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21/2016 Note e Studi Disciplina delle società a partecipazione pubblica: impatto della sentenza C. Cost. n. 251/2016 adeguamento degli statuti attuazione della disciplina sulla trasparenza Gruppo di lavoro tecnico Assonime sulle società partecipate Materiali II incontro, 14 dicembre 2016

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21/2016

Note e Studi

Disciplina delle società a partecipazione pubblica:

impatto della sentenza C. Cost. n. 251/2016

adeguamento degli statuti

attuazione della disciplina sulla trasparenza

Gruppo di lavoro tecnico Assonime sulle società partecipate

Materiali II incontro, 14 dicembre 2016

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Sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016:

quale impatto sul Testo unico delle società a partecipazione pubblica?

Ginevra Bruzzone

Gruppo di lavoro tecnico Assonime società partecipate

II incontro 14 dicembre 2016

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Articolo 117 e intervento di riordino la possibilità per lo Stato di effettuare un intervento di

riordino del quadro giuridico che coinvolga le società partecipate dalle regioni e dagli enti locali è delimitata dal quadro delle competenze legislative definito dall’articolo 117 della Costituzione. Nei quindici anni successivi alla riforma del Titolo V del 2001 la Corte costituzionale ha avuto numerose occasioni di precisare i confini di queste competenze

una ricostruzione che costituisce tuttora un punto di riferimento è contenuta nella sentenza n. 229/2013, con cui la Corte ha dichiarato in parte incostituzionale l’articolo 4 del decreto legge n. 95/2012. La sentenza n. 144/2016, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative alle disposizioni della legge di stabilità 2015 sui piani di razionalizzazione, ha precisato ulteriormente i criteri di valutazione

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Come orientarsi a valle della sentenza n. 251/2016?

E’ a questa giurisprudenza che occorre oggi guardare per comprendere le possibili implicazioni della sentenza della Corte costituzionale 9 novembre 2016, n. 251

Con questa sentenza la Corte costituzionale ha sancito l’illegittimità costituzionale di alcuni dei criteri contenuti nell’art. 18 della legge n. 124/2015, sulla cui base è stato adottato il Testo unico in materia di società partecipate, letti in combinato disposto con l’articolo 16 della stessa legge

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I passaggi logici della sentenza (i)

La sentenza n. 251/2016 si fonda su una serie di passaggi logici:

a. anche una legge delega può essere oggetto di controllo di costituzionalità in via principale quando il carattere puntuale delle disposizioni contenenti le deleghe sia sufficiente a configurare una lesione delle sfere di competenza delle regioni

b. la delega di cui agli articoli 16 e 18 della legge n. 124/2015 volta al riordino della disciplina delle società partecipate, pur fondata su materie di competenza legislativa dello Stato, incide anche su ambiti di competenza delle regioni (organizzazione amministrativa regionale, disposizioni di dettaglio per il coordinamento della finanza pubblica)

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I passaggi logici della sentenza (ii)

c. la Corte sembra escludere che la questione possa essere risolta riscontrando la prevalenza degli ambiti rientranti nella competenza dello Stato quando, come per il riordino della disciplina delle partecipate e a differenza che nel Codice dell’amministrazione digitale, non vi è un’unica materia di competenza statale prevalente a cui ricondurre il disegno riformatore nella sua interezza

d. la Corte ritiene che, in un tale contesto, per realizzare la leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie non sia sufficiente la soluzione prevista nell’art. 16 della legge delega, costituita dal parere della Conferenza unificata da rendersi entro 45 giorni sullo schema di decreto legislativo, e sia invece necessario prevedere un’intesa in sede di Conferenza unificata

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La dichiarazione di illegittimità costituzionale

la sentenza n. 251/2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tutti i criteri di delega contenuti nell’articolo 18 della legge n. 124/2015 che erano stati sottoposti al suo vaglio dalla Regione Veneto, nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 16, è previsto che il Governo adotti i decreti legislativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata

l’illegittimità costituzionale della legge delega non si estende alle disposizioni attuative. Il Testo unico resta in vigore, salvo il rischio di impugnazione di specifiche disposizioni in esso contenute per le quali la Corte possa accertare un’effettiva lesione delle competenze regionali. Nel frattempo, però, il problema potrebbe essere stato rimosso attraverso soluzioni correttive adottate dal Governo volte a eliminare il vizio procedurale, ossia assicurando il ricorso all’intesa laddove necessario per salvaguardare gli ambiti di effettiva competenza delle regioni

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Cosa si intende per intesa

Nella sentenza n. 251/2016 la Corte costituzionale, nel richiedere l’intesa, indica che le procedure di consultazione devono “prevedere meccanismi per il superamento delle divergenze basati sulla reiterazione delle trattative o su specifici strumenti di mediazione” (…), Non si prefigura “una drastica previsione, in caso di mancata intesa, della decisività della volontà di una sola delle parti, la quale riduce all’espressione di un parere il ruolo dell’altra”; peraltro, “la reiterazione delle trattative per raggiungere un esito consensuale non comporta che lo Stato abdichi al suo ruolo di decisore nell’ipotesi in cui le strategie concertative abbiano un esito negativo e non conducano a un accordo”

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Principi e criteri di delega coinvolti

Articolo 18 legge n. 124/2016:

a. distinzione tra tipo di società e individuazione della disciplina in base al principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina privatistica

b. razionalizzazione e riduzione delle partecipazioni pubbliche secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità

c. definizione del regime di responsabilità di amministratori delle PA e degli amministratori e dipendenti delle società

d. razionalizzazione dei criteri pubblicistici per gli acquisti e il personale

e. possibilità di piani di rientro per le società in disavanzo

f. regolazione dei flussi finanziari con la PA secondo criteri di parità di trattamento tra imprese pubbliche e private

g. disciplina specifica delle partecipate locali

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Osservazioni La Corte non compie un esame analitico dei singoli criteri di

delega e del loro rapporto con le materie di competenza rispettivamente dello Stato e delle regioni. Il risultato è che da un lato il Governo è incoraggiato a intervenire rapidamente per superare il vizio procedurale, dall’altro è tutt’altro che pacifico che le varie disposizioni attuative contenute nel Testo unico, laddove siano impugnate, configurino una concreta lesione delle competenze legislative delle regioni

=> lo Stato – per avversione al rischio - è indotto a cercare un’intesa anche laddove non ci siano problemi di lesione delle competenze regionali? Vi è sino a settembre 2017 la possibilità di decreti integrativi/correttivi

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Indicazioni dalla giurisprudenza della Corte

• la Corte costituzionale ha sancito la legittimità costituzionale di norme a cui quelle del TUSP sono ispirate, quali l’art. 3, comma 27, della l. finanziaria per il 2008 e l’art. 13 del decreto Bersani facendo riferimento alla competenza dello Stato in tema di tutela della concorrenza. Parimenti, con la sentenza n. 144/2016 sono stati respinti i rilievi di incostituzionalità per le disposizioni della legge di stabilità 2015 sui piani di razionalizzazione

• per i vincoli all’organizzazione e gestione delle partecipate (Cda, rapporto di lavoro dei dipendenti e trattamento economico, responsabilità), l’intervento dello Stato rientra nella materia “ordinamento civile”: una volta scelto di avvalersi di un modello (ad esempio, in house), anche le regioni devono rispettare lo speciale statuto che governa tali società e che, pur connotato da profili di matrice pubblicistica, è riconducibile al modello societario fondato sul codice civile (v. sent. n. 229/2013)

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Il ricorso della Regione Veneto sul TUSP

Ricorso presentato alla Corte Costituzionale contro il d.lgs. n. 175/2016 (reg. ric. 76/2016)

Norme impugnate:

Art. 4, comma 2 (vincoli di attività)

Art. 4, comma 9 (esclusioni singole tramite dPCM)

Art. 11, comma 3 (dPCM su Cda)

Art. 14, comma 5 (limiti al finanziamento società in perdita)

Art. 20, comma 7 (sanzioni amministrative per mancata adozione degli atti)

Art. 24, comma 5 (sanzioni in caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo o mancata alienazione delle partecipazioni entro i termini)

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La revisione degli statuti delle

società a partecipazione pubblica

dopo il d.lgs. 175/2016

Margherita Bianchini e Valentina Miscischia

Gruppo di lavoro tecnico Assonime società partecipate

II Incontro

Roma, 14 dicembre 2016

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Indice

1. Destinatari degli obblighi di adeguamento e termini per le

modifiche

2. Le sanzioni per il mancato adempimento e il procedimento

di modifica

3. Gli obblighi di adeguamento generali

4. Le modifiche statutarie delle società a controllo pubblico

5. Le modifiche statutarie delle società in house

6. Le modifiche statutarie delle società a partenariato

pubblico-privato

7. Le modifiche statutarie delle società partecipate

8. Tabella di sintesi

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Destinatari degli obblighi di adeguamento e

termini per le modifiche

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Le società a partecipazione pubblica nel T.U.S.P.

Il decreto legislativo n. 175/2016 (TUSP) definisce regole, condizioni e limiti

per la costituzione di società, l’assunzione, il mantenimento di

partecipazioni sociali da parte della pubblica amministrazione in società a

totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, a fini di

razionalizzazione del sistema (art. 1). Da questo insieme di regole derivano

obblighi per la pubblica amministrazione e obblighi per le “società a

partecipazione pubblica”

Per le società a partecipazione pubblica il decreto non detta una disciplina

unitaria, ma prevede obblighi e adempimenti differenziati in base al

grado di partecipazione del soggetto pubblico nell’ente

(controllo/partecipazione) o alla particolare natura e finalità perseguita

dallo stesso (società in house/società miste)

Per tutto quanto non espressamente disciplinato dal Testo Unico si

applicano le disposizioni del codice civile e le norme generali di diritto

privato (art. 1, comma 3).

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L’obbligo di adeguare gli statuti e i relativi termini

Le società a controllo pubblico già costituite alla data di entrata in vigore del TUSP

(23 settembre 2016) devono adeguare i propri statuti alle disposizioni del decreto

entro il termine del 31 dicembre 2016 (art. 26)

Per le modifiche di cui all’art. 17, comma 1 relative alle società a partecipazione

mista pubblico-privata l’adeguamento degli statuti deve essere effettuato entro il 31

dicembre 2017

Sono escluse dall’obbligo di adeguamento statutario:

Le società non controllate dalle p.a.

Le società quotate e le loro partecipate, salvo che queste ultime siano

controllate da p.a. (art. 1, comma 5; art. 2 comma 1, lett. p)

Le società quotande per il termine di dodici mesi dall’entrata in vigore del

decreto e fino alla conclusione del procedimento di quotazione se avviato entro

tale data. Analoga esclusione opera anche per le società che entro il 30 giugno

2016 abbiano adottato atti per l’emissione di strumenti finanziari quotati (art. 26,

commi 4 e 5 )

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Le sanzioni per il mancato adempimento e il procedimento di modifica

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Le sanzioni per il mancato adeguamento degli statuti

Il decreto non prevede specifiche sanzioni per il mancato adeguamento degli statuti entro il temine del 31 dicembre. Ne consegue che:

in presenza di clausole difformi opererà la sanzione dell’inefficacia della clausola e della sostituzione automatica (1419 c.c.)

in assenza di previsione statutaria troverà applicazione la norma imperativa entrata in vigore

rimangono ferme le ordinarie responsabilità dell’organo amministrativo e di controllo (es. mancata convocazione dell’assemblea per la nomina del revisore nelle s.p.a.)

il mancato adeguamento nel termine degli statuti potrebbe, infine, comportare l’attivazione dei poteri ispettivi della istituenda struttura competente per il monitoraggio sull’applicazione del decreto (art. 15 TUSP)

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Procedimento di modifica e decisione del socio pubblico Il procedimento per la modifica degli statuti richiede:

Delibera dell’assemblea straordinaria

Iscrizione delle modifiche al registro delle imprese

Per le modifiche statutarie di mero adeguamento a disposizioni normative, se lo statuto lo prevede, la competenza ad effettuare le modifiche può essere anche del CdA (art. 2365, c.2)

Convocazione dell’assemblea prima della delibera ente? In occasione degli adeguamenti statutari alle disposizioni della legge 206/2007, art. 1, co. 725 e ss. alcuni pareri delle sezioni regionali della Corte dei Conti hanno ritenuto possibile procedere alla convocazione dell’assemblea prima della convocazione dell’organo deliberativo dell’ente pubblico, considerando l’intervento successivo di quest’ultimo come mera presa d’atto. Secondo tali pareri, se gli amministratori non procedono alla convocazione dell’assemblea, questa dovrebbe essere richiesta dal socio ente pubblico ex art. 2367 c.c.

Nei casi di modifiche di clausole dell’oggetto sociale “che consentano un cambiamento significativo dell’attività della società” l’art. 7, comma 7, prevede particolari modalità con cui il socio pubblico deve adottare la propria delibera (dPCM per le partecipazioni statali ecc.)

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Gli obblighi di adeguamento generali

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Oggetto sociale

Il TUSP stabilisce che le p.a. possono costituire società o mantenere

partecipazioni in società solo per lo svolgimento delle seguenti attività:

perseguimento delle proprie finalità istituzionali

produzione di servizio di interesse generale

progettazione e realizzazione opera pubblica sulla base di un accordo di

programma tra p.a.

realizzazione e gestione opera pubblica/servizio d’interesse generale

con contratto di partenariato

autoproduzione di beni e servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici

partecipanti

servizi di committenza a supporto di enti senza scopo di lucro e alle

amministrazioni aggiudicatrici

valorizzazione del proprio patrimonio

Le partecipazioni in società che non svolgono tali attività ricadono nel

programma di razionalizzazione ex art. 24 del decreto e devono essere

alienate. Tutte le società dovrebbero valutare attentamente la clausola

statutaria del proprio oggetto sociale

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Le modifiche statutarie delle società a controllo pubblico

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La disciplina delle società a controllo pubblico

Le disposizioni del TUSP di maggior rilievo riguardano le società a

controllo pubblico. Il decreto, in particolare, disciplina:

i. l’organizzazione societaria (articolo 6)

ii. la composizione quantitativa e qualitativa dell’organo amministrativo e il relativo compenso (articolo 11)

iii. la nomina e le funzioni dell’organo di controllo (articolo 3, comma 2)

iv. Il controllo giudiziario ex articolo 2409 (articolo 13)

v. la responsabilità (articolo 12)

vi. la crisi d’impresa (articoli 6, 14 e 15)

vii. la gestione del personale (articolo 19)

viii. la trasparenza (articolo 22)

Solo le disposizioni relative ai punti ii) e iii) comportano l’obbligo di adeguare lo statuto

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Composizione dell’organo amministrativo / 1

L’organo amministrativo delle società a controllo pubblico è composto di

norma da un amministratore unico (articolo 11, comma 2)

L’assemblea può disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, oppure che sia adottato il modello di amministrazione monistico o dualistico, qualora ricorrano i criteri di adeguatezza organizzativa definiti da un dPCM da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore del TUSP e non ancora emanato

In quest’ultimo caso il numero dei componenti degli organi di amministrazione e controllo non può essere superiore a 5

Se l’assemblea opta per il sistema dualistico è attribuito al consiglio di sorveglianza – ex lege e non in base a scelta statutaria – il potere di deliberare in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari predisposti dal consiglio di gestione (art.11, comma 3)

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Composizione dell’organo amministrativo / 2

In attesa del dPCM con le ipotesi di deroga al modello legale di

amministrazione e controllo la società non è tenuta ad adeguare lo statuto. La clausola statutaria in vigore al 31 dicembre che eventualmente preveda la composizione collegiale o l’adozione di un sistema alternativo:

non può ritenersi contraria a norma imperativa e il suo mancato adeguamento entro il 31/12 non comporta l’applicazione della sanzione dell’inefficacia e della sostituzione automatica. La clausola rimane in vigore e continua a regolare i consigli di amministrazione in carica

non impedisce – pur in assenza di modifica statutaria – la nomina dell’amministratore unico (salvo che la composizione collegiale sia frutto di una precisa scelta dei soci)

La società potrebbe anche, in alternativa, modificare lo statuto con l’introduzione di una clausola generale che legittimi sia la composizione monocratica, sia quella collegiale mediante un “rinvio mobile” alla disciplina del TUSP

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Composizione dell’organo amministrativo / 3

Gli statuti delle società a controllo pubblico, quando l’organo

amministrativo è collegiale, devono prevedere:

l’attribuzione da parte del cda di deleghe di gestione a un solo amministratore, salva l’attribuzione di deleghe al Presidente previa autorizzazione dall’assemblea

l’esclusione della carica di vicepresidente, salvo che si tratti di carica non onerosa per sostituzione del Presidente in caso di assenza o impedimento

il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività e il divieto di corrispondere trattamenti di fine mandato ai componenti degli organi sociali

il divieto di costituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali. Anche la possibilità di costituire comitati consultivi o con funzioni di proposta è circoscritta ai soli casi previsti dalla legge

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Composizione dell’organo amministrativo nella s.r.l

Nelle s.r.l. a controllo pubblico, quando l’organo amministrativo ha composizione collegiale, l’amministrazione non può essere affidata congiuntamente o disgiuntamente a due o più soci (art. 11, comma 5)

Fatta eccezione per tale specifica disposizione il decreto nel disciplinare la struttura dell’organo di amministrazione non distingue tra s.p.a e s.r.l. Pertanto:

anche nelle s.r.l. a controllo pubblico il modello legale di amministrazione è rappresentato dall’amministratore unico

in presenza dei requisiti indicati dal decreto attuativo sarà ammessa la composizione collegiale dell’organo, ma dovrà essere eliminata la clausola dello statuto che attribuisce l’amministrazione ai soci

non sarà, tuttavia, ammessa la scelta di un sistema alternativo di amministrazione e controllo in quanto incompatibile con il tipo s.r.l.

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Requisiti di genere

Quando l’organo amministrativo di società a controllo pubblico ha composizione collegiale lo statuto deve prevedere che la scelta degli amministratori sia effettuata assicurando il rispetto dell’equilibrio tra generi, e in particolare assicurando che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo degli amministratori eletti

La regola dell’equilibrio tra generi era già prevista dalla legge 120/2011 (cui il TUSP rinvia) per le società quotate e per le società (non quotate) controllate da pubbliche amministrazioni ex art. 2359, commi 1 e 2. Tali disposizioni hanno durata temporanea (tre mandati consecutivi). Diversamente la regola introdotta dal TUSP per tutte le società a controllo pubblico non quotate ha efficacia permanente

Il TUSP non richiede il rispetto del requisito di genere anche per il collegio sindacale. In tal caso si applicherà tuttavia la legge 120/2011

Quando la società a controllo pubblico ha un amministratore unico, l’equilibrio di genere deve essere rispettato dal socio pubblico almeno nella misura di un terzo calcolato sull’ammontare complessivo delle nomine effettuate nell’anno

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Requisiti dei componenti degli organi amministrativi

Fermi restando i requisiti previsti dallo statuto i componenti degli organi amministrativi delle società a controllo pubblico devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia previsti da un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, non ancora emanato

Si tratta di disciplina legale inderogabile che non richiede adeguamento statutario. I requisiti – ancora non definiti – si aggiungono infatti a quelli previsti dallo statuto, rafforzandoli. Il T.U.S.P. in particolare:

eleva a requisito di legge la professionalità dei componenti dell’organo (tale requisito è attualmente previsto solo in via statutaria, v.art. 2387 c.c.) analogamente a quanto previsto per le banche (art. 26 TUB)

richiama la nozione di autonomia per rafforzare l’indipendenza dei consiglieri, analogamente a quanto previsto dal Codice di Autodisciplina per le società quotate (principio 1.P.2.)

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Incompatibilità e inconferibilità

Alle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del decreto

39/2013 in materia di incompatibilità e inconferibilità degli incarichi. Il

decreto, inoltre vieta :

di attribuire le cariche di AD e di Presidente di organi amministrativi a chi

ricopre incarichi dirigenziali nelle p.a. che hanno conferito l’incarico

di attribuire l’incarico di amministratore ai dipendenti delle

amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti

di conferire incarichi in organi di governo di società controllate da p.a. a

lavoratori in quiescenza, salvo incarico gratuito. Possono invece essere

nominati amministratori i dipendenti delle società a controllo pubblico in

aspettativa non retribuita o senza compenso

di nominare amministratore nelle controllate indirette amministratori della

società controllante; salvo che: siano ad essi attribuite deleghe gestionali

a carattere continuativo; si tratti di scelta volta a garantire alla società

controllata specifiche competenze tecniche degli amministratori della

controllante o a favorire l’attività di direzione e coordinamento

di nominare amministratore chi avendo ricoperto nei cinque anni

precedenti incarico analogo ha chiuso in perdita per tre esercizi

consecutivi (v. articolo 1, comma 734 l. 296/2006 non abrogato)

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L’organo di controllo e la funzione di revisione

Tutte le s.r.l. a controllo pubblico devono sempre essere dotate di

un organo di controllo o del revisore. Le s.r.l. che ne risultino prive

devono pertanto provvedere alla relativa nomina (art. 3, comma 2).

Trattandosi di norma imperativa e non derogabile essa trova

applicazione anche in assenza di modifica statutaria

Nelle s.p.a. a controllo pubblico la funzione di revisione legale,

non può essere mai affidata al collegio sindacale (art. 3 comma 2).

Anche in questo caso, si tratta di norma imperativa che opera in

assenza di modifica statutaria, rendendo la clausola contraria

previgente inefficace e obbligando la società ad effettuare

tempestivamente la nomina del revisore

Agli organi di controllo si applicano le disposizioni relative ai requisiti e

ai compensi degli amministratori (art.11)

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Le modifiche statutarie delle società in house

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Definizioni e disciplina applicabile

Società in house: società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi

controllo analogo si ha quando la p.a. esercita un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici, sia sulle decisioni significative della società controllata;

controllo analogo congiunto si ha quando il controllo analogo è esercitato da una o più amministrazioni e sussistono i requisiti di cui all’articolo 5 comma 5 del d.lgs 50/2016: (a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni partecipanti; b) le amministrazioni sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative; c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni controllanti. I requisiti del controllo analogo possono essere conseguiti anche mediante patti parasociali

Il decreto detta alcune disposizioni specifiche per tali società che si aggiungono a quelle previste per le società a controllo pubblico

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Definizioni e modifiche statutarie

Negli statuti e nei patti parasociali:

possono essere definite le modalità con cui viene esercitato il controllo analogo sugli organi sociali

in caso di controllo analogo congiunto può essere previsto che tutti i soci pubblici siano rappresentati nell’organo amministrativo e, nel caso in cui il numero dei componenti del consiglio sia inferiore al numero dei soci pubblici, possono essere stabiliti i criteri in base ai quali ciascun socio pubblico si può esprimere per individuare il proprio amministratore di riferimento

possono essere stabilite le modalità attraverso le quali i soci pubblici esercitano congiuntamente i poteri di indirizzo e controllo sulla società

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Assetti organizzativi delle società in house

Al fine di costituire un assetto organizzativo strumentale all’esercizio

del controllo analogo gli statuti potranno altresì prevedere (facoltà e non obbligo):

deroghe alle disposizioni dell’articolo 2380 bis e 2409 novies c.c. sulla competenza gestoria esclusiva degli amministratori e del consiglio di gestione

nelle s.r.l., l’attribuzione all’ente o agli enti pubblici soci di particolari diritti ex 2468, comma 3 c.c., in ordine al potere di decisione sulle materie rilevanti per l’esercizio del controllo analogo

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Modifiche statutarie obbligatorie

Con riguardo alle altre disposizioni dalle quali discende l’obbligo di

adeguare gli statuti vanno segnalate:

la previsione dell’oggetto sociale esclusivo. Le società in house possono essere costituite soltanto per lo svolgimento di: a) attività di produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di opera pubblica sulla base di un accordo di programma tra p.a.; c) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti partecipanti; d) servizi di committenza.

la previsione sulla soglia minima del fatturato. In particolare lo statuto deve prevedere che oltre l’80% del fatturato della società sia effettuato nello svolgimento dei compiti a essa affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci e indicare che la produzione ulteriore rispetto a tale limite è consentita solo se la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso delle attività partecipate della società

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Le modifiche statutarie delle società a partenariato pubblico-privato

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La disciplina delle società a partecipazione mista

Il TUSP (art. 17) detta disposizioni specifiche per le società a partecipazione mista pubblico-privata costituite per la realizzazione di un’opera pubblica o la gestione di un servizio di interesse generale attraverso un contratto di partenariato ex art. 180 Codice appalti e concessioni. Le disposizioni riguardano : i) l’oggetto sociale esclusivo; ii) la partecipazione del soggetto privato e le modalità di selezione; iii) la durata della partecipazione privata; iv) le deroghe alla disciplina della governance per consentire la realizzazione delle specifiche finalità per cui la società è costituita

Dalla disposizione che stabilisce soltanto un obbligo di partecipazione minima del socio privato (non inferiore al 30%) si può ricavare che:

le previsioni dell’articolo 17 derogatorie rispetto alle regole del diritto comune si applicano anche quando la società non sia qualificabile come società a controllo pubblico

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L’oggetto sociale esclusivo e la durata della

partecipazione privata

Le società miste possono essere costituite esclusivamente per la realizzazione e gestione di un’opera o per l’organizzazione e gestione di un servizio di interesse generale in regime di partenariato con un imprenditore privato, selezionato mediante l’espletamento di procedure ad evidenza pubblica (art. 4, comma 2, lett. c). Da tale previsione discende un obbligo di adeguamento statutario relativo alla clausola dell’oggetto sociale

Per le società di cui all’art. 17 è prevista una forma di partecipazione privata a tempo, strettamente connessa alla finalità perseguita dalla società e che comporta una causa di decadenza legale del socio privato. La legge non dice nulla, tuttavia, sui criteri di liquidazione della partecipazione cessata per scadenza del termine e sulle modalità di annullamento della stessa. Fermo restando che nel silenzio della nuova disciplina trovano applicazione le regole del diritto comune, sarebbe opportuno che tali aspetti fossero disciplinati dallo statuto in modo da calibrare l’interesse del socio privato con la peculiare finalità per cui la società è costituita, nonché da garantire un graduale disimpegno del socio privato in funzione della continuità dei servizi fino a quel momento prestati

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Altre modifiche statutarie

Gli statuti delle società miste devono prevedere obbligatoriamente meccanismi idonei a determinare lo scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del contratto di servizio (es. ipotesi di giusta causa di esclusione ex art. 2473 bis c.c.; clausole di riscatto in favore del socio pubblico)

In via facoltativa, invece, possono prevedere:

deroghe alle disposizioni degli artt. 2380 bis e 2409 novies c.c. sulla competenza gestoria esclusiva degli amministratori e del consiglio di gestione) al fine di consentire il controllo interno del socio pubblico sulla gestione

nelle s.r.l., l’attribuzione all’ente socio di particolari diritti ex art. 2468, comma 3 c.c., nonché la deroga al primo comma dell’art. 2479 sulle competenze rimesse alla decisione dei soci in virtù dell’atto costitutivo o su richiesta di amministratori e soci, nel senso di limitarle o escluderle

nelle s.p.a., l’emissione di speciali categorie di azioni e di azioni con prestazioni accessorie da assegnare al socio privato (utili per regolare la cessazione della partecipazione per scadenza o risoluzione del contratto)

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Le modifiche statutarie delle società partecipate

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Disciplina applicabile e modifiche statutarie

In relazione alle società a partecipazione pubblica non di controllo è previsto l’obbligo per la p.a. titolare di una partecipazione pubblica superiore al 10% del capitale di proporre agli organi societari l’introduzione di misure analoghe a quelle previste per le società a controllo pubblico in tema di compensi degli amministratori e trattamento di fine mandato e indennità

Parte della dottrina sottolinea che in via facoltativa la p.a. potrebbe proporre l’introduzione delle misure in tema di:

i) incompatibilità dello stato di dipendente della p.a. controllante o vigilante con la carica di amministratore della società;

ii) attribuzione da parte del Cda di deleghe di gestione a un solo amministratore, salva l’attribuzione al Presidente ove preventivamente autorizzata dall’assemblea;

iii) esclusione della carica di vicepresidente salvo carica non onerosa;

iv) divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato e trattamenti di fine mandato

v) divieto di costituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società.

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Riepilogo adempimenti statutari

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Società Adeguamento statutario Termine

Tutte le società pubbliche Oggetto sociale 31/12/2016 (miste 31/12/2017)

Società controllate Composizione CdA Attesa d.p.c .m.

Società controllate Requisiti di genere organi e

regole di governance

Attesa d.p.c.m o 31/12/2016?

Società controllate s.r.l. Organo di controllo No modifica statutaria

Società controllate s.p.a. Funzione di revisione No modifica statutaria

Società in house Obblighi società controllate Stessi termini

Società in house Clausola fatturato 31/12 /2016

Società in house Facoltà modifica assetti

organizzativi

Senza termine

Società PPP Obblighi società controllate se

c’è controllo

Stessi termini

Società PPP Quota partecipazione privato 31/12/2017

Società PPP Meccanismi per lo

scioglimento del rapporto

31/12/2016

Società miste e partecipate Misure facoltative Senza termine

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Attuazione della disciplina sulla trasparenza:

questioni applicative e interpretative

Raffaella Marzulli

Gruppo di lavoro tecnico Assonime società partecipate

II incontro 14 dicembre 2016

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Dal d.lgs. n. 33/2013 al d. lgs. n. 97/2016

il d.lgs. n. 33/2013 si applicava, limitatamente all’attività di pubblico interesse, alle società e agli enti di diritto privato in controllo pubblico; in caso di partecipazione non maggioritaria, si applicavano le disposizioni dell’art. 1, commi da 15 a 33 della l. n. 190/2012 (art. 11)

la delibera Anac n. 8/2015 ha fornito alcuni chiarimenti per l’applicazione della disciplina alle società e agli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni; la disciplina è stata sospesa per le società con azioni quotate e per le società con strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e per le loro controllate

il d.lgs. n. 97/2017 ha modificato il d. lgs. n. 33/2013 introducendo una nuova disciplina che si applica a partire dal 23 dicembre 2016

2

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Ambito oggettivo di applicazione

principio generale di trasparenza: “accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.” (art. 1, d.lgs. n. 33/2013)

la disciplina sulla trasparenza pertanto ha ad oggetto “la libertà di accesso di chiunque ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti di cui all’articolo 2-bis, garantita nel rispetto del limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, tramite l’accesso civico e la pubblicazione di documenti, informazioni e dati concernenti l’organizzazione e l’attività”

(art. 2, d.lgs. n. 33/2013)

3

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Ambito soggettivo di applicazione (art. 2-bis)

La disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni si applica “in quanto compatibile”:

alle società in controllo pubblico come definite dal decreto legislativo n. 175/2016; sono escluse le società quotate come definite dallo stesso decreto legislativo n. 175/2016 (comma 2, lett. b)

alle società in partecipazione pubblica come definite dal decreto legislativo n. 175/2016, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea (comma 3)

4

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Le definizioni del d.lgs. n. 175/2016

società a controllo pubblico: le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. (art. 2, comma 1, lett. m)

società quotate: le società a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati; le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati; le società partecipate dalle une o dalle altre, salvo che le stesse siano anche controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche (art. 2, comma 1, lett. p)

società in partecipazione pubblica: le società a controllo pubblico nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico (art. 2, comma 1, lett. n)

5

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3 questioni aperte:

interpretazione dell’espressione “in quanto compatibile”

definizione di attività di pubblico interesse

la disciplina sulla trasparenza prevista per le amministrazioni pubbliche si applica alle società quotate?

6

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Cosa significa “in quanto compatibile”?

Secondo lo schema di linee guida sottoposto a consultazione:

il principio della compatibilità concerne la sola necessità di trovare adattamenti agli obblighi di pubblicazione in ragione delle caratteristiche organizzative e funzionali dei soggetti destinatari dell’obbligo

l’accesso generalizzato è da ritenersi senza dubbio un istituto compatibile con la natura e le finalità delle società pubbliche, considerato che l’attività svolta da tali soggetti è volta alla cura di interessi pubblici

(schema linee guida accesso civico, p. 7, schema linee guida obblighi di pubblicità, p. 4)

7

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Quali sono le attività di pubblico interesse?

Quelle così qualificate da norma di legge o da atti costitutivi e da statuti degli enti e delle società nonché le attività di esercizio di funzioni amministrative, di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche, di gestione di servizi pubblici. In generale, è onere delle singole società, d’intesa con le amministrazioni controllanti, indicare quali attività rientrano fra quelle di pubblico interesse e quelle invece che non lo sono. Data la natura di alcune attività espressione di funzioni strumentali, ad es. di acquisto di beni e servizi, svolgimento di lavori e gestione di risorse umane e finanziarie, si presume che le stesse siano volte a soddisfare anche esigenze connesse allo svolgimento di attività di pubblico interesse, salvo specifiche e motivate indicazioni contrarie da parte della società interessata

(delibera n. 8/2015, schema linee guida accesso civico, p. 7)

8

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La disciplina sulla trasparenza si applica alle società partecipate quotate?

Secondo lo schema di linee guida Anac: le società quotate partecipate da pubbliche amministrazioni, che siano o no a controllo pubblico, sono considerate ai fini della trasparenza, quali società in partecipazione pubblica

Quindi alle società quotate, a controllo pubblico o a partecipazione pubblica non di controllo, si applicherebbe la disciplina sulla trasparenza, sia pure limitatamente alle attività di pubblico interesse

(schema linee guida accesso civico, p. 6; cfr. anche PNA 2016, p. 14)

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La disciplina sulla trasparenza si applica alle società partecipate quotate? - le ragioni del no (a)

Note e studi Assonime n. 19/2016:

i. la legge n. 124/2015 delega il governo a precisare l’ambito di applicazione della normativa in materia di trasparenza (art. 7) e a creare una disciplina generale e organica per le società a partecipazione pubblica distinguendo tra tipi di società, anche in relazione alla quotazione o all’emissione di strumenti finanziari quotati, in base al principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina privatistica (art. 18)

ii. in attuazione di tali criteri di delega l’art. 11 del d.lgs. n. 33/2013 è stato modificato; l’art.1 del d.lgs. n. 175/2016 ha precisato che per tutto quanto non derogato dal decreto stesso, alle società pubbliche si applicano le disposizioni del codice civile e che le disposizioni del decreto n. 175/2016 si applicano alle società quotate solo se espressamente previsto

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La disciplina sulla trasparenza si applica alle

società partecipate quotate? - le ragioni del no (b)

iii. art. 22 del d.lgs. n. 175/2016 prevede che “le società a controllo pubblico assicurano il massimo livello di trasparenza sull’uso delle proprie risorse e sui risultati ottenuti, secondo le previsioni del decreto legislativo n. 33/2013”

iv. la disposizione non fa riferimento alle società quotate

v. l’unico ambito in cui alla luce del TUSP può ipotizzarsi l’applicazione della disciplina sulla trasparenza è quello delle società partecipate dalle società quotate che siano partecipate o controllate da altre pubbliche amministrazioni.

A riguardo sarebbe opportuno un coinvolgimento della Consob per definire le modalità di attuazione

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Strumenti di attuazione del principio di trasparenza

Il principio di trasparenza e la libertà di accesso ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni e dai soggetti di cui all’art. 2-bis sono garantiti tramite:

- l’accesso civico

- la pubblicazione sui siti istituzionali di documenti, informazioni e dati concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni

(art. 2, d.lgs. n. 33/2013)

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Accesso civico (art. 5)

L’accesso civico viene esteso oltre ai dati e ai documenti oggetto di pubblicazione (accesso generalizzato); è sancito il diritto di chiunque “di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione (…) nel rispetto dei limiti alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti” (art. 5, co. 2)

L’accesso civico generalizzato ha lo scopo “di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”

L’esercizio del diritto di accesso civico “non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione

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Esclusioni e limiti all’accesso civico (art. 5-bis)

L’accesso civico ex art. 5, co 2 è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di interessi pubblici o privati elencati all’art. 5-bis.

Il comma 2 indica gli interessi privati da tutelare:

a) protezione dei dati personali — dovrebbe essere prevista la

possibilità di rivolgersi al Garante privacy in caso di dubbio

b) la libertà e la segretezza della corrispondenza — secondo lo schema di linee guida su accesso civico, p. 23, tale tutela copre solo le comunicazioni confidenziali o che si riferiscono all’intimità della vita privata, ma la segretezza della corrispondenza è costituzionalmente tutelata senza alcuna limitazione

c) gli interessi economici e commerciali

Domanda: e la tutela del diritto alla difesa?

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L’accesso civico ex art. 5, co. 2 è compatibile con le società pubbliche?

Assonime ha sostenuto che per le società pubbliche l’accesso civico ex art. 5, co. 2 non è compatibile se riguarda dati e informazioni che possono avere rilievo sul piano concorrenziale.

Infatti:

le imprese anche quando svolgono attività di pubblico interesse operano in mercati in cui si trovano in rapporti di concorrenza con altre imprese

le imprese a partecipazione pubblica verrebbero a trovarsi in una situazione di artificioso e ingiustificato svantaggio concorrenziale rispetto ai concorrenti del settore privato e alle imprese a partecipazione pubblica di altri Stati

lo scambio di informazioni tra concorrenti solleva criticità dal punto di vista antitrust

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L’accesso civico ex art. 5, co. 2 è compatibile con le società quotate?

Secondo Assonime, la particolare delicatezza della gestione dell’informazione relativa alle società quotate che si riflette nella specifica disciplina pubblicistica che le caratterizza (alcune informazioni, in determinate fasi non sono accessibili nemmeno agli azionisti dell’impresa), dovrebbe portare a ritenere che l’accesso generalizzato è incompatibile con la natura di società quotata. Esso infatti creerebbe rischi di turbativa del mercato finanziario che andrebbero evitati

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In sostanza:

in presenza di informazioni di rilevanza concorrenziale, dovrebbe essere possibile rifiutare l’accesso civico ex art. 5, co. 2 in quanto incompatibile di per sé con l’attività d’impresa, senza necessità di dimostrare caso per caso il concreto pregiudizio

per le società quotate, l’accesso civico ex art. 5, co. 2 dovrebbe essere incompatibile tout court per evitare rischi di instabilità dei mercati finanziari (anche per le società direttamente partecipate dalle pubbliche amministrazioni)

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Modalità di attuazione del principio di trasparenza (a)

Le informazioni devono essere pubblicate sui siti, assicurando l’integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, l’omogeneità, la facile accessibilità, la conformità ai documenti originali (art. 6)

Pertanto:

i dati devono essere pubblicati in formato aperto e devono essere riutilizzabili (art. 7)

deve essere consentita la loro indicizzazione e rintracciabilità tramite i motori di ricerca nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali (art. 7-bis)

la durata di pubblicazione è di 5 anni o fino a quando gli atti producono i loro effetti; decorso tale termine, i dati sono accessibili tramite accesso civico (art. 8)

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Modalità di attuazione del principio di trasparenza (b)

i dati devono essere collocati in un’apposita sezione denominata Amministrazione/Società trasparente; la pubblicazione può essere sostituita con un link alla sezione del sito in cui i dati sono presenti (art. 9)

le società adempiono agli obblighi di pubblicazione mediante comunicazione dei dati alle amministrazioni titolari di banche dati e con la pubblicazione sul proprio sito del link alla relativa banca dati (art. 9-bis)

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Obblighi di pubblicazione introdotti o rivisti dal d. lgs. n. 97/2016 (a)

pubblicazione dei dati sui pagamenti (art. 4-bis)

pubblicazione dei dati concernenti titolari di incarichi di amministrazione e dirigenziali, nonché di collaborazione o consulenza (artt. 14 e 15)

pubblicazione delle informazioni relative al conferimento di incarichi di collaborazione, di consulenza o professionali, inclusi quelli arbitrali, conferiti da società a controllo pubblico, nonché in regime di amministrazione straordinaria, “ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate”; la pubblicazione perdura per due anni successivi alla cessazione dell’incarico (art. 15-bis)

inoltre, cfr. obblighi di pubblicazione dei provvedimenti relativi al personale ex art. 19, comma 7 del d.lgs. n. 175/2016 (escluse società quotate)

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Obblighi di pubblicazione: le novità del d. lgs. n. 97/2016 (b)

pubblicazione da parte delle PA dei provvedimenti di costituzione di società, acquisto di partecipazioni in società già acquisite, gestione delle partecipazioni pubbliche, alienazione delle partecipazioni sociali, quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati, razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche (art. 22). Sono esclusi i provvedimenti relativi a società quotate

pubblicazione in modo accessibile dei dati relativi al bilancio preventivo e consuntivo in formato tabellare aperto che consenta la loro esportazione, il loro trattamento e riutilizzo (art. 29)

pubblicazione degli atti degli OIV o altri organismi con funzioni analoghe nonché tutti i rilievi formulati dalla Corte dei conti nell’esercizio della propria funzione di controllo (art. 31)

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Obblighi di pubblicazione:

le novità del d. lgs. n. 97/2016 (c)

pubblicazione dei dati sui servizi erogati: carte di servizi o documento analogo nonchè costi contabilizzati e relativo andamento (art. 32)

pubblicazione dell’indicatore annuale di tempestività dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture nonché dell’ammontare complessivo dei debiti e del numero dei creditori (art. 33)

pubblicazione nell’apposita sezione dedicata alla trasparenza dei dati di cui all’art. 1, comma 32 della l. n. 190/2012 e degli atti di cui all’art. 29 del d. lgs. n. 50/2016 anche tramite link ad altre parti del sito (art. 37)

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La revisione della delibera n. 8/2015 La delibera Anac n. 8/2015 è in via di revisione. Questioni rilevanti:

in quale misura i nuovi obblighi sono applicabili alle società a partecipazione pubblica?

vi sono duplicazioni che possono essere fatte valere in un’ottica di semplificazione?

l’obbligo di pubblicazione può in alcuni casi intendersi assolto attraverso la comunicazione dei dati alla pubblica amministrazione? In un’ottica di proporzionalità è sempre necessario che il dato sia pubblico o è sufficiente che sia conosciuto dalle pubbliche amministrazioni?

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Il regime delle sanzioni (a)

L’inadempimento degli obblighi di pubblicazione e il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso civico costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine e sono valutati ai fini della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla valutazione della performance (art. 46)

La mancata comunicazione delle informazioni di cui all’art. 14 (situazione patrimoniale, titolarità di imprese e partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il 2° grado) dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione (art. 47, comma 1)

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Il regime delle sanzioni (b)

In caso di omessa pubblicazione dei dati relativi agli incarichi di collaborazione o consulenza, l’eventuale pagamento del corrispettivo determina responsabilità del dirigente che l’ha disposta e comporta il pagamento di una sanzione pari alla somma corrisposta (art.15, comma 3)

In caso di mancata pubblicazione delle informazioni relative agli incarichi conferiti nelle società controllate ex art. 15-bis, il responsabile della pubblicazione e colui che ha effettuato il pagamento sono soggetti a una sanzione pari alla somma corrisposta (art. 15-bis, comma 2)

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Il regime delle sanzioni (c)

La mancata pubblicazione dei dati sui propri pagamenti ex art. 4-bis è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata pubblicazione (art. 47, co. 2)

La mancata comunicazione ai soci pubblici delle informazioni relative all’incarico di amministratore societario entro 30 giorni dal conferimento oppure, per le indennità di risultato entro 30 giorni dal percepimento, dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro (art. 47, co. 2)

Le sanzioni sono irrogate dall’ANAC secondo propri regolamenti (v. da ultimo il regolamento del 18 novembre 2016)

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Inoltre…

In caso di mancata pubblicazione dei dati relativi alle partecipazioni è vietata l’erogazione in favore delle società partecipate di somme a qualsiasi titolo da parte dell’amministrazione interessata, ad esclusione dei pagamenti dovuti per l’erogazione di prestazioni contrattuali svolte (art. 22, comma 4)

La sanzione si applica solo nei casi in cui l’omessa pubblicazione dipende dalla mancata comunicazione dei dati da parte delle società, qualora essi non siano già nella diretta disponibilità delle amministrazioni

(schema linee guida sugli obblighi di pubblicità, p.13)

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I prossimi interventi: gli annunci di Anac

adeguamento al d. lgs. n. 97/2016 della delibera n. 8/2015 sull’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza alle società pubbliche

(PNA 2016, p. 14)

Ci si aspetta:

• precisazioni circa il novero delle attività di pubblico interesse

(schema linee guida accesso civico, p. 7)

• indicazioni sull’applicazione dell’art. 14 (informazioni su titolari di incarichi di vertice) e in generale sugli obblighi di pubblicazione per le società pubbliche

(schema linee guida obblighi di pubblicità, p. 3)

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