto, di razionalizzarlo, di escludere ciò che potrebbe turbare un equilibrio complessivo, nell’immagine scattata c’è sempre qualche particolare sfuggito ad ogni ragionata previsione che si manifesta poi alla lettura con sorprendente casualità. Ogni fotografia, sempre volendo continuare nella pa-rafrasi di Barthes, è al tempo stesso chiara e oscura. Esattamente come il sogno è caratterizzata da una flagranza totale, ma al tempo stesso segnata da una logica del tutto autonoma che le lascia sempre un margine di “inspiegato”, un suadente lato oscuro che malamente cerchiamo di colmare ogni volta che tentiamo di tradurla in parole.È in parallelo a queste preziose suggestioni teoriche che si sviluppa il coinvolgente progetto di Simone Martinetto, che appunto intreccia, fra sogno e fotografia, una sensibile e raffinata catena di rimandi, tutta condotta per via implicita e indiretta, evitando così di scadere in un facile didascalismo illustrativo. Nessuna delle fotografie proposte da Simone racconta direttamente un sogno proprio perché tutte fondate sulla con-vinzione che più del legame esplicito vale quello implicito, vale cioè l’affinità elettiva che abbiamo visto esistere in profondità tra la modalità onirica e quella fotografica. Del resto non è un caso se Susan Sontag, confrontando la fotografia col Surrealismo, cioè col movimento artistico che più di tutti ha cercato di intrecciare la propria vicenda con la lezione freudiana, sia giunta a concludere che “La fotografia è la sola arte naturalmente surreale… [perché] il surrealismo è al centro della disciplina fotografica: nella creazione stessa di un mondo duplicato, di una realtà di secondo grado, più limitata ma più drammatica di quella percepita dalla visione naturale”. In altre parole, e per ricongiungerci con quanto stavamo dicendo a proposito del lavoro di Simone, alla fotografia non serve illustrare un sogno per godere in pieno dello stesso regime che caratterizza l’attività onirica. Tra i due processi esiste una sostanziale coincidenza di logiche procedurali che li rende emotivamente sovrapponibili.

Ma a fianco delle immagini c’è un altro elemento che si aggiunge ad arricchire il lavoro di Martinetto. Dalle fotografie scaturiscono voci e racconti che si intrecciano fra loro. Ogni protagonista ha ricordato un sogno tentando di tradurlo in parole. Le parole si affiancano alle immagini, ma nes-suna delle due risulta effettivamente illustrativa dell’altra. A conferma di quanto appena detto sull’oniricità implicita della fotografia, o se si vuole sulla fotograficità allusiva dei sogni, c’è anzi un particolare che appare decisivo nel caratterizzare linguisticamente l’intero progetto. Le fotografie che narrano le singole storie preesistevano al racconto dei sogni. Simone le aveva realizzate in momenti e contesti diversi, senza neppure preve-dere cosa un giorno sarebbero diventate. Ora le ha recuperate e semplicemente affiancate ai rispettivi protagonisti colti nel momento del sonno. Prelevate dall’archivio e risemantizzate a ready made, queste immagini paiono come ricongiungersi al loro destino, ritrovano a posteriori ciò che già in qualche modo misteriosamente contenevano. Appaiono, per dirla con De Chirico, quali autentiche profondità abitate, luoghi carichi di sensi imprevedibili che riemergendo fuori da ogni immediata necessità pratica, si intrecciano a maglia larga con le parole pronunciate nel presente. È così che non trovo modo migliore per concludere queste brevi righe di riflessione sul denso ma al tempo stesso leggero lavoro di Simone, denso e leggero come una vera poesia, se non affidandomi alle parole ben più autorevoli di Henri Bergson che riflettendo sulla funzione di riscatto svolta dal sogno (ma noi potremmo permetterci di aggiungere “e dalla fotografia”) su ciò che della nostra esperienza passata parrebbe assolutamente trascurabile o addirittura inutile se affrontato con atteggiamento pratico, così scriveva: “Ma se il nostro passato resta per noi quasi interamente nascosto essendo inibito dalle necessità dell’azione presente, ritroverà la forza di varcare la soglia della coscienza ogni volta che noi ci disinteres-siamo dell’azione efficace per ricollocarci, in qualche modo, nella vita del sogno”. Assolutamente perfetto. Null’altro da aggiungere, se non tornare, felicemente, alle fotografie di Simone.

Claudio Marra

When a man is asleep, he has in a circle round him the chain of the hours, the sequence of the years, the order of the heavenly host. Marcel Proust, Swann’s Way, 1913

In the shadows of a dream, or perhaps in a photograph far from the sea, with just one geranium and a balcony.Paolo Conte, Una giornata al mare [A Day at the Sea], 1974

It is known that Freud in The Interpretation of Dreams suggests that we accept the invitation to see “the instrument that serves psychic activities much as we think of a compound microscope, a photographic camera, or other apparatus.” He found this an apt comparison for explaining how in sleep, once every form of motor activity has ceased (as has consciousness founded on a principle of physical relationship) psychic activity in fact proceeds through images. From this follows the reference to instruments capable of producing them and offering them in an essentially autonomous way, detached from the need for direct (meaning manipulative) intervention, by the subject.But even beyond the explicit indications Freud furnished, it is difficult to stop ourselves from noticing suggestive and singular coincidences between dream forms and photographic forms. A first powerful analogy undoubtedly concerns the disorienting and at the same time attractive sense of isolation and decontextualization they both express. Just as happens in dreams, which set forth situations which are isolated and auto-nomous, beyond the margins of the photo, everything ends, or at least appears to. The world exists, its presence is felt, but in fact it is absent. The way the photographic frame delimits a portion of reality confers sense on it, even in the absence of any other relationship. The image, whether psychic or photographic, thus appears to be autonomous and self-sufficient, suggesting in a literally enchanting way a time and place of its own in which everything has a beginning and end. There is also a general feeling of surprise and incongruence often shared by dream and photograph in terms of some of the elements that appear in them. For example, the sense of hypnotic estrangement, unarguably typical of oneiric activity (which Freud called transference), is also active in every photograph (what Barthes called the punctum). No matter how much trouble the author takes to program his subject, to rationalize it, excluding whatever might disturb its overall balance, once the photograph has been snapped, there is always some detail that eluded all rational previsions that then emerges with surprising fortuitousness when it is seen. Every photograph, to continue to paraphrase Barthes, is both clear and obscure. In exactly the same way, dreams are characterized by total flagrancy, but at the same time marked by an autonomous logic of their own which always leaves a margin of something “unexplained”, an alluring obscure side that we clumsily seek to reclaim every time we attempt to translate it into words. It is as a parallel to these precious theoretical ideas that Simone Martinetto’s engaging project has developed and in fact weaves, between dream and photography, a sensitive, refined chain of cross references, conducted completely in an implicit, indirect way, thereby avoiding falling into facile illustrative captioning. None of the photographs Simone Martinetto presents directly narrates the story of a dream, precisely because all of them are founded on the conviction that the implicit link is more valuable than an explicit one, that what counts is the elective affinity that we have seen exists in depth between dream and photographic modalities. Moreover, if Susan Sontag, comparing photography with Surrealism, i.e. the artistic movement that more than any other sought to incorporate Freud’s teachings, was led to conclude that “Photography is the only naturally surreal art... [because] Surrealism lies at the heart of the photographic enterprise: in the very creation of a duplicate world, of a reality in the second degree, narrower but more dramatic than the one perceived by natural vision.” In other words, and going back to what we were saying about Simone’s work, photography does not need to illustrate a dream to fully enjoy the same conditions that characterize dream activity. The substantial coincidence of procedural logics that exists between the two processes means that they are emotively superimposable.

But in addition to images, a further element is presented to enrich Martinetto’s work. Voices and stories issue from the photographs and mingle. Each subject has recalled a dream and attempted to translate it into words. The words are put together with the images, but neither of the two really proves to be illustrating the other. As a confirmation of what has just been said about the oneiric qualities implicit in photography, or more specifically photography that alludes to dreams, there is in fact a detail that appears decisive in defining the entire project. The photographs that narrate individual stories predated the narrations of the dreams. Simone made them at different times and in different contexts, not envisaging what they would one day become. Now he has retrieved them and simply put them together with their respective subjects photographed while asleep. Taken from his files and resystematized as ready-mades, these images appear to be reuniting with their destinies, to be rediscovering what they already in some way mysteriously contained. They seem to be, to use De Chirico’s words, authentic inhabited depths, places charged with unexpected senses that re-emerge outside any immediate practical necessity, and roughly mesh with the words spoken in the present. And it is thus that I can find no better way to conclude these brief lines of reflection on the dense but light work of Martinetto (dense and light like true poetry), than to cite the words of one far more expert than myself, Henri Bergson, who when reflecting on dreams’ redemptive function (and here we might add and also photography’s ability to “recapture and liberate”), on what in our past experience might appear absolutely negligible or even useless when seen with a practical eye, wrote: “But if almost the whole of our past is hidden from us because it is inhibited by the necessity of present action, it will find strength to cross the threshold of consciousness in all cases where we renounce the interests of effective action to replace ourselves, so to speak, in the life of dreams.” Truly perfect. Nothing more to add, except to return, happily, to Martinetto’s photographs.

Claudio Marra

a Virginia perchè insieme sognamo lo stesso sogno

“Virginia”, talking photos 50x75 cm

“Valeriu”, talking photos 50x75 cm

“Andrea”, talking photos 50x75 cm

“Gilda”, talking photos 50x75 cm

“Guido e Francesca”, talking photos 50x75 cm

“Domenico”, talking photos 50x75 cm

“Gisella e Renato”, talking photos 50x75 cm

“Alice”, talking photos 75x50 cm

“Gianni”, talking photos 50x75 cm

“Magda”, talking photos 75x50 cm

“Rudi”, talking photos 50x75 cm

w w w . c l a u d i o b o t t e l l o . c o m

BIOGRAFIA

“Ho iniziato a fotografare durante gli studi in filosofia quando ho ricevuto in dono la macchina fotografica, che mio nonno fotografo aveva comprato in occasione della mia nascita. Il nonno ha solo il tempo di darmi pochi essenziali consigli prima di ammalarsi e morire dopo qualche mese. Per i progetti a cui tengo maggiormente uso ancora quella stessa macchina fotografica.”

SIMONE MARTINETTO (Torino, 1980) è laureato in filosofia con una tesi sul tempo in fotografia. Nel 2004 realizza il lavoro Senza la memoria, immedesimandosi nella vita della nonna Valentina che può ricordare per massimo due minuti e vive con centinaia di biglietti sparsi per la casa. Nel 2006 termina dopo due anni il lavoro Viaggiatori che si interroga sul significato della libertà evocando i voli di ritorno dei colombi viaggiatori. Seguiranno poi i lavori Il filo del tempo (2007) sugli intrecci casuali che legano le storie di singoli individui e La mente altrove (2008) realizzato vivendo per alcuni giorni con sei pazienti in una residenza psichiatrica di Bologna.Oggi si divide tra la realizzazione di lavori personali, l’attività di fotografo di scena per il cinema e quella di insegnante di fotografia. Come fotografo di scena viene chiamato nel 2010 sul set de La solitudine dei numeri primi per fotografare Isabella Rossellini.Alcune sue opere fanno parte della Collezione Farnesina del Ministero degli Esteri. I suoi lavori fotografici sono stati pubblicati sui principali giornali e riviste italiani.

Principali premi:Premio giovane Talento Fotografico Fnac 2004; vincitore del SI Fest di Savignano sul Rubicone 2004 e vincitore del Portfolio 2004 Gran Premio Epson Italia per il miglior lavoro fotografico dell’anno. In qualità di fotografo di scena ha vinto il Premio Palmas come incentivo alla carreria a CliCiak 2007, concorso nazionale per fotografi di scena. Come insegnante ha ricevuto il Premio Internazionale Arte Plurale 2007 per un laboratorio tenuto a Torino dedicato a persone con disagi mentali.

Principali mostre personali:2008 I fili del tempo, a cura di Francesco Poli, Galleria claudio bottello contemporary, Torino.2006 Dopo l’ultima pagina, lavoro realizzato insieme all’artista Virginia Farina, Università di Bologna, Dipartimento delle Arti Visive.2005 Senza la memoria, Galleria Agorà, Torino.2004 Senza la memoria, Castello di Porto Venere (SP).2001 Impressioni e percezioni, Università di Bologna, Facoltà di Lingue e Letterature straniere.

Principali mostre collettive:2009 Nonostante la vostra cortese ospitalità..., a cura di Claudio Marra e Tomaso Mario Bolis, Accademia di Belle Arti, Bologna. Experimenta, organizzata dal Ministero degli Esteri e a cura di Maurizio Calvesi, Marisa Vescovo, Luigi Meneguzzo e Lorenzo Canova, Farnesina, Ministero degli esteri, Roma.2008 FotoGrafia 2008, a cura di Marco Delogu, Festival di fotografia di Roma. CliCiak 2008. Concorso nazionale per fotografi di scena, a cura di Antonio Maraldi, mostra itinerante in Italia e all’estero.2007 Rapallo fotografia contemporanea, Castello sul mare, Rapallo (GE). In Sede. Che scatto!, a cura di Francesco Poli, Assessorato alla Cultura, Torino. 2006 In Sede. Per Torino, a cura di Francesco Poli, Assessorato alla Cultura, Torino. Festival International de la Photographie Sociale (Photsoc), a cura di Xavier Zimbardo, Sarcelles (Parigi). Jeune Création Européenne 2006 - 2007, salon itinérant d’art contemporain, Francia, Lituania, Austria, Italia (Palazzo Ducale, Genova), Spagna, Portogallo. Confini. Lo spazio del corpo, il corpo dello spazio, a cura di Vanja Strukelj e Maria Luisa Pacelli, Palazzo Pigorini, Parma. 2005 Nuovi Arrivi 2005, a cura di Olga Gambari, Accedemia delle Belle Arti, Torino. SI Fest 2005, Savignano sul Rubicone (FC).

Ulteriori informazioni: www.claudiobottello.com - www.simonemartinetto.com

BIOGRAPHY

“I started photographing when I was at university studying philosophy and I received the gift of the camera that my photographer grandfather had bought when I was born. My grandfather only had the time to give me a little essential advice before becoming ill and dying a few months later. I still use that camera for the projects I care most about.”

SIMONE MARTINETTO (Torino, 1980) majored in philosophy, writing a thesis on time in photography. In 2004 he produced the work Senza la memoria (Out of Memory), looking at life from the point of view of his grandmother Valentina who can remember things for no more than two minutes and lives with hundreds of notes spread around the house. In 2006 he completed two years of work on Viaggiatori (Travellers), a work which questions the meaning of freedom by evoking the return flights of homing pigeons. His next works were Il filo del tempo (The Thread of Time) in 2007, on the random connections that link the stories of individuals, and La mente altrove (The Elsewhere Mind) in 2008, created by living for several days with six mentally ill people in a residential structure in Bologna.

He currently divides his time between work on personal projects, and jobs as a still photographer for films and as a teacher of photography, his experience in cinema photography includes working on the set of the film The Solitude of Prime Numbers to photograph Isabella Rossellini. Works of his are in the collection of the Ministry of Foreign Affairs, housed in the Palazzo della Farnesina, the Ministry’s official seat. His photographs have been published in Italian newspapers and magazines.

Principal prizes: Attenzione Talento Fotografico FNAC Italia 2004; SI Fest 2004, Savignano sul Rubicone; Portfolio 2004, Epson Italia Grand Prix for the best photography work of the year. In 2007, as a still photographer for film, he was given the Palmas Award as a career incentive at CliCiak , a nationwide competition for still photographers for films. For his work as a teacher he received the international prize Arte Plurale 2007 for a workshop held in Torino with people with mental disorders.

Principal solo shows:2008 I fili del tempo [The Threads of Time], Galleria Claudio Bottello Contemporary, Torino, curator Francesco Poli.2006 Dopo l’ultima pagina [After the Last Page] with the artist Virginia Farina, Visual Arts Department, the University of Bologna. 2005 Senza la memoria [Out of Memory], Galleria Agorà, Torino.2004 Senza la memoria, the Castle of Porto Venere (Province of La Spezia).2001 Impressioni e percezioni [Impressions and Perceptions], Faculty of Foreign Languages, the University of Bologna.

Principal group shows:2009 Nonostante la vostra cortese ospitalità… [Despite your warm welcome…], Academy of the Fine Arts, Bologna, curators Claudio Marra and Tomaso Mario Bolis. Experimenta, Ministry of Foreign Affairs, Rome, organized by the Ministry of Foreign Affairs and curated by Maurizio Calvesi, Marisa Vescovo, Luigi Meneguzzo and Lorenzo Canova.2008 Fotografia 2008, Rome, curator Marco Delogu. CliCiak 2008, a nationwide competition for still photographers for films. The exhibit was presented at venues in Italy and abroad, curator Antonio Maraldi.2007 Rapallo fotografia contemporanea, Castello sul Mare, Rapallo (Province of Genoa). In Sede. Che Scatto! [On the Premises. What a Shot!], Cultural Affairs Office of the City of Torino, curator Francesco Poli.2006 In Sede. Per Torino [On the Premises. For Torino], Cultural Affairs Office of the City of Torino, curator Francesco Poli. Festival International de la Photographie Sociale (PHOTSOC), Sarcelles (Paris), curator Xavier Zimbardo. Jeune Création Européenne 2006-2007, an itinerant salon of contemporary art presented in France, Lithuania, Austria, Italy (Palazzo Ducale, Genoa), Spain and Portugal. Confini. Lo spazio del corpo, il corpo dello spazio [Confines. The Space of the Body, the Body of Space], Palazzo Pigorini, Parma, curators Vanja Strukelj and Maria Luisa Pacelli.2005 Nuovi Arrivi [New Arrivals], Academy of the Fine Arts, Torino, curator Olga Gambari. SI Fest 2005, Savignano sul Rubicone (Province of Forlì).

Further information is available at: www.claudiobottello.com - www.simonemartinetto.com

Simone Martinetto nel suo letto di Bologna (foto: Virginia Farina)

Testo criticoClaudio Marra

Grafica claudio bottello contemporary

Traduzioni Susan Ruff

Stampe FotograficheArrigo Ghi, Modena

Realizzazione audio-opereTeknoplast, Torino

Tecnico del suonoMario Ordine

IlluminotecnicaMario Ferrari

EdizioneDe Arte, Torino

Stampa catalogoStargrafica, Torino

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Il lavoro inedito “Della stessa materia dei sogni” di Simone Martinetto è stato realizzato negli anni 2009/2010.

Simone Martinetto “Della stessa materia dei sogni”Galleria claudio bottello contemporary www.claudiobottello,com

via Bogino 17h Torino giugno-luglio 2010

Simone Martinetto DELLA STESSA MATERIA DEI SOGNI