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Dipartimento di Matematica – Universit` a di Torino GRUPPI DI LIE E. Abbena – S. Console – S. Garbiero A.A. 2006–2007

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Dipartimento di Matematica – Universita di Torino

GRUPPI DI LIE

E. Abbena – S. Console – S. Garbiero

A.A. 2006–2007

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Indice

Introduzione v

Capitolo 1. Gruppi e algebre di Lie, generalita 11.1. Definizioni ed esempi 11.2. Algebra di Lie di un gruppo di Lie 61.3. L’applicazione esponenziale 111.4. Relazioni tra un gruppo di Lie e la sua algebra di Lie 171.5. Forme differenziali invarianti ed equazioni di struttura 211.6. Sottogruppi di Lie 281.7. Rivestimenti di gruppi di Lie 381.8. Rappresentazione aggiunta 421.9. Algebre e gruppi di Lie semisemplici e risolubili 461.10. Classificazione delle algebre di Lie reali di dimensione 3 541.11. Gruppi di Lie di dimensione 4 60

Capitolo 2. Richiami di geometria Riemanniana 612.1. Varieta Riemanniane ed isometrie 612.2. Connessioni su varieta Riemanniane 672.3. Tensori di curvatura 722.4. Equazioni di struttura di Cartan 772.5. Geodetiche e teorema di Myers 81

Capitolo 3. Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 833.1. Metriche invarianti a sinistra e metriche biinvarianti 833.2. Metriche invarianti sui gruppi di Lie di dimensione 3 933.3. Curvatura sezionale di una metrica invariante 983.4. Curvature di Ricci e scalare di una metrica invariante 105

Appendice A. Spazi proiettivi e gruppi classici 109

Appendice B. Omotopia e gruppo fondamentale 113

Appendice C. Rivestimenti 117

Bibliografia 121

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Introduzione

Queste note sono relative al Corso di “Gruppi di Lie” tenuto, nell’am-bito del VI Ciclo di Dottorato in Matematica, presso il Dipartimento diMatematica dell’Universita di Torino, nell’Anno Accademico 1990/91.

Lo scopo del Corso e stato quello di fornire un’introduzione alla teoriadei gruppi di Lie e delle metriche Riemanniane invarianti. Dato il prevalentefine didattico, si e cercato di ridurre al minimo i prerequisiti, che consisto-no in una conoscenza delle nozioni principali sulle varieta differenziabili esui campi vettoriali. In ogni caso, le definizioni e le proprieta richieste sipossono trovare nel testo di W. Boothby [5], le cui notazioni sono state am-piamente adottate nel corso dell’esposizione. Si e deciso, inoltre, di limitareil numero delle dimostrazioni riportate integralmente, preferendo svilupparemaggiormente gli aspetti piu “pratici” come, ad esempio, calcoli dettagliatisu esempi significativi.

Desideriamo ringraziare, in modo particolare, i Proff. Franco TRICER-RI, dell’Universita di Firenze, che tenne il Corso di Gruppi di Lie a Cortonanel 1983, a cui queste note si sono largamente ispirate, e Alfred GRAY del-l’Universita di Maryland, per aver messo a nostra disposizione le sue notedei Corsi di Ph.D.

Torino, febbraio 2007

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CAPITOLO 1

Gruppi e algebre di Lie, generalita

In questo capitolo vengono presentate le proprieta principali dei gruppie delle algebre di Lie.

1.1. Definizioni ed esempi

Le varieta differenziabili considerate in queste note sono spazi di Hau-sdorff che verificano il secondo assioma di numerabilita (esiste una basenumerabile per la famiglia degli aperti).

Definizione 1.1.1. Un gruppo di Lie (reale) e una varieta differen-ziabile analitica reale G tale che

i) G ha la struttura di gruppo,ii) le applicazioni

G×G −→ G, (a, b) 7−→ ab,

G −→ G, a 7−→ a−1

sono analitiche (G×G e dotato della struttura differenziabile prodotto).

Osservazioni.

1) La condizione ii) e equivalente alla seguente:ii’) l’applicazione G×G −→ G, (a, b) 7−→ ab−1, e analitica.

2) Se nella definizione precedente si suppone che G sia una varieta comples-sa, si ottiene un gruppo di Lie complesso. Si noti che, essendo ognivarieta complessa una varieta reale, un gruppo di Lie complesso e ancheun gruppo di Lie reale.

3) Se, invece, si suppone che G sia soltanto uno spazio topologico di Hau-sdorff e che le applicazioni considerate nel punto ii) siano continue, si hala definizione di gruppo topologico.

E evidente che ogni gruppo di Lie e un gruppo topologico. Un famosoproblema, proposto da Hilbert (V problema), consiste nel provare che ungruppo topologico localmente euclideo (tale cioe che ogni punto abbia unintorno omeomorfo ad un aperto di Rn) ammette sempre un’unica strut-tura di varieta analitica rispetto alla quale diventa un gruppo di Lie. Ladimostrazione di tale affermazione si deve a Von Neumann (1933), nel ca-so compatto, ed a Gleason, Montgomery e Zippin (1952) nel caso generale.Questo risultato implica, tra l’altro, che l’ipotesi di analiticita per i gruppidi Lie non e affatto restrittiva.

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Esempi.

(1) Rn e un gruppo di Lie reale abeliano, rispetto alla struttura differen-ziabile ordinaria. Analogamente, Cn e un gruppo di Lie complessoabeliano.

(2) Indichiamo con GL(n,R) il gruppo lineare generale, ossia l’insiemedelle matrici reali di ordine n con determinante diverso da zero. Iden-tificando una matrice di ordine n con un punto di Rn2

, si vede che lafunzione

det : M(n,R) −→ R, A 7−→ detA(M(n,R) denota l’insieme di tutte le matrici di ordine n) e continua;l’insieme det−1(0) e chiuso e, quindi, GL(n,R) = M(n,R)− det−1(0) eaperto in Rn2

. Pertanto, GL(n,R) ha la struttura di varieta analiticareale aperta, indotta da quella di M(n,R). Ricordando le espressionidel prodotto di due matrici e della matrice inversa, si ha che GL(n,R)e un gruppo di Lie di dimensione n2.

In generale, se V e uno spazio vettoriale reale di dimensione n,GL(V ), il gruppo degli isomorfismi lineari di V , e un gruppo di Lie,isomorfo a GL(n,R) (fissata una base in V ).

(3) Consideriamo la circonferenza unitaria S1 nel piano

z ∈ C / |z| = 1 = z ∈ C / z = eiθ = cos θ + i sin θ, θ ∈ R.S1 ha una struttura naturale di varieta analitica di dimensione 1 (lefunzioni sin e cos sono omeomorfismi locali su opportuni aperti che ri-coprono S1). Inoltre, S1 e un gruppo abeliano rispetto al prodotto dinumeri complessi. S1 e isomorfo ai seguenti gruppi

i) SO(2) =A ∈M(2,R) / A =

(cos θ − sin θsin θ cos θ

), θ ∈ R

;

ii) R/Z, gruppo quoziente rispetto alla congruenza modulo Z.Mediante gli isomorfismi precedenti, non e difficile verificare che S1

e un gruppo di Lie.

Introduciamo ora la nozione di omomorfismo tra gruppi di Lie.

Definizione 1.1.2. Siano G e H due gruppi di Lie. Si dice omo-morfismo analitico ogni applicazione analitica φ : G −→ H che sia an-che un omomorfismo di gruppi. Se φ e un isomorfismo di gruppi e undiffeomorfismo, φ prende il nome di isomorfismo analitico.

Dati due gruppi di Lie G e H, e possibile costruire altri gruppi di Lienel modo seguente. Supponiamo che per ogni a ∈ G esista un automorfismoαa di H in se tale che:

(1) per ogni a, b ∈ Gαab = αa αb,

(2) l’applicazione

G×H −→ H, (a, h) 7−→ αa(h)

sia analitica.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 3

In tal caso, si verifica che la varieta analitica H ×G, dotata dell’operazione

(h, a)(h′, b) = (hαa(h′), ab), h, h′ ∈ H, a, b,∈ G,e un gruppo di Lie, detto prodotto semidiretto di H e G rispetto adα ed indicato con H oα G. Se αa = idH , per ogni a ∈ G, si ha il prodottodiretto e si scriveH×G. Si noti cheH e un sottogruppo normale diHoαG.

Esempi.

(1) Siano G = GL(n,R), H = Rn, A ∈ GL(n,R), αA : H −→ H, u 7−→ Au.Allora HoαG non e altro che il gruppo delle affinita di Rn. Si osserviche si puo identificare H oα G con il gruppo K di matrici

B ∈ GL(n+ 1,R) / B =(A tu0 1

), A ∈ GL(n,R), u ∈ Rn

.

(2) Se G = S1, il prodotto diretto

Tn = S1 × · · · × S1︸ ︷︷ ︸n volte

si dice toro reale di dimensione n. Si noti che Tn e analiticamenteisomorfo a Rn/Zn, gruppo quoziente di Rn rispetto alla relazione dicongruenza modulo Zn.

Introduciamo ora delle particolari algebre che, come vedremo, sono stret-tamente collegate ai gruppi di Lie.

Definizione 1.1.3. Un’algebra di Lie reale e uno spazio vettoriale realeg dotato di un’applicazione bilineare (detta parentesi di Lie o semplicemente“bracket”)

[ , ] : g× g −→ g, (X,Y ) 7−→ [X,Y ],che verifica le seguenti proprieta:

(1) [X,Y ] = −[Y,X],

(2) SX,Y,Z [[X,Y ], Z]def.= [[X,Y ], Z] + [[Y, Z], X] + [[Z,X], Y ] = 0,

per ogni X,Y, Z ∈ g (SX,Y,Z denota la somma sulle permutazioni ciclichedi X,Y, Z). La (2) e detta identita di Jacobi.

Definizione 1.1.4. Un omomorfismo di algebre di Lie e un’appli-cazione lineare φ : g −→ g′ tale che

φ([X,Y ]) = [φ(X), φ(Y )],

per ogni X,Y ∈ g. I monomorfismi, gli epimorfismi e gli isomorfismidi algebre di Lie si definiscono in modo ovvio.

Siano a, b due sottospazi vettoriali di un’algebra di Lie g. Poniamo

[a, b] =

∑i

ai[Xi, Yi], Xi ∈ a, Yi ∈ b, ai ∈ R

.

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Definizione 1.1.5. Un sottospazio vettoriale h di g si dice sottoalgebradi Lie se [h, h] ⊆ h. h e un ideale di g se [h, g] ⊆ h.

Vale la seguente proprieta, la cui dimostrazione consiste in una sempliceverifica.

Proprieta 1.1.6. Sia φ : g −→ g′ un omomorfismo di algebre di Lie.Allora:(1) kerφ e un ideale di g e imφ e una sottoalgebra di g′;(2) se h e un ideale di g, g/h e ancora un’algebra di Lie con parentesi di Lie

data da[X + h, Y + h] = [X,Y ] + h, X, Y,∈ g.

Esempi.

(1) g = Rn, con parentesi di Lie definita da [u, v] = 0 per ogni u, v ∈ Rn, eun’algebra di Lie abeliana. In generale, si dice abeliana un’algebra diLie la cui parentesi di Lie e identicamente nulla.

(2) Sia g = gl(n,R) lo spazio vettoriale delle matrici reali di ordine n (comeinsieme coincide con M(n,R)) dotato dell’operazione

[A,B] = AB −BA,

per ogni A,B ∈ gl(n,R). Si verifica che gl(n,R) e un’algebra di Lie.Piu in generale, se V e uno spazio vettoriale reale, indichiamo con gl(V )l’algebra di Lie degli endomorfismi lineari di V . La parentesi di Lie edata da

[f, g] = f g − g f,per ogni f, g ∈ gl(V ). Se V ha dimensione n, scelta una base di V , gl(V )e isomorfa, come algebra di Lie, a gl(n,R).

Definizione 1.1.7. Sia g un’algebra di Lie. Un endomorfismo (di spazivettoriali) φ di g si dice derivazione di g se:

φ([X,Y ]) = [φ(X), Y ] + [X,φ(Y )],

per ogni X,Y ∈ g.

Indicato con Der(g) l’insieme delle derivazioni di g, si verifica che:(1) se φ, ψ ∈ Der(g) e a ∈ R, allora: φ + ψ ∈ Der(g), aφ ∈ Der(g) e

[φ, ψ] = φ ψ − ψ φ ∈ Der(g).(2) Der(g) e una sottoalgebra di Lie di gl(g), detta algebra di Lie delle

derivazioni di g.

Si noti che, se X ∈ g, l’endomorfismo lineare

adX : g −→ g, Y 7−→ adX Y = [X,Y ]

e una derivazione di g, detta derivazione interna. Si prova che:

(1) [adX , adY ] = ad[X,Y ], per ogni X,Y ∈ g.(2) ad(g) = φ ∈ Der(g) / φ = adX , X ∈ g e un’algebra di Lie, sottoalge-

bra di Der(g), detta algebra di Lie delle derivazioni interne.

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Definizione 1.1.8. Siano g e h due algebre di Lie e δ : g −→ Der(h) unomomorfismo di algebre di Lie. Si consideri h × g dotato della struttura dispazio vettoriale somma diretta e si definisca il prodotto in h × g nel modoseguente

[(U,X), (V, Y )] = ([U, V ] + δ(X)V − δ(Y )U, [X,Y ]),

per ogni U, V ∈ h e X,Y ∈ g. Si ottiene cosı un’algebra di Lie, denotata conh⊕δ g, detta somma semidiretta di h e g (rispetto a δ).

Si noti che h e un ideale di h⊕δ g. Se δ(X) = 0, per ogni X ∈ g, si parladi somma diretta di algebre di Lie e si scrive semplicemente h⊕ g.

Esercizi.

1.1.1 Descrivere esplicitamente la struttura analitica di S1 (atlante dellecarte locali e funzioni di transizione) e verificare che S1 e un gruppodi Lie. Ripetere lo stesso esercizio nel caso di GL(n,R).

1.1.2 Provare che il prodotto semidiretto H oα G di due gruppi di Lie e ungruppo di Lie. Verificare che H e un sottogruppo normale di H oαG.

1.1.3 Verificare che:a) Der(g) e una sottoalgebra di gl(g);b) adX ∈ Der(g), per ogni X ∈ g;c) ad(g) e una sottoalgebra di Lie di Der(g).

1.1.4 Provare che la somma semidiretta h ⊕δ g di due algebre di Lie eeffettivamente un’algebra di Lie e che h e un ideale di h⊕δ g.

1.1.5 Supponiamo che l’algebra di Lie g sia la somma diretta, come spaziovettoriale, di due sottoalgebre h e k.a) Stabilire che g = h ⊕ k e somma diretta di algebre di Lie se e solo

se h e k sono due ideali.b) Provare che g e somma semidiretta di h e k se h e un ideale di g

(suggerimento: g = h⊕δ k dove δ(X) = adX , X ∈ k).

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1.2. Algebra di Lie di un gruppo di Lie

Sia G un gruppo di Lie. Per ogni a ∈ G consideriamo le seguentiapplicazioni:

La : G −→ G, b 7−→ ab,

Ra : G −→ G, b 7−→ ba,

Ia : G −→ G, b 7−→ aba−1.

La e Ra sono diffeomorfismi analitici (ma non omomorfismi di gruppi), det-ti traslazione sinistra e traslazione destra, rispettivamente. Ia e unautomorfismo analitico di G, detto automorfismo interno corrispondenteall’elemento a di G.

Si ricordi che se φ : M −→ N e una funzione differenziabile tra duevarieta differenziabili, il differenziale di φ nel punto p ∈M e un’applicazionelineare tra gli spazi tangenti TpM e Tφ(p)N , indicata con φ∗|p .

Definizione 1.2.1. Sia X un campo vettoriale analitico su G. X si diceinvariante a sinistra (a destra) se

(La)∗ bXb = Xab, ((Ra)∗ bXb = Xba)

per ogni a, b ∈ G.

Vale la seguente

Proprieta 1.2.2. Se X e Y sono due campi invarianti a sinistra (adestra), anche i campi X + Y , λX, con λ ∈ R, e [X,Y ] sono invarianti asinistra (a destra).

Dimostrazione. Le prime due affermazioni sono conseguenza del fattoche il differenziale e un’applicazione lineare. Per provare la terza, si osserviche, se φ e un diffeomorfismo di G in G, dato un campo vettoriale X, sidefinisce il campo φ∗X nel modo seguente:

(φ∗X)a = φ∗ φ−1(a)Xφ−1(a), per ogni a ∈ G.In tal caso, vale la relazione

φ∗[X,Y ] = [φ∗X,φ∗Y ]

e la tesi segue dal fatto che un campo X e invariante a sinistra (a destra) see solo se (La)∗X = X (oppure (Ra)∗X = X), per ogni a ∈ G.

Dalla proprieta precedente si vede che l’insieme dei campi vettoriali in-varianti a sinistra ha la struttura di algebra di Lie, detta algebra di Liedel gruppo di Lie G.

Teorema 1.2.3. Sia G un gruppo di Lie di dimensione n. La sua algebradi Lie g e isomorfa (come spazio vettoriale) a TeG, spazio tangente a Gnell’elemento neutro e ∈ G. Di conseguenza, anche g ha dimensione n.

Dimostrazione. Iniziamo col provare che, dato un vettore x ∈ TeG,esiste un unico campo vettoriale invariante a sinistra X ∈ g tale che Xe = x.Si definisce X nel modo seguente: per ogni a ∈ G, Xa = (La)∗ ex.

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i) X e invariante a sinistra poiche

Xab = (Lab)∗|ex = (La)∗ b (Lb)∗ ex = (La)∗ bXb, a, b ∈ G.

ii) X e un campo analitico. Dato che X e invariante a sinistra, e sufficienteverificare che X e analitico in un intorno di e. A tal fine consideriamouna carta locale (U, φ) centrata in e (cioe φ(e) = 0 ∈ Rn). Indicatecon x1, x2, . . . , xn le funzioni (analitiche) coordinate locali su U , valel’espressione

XU =

n∑i=1

Xi ∂

∂xi

e, quindi, il campo X e analitico se e solo se le funzioni Xi sonoanalitiche. Poiche X e invariante a sinistra, si ha

Xi(a) = Xa(xi) = ((La)∗ eXe)(xi) = Xe(xi La)

e, pertanto, basta provare che le funzioni

U −→ R, a 7−→ Xe(xi La), i = 1, . . . , n,

sono analitiche.Dato che l’applicazione G × G −→ G, (a, b) 7−→ ab, e analitica (in

particolare e continua), esiste un intorno aperto V di e, contenuto in U ,tale che V ·V ⊆ U , dove V ·V = c ∈ G / c = ab, a, b ∈ V . Introdottele funzioni analitiche

F i : V × V −→ R,

(a, b) 7−→ F i(a, b) = xi(ab), i = 1, . . . , n,

dal diagramma

V × VF i

//

φ×φ!!CC

CCCC

CCR

φ(V )× φ(V )

ψ

==

si deduce che le funzioni

ψi =F i (φ× φ)−1 : φ(V )× φ(V ) −→ R

(y1, . . ., yn, z1, . . . , zn) 7−→ ψi(y1, . . . , yn, z1, . . . , zn)

sono analitiche nelle 2n variabili e che

F i(a, b) = ψi(x1(a), . . . , xn(a), x1(b), . . . , xn(b)).

Di conseguenza, anche le funzioni

(xi La φ−1)(z1, z2, . . . , zn) = xi(aφ−1(z1, z2, . . . , zn))

= F i(a, φ−1(z1, z2, . . . , zn)) = ψi(x1(a), . . . , xn(a), z1, . . . , zn)

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sono analitiche. Infine, l’analiticita delle Xi(a) in un intorno di e siricava dalle seguenti espressioni

Xi(a) = Xe(xi La) =n∑h=1

Xh(e)∂

∂xh(xi La)

e

=n∑h=1

Xh(e)∂

∂zh(xi La φ−1)

(0,...,0)

=n∑h=1

Xh(e)∂ψi

∂zh (x1(a),...,xn(a),0,...,0).

Da (i) e (ii) risulta che il campo X, univocamente determinato a partire dax ∈ TeG, appartiene a g. Non e difficile verificare che l’applicazione

g −→ TeG, X 7−→ Xe,

e un isomorfismo di spazi vettoriali.

In base al risultato precedente, si puo introdurre su TeG una strutturadi algebra di Lie definendo, per ogni x,y ∈ TeG,

[x,y] = [X,Y ]e,

dove X e Y sono gli unici campi invarianti a sinistra tali che Xe = x,Ye = y. In tal modo, TeG risulta isomorfo, come algebra di Lie, a g. Inseguito, spesso, le due algebre di Lie saranno identificate.

Esempio.Siano G = GL(n,R) ed I la matrice unita. Allo scopo di determinare

esplicitamente l’algebra di Lie di GL(n,R), si puo introdurre un sistema dicoordinate globali su GL(n,R) ponendo

xij(a) = aij , i, j = 1, . . . , n,

dove a = (aij) ∈ GL(n,R). Ogni vettore tangente in I a GL(n,R) si puoscrivere nel modo seguente

x =n∑

i,j=1

Aij

( ∂

∂xij

)I, Aij ∈ R.

Di conseguenza, l’applicazione

TI(GL(n,R)) −→ gl(n,R), x 7−→ (Aij) = A,

e un isomorfismo di spazi vettoriali. Verifichiamo che e anche un isomorfismodi algebre di Lie. Sia x ∈ TI(GL(n,R)); per determinare il campo invariantea sinistra X tale che XI = x, si consideri la curva

γ(t) = I + tA, t ∈ (−ε, ε) ⊂ R.

A causa della continuita della funzione determinante, det(I + tA) 6= 0, se te sufficientemente piccolo, e quindi γ e una curva in GL(n,R) per la quale

γ(0) = I, γ(0) =dγ

dt t=0= x.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 9

Sia a ∈ GL(n,R), dalla definizione di differenziale segue che

(La)∗|Ix =dγ

dt t=0,

doveγ(t) = (La γ)(t) = a+ taA.

Quindi

γij(t) = xij(γ(t)) = aij + tn∑k=1

aikAkj

e

(La)∗ I x =n∑

i,j=1

dγijdt t=0

∂xij a

=n∑

i,j,k=1

aikAkj∂

∂xij a=

n∑i,j,k=1

xik(a)Akj∂

∂xij a.

Dall’espressione precedente, si vede che il campo invariante a sinistra X taleche XI = x e dato da

X =n∑

i,j,k=1

xikAkj∂

∂xij.

Analogamente, considerato un secondo vettore y ∈ TI(GL(n,R)) del tipo

y =n∑

i,j=1

Bij∂

∂xij I, Bij ∈ R,

il campo invariante a sinistra Y tale che YI = y e dato da:

Y =n∑

i,j,k=1

xikBkj∂

∂xij.

Pertanto

[X,Y ] =n∑

i,j,k=1

n∑l,r,s=1

[xikAkj

∂xij, xlrBrs

∂xls

]

=n∑

i,j,k,l,r,s=1

xikAkjBrs∂xlr

∂xij∂

∂xls−

n∑i,j,k,l,r,s=1

xlrBrsAkj∂xik

∂xls∂

∂xij

=n∑

i,j,k,s=1

xikAkjBjs∂

∂xis−

n∑j,l,r,s=1

xlrBrsAsj∂

∂xlj

=n∑

i,j,k,s=1

xik(AkjBjs −BkjAjs)∂

∂xis=

n∑i,k,s=1

xik[A,B]ks∂

∂xis.

In conclusione,

[X,Y ]I =n∑

i,s=1

[A,B]is∂

∂xis I

e TI(GL(n,R)) e isomorfo, come algebra di Lie, a gl(n,R).

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10 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Esercizi.

1.2.1 Siano G un gruppo di Lie e φ : G −→ G un diffeomorfismo. Datoun campo vettoriale X su G, si definisca il campo vettoriale φ∗X nelmodo seguente

(φ∗X)b = φ∗|φ−1(b)Xφ−1(b), per ogni b ∈ G.a) Provare che X e invariante a sinistra se e solo se (La)∗X = X, per

ogni a ∈ G.b) Verificare che seX e Y sono campi vettoriali suG, allora φ∗[X,Y ] =

[φ∗X,φ∗Y ].

1.2.2 Dimostrare che, a meno di isomorfismi, esistono solo due algebre diLie, reali di dimensione due. Piu precisamente, data un’algebra di Liereale g di dimensione due, provare che o g e abeliana (il “bracket”eidenticamente nullo) oppure g e isomorfa alla seguente sottoalgebra digl(2,R)

h =(

a b0 −a

), a, b ∈ R

.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 11

1.3. L’applicazione esponenziale

Sia g un’algebra di Lie. Dato un campo X ∈ g, indichiamo con φX lacurva integrale di X passante per l’elemento neutro e di G, cioe tale che

φX(0) = e, φX(t) = XφX(t), t ∈ (−ε, ε) ⊂ R.In generale, una curva integrale e definita solo per t sufficientemente piccolo.Tuttavia, poiche X e invariante a sinistra, si puo provare che la curva φXe definita su tutto R. Supposto, infatti, che φX sia definita per |t| ≤ ε, siconsideri la curva

ψ(t) = φX(ε)φX(t− ε), ε ≤ t ≤ 2ε.

ψ e una curva integrale di X dato chedψ

dt t= (LφX(ε))∗ φX(t−ε)

d

dtφX(t− ε)

t

= (LφX(ε))∗φX(t−ε)

XφX(t−ε)

= XφX(ε)φX(t−ε) = Xψ(t).

Di conseguenza

ψX(t) =

φX(t), |t| ≤ ε

ψ(t), ε < t ≤ 2εe una curva integrale di X che estende φX all’intervallo reale −ε ≤ t ≤ 2ε.Per induzione, si estende φX a tutto R.

Proprieta 1.3.1.(1) φX(t+ s) = φX(t)φX(s), per ogni t, s ∈ R.(2) φX(ts) = φtX(s), per ogni t, s ∈ R.(3) La curva integrale di X passante per a ∈ G e data da

γ(t) = aφX(t) = (La φX)(t).

Dimostrazione.

(1) Fissiamo t ∈ R. Allora γ(s) = φX(t + s) e una curva integrale di Xpassante per γ(0) = φX(t). Dato che anche γ(s) = φX(t)φX(s) e unacurva integrale di X passante per γ(0) = φX(t)φX(0) = φX(t), dall’u-nicita delle soluzioni di un sistema di equazioni differenziali ordinarie,assegnate le condizioni iniziali, si puo concludere che γ(s) = γ(s).

(2) Si prova in modo analogo in quanto γ(s) = φX(ts) e γ(s) = φtX(s) sonocurve integrali di tX passanti per e.

(3) E sufficiente verificare ched

dt(aφX(t))

t= (La)∗ φX(t) φX(t) = (La)∗ φX(t)XφX(t) = XaφX(t).

Si noti che, a causa della proprieta precedente, l’applicazione

φX : R → G, t 7−→ φX(t),

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12 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

e un omomorfismo di gruppi di Lie. Per questo motivo, φX(R) prende ilnome di sottogruppo ad un parametro di G.

Allo scopo di determinare esplicitamente i sottogruppi ad un parametrodi GL(n,R), si consideri la seguente serie di matrici:

eX = I +X +12!X2 +

13!X3 + ... =

∞∑k=0

Xk

k!,

dove X ∈ gl(n,R).

Teorema 1.3.2.

(1) La serie eX converge assolutamente per ogni X ∈ gl(n,R). La conver-genza e uniforme sui sottoinsiemi compatti di gl(n,R).

(2) La funzione gl(n,R) → gl(n,R), X 7−→ eX , e analitica.(3) Se X,Y ∈ gl(n,R) e XY = Y X, allora eX+Y = eXeY .(4) eX ∈ GL(n,R), per ogni X ∈ gl(n,R).(5) det(eX) = etrX , per ogni X ∈ gl(n,R) (trX e la traccia della matrice

X).(6) Se X ∈ gl(n,R), φX(t) = etX .

Dimostrazione.

(1) Sia X = (Xij) ∈ gl(n,R). Posto λ = sup1≤i,j≤n |Xij |, si prova perinduzione che

|(Xk)ij | ≤ (nλ)k, k ∈ N,

da cui segue la tesi.

(2) Poiche la convergenza e uniforme sui sottoinsiemi compatti di gl(n,R) ele somme parziali sono polinomi nelle variabili Xij , si ha che la funzioneX 7−→ eX e analitica.

(3) Se X,Y ∈ gl(n,R) e XY = Y X, si prova per induzione che

(X + Y )m

m!=

m∑r=0

Xr

r!Y m−r

(m− r)!.

La tesi segue dalle proprieta del prodotto di due serie assolutamenteconvergenti.

(4) Per la (3) si ha

I = e0 = eX−X = eXe−X ,

quindi (eX)−1 = e−X , ossia eX ∈ GL(n,R).

(5) Siano λ1, .., λr gli autovalori distinti (eventualmente complessi) di Xcon molteplicita m1, ..,mr rispettivamente. Dato che X e simile ad unamatrice triangolare superiore (forma canonica di Jordan), gli autovaloridi Xk sono λk1, .., λ

kr con le stesse molteplicita. Pertanto gli autovalori

di eX saranno eλ1 , .., eλr , da cui la (5).

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 13

(6) Consideriamo X = (Xij) ∈ gl(n,R) come un campo vettoriale invariantea sinistra su GL(n,R), cioe (cfr. l’Esempio di pag. 8)

X =n∑

i,j,k=1

xikXkj∂

∂xij.

La curva integrale φX diX passante per I soddisfa il sistema di equazionidifferenziali ordinarie

dt= XφX(t)

φX(0) = I.

Posto φX(t) = (φij(t)), in coordinate locali il sistema precedente siriscrive come

dφijdt

=∑n

k=1 φikXkj

φij(0) = δij .

Anche la curva ψ(t) = etX =∑∞

k=01k! t

kXk verifica lo stesso sistema conle medesime condizioni iniziali. Quindi φX(t) = etX .

Osservazioni.

1) La funzione analitica

e : gl(n,R) −→ GL(n,R), X 7−→ eX ,

si dice applicazione esponenziale per le matrici.2) Se V e uno spazio vettoriale di dimensione finita (reale o complesso), si

definisce in modo del tutto analogo un’applicazione esponenziale

e : gl(V ) −→ GL(V ), f 7−→ ef =∞∑k=0

1k!fk,

per la quale valgono le stesse proprieta del Teorema 1.3.2.

Sia ora G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Tenuto conto della (6)del Teorema 1.3.2, e naturale introdurre la seguente

Definizione 1.3.3. L’applicazione esponenziale di un gruppo di LieG e la funzione

exp: g −→ G, X 7−→ expX = φX(1),

dove φX e il sottogruppo ad un parametro generato da X.

Vale il

Teorema 1.3.4.(1) exp(tX) = φX(t), exp(t+ s)X = (exp tX)(exp sX), per ogni X ∈ g e t,

s ∈ R.(2) L’applicazione exp: g −→ G e analitica.

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14 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

(3) Se f e una funzione a valori reali definita su G, analitica in un intornodi a ∈ G, si ha

f(a exp tX) =∞∑k=0

tk

k!Xk(f)(a), |t| < ε.

(4) exp e un diffeomorfismo di un intorno di 0 ∈ g in un intorno di e ∈ G.(5) Per ogni X,Y ∈ g si ha

exp(tX) exp(tY ) = exp(t(X + Y ) +

t2

2[X,Y ] +O(t3)

),

exp(tX) exp(tY )(exp(−tX)) = exp(tY + t2[X,Y ] +O(t3)

),

dove O(t3) indica una funzione analitica di t, a valori in g, tale che ilvettore 1

t3O(t3) sia limitato per t→ 0.

(6) Se G = GL(n,R) e g = gl(n,R), allora expX = eX , X ∈ gl(n,R).

Dimostrazione. (1) Segue dalla Proprieta 1.3.1, punti (1) e (2).

(2) Sia (U, x1, . . . , xn) una carta locale analitica di G centrata in e. I vettori(∂x1|e, . . . , ∂xn|e) formano una base di TeG. I corrispondenti campiinvarianti a sinistra E1, . . . , En sono dati da

Ei =n∑j=1

θji∂

∂xj,

dove le funzioni θji sono analitiche nell’intorno U . Se X e un campoinvariante a sinistra tale che Xe =

∑ni=1 α

i ∂∂xi e

αi ∈ R), si ha:

X =n∑i=1

αiEi =n∑

i,j=1

αiθji∂

∂xj.

Sia φX la curva integrale di X passante per e. Posto φi(t) = xi(φX(t)),t ∈ R, le funzioni φi sono soluzioni del sistema

dφi

dt=∑n

j=1 αiθji (φX(t))

φi(0) = 0.

Si tratta di un sistema di equazioni differenziali ordinarie che dipendonodai parametri (α1, .., αn). Dalla teoria generale di tali sistemi (cfr. [5],pag. 130), e noto che esiste un intorno W di 0 ∈ Rn, tale che le soluzio-ni dipendono analiticamente dai parametri (α1, .., αn) ∈ W . Pertantoanche φX(t) dipende analiticamente da X se X appartiene ad un op-portuno intorno V di 0 ∈ g. Quindi, exp e analitica su V . In generale,se X ∈ g, si consideri un numero reale p tale che 1

pX ∈ V . Dalla (1), sideduce che

expX = (exp1pX)p

e, quindi, exp e analitica anche in un intorno di X. In conclusione, expe una funzione analitica su tutto g.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 15

(3) Se f e analitica in un intorno di a ∈ G, f(a exp tX) e analitica per |t| < εe quindi

f(a exp tX) =∞∑k=0

tk

k!dk

dtkf(a exp tX).

Dato ched

dtf(a exp tX) = (La)∗ exp tX (Xexp tX)(f)

= Xa exp tX(f) = (Xf)(a exp tX),

per induzione si prova che

dk

dtkf(a exp tX) = Xk(f)(a exp tX).

Per t = 0 si ha la formula cercata.

(4) E sufficiente dimostrare che il differenziale di exp in 0 ∈ g non e sin-golare. Poiche g e uno spazio vettoriale, T0g e isomorfo a g mediantel’isomorfismo

g −→ T0g, Y 7−→ dγ

dt t=0,

dove γ(t) = tY . Posto ψ = exp, se Y ∈ g si ha:

ψ∗ 0 (Y ) =d

dtψ(tY )

t=0=d

dtexp(tY )

t=0= Ye

e, quindi, ψ∗ 0 : g(' T0g) −→ TeG, Y 7−→ Ye, e un isomorfismo.

(5) Si pone (exp tX)(exp tY ) = expZ(t), con Z(t) funzione analitica. Allora

Z(t) = tZ1 + t2Z2 +O(t3),

Z1, Z2 ∈ g. Mediante alcuni calcoli in cui interviene la (3), si trova

Z1 = X + Y, Z2 =12[X,Y ].

(6) E una conseguenza del Teorema 1.3.2, punto (6), e della definizione diesponenziale.

Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Denotiamo con G0 lacomponente connessa dell’elemento neutro e di G, vale a dire il piu grandesottoinsieme connesso che contiene e. Essendo g connessa e l’applicazioneesponenziale analitica, l’immagine exp(g) e contenuta in G0. In generale,exp non e suriettiva su G0; tuttavia si puo provare che exp: g −→ G esuriettiva nei casi seguenti (vedi [13], p. 135 e p. 147):

i) G e connesso e compatto;ii) G e connesso e nilpotente.

Notiamo, infine, che G0 e sia un sottoinsieme chiuso sia un sottogruppodi G (cfr. § 1.6). Si verifica che G0 e un gruppo di Lie rispetto alla strutturaanalitica indotta. Inoltre, dato che G0 e aperto in G, TeG e isomorfo a TeG0

e, di conseguenza, G e G0 hanno la stessa algebra di Lie.

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16 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Esercizi.

1.3.1 a) Verificare che l’insieme

n =

A ∈ gl(3,R) / A =

0 a b0 0 c0 0 0

, a, b, c ∈ R

e una sottoalgebra di gl(3,R). E un ideale?

b) Determinare etA, per ogni A ∈ n, t ∈ R.c) Verificare che n e isomorfa (come algebra di Lie) alla somma semi-

diretta

R2 ⊕δ R, con δ(t) =(

0 t0 0

), t ∈ R.

1.3.2 Siano G = GL(2,R) e g = gl(2,R).a) Verificare che G0 = a ∈ G/ det a > 0 e la componente connessa

dell’identita di G.

b) Data la matrice a =(−1 1

0 −1

)∈ G, provare che a /∈ exp(g) (sug-

gerimento: supposto che a = expX, X ∈ g, che cosa si puo diredegli autovalori di X?).

1.3.3 Si dia per scontato che SL(n,R) = a ∈ GL(n,R) / det a = 1sia un gruppo di Lie avente come algebra di Lie sl(n,R) = X ∈gl(n,R) / trX = 0 (trX indica la traccia della matrice X). Sia

a =(λ 00 λ−1

)∈ SL(2,R), λ 6= 0, 1.

Considerati uguali due sottogruppi ad un parametro se essi sono ge-nerati da vettori proporzionali, verificare che se λ > 0, a appartienead un unico sottogruppo ad un parametro; se λ = −1, a appartienead infiniti sottogruppi ad un parametro; se λ < 0, λ 6= −1, a nonappartiene ad alcun sottogruppo ad un parametro.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 17

1.4. Relazioni tra un gruppo di Lie e la sua algebra di Lie

Sia φ : G −→ G′ un omomorfismo analitico tra due gruppi di Lie G e G′;si indichino con g e g′ le loro algebre di Lie, rispettivamente. Dato X ∈ g,il vettore φ∗ eXe ∈ Te′G′, dove e ed e′ sono gli elementi neutri di G e di G′,rispettivamente. Consideriamo pertanto l’unico elemento X ′ di g′ tale che

X ′e′ = φ∗ eXe.

Si noti che, per ogni a ∈ G, si ha

X ′φ(a) = (Lφ(a))∗ e′X

′e′

= (Lφ(a))∗ e′ φ∗ eXe = (Lφ(a) φ)∗ eXe

= (φ La)∗ eXe = φ∗ aXa.

In altri termini, i campi X e X ′ sono φ-riferiti (cfr. [5], pag. 119). Posto:X ′ = φ∗X, si ha il

Teorema 1.4.1. φ∗ : g −→ g′, X 7−→ φ∗X, e un omomorfismo di algebredi Lie ed il diagramma

g

expG

φ∗ // g′

expG′

G

φ // G′

commuta, cioe φ(expGX) = expG′(φ∗X), X ∈ g.

Dimostrazione. φ∗ e lineare; inoltre, se X ′ e Y ′ sono φ-riferiti a X eY , allora [X ′, Y ′] e φ-riferito a [X,Y ] (cfr. [5], Teorema 7.9). Quindi, φ∗ eun omomorfismo di algebre di Lie. La commutativita del diagramma seguedalla definizione stessa di applicazione esponenziale.

Si osservi che il teorema precedente e ancora vero anche se φ e un omo-morfismo locale, cioe se φ : U −→ U ′ e una funzione analitica (dove U eU ′ sono intorni di e ∈ G ed e′ ∈ G′, rispettivamente) per la quale si ha

φ(ab) = φ(a)φ(b),

per ogni a, b ∈ U tali che ab ∈ U e φ(ab) ∈ U ′. Infatti, per costruire φ∗si utilizza solo il differenziale di φ in e e, quindi, e sufficiente conoscere ilvalore di φ in un intorno dell’elemento neutro.

Un isomorfismo locale tra due gruppi di Lie G e G′ e un omomorfismolocale φ : U −→ U ′ che e anche un diffeomorfismo analitico. In tal caso, φ∗e un isomorfismo di algebre di Lie. Si possono provare i seguenti risultati.

Teorema 1.4.2 (Primo Teorema di Lie). Se due gruppi di Lie G e G′

sono localmente isomorfi, le loro algebre di Lie g e g′ sono isomorfe.

Teorema 1.4.3 (Secondo Teorema di Lie). Due gruppi di Lie G e G′,le cui algebre di Lie g e g′ siano isomorfe, sono localmente isomorfi.

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18 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Dimostrazione. (cenno) E basata sulla formula di Campbell–Hausdorff.Se X,Y ∈ g, si puo scrivere

expX · expY = exp f(X,Y ),

dove f(X,Y ) =∑∞

n=1 cn(X,Y ) e una serie che converge in un intorno di(0,0) ∈ g× g. Con alcuni calcoli, si trova che

c1(X,Y ) =X + Y, c2(X,Y ) =12[X,Y ],

c3(X,Y ) =112[X, [X,Y ]] + [Y, [Y,X]], ecc.

La formula di Campbell–Hausdorff esprime induttivamente il termine gene-rale cn in funzione di “brackets” iterati (cfr. [22], pag. 134). Percio, se ψ eun isomorfismo di algebre di Lie, si ha che

ψ(f(X,Y )) = f(ψ(X), ψ(Y )), X, Y ∈ g.

Supponiamo allora che ψ : g −→ g′ sia un isomorfismo tra le algebre di Liedi G e G′. Consideriamo un intorno U di e ∈ G tale che

expG : W −→ U, (W intorno di 0 ∈ g),

sia un diffeomorfismo analitico. Scegliendo W sufficientemente piccolo, sipuo supporre che W ′ = ψ(W ) abbia la stessa proprieta, cioe

expG′: W ′ −→ U ′

sia un diffeomorfismo analitico. Si ha il diagramma seguente:

g ⊃W

expG

ψ // W ′ ⊂ g′

expG′

G ⊃ U

φ // U ⊂ G′

dove φ = expG′ ψ exp−1

G : U −→ U ′ e un diffeomorfismo analitico. Verifi-chiamo che φ e un isomorfismo locale. Siano X,Y ∈W ; allora

φ(expGX expG Y ) = φexpG f(X,Y ) = expG′ψf(X,Y )

= expG′f(ψ(X), ψ(Y )) = expG

′ψ(X) expG′ ψ(Y )

= φ(expGX)φ(expG Y ).

Una seconda dimostrazione di questo teorema verra data nel § 1.7.

In certi casi un isomorfismo locale si puo estendere ad un isomorfismoglobale (in modo unico). Per esaminare questa situazione sono necessariealcune premesse.

Sia U un intorno aperto dell’elemento neutro e ∈ G. Poiche il prodotto inG e una funzione continua, esistono due intorni V1, V2 di e tali che V1V2 ⊂ U .Poniamo V = V1∩V2 e W = V ∩V −1 dove V −1 = a−1/a ∈ V . E’ evidenteche W e un intorno aperto di e ∈ G tale che

1) W ⊂ U, 2) W 2 = WW ⊂ U, 3) W = W−1.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 19

W si dice intorno simmetrico di e. Pertanto, ogni intorno U di e contieneun intorno simmetrico. Si ha il

Teorema 1.4.4. Sia G un gruppo di Lie e U un intorno aperto di e ∈ G.(1) Se U e simmetrico, allora H =

⋃∞n=1 U

n e un sottogruppo aperto echiuso di G (dove Un = U . . . U︸ ︷︷ ︸

n volte

). Inoltre, se U e connesso anche H e

connesso.

(2) Se G e connesso, G =⋃∞n=1 U

n. In altri termini: ogni intorno apertodell’elemento neutro genera G.

Dimostrazione.

(1) Se U e simmetrico si controlla immediatamente che H e un sottogruppodi G. Inoltre

U2 =⋃a∈U

aU

e un aperto perche ogni aU, a ∈ U , e aperto. Ma se H e aperto anche

K =⋃a/∈U

aU

e aperto e, pertanto, H = G−K e chiuso.

(2) Sia W un intorno simmetrico di e contenuto in U . Allora

H =∞⋃n=1

Wn ⊆∞⋃n=1

Un ⊆ G

e H e contemporaneamente aperto e chiuso in G. Poiche G e connessosi ha G = H =

⋃∞n=1 U

n.

Sia G0 la componente connessa dell’elemento neutro di G (cfr. § 1.3).

Teorema 1.4.5.(1) G0 e un sottogruppo normale chiuso di G.(2) Se a ∈ G, la componente connessa di a e aG0.(3) G/G0 e discreto.(4) Se U e un intorno di e ∈ G, allora

G0 = (∞⋃n=1

Un)⋂G0.

Dimostrazione.

(1) Dato che ogni La e un omeomorfismo, se a ∈ G0, a−1G0 e un connessoche contiene e. Quindi

a−1G0 ⊆ G0

e, pertanto, G0 e un sottogruppo. Analogamente, se x ∈ G, x−1G0x eun connesso che contiene l’elemento neutro e da cui

x−1G0x ⊆ G0,

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20 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

cioe G0 e normale in G. Infine, se G0 e connesso anche G0 e connesso,dove G

0 indica la chiusura di G0 in G. Cio implica che G0 = G0 e

chiuso.

(2) Se a ∈ G, aG0 e un connesso che contiene a. Sia C(a) la componenteconnessa di a. Allora aG0 ⊆ C(a). Anche a−1C(a) e connesso e contienee, quindi

a−1C(a) ⊆ G0,

ossiaC(a) ⊆ aG0,

da cui la tesi.

(3) Indichiamo con π : G −→ G/G0 la proiezione canonica. Introdotta inG/G0 la topologia quoziente, si ha che π e una funzione aperta e quindi,se U e un intorno aperto dell’elemento neutro e, π(U) e un intorno apertodi eG0 ∈ G/G0. Se U e connesso, U ⊆ G0 e π(U) = eG0 e un aperto.Di conseguenza, G/G0 e dotato della topologia discreta.

Supponiamo ora che φ : U ⊆ G −→ G′ sia un omomorfismo locale. Se Ge connesso, in base al Teorema 1.4.4, punto (2), un’eventuale estensione di φad un omomorfismo globale e unica. La condizione topologica che assicural’esistenza di tale estensione e che G sia semplicemente connesso (cfr.Definizione 6, §A.2). Vale infatti il seguente risultato che verra dimostratonel § 1.7 (cfr. Teorema 1.7.4).

Teorema 1.4.6 (Principio di monodromia). Se G e connesso e semplice-mente connesso, ogni omomorfismo locale φ : U ⊆ G −→ G′ si puo estenderein modo unico ad un omomorfismo analitico globale ψ : G −→ G′.

Pertanto si puo concludere che

Teorema 1.4.7. Due gruppi di Lie connessi e semplicemente connessisono analiticamente isomorfi se e solo se le loro algebre di Lie sono isomorfe.

Per completezza ricordiamo, infine, il

Teorema 1.4.8 (Terzo Teorema di Lie). Data un’algebra di Lie g esistesempre un gruppo di Lie G la cui algebra di Lie e g.

Un cenno della dimostrazione verra dato nel § 1.6.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 21

1.5. Forme differenziali invarianti ed equazioni di struttura

Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Una 1–forma differenzialeω su G si dice invariante a sinistra se, per ogni a ∈ G,

(La)∗ω = ω,

dove, per definizione, (La)∗ω e la 1–forma data da

((La)∗ω)bXb = ωab((La)∗ bXb),

per ogni b ∈ G e X ∈ g. Quindi, ω e invariante a sinistra se e solo se

ωab((La)∗ bXb) = ωb(Xb),

cioe se e solo seωa((La)∗ eXe) = ωe(Xe),

per ogni a, b ∈ G e X ∈ g. Segue che, se X e un campo invariante a sinistrae ω e una 1–forma invariante a sinistra, allora la funzione

ω(X)(a) = ωa(Xa) = ωa((La)∗ e )Xe = ωe(Xe)

e costante (non dipende da a ∈ G). Pertanto, vale la

Proprieta 1.5.1. ω e una 1–forma invariante a sinistra se e solo se

ω(X) = ωe(Xe)

per ogni X ∈ g.

Esempio. Determiniamo le 1–forme invarianti a sinistra suG = GL(n,R).Considerato X ∈ g, algebra di Lie di GL(n,R), e noto che (cfr. pag. 9)

X =n∑

i,j,h=1

xihAhj∂

∂xij,

dove A = (Ahj) ∈ gl(n,R). Una base per le 1–forme su G e data da(dx11, . . . , dxnn) e una 1–forma ω su G si puo scrivere nel modo seguente

ω =n∑

i,j=1

λij(x) dxij

dove le λij : GL(n,R) −→ R sono funzioni analitiche. Poiche

ω(X) =n∑

i,j,m=1

λij(x)ximAmj ,

ω e invariante a sinistra se e solo se (cfr. Proprieta 1.5.1)

ω(X) = ωI(XI), X ∈ g (I : matrice unita),

cioe se e solo sen∑

i,j,m=1

λij(x)ximAmj =n∑

i,j,m=1

λij(I)xim(I)Amj

=n∑

i,j,m=1

λij(I)δimAmj =n∑

i,j=1

λij(I)Aij .

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22 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Tale relazione deve essere verificata per ogni X ∈ g, vale a dire per ogniA ∈ gl(n,R). Quindi

n∑i=1

λij(x)xim = λmj(I) = costante,

da cui si deduce

λij(x) =n∑h=1

µhj(x−1)hi,

dove si e posto: µhj = λhj(I) = costante e (x−1)hi denota l’elemento diposto (h, i) nella matrice x−1, inversa di x ∈ GL(n,R). Pertanto

ω =n∑

i,j,h=1

µhj(x−1)hi dxij

e, quindi, ogni 1–forma invariante a sinistra e una combinazione lineare, acoefficienti costanti, delle 1–forme

ωij =n∑h=1

(x−1)ih dxhj

che individuano la base duale di g, rispetto alla base dei campi invarianti asinistra data da

Xij =n∑

m=1

xmi∂

∂xmj, i, j = 1, . . . , n.

Ritornando al caso generale, se (E1, . . . , En) e una base di g, indicatacon (ω1, . . . , ωn) la base duale, poniamo:

[Ei, Ej ] =n∑k=1

ckijEk, ckij ∈ R.

Le ckij si dicono costanti di struttura dell’algebra di Lie g e verificano leseguenti relazioni:

i) ckij = −ckji,

ii)n∑

m=1

(cmij c

kmh + cmjhc

kmi + cmhic

kmj

)= 0, (identita di Jacobi).

Viceversa, assegnate n3 costanti ckij che verifichino le condizioni i) e ii),esiste una sola algebra di Lie le cui costanti di struttura siano proprio le ckijdate.

Se ω e una 1–forma differenziale, il differenziale di ω e la 2-forma dωdefinita da (cfr. pag. 77):

2dω(X,Y ) = Xω(Y )− Y ω(X)− ω([X,Y ]),

per ogni coppia di campi vettorialiX e Y . In particolare, seX, Y sono campiinvarianti a sinistra e ω e una 1–forma invariante e sinistra, l’espressione

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 23

precedente si riduce a

2dω(X,Y ) = −ω([X,Y ]).

Quindi, se (ω1, . . . , ωn) e la base duale di (E1, . . . , En), si ha

2dωk(Ei, Ej) = −ωk([Ei, Ej ]) = −n∑l=1

clijωk(El) = −ckij ,

da cui si ricava (vedi a pag. 77 la definizione di prodotto esterno di dueforme)

dωk = −12

n∑i,j=1

ckij ωi ∧ ωj .(∗)

Queste espressioni prendono il nome di equazioni di Maurer–Cartan.

Osservazione. La condizione d2 = 0 (cfr. Teorema 2.4.1) equivaleall’identita di Jacobi (Esercizio 1.5.2).

Vedremo che le equazioni di Maurer–Cartan determinano (localmente)l’operazione prodotto in G. A tal fine e opportuno considerare un particolaresistema di coordinate valido in un intorno di e ∈ G. Sia

V = X ∈ g / X =n∑i=1

aiEi,n∑i=1

(ai)2 < r2, r ≥ 0

un intorno sferico di 0 ∈ g. Se r e sufficientemente piccolo, exp e un dif-feomorfismo su V . Allora U = exp(V ) e un intorno aperto di e ∈ G.Introduciamo un sistema di coordinate analitiche su U : se a ∈ U , si definisce

xi(a) = ai, ai ∈ R, i = 1, . . . , n,

dove

X =n∑i=1

aiEi = exp−1(a) ∈ V.

Le (x1, . . . , xn) si dicono coordinate canoniche di prima specie e si ha

xi(exp tX) = tai, X =n∑i=1

aiEi ∈ V.

Teorema 1.5.2. Sia (ω1, . . . , ωn) la base duale della base (E1, . . . , En) dig. Posto ωi =

∑nj=1 ω

ij dx

j , i = 1, . . . , n ((x1, . . . , xn) coordinate canoniche),si consideri la matrice di funzioni ω = (ωij). Allora

(**) ω =∞∑m=1

1m!

Bm−1,

dove B = (Bji ) e le funzioni Bj

i sono definite da

adX(Ei) = [X,Ei] =n∑

j,l=1

alcjliEj = −n∑j=1

BjiEj .

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24 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Identificando adX con la sua matrice rispetto alla base (E1, . . . , En), si puoanche scrivere

ω =∞∑m=1

1m!

(− adX)m−1.

Dimostrazione. Poiche xi(exp tX) = tai, dove X =∑n

i=1 aiEi, si ha

Xexp tX =n∑i=1

ai∂

∂xi exp tX,

e quindi ωi(X) = ai. Consideriamo la funzione

ψ : R× Rn −→ G

(t, a1, . . . , an) 7−→ ψ(t, a1, . . . , an) = exp

(t

n∑i=1

aiEi

)e poniamo ωi = ψ∗ωi. Dato che ψ∗ commuta con il differenziale esterno,dalle equazioni di Maurer–Cartan (*) si ricava

dωi = −12

n∑j,k

cijkωj ∧ ωk.

Le 1–forme ωi si possono anche calcolare direttamente nel modo seguente

ωi = ψ∗ωi =n∑k=1

(ωik ψ)d(xk ψ),

dove(xk ψ)(t, a1, . . . , an) = tak

ed(xk ψ) = akdt+ tdak.

Inoltre, detto a = exp(t∑n

k=1 akEk

)il corrispondente punto di G, si ha

n∑k=1

ωik(ψ(t, a1, . . . , an))ak =n∑k=1

ωik(a)ak =

n∑k=1

ωik(a)ωk

n∑j=1

ajEj

= ωi a

(n∑k=1

akEk

)= ai

e, pertanto,

ωi = aidt ∧ dai +n∑k=1

t(ωik ψ)dak.

Posto φij(t, a1, ..., an) = tωij(a), differenziando l’espressione precedente di ωi

si ottiene

dωi = −dt ∧ dai +n∑j=1

∂φij∂t

dt ∧ daj + . . . (termini senza dt).

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 25

D’altra parte

dωi = −12

n∑j,k=1

cijk ωj∧ωk = −

n∑l,m,j=1

cilmalφmj dt∧daj+. . . (termini senza dt).

Uguagliando le ultime due espressioni, si ricava∂φij∂t

= δij −n∑

m,l=1

alcilmφmj

φij(0) = 0.

Considerate le matrici φ = (φij) e B = (Bij) dove Bi

j = −∑n

l=1 alclj , il

sistema precedente si riscrive come segue:∂φ

∂t= I +Bφ

φ(0) = 0.

E’ evidente che φ(t) =∑∞

m=1tm

m! Bm−1 e l’unica soluzione.

Osservazione. Il teorema precedente prova che le costanti di strutturadeterminano univocamente una base di 1–forme invarianti a sinistra, detteforme di Maurer–Cartan.

Teorema 1.5.3. Si considerino valide le ipotesi del teorema precedente.Sia ψ : U −→ Rn, a 7−→ (x1(a), . . . , xn(a)). Allora le funzioni

F i = xi La ψ−1

sono soluzioni del sistema di equazioni differenziali∂F i

∂xj=

n∑h=1

(A−1)ih(F1(x), . . . , Fn(x))Ahj (x)

F i(0, . . . , 0) = xi(a),

dove si e posto x = (x1, . . . , xn) e Aij(x1, . . . , xn) = ωij(ψ

−1(x1, . . . , xn)).

Dimostrazione. Sia ω una qualsiasi 1–forma invariante a sinistra. Se

ω =n∑i=1

ηi dxi, ηi ∈ C∞(U),

per ogni a, b ∈ G si ha:

(La)∗ωb =n∑i=1

ηi(ab)d(xi La) b

=n∑

i,j=1

(ηi La ψ−1) ψ(b)

∂(xi La ψ−1)∂xj ψ(b)

dxjb

=n∑j=1

(ηj ψ−1) ψ(b) dxjb ,

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26 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

in quanto (La)∗ω = ω.In particolare, se (ω1, . . . , ωn) e una base delle 1–forme invarianti a

sinistra, posto ωi =∑n

j=1 ωijdx

j , i = 1, . . . , n, si trovan∑k=1

(ωik La ψ−1)∂(xk La ψ−1)

∂xj= ωij ψ−1.

Definite le funzioni Aij = ωij ψ−1, si ha che Aij(0) = δij e, quindi, la matricedelle funzioni A = (Aij) e invertibile in un intorno di O ∈ Rn. Da cio sideduce il teorema.

Osservazione. Il sistema di equazioni differenziali che compare nel teo-rema precedente e completamente integrabile. Infatti le condizioni di inte-grabilita coincidono con le equazioni di Maurer-Cartan e con l’identita diJacobi per le costanti di struttura. Le soluzioni del sistema individuano lalegge di composizione del gruppo, nell’intorno dell’identita. Si noti che lefunzioni F i dipendono solo dalle forme di Maurer–Cartan, le quali, a lorovolta, sono completamente determinate dalle costanti di struttura. Di con-seguenza, algebre di Lie isomorfe danno origine a gruppi di Lie localmenteisomorfi e, in tal modo, si ha un’altra dimostrazione del Secondo Teoremadi Lie (Teorema 1.4.3).

Esempio. Sia g uno spazio vettoriale reale di dimensione 3 riferito aduna base (E1, E2, E3). Posto

[E1, E2] = 0, [E1, E3] = 0, [E2, E3] = E1,

g ha la struttura di algebra di Lie. Se X =∑3

i=1 xiEi ∈ g, si trova

adX =

0 −x3 x2

0 0 00 0 0

e, quindi, (adX)2 = 0. Allora

ω =∞∑m=1

1m!

(− adX)m−1 = I − 12

adX =

1 12x

3 −12x

2

0 1 00 0 1

e

ω−1 =

1 −12x

3 12x

2

0 1 00 0 1

.

Dunque

A−1(F (x)) = A−1(F 1(x), F 2(x), F 3(x)) =

1 −12F

3(x) 12F

2(x)0 1 00 0 1

e

A−1(F (x))A(x) =

1 12x

3 − 12F

3(x) −12x

2 + 12F

2(x)0 1 00 0 1

.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 27

Il sistema del teorema precedente, scritto in modo esplicito, e dato da:

∂F 1

∂x1= 1,

∂F 1

∂x2=

12x3 − 1

2F 3(x),

∂F 1

∂x3= −1

2x2 +

12F 2(x)

∂F 2

∂x1= 0,

∂F 2

∂x2= 1,

∂F 2

∂x3= 0

∂F 3

∂x1= 0,

∂F 3

∂x2= 0,

∂F 3

∂x3= 1.

Dalle ultime due righe, si ha subito che

F 2(x) = x2 + a2, F 3(x) = x3 + a3,

con a2, a3 costanti di integrazione. Sostituendo nella prima riga e integran-do, si trova la soluzione

F 1(x1, x2, x3) = x1 − 12a3x2 +

12a2x3 + a1

F 2(x1, x2, x3) = x2 + a2

F 3(x1, x2, x3) = x3 + a3

F i(0, 0, 0) = ai, i = 1, 2, 3.

Ne segue che la legge di composizione del gruppo e data dax1(ab) = a1 + b1 +

12(a2b3 − a3b2)

x2(ab) = a2 + b2

x3(ab) = a3 + b3.

Tali funzioni sono definite su tutto R3 e sono analitiche. Esiste un unicogruppo di Lie connesso e semplicemente connesso che ha g come algebra diLie. Si puo provare che tale gruppo e isomorfo al gruppo di Heisenberg

He =

1 x z

0 1 y0 0 1

, x, y, z ∈ R

.

Esercizio.

1.5.1 Si consideri il gruppo di Lie G = R3 dotato dell’operazione ∗ cosıdefinita:

(a, b, c) ∗ (a′, b′, c′) = (a+ a′ +12(bc′ − b′c), b+ b′, c+ c′).

Provare che G e isomorfo al gruppo di Heisenberg He.

1.5.2 Verificare che se (ω1, . . . ωn) sono le forme di Maurer–Cartan, le con-dizioni d2(ωi) = 0, i = 1, . . . , n, equivalgono alle equazioni di Jacobi.

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28 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

1.6. Sottogruppi di Lie

Iniziamo con alcuni richiami sulle sottovarieta di una varieta differenzia-bile, rinviando al Capitolo III di [5] per maggiori dettagli e per le relativedimostrazioni.

Definizione 1.6.1.

(1) Una funzione differenziabile f : M −→ N tra due varieta differenziabi-li si dice immersione se, per ogni p ∈ M , f∗|p : TpM −→ Tf(p)N einiettivo.

(2) Sia f : M −→ N un’immersione iniettiva. Il sottoinsieme N = f(M),dotato della struttura differenziabile che rende f : M −→ N un diffeo-morfismo, si dice sottovarieta immersa di N .

(3) Se N = f(M) e una sottovarieta immersa e la topologia di N e latopologia indotta, N si dice sottovarieta regolare di N .

Esempi.

(1) f : R −→ R2, t 7−→ (2 cos(t − π2 ), sin 2(t − π

2 )) e un’immersione noniniettiva. f(R) in questo caso e la “figura otto”.

In base alla definizione precedente, f(R) non e una sottovarieta di R2.

(2) g : R −→ R2, t 7−→ (2 cos(h(t) − π2 ), sin 2(h(t) − π

2 )) dove h(t) = π +2 arctg g(t). Si noti che h e crescente, h(0) = π, limt→−∞ h(t) = 0 elimt→∞ h(t) = 2π. L’immagine di g(R) e la “figura otto aperta”(vedi lafigura successiva). La funzione g e un’immersione iniettiva e, pertanto,g(R) e una sottovarieta immersa. Tuttavia la topologia di g(R) che rendeg : R −→ g(R) un diffeomorfismo non e la topologia indotta da R2 mae piu fine di quest’ultima. Ad esempio, nella topologia indotta, −∞ e+∞ sono “vicini”in g(R). In conclusione, g(R) non e una sottovarietaregolare di R2.

(3) f : R −→ R3, t 7−→ (cos 2πt, sin 2πt, t) e un’immersione iniettiva. L’im-magine f(R) e l’elica cilindrica. La sua topologia coincide con quellaindotta e, pertanto, f(R) e una sottovarieta regolare di R3.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 29

In seguito, col termine sottovarieta si intendera sia una sottovarietaimmersa sia una sottovarieta regolare.

I teoremi seguenti sono molto utili per provare che certi sottoinsiemisono sottovarieta.

Teorema 1.6.2. Siano M e N due varieta differenziabili di dimensionem ed n, rispettivamente. Sia f : M −→ N una funzione differenziabile taleche f abbia rango costante k su M . Allora, per ogni q ∈ f(M), f−1(q) euna sottovarieta regolare chiusa di M , avente dimensione m− k.

Teorema 1.6.3. Sia f : M −→ N una funzione differenziabile tra duevarieta tali che

i) dim N = n ≤ m = dim M ,ii) f ha rango n in ogni punto dell’insieme A = f−1(a), a ∈ N .

Allora A e una sottovarieta regolare chiusa di M di dimensione m− n.

Esempi.

(1) f : Rn −→ R, (x1, .., xn) 7−→∑n

i=1(xi)2, ha rango 1 in ogni punto di

f−1(1). Quindi Sn−1 = f−1(1) e una sottovarieta regolare di dimensionen− 1.

(2) f : R3 −→ R, (x1, x2, x3) 7−→[a− ((x1)2 + (x2)2)1/2

]2+ (x3)2, a > 0,

f ha rango 1 in ogni punto di f−1(b2), per ogni b tale che a > b > 0.f−1(b2) e il toro di R3.

Rivediamo le nozioni precedenti nel caso dei gruppi di Lie.

Teorema 1.6.4. Sia G un gruppo di Lie e sia H un sottogruppo (insenso algebrico) di G. H si dice sottogruppo di Lie se:

i) H e una sottovarieta analitica di G,ii) H ha la struttura di gruppo di Lie (rispetto alla struttura analitica del

punto precedente).

In generale, la topologia di un sottogruppo di Lie e piu fine della topo-logia indotta. Quindi, un sottogruppo di Lie non e necessariamente un sot-togruppo topologico, in quanto, per definizione, un sottogruppo topologicodeve necessariamente avere la topologia indotta.

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30 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Esempio.Sia T 2 = S1×S1 il toro bidimensionale. Poiche S1 ' SO(2) (cfr. § 1.1),

si puo identificare T 2 con il seguente insieme di matrici

T 2 =

cos θ1 sin θ1 0 0− sin θ1 cos θ1 0 0

0 0 cos θ2 sin θ20 0 − sin θ2 cos θ2

, θ1, θ2 ∈ R

.

Se α e β sono due interi non contemporaneamente nulli, consideriamo isottoinsiemi Hα,β di T 2 cosı definiti

Hα,β =

cos(αt) sin(αt) 0 0− sin(αt) cosαt 0 0

0 0 cos(βt) sin(βt)0 0 − sin(βt) cos(βt)

, t ∈ R,

.

Si prova che:(1) T 2 e un sottogruppo di Lie di GL(4,R);(2) per ogni α, β ∈ Z, Hα,β e un sottogruppo di Lie di T 2;(3) se α/β e razionale, Hα,β e una curva chiusa su T 2 e, quindi, una sotto-

varieta regolare di T 2;(4) se α/β e irrazionale, Hα,β e una curva densa in T 2 e, quindi, Hα,β non

ha la topologia indotta.

Ritornando al caso generale, sono importanti le seguenti proprieta deisottogruppi di Lie.

Teorema 1.6.5. Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g.(1) Se H e un sottogruppo di Lie con algebra di Lie h, allora h e una

sottoalgebra di Lie di g e inoltre

expH = expG h .

(2) Sia h una sottoalgebra di Lie di g. Esiste un unico sottogruppo di Lieconnesso H di G, la cui algebra di Lie e h.

Dimostrazione. (1) Poiche H e un sottogruppo di Lie di G, l’immer-sione canonica i : H −→ G e un omomorfismo iniettivo di gruppi di Lie.Pertanto i∗h = h e una sottoalgebra di Lie di g (cfr. Proprieta 1.1.6).Inoltre, per ogni X ∈ h,

expH X = i(expH X) = expG(i∗X) = expGX.

(2) (Cenno; per i dettagli si veda [13]). Sia H il sottogruppo astrattogenerato da exp(h). Consideriamo un intorno V di 0 ∈ g tale cheexp: V −→ U ⊆ G sia un diffeomorfismo. Vogliamo definire una to-pologia su H. Iniziamo con il richiedere che exp(V ∩ h) sia aperto e,poi, mediante le traslazioni sinistre, definiamo gli intorni aperti di ognipunto di H. In modo analogo, si introduce una struttura analitica su Hrichiedendo che l’applicazione V ∩ h 7−→ exp(V ∩ h) sia analitica. Resta

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 31

da provare che H e sia un gruppo di Lie sia una sottovarieta analiticadi G.

Osservazione. Dal teorema precedente segue il Terzo Teorema di Lie(cfr. Teorema 1.4.8). Infatti, Ado ha dimostrato che se g e un’algebra di Liereale, g e isomorfa ad una sottoalgebra di gl(n,R), con n opportuno; quindi,esiste un sottogruppo di Lie di GL(n,R) la cui algebra di Lie e isomorfa ag.

Vale il seguente risultato concernente la topologia dei sottogruppi di Lie(cfr. [25], Teorema 2.5.4).

Teorema 1.6.6. Un sottogruppo di Lie H di G e una sottovarieta rego-lare se e solo se H e chiuso in G.

Infine, per completezza, citiamo le seguenti proprieta, la cui dimostra-zione si puo trovare in [13].

Teorema 1.6.7. Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Se H eun sottogruppo (astratto) chiuso di G, esiste un’unica struttura analitica taleche H sia un sottogruppo di Lie di G.

Teorema 1.6.8. Se H e un sottogruppo di Lie di G, allora la sua algebradi Lie e data da

h = X ∈ g / exp(tX) ∈ H, per ogni t ∈ R.

Esempi.

(1) G = GL(n,R), H = SL(n,R) = a ∈ GL(n,R) / det a = 1. Si verifi-ca facilmente che SL(n,R) e un sottogruppo di GL(n,R) detto grup-po speciale lineare. Poiche SL(n,R) = det−1(1), esso e chiuso inGL(n,R) e, quindi, per il Teorema 1.6.7 e un sottogruppo di Lie diGL(n,R).

(2) Si puo trovare lo stesso risultato usando il Teorema 1.6.2. Consideriamola funzione

f : GL(n,R) −→ R∗ = R− 0 = GL(1,R), a 7−→ det a.

f e un omomorfismo analitico suriettivo. Verifichiamo che il rango dif e costante su tutto GL(n,R). Fissiamo a ∈ GL(n,R) e poniamoα = det a ∈ GL(1,R) = R∗. Per ogni x ∈ GL(n,R), si ha

f(x) = detx = (det a)(det a−1x) = (Lα f La−1)(x).

Quindi

(f∗)x = (Lα)∗ det(a−1x) (f∗)a−1x (La−1)∗ x .

Dato che (Lα)∗ det(a−1x) e (La−1)∗ x sono isomorfismi, si ha

rg(f∗)x = rg(f∗)a−1x.

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32 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Se a = x, si trova rg(f∗)x = rg(f∗)e, ossia il rango di f e costante. Quin-di, per il Teorema 1.6.2, SL(n,R) = f−1(1) e una sottovarieta regolaredi GL(n,R). Si controlla direttamente che SL(n,R) e un gruppo di Lie.

(3) In modo analogo, si vede che

O(n) = a ∈ GL(n,R) / taa = Ie un sottogruppo di Lie, detto gruppo ortogonale (ta indica la tra-sposta della matrice a). In questo caso, si considera la funzione

f : GL(n,R) −→ GL(n,R), a 7−→ taa.

O(n) e compatto (e un chiuso limitato di Rn2) ma non e connesso; le

sue due componenti connesse sono

SO(n) = a ∈ O(n) / det a = 1 = O(n) ∩ SL(n,R),

O−(n) = a ∈ O(n) / det a = −1.SO(n) e un sottogruppo di Lie di O(n) (coincide con la componenteconnessa dell’elemento neutro), detto gruppo speciale ortogonale.

(4) Determiniamo le algebre di Lie di SL(n,R) e O(n) (e, quindi, anche diSO(n)). Sia sl(n,R) l’algebra di Lie di SL(n,R). Dal Teorema 1.6.8 siha

sl(n,R) = X ∈ gl(n,R) / etX ∈ SL(n,R), t ∈ R.Ma etX ∈ SL(n,R) se e solo se 1 = det etX = et trX , cioe se e solo setrX = 0. Quindi

sl(n,R) = X ∈ gl(n,R) / trX = 0e

dimSL(n,R) = dim sl(n,R) = n2 − 1.Indichiamo con so(n,R) l’algebra di Lie di O(n). Dato che

so(n,R) = X ∈ gl(n,R) / esXestX = I, s ∈ R,

derivando rispetto a s, si ha

XesXestX + tXesXes

tX = 0.

In particolare, se s = 0, si trova

X + tX = 0,

ossiaso(n,R) = X ∈ gl(n,R) /X + tX = 0

edimO(n) = dimSO(n) = dim so(n,R) =

n(n− 1)2

.

Consideriamo ora il gruppo degli automorfismi Aut(g) di un’algebradi Lie g. Aut(g) e un sottogruppo di Gl(g), chiuso perche definito da unnumero finito di equazioni algebriche. Per il Teorema 1.6.7, Aut(g) e unsottogruppo di Lie di Gl(g).

Proprieta 1.6.9. L’algebra di Lie di Aut(g) e Der(g), algebra di Liedelle derivazioni di g.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 33

Dimostrazione. Sia h l’algebra di Lie di Aut(g). Dal Teorema 1.6.8 siha

h = A ∈ gl(g) / exp tA ∈ Aut(g), t ∈ R.Sostituiamo etA a exp(tA); allora, se A ∈ h

etA[X,Y ] =[etAX, etAY

], X, Y ∈ g.

Derivando rispetto a t, si ha

AetA[X,Y ] =[AetAX, etAY

]+[etAX,AetAY

].

Per t = 0, dato che e0 = I, si ottiene

A[X,Y ] = [AX,Y ] + [X,AY ], X, Y ∈ g,

ossia A ∈ Der(g).Viceversa, sia A ∈ Der(g). Proviamo che etA =

∑∞m=0

1m! t

mAm sta inAut(g), per ogni t ∈ R. Per induzione, si dimostra che

Am[X,Y ] =m∑k=0

(m

k

)[Am−k(X), Ak(Y )

]X,Y ∈ g,

quindi

etA[X,Y ] =∞∑m=0

m∑k=0

tm

k!(m− k)!

[Am−k(X), Ak(Y )

]=

∞∑l,n=0

tl+n

l!n!

[Al(X), An(Y )

]=

∞∑l,n=0

[tl

l!Al(X),

tn

n!An(Y )

]=[etA(X), etA(Y )

],

per ogni X,Y ∈ g e t ∈ R.

Come applicazione dei risultati precedenti, determiniamo l’algebra di Liedel prodotto semidiretto G = H oα K, dove α : K −→ Aut(H).

Proprieta 1.6.10. L’algebra di Lie di H oαK e la somma semidirettadelle algebre di Lie h e k, di H e K, rispettivamente.

Dimostrazione. Sappiamo che per ogni a ∈ K, α(a) : H −→ H e unautomorfismo e quindi α(a)∗ : h −→ h e un automorfismo dell’algebra di Lieh. L’applicazione

ψ : K −→ Aut(h), a 7−→ α(a)∗,

e un omomorfismo di gruppi; verifichiamo che ψ e pure analitica. Per ogniY ∈ h, si ha

α(a)(expH Y ) = expH(α(a)∗Y ),da cui si deduce che α(a)∗ dipende analiticamente da a ∈ K. Posto

δ = ψ∗ : k −→ Der(h),

si prova che δ e un omomorfismo di algebre di Lie e l’algebra di Lie di HoαKe isomorfa a h⊕δ k (per i dettagli, cfr. [21]).

Infine, come applicazione dei Teoremi 1.6.5 e 1.6.7, abbiamo il

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34 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Teorema 1.6.11. Sia φ : G −→ G′ un omomorfismo analitico di gruppidi Lie.(1) H = kerφ e un sottogruppo di Lie di G la cui algebra di Lie e h = kerφ∗.(2) Se G e connesso, K = φ(G) e un sottogruppo di Lie connesso di G′ la

cui algebra di Lie e k = imφ∗.

Dimostrazione.

(1) kerφ e un sottogruppo normale e chiuso di G; allora, per il Teore-ma 1.6.7, e un sottogruppo di Lie di G. Inoltre, X ∈ h se e solo seexpG(tX) ∈ H, per ogni t ∈ R, ossia se e solo se φ[expG(tX)] = e′,elemento neutro di G′. Ma

φ[expG(tX)] = expG′[tφ∗(X)] = e′, t ∈ R,

se e solo se φ∗(X) = 0 ∈ g′. Quindi h = kerφ∗.(2) Sia K l’unico sottogruppo di Lie connesso di G′ la cui algebra di Lie e

k = imφ∗ (cfr. Teorema 1.6.5). Si e visto che K e generato dall’insiemeexpG

′φ∗(X), X ∈ g

. Per ipotesi, G e connesso e, quindi, e generato

da elementi del tipo expGX, X ∈ g. Di conseguenza, φ(G) sara generatoda elementi del tipo

φ(expGX) = expG′φ∗(X), X ∈ g.

Poiche K e φ(G) sono gruppi connessi aventi gli stessi generatori, si puoconcludere che K = φ(G).

Osservazione. Nel Teorema 2.7.3 di [25], si prova che φ(G) e un sotto-gruppo di Lie di G, senza richiedere che G sia connesso. Se G non e connesso,allora φ(G0) = φ(G)0 = K, dove K e l’unico sottogruppo di Lie connessola cui algebra di Lie e imφ∗ (si noti che G0 e φ(G)0 sono le componenticonnesse degli elementi neutri di G e φ(G), rispettivamente).

Esercizi.

1.6.1 Si identifichi Cn con lo spazio vettoriale reale R2n mediante l’isomor-fismo R-lineare α : Cn −→ R2n, definito da:

α(z1, . . . , zn) = (Re(z1), . . . ,Re(zn), Im(z1), . . . , Im(zn)).

a) Verificare che α si estende ad un monomorfismo di algebre di Lie

α : M(n,C) −→M(2n,R)

A+ iB 7−→(A −BB A

)detto rappresentazione reale di M(n,C) (M(n,K) e lo spazio vet-toriale delle matrici quadrate di ordine n ad elementi nel corpoK).

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 35

b) Provare che α induce un monomorfismo α tra i gruppi di LieGL(n,C)e GL(2n,R) tale che α(GL(n,C)) = a ∈ GL(2n,R) / aJ = Ja,

dove J =(

0 −InIn 0

)∈ GL(2n,R).

1.6.2 Considerare i seguenti insiemi di matrici

U(n) = a ∈ GL(n,C) / taa = I,SU(n) = a ∈ U(n) / det(a) = 1,

Sp(n,R) = a ∈ GL(2n,R) / taJa = J.

a) Provare che sono gruppi di Lie reali.b) Verificare che le loro algebre di Lie sono, rispettivamente:

u(n) = X ∈ gl(n,C) / tX +X = 0,su(n) = X ∈ u(n) / trX = 0,

sp(n,R) = X ∈ gl(2n,R) / J tX +XJ = 0.

Calcolare le loro dimensioni determinandone esplicitamente unabase.

c) Considerato il prodotto scalare Hermitiano su Cn,

〈z, w〉 =n∑i=1

ziwi,

dove z = (z1, . . . , zn) e w = (w1, . . . , wn), verificare che

U(n) = a ∈ GL(n,C) / 〈az, aw〉 = 〈z, w〉.

d) Scrivere esplicitamente gli elementi di SU(2) e provare che SU(2)e omeomorfo a S3 = (x1, x2, x3, x4) ∈ R4 /

∑4i=1(x

i)2 = 1.

1.6.3 Sia 1, i, j, k la base standard di R4. Posto:

1i = i, 1j = j, 1k = k,

i2 = j2 = k2 = −1, ij = −ji = k,

si estenda per linearita tale prodotto a tutti gli elementi di R4.a) Verificare che, con tale prodotto, R4 ha la struttura di corpo detto

corpo dei quaternioni e lo si indichi con H. Verificare, inoltre,che H e un’algebra associativa su R, non commutativa.

b) Se q = a + bi + cj + dk ∈ H, si indichi con q = a − bi − cj − dk ilconiugato di q. Verificare che, per ogni q, q′ ∈ H, si ha:

i) q + q′ = q + q′,ii) qq′ = q′ q,iii) qq e un numero reale non negativo,

iv) |q| = (qq)12 e una norma su H,

v) se u = a+ bi ∈ C allora uj = ju e uk = ku.

1.6.4 Se q = a + bi + cj + dk ∈ H, si ponga q = u + jv, con u = a + ib ev = c− id numeri complessi. In tal modo, H viene identificato con C2.

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36 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

a) Si consideri Hn come uno spazio vettoriale a destra su C. Verificareche l’applicazione β : Hn −→ C2n definita da:

β(q1, . . . , qn) = (u1, . . . , un, v1, . . . , vn),

dove qh = uh + jvh, h = 1, . . . , n, e un isomorfismo tra spazivettoriali complessi.

b) Sia A ∈ M(n,H) una matrice ad elementi quaternionici. Provareche β induce un monomorfismo R-lineare

β : M(n,H) −→M(2n,C)

A+ jB 7−→(A −BB A

)che rende commutativo il diagramma

Hn

β

A // Hn

β

C2nβ(A) // C2n

(ogni matrice viene identificata con il corrispondente endomorfi-smo).

c) Verificare che β induce un monomorfismo β tra i gruppi di LieGL(n,H) e GL(2n,C).

1.6.5 Si consideri Hn come spazio vettoriale su H a destra. Il prodottoscalare quaternionico e definito da:

〈q, q′〉 =n∑i=1

qiq′i

dove q = (q1, .., qn) ∈ Hn e q′ = (q′1, .., q′n) ∈ Hn. Verificare che:i) 〈q, q′ + q′′〉 = 〈q, q′〉+ 〈q, q′′〉;ii) 〈q, q′〉 = 〈q′, q〉;iii) 〈qλ, q′〉 = λ〈q, q′〉, 〈q, q′λ〉 = 〈q, q′〉λ;iv) 〈q, q〉 ≥ 0 e 〈q, q〉 = 0 se e solo se q = 0;v) 〈Aq, q′〉 = 〈q, tAq′〉;

per ogni q, q′, q′′ ∈ Hn e per ogni λ ∈ H.

1.6.6 a) Stabilire che Sp(n) = a ∈ GL(n,H) / taa = I e un gruppo di Liereale la cui algebra di Lie e sp(n) = X ∈ gl(n,R) / tX +X = 0.

b) Posto ‖q‖ = 〈q, q〉12 , verificare che:

Sp(n) = a ∈ GL(n,H) / ‖aq‖ = ‖q‖, per ogni q ∈ Hn.

c) Sia β l’applicazione definita nell’Esercizio 1.6.4, punto c). Dopoaver verificato che β(Sp(1)) = SU(2), provare che

β : Sp(1) −→ SU(2)

e un isomorfismo di gruppi di Lie. Dato che Sp(1) = S3 si ha unaltra verifica dell’Esercizio 1.6.2, punto d).

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 37

d) Posto

Sp(n,C) = a ∈ GL(2n,C) / taJa = J,

verificare che β(Sp(n)) = Sp(n,C) ∩ U(2n) e che

β : Sp(n) −→ Sp(n,C) ∩ U(2n)

e un isomorfismo di gruppi di Lie.

1.6.7 Sia q ∈ Sp(1) = S3 un quaternione unitario.a) Verificare che l’applicazione

A(q) : H −→ H, x 7−→ qxq−1

e una isometria di H (identificato con con lo spazio vettoriale realeR4, dotato del prodotto scalare standard).

b) Posto H = R ⊕ R3, dove R = L(1) e R3 = L(i, j, k), verificareche A(q) lascia fisso R e induce una isometria di R3 in se, cioeA(q)

R3∈ O(3).

c) Provare che A : Sp(1) −→ SO(3) e un omomorfismo suriettivo digruppi tale che kerA = −I, I. Quindi

Sp(1)/−I, I ' SO(3)

e Sp(1) e il rivestimento universale di SO(3) (cfr. l’Appendice C).

1.6.8 Sia F : S3 × S3 −→ gl(H) l’applicazione definita nel modo seguente:se p, q ∈ S3 (considerato come gruppo dei quaternioni di norma 1),allora

F (p, q) : H −→ H, w 7−→ pwq−1.

Si verifichi che:i) F (p, q) ∈ SO(4), per ogni p, q ∈ S3.ii) F e un omomorfismo continuo.iii) kerF = (1, 1), (−1,−1).iv) L’applicazione F : S3 × S3 −→ SO(4) e suriettiva.

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38 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

1.7. Rivestimenti di gruppi di Lie

Per le nozioni ed i risultati usati in questo paragrafo, si rinvia all’Appen-dice C. Ricordiamo che ogni rivestimento di un gruppo di Lie e esso stesso ungruppo di Lie e ogni gruppo di Lie ammette un rivestimento universale (uni-co, a meno di isomorfismi). In questo paragrafo si determineranno il gruppofondamentale di alcuni gruppi classici e il loro rivestimento universale.

Innanzi tutto si osservi che lo studio dal punto di vista topologico diGL(n,R) (rispettivamenteGL(n,C)) puo essere ricondotto a quello di SO(n)(rispettivamente SU(n)), per maggiori dettagli si veda l’Appendice A. Te-nuto conto che alcuni gruppi di matrici come SL(n,R), oppure SL(n,C),sono riducibili a meno di omotopia a SO(n) (oppure SU(n)), si riconosceche la descrizione delle proprieta topologiche di SO(n) e di SU(n) serve acaratterizzare anche la maggior parte dei gruppi classici. Determiniamo ilgruppo fondamentale di SO(n).

Teorema 1.7.1.

π1(SO(n)) ∼=

0 se n = 1Z se n = 2Z2 se n > 2.

Dimostrazione. Si propongono due dimostrazioni diverse.

I Metodo: SO(n) e un CW–complesso e SO(k) per k < n e uno schele-tro di dimensione k(k−1)

2 di SO(n). Per avere un’idea di questo fatto, si pensiche SO(2) e S1 e che SO(3) e isomorfo al gruppo quoziente di S3 moduloil sottogruppo discreto −1, 1 (cfr. Proprieta A.2) e, quindi, e omeomor-fo a RP3. Ne segue che RP3 ha come 0–scheletro SO(1), come 1–scheletroSO(2) e come 2–scheletro uno spazio omeomorfo a RP2. Questa situazionesi ripete, in generale, per SO(n). Allora la tesi segue dal Teorema B.8.

II Metodo: Se n = 1, 2, 3 il teorema e ovvio. Sia, allora, n > 3 esupponiamo che π1(SO(n− 1)) ∼= Z2. Considerati N = (0, . . . , 0, 1) ∈ Sn−1,U = Sn−1 − −N, V = Sn−1 − N e l’applicazione q : SO(n) −→ Sn−1

cosı definita: α 7−→ α(N), indichiamo con s l’applicazione continua di Uin SO(n) che ad ogni x = (x1, . . . , xn) ∈ U associa la rotazione nel pianoorientato, generato dalla coppia (N,x), che manda N in x. Si ha

s(x) =

x1

δij − xixj

1+xn. . .

xn−1

−x1 . . . −xn−1 xn

.

Posto ρ = (s(0, 0, . . . , 1, 0)), segue ρ2 = 1. Si definiscono le applicazioni

Φ1 : U × SO(n− 1) −→ SO(n), (x, α) 7−→ s(x)α,

Φ2 : V × SO(n− 1) −→ SO(n), (x, α) 7−→ ρs(ρx)α,

dove si pensa SO(n − 1) immerso in SO(n) mediante le applicazioniortogonali che lasciano fisso N . Si osservi che qΦ1(x, α) = x, qΦ2(x, α) = x

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 39

e Φ1 e Φ2 sono omeomorfismi su q−1(U) e q−1(V ), rispettivamente. Leapplicazioni inverse sono date da:

Φ−11 (α) = (q(α), s(q(α))−1α), Φ−1

2 (α) = (q(α), s(ρq(α))−1ρα).

Per n > 3, Sn−1−−N,N ha lo stesso tipo di omotopia di En−1−puntoe quindi di Sn−2 (che e semplicemente connesso). Dunque le applicazioni,definite in modo naturale,

(U ∩ V )× SO(n− 1) −→ U × SO(n− 1)

e(U ∩ V )× SO(n− 1) −→ V × SO(n− 1)

inducono isomorfismi tra i gruppi fondamentali. Ne segue che le inclusionicorrispondenti (mediante Φ1 e Φ2)

q−1(U) ∩ q−1(V ) = q−1(U ∩ V ) −→ q−1(U)

eq−1(U) ∩ q−1(V ) = q−1(U ∩ V ) −→ q−1(V )

inducono isomorfismi e, per il Corollario B.10, si ha che π1(SO(n)) 'π1(q−1(U)). Poiche anche l’inclusione di SO(n − 1) in q−1(U) = Φ1(U) ×SO(n−1) induce un isomorfismo a livello di gruppi fondamentali, segue cheπ1(SO(n)) ∼= π1(SO(n− 1)) e dall’ipotesi induttiva si ha la tesi.

Corollario 1.7.2.

π1(GL(n,R)) ∼=

0 se n = 1Z se n = 2Z2 se n > 2.

Per quanto concerne SU(n) si puo provare, con metodi analoghi alTeorema 1.7.1 (cfr. [10], pag. 102) il seguente

Teorema 1.7.3. SU(n) e semplicemente connesso.

Come applicazione dei teoremi precedenti, diamo ora un’idea di qualisiano i rivestimenti universali dei gruppi classici. Per quanto osservato, esufficiente considerare SO(n). Per n = 2, SO(n) ∼= S1, dunque il suorivestimento universale e R. Se n > 2, SO(n) e un gruppo compatto aventegruppo fondamentale isomorfo a Z2. Come semplice conseguenza del punto(iii) dell’Esercizio 2 dell’Appendice C, si vede che il rivestimento universaledi SO(n) e un rivestimento a due fogli, che viene indicato con Spin(n). Siosservi che Spin(3) e isomorfo a S3.

Teorema 1.7.4. Siano G un gruppo di Lie connesso e semplicementeconnesso, H un gruppo di Lie arbitrario e g, h le loro algebre di Lie. Datoϕ : g −→ h, omomorfismo di algebre di Lie, esiste un unico omomorfismoanalitico f : G −→ H tale che f∗ = ϕ.

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40 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Dimostrazione. Il gruppo prodotto G×H ha come algebra di Lie g⊕he k = X⊕ϕ(X) /X ∈ g e e una sottoalgebra di Lie di g⊕h. Per il Teorema1.6.5, esiste un sottogruppo di Lie K di G×H che ha k come algebra di Lie.Consideriamo i seguenti omomorfismi

w1 : K incl. //G×Hproi. //G, w2 : K incl. //G×H

proi. //H

Poiche (w1)∗(X⊕ϕ(X)) = X, si ha ker(w1)∗ = 0. Ma ker(w1)∗ e l’algebradi Lie di kerw1 e, quindi, kerw1 ha dimensione zero, cioe e un sottogruppodiscreto di G × H. Dall’Esercizio 1, §A.3, segue che w1 : K −→ G e unrivestimento. Siccome G e semplicemente connesso, w1 e un isomorfismo.Si definisce f : G −→ H come w2 w−1

1 . Se X ∈ g, si trova infine

f∗(X) = (w2)∗ (w1)−1∗ = (w2)∗(X ⊕ ϕ(X)) = ϕ(X).

Si osservi che dal Teorema 1.7.4 segue il Principio di Monodromia (Teo-rema 1.4.6).

Per concludere questo paragrafo osserviamo che ogni gruppo di Lie com-patto ha caratteristica di Eulero–Poincare nulla. Ricordiamo che cosa siintende per caratteristica di Eulero–Poincare di un CW-complesso finito,osservando che ogni varieta compatta ha il tipo di omotopia di un CW–complesso finito (cfr. [18], pag. 36).

Definizione 1.7.5. Se X e un CW–complesso n-dimensionale con i−celleαi (αj = 0, ∀j > n), la caratteristica di Eulero–Poincare χ(X) di X edata da

χ(X) =n∑i=0

(−1)iαi.

Ad esempio, la caratteristica di Eulero–Poincare di Sn e 2, per n pari, e0, per n dispari.

Si puo verificare (per la dimostrazione si rimanda ad un testo di To-pologia Algebrica, ad esempio [11]) che la definizione della caratteristica diEulero–Poincare dipende solo dal tipo di omotopia del CW–complesso e nondalla scelta della decomposizione cellulare.

Si puo vedere con metodi sufficientemente elementari (ad esempio in[11]) che esistono campi vettoriali mai nulli su Sn se e solo se n e dispari(cioe se e solo se la caratteristica di Eulero–Poincare e nulla). Questo e uncaso particolare del seguente risultato piu generale (cfr. [24], pag. 201).

Teorema 1.7.6. Sia X e una varieta compatta e connessa. Esiste uncampo vettoriale mai nullo su X se e solo se χ(X) = 0.

Esercizi.

1.7.1 Sia p : Spin(n) −→ SO(n) il rivestimento universale di SO(n), pern ≥ 3. Esiste una funzione continua g : SO(n) −→ Spin(n) tale chep g = id?

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 41

1.7.2 Determinare i gruppi fondamentali ed i rivestimenti universali di

O(n), GL(n,R), GL(n,C), SL(n,R), SL(n,C).

1.7.3 Sia f : SO(3) −→ SO(2) una funzione continua. Stabilire se f enecessariamente omotopa a zero.

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42 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

1.8. Rappresentazione aggiunta

Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione n e sia g un’algebradi Lie reale. Una rappresentazione di g su V di rango n e un omo-morfismo di algebre di Lie ψ : g −→ gl(V ). Se G e un gruppo di Lie, unarappresentazione di G su V e un omomorfismo analitico

φ : G −→ GL(V ).

Nel caso in cui V = Rn, la rappresentazione si dice matriciale.

Definizione 1.8.1. Se g e un’algebra di Lie, la rappresentazioneaggiunta di g su g e definita da

ad: g −→ gl(g), X 7−→ adX ,

dove adX : g −→ g e dato da adX(Y ) = [X,Y ]. Il centro di g e il nucleo diad e si indica con z(g) (oppure, semplicemente, con z), quindi:

z(g) = X ∈ g / [X,Y ] = 0, Y ∈ g.

Si noti che ad(g) ⊆ Der(g) ⊆ gl(g), e che z(g) e un ideale di g.

Ogni gruppo di Lie ammette una rappresentazione molto importantesulla sua algebra di Lie, costruita nel modo seguente. Se a ∈ G,

Ia : G −→ G, b 7−→ aba−1,

e un automorfismo di G (cfr. § 1.2) e, quindi, (Ia)∗ e un automorfismodell’algebra di Lie g di G. Si puo, pertanto, definire l’applicazione

Ad : G −→ GL(g), a 7−→ Ad(a) = (Ia)∗e provare il

Teorema 1.8.2. Ad e una rappresentazione di G in g, detta rappre-sentazione aggiunta del gruppo di Lie G in g.

Dimostrazione. Verifichiamo che Ad e un omomorfismo di gruppi. Sinoti che, per ogni X ∈ g ed ogni a ∈ G, si ha

expAd(a)X = exp(Ia)∗X = Ia(expX) = a(expX)a−1

e

exp tAd(ab)X = ab(exp tX)b−1a−1 = a(exp tAd(b)X)a−1

= exp tAd(a)Ad(b)X,

per ogni a, b ∈ G e t ∈ R. Se |t| < ε, con ε numero reale positivo opportuno,l’applicazione esponenziale e biiettiva (cfr. Teorema 1.3.4, punto (4)) ossia

tAd(ab)X = tAd(a)Ad(b)X,

e, quindi: Ad(ab) = Ad(a)Ad(b), per ogni a, b ∈ G.Vediamo ora che Ad e analitica. Data una base (E1, . . . , En) di g, siano

(x1, . . . , xn) le coordinate canoniche associate (cfr. pag. 23). Se a ∈ G,

Ad(a)Ei = (Ia)∗(Ei) =n∑j=1

aji(a)Ej .

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 43

Per provare che Ad e analitica basta verificare che le funzioni aji(a) sonoanalitiche in un intorno di e ∈ G. Si puo allora supporre che a = expX,per un certo X ∈ g. Se X =

∑ni=1 a

iEi, ai ∈ R, si ha xi(a) = ai. Poniamobi = expEi. Allora

Iabi = Ia(expEi) = exp((Ia)∗Ei) = exp(n∑j=1

aji(a)Ej),

ed anche (Teorema 1.3.4, punto (5))

Iabi = abia−1 = (expX)(expEi)(exp(−X)) = exp(Ei + [X,Ei] + . . . )

(i termini non scritti sono costituiti da “brackets” iterati). Tenuto contodella biiettivita di exp, se X appartiene ad un intorno piccolo di 0 ∈ g, dalledue espressioni precedenti si deduce

aji(a) = δij +n∑h=1

xh(a)cjhi + . . . ,

(cjhi sono le costanti di struttura) da cui si vede che le funzioni aji dipendonoanaliticamente dalle coordinate canoniche di a.

Teorema 1.8.3.(1) Ad∗|e = ad (e: elemento neutro di G),(2) Ad(expGX) = eadX , per ogni X ∈ g.

Dimostrazione. (1) Siano X,Y ∈ g. Dai Teoremi 1.4.1 e 1.3.4, si ha

exp(Ad(exp tX)tY ) = I(exp tX)(exp tY ) = (exp tX)(exp tY )(exp(−tX))

= exptY + t2[X,Y ] +O(t3).

Se |t| < ε, exp e biettiva, quindi

Ad(exp tX)Y = Y + t[X,Y ] +O(t3)t

,

cioeAd(exp tX) = I + t adX +O(t2).

In definitiva,

Ad∗(X)|e =dAd(exp tX)

dt t=0= adX .

(2) Si verifica facilmente che il diagramma

g

expG

ad // gl(g)

expGL(g)

G

Ad // GL(g)

e commutativo, ossia Ad(expGX) = expGL(g)(adX) = eadX .

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44 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Il teorema seguente e molto utile per determinare la rappresentazioneaggiunta dei sottogruppi di Lie di GL(V ), dove V e uno spazio vettorialereale. In particolare, il risultato vale per i sottogruppi di GL(n,R).

Teorema 1.8.4. Sia H un sottogruppo di Lie di GL(V ) con algebra diLie h. Allora, per ogni a ∈ H e per ogni X ∈ h, si ha

Ad(a)X = aXa−1.

Dimostrazione. Tenuto conto che expH = expGL(V ) H, si ottiene

expH(tAd(a)X) = Ia(expH tX) = a(expH tX)a−1

= aetXa−1 = etaXa−1

= expH(taXa−1), t ∈ R.

Se |t| < ε, allora tAd(a)X = taXa−1, cioe Ad(a)X = aXa−1.

Definizione 1.8.5. Sia g un’algebra di Lie. Il gruppo aggiunto e ilsottogruppo di Lie connesso di Aut(g) la cui algebra di Lie e ad(g) (che euna sottoalgebra di Der(g)). Tale gruppo viene indicato con Int(g).

Proprieta 1.8.6. Int(g) e un sottogruppo normale di Aut(g).

Dimostrazione. Se X ∈ g, adX ∈ ad(g) e quindi eadX ∈ Int(g).Inoltre, se ϕ ∈ Aut(g), allora

ϕeadXϕ−1 = eϕ adX ϕ−1= eadϕ(X) .

Poiche Int(g) e connesso, ogni elemento di Int(g) e generato da elementidel tipo eadX . Pertanto, Int(g) e normale in Aut(g).

Sia G un gruppo di Lie connesso. Per il Teorema 1.6.11, si sa che Ad(G)e un sottogruppo di Lie la cui algebra di Lie e

imAd∗ e = im(ad) = ad(g).

Quindi Ad(G) e Int(g) sono gruppi di Lie connessi che hanno la stessaalgebra di Lie. Poiche i gruppi di Lie connessi sono generati dagli intornidell’elemento neutro (cfr. Teorema 1.4.4), si ha

Ad(G) = Int(g).

Se G non e connesso, allora Int(g) = Ad(G)0, componente connessa dell’e-lemento neutro di Ad(G) (cfr. l’Osservazione di pag. 34).

Vediamo ora di caratterizzare le sottoalgebre di Lie dei sottogruppi diLie normali.

Teorema 1.8.7. Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Conside-riamo un suo sottogruppo di Lie connesso H con algebra di Lie h.(1) Se H e normale in G, allora h e un ideale di g.(2) Supponiamo che anche G sia connesso. Se h e un ideale di g, allora H

e un sottogruppo normale di G.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 45

Dimostrazione.

(1) Sia H normale in G. Per ogni a ∈ G, se X ∈ h, si ha:

a exp tXa−1 = exp tAd(a)X ∈ H, t ∈ R.Dal Teorema 1.6.8 si deduce che Ad(a)X ∈ h. Fissato un Y ∈ g, postoa = exp tY , tenuto conto del Teorema 1.8.3, si ha:

Ad(exp tY )X = et adY (X) ∈ h, t ∈ R.Di conseguenza

[Y,X] =d

dt

et adY (X)

t=0 ∈ h,

ossia: [h, g] ⊆ h.(2) Consideriamo due elementi a ∈ G, h ∈ H e supponiamo, per il momento,

che a = expY , h = expX con Y ∈ g e X ∈ h. Dato che h e un ideale,(adY )n(X) ∈ h, per ogni n ∈ N e quindi:

Ad(expY )X = eadY (X) ∈ h,

da cui si ricava che

aha−1 = (expY )(expX)(expY )−1 = exp[Ad(expY )(X)

]∈ H.

Dato che i gruppi di Lie G e H sono connessi, essi sono generati da unintorno dei rispettivi elementi neutri (cfr. Teorema 1.4.4) e, pertanto, iloro elementi generici sono il prodotto di elementi del tipo precedente.

Esercizi.

1.8.1 Sia G un gruppo di Lie connesso e semplicemente connesso. Provareche ogni sottogruppo di Lie di G normale e connesso e necessariamentechiuso.

1.8.2 Sia G = C×C×R il gruppo di Lie reale di dimensione 5 con il prodottodefinito da

(c1, c2, r)(c′1, c′2, r

′) = (c1 + e2πirc′1, c2 + e2πihrc′2, r + r′),

dove h e un numero irrazionale fissato e c1, c2, c′1, c′2 ∈ C, r, r′ ∈ R.

Siano s, t ∈ R. Poniamo

αs,t : G −→ G

(c1, c2, r) 7−→ (e2πisc1, e2πitc2, r).

(a) Provare che αs,t e un isomorfismo analitico.(b) Se t = hs+hn, con n ∈ Z, αs,t coincide con l’automorfismo interno

I((0, 0, s+ n)).(c) Sia g l’algebra di Lie di G. Poniamo As,t = (αs,t)∗ ∈ Aut(g).

Provare che se sn → s0, tn → t0, allora Asn,tn → As0,t0 in Aut(g).(d) Verificare che A0, 1

3/∈ Int(g). Dedurre dal punto (c) che Int(g)

non e chiuso in Aut(g).

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1.9. Algebre e gruppi di Lie semisemplici e risolubili

Sia g un’algebra di Lie. Si verifica facilmente che l’applicazione

B : g× g −→ R, (X,Y ) 7−→ B(X,Y ) = tr(adX adY )

e una forma bilineare simmetrica, detta forma di Killing di g. Un’im-portante proprieta della forma di Killing e che e invariante rispetto agliautomorfismi di g e, pertanto, dipende solo dalla classe di isomorfismo di g.Valgono le seguenti

Proprieta 1.9.1.

(1) Se ϕ ∈ Aut(g), allora

B(ϕX,ϕY ) = B(X,Y ),

per ogni X,Y ∈ g.(2) Se D ∈ Der(g), allora

B(DX,Y ) +B(X,DY ) = 0.

In particolare,

B(adZ X,Y ) +B(X, adZ Y ) = 0,

per ogni X,Y, Z ∈ g.(3) Se h e un ideale di g, allora

h⊥ = X ∈ g/B(X,Y ) = 0, Y ∈ h

e ancora un ideale di g. In particolare,

kerB = g⊥ = X ∈ g/B(X,Y ) = 0, Y ∈ g

e un ideale di g.(4) Se h e un ideale di g, la forma di Killing di h coincide con la restrizione

di B ad h× h.

Dimostrazione. (1) Se ϕ e un automorfismo di g, si ha

adϕ(X)(Y ) = [ϕ(X), Y ] = ϕ[X,ϕ−1(Y )

]=(ϕ adX ϕ−1

)Y,

ossiaadϕ(X) = ϕ adX ϕ−1.

Dunque

B(ϕ(X), ϕ(Y )) = tr(adϕ(X) adϕ(Y ))

= tr(ϕ adX ϕ−1 ϕ adY ϕ−1)

= tr(ϕ adX adY ϕ−1)

= tr(ϕ ϕ−1 adX adY )

= tr(adX adY ) = B(X,Y ).

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(2) Sia D ∈ Der(g), allora etD ∈ Aut(g), per ogni t ∈ R, e

B(etDX, etDY ) = B(X,Y ), X, Y ∈ g.

Derivando rispetto a t l’espressione precedente, per t = 0 si ottiene infine

B(DX,Y ) +B(X,DY ) = 0, X, Y ∈ g.

(3) Siano X ∈ h⊥ e Y ∈ g. Per ogni Z ∈ h, si ha

B([X,Y ], Z) = −B(adY X,Z) = B(X, adY Z) = 0,

in quanto adY Z ∈ h e X ∈ h⊥. Quindi [X,Y ] ∈ g, cioe h⊥ e un ideale.

(4) Siano dim h = r, dim g = n, (E1, . . . , Er) una base di h, (E1, . . . , Er,Er+1, . . . , En) una base di g. Se X ∈ h, adX Ei ∈ h, i = 1, . . . , n, percheh e un ideale. Quindi, la matrice di adX e del tipo

A =(A1 A2

0 0

).

Sia B =(B1 B2

0 0.

)la matrice di adY , Y ∈ h. Allora

AB =(A1B1 A1B2

0 0

).

Osservato che A1 ed A2 sono, rispettivamente, le matrici di adX e adY ,pensate come endomorfismi di h in h, segue che, per la forma di KillingBh di h, si ha

Bh(X,Y ) = tr(A1B1) = tr(AB) = B(X,Y ),

per ogni X,Y ∈ g, ossia Bh = B|h×h.

Introduciamo ora una classe molto importante di algebre di Lie.

Definizione 1.9.2. Un’algebra di Lie g si dice semisemplice se B enon degenere, ossia kerB = 0. g si dice semplice se e semisemplice enon contiene ideali propri.

Proprieta 1.9.3.(1) Se g e semisemplice, z(g) = 0.(2) Sia h un ideale di un’algebra di Lie semisemplice g. Allora anche h e

h⊥ sono ideali semisemplici e g = h ⊕ h⊥ (somma diretta di algebre diLie).

Dimostrazione. (1) Basta osservare che, in generale, z(g) ⊆ kerB.

(2) Supponiamo che dim h = r. Poiche B e non degenere, h⊥ ha dimensionen−r, dove n = dim g. Infatti, considerata una base (E1, . . . , Er, . . . , En)di g tale che (E1, . . . , Er) sia una base di h, si ha che X ∈ h⊥ se e solose

B(X,Eα) = 0, 1 ≤ α ≤ r,

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48 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

ossia se e solo se, posto X =∑n

i=1XiEi, valgono le relazioni

n∑i=1

XiBiα = 0, 1 ≤ α ≤ r,

dove Biα = B(Ei, Eα). Dato che la matrice (Biα) ha rango r, si deduceche dim h⊥ = n − r. Sappiamo che h ∩ h⊥ e un ideale. Proviamoora che h ∩ h⊥ e abeliano. Siano X,Y ∈ h ∩ h⊥ e Z ∈ g. Allora,B([X,Y ], Z) = −B(Y, [X,Z]) = 0, poiche Y ∈ h⊥ e [X,Z] ∈ h. SiccomeB e non degenere, si ha [X,Y ] = 0. Sia ora X ∈ h∩h⊥. Per ogni Y ∈ g,si trova

(adX adY )(Z) = [X, [Y, Z]] ∈ h ∩ h⊥, Z ∈ g.

Se Z ∈ h ∩ h⊥ anche [Y, Z] ∈ h ∩ h⊥ e, quindi, (adX adY )(Z) = 0. Sia(E′1, . . . , E

′p, E

′p+1, . . . , E

′n) una base di g tale che (E′1, . . . , E

′p) sia una

base di h∩ h⊥. Per quanto visto in precedenza, la matrice di adX adYe del tipo (

0 ∗0 0

)dove ∗ denota una matrice di p righe e (n−p) colonne. Quindi, B(X,Y ) =0, se X ∈ h ∩ h⊥ e Y ∈ g. Dato che B e non degenere, X = o, cioeh ∩ h⊥ = 0 e g = h ⊕ h⊥. Dalla Proprieta 1.9.1, punto (4), si ricavache ogni ideale di un’algebra di Lie semisemplice e semisemplice.

La principale proprieta delle algebre di Lie semisemplici e illustrata dalseguente

Teorema 1.9.4. Se g e semisemplice allora g e somma diretta di idealisemplici, cioe

g = g1 ⊕ ...⊕ gr

dove ogni gi e un ideale semplice di g. Se h e un qualsiasi ideale di g, h esomma diretta di un certo numero di ideali gi.

Dimostrazione. Se g non e semplice, per definizione esiste un ideale hdi g non banale. Allora h⊥ e un ideale semisemplice e

g = h⊕ h⊥.

Ripetendo il ragionamento per h e h⊥, si arriva, dopo un numero finito dipassi, a scrivere g come somma diretta di ideali che non contengono idealinon banali, cioe di ideali semplici. Sia h un ideale qualsiasi di g. Per ognii = 1, .., r, gi ∩ h e un ideale di gi e, quindi, gi ∩ h = 0 oppure gi ∩ h = gi,poiche gi e semplice. Di conseguenza, h e somma diretta di un certo numerodi ideali gi.

Osservazione. Vale anche l’affermazione reciproca: se g = g1⊕ ...⊕ gre somma diretta di ideali semplici, allora g e semisemplice. Infatti kerBe un ideale di g e se fosse kerB 6= o, esisterebbe un ideale gi tale chekerB ∩ gi = gi. Ma allora B|gi×gi sarebbe nulla, in contrasto con l’ipotesiche gi sia semplice. Quindi, kerB = 0.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 49

Proprieta 1.9.5.(1) Se g e semisemplice ogni derivazione di g e interna, ossia

ad(g) = Der(g).

(2) Int(g) = Aut(g)0, se g e semisemplice.

Dimostrazione.

(1) Poiche g e semisemplice, z(g) = ker(ad) = 0 e g e isomorfa ad ad(g),cioe ad(g) e semisemplice. Sia D ∈ Der(g), allora, se X ∈ g,

[D, adX ] = D adX − adX D = adD(X) ∈ ad(g),

ossia ad(g) e un ideale di Der(g). Per la Proprieta 1.9.1, ad(g)⊥ e unideale di Der(g) e, quindi, anche ad(g) ∩ ad(g)⊥ e un ideale di Der(g).Dato che ad(g) e semisemplice, si ha che ad(g)∩ad(g)⊥ = 0 (Proprieta1.9.3).

Sia ora D ∈ ad(g)⊥. Per ogni X ∈ g si ha

adD(X) = [D, adX ] ∈ ad(g) ∩ ad(g)⊥,

ossia adD(X) = 0. Quindi D(X) ∈ ker(ad) = z(g), per ogni X ∈ g. Maz(g) = 0, cioe D(X) = 0, per ogni X ∈ g. In conclusione, D = 0,ad(g)⊥ = 0 e

ad(g) = Der(g).

(2) Basta ricordare che Int(g) e Aut(g) hanno la stessa algebra di Lie.

Definizione 1.9.6. Un gruppo di Lie si dice semisemplice (semplice)se la sua algebra di Lie g e semisemplice (semplice).

Osservazioni. Da quanto si e visto, la classificazione delle algebre diLie semisemplici reali si riconduce alla classificazione delle algebre di Liesemplici reali. D’altro canto, le algebre di Lie semplici reali ricadono in unodei due tipi seguenti (cfr. [13], pag. 443):(A) g e un’algebra di Lie complessa semplice pensata come algebra di Lie

reale;(B) la complessificata gC di g (cfr. Esercizio 1.9.2) e un’algebra di Lie

complessa semplice. In questo caso si dice che g e una forma reale diun’algebra di Lie complessa.

In conclusione, basta classificare le algebre di Lie complesse semplici e leloro forme reali.

Esempio. sl(2,C) e un’algebra di Lie complessa semplice. Poiche

sl(2,C) = sl(2,R)C,

sl(2,R) e una forma reale di sl(2,C); tale forma reale non e unica dato cheanche

su(2) = A ∈ gl(2,C)/ tA+A = 0, trA = 0e una forma reale di sl(2,C).

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50 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Algebre di Liecomplesse semplici

Gruppi di Liecomplessi semplici

Forma realecompatta

Gruppi di Lie semplicicompatti connessi

An : sl(n + 1, C),

n ≥ 1SL(n + 1, C) su(n + 1) SU(n + 1)

Bn : so(2n+1, C),

n ≥ 2SO(2n + 1, C) so(2n + 1) SO(2n + 1)

Cn : sp(n, C),

n ≥ 3Sp(n, C) sp(n) Sp(n)

Dn : so(2n, C),

n ≥ 4SO(2n, C) so(2n) SO(2n)

g2 GC2 G2

f4 F C4 F4

e6 EC6 E6

e7 EC7 E7

e8 EC8 E8

Si puo dimostrare che ogni algebra di Lie semplice complessa ammetteun’unica forma reale compatta, cioe e l’algebra di Lie di un gruppo com-patto. Per esempio, su(2) e la forma reale compatta di sl(2,C) perche su(2)e l’algebra di Lie di SU(2) che e compatto (infatti e omeomorfo a S3).

L’elenco delle algebre di Lie complesse e delle loro forme reali compattee riportato nella tabella precedente. Gli ultimi cinque gruppi (reali) checompaiono nella tabella prendono il nome di gruppi eccezionali. Essihanno dimensione: 14, 52, 78, 133, 248, rispettivamente.

Consideriamo ora un’altra importante classe di algebre di Lie. Sia gun’algebra di Lie. E’ facile verificare che D1g = [g, g] e un ideale di g,detto algebra derivata o derivato primo di g. I derivati successivi sidefiniscono per induzione

Dng = D(Dn−1g) =[Dn−1g,Dn−1g

].

Si ottiene che. . .Dng ⊆ . . .D2g ⊆ D1g ⊆ g

e ogni Dng e un ideale di Dn+1g.

Definizione 1.9.7. Un’algebra di Lie g e risolubile se esiste un interon tale che Dng = 0.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 51

Esempio. Sia t2 l’algebra di Lie delle matrici triangolari superiori

t2 =(

a b0 c

), a, b, c ∈ R

.

Dato che [(a b0 c

),

(a′ b′

0 c′

)]=(

0 ab′ + bc′ − a′b− b′c0 0

),

si trova

D1t2 =(

0 α0 0

), α ∈ R

e

D2t2 =(

0 00 0

),

ossia t2 e risolubile. In modo analogo, si verifica che

tn =

a11 a22 . . . a1n

0 a22 . . . a2n

0 0 . . . . . .0 0 0 ann

, aij ∈ R

e risolubile.

Sia g un’algebra di Lie. Poniamo

g1 = D1g, g2 = [g, g1], . . . , gn = [g, gn−1].

Si ha· · · ⊆ g2 ⊆ g1 ⊆ g

e ogni gn e un ideale di gn−1.

Definizione 1.9.8. Un’algebra di Lie g si dice nilpotente se esiste unintero n tale che

gn = 0.

Si noti che, essendoDng ⊆ gn,

ogni algebra di Lie nilpotente e anche risolubile. Tuttavia non e vera l’affer-mazione reciproca. Per esempio, nel caso di g = t2 si ha

g1 =D1t2 =(

0 α0 0

), α ∈ R

,

g2 =[g, g1] = [t2,D1t2] = g1

e, quindi, g1 = g2 = · · · 6= 0, ossia t2 e risolubile ma non e nilpotente.Invece, l’algebra di Lie delle matrici strettamente triangolari superiori

n =

0 a12 . . . a1n

0 0 . . . . . .0 0 0 an−1n

0 0 0 0

, aij ∈ R

e nilpotente.

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52 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Definizione 1.9.9. Un gruppo di Lie e risolubile (nilpotente) se lasua algebra di Lie e risolubile (nilpotente).

Valgono le seguenti proprieta. Per le dimostrazioni, si veda [13], oppure[22].

Proprieta 1.9.10.(1) Sia h una sottoalgebra di g. Se g e risolubile (nilpotente) anche h e

risolubile (nilpotente).(2) Se g e risolubile (nilpotente) e h e un ideale di g, g/h e risolubile

(nilpotente).(3) Se h e un ideale risolubile di g tale che g/h sia risolubile, allora g e

risolubile.(4) g e risolubile se e solo se D1g e nilpotente.(5) (Teorema di Engel). g e nilpotente se e solo se adX e un endomorfismo

nilpotente, per ogni X ∈ g (cioe, se esiste un intero n tale che (adX)n =0).

Definizione 1.9.11. Sia g un’algebra di Lie.(1) Il radicale (risolubile) di g e l’unico ideale risolubile massimale r con-

tenuto in g (r e massimale nel senso che contiene ogni ideale risolubileproprio di g).

(2) Il radicale nilpotente (o nilradicale) di g e l’unico ideale massimalenilpotente.

Si provano i seguenti risultati fondamentali (cfr. [25]).

Teorema 1.9.12 (Criterio di Cartan). g e semisemplice se e solo ser = 0.

Teorema 1.9.13 (Levi–Malcev). Ogni algebra di Lie g ammette unadecomposizione del tipo

g = r + s

(somma diretta di spazi vettoriali) dove r e il radicale risolubile e s e unasottoalgebra semisemplice di g.

Si noti che, nel teorema precedente, la somma non e diretta rispetto allealgebre di Lie. Pero g = r⊕δ s, dove δ(X) = adX , X ∈ s.

Esercizi.

1.9.1 (a) Considerata la seguente base di sl(2,R)

A =(

0 10 0

), B =

(1 00 −1

), C =

(0 01 0

),

calcolare la matrice della forma di Killing e verificare che sl(2,R)e semisemplice.

(b) Provare che sl(2,R) e semplice (usare la base precedente per di-mostrare che se h 6= o e un ideale allora h = sl(2,R)).

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 53

(c) Provare che, in generale, se g e un’algebra di Lie semisemplice didimensione 3 allora g e semplice.

1.9.2 Sia g un’algebra di Lie reale. Si consideri su g×g la seguente strutturadi spazio vettoriale complesso:

(X,Y ) + (X ′, Y ′) = (X +X ′, Y + Y ′),

(a+ ib)(X,Y ) = (aX − bY, bX + aY ),

a+ ib ∈ C, X, Y,X ′, Y ′ ∈ g.

(a) Verificare che lo spazio vettoriale g× g, dotato del prodotto

[(X,Y ), (X ′, Y ′)] = ([X,X ′]− [Y, Y ′], [X,Y ′] + [Y,X ′]),

ha la struttura di algebra di Lie complessa, che si indica con gC

e prende il nome di complessificata di g. Identificate le coppie(X, 0) con X e (0, Y ) con iY , gli elementi di gC si scrivono nellaforma X + iY , X,Y ∈ g.

(b) Provare che su(2) e una forma reale di sl(2,C), ossia chesu(2)C = sl(2,C).

1.9.3 Sia G un gruppo di Lie di dimensione 4 e sia (ω1, ω2, ω3, ω4) una basedelle 1–forme invarianti a sinistra tale che

dω1 = dω2 = 0dω3 = ω1 ∧ ω2

dω4 = ω1 ∧ ω3.

Verificare che le ωi, i = 1, . . . , 4, soddisfano le equazioni di Maurer–Cartan e che G e nilpotente.

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54 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

1.10. Classificazione delle algebre di Lie reali di dimensione 3

In questo paragrafo, seguendo l’articolo di J. Milnor [19], ci proponiamodi esporre la classificazione completa, a meno di isomorfismi, delle algebre diLie di dimensione 3. Verranno dati solo i punti essenziali delle dimostrazioni,lasciando i dettagli per esercizio.

Sia g un’algebra di Lie reale. Considerata la funzione

ϕ : g −→ R, X 7−→ tr(adX)

e tenuto conto chetr ad[X,Y ] = tr[adX , adY ] = 0,

si ha ϕ([X,Y ]) = 0, per ogni X,Y ∈ g, in altri termini ϕ e un omomorfismodi algebre di Lie. Di conseguenza, u = kerϕ e un ideale di g, detto nucleounimodulare. g si dice unimodulare se g = kerϕ, ossia se

tr(adX) = 0, per ogni X ∈ g.

Supponiamo che dim g = 3 e consideriamo un prodotto scalare

< , > : g× g −→ R.

Scelto un orientamento su g, si puo identificare g con R3 e definire unprodotto vettoriale su g

∧ : g× g −→ g, (X,Y ) 7−→ X ∧ Y.

Si noti che ∧ dipende dall’orientamento scelto su g.

Proprieta 1.10.1.(1) Esiste un’unica applicazione lineare L : g −→ g tale che L(X ∧ Y ) =

[X,Y ], per ogni X,Y ∈ g.(2) g e unimodulare se e solo se L e simmetrica, ossia se

< LX,Y >=< X,LY >,

per ogni X,Y ∈ g.(3) Se g e unimodulare, esiste una base ortonormale (E1, E2, E3) di g tale

che

[E2, E3] = λ1E1, [E3, E1] = λ2E2, [E1, E2] = λ3E3.

Inoltre, se X =∑3

i=1XiEi, Y =

∑3i=1 Y

iEi, la forma di Killing B dig assume la seguente espressione

B(X,Y ) = −2λ2λ3X1Y 1 + λ1λ3X

2Y 2 + λ1λ2X3Y 3.

Dimostrazione. (1) Sia (e1, e2, e3) una base ortonormale positiva dig. Definiamo

L(e1) = [e2, e3], L(e2) = [e3, e1], L(e3) = [e1, e2].

Poiche e1 ∧ e2 = e3, e1 ∧ e3 = −e2, e2 ∧ e3 = e1, si vede che

L(ei ∧ ej) = [ei, ej ], i, j = 1, 2, 3

e, quindi, L(X ∧ Y ) = [X,Y ], per ogni X,Y ∈ g.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 55

(2) Poniamo L(ei) =∑3

j=1 ajiej . Allora

tr adX = X1(a23 − a32) +X2(a31 − a13) +X3(a12 − a21).

Dunque tr adX = 0, per ogni X,Y ∈ g se e solo se L e simmetrica.

(3) Basta considerare una base ortonormale positiva (E1, E2, E3) che diago-nalizzi L (tale base esiste perche L e simmetrica).

La classificazione cercata verra suddivisa in due casi, a seconda che g siao meno unimodulare.

Supponiamo che g sia unimodulare. Considerata una base ortonor-male positiva (E1, E2, E3) che diagonalizza L e indicati con λ1, λ2, λ3 gliautovalori di L, si presentano le seguenti possibilita:

1) λ1λ2λ3 6= 0;

2) λ1λ2 6= 0, λ3 = 0;

3) λ1 6= 0, λ2 = λ3 = 0;

4) λ1 = λ2 = λ3 = 0.

Osservazioni.Si hanno, nei vari casi, le seguenti situazioni.

1) B e non degenere, cioe g e semisemplice. Dato che dim g = 3, g e semplice(cfr. Esercizio 1.9.1).

2) Poiche

[E2, E3] = λ1E1, [E3, E1] = λ2E2, [E1, E2] = 0,

si ha

D1g =L(E1, E2),

D2g =0

cioe g e risolubile. Ma g2 = [g,D1g] = L(E1, E2) = g1 e, quindi, g nonpuo essere nilpotente.

3) Si ha

[E2, E3] = λ1E1, [E3, E1] = [E1, E2] = 0.

Quindi D1g = L(E1) e g2 = [g,D1g] = 0, ossia g e nilpotente.

4) g e abeliana ed e isomorfa a R3.

Esaminiamo, ora, piu in dettaglio i singoli casi.

Caso 1. Le segnature possibili di B sono (0, 3) e (1, 2). Poiche B e in-variante per isomorfismi, ci sono almeno due algebre di Lie non isomorfe.Consideriamo, allora, i seguenti sottocasi.

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56 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

1.a) λ1 > 0, λ2 > 0, λ3 > 0.Considerata la nuova base

U1 =1√λ2λ3

E1, U2 =1√λ1λ3

E2, U3 =1√λ1λ2

E3,

si ha[U2, U3] = U1, [U3, U1] = U2, [U1, U2] = U3

e si trova un’algebra di Lie isomorfa a su(2).1.b) λ1 > 0, λ2 > 0, λ3 < 0.

Si pone

U1 =1√

−λ2λ3E1, U2 =

1√−λ1λ3

E2, U3 =1√λ1λ2

E3,

da cui si ricava

[U2, U3] = U1, [U3, U1] = U2, [U1, U2] = −U3.

Le corrispondenti algebre di Lie sono isomorfe a sl(2,R).

Caso 2. Si presentano due sottocasi: λ1 > 0, λ2 > 0 oppure λ1 > 0, λ2 < 0.

2.a) λ1 > 0, λ2 > 0 implicano B(X,X) ≥ 0. Come prima, si puo costruireuna base (U1, U2, U3) tale che

[U2, U3] = U1, [U3, U1] = U2, [U1, U2] = 0.

Si noti che h = L(U1, U2) e un ideale abeliano, quindi, g e isomorfa allasomma semidiretta R2 ⊕δ R di R2 con R, dove

δ(U3) =(

0 −11 0

)(R2 ∼= h = L(U1, U2), R ∼= k = L(U3)). g e isomorfa all’algebra di Liedi E(2), gruppo dei movimenti rigidi del piano.

2.b) λ1 > 0, λ2 < 0 implicano B(X,X) ≤ 0. Le corrispondenti algebredi Lie non sono isomorfe alle precedenti. In questo caso, in una baseopportuna, si ha

[U2, U3] = U1, [U3, U1] = −U2, [U1, U2] = 0.

Anche qui h = L(U1, U2) e un ideale abeliano e g e isomorfa all’algebradi Lie dei movimenti rigidi del piano di Minkowski E(1, 1) = R2 oα Rdove

α(t) =(et 00 e−t

).

Caso 3. PostoU1 = λ1E1, U2 = E2, U3 = E3,

si ha[U2, U3] = U1, [U3, U1] = [U1, U2] = 0.

Allora h = L(U1, U2) e un ideale abeliano e g e isomorfa alla somma semi-diretta R2 ⊕δ R, dove

δ(t) =(

0 t0 0

).

Si tratta dell’algebra di Lie del gruppo di Heisenberg He.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 57

Riassumendo, nel caso unimodulare, si ha la seguente tabella (la tildesignifica: ricoprimento universale).

Segnatura di B Algebra di Lie TipoGruppi di Lie

semplicemente connessi

+ + + su(2) semplice SU(2) ∼= Sp(1)

+ + − sl(2, R) semplice ˜SL(2, R)

+ + 0 R2 ⊕δ R risolubile E(2) = R2 oα R

+ − 0 R2 ⊕δ R risolubile E(1, 1) = R2 oα R

+ 0 0 R2 ⊕δ R nilpotente He

0 0 0 R abeliana R3

Nel caso non unimodulare, si prova il

Teorema 1.10.2. Sia g un’algebra di Lie di dimensione 3 non unimo-dulare. Allora esiste una base (U1, U2, U3) di g tale che

[U1, U2] = αU2 + βU3,

[U1, U3] = γU2 + δU3,

[U2, U3] = 0,

dove α, β, γ, δ ∈ R e α+ δ = 2. Se

A =(α γβ δ

)6= I,

allora det(A) e un invariante per isomorfismi, cioe due algebre di Lie g e hsono isomorfe se e solo se det(A) = det(A′). Tutte le algebre di Lie di questotipo sono risolubili ma non nilpotenti; u = L(U2, U3) e un ideale abeliano eg e isomorfa alla somma semidiretta di u ∼= R2 e R.

Dimostrazione. Sia u il nucleo unimodulare di g. Dato che g non eunimodulare,

ϕ : g −→ R, X 7−→ tr adX

e una forma lineare non nulla e dim u = 2. Si verifica che u e abeliano. Sia(U2, U3) una base di u. Allora

[U2, U3] = 0.

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58 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Consideriamo un elemento U1 ∈ g che non appartenga ad u. Dato chetr adU1 6= 0, si puo supporre tr adU1 = 2. Introdotto il seguente endomorfi-smo

ψ : u −→ u, X 7−→ [U1, X] = adU1(X).si presentano due possibilita1) ψ(X) = λX, per ogni X ∈ u;2) esiste un Y ∈ u tale che Y e ψ(Y ) sono linearmente indipendenti.

I due casi danno luogo ad algebre di Lie non isomorfe.Caso 1) Dato che adU1(X) = ψ(X) = λX e tr adU1 = 2, deve essere λ = 1,

quindi

[U1, U2] = U2, [U1, U3] = U3, [U2, U3] = 0,

cioe

A =(

1 00 1

).

Caso 2) Poiche u e un ideale

[U1, U2] = αU2 + βU3,

[U1, U3] = γU2 + δU3,

[U2, U3] = 0,

vale a dire

adU1 =

0 0 00 α γ0 β δ

e tr adU1 = α+ δ = 2.

Resta da provare che det(A) determina completamente la classe diisomorfismo. Cio si ottiene costruendo una base di g che dipendesolo da det(A). Consideriamo V2, V3 ∈ u tali che V3 = ψ(V2) e V2

siano linearmente indipendenti. Posto V1 = U1, (V1, V2, V3) e unabase di g tale che

[V1, V2] = ψ(V2) = V3,

[V1, V3] = ψ(V3) = hV2 + kV3,

[V2, V3] = 0.

Poiche ψ = adU1 |u, le matrici A e B =(

0 h1 k

)sono simili. Quindi

k = trB = trA = 2 e −h = detB = detA, cioe

[V1, V2] = ψ(V2) = V3,

[V1, V3] = ψ(V3) = −det(A)V2 + 2V3,

[V2, V3] = 0.

Se g e g′ sono tali che det(A) = det(A′), scegliendo basi del tipoprecedente, si individua un isomorfismo tra g e g′.

Esercizi.

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Capitolo 1 – Gruppi e algebre di Lie, 59

1.10.1 Sia g un’algebra di Lie di dimensione 3 non unimodulare. Provareche il nucleo unimodulare di g e un ideale abeliano.

1.10.2 Sia g un’algebra di Lie reale di dimensione 3 e sia (E1, E2, E3) unasua base.(a) provare che se

[E1, E2] = ±E3, [E1, E3] = −E2, [E2, E3] = E1,

allora g e isomorfa a su(2) (nel caso del segno +), oppure a sl(2,R)(nel caso del segno –).

(b) Trovare l’algebra di Lie g′ del ricoprimento universale gruppodelle isometrie del piano E(2) = R2 oα R, dove

α(t) =(

cos t − sin tsin t cos t

).

Verificare che se

[E1, E2] = 0, [E1, E3] = −E2, [E2, E3] = E1,

g e isomorfa a g′.(c) Trovare l’algebra di Lie g′ del ricoprimento universale del gruppo

delle isometrie del piano di Minkowski E(1, 1) = R2 oα R, dove

α(t) =(et 00 e−t

).

Verificare che se

[E1, E2] = 0, [E1, E3] = E2, [E2, E3] = E1,

g e isomorfa a g′.

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60 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

1.11. Gruppi di Lie di dimensione 4

I risultati riportati in questo paragrafo, tratti dall’articolo di L. BerardBergery [3], sono una rilettura in chiave moderna dell’articolo di S. Ishihara,[14]. Si rimanda ad [14] per le dimostrazioni.

Lo scopo e quello di dare la classificazione dei gruppi di Lie, connessi esemplicemente connessi, di dimensione 4.

I risultati principali sono i seguenti.

Teorema 1.11.1. Un gruppo di Lie, di dimensione 4, connesso e sem-plicemente connesso, e isomorfo ad uno dei seguenti gruppi(1) G gruppo di Lie risolubile,(2) SU(2)× R,

(3) ˜SL(2,R) × R, ( ˜SL(2,R) indica il rivestimento universale di SL(2,R),che e diffeomorfo a R3).

Teorema 1.11.2. Sia G un gruppo di Lie risolubile, connesso e sempli-cemente connesso, di dimensione 4. Allora esiste un sottogruppo G0 di G,di dimensione 3, risolubile, unimodulare, semplicemente connesso, tale che

G = G0 oφ R,dove φ(R) e un gruppo ad un parametro di automorfismi di G0.

Dal teorema precedente segue che, per classificare tutti i gruppi di Lierisolubili di dimensione 4, e sufficiente considerare i sottogruppi di dimen-sione 3, risolubili, unimodulari, semplicemente connessi, e i loro gruppi diautomorfismi.

Piu precisamente, facendo riferimento alla classificazione riportata nelparagrafo precedente, si ha

Teorema 1.11.3. I gruppi di Lie risolubili, connessi e semplicementeconnessi, di dimensione 4 sono isomorfi ad uno dei gruppi seguenti:

(1) E(2) oα R, con E(2) rivestimento universale del gruppo dei movimentirigidi del piano euclideo;

(2) E(1, 1) oα R, con E(1, 1) gruppo dei movimenti rigidi del piano diMinkowski;

(3) Heoα R, con He gruppo di Heisenberg;(4) R3 oα R.

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CAPITOLO 2

Richiami di geometria Riemanniana

In questo capitolo si intendono riassumere le nozioni di geometria Rie-manniana che, nel prossimo capitolo, saranno applicate ai gruppi di Lie.

Per maggiori dettagli, dimostrazioni ed esempi, si consiglia la consulta-zione dei testi [5], [23], [17], indicati in Bibliografia.

2.1. Varieta Riemanniane ed isometrie

Nel corso di tutto il Capitolo si indichera con M una varieta differenzia-bile C∞, paracompatta, di dimensione n. Inoltre, X(M) e F(M) saranno,rispettivamente, l’algebra di Lie dei campi vettoriali C∞ su M e l’anello dellefunzioni C∞ su M a valori reali.

Si ricordi che una varieta differenziabile M si dice paracompatta seogni suo ricoprimento aperto ammette un raffinamento localmente finito.E noto che ogni varieta differenziabile, di Hausdorff e con base numerabi-le, e paracompatta e, per questo motivo, ammette sempre una partizionedell’unita subordinata ad ogni ricoprimento aperto.

Definizione 2.1.1. Una metrica Riemanniana g su M e una funzio-ne che ad ogni punto p di M associa un prodotto scalare gp, definito sullo spa-zio tangente TpM , che dipende differenziabilmente da p. Piu precisamente,per ogni coppia X,Y di campi vettoriali C∞ su M , l’applicazione

p 7−→ gp(Xp, Yp), X, Y ∈ X(M)

e differenziabile di classe C∞.

La Definizione 2.1.1 e equivalente alla seguente

Definizione 2.1.2. Una metrica Riemanniana g su M e un cam-po tensoriale due volte covariante, simmetrico, definito positivo. In altritermini, una metrica Riemanniana e un’applicazione

g : X(M)× X(M) −→ F(M)

F(M)–bilineare, simmetrica

g(X,Y ) = g(Y,X), X, Y ∈ X(M),

e definita positiva, ossia

gp(x,x) ≥ 0 e gp(x,x) = 0 ⇔ x = 0, p ∈M, x ∈ TpM.

Osservazioni.

1) Se x ∈ TpM , la norma del vettore x e il numero reale ‖x‖ =√gp(x,x).

61

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62 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

2) Se si richiede che g sia solamente non degenere, ma non necessariamentedefinita positiva, g prende il nome di metrica Riemanniana indefinitao metrica pseudo–Riemanniana.

Definizione 2.1.3. La coppia (M, g) si dice varieta Riemanniana.

Si possono dimostrare le seguenti proprieta.

(1) Se U e un aperto diM , la restrizione ad U della funzione g(X,Y ) dipendesolo dalle restrizioni dei campi vettoriali X e Y a U . Pertanto ognimetrica Riemanniana su M induce una metrica Riemanniana su ogniaperto U di M.

(2) Viceversa, dato un ricoprimento aperto R di M, se per ogni U ∈ R eassegnata una metrica Riemanniana gU tale che per ogni V di R, conU ∩ V 6= ∅, si abbia gU = gV su U ∩ V , allora esiste un’unica metricaRiemanniana g definita globalmente su M tale che g |U= gU .

(3) Dalle osservazioni precedenti segue che per assegnare una metrica Rie-manniana g su M e sufficiente considerare un atlante di M e definire g suogni carta locale, rispettando certe condizioni di compatibilita che orasaranno precisate. Sia (U, x1, x2, . . . , xn) una carta locale; consideratidue campi vettoriali locali

X =n∑i=1

Xi ∂

∂xi, Y =

n∑j=1

Y j ∂

∂xj, X i, Y j ∈ F(U)

(F(U) indica l’anello delle funzioni C∞ su U a valori reali), si ha laseguente espressione

g(X,Y ) =n∑

i,j=1

XiY jgij ,

dove gij = g

(∂

∂xi,∂

∂xj

). Le funzioni gij prendono il nome di compo-

nenti locali di g rispetto alle coordinate (x1, x2, . . . , xn).Sia (V, y1, y2, . . . , yn) un’altra locale tale che U ∩ V 6= ∅. Tenuto contoche

∂yα=

n∑i=1

∂xi

∂yα∂

∂xi,

le componenti locali gαβ = g

(∂

∂yα,∂

∂yβ

)nei punti di U ∩ V verificano

le seguenti condizioni di compatibilita

(∗) gαβ =n∑

i,j=1

∂xi

∂yα∂xj

∂yβgij .

(4) Da quanto si e visto, dare una metrica Riemanniana su M equivale adassegnare, per ogni aperto di un ricoprimento di M , n(n+1)

2 funzioni gijtali che la matrice (gij) sia in ogni punto simmetrica, definita positiva

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 63

e valgano le condizioni di compatibilita (∗). Il tensore metrico assume,quindi, la seguente espressione locale

g =n∑

i,j=1

gijdxi ⊗ dxj .

La forma quadratica associata a tale forma bilineare si indica solitamentecon

(∗, ∗) ds2 =n∑

i,j=1

gijdxidxj ,

dove dxidxj e il prodotto simmetrico di due tensori, dato da

dxidxj =12(dxi ⊗ dxj + dxj ⊗ dxi).

ds2 prende il nome di elemento d’arco; tale denominazione e collegataalla nozione di distanza tra due punti (cfr. punto (7)).

(5) Usando la partizione dell’unita, e possibile provare che ogni varieta diffe-renziabile ammette sempre una metrica Riemanniana. Si noti che questaproprieta non vale nel caso delle metriche Riemanniane indefinite; infat-ti non e sempre possibile costruire metriche di assegnata segnatura suuna varieta differenziabile qualsiasi. Per esempio, sulle varieta compattenon esistono metriche di segnatura (1, n− 1) (le cosiddette metriche diLorentz).

(6) Data una carta locale (U, x1, x2, . . . , xn), applicando il procedimento di

ortogonalizzazione di Gram-Schmidt ai campi∂

∂x1,∂

∂x2, . . . ,

∂xn, si

possono costruire n campi vettoriali locali E1, E2, ..., En tali che

g(Ei, Ej) = δij .

In altri termini, su ogni aperto di M esistono sempre dei riferimentiortonormali locali che, in generale, non si estendono a dei riferimentiglobali. Se (θ1, θ2, . . . , θn) e il riferimanto duale di (E1, E2, . . . , En),allora il tensore metrico g assume la seguente semplice espressione

g =n∑i=1

θi ⊗ θi.

Tuttavia, in certi casi e piu opportuno usare il riferimento coordinato(∂

∂x1,∂

∂x2, . . . ,

∂xn

)dato che

[∂

∂xi,∂

∂xj

]= 0, in contrasto col fatto

che, in generale, [Ei, Ej ] 6= 0. D’altra parte,(

∂x1,∂

∂x2, . . . ,

∂xn

)ha

lo svantaggio non essere quasi mai un riferimento ortonormale.(7) Sia (M, g) una varieta Riemanniana connessa. A partire dalla metri-

ca g e possibile introdurre la nozione di distanza di due punti di M .Considerata una curva γ su M

γ : [a, b] ⊂ R −→M,

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64 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

differenziabile a tratti, di classe almeno C1, la sua lunghezza e data da

Lγ =∫ b

a

√gγ(t)(γ(t), γ(t))dt =

∫ b

a‖γ(t)‖dt.

Si puo dimostrare che Lγ non dipende dalla parametrizzazione scelta.Consideriamo la funzione

s(t) = Lγ(t) =∫ t

a

√gγ(t)(γ(t), γ(t))dt,

che, da un punto di vista geometrico, rappresenta la lunghezza dell’ar-co di curva compreso tra i punti γ(a) e γ(t). Se (U, x1, x2, . . . , xn) euna carta locale, le coordinate di γ(t) sono (x1(t), x2(t), . . . , xn(t)), dovexi(t) = (xi γ)(t). Quindi

s(t) = Lγ(t) =∫ t

a

n∑i,j=1

gij(x(t))dxidt

dxjdt

12

dt.

Questa espressione giustifica sia la denominazione di elemento d’arcoper la forma quadratica (**) sia la notazione ds2.

Dati due punti p, q ∈ M , si definisce la distanza d(p, q) tra p e qcome l’estremo inferiore delle lunghezze di ogni curva γ, differenziabilea tratti, di classe almeno C1, che unisce p a q. Si verifica che (M,d) euno spazio metrico e che la topologia di M coincide con la topologia dispazio metrico indotta dalla distanza.

Definizione 2.1.4. Siano (M, g) e (M ′, g′) due varieta Riemanniane.Un diffeomorfismo f : M −→M ′ si dice isometria se

f∗g′ = g,

ossia se(f∗g′)p(x,y) = g′f(p)(f∗|px, f∗|py) = gp(x,y),

per ogni p ∈ M e x,y ∈ TpM . In altri termini, per ogni p ∈ M , il diffe-renziale f∗|p : TpM −→ Tf(p)M

′ e un’isometria lineare tra gli spazi vettorialieuclidei (TpM, gp) e (Tf(p)M

′, g′f(p)).

Si possono dimostrare le seguenti proprieta.

(1) Un’isometria tra due varieta Riemanniane (M, g) e (M ′, g′) induce un’i-sometria, nel senso degli spazi metrici, tra (M,d) e (M ′, d′) e viceversa.

(2) L’insieme I(M) di tutte le isometrie di una varieta Riemanniana in se eun gruppo rispetto alla composizione di isometrie. Si puo, inoltre, con-siderare su I(M) la topologia compatta aperta e definire una strutturadi varieta differenziabile in modo tale che I(M) risulti essere un gruppodi Lie. In tal caso,

dim I(M) ≤ n(n+ 1)2

dove n = dim M . Questo importante risultato si deve a Myers eSteenrood, [20].

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 65

E possibile dimostrare che se dimI(M) = n(n+1)2 , allora (M, g) ha

curvatura sezionale costante (per la definizione si veda il successivo§II.3).

L’algebra di Lie di I(M) coincide con l’algebra di Lie dei campi diKilling completi su M (per i dettagli si veda, per esempio, ([17], Vol. I,pag. 236).

Si noti che il gruppo dei diffeomorfismi di M non e un gruppo di Lie.

Definizione 2.1.5. Siano (M, g) e (M ′, g′) due varieta Riemanniane.Una funzione differenziabile f : M −→M ′ si dice isometria locale se, perogni p ∈M ,

f∗|p : TpM −→ Tf(p)M

e un’isometria lineare di spazi vettoriali euclidei.

Come diretta conseguenza del teorema della funzione inversa, si ha chese f e un’isometria locale,per ogni punto p di M , esistono un intorno U dip e un intorno U ′ di f(p) tali che

f |U : U −→ U ′

sia un diffeomorfismo. Ad esempio, la sfera Sn e lo spazio proiettivo realeRPn sono localmente (ma non globalmente) isometrici.

Un problema importante in geometria Riemanniana e quello di capirequando due varieta Riemanniane sono isometriche, almeno localmente. Inmolti casi, una risposta soddisfaciente si ottiene mediante il confronto di par-ticolari campi tensoriali che sono invarianti per isometrie, detti invariantiRiemanniani.

Nei prossimi paragrafi saranno introdotti alcuni importanti invariantiRiemanniani.

Esempi.

(1) M = Rn con la metrica euclidea gE e un esempio di varieta Riemanniana.Se (x1, x2, . . . , xn) e il sistema di coordinate globali standard su Rn, siha

gE = dx1 ⊗ dx1 + dx2 ⊗ dx2 + · · ·+ dxn ⊗ dxn.

Si osservi che, in questo caso,(

∂x1,∂

∂x2, . . . ,

∂xn

)e un riferimento

ortonormale globale.Si puo verificare facilmente che il gruppo delle isometrie di Rn,

rispetto alla metrica euclidea, e dato da

I(Rn) = f : Rn −→ Rn/f(x) = Ax+ a, A ∈ O(n), a ∈ Rn,

con il prodotto (si identifica f ∈ I(Rn) con la coppia (a,A))

(a,A)(a′, A′) = (Aa′ + a,AA′), A,A′ ∈ O(n), a, a′ ∈ Rn.

Pertanto, I(Rn) e il prodotto semidiretto di O(n) e Rn.(2) Siano (M, g) e (M ′, g′) due varieta Riemanniane di dimensione n ed m,

rispettivamente. La varieta differenziabile prodotto M ×M ′ puo esseredotata, in modo naturale, di una metrica prodotto g definita su ogni

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66 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

spazio tangente T(p,p′)(M ×M ′) ∼= TpM ⊕ Tp′M′, p ∈ M,p′ ∈ M ′, nel

modo seguente

g(p,p′)(v + v′,w + w′) = gp(v,w) + g′p′(v′,w′),

per ogni v,w ∈ TpM e v′,w′ ∈ Tp′M′. Se (U, x1, . . . , xn) e una carta

locale di M tale che

g =n∑

i,j=1

gijdxi ⊗ dxj

e se (V, y1, . . . , ym) e carta locale di M ′ rispetto alla quale

g′ =m∑

a,b=1

gabdya ⊗ dyb,

l’espressione locale di g, rispetto alla carta (U×V, x1, . . . , xn, y1, . . . , ym)di M ×M ′, e

g =n∑

i,j=1

gijdxi ⊗ dxj +

m∑a,b=1

gabdya ⊗ dyb.

(3) Siano M ed M ′ due varieta differenziabili e f : M −→M ′ un’immersione(cfr. Definizione 1.6.1). Data una metrica Riemanniana g′ su M ′, lametrica g = f∗g′ e una metrica Riemanniana su M , detta metricaindotta. Se M e una sottovarieta di M ′, ossia f e iniettiva, la coppia(M, g) prende il nome di sottovarieta Riemanniana di (M ′, g′).

Per esempio, la sfera

Sn(r) = (x1, . . . , xn) ∈ Rn /n∑i=1

(xi)2 = r2,

di raggio r ≥ 0, e una sottovarieta di Rn+1 e la metrica standard suSn(r) e la metrica indotta dalla metrica euclidea di Rn+1 (cfr. punto(1)). Si puo dimostrare che il gruppo delle isometrie di Sn coincide colgruppo ortogonale O(n+ 1).

(4) Sul toro Tn = S1 × · · · × S1︸ ︷︷ ︸n volte

si puo considerare la metrica Riemanniana

prodotto della metrica standard di S1 (indotta dalla metrica euclidea diR2). In questo caso, Tn prende il nome di toro piatto.

Esercizio.

2.1.1 Si consideri la sfera Sn(r) come sottovarieta di Rn+1. Si dia l’espres-sione in coordinate locali della metrica di Sn(r), indotta dalla metricaeuclidea di Rn+1.

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 67

2.2. Connessioni su varieta Riemanniane

E noto che in Rn ha senso parlare di derivata direzionale di un campotensoriale rispetto ad un campo vettoriale. Per poter estendere tale concettoad una varieta differenziabile qualsiasi e necessario considerare dei particolarioperatori, detti connessioni lineari, che hanno le stesse proprieta formalidella derivata direzionale.

Definizione 2.2.1. Una connessione lineare ∇ su una varieta diffe-renziabile M e un’applicazione

∇ : X(M)× X(M) −→ X(M), (X,Y ) 7→ ∇XY,

per cui valgono le seguenti proprieta(1) ∇ e F(M)–lineare rispetto ad X, ossia

∇fXY = f∇XY, X, Y ∈ X(M), f ∈ F(M).

(2) ∇ e una F(M)–derivazione rispetto ad Y , ossia

∇XfY = X(f)Y + f∇XY, X, Y ∈ X(M), f ∈ F(M).

L’operatore ∇X prende il nome di derivata covariante rispetto al campovettoriale X.

Esempi.

(1) SiaM = Rn. Dati i campi vettorialiX =∑n

i=1Xi ∂∂xi , Y =

∑nj=1 Y

j ∂∂xj ,

Xi, Y j ∈ F(Rn), l’applicazione ∇ definita da

∇XY =n∑i=1

X(Y i)∂

∂xi=

n∑i,j=1

Xj ∂Yi

∂xj∂

∂xi

e una connessione lineare che, in questo caso, coincide con la derivatadirezionale di Y rispetto ad X.

(2) Siano G un gruppo di Lie e g la sua algebra di Lie. Data un’applicazionebilineare ψ : g× g −→ g, poniamo

∇XY = ψ(X,Y ),

per ogni X,Y ∈ g, ed estendiamo la definizione di ∇ a tutti i campivettoriali su G mediante gli assiomi (1) e (2) della Definizione 2.2.1. Inquesto modo si ottiene una connessione lineare su G. Scelte particolaridi ψ individuano alcune importanti connessioni; ad esempio, se ψ eidenticamente nulla si ha la cosiddetta (−)connessione di Cartan-Schouten (cfr. [17], Vol. I, pag. 198).

Ritornando al caso generale, data una connessione lineare ∇ su unavarieta differenziabile M , si dimostrano i seguenti fatti.(1) Se U ⊆ M e un aperto, la restrizione di ∇XY ad U dipende solo dalle

restrizioni ad U di X e Y , vale a dire: considerati altri campi vettorialiX ′, Y ′ ∈ X(M) tali che X ′|U = X|U e Y ′|U = Y |U , allora (∇XY )|U =(∇X′Y ′)|U .

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68 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

(2) Assegnare una connessione lineare su M equivale ad assegnare unaconnessione su ogni aperto di un ricoprimento R di M , rispettandoopportune condizioni di compatibilita sull’intersezione degli aperti.

(3) Mediante la partizione dell’unita, si prova che ogni varieta differenziabileammette sempre infinite connessioni lineari.

Determiniamo l’espressione in coordinate locali del campo vettoriale∇XY . Se (U, x1, . . . , xn) e una carta locale su M , allora X =

∑ni=1X

i ∂∂xi ,

Y =∑n

j=1 Yj ∂∂xj , dove Xi, Y j ∈ F(U). Tenuto conto della Definizione 2.1,

si ha

∇XY = ∇X

n∑j=1

Y j ∂

∂xj

=n∑j=1

[X(Y j)

∂xj+ Y j∇X

∂xj

].

Dato che

∇X∂

∂xj=

n∑i=1

Xi∇ ∂

∂xi

∂xj,

il campo vettoriale ∇XY |U e noto quando sono noti i campi ∇ ∂

∂xi

∂∂xj . Posto

∇ ∂

∂xi

∂xj=

n∑k=1

Γkij∂

∂xk,

dove Γkij ∈ F(U), l’espressione in coordinate locali della connessione ∇ e

∇XY =n∑k=1

X(Y k) +n∑

i,j=1

ΓkijXiY j

∂xk.

Le funzioni Γkij sono le componenti locali della connessione sull’aperto U eprendono il nome di simboli di Christoffel. Se (V, y1, . . . , yn) e un’altracarta locale di M tale che U ∩ V 6= ∅, posto

∇ ∂∂ya

∂yb=

n∑c=1

Γcab∂

∂yc,

la relazione che intercorre tra le componenti locali Γkij e Γcab nei punti diU ∩ V e

n∑c=1

Γcab∂xk

∂yc=

∂2xk

∂ya∂yb+

n∑ij=1

Γkij∂xi

∂ya∂xj

∂yb.

Introduciamo ora due importanti campi tensoriali associati ad una con-nessione lineare.

Definizione 2.2.2. Sia ∇ una connessione lineare su una varieta dif-ferenziabile M . La torsione di ∇ e il campo tensoriale T di tipo (1, 2)definito da

T : X(M)× X(M) −→ X(M),

(X,Y ) 7→ T (X,Y ) = ∇XY −∇YX − [X,Y ].

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 69

La curvatura di ∇ e il campo tensoriale R di tipo (1, 3) dato da

R : X(M)× X(M)× X(M) −→ X(M),

(X,Y, Z) 7→ RXY Z = ∇[X,Y ]Z − [∇X ,∇Y ]Z.

Osservazioni.

(1) T ed R sono campi tensoriali per i quali valgono le seguenti proprieta diantisimmetria

T (X,Y ) = −T (Y,X), RXY Z = −RY XZ,per ogni X,Y, Z ∈ X(M).

(2) Il segno della curvatura nella Definizione 2.2.2 e quello adottato da J.Milnor ([19]) ed e opposto a quello scelto da S. Kobayashi e K. Nomizu([17]).

L’operazione di derivazione covariante puo essere estesa a campi tenso-riali di tipo qualsiasi. Tuttavia, per semplicita daremo la definizione solonel caso dei campi tensoriali che verranno usati in seguito.

Definizione 2.2.3. La derivata covariante di un campo tensoriale,rispetto ad un campo vettoriale X, e definita nel modo seguente

− se f ∈ F(M),∇Xf = X(f) = df(X);

− se α e un campo tensoriale di tipo (0, k), vale a dire un’applicazioneF(M)–multilineare

α : X(M)× · · · × X(M)︸ ︷︷ ︸k volte

−→ F(M),

allora

(∇Xα)(X1, . . . , Xk) = X(α(X1, . . . , Xk))−k∑i=1

α(X1, . . . ,∇XXi, . . . , Xk);

− se A e un campo tensoriale di tipo (1, k), cioe un’applicazione F(M)–multilineare

A : X(M)× · · · × X(M)︸ ︷︷ ︸k volte

−→ X(M)

allora

(∇XA)(X1, . . . , Xk) = ∇X(A(X1, . . . , Xk))

−k∑i=1

A(X1, . . . ,∇XXi, . . . , Xk),

dove X,X1, . . . , Xk ∈ X(M).Il differenziale covariante di un campo tensoriale e dato da

∇α(X;X1, . . . , Xk) = (∇Xα)(X1, . . . , Xk),

se α e un campo tensoriale di tipo (0, k), e da

∇A(X;X1, . . . , Xk) = (∇XA)(X1, . . . , Xk),

se A e un campo tensoriale di tipo (1, k).

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70 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Osservazioni.

(1) Se α e un campo tensoriale di tipo (0, k), ∇α e un campo tensoriale ditipo (0, k+1).

(2) Se A e un campo tensoriale di tipo (1, k), ∇A e un campo tensoriale ditipo (1, k+1).

Le dimostrazioni di queste proprieta sono lasciate per esercizio (Esercizio2.2.3).

Una connessione ∇ su una varieta Riemanniana (M, g) si dice metricase ∇g = 0. In base alla definizione precedente, cio equivale alla condizione

Xg(Y, Z) = g(∇XY, Z) + g(Y,∇XZ),

per ogni X,Y, Z ∈ X(M).

Teorema 2.2.4 (Lemma fondamentale della geometria Riemanniana).Su una varieta Riemanniana (M, g) esiste ed unica una connessione lineare∇ che sia(1) priva di torsione (T = 0, ovvero ∇XY −∇YX = [X,Y ], per ogni X,Y ∈

X(M)),(2) metrica.Tale connessione prende il nome di connessione di Levi Civita o con-nessione Riemanniana.

Dimostrazione. Cenno di dimostrazione Siano X,Y ∈ X(M). Defi-niamo ∇XY come l’unico campo vettoriale tale che

(∗) 2g(∇XY, Z) = Xg(Y, Z) + Y g(Z,X)− Zg(X,Y )

+ g([X,Y ], Z)− g([Y, Z], X) + g([Z,X], Y ),

per ogni Z ∈ X(M).Si noti che, essendo gp un prodotto scalare su ogni spazio tangente TpM ,

la definizione (*) e una buona definizione. Infatti, se gp(x,y) = gp(x′,y),per ogni y ∈ TpM , si ha gp(x − x′,y) = 0 e, poiche gp e non degenere, sideduce x − x′ = o, cioe x = x′. Si lascia per esercizio (Esercizio 2.2.4) ilprovare che la (*) definisce un’unica connessione lineare priva di torsione emetrica.

Osservazioni.

(1) I simboli di Christoffel di una connessione di Levi Civita verificano lacondizione

Γkij = Γkjiin quanto la torsione e nulla.

Mediante la relazione (*), e possibile esprimere i simboli di Christof-fel in funzione delle componenti locali della metrica

n∑l=1

Γlijglk =12

∂gjk∂xi

+∂gki∂xj

− ∂gij∂xk

.

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 71

(2) E immediato verificare che la connessione lineare ∇XY , definita nell’e-sempio (1) di pag. 67, coincide con la connessione di Levi Civita dellametrica euclidea gE di Rn. In questo caso, i simboli di Christoffel sonotutti nulli.

(3) Se ∇ e la connessione di Levi Civita di (M, g) e se f e un’isometria,allora

f∗(∇XY ) = ∇f∗Xf∗Y, X, Y ∈ X(M).In altri termini, ∇ e invariante per isometrie.

Esercizi.

2.2.1 Siano (U, x1, . . . , xn) e (V, y1, . . . , yn) due carte locali, ad intersezionenon vuota, di un atlante di una varieta differenziabile M . Si determinila relazione intercorrente tra le componenti locali di una connessionelineare ∇, definita su M , nei punti di U ∩ V .

2.2.2 Sia ∇ una connessione lineare su una varieta differenziabile M .(1) Verificare che la torsione T di ∇ e un campo tensoriale di tipo

(1, 2), antisimmetrico.(2) Verificare che la curvatura R di ∇ e un campo tensoriale di tipo

(1, 3), antisimmetrico rispetto ai primi due argomenti.

2.2.3 Sia α un campo tensoriale di tipo (0, k) definito su di una varietadifferenziabile M e sia ∇ una connessione lineare su M . Si provi che∇α e un campo tensoriale di tipo (0, k + 1). Si verifichi che, nel casodi un campo tensoriale A di tipo (1, k), ∇A e un campo tensoriale ditipo (1, k + 1).

2.2.4 Si completi la dimostrazione del Teorema 2.2.4.

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72 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

2.3. Tensori di curvatura

Siano (M, g) una varieta Riemanniana e ∇ la sua connessione di LeviCivita.

Definizione 2.3.1. Il tensore di curvatura Riemanniano e il campotensoriale di tipo (0, 4), denotato ancora con R, definito da

RXY ZW = g(RXY Z,W ),

per ogni X,Y, Z,W ∈ X (M) (il tensore R che compare a secondo membro ela curvatura di ∇, cfr. Definizione 2.2.2).

Proprieta 2.3.2. Il tensore di curvatura Riemanniano verifica le se-guenti proprieta:(1) RXY ZW = −RY XZW ,(2) RXY ZW = −RXYWZ ,(3) RXY ZW = RZWXY ,(4) SXY Z RXY ZW = 0, (Prima identita di Bianchi),(5) SXY Z (∇XR)Y ZWU = 0, (Seconda identita di Bianchi),

per ogni X,Y, Z,W,U ∈ X (M) (SXY Z denota la somma rispetto alle per-mutazioni cicliche di X,Y, Z).

La dimostrazione viene lasciata come esercizio (Esercizio 2.3.1).

Osservazioni.

(1) Il tensore di curvatura R della connessione di Levi Civita e invarianteper isometrie, vale a dire

f∗(RXY Z) = Rf∗Xf∗Y f∗Z,

per ogni X,Y, Z ∈ X (M) e per ogni isometria f di (M, g). Se M hadimensione 2, questo risultato e noto come Teorema Egregium di Gauss.

(2) Le derivate covarianti successive ∇mR del tensore di curvatura sonoanch’esse invarianti per isometrie.

(3) Il fatto che R sia un campo tensoriale implica che R individua un tensoresu ogni spazio tangente TpM,p ∈M . Infatti, se x,y, z,w ∈ TpM , posto

Rxyzw = (RXY ZW )p,

dove X,Y, Z,W ∈ X (M) sono campi qualsiasi tali che Xp = x, Yp = y,Zp = z, Wp = w, si controlla che il valore di Rxyzw non dipende dallascelta dei campi X,Y, Z,W .

Definizione 2.3.3. Siano (M, g) una varieta Riemanniana e p un suopunto. Si consideri un sottospazio π di dimensione 2 dello spazio tangenteTpM . La curvatura sezionale K del piano π e definita da

Kxy =Rxyxy

‖x‖2‖y‖2 − g(x,y)2,

dove (x,y) e un base di π.

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 73

Osservazioni.

(1) Per la disuguglianza di Cauchy–Schwartz, il denominatore di Kxy non emai nullo. Questo non e piu vero per le metriche pseudo–Riemanniane.In tal caso, nella definizione di curvatura sezionale si considerano solobasi per le quali il denominatore non e nullo.

(2) La curvatura sezionale non dipende dalla base scelta. Infatti, se π e unpiano vettoriale di TpM e se (x,y) e (u,v) sono due basi qualsiasi di π,allora

Kxy = Kuv

(cfr. Esercizio 2.3.3). Si noti che se (x,y) e una base ortonormale di π,allora Kxy = Rxyxy.

(3) La curvatura sezionale determina completamente il tensore di curvaturaRiemanniano. Piu precisamente, posto K(X,Y ) = RXYXY , si ha

RXY ZW =16[K(X + Z, Y +W )−K(X +W,Y + Z)

−K(X,Y +W )−K(Z, Y +W )−K(Y,X + Z)

+K(X,Y + Z)−K(W,X + Z) +K(W,Y + Z)

+K(Y,X +W ) +K(Z,X +W ) +K(Y, Z)

+K(X,W )−K(Y,W )−K(X,Z)],

per ogni X,Y, Z,W ∈ X(M). Si noti che, conosciuto il valore dellacurvatura sezionale K in ogni punto di M , allora e noto K(X,Y ), perogni X,Y ∈ X(M).

Definizione 2.3.4. Sia (M, g) una varieta Riemanniana e sia R il ten-sore di curvatura Riemanniano. La curvatura di Ricci ρ e la curvaturascalare τ sono definite nel modo seguente

ρ(X,Y ) =n∑i=1

RXEiY Ei , X, Y ∈ X (M),

τ =n∑i=1

ρ(Ei, Ei),

dove (E1, E2, . . . , En) e un riferimento ortonormale locale.

Osservazioni.

(1) Non e difficile verificare che le definizioni di ρ e τ non dipendono dalriferimento ortonormale locale.

(2) La curvatura di Ricci e un campo tensoriale di tipo (0, 2) simmetrico,vale a dire

ρ(X,Y ) = ρ(Y,X), X, Y ∈ X (M).

La curvatura scalare e una funzione differenziabile a valori reali, ossiaτ ∈ F(M).

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74 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Esempi.

1) Se g e una qualsiasi metrica su Rn tale che g(∂∂xi ,

∂∂xj

)sia costante per

ogni i, j = 1, . . . , n (si ricordi che (x1, . . . , xn) e un sistema di coordinategobali su Rn), la curvatura Riemanniana di g e nulla.

2) La curvatura di una varieta Riemanniana di dimensione 1 e sempreidenticamente nulla.

3) Se M e una varieta Riemanniana di dimensione 2, in ogni punto p ∈M vie una sola curvatura sezionale, che coincide con la curvatura Gaussiananel caso delle superfici di R3. Piu precisamente, si puo pensare alla curva-tura sezionale come ad una funzione K : M −→ R, p 7→ K(p) = Ruvuv,dove (u,v) e una base ortonormale di TpM . Determiniamo l’espressioneRxyzw con x,y, z,w ∈ TpM . Posto

x = au + bv, y = cu + dv, z = eu + fv, w = gu + hv,

con a, b, c, d, e, f, g, h ∈ R, si ha

Rxyzw = (ad− bc)(eh− fg)K(p)

= [(ae+ bf)(cg + dh)− (ag + bh)(ce+ df)]K(p)

= K(p)[g(x, z)g(y,w)− g(x,w)g(y, z)],

ossia, in termini di campi vettoriali

RXY ZW = K[g(X,Z)g(Y,W )− g(X,W )g(Y, Z)],

per ogniX,Y, Z,W ∈ X (M). Si noti che la curvatura sezionale determinacompletamente la curvatura, come e gia stato osservato in precedenza.

Consideriamo, ora, una classe particolarmente importante di varietaRiemanniane.

Definizione 2.3.5. Una varieta Riemanniana M ha curvatura sezionalepuntualmente costante se, in ogni punto p ∈M , K(π1) = K(π2), per ognicoppia di piani π1 e π2 di TpM . Questo valore della curvatura sezionale (chedipende solo da p) sara indicato con K(p).

Se M ha curvatura sezionale puntualmente costante e se la funzioneK : M −→ R, p 7−→ K(p), e costante, si dice che M e a curvaturasezionale costante, oppure a curvatura costante.

Contrariamente al caso delle superfici, le due definizioni precedenti coin-cidono per le varieta Riemanniane aventi dimensione maggiore di 2. Infattivale il

Teorema 2.3.6 (Schur). Sia M una varieta Riemanniana di dimensionen con n ≥ 3. Se M e a curvatura sezionale puntualmente costante allora ea curvatura sezionale costante.

Osservazioni.(A) Le varieta Riemanniane (M, g) a curvatura sezionale costante K,

connesse, semplicemente connesse e complete (nel senso che M e uno spaziometrico completo rispetto alla distanza indotta da g), sono classificate in treclassi. Piu precisamente:

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 75

(1) se K > 0, (M, g) e isometrica alle sfera Sn(r), di raggio r = 1√K

, dotatadella metrica indotta dalla metrica euclidea di Rn+1.

(2) Se K = 0, (M, g) e isometrica ad Rn con la metrica euclidea.(3) Se K < 0, (M, g) e isometrica al semispazio di Poincare

Hn(r) = (u1, . . . , un) ∈ Rn / u1 > 0,con metrica

g =r2

(u1)2((du1)2 + ...+ (dun)2),

dove r = 1√−K .

Se vengono omesse le ipotesi topologiche (semplice connessione e com-pletezza) la classificazione e solo locale.

(B) Il semispazio di Poincare Hn ha anche la struttura di gruppo di Liedove il prodotto e dato da

(x1, . . . , xn)(y1, . . . , yn) = (x1y1, x1y2 + x2, . . . , x1yn + xn).

Si osservi che Hn e un gruppo di Lie risolubile ed e prodotto semidiretto diR− 0 e Rn−1.

Una caratteristica notevole delle varieta Riemanniane a curvatura co-stante e quella di avere lo stesso tensore di curvatura delle varieta bidimen-sionali.

Proprieta 2.3.7. Sia M una varieta Riemanniana a curvatura se-zionale costante K. Allora il tensore di curvatura Riemanniano e datoda

RXY ZW = K[g(X,Z)g(Y,W )− g(X,W )g(Y, Z)].per ogni X,Y, Z,W ∈ X (M).

Definizione 2.3.8. Una varieta Riemanniana (M, g) si dice varieta diEinstein se il tensore di Ricci ρ e multiplo di g, ossia se esiste una funzioneλ ∈ F(M) tale che

ρ(X,Y ) = λg(X,Y ),per ogni X,Y ∈ X (M).

Anche in questo caso, si dimostra che

Proprieta 2.3.9. Sia (M, g) una varieta di Einstein. Se dimM ≥ 3allora λ e una funzione costante.

Si osservi che ogni varieta Riemanniana di dimensione 2 e di Einstein,ma λ non e necessariamente costante.

Lo studio delle varieta di Einstein riveste una grande importanza nel-l’ambito della geometria Riemanniana. Per un’esposizione dettagliata deiprincipali risultati si veda la monografia di A. L. Besse [4].

Nel caso particolare delle metriche di Lorentz, le varieta di Einsteinhanno un ruolo fondamentale nella teoria della Relativita Generale.

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76 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Proprieta 2.3.10. Se (M, g) e una varieta Riemanniana di dimensionen, a curvatura sezionale costante K, il tensore di Ricci ρ e la curvaturascalare τ hanno le seguenti espressioni

ρ(X,Y ) = (n− 1)Kg(X,Y ), X, Y ∈ X (M),

τ = n(n− 1)K.

In particolare, ogni varieta a curvatura sezionale costante e di Einstein.

Osservazione. Si puo provare ([17] vol. I, pag. 293) che se una varietaRiemanniana (M, g) ha dimensione 3 ed e di Einstein allora e a curvaturasezionale costante. Infatti, si dimostra che

RXY ZW = g(X,Z)ρ(Y,W ) + g(Y,W )ρ(X,Z)− g(X,W )ρ(Y, Z)

− g(Y, Z)ρ(X,W )− τ

2g(X,Z)g(Y,W )− g(X,W )g(Y, Z)

e, quindi, il tensore di Ricci determina completamente la curvatura. Per-tanto, la ricerca delle varieta di Einstein diventa interessante solo quando ladimensione e almeno 4.

Esercizi.

2.3.1 Dimostrare la Proprieta 2.3.2.

2.3.2 Siano ρ il tensore di Ricci e τ la curvatura scalare di una varietaRiemanniana (M, g). Si provi che

(i) ρ e un campo tensoriale di tipo (0, 2) simmetrico;(ii) le definizioni di ρ e τ non dipendono dalla scelta del riferimento

ortonormale locale.

2.3.3 Dimostrare l’affermazione contenuta nell’osservazione (2) di pag. 73.

2.3.4 Siano (M1, g1) e (M2, g2) due varieta Riemanniane. Considerata lavarieta M = M1 ×M2 dotata della metrica prodotto g = g1 × g2 (cfr.l’esempio (2) di pag. 65), determinare la relazione che intercorre tra laconnessione di Levi Civita di g e le connessioni di Levi Civita di g1 e g2.Trovare le analoghe relazioni tra i tensori di curvatura Riemanniani,le curvature di Ricci e le curvature scalari.

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 77

2.4. Equazioni di struttura di Cartan

Ricordiamo che una p–forma differenziale e una applicazione F(M)–lineare

θ : X (M)× · · · × X (M)︸ ︷︷ ︸p volte

−→ F(M)

che e anche antisimmetrica rispetto a tutti i suoi argomenti, cioe

θ(X1, . . . , Xi, . . . , Xj , . . . , Xp) = −θ(X1, . . . , Xj , . . . , Xi, . . . , Xp).

Lo spazio vettoriale delle p–forme differenziali su M viene solitamente indi-cato con Λp(M). Si noti che Λ0(M) = F(M) e Λ1(M) = X (M).

Se θ ∈ Λp(M) e ω ∈ Λs(M), il prodotto esterno di θ e ω e la (p+s)–forma θ ∧ ω definita da

(θ ∧ ω)(X1, . . . , Xp+s) =1

(p+ s)!

∑σ∈P

ε(σ)θ(Xσ(1), ..., Xσ(p))ω(Xσ(p+1), . . . , Xσ(p+s)),

dove P denota l’insieme delle permutazioni di 1, . . . , p+s e ε(σ) e il segnodella permutazione σ.

In particolare, se θ, ω ∈ Λ1(M), allora

(θ ∧ ω)(X,Y ) =12(θ(X)ω(Y )− θ(Y )ω(X)), X, Y ∈ X (M).

Il differenziale esterno e l’applicazione

d : Λp(M) −→ Λp+1(M),

definita da

dα(X1, . . . , Xp+1) =1

p+ 1

p+1∑i=1

(−1)i+1Xiα(X1, . . . , Xi, . . . , Xp+1)

+∑

1≤i<j≤p+1

(−1)i+jα([Xi, Xj ], X1, . . . , Xi, . . . , Xj , . . . , Xp+1)

,

dove ˆ significa che il relativo campo vettoriale deve essere omesso.In particolare, se α ∈ Λ1(M) e β ∈ Λ2(M), si ha:

dα(X,Y ) =12Xα(Y )− Y α(X)− α([X,Y ]) ,

dβ(X,Y, Z) =13SXY Z Xβ(Y, Z)− β([X,Y ], Z) ,

per ogniX,Y, Z ∈ X (M) (SXY Z denota la somma rispetto alle permutazionicicliche di X,Y, Z).

Il differenziale esterno e caratterizzato dalle seguenti proprieta (per ladimostrazione si veda [5], pag. 218).

Teorema 2.4.1. Il differenziale esterno e l’unica applicazione R–lineared : Λp(M) −→ Λp+1(M) che verifica le seguenti proprieta:(1) df(X) = X(f), per ogni f ∈ Λ0(M) e X ∈ Λ1(M);(2) d2 = d d = 0;

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(3) se θ ∈ Λp(M) e ω ∈ Λs(M), allora d(θ ∧ ω) = dθ ∧ ω + (−1)p θ ∧ dω.

Osservazione. Nel caso in cui f, g ∈ Λ0(M), la terza proprieta del Teo-rema 2.4.1 corrisponde esattamente alla regola di Leibnitz per la derivazionedel prodotto di funzioni.

Il seguente risultato di algebra multilineare e necessario per alcune di-mostrazioni successive.

Lemma 2.4.2 (di Cartan). Sia V uno spazio vettoriale di dimensione nsu un campo K e siano ω1, . . . , ωp ∈ V ∗ (spazio vettoriale duale di V ) delle1–forme linearmente indipendenti. Se ϕ1, . . . , ϕp ∈ V ∗ sono 1-forme tali che

p∑α=1

ϕα ∧ ωα = 0,

allora esistono degli scalari aαβ ∈ K per cuiϕα =

∑pβ=1 aαβω

β

aαβ = aβα.

Dimostrazione. Completiamo l’insieme (ω1, . . . , ωp) in modo da otte-nere una base (ω1, . . . , ωp, ωp+1, . . . , ωn) di V ∗ e poniamo ϕα =

∑ni=1 aαi ω

i.Dato che le 2–forme (ωi∧ωj , 1 ≤ i < j ≤ n) individuano una base di Λ2V ∗,dalla relazione

0 =p∑

α=1

ϕα ∧ ωα =∑

1≤α<β≤p(aαβ − aβα)ωβ ∧ ωα +

p∑α=1

n∑i=p+1

aαiωi ∧ ωα,

si deduce aαβ = aβα e aαi = 0.

Sia (M, g) una varieta Riemanniana di dimensione n. Si consideri unriferimento ortonormale locale (E1, . . . , En) definito su un aperto U ⊆ M .In altre parole, (E1|p, . . . , En|p) e una base ortonormale di TpM , per ognip ∈ U . Sia (θ1, . . . , θn) il riferimento duale, ossia tale che θi(Ej) = δij . Intal caso, θi(X) = g(X,Ei) e l’i-esima componente locale del campo X e sipuo scrivere X =

∑ni=1 g(X,Ei)Ei.

Sia ∇ la connessione di Levi Civita. Posto ∇EiEj =∑n

k=1 ΓkijEk, doveΓkij sono le componenti locali di ∇ rispetto al riferimento scelto (le Γkij nonsono, in generale, simmetriche rispetto agli indici inferiori), consideriamo le1–forme

ωij =n∑k=1

Γikjθk, i, j = 1, . . . , n.

Si noti che, per ogni campo vettoriale X ∈ X (U),

ωij(X) =n∑k=1

Γikjθk(X) = θi(∇XEj) = g(∇XEj , Ei).

Le ωij sono dette 1−forme locali della connessione ∇. E’ chiaro che leωij determinano completamente la connessione ∇.

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 79

Le 2−forme locali di curvatura Ωij , i, j = 1, . . . , n, sono definite nel

modo seguente

2Ωij(X,Y ) = −θi(RXYEj), X, Y ∈ X (U).

A questo punto, possiamo enunciare il seguente Teorema che rappresenta laversione in termini di forme differenziali del Teorema 2.1.

Teorema 2.4.3 (Cartan). Sia (E1, . . . , En) un riferimento ortonormalelocale su una varieta Riemanniana (M, g) di dimensione n e sia (θ1, . . . , θn)il riferimento duale. Valgono le seguenti equazioni di struttura di Cartan:

dθi = −∑n

j=1 ωij ∧ θj

ωij + ωji = 0,(1)

Ωij = dωij +

∑nk=1 ω

ik ∧ ωkj

Ωij + Ωj

i = 0.(2)

Inoltre, le 1–forme ωij che verificano le equazioni (1) sono uniche.

La dimostrazione di questo teorema consiste in una semplice verifica ede lasciata come esercizio (Esercizio 2.4.1). Si noti che, per provare l’uni-cita delle forme di connessione, e necessario usare il lemma di Cartan (cfr.Lemma 2.4.2).

Nel seguito, ci si riferira al sistema (1) (rispettivamente, al sistema (2))col nome collettivo di prima (rispettivamente, di seconda) equazione distruttura.

Come si vedra nell’esempio seguente, le equazioni di struttura fornisconoil metodo piu comodo per determinare il tensore di curvatura di una varietaRiemanniana.

Esempio.Sia S2(r) la sfera, di centro l’origine e raggio r, in R3. Consideriamo

la carta locale (S2(r) − S, ϕ) = (S2(r) − S, u1, u2), costruita mediante laproiezione stereografica dal “polo sud S. Rispetto alle coordinate ui, lametrica g, indotta dalla metrica euclidea di R3, ha l’espressione

g =4r4

(r2 + ‖u‖2)2(du1 ⊗ du1 + du2 ⊗ du2),

dove ‖u‖2 = (u1)2 + (u2)2. Una base ortonormale locale per le 1–forme suS2(r) e data da

θ1 =2r2

r2 + ‖u‖2du1, θ2 =

2r2

r2 + ‖u‖2du2.

Poiched(‖u‖2) = 2(u1du1 + u2du2),

si trova

dθ1 = 2r2[− 1

(r2 + ‖u‖2)2(2u1du1 + 2u2du2)

]∧ du1

= − 4r2

(r2 + ‖u‖2)2u2du2 ∧ du1 = − 1

r2u2θ2 ∧ θ1.

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80 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Analogamente, si ottiene

dθ2 = − 1r2u1θ1 ∧ θ2.

Allo scopo di determinare le 1–forme di connessione, si ponga ω12 = aθ1+bθ2.

Dalla prima equazione di struttura, si deduce− 1r2u2θ2 ∧ θ1 = (−aθ1 − bθ2) ∧ θ2

− 1r2u1θ1 ∧ θ2 = (aθ1 + bθ2) ∧ θ1,

da cui si ottienea = − 1

r2u2, b =

1r2u1

e quindi

ω12 = − 1

r2u2θ1 +

1r2u1θ2 =

1r2

(u1θ2 − u2θ1).

Calcolato il differenziale di ω12, dalla seconda equazione di struttura si ricava

Ω12 =

1r2θ1 ∧ θ2,

da cui si vede che la curvatura Gaussiana di S2(r) vale proprio 1r2

, come cisi aspettava.

Esercizi.

2.4.1 Dimostrare il Teorema 2.4.3.

2.4.2 Determinare la curvatura sezionale della metrica

ds2 =dx2 + dy2

y2,

definita sul semipiano di Poincare

R2+ = (x, y) ∈ R2/y > 0.

2.4.3 Si consideri la famiglia di metriche Riemanniane su R3

ds2 = Adx2 +Bdy2 + C(dz − ydx)2, A,B,C ∈ R+.

((x, y, z): coordinate standard di R3). Determinare il tensore di cur-vatura Riemanniana, la curvatura di Ricci e la curvatura scalare perciascuna di tali metriche.

2.4.4 Si consideri la seguente metrica Riemanniana su(R4)+ = (x1, x2, x3, x4) ∈

R4 / x1 > 0 (detta metrica di Willmore):

ds2 = (x1)4(dx21 + dx2

2 + dx23) + x−2

1 dx24.

Dimostrare che tale metrica e Ricci–piatta (ossia ρ = 0), nonostanteche il tensore di curvatura Riemanniano non sia nullo.

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Capitolo 2 – Richiami di geometria Riemanniana 81

2.5. Geodetiche e teorema di Myers

Sia M una varieta differenziabile dotata di una connessione lineare ∇.Si puo provare che, dati i campi vettoriali X,Y ∈ X (M) e fissato un puntop ∈ M , il vettore (∇XY )p dipende solo da Xp e dai valori del campo Y inun intorno di p. Piu precisamente, vale la

Proprieta 2.5.1. Siano X ∈ X (M) e α : (a, b) ⊆ R −→ M la suacurva integrale passante per p ∈ M . Se Y, Y ′ ∈ X (M) sono due campi checoincidono lungo α, ossia tali che Yα(t) = Y ′

α(t) per ogni t ∈ (a, b), allora

(∇XY )p = (∇XY′)p.

In altri termini, (∇XY )p dipende solo dal valore di Y lungo la curva α.

In base alla proprieta precedente, si puo introdurre la nozione di deri-vata covariante di un campo vettoriale lungo una curva. Data una curvaα : (a, b) ⊆ R −→M e un campo vettoriale Y lungo α, si definisce

∇α(t)Y = (∇X Y )α(t),

dove X, Y sono campi qualsiasi tali che Xα(t) = α(t) e Yα(t) = Yα(t). Hasenso, quindi, la seguente

Definizione 2.5.2. Un campo vettoriale X si dice parallelo (rispetto a∇) lungo una curva α : (a, b) ⊆ R −→M se

∇α(t)X = 0, per ogni t ∈ (a, b).

Mediante questa definizione si perviene al concetto di geodetica.

Definizione 2.5.3. Una curva α : (a, b) −→ M si dice autoparallelase il campo tangente α(t) e parallelo lungo α, vale a dire se

∇α(t)α(t) = 0 per ogni t ∈ (a, b).

Le geodetiche di una varieta Riemanniana sono le curve autoparallele ri-spetto alla connessione di Levi Civita.

Elenchiamo, ora, alcune proprieta delle geodetiche.(1) Siano M e N due varieta Riemanniane, f : M −→ N un’isometria e

α : (a, b) ⊆ R −→ M una geodetica. Anche la curva γ = f α e unageodetica di N .

(2) Se una curva ω : [a, b] ⊆ R −→ M e parametrizzata mediante l’ascissacurvilinea (cfr. pag. 64) e ha lunghezza minore di ogni curva che unisceω(a) con ω(b), allora ω e una geodetica. Per esempio, le geodetiche diRn e Sn sono, rispettivamente, le rette ed i cerchi massimi.

(3) SiaM una varieta differenziabile dotata di una connessione lineare∇. Lecurve autoparallele sono soluzioni di un sistema di equazioni differenzialiordinarie del secondo ordine. Poiche tali soluzioni sono uniche, una voltafissate le condizioni iniziali, per ogni vettore v ∈ TpM , esiste una solacurva autoparallela γU : I −→M (I ⊆ R intervallo aperto contenente 0)tale che:

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i) γU (0) = p, ˙γU (0) = v;ii) γU e massimale, ossia non e la restrizione ad I di un’altra autopa-

rallela definita su un’intervallo contenente propriamente I.

Definizione 2.5.4. Una varieta Riemanniana (M, g) si dice comple-ta se e possibile estendere ogni geodetica α : (a, b) ⊆ R −→ M ad unaapplicazione α : R −→M .

Osservazione. Si prova che questa definizione di completezza e equi-valente all’usuale concetto di completezza per gli spazi metrici, vale a direche ogni successione di Cauchy e convergente.

La completezza di una varieta Riemanniana e legata alla sua topologia,infatti vale il

Teorema 2.5.5. Ogni varieta Riemanniana compatta e completa.

D’altra parte, vi sono molte varieta Riemanniane complete ma non com-patte. Tuttavia, mediante opportune ipotesi sulla curvatura, si puo, in uncerto senso, invertire il teorema 5.2.

Teorema 2.5.6 (Myers). Sia (M, g) una varieta Riemanniana completa.Supponiamo che esista un numero reale positivo δ tale che, per ogni p ∈Me per ogni vettore unitario x ∈ TpM , si abbia

ρ(x,x) > δ

(ossia la curvatura di Ricci e “sufficientemente positiva”). Allora M ecompatta ed il suo gruppo fondamentale π1(M) e finito.

Osservazione. Il fatto che π1(M) sia finito e una conseguenza dellacompattezza di M . Infatti, il rivestimento universale π : M −→ M puoessere dotato (usando le trivializzazioni di π) di una metrica che rende πun’isometria locale. Applicando il Teorema di Myers a M , si ottiene che Me compatto. La fibra π−1(p) di un punto p ∈M e un sottospazio discreto e,quindi, finito di M . Infine, e noto che π−1(p) e in biiezione con π1(M) (cfr.§A.3).

In seguito vedremo, come importante conseguenza del teorema di Myers,che il rivestimento universale di un gruppo di Lie semisemplice e compattoe compatto.

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CAPITOLO 3

Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie

Lo scopo di questo capitolo e lo studio delle metriche invarianti a sinistrasui gruppi di Lie e delle loro principali proprieta.

La Bibliografia su tali argomenti non e molto estesa. A parer nostro,l’articolo che, meglio di ogni altro, ne riassume i principali risultati e quellodi J. Milnor [19], a cui si fara costantemente riferimento nel corso di tuttoil capitolo.

3.1. Metriche invarianti a sinistra e metriche biinvarianti

Tra tutte le metriche Riemanniane che possono essere definite su di ungruppo di Lie, hanno una particolare importanza quelle che sono collegateal prodotto del gruppo.

Definizione 3.1.1. Una metrica Riemanniana g su un gruppo di Lie Gsi dice invariante a sinistra se, per ogni a ∈ G, la traslazione sinistra Lae un’isometria di (G, g).

Osservazioni.

(1) Dalla definizione precedente segue che g e invariante a sinistra se e solose

ga(Xa, Ya) = ga((La)∗|eXe, (La)∗|eYe)

= (La)∗ge(Xe, Ye) = ge(Xe, Ye),

per ogni a ∈ G e per ogni X,Y ∈ g, algebra di Lie di G. In altri termini,g e invariante a sinistra se e solo se la funzione g(X,Y ) e costante, perogni coppia di campi invarianti a sinistra X e Y .

(2) Per quanto si e appena visto, non e difficile provare che esiste una corri-spondenza biunivoca tra l’insieme delle metriche invarianti a sinistra suG e l’insieme dei prodotti scalari di g.

(3) Si possono definire, in modo ovvio, le metriche invarianti a destra: essehanno proprieta del tutto speculari a quelle invarianti a sinistra.

Esempio. Consideriamo il gruppo di Heisenberg

He =

1 x z

0 1 y0 0 1

, x, y, z ∈ R

⊆ GL(3,R),

la cui algebra di Lie e

he =

0 α γ

0 0 β0 0 0

, α, β, γ ∈ R

⊆ gl(3,R).

83

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84 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Determiniamo una base per lo spazio vettoriale delle 1–forme invarianti asinistra su He. Considerati due elementi

A =

1 a12 a13

0 1 a23

0 0 1

, B =

1 b12 b130 1 b230 0 1

di He, si ha

LAB = AB =

1 a12 + b12 b13 + a12b23 + a13

0 1 a23 + b230 0 1

.

Se (x, y, z) sono le funzioni coordinate globali su He, si trova

x(LAB) =a12 + b12 = x(B) + a12,

y(LAB) =a23 + b23 = y(B) + a23,

z(LAB) =b13 + a12b23 + a13 = z(B) + y(B)a12 + a13,

ossia

x LA =x+ a12,

y LA =y + a23,

z LA =z + ya12 + a13.

Dalle espressioni precedenti si deduce

L∗A(dx) = d(x LA) = dx,

L∗A(dy) = d(y LA) = dy,

L∗A(dz) = d(z LA) = dz + a12dy.

Di conseguenza, le 1–forme dx e dy sono invarianti a sinistra su He, mentrequesto non succede per dz. Ma

L∗A(dz − xdy) = L∗A(dz)− (x LA)L∗A(dy)

= dz + a12dy − (x+ a12)dy = dz − xdy

e, quindi, dz−xdy e una 1–forma invariante a sinistra. Si vede facilmente che(dx, dy, dz − xdy) e una base dello spazio vettoriale delle 1–forme invariantia sinistra sul gruppo di Heisenberg. Un semplice calcolo mostra che la baseduale e data da

E1 =∂

∂x, E2 =

∂y+ x

∂z, E3 =

∂z.

E evidente che

ds2 = dx2 + dy2 + (dz − xdy)2

e una metrica invariante a sinistra su He e che (E1, E2, E3) e un riferimentoortonormale globale. Usando le equazioni di struttura di Cartan (cfr. § 2.4),determiniamo la curvatura del gruppo di Heisenberg. Posto

θ1 = dx, θ2 = dy, θ3 = dz − xdy,

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 85

la prima equazione di struttura di Cartan si traduce nel sistema0 = −ω1

2 ∧ θ2 − ω13 ∧ θ3

0 = ω12 ∧ θ1 − ω2

3 ∧ θ3

−θ1 ∧ θ2 = ω13 ∧ θ1 − ω2

3 ∧ θ2,

le cui soluzioni (necessariamente uniche) sono date da

ω12 =

12θ3, ω1

3 =12θ2, ω2

3 = −12θ1.

Dalla seconda equazione di struttura si ricavano le forme di curvatura

Ω12 = −3

4θ1 ∧ θ2, Ω1

3 =14θ1 ∧ θ3, Ω2

3 =14θ2 ∧ θ3,

da cui si ottiene che le componenti non nulle del tensore di curvatura Rie-manniano sono date da

R1212 = −34, R1313 =

14, R2323 =

14,

dove si e posto Rijhk = REiEjEhEk. La curvatura di Ricci di He e data da

(ρij = ρ(Ei, Ej))

ρ11 = −12, ρ12 = ρ23 = ρ13 = 0, ρ22 = −1

2, ρ33 =

12.

La curvatura scalare vale τ = −12 .

La connessione di Levi Civita ed il tensore di curvatura di una metricaRiemanniana invariante a sinistra hanno delle espressioni particolarmentesemplici.

Proprieta 3.1.2. Sia G un gruppo di Lie dotato di una metrica inva-riante a sinistra g. La connessione di Levi Civita ∇ su G e univocamentedeterminata da

2g(∇XY, Z) = g([X,Y ], Z)− g([Y, Z], X) + g([Z,X], Y ), X, Y, Z ∈ g.

Dimostrazione. Dalla definizione di connessione di Levi Civita (cfr.Teorema 2.2.4), si ha

2g(∇XY, Z) = Xg(Y, Z) + Y g(Z,X)− Zg(X,Y )

+ g([X,Y ], Z)− g([Y, Z], X) + g([Z,X], Y ), X, Y, Z ∈ g.

Essendo g invariante a sinistra, g(X,Y ) e costante in ogni punto, per ogniX,Y ∈ g, quindi Xg(Y, Z) = Y g(Z,X) = Zg(X,Y ) = 0, da cui la tesi.

Si osservi che la Proprieta 3.1.2 determina completamente il valore di ∇in corrispondenza a campi vettoriali qualsiasi.

Introduciamo l’applicazione bilineare simmetrica

U : g× g −→ g

cosı definita:

2g(U(X,Y ), Z) = g([Z, Y ], X) + g([Z,X], Y ), X, Y ∈ g.

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86 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Dalla Proprieta 3.1.2 si deduce che

∇XY =12[X,Y ] + U(X,Y )

eRXY Z = ∇[X,Y ]Z − [∇X ,∇Y ]Z,

per ogni X,Y, Z ∈ g. Con semplici calcoli si trova

RXYXY = −34‖[X,Y ]‖2 − 1

2g([X, [X,Y ]], Y )(∗)

− 12g([Y, [Y,X]], X) + ‖U(X,Y )‖2 − g(U(X,X), U(Y, Y )),

per ogni X,Y ∈ g.

In generale, le traslazioni destre non sono isometrie rispetto ad una me-trica invariante a sinistra. Le metriche che godono anche di questa proprietasono particolarmente importanti.

Definizione 3.1.3. Una metrica Riemanniana su un gruppo di Lie sidice biinvariante se le traslazioni destre e sinistre sono isometrie.

Vediamo di trovare delle condizioni equivalenti alla definizione preceden-te. Sia g una metrica invariante a sinistra su un gruppo di Lie G. Allora,per ogni a ∈ G, si ha

(Ra−1)∗g = (Ra−1)∗(La)∗g = (Ra−1 La)∗g = (Ia)∗g

dove (Ia) e l’automorfismo interno corrispondente all’elemento a ∈ G (cfr.pag. 6). Pertanto, le traslazioni destre sono isometrie se e solo se, per ognia ∈ G,

(Ia)∗g(X,Y ) = g((Ia)∗X, (Ia)∗Y ) = g(X,Y ), X, Y ∈ g.

Tenuto conto che (Ia)∗ = Ad(a) (cfr. § 1.8), si puo concludere che unametrica Riemanniana g e biinvariante se e solo se

g(Ad(a)X,Ad(a)Y ) = g(X,Y ), X, Y ∈ g,

per ogni a ∈ G. In altri termini, g deve essere invariante rispetto allarappresentazione aggiunta.

Sia g una metrica biivariante su un gruppo di Lie G. Ricordato cheAd∗ = ad e Ad(expG tX) = etadX , t ∈ R (Teorema 1.8.3), si ha

g(Y, Z) = g(Ad(expG tX)Y,Ad(expG tX)Z)

= g(etadXY, etadXZ), X, Y, Z ∈ g, t ∈ R,

ovvero, per definizione di esponenziale di un’applicazione lineare (vedi pag.13)

g(Y, Z) = g(Y + tadXY +O(t2), Z + tadXZ +O(t2))

= g(Y, Z) + tg([X,Y ], Z) + g(Y, [X,Z])+O(t2).

Quindi, se g e biivariante, vale la condizione

g([X,Y ], Z) + g(Y, [X,Z]) = 0,

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 87

per ogni X,Y, Z ∈ g, che equivale a

g(adXY, Z) + g(Y, adXZ) = 0, X, Y, Z ∈ g.

Se G e connesso, e noto che G e generato da ogni intorno dell’elementoneutro (cfr. Teorema 1.4.4) e, pertanto, la condizione precedente e anchesufficiente affinche g sia una metrica biinvariante. Abbiamo cosı provato il

Teorema 3.1.4. Sia G un gruppo di Lie connesso. Una metrica g su Ge biinvariante se e solo se

g(adXY, Z) + g(Y, adXZ) = 0,

per ogni X,Y, Z ∈ g.

Determiniamo, ora, la connessione di Levi Civita e le varie curvature,nel caso di una metrica biinvariante.

Teorema 3.1.5. Sia G un gruppo di Lie dotato di metrica biinvarianteg. Allora

(1) ∇XY = 12 [X,Y ],

(2) RXY Z = 14 ad[X,Y ](Z) = 1

4

[[X,Y ], Z

],

(3) RXY ZW = 14g([X,Y ], [Z,W ]),

(4) KXY = 14

‖[X,Y ]‖2‖X‖2‖Y ‖2−g(X,Y )2

,

(5) ρ(X,Y ) = −14B(X,Y ),

(6) ∇XR = 0,

per ogni X,Y, Z,W ∈ g. ∇ indica la connessione di Levi Civita, R il tensoredi curvatura Riemanniana, K la curvatura sezionale, ρ il tensore di Ricci eB la forma di Killing dell’algebra di Lie g.

La dimostrazione consiste in semplici calcoli e viene lasciata per esercizio(Esercizio 3.1.3).

Esaminiamo alcune conseguenze immediate, ma importanti, del Teorema3.1.5.

Teorema 3.1.6. Sia G un gruppo di Lie dotato di metrica biinvarianteg. Allora la curvatura sezionale di g e non negativa, vale a dire

KXY ≥ 0, X, Y ∈ g.

Teorema 3.1.7. Il tensore di Ricci di un gruppo di Lie G dotato dimetrica biinvariante g non dipende dalla particolare metrica scelta ma solodalla classe di isomorfismo dell’algebra di Lie g.

Dimostrazione. Dal Teorema 3.1.5, si vede che il tensore di Ricci eproporzionale alla forma di Killing che, a sua volta, e invariante rispettoagli automorfismi di g (cfr. Proprieta 1.9.1).

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88 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Osservazione. Il punto (6) del Teorema 3.1.5 mostra che ogni gruppodi Lie, dotato di una metrica biinvariante, e uno spazio localmente simme-trico. Per una dettagliata trattazione di questa importante classe di varietaRiemanniane, si rinvia al testo di S. Helgason [13].

Com’e prevedibile, non tutti i gruppi di Lie ammettono metriche biin-varianti. Tuttavia dimostreremo che su ogni gruppo di Lie compatto puoessere definita una metrica biinvariante. Sono necessarie alcune premessesui gruppi di Lie unimodulari.

Dato un gruppo di Lie G, con algebra di Lie g, consideriamo una ba-se (E1, E2, . . . , En) di g e la sua base duale (ω1, ω2, . . . , ωn). La n–formadifferenziale

Ω = ω1 ∧ ω2 ∧ ... ∧ ωn

e non nulla in ogni punto di G ed e invariante rispetto alle traslazioni sinistre,vale a dire (La)∗Ω = Ω, per ogni a ∈ G. In particolare, cio implica cheogni gruppo di Lie e orientabile (cfr. [5], pag 213). Un’altra importanteconseguenza, e la possibilita di estendere ai gruppi di Lie la nozione diintegrale. Piu precisamente, si dimostra che esiste un’unica funzione (ameno di un fattore costante), detta misura di Haar,

µ : FC(G) −→ R, f 7−→ µ(f) =∫Gf

(FC(G) denota l’anello delle funzioni continue su G, a valori reali ed asupporto compatto) avente le seguenti proprieta(1) e R–lineare: µ(af + bh) = aµ(f) + bµ(h), per ogni f, h ∈ FC(G) e

a, b ∈ R;(2) e positiva: se f ∈ FC(G) e f ≥ 0, allora µ(f) ≥ 0;(3) e invariante rispetto alle traslazioni sinistre: µ(f La) = µ(f), per ogni

f ∈ FC(G) e a ∈ G.

Definizione 3.1.8. Un gruppo di Lie G si dice unimodulare se la suamisura di Haar (invariante a sinistra per definizione) e anche invariante adestra.

Una condizione equivalente, utile per verificare se un gruppo di Lie eunimodulare, e la seguente.

Teorema 3.1.9. Un gruppo di Lie G e unimodulare se e solo se

|detAd(a)| = 1

per ogni a ∈ G.

Dimostrazione. Ricordiamo che, se F e un diffeomorfismo di G in se,allora per ogni f ∈ FC(G) si ha∫

G(f F )Ω = ±

∫Gf(F ∗Ω),

dove il segno ± dipende dal fatto che F conservi o meno l’orientamento (cfr.[5], Teorema 2.2, Capitolo VI). Pertanto, se la misura di Haar µ e anche

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 89

invariante a destra, si ha

µ(f Ra−1) =∫G(f Ra−1)Ω = ±

∫Gf(R∗aΩ)

per ogni f ∈ FC(G) e a ∈ G. Dato che

R∗aΩ = R∗a(L∗a−1)Ω = (Ra La−1)∗Ω = (Ia−1)∗Ω,

se X1, X2, . . . , Xn sono elementi di g, si trova

(Ia−1)∗Ω(X1, X2, . . . , Xn) = Ω((Ia−1)∗X1, X2, . . . , (Ia−1)∗Xn)

= Ω(Ad(a−1)X1, Ad(a−1)X2, . . . , Ad(a−1)Xn)

= (detAd(a−1))Ω(X1, X2, . . . , Xn),

dove detAd(a−1) > 0 se Ra conserva l’orientamento e detAd(a−1) < 0 seRa inverte l’orientamento. In conclusione

µ(f Ra−1) = ±∫Gf(R∗aΩ) = ±

∫Gf(detAd(a−1))Ω

= ±(detAd(a−1))∫GfΩ = ±(detAd(a−1))µ(f),

da cui la tesi.

Dimostriamo ora un risultato che mette in relazione il concetto di algebradi Lie unimodulare (vedi pag. 54) con quello di gruppo di Lie unimodulare.

Proprieta 3.1.10. Siano G un gruppo di Lie connesso e g la sua algebradi Lie. Le seguenti affermazioni sono equivalenti(1) G e unimodulare,(2) g e unimodulare, cioe tr(adX) = 0, per ogni X ∈ g.

Dimostrazione. Siccome G e connesso, dal teorema precedente si hache G e unimodulare se e solo se |det(Ad(expX))| = 1, per ogni X ∈ g. Latesi segue dal fatto che det(Ad(expX)) = det eadX = etr adX .

Teorema 3.1.11. Un gruppo di Lie G e unimodulare nei seguenti casi:(1) G e compatto,(2) G e semisemplice,(3) G e connesso e nilpotente.

Dimostrazione.

(1) Sia G un gruppo di Lie compatto. La funzione α : G −→ R+, datada a 7−→ |det(Ad(expX))| (R+ e pensato come gruppo moltiplicati-vo), e analitica ed e anche un morfismo di gruppi, grazie al fatto cheAd(ab) = Ad(a)Ad(b), a, b ∈ G (cfr. § 1.8). Di conseguenza, α(G) e unsottogruppo compatto di R+, da cui α(G) = +1.

(2) Se G e semisemplice, la forma di Killing B e non degenere ed e inva-riante rispetto agli automorfismi di g (Proprieta 1.9.1). In particola-re, identificando le varie applicazioni con le rispettive matrici, si trovatAd(a)BAd(a) = B, per ogni a ∈ G. Dato che detB 6= 0, si concludeche |det(Ad(expX))| = 1, per ogni a ∈ G.

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(3) Se G e nilpotente, per il Teorema di Engel (cfr. Proprieta 1.9.10), anchela sua algebra di Lie g e nilpotente e pure adX e nilpotente (cioe esisteun intero k tale che (adX)k = 0, per ogni X ∈ g). Allora esiste una baseopportuna rispetto alla quale ogni endomorfismo adX e rappresentatoda una matrice triangolare superiore, il che implica tr(adX) = 0, perogni X ∈ g.

Possiamo ora provare il

Teorema 3.1.12. Ogni gruppo di Lie G compatto ammette una metricabiinvariante.

Dimostrazione. Dal teorema precedente si ha che se G e compattoallora e unimodulare. Si sfrutta tale proprieta per costruire esplicitamenteuna metrica biinvariante. Tenuto conto delle osservazioni che seguono laDefinizione 3.1.3, e sufficiente definire un prodotto scalare su g, invarianterispetto alla rappresentazione aggiunta di G in g. Fissati X,Y ∈ g ed unaqualsiasi metrica invariante a sinistra g, consideriamo la funzione analitica

fXY : G −→ R, a 7−→ g(Ad(a)X,Ad(a)Y )

e poniamo

g(X,Y ) =∫GfXY Ω = µ(fXY ).

Per le proprieta della misura di Haar, g e un forma bilineare simmetri-ca, definita positiva. Resta solo da verificare che e invariante rispetto allarappresentazione aggiunta. Per ogni a, b ∈ G, si ha

fAd(b)XAd(b)Y (a) = g(Ad(a)Ad(b)X,Ad(a)Ad(b)Y )

= g(Ad(ab)X,Ad(ab)Y ) = fXY (ab) = (fXY Rb)(a).Poiche la misura di Haar, per ipotesi, e anche invariante rispetto alle trasla-zioni destre, si puo concludere che

g(Ad(b)X,Ad(b)Y ) = µ(fAd(b)XAd(b)Y ) = µ(fXY Rb)= µ(fXY ) = g(X,Y ),

per ogni b ∈ G ed ogni X,Y ∈ g.

Una proprieta notevole delle metriche biinvarianti e che le geodetichesono completamente determinate dai sottogruppi ad un parametro.

Teorema 3.1.13. Sia g una metrica biinvariante su un gruppo di Lie G.Ogni sottogruppo ad un parametro di G e una geodetica di g. Viceversa, ognigeodetica passante per l’elemento neutro e ∈ G coincide con un sottogruppoad un parametro.

Dimostrazione. Sia X ∈ g, algebra di Lie di G, e sia ϕX il sottogruppoad un parametro individuato da X. Dal Teorema 3.1.5 si ottiene

∇ ˙ϕX(t) ˙ϕX(t) = (∇XX)ϕX(t) =12[X,X]ϕX(t) = 0,

ossia ϕX e una geodetica.

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 91

Viceversa, sia γ : I −→ G, t 7→ γ(t), una geodetica tale che γ(0) = e eγ(0) = X ∈ TeG ∼= g. Il sottogruppo ad un parametro ϕX e una geodeticasoddisfaciente le stesse condizioni iniziali di γ. Per la proprieta (3) di pag.81, γ coincide con ϕX .

Osservazioni.

(1) Dato che le traslazioni sinistre sono isometrie, le geodetiche in un ge-nerico punto di G coincidono con le traslate dei sottogruppi ad unparametro.

(2) Se G e compatto, i Teoremi 3.1.12 e 3.1.13 implicano che G e completo(cfr. Definizione 2.5.4). Questo risultato, peraltro gia noto, (cfr. Teore-ma 2.5.5), puo essere esteso a tutti i gruppi di Lie, e questo sara provatonel teorema seguente. Inoltre, se G e anche connesso, l’applicazioneesponenziale e suriettiva (cfr. pag. 15).

Teorema 3.1.14. Un gruppo di Lie e completo rispetto ad ogni metricaRiemanniana invariante a sinistra.

Dimostrazione. Si applica lo stesso procedimento usato per estendereogni sottogruppo ad un parametro a tutto R (cfr. l’inizio del § 1.3). Siaγ : (−ε, ε) ⊂ R −→ G, una geodetica di una metrica invariante a sinistra suG. La curva ψ : (ε, 2ε) ⊂ R −→ G definita da

ψ(t) = γ(ε)γ(t− ε) = Lγ(ε)γ(t− ε),

e una geodetica che estende γ all’intervallo reale (−ε, 2ε). Infatti, se ∇denota la connessione di Levi Civita di g, si ha

∇(Lγ(ε))∗γ(t−ε)(Lγ(ε))∗γ(t− ε) = (Lγ(ε))∗[∇γ(t−ε)γ(t− ε)

]= 0,

in quanto le traslazioni sinistre sono isometrie.

Per concludere questo paragrafo, vogliamo determinare la relazione in-tercorrente tra il tensore di curvatura di un gruppo di Lie, dotato di metricainvariante a sinistra, e le costanti di struttura del gruppo stesso.

Sia G un gruppo di Lie g dotato di una metrica invariante a sinistrag. Fissata una base ortonormale (θ1, θ2, . . . , θn) di g, algebra di Lie di G,confrontiamo le equazioni di Maurer–Cartan

dθk = −12

n∑i,j=1

ckijθi ∧ θj , k = 1, . . . n,

(ckij denotano le costanti di struttura) con la prima equazione di struttura(cfr. pag. 79)

dθk = −n∑j=1

ωkj ∧ θj , k = 1, . . . n,

(le ωkj sono le 1–forme di connessione). Posto ωij =∑n

k=1 γijkθ

k, si sosti-tuiscano tali espressioni nella prima equazione di struttura. Applicando il

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lemma di Cartan (Lemma 2.4.2) si trova

ωij =12

n∑k=1

(−cijk − cjki + ckij)θk.

Mediante la seconda equazione di struttura, si ottengono le 2–forme dicurvatura

Ωij =

14

n∑klm=1

ckml(−cijk − cjki + ckij)

+ (−cikl − ckli + clik)(−ckjm − cjmk + cmkj) θl ∧ θm,da cui si vede che le componenti del tensore di curvatura sono funzioni dellecostanti di struttura.

Esercizi. 3.1.1 Si ricavi la formula (∗) di pag. 86.

3.1.2 Siano G un gruppo di Lie e g una metrica invariante a sinistra su G.Si provi che la (–)connessione di Cartan-Schouten (vedi pag. 67) emetrica ma non e la connessione di Levi Civita di g.

3.1.3 Si dimostri il Teorema 3.1.5.

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 93

3.2. Metriche invarianti sui gruppi di Lie di dimensione 3

Lo scopo di questo paragrafo e quello di ricavare le principali proprietadella curvatura delle metriche invarianti a sinistra sui gruppi di Lie di di-mensione 3. E gia stato osservato che, in questo caso, la curvatura di Riccidetermina completamente il tensore di curvatura della varieta (cfr § 2.3).Basta, quindi, considerare solamente il tensore di Ricci. Come si e visto nel-la classificazione delle algebre di Lie di dimensione 3 data nel § 1.10, sono dadistinguere due casi, a seconda che il gruppo di Lie sia o meno unimodulare.

Iniziamo con il caso di un gruppo di Lie G unimodulare. Si e visto chel’algebra di Lie g di G ammette una base (E1, E2, E3) tale che

[E2, E3] = λ1E1, [E3, E1] = λ2E2, [E1, E2] = λ3E3, λ1, λ2, λ3 ∈ R.Se (θ1, θ2, θ3) denota la base duale, dalle equazioni di Maurer–Cartan (cfr.§I.5), si ricava

dθ1 = −λ1 θ2 ∧ θ3, dθ2 = λ2 θ

1 ∧ θ3, dθ3 = −λ3 θ1 ∧ θ2.

Considerata la metrica invariante a sinistra

ds2 = (θ1)2 + (θ2)2 + (θ3)2,

rispetto alla quale la base (E1, E2, E3) e ortonormale, dalla prima equazionedi struttura di Cartan (cfr. Teorema 4.2, Capitolo II) si ottengono le 1–formedi connessione

ω12 =

12(−λ1−λ2 +λ3)θ3, ω1

3 =12(λ1−λ2 +λ3)θ2, ω2

3 =12(λ1−λ2−λ3)θ1.

Introdotti i numeri reali

µi =12(λ1 + λ2 + λ3)− λi, i = 1, 2, 3,

le forme di connessione assumono la semplice espressione

ω12 = −µ3 θ

3, ω13 = µ2 θ

2, ω23 = −µ1 θ

1.

Dalla seconda equazione di struttura di Cartan si ricavano le 2–forme dicurvatura

Ω12 = [µ3(µ1 + µ2)− µ1µ2] θ1 ∧ θ2,

Ω13 = [µ2(µ1 + µ3)− µ1µ3] θ1 ∧ θ3,

Ω23 = [µ1(µ2 + µ3)− µ2µ3] θ2 ∧ θ3.

Il tensore di Ricci, che per definizione e dato da

ρ = 23∑

ijk=1

Ωij(Ek, Ej) θ

i ⊗ θk,

assume, in questo caso, la seguente espressione

ρ = 2(µ2µ3 θ1 ⊗ θ1 + µ1µ3 θ

2 ⊗ θ2 + µ1µ2 θ3 ⊗ θ3),(∗)

da cui si vede che la base (E1, E2, E3) diagonalizza anche ρ. Il valore dellacurvatura scalare τ si trova facilmente dalla formula precedente.

In base alla classificazione delle algebre di Lie di dimensione 3 che, comesi e visto, dipende dal segno degli scalari λ1, λ2, λ3, si ottengono le possibili

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segnature della forma quadratica associata al tensore di Ricci e il segno dellacurvatura scalare. I dettagli sono lasciati per esercizio. La tabella seguenteriepiloga questi risultati.

Gruppo connesso Segnatura della forma di Ricci Curvatura scalare

SU(2) + + +, + 0 0 , + − − τ > 0, τ = 0, τ < 0

SL(2,R) + − −, 0 0 − τ < 0

E(2) 0 0 0, + − − τ = 0, τ < 0

E(1, 1) + − −, 0 0 − τ < 0

He + − − τ < 0

Osservazioni.

1) Come e gia stato ottenuto nell’esempio del § 3.1, ogni metrica invariantea sinistra sul gruppo di Heisenberg He ha segnatura (+, −, −).

2) Il gruppo dei movimenti rigidi del piano E(2), pur non essendo commu-tativo, ammette una metrica invariante a sinistra piatta.

3) Il determinante della forma quadratica di Ricci, dato dal prodotto dellecurvature principali di Ricci ρ(E1, E1), ρ(E2, E2), ρ(E3, E3), e semprenon negativo. Se si annulla, almeno due curvature principali di Riccisono nulle.

Determiniamo i gruppi di Lie unimodulari, di dimensione 3, che ammet-tono una metrica a curvatura sezionale costante (cfr. Definizione 2.3.5). Cioequivale a richiedere che tale metrica sia di Einstein (cfr. Definizione 2.3.8).Nel nostro caso, in base all’espressione del tensore di Ricci, tale condizioneimplica

µ1µ3 = µ1µ2 = µ2µ3.

Le soluzioni di queste equazioni sono(1) µ1 = µ2 = µ3 = 0, ossia λ1 = λ2 = λ3 = 0;(2) µi = µj = 0, µk 6= 0, i, j, k = 1, 2, 3, i 6= j 6= k, ossia λi = 0,

λj = λk 6= 0, i, j, k = 1, 2, 3, i 6= j 6= k;(3) µ1 = µ2 = µ3 6= 0, ossia λ1 = λ2 = λ3 6= 0.

In base alla classificazione delle algebre di Lie unimodulari di dimensione3, si deduce il

Teorema 3.2.1. Gli unici gruppi di Lie connessi e unimodulari, di di-mensione 3, che ammettono metriche Riemanniane a curvatura sezionalecostante sono: R3, E(2) e SU(2) ∼= S3.

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 95

Occupiamoci ora dei gruppi di Lie di dimensione 3, non unimodulari.Dal Teorema 1.10.2, mediante un opportuno cambiamento di base, si ricavail seguente

Teorema 3.2.2. Sia G un gruppo di Lie non unimodulare di dimensione3. Esiste una base (E1, E2, E3) della sua algebra di Lie g tale che

[E1, E2] = αE2 + βE3, [E1, E3] = γE2 + δE3, [E2, E3] = 0,

dove i numeri reali α, β, γ, δ verificano le seguenti condizioni

α ≥ δ, β ≥ γ, α+ δ > 0, αγ + βδ = 0.

Inoltre lo scalare

D = 4αδ − βγ

(α+ δ)2

costituisce un sistema completo di invarianti per isomorfismi di algebre diLie. In altri termini: due algebre di Lie, di dimensione 3, non unimodularisono isomorfe se e solo esistono delle basi rispetto alle quali D assume lostesso valore.

Procedendo come nel caso unimodulare, determiniamo il tensore di Ricci.Fissata una metrica invariante a sinistra, sia (θ1, θ2, θ3) il riferimento dualedella base ortonormale (E1, E2, E3) dell’algebra di Lie del gruppo. Dalleequazioni di Maurer–Cartan si deducono le espressioni

dθ1 = 0, dθ2 = −α θ1 ∧ θ2 − γ θ1 ∧ θ3, dθ3 = −β θ1 ∧ θ2 − δ θ1 ∧ θ3,

che, insieme con la prima equazione di struttura, permettono di trovare leforme di connessione

ω12 = α θ2 +

12(β + γ) θ3, ω1

3 =12(β + γ) θ2 + δθ3, ω2

3 =12(γ − β) θ1.

Dalla seconda equazione di struttura di Cartan si ricavano le forme dicurvatura

Ω12 =

14(−4α2 − 3β2 + γ2 − 2βγ) θ1 ∧ θ2,

Ω13 =

14(β2 − 3γ2 − 4δ2 − 2βγ) θ1 ∧ θ3,

Ω23 =

14[(β + γ)2 − 4αδ] θ2 ∧ θ3

e, successivamente, il tensore di Ricci

ρ =[− α2 − δ2 − 1

2β + γ)2

]θ1 ⊗ θ1

+[− α(α+ δ) +

12(γ2 − β2)

]θ2 ⊗ θ2

+[− δ(α+ δ) +

12(β2 − γ2)

]θ3 ⊗ θ3.

Si osservi che, anche in questo caso, la base (E1, E2, E3) diagonalizza iltensore di Ricci.

Dal Teorema 3.2.2 e dalle espressioni precedenti, si deducono le possibilisegnature della forma quadratica associata al tensore di Ricci e il segno della

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curvatura scalare. I risultati a cui si perviene sono riassunti nella seguentetabella.

Segno di D Segnatura della forma di Ricci Curvatura scalare

D < 0 + − − τ < 0

D = 0 + − −, 0 − − τ < 0

D > 0 + − −, 0 − −, − − − τ < 0

Un’esame delle due tabelle precedenti permette di concludere che

Teorema 3.2.3. Non esistono gruppi di Lie di dimensione 3 che am-mettono metriche invarianti a sinistra con forma quadratica del tensore diRicci di segnatura (+, +, −) oppure (±, ±, 0).

Osservazione. Milnor [19] afferma di non conoscere analoghe restrizio-ni per gruppi di Lie di dimensione maggiore di 3. Secondo Berard Bergery[3], P. Nabonnand, nella Tesi di Dottorato discussa a Nancy nel 1978, hadimostrato che, nel caso di gruppi di Lie di dimensione 4, la forma quadra-tica del tensore di Ricci puo avere qualsiasi segnatura, tranne (+,+,+,+)e (+,+, 0, 0).

Come e stato fatto in precedenza, determiniamo i gruppi di Lie nonunimodulari, di dimensione 3, che ammettono metriche a curvatura costante.Dalla condizione di Einstein e dall’espressione del tensore di Ricci dellapagina precedente, si ottengono le equazioni

−α2 − δ2 − 12(β + γ)2 = −α(α+ δ) +

12(γ2 − β2) = −δ(α+ δ) +

12(β2 − γ2),

le cui soluzioni sonoα = δ, β = −γ ≥ 0.

Si ha cosı il seguente

Teorema 3.2.4. Un gruppo di Lie G di dimensione 3, non unimodulare,ammette una metrica invariante a sinistra con curvatura sezionale costantese e solo se e possibile trovare una base ortonormale (E1, E2, E3) della suaalgebra di Lie g per cui valga una delle seguenti condizioni:(1) [E1, E2] = αE2 + βE3, [E1, E3] = −βE2 + αE3, [E2, E3] = 0, α > 0,

β > 0. In questo caso D > 1 ed esistono gruppi di Lie non isomorfi chehanno metriche con curvatura sezionale costante negativa.

(2) [E1, E2] = αE2, [E1, E3] = αE3, [E2, E3] = 0, α > 0. In questo casoD = 1 ed esistono infiniti gruppi di Lie, con algebre di Lie isomorfe, cheammettono infinite metriche a curvatura sezionale costante negativa,non isometriche.

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 97

Esercizi.

3.2.1 Sia G un gruppo di Lie unimodulare di dimensione 3 dotato di unametrica invariante a sinistra.(1) Si ricavi l’espressione (∗) del tensore di Ricci data a pagina 93.(2) Si studi, nei vari casi, la segnatura della forma quadratica associata

al tensore di Ricci.(3) Si trovino, infine, i gruppi di Lie di dimensione 3 unimidulari che

ammettono metriche invarianti a sinistra a curvatura sezionalecostante.

3.2.2 Si ripeta l’esercizio precedente nel caso di un gruppo di Lie G nonunimodulare.

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3.3. Curvatura sezionale di una metrica invariante

In questo paragrafo si intende correlare il segno della curvatura sezionaledi una metrica invariante a sinistra su di un gruppo di Lie con le proprietatopologiche del gruppo stesso.

Assegnata una metrica Riemanniana invariante a sinistra, K indicherasempre la sua curvatura sezionale. Iniziamo con il seguente risultato, dovutoa J. Milnor [19].

Proprieta 3.3.1. Siano G un gruppo di Lie, g la sua algebra di Lie e guna metrica Riemanniana invariante a sinistra. Supponiamo che esista uncampo X ∈ g tale che adX sia un endomorfismo antisimmetrico. Allora

KXY ≥ 0, per ogni Y ∈ g

e KXY = 0 se e solo se X e ortogonale ad ogni campo del tipo [Y, Z], conZ ∈ g.

Dimostrazione. Non e restrittivo supporre che ‖X‖ = ‖Y ‖ = 1 eg(X,Y ) = 0. Nel paragrafo 3.1 si e visto che

KXY = RXYXY = −34‖[X,Y ]‖2 − 1

2g([X, [X,Y ]], Y )(∗)

− 12g([Y, [Y,X]], X) + ‖U(X,Y )‖2 − g(U(X,X), U(Y, Y )),

dove U e definita da

2 g(U(X,Y ), Z) = g([Z,X], Y ) + g([Z, Y ], X), X, Y, Z ∈ g.

Poiche adX e antisimmetrico, si ha che g(U(X,X), Z) = 0, per ogni Z ∈ g.Consideriamo una base ortonormale (E1, E2, . . . , En) di g tale che E1 = X eE2 = Y e determiniamo KXY = KE1E2 . Dall’espressione (∗), tenuto contoche l’antisimmetria di adX implica che

cj1i + ci1j = 0, i, j = 1, . . . , n,

dove ckij sono le costanti di struttura, con un po’ di calcoli, si ricava

KE1E2 =14

n∑m=1

(c1m2)2,

da cui segue che KXY e positivo o nullo, per ogni Y ∈ g. Inoltre, KE1E2 = 0se e solo se c1m2 = 0, m = 1, . . . , n. Se Z =

∑nm=1 a

mEm e un genericoelemento di g, allora

[Y, Z] = [E2, Z] =n∑

m=1

amc12mE1 +n∑l=2

n∑m=1

cl2mEl,

da cui segue la tesi.

Come immediata conseguenza della proprieta precedente, si ha il

Corollario 3.3.2. Siano G un gruppo di Lie, dotato di metrica inva-riante a sinistra g, e z il centro della sua algebra di Lie g. Se X ∈ z, alloraKXY ≥ 0 per ogni Y ∈ g.

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 99

J. Milnor in [19] congettura che valga anche la proprieta reciproca delCorollario 3.3.2. Una risposta affermativa e stata data da O. R. Abib, [1],che, come conseguenza di questo fatto, prova il

Teorema 3.3.3. Un gruppo di Lie G, connesso, e abeliano se e solo seKXY ≥ 0, per ogni X,Y ∈ g, dove g e l’algebra di Lie di G e K indica lacurvatura sezionale di una qualsiasi metrica invariante a sinistra su G.

In altri termini, se per qualche X,Y ∈ g si ha KXY < 0, l’algebra di Lieg non e abeliana.

Si noti che il Teorema 3.1.6 e un’immediata conseguenza della Proprieta3.3.1.

Occupiamoci, ora, piu in dettaglio, delle proprieta di un gruppo di Liedotato di una metrica biinvariante.

Lemma 3.3.4. Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Se g euna metrica biinvariante su G, allora il complemento ortogonale h⊥ di ogniideale h di g e ancora un ideale di g.

Dimostrazione. h⊥ e un ideale di g se e solo se [h⊥, g] ⊆ h⊥, ossia se esolo se g([X,Y ], Z) = 0, per ogni X ∈ h⊥, Y ∈ g e Z ∈ h. Tale condizione ecertamente verificata se la metrica e biinvariante (cfr. Teorema 3.1.4).

Teorema 3.3.5. Sia g una metrica biinvariante su di un gruppo di LieG. L’algebra di Lie g di G si decompone nella somma diretta ortogonale delsuo centro z e dell’algebra derivata [g, g], ossia

g = z⊕ [g, g],

dove [g, g] e semisemplice.

Dimostrazione. Si presentano due possibilita.(A) Se g e semplice (cfr. § 1.9), allora kerB = 0 e g non ha ideali proprii

(B e la forma di Killing). Poiche g non puo essere abeliana, si deduceche z = 0 e g = [g, g].

(B) Se g non e semplice, allora esiste un ideale h tale che g = h ⊕ h⊥. Peril lemma precedente, anche h⊥ e un ideale e si hanno nuovamente duecasi.1) h e semplice, quindi non e decomponibile nella somma diretta di

ideali, mentre h⊥ puo essere ulteriormente scomposto (eventualmen-te).

2) h non e semplice e quindi esiste un suo ideale proprio k tale cheh = k⊕ k⊥.

Comunque, dopo un numero finito di passi, si perviene ad una decom-posizione del tipo

g = a1 ⊕ a2 ⊕ · · · ⊕ aq,

dove ogni ideale ai o ha dimensione 1 oppure e semplice.

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Proviamo che ogni ideale ai di g, di dimensione 1, e contenuto nel centroz. Dalla decomposizione precedente, segue che

[ai, g] = [ai, a1] + · · ·+ [ai, ai] + · · ·+ [ai, aq].

Se dim ai = 1, allora [ai, ai] = 0 e [ai, aj ] ⊆ ai ∩ aj = 0 (ogni ai e unideale e la somma e diretta). In conclusione ai ⊆ z.

Se, invece, ai e semplice, allora z∩ai = 0, in quanto z∩ai e un ideale diai. In altri termini, z non interseca gli ideali semplici e, pertanto, e sommadiretta degli ideali di dimensione 1. Allora

g = z⊕ h1 ⊕ · · · ⊕ hp,

dove gli hi sono ideali semplici. Infine si osserva che

[hi, hj ] ⊆ hi ∩ hj = 0, i 6= j, [hi, hi] = hi,

da cui h1 ⊕ · · · ⊕ hp = [g, g].

Il lemma seguente, riguardante la curvatura di Ricci, permette di dimo-strare alcune importanti proprieta delle metriche biinvarianti.

Lemma 3.3.6. Siano G un gruppo di Lie, g la sua algebra di Lie e g unametrica invariante a sinistra su G. Se esiste un campo unitario X ∈ g taleche adX sia antisimmetrico, allora ρ(X,X) ≥ 0 e ρ(X,X) = 0 se e solo seX e ortogonale a [g, g], dove ρ e il tensore di Ricci.

Dimostrazione. Considerata la base ortonormale (E1 = X,E2, . . . , En)di g, si ha

ρ(X,X) =n∑i=1

RXEiXEi =n∑i=2

KXEi ,

da cui ρ(X,X) ≥ 0, per la Proprieta 3.3.1. Inoltre ρ(X,X) = 0 se e solo seogni curvatura sezionale KXEi si annulla, ossia se e solo se X e ortogonalea [Ei, g], i = 2, . . . , n.

Teorema 3.3.7. Sia G un gruppo di Lie semisemplice. Allora il tensoredi Ricci ρ, relativo ad una metrica biinvariante g, e definito positivo.

Dimostrazione. Se g e una metrica biinvariante, adX e antisimmetricoper ogni X ∈ g. Dal teorema precedente si ha che ρ(X,X) = 0 se e solo seX e ortogonale a [g, g]. Ma g = z ⊕ [g, g], con [g, g] semisemplice (Teorema3.3.5). Per ipotesi g e semisemplice, quindi g = [g, g], da cui la tesi.

Osservazioni.

1) Si e visto che ρ = −14B, dove ρ e la curvatura di Ricci relativa ad una

metrica biinvariante e B e la forma di Killing (Teorema 3.1.5). Questaproprieta ed il Teorema 3.3.7 provano che, se un gruppo di Lie semi-semplice ammette una metrica biinvariante, allora la forma di Killing edefinita negativa.

2) Nel § 3.2 abbiamo visto che la forma di Killing di SL(2,R) e non definita.Quindi SL(2,R), essendo un gruppo semplice, non ammette metrichebiinvarianti.

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 101

Come annunciato al termine del § 2.5, siamo ora in grado di dimostrareun’importante conseguenza del Teorema di Myers (cfr. Teorema 2.5.6).

Teorema 3.3.8. Se un gruppo di Lie semisemplice G ammette una me-trica Riemanniana biinvariante, e compatto e il suo rivestimento universaleG e anch’esso compatto.

Dimostrazione. Sia ρ il tensore di Ricci di una metrica biinvariantesu G. Dal Teorema 3.3.7 si ricava che esiste una costante δ > 0 tale che

ρe(Xe, Xe) > (n− 1)δ > 0,

per ogni campo unitario X ∈ g, dove g e l’algebra di Lie del gruppo G,n = dimG, ed e e l’elemento neutro di G. Dato che le traslazioni sinistresono isometrie e ρ e invariante per isometrie, la disuguaglianza precedentee valida in ogni punto di G. Sono quindi verificate le ipotesi del Teorema2.5.6 di Myers, da cui la tesi.

Osservazione. Dai Teoremi 3.1.12 e 3.3.7 si vede che un gruppo di Liesemisemplice ammette una metrica biinvariante se e solo se e compatto.

Il teorema seguente caratterizza i gruppi di Lie connessi che ammettonouna metrica biinvariante.

Teorema 3.3.9 ([19]). Un gruppo di Lie connesso G ammette una me-trica Riemanniana biinvariante se e solo se G e isomorfo al prodotto direttodi Rk e di un gruppo di Lie compatto H.

Dimostrazione. Supponiamo che G ∼= Rk×H. Considerate una metri-ca invariante a sinistra g1 su Rk (tale metrica e necessariamente biinvarianteperche Rk e abeliano) e una metrica biinvariante g2 su H (esiste in quan-to, per ipotesi, H e compatto), la metrica prodotto g1 × g2 e una metricabiinvariante su G.

Viceversa, supponiamo che g sia una metrica biinvariante sul gruppo diLie G. L’algebra di Lie g di G si decompone nella somma diretta ortogonale

g = z⊕ h1 ⊕ · · · ⊕ hq,(∗)

dove z e il centro di g e ogni hi e un ideale semplice di g (cfr. la dimostrazionedel Teorema 3.3.5). Di conseguenza, il rivestimento universale di G sara deltipo

G = Rm × H1 × · · · × Hq,

dove Rm corrisponde al centro e ogni Hi e l’unico gruppo di Lie semplice,connesso e semplicemente connesso con algebra di Lie hi. Inoltre, la pro-iezione π : G −→ G e un isomorfismo locale e Γ = kerπ e un sottogrupponormale di G, discreto e abeliano, isomorfo al gruppo fondamentale π1(G).Il gruppo G e isomorfo a G

/Γ e i gruppi di Lie G e G hanno algebre di Lie

isomorfe.Poiche vale la (∗), la metrica biinvariante g si decompone nel prodotto

delle metriche biinvarianti g0 = g|z×z, su z, e gi = g|hi×hi , i = 1, . . . , q,

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sugli hi. Per il Teorema 3.3.8, ogni Hi e compatto. Si noti che G non e, ingenerale, compatto anche se ogni Hi e compatto.

Poniamo H = H1×· · ·×Hq (per il Teorema di Tychonoff, H e compatto)e consideriamo l’omomorfismo analitico p1 : G = Rm × H −→ Rm. EssendoΓ un sottogruppo discreto di G, si ha che p1(Γ) = Γ1 e un sottogruppodiscreto di Rm. Allora esiste un insieme di vettori linearmente indipendentie1, e2 . . . , ep in Γ1 tale che

Γ1 = m1e1 + · · ·+mpep, mi ∈ Z.

Si completi e1, . . . , ep in modo tale che (a1, . . . , am−p, e1, . . . , ep) sia unabase di Rm. Considerati i sottospazi vettoriali V = L(e1, e2 . . . , ep) e W =L(a1, a2 . . . , am−p), si ha G = V × W × H e G = (V × W × H)

/Γ. E

abbastanza facile provare che Γ opera banalmente su W ∼= Rm−p e, quindi,G = Rm−p ×

((V × H)

/Γ). Resta solo da dimostrare che (V × H)

/Γ e

compatto. Si consideri il sottoinsieme compatto di V

K = α1e1 + α2e2 + · · ·+ αpep/

0 ≤ αi ≤ 1, i = 1, . . . , p

e si ponga K = K × H. Non e difficile verificare che K e un compatto, lacui orbita, rispetto all’azione di Γ, coincide con V ×H.

Osservazione. Se un gruppo di Lie G e semisemplice e ammette unametrica biinvariante, allora la forma di Killing B e definita negativa (cfr.Osservazione (1), pag. 100). Quindi, posto

g(X,Y ) = −B(X,Y ),

per ogni X,Y ∈ g, algebra di Lie di G, g definisce una metrica biinvariantesu G. Con questo sistema, si possono costruire, in modo standard, metrichebiinvarianti sui gruppi semplici e compatti e per esempio su O(n) e U(n)(cfr. Esercizio 3.3.2).

Riepilogando i risultati precedenti si ha il

Teorema 3.3.10. Sia G un gruppo di Lie semisemplice. Le seguentiaffermazioni sono equivalenti(1) G ammette una metrica biinvariante;(2) la forma di Killing B su G e definita negativa;(3) G e compatto.

Il teorema precedente giustifica la seguente

Definizione 3.3.11. Un’algebra di Lie g si dice compatta se esiste ungruppo di Lie compatto con algebra di Lie g.

Alla luce di questa definizione, i risultati appena discussi possono essereriformulati come segue.

Teorema 3.3.12. (1) Un’algebra di Lie semisemplice e compatta se esolo se la sua forma di Killing e definita negativa.

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 103

(2) Un’algebra di Lie g e compatta se e solo se

g = z⊕ [g, g],

dove z e il centro di g e [g, g] e semisemplice e compatta.

Per i gruppi semplici vale il seguente risultato dovuto a J. Milnor [19].

Teorema 3.3.13. Sia G un gruppo di Lie compatto e semplice. Allo-ra G ammette una sola metrica biinvariante (unica a meno di un fattorecostante). Inoltre tale metrica e di Einstein.

Dimostrazione. Siano g e g′ due metriche biinvarianti su G. Poicheentrambe individuano un prodotto scalare sullo spazio tangente TeG ∼= g (e:elemento neutro di G), esiste un automorfismo di spazi vettoriali S : g −→ gtale che g′(X,Y ) = g(S(X), Y ), X, Y ∈ g. Inoltre, S e simmetrico, ossiag(S(X), Y ) = g(X,S(Y )). Essendo adX , X ∈ g, antisimmetrico rispettoad entrambe le metriche, si ha adX S = S adX . Se λ e un autovaloredi S, allora l’autospazio Vλ e un ideale di g. Ma, per ipotesi, g e semplice,quindi Vλ = g, ossia S = λI, con I automorfismo identico su g e g′ = λg.Il fatto che la metrica biinvariante sia di Einstein e una conseguenza dellaproporzionalita del tensore di Ricci e della forma di Killing.

Osservazione. Dalla classificazione dei gruppi di Lie semplici (cfr. pag.50 segue che SU(n), SO(n), Sp(n) e tutti i gruppi eccezionali ammettonoun’unica metrica biinvariante del tipo descritto dal Teorema 3.3.13.

Tenendo presente la Proprieta 3.3.1, ci si puo chiedere in quali casi lacurvatura sezionale di una metrica invariante a sinistra sia strettamentepositiva. Una risposta sorprendente a tale questione e stata data da Wallach[26], con il seguente

Teorema 3.3.14. SU(2) ∼= S3 e l’unico gruppo di Lie semplicemen-te connesso che ammette una metrica invariante a sinistra con curvaturasezionale strettamente positiva.

I gruppi di Lie che ammettono metriche Riemanniane con curvaturasezionale positiva o nulla sono stati caratterizzati da Berard Bergery, [2],nel modo seguente.

Teorema 3.3.15. Sia G un gruppo di Lie connesso. Le tre affermazioniseguenti sono equivalenti:(1) G ammette una metrica Riemanniana invariante a sinistra con curva-

tura sezionale positiva o nulla,(2) G ammette una metrica Riemanniana invariante a sinistra con curva-

tura di Ricci positiva o nulla (cfr. Teorema 3.4.2),(3) Il rivestimento universale di G e dato dal prodotto semidiretto di un

sottogruppo normale, che ammette una metrica invariante e sinistra acurvatura sezionale nulla, e di un sottogruppo semisemplice che operasul precedente mediante isometrie, dotato di una metrica invariante asinistra piatta.

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Per quanto riguarda la caratterizzazione dei gruppi di Lie G che am-mettono una metrica invariante a sinistra a curvatura sezionale nulla, si puosicuramente affermare che se G e commutativo allora ogni metrica invarian-te a sinistra su G e piatta. D’altra parte, e gia stato notato (cfr. § 3.2)che, per esempio, E(2) ammette una metrica piatta senza essere abeliano.Il risultato seguente, attribuito ad Hano, (vedi [19]), risolve tale problema.

Teorema 3.3.16. Se un gruppo di Lie G ammette una metrica inva-riante a sinistra piatta allora G = H oϕ K, dove H e un sottogruppo nor-male abeliano e K e un sottogruppo abeliano di G che opera su H medianteisometrie.

Per esercizio, si consiglia di verificare il teorema precedente nel caso diE(2) (cfr. Esercizio 1.10.2).

Infine, nel caso della curvatura sezionale negativa, ci limitiamo al seguen-te teorema di Milnor [19], anche se esistono classificazioni complete date daHeintze (caso di K < 0) e da Azencott e Wilson (K ≤ 0). Esse richiedonoalcune nozioni della teoria degli spazi omogenei e, pertanto, non possonoessere riportate in queste note.

Teorema 3.3.17. Se G e un gruppo di Lie connesso dotato di metricainvariante a sinistra con curvatura sezionale negativa o nulla allora G erisolubile. Se G e anche unimodulare, tale metrica e piatta.

Per le dimostrazioni di tutti questi risultati si rimanda agli articoli manmano citati.

Esercizi.

3.3.1 Sia G = HoαK il prodotto semidiretto di un sottogruppo H connessoe normale e di un sottogruppo K. Supponiamo che H e K sianodotati di metriche invarianti a sinistra tali che K operi su H medianteisometrie. Dimostrare che la metrica prodotto su G e invariante asinistra.

3.3.2 Determinare i valori delle curvature sezionali di O(n) e di U(n) (cfr.Osservazione di pag. 102).

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 105

3.4. Curvature di Ricci e scalare di una metrica invariante

In questo paragrafo, intendiamo proporre un “survey”sugli stretti legamiche esistono tra le proprieta topologiche di un gruppo di Lie ed i segni dellecurvature (di Ricci e scalare) delle metriche invarianti a sinistra.

Iniziamo con il considerare il caso di metriche con tensore di Riccidefinito positivo.

Teorema 3.4.1 ([19]). Un gruppo di Lie G, connesso, ammette unametrica invariante a sinistra con tensore di Ricci definito positivo se e solose G e compatto, con gruppo fondamentale finito. In tal caso, G possiedeuna metrica biinvariante di Einstein.

Dimostrazione. Se il tensore di Ricci e definito positivo, allora la tesisegue dal Teorema 2.5.6 di Myers.

Viceversa se G e compatto con gruppo fondamentale π1(G) finito, ancheil suo rivestimento universale G e compatto, in quanto G ∼= G

/π1(G) (cfr.

l’Appendice C). In particolare, la sua algebra di Lie g e compatta (cfr.Definizione 3.3.11) e, per il Teorema 3.3.12, si ha

g = z⊕ [g, g],

dove z e il centro di g mentre [g, g] e semisemplice e compatta. La proiezioneψ : g −→ z e un epimorfismo di algebre di Lie che individua un morfismoanalitico φ : G −→ Rp tra i gruppi di Lie, connessi e semplicemente connessi,corrispondenti alle algebre di Lie g e z (Teorema 1.7.4). Essendo G compatto,anche φ(G) e un sottogruppo compatto di Rp, quindi φ(G) = 0. Cioimplica che z = imψ = 0, ossia g = [g, g] e semisemplice. Il gruppo di LieG e, dunque, semisemplice. Essendo compatto per ipotesi, G ammette unametrica biinvariante con curvatura di Ricci definita positiva (cfr. Teorema3.3.7). Infine, si noti che la metrica data dall’opposto della forma di Killinge di Einstein (cfr. Osservazione a pag. 102).

Osservazione. Si noti che nel caso della dimensione 3, che solo SU(2) ∼=S3 ammette metriche Riemanniane con tensore di Ricci definito positivo (cfr.§ 3.2); infatti, per SU(2) risultano verificate le ipotesi del Teorema 3.4.1.

Il caso delle metriche con tensore di Ricci positivo o nullo e stato risoltoda L. Berard Bergery (per la dimostrazione si veda [2]).

Teorema 3.4.2. Un gruppo di Lie connesso ammette una metrica inva-riante a sinistra con tensore di Ricci positivo o nullo se e solo se ammetteuna metrica invariante a sinistra con curvatura sezionale positiva o nulla.

Le metriche con tensore di Ricci nullo, dette Ricci–piatte, rivestono unparticolare interesse, specialmente per le loro applicazioni in Fisica Matema-tica. Si noti che, nel caso di una generica varieta Riemanniana di dimensionesuperiore a 3, una metrica Ricci–piatta non e, necessariamente, una metricapiatta. Per quanto riguarda i gruppi di Lie vale, invece, il sorprendente

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106 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Teorema 3.4.3 (D.V. Alekseewski, B.N. Kimelfeld). Sia G un gruppodi Lie connesso. Ogni metrica invariante a sinistra su G e Ricci–piatta see solo se e piatta.

Per la dimostrazione di questo risultato, valido per la piu ampia classedegli spazi Riemanniani omogenei, si rinvia a [4], Teorema 7.61. La stessaproprieta non e piu valida per le metriche indefinite (cfr. [8]).

Se il gruppo di Lie e nilpotente, la curvatura di Ricci di ogni metricainvariante a sinistra ha autovalori sia positivi sia negativi. Infatti vale il

Teorema 3.4.4 ([19]). Se G e un gruppo di Lie nilpotente, non com-mutativo, e g e una metrica invariante a sinistra su G, esistono due campivettoriali V,W ∈ g (algebra di Lie di G) tali che ρ(V, V ) > 0 e ρ(W,W ) < 0,dove ρ e la curvatura di Ricci.

In altri termini, esiste una direzione in cui la curvatura di Ricci e stret-tamente positiva ed una direzione in cui la curvatura di Ricci e strettamentenegativa.

Il teorema precedente e un caso particolare del

Teorema 3.4.5. Se l’algebra di Lie g di un gruppo di Lie G contienetre campi vettoriali V,W,Z linearmente indipendenti, tali che [V,W ] = Z,allora esiste una metrica invariante a sinistra la cui curvatura di Ricci ρ etale che ρ(V, V ) < 0 e ρ(Z,Z) > 0.

I Teoremi 3.4.4 e 3.4.5 hanno come conseguenza un interessante corolla-rio, dovuto a G. Jensen [15].

Corollario 3.4.6. Un gruppo di Lie nilpotente e di Einstein se e solose e commutativo.

Osservazione. Si consiglia di controllare sul gruppo di Heisenberg Hele conclusioni dei tre teoremi precedenti.

Daremo solo la dimostrazione del Teorema 3.4.4; per le altre si rinviaagli articoli citati. E necessario premettere alcuni lemmi.

Lemma 3.4.7. Sia G un gruppo di Lie dotato di metrica invariante a si-nistra g. Supponiamo che la sua algebra di Lie g contenga un ideale h di codi-mensione 1. Fissato un campo vettoriale X appartenente al complemento or-togonale h⊥, consideriamo l’applicazione L : h −→ h, Y 7−→ L(Y ) = adX Y ,e la sua aggiunta L∗ : h −→ h definita da g(L∗(Y ), Z) = g(Y, L(Z)), per ogniY, Z ∈ h. Siano ∇ la connessione di Levi Civita di g e ∇ la sua restrizionea h× h. Allora(1) ∇XX = 0;(2) ∇WX = −S(W );(3) ∇XW = 1

2(L− L∗)(W );

(4) ∇WV = ∇WV + g(S(W ), V ),per ogni W,V ∈ h, dove si e posto S = 1

2(L+ L∗).

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Capitolo 3 – Geometria Riemanniana dei gruppi di Lie 107

Dimostrazione. Si tratta di un semplice calcolo, che viene lasciato peresercizio.

In un certo senso, il Lemma 3.3.6 puo essere invertito, almeno nel casodei gruppi di Lie nilpotenti.

Lemma 3.4.8. Siano G un gruppo di Lie nilpotente con algebra di Lieg. Data una metrica g invariante a sinistra, con tensore di Ricci ρ, suppo-niamo che esista un campo X ∈ g ortogonale a [g, g]. Allora ρ(X,X) ≤ 0 eρ(X,X) = 0 se e solo se adX e antisimmetrica.

Dimostrazione. Non e restrittivo supporre che ‖X‖ = 1. Allora h =L(X)⊥ e un ideale di codimensione 1 in g. Fissata una base ortonormale(E2, . . . , En) di h (n = dim g), si ha

ρ(X,X) =n∑i=2

KXEi ,

dove K indica la curvatura sezionale. Dal Lemma 3.4.7, si deduce che, perogni campo invariante W ∈ h,

KXW = −g(SL(W ),W ) + g

(L− L∗

2S(W ),W

).

Se (E2, . . . , En) e una base formata da autovettori di L, cioe L(Ei) =λiEi, i = 2, . . . , n, un facile calcolo mostra che

KXEi = −λ2i ,

da cui

ρ(X,X) = −n∑i=2

λ2i = − tr(S2) ≤ 0.

Inoltre, ρ(X,X) = 0 se e solo se S = 0 ossia se e solo se L = −L∗, vale adire adX antisimmetrica.

A questo punto siamo in grado di provare il Teorema 3.4.4.

Dimostrazione. Per ipotesi, G e nilpotente ma non commutativo. Al-lora

g ⊃ [g, g] ⊃ [g, [g, g]] ⊃ . . . gn = 0.Se X ∈ gn−1, dato che [g, gn−1] = gn = 0, allora X appartiene centro z.L’endomorfismo adX e, quindi, antisimmetrico e, dal Lemma 3.6 segue cheρ(X,X) > 0. Si noti che ρ(X,X) 6= 0 in quanto X ∈ [g, g].

Proviamo, ora, che esiste un campo Y 6= o ortogonale a z + [g, g]. Se,per assurdo, fosse g = z + [g, g] si avrebbe g2 = [g, [g, g]] = [g, g] e g sarebbenilpotente soltanto se [g, g] = 0 , in contrasto con l’ipotesi. Per il Lemma3.4.8, ρ(Y, Y ) ≤ 0 e ρ(Y, Y ) = 0 se e solo se adY e antisimmetrico. In tal caso,adY , essendo nilpotente (cfr. Proprieta 1.9.10) risulterebbe identicamentenullo. Cio e assurdo, poiche Y 6= o e ortogonale a z. In conclusione, deveessere necessariamente ρ(Y, Y ) < 0.

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108 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Le proprieta seguenti prendono in considerazione la curvatura scalare diun gruppo di Lie dotato di metrica invariante a sinistra. Le dimostrazionisaranno quasi sempre omesse. Per maggiori dettagli si rimanda agli articolicitati man mano.

Teorema 3.4.9 ([2]). Sia G un gruppo di Lie connesso. Il rivestimentouniversale G di G e diffeomorfo ad uno spazio euclideo Rn se e solo seogni metrica invariante a sinistra su G e piatta oppure ha curvatura scalarestrettamente negativa.

Dimostrazione. (cenno) Consideriamo la decomposizione di Levi–Malcev (cfr. Teorema 1.9.13) dell’algebra di Lie g di G

g = r + s,

dove r e il radicale risolubile di g, e s e una sottoalgebra semisemplice. Sitratta di una somma di spazi vettoriali e di una somma semidiretta di algebredi Lie, ossia

g = r⊕δ s,

dove δ(X) = adX , X ∈ r. In base a tale decomposizione dell’algebra diLie, il rivestimento universale G di G e del tipo (cfr. la dimostrazione delTeorema 3.3.9)

G = Roϕ (H1 × · · · × Hp),

dove R e risolubile e ogni Hi, i = 1, . . . , p e semplice. E abbastanza chia-ro che R ∼= Rm, essendo risolubile, mentre ogni Hi

∼= Rk se e solo seHi

∼= ˜SL(2,R) ∼= R3, essendo semplice. La tesi segue dal fatto che la curva-tura scalare di ogni metrica invariante a sinistra su SL(2,R) e strettamentenegativa (cfr. § 3.2).

Si consiglia di controllare, a titolo di esercizio, la validita di questoteorema nel caso dei gruppi di Lie di dimensione 3.

N. Wallach considera il caso opposto a quello preso in esame da BerardBergery e prova il

Teorema 3.4.10 (Wallach [26]). Se il rivestimento universale G di ungruppo di Lie connesso G non e omeomorfo a Rn (cio equivale a richiedereche G contenga un sottogruppo compatto non commutativo) allora G am-mette una metrica invariante a sinistra di curvatura sezionale strettamentepositiva.

Concludiamo, infine, con un risultato relativo alla curvatura scalare.

Teorema 3.4.11 (Milnor [19], Berard Bergery [2], Jensen [16]). Sia Gun gruppo di Lie connesso e risolubile. La curvatura scalare di ogni metricainvariante a sinistra su G e negativa o nulla. Se la curvatura scalare e nullaallora la metrica e piatta.

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APPENDICE A

Spazi proiettivi e gruppi classici

Siano En = x ∈ Rn / ‖x‖ ≤ 1 il disco n–dimensionale, I l’intervalloreale chiuso [0, 1] e Sn−1 la sfera bordo di En.

Iniziamo con alcune osservazioni sulla topologia dei gruppi lineari.

a) L’applicazione

α 7−→(

α

det(α), det(α)

)e un isomorfismo da U(n) in SU(n)× S1 e da O(n) in SO(n)× −1, 1.

b) SO(2) e U(1) sono isomorfi a S1.c) SU(n), U(n) e SO(n) sono connessi per archi (cfr. [10], pag. 37).

Proprieta A.1 (decomposizione polare di una matrice). GL(n,C) (ri-spettivamente GL(n,R)) e omeomorfo a U(n)×Rn2

(rispettivamente a O(n)×R

n(n+1)2 ).In particolare, ogni matrice di GL(n,C) si puo rappresentare univoca-

mente come prodotto di una matrice unitaria e di una matrice hermitianacon autovalori positivi.

Dimostrazione. (cenno; i dettagli vengono lasciati per esercizio). Seα = (αij) ∈ gl(n,C), indichiamo con α∗ = (α∗ij) l’aggiunta di α, doveα∗ij = αji. Una matrice α si dice hermitiana se α = α∗. Una tale matricee diagonalizzabile e ha autovalori reali. Indicheremo con H lo spazio dellematrici hermitiane e con H+ quello delle matrici hermitiane definite positive(cioe con autovalori positivi). Si puo verificare che

(i) L’applicazione esponenziale exp: H −→ H+ e un omeomorfismo.(ii) Esiste un unico omeomorfismo f di H+ su se stesso tale che (f(α))2 =

α. In tal caso, si pone f(α) =√α.

(iii) Per ogni α ∈ GL(n,C), α∗α ∈ H+.(iv) h : (α, β) 7→ αβ e un omeomorfismo da U(n) × H+ su GL(n,C).

L’applicazione inversa e data da α 7→ (α(√α∗α)−1,

√α∗α). Inoltre, h

e pure un omeomorfismo di O(n)× (H+ ∩ gl(n,R)) su GL(n,R).

Proprieta A.2. SO(3,R) e isomorfo (come gruppo topologico) al quo-ziente di S3 (pensato come gruppo moltiplicativo dei quaternioni di norma1) modulo −I, I.

Dimostrazione. Sia H il corpo dei quaternioni (si veda l’Esercizio1.6.3). Ricordato che S3 = q = x0 + x1 i + x2 j + x3 k ∈ H / ‖q‖ = 1,

109

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110 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

per ogni q ∈ S3 l’applicazione A(q) : H −→ H, x 7−→ qxq−1 e una tra-sformazione ortogonale di H (considerato come spazio vettoriale e, quindi,identificato con R4) tale che

A(R3) ⊆ R3 = q ∈ H / q = x1 i+ x2 j + x3 k.

Viene dunque determinato, per ogni q ∈ S3, un elemento A(q) ∈ O(3); inaltri termini si ha un omomorfismo di gruppi A : S3 −→ O(3). Essendo S3

connesso, A(S3) ⊆ SO(3). Un elemento del nucleo di A deve commutarecon i, j, k, percio kerA = −I, I.

Resta da provare che A : S3 −→ SO(3) e suriettiva. Se B ∈ SO(3), Bdeve lasciare fisso almeno un vettore, cioe esiste un u 6= 0 in R3, con ‖u‖ = 1,tale che B(u) = u. Dato che B(u⊥) ⊆ u⊥ e dimu⊥ = 2, B|u⊥ : u⊥ −→ u⊥

e una rotazione di un certo angolo θ. Sia x ∈ u⊥ con ‖x‖ = 1; il prodottovettoriale u∧x e ortogonale sia ad u sia a x e, quindi, x,u∧x e una baseortonormale di u⊥ e B(x) = cos θ x+sin θ u∧x. Posto q = cos( θ2)+sin( θ2)u ∈H, u ∈ R3, si ha A(q) = B (basta osservare che se u e x sono quaternionipuri ux = u ∧ x), da cui segue la tesi.

Definizione A.3. Lo spazio proiettivo reale RPn e lo spazio quo-ziente di Rn+1 − 0 mediante la relazione di equivalenza che identifica ilvettore x ∈ Rn+1 − 0 con λx ∈ Rn+1 − 0, dove λ ∈ R − 0. In mo-do equivalente, RPn si puo ottenere dalla sfera Sn identificandone i puntiantipodali.

Definizione A.4. Lo spazio proiettivo complesso CPn e lo spazioquoziente di Cn+1 − 0 mediante la relazione di equivalenza che identificax ∈ Cn+1−0 con λx ∈ Cn+1−0, dove λ ∈ C−0. In modo equivalente,CPn si puo ottenere dalla sfera S2n+1 identificando i punti x e λx, doveλ ∈ S1.

Dati due spazi topologici X e Y , un sottospazio chiuso E di X e unaapplicazione continua f : E −→ Y , si definisce lo spazio incollamento diX e Y mediante f , denotato con X ∪f Y , nel modo seguente: si consideral’unione disgiunta X tY e si identificano x ∈ E e f(x) ∈ Y . In altri terminiX ∪f Y e il “push-out”

E

i

f // Y

h

Xk // X ∪f Y

ed e caratterizzato dalla seguente proprieta universale: per ogni spazio topo-logico Z e per ogni coppia di applicazioni continue l : Y −→ Z e m : X −→ Ztali che l f = m i, esiste un’unica applicazione continua q : X ∪f Y −→ Ztale che q h = l e q k = m.

Esempi.

(1) SeX = E2, E = S1, Y e un punto qualsiasi e f : S −→ Y e l’applicazionecostante, allora X ∪f Y = S2.

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Appendice A – Spazi proiettivi e gruppi classici 111

(2) SeX = E1, E e un punto qualsiasi, Y = S1 ed e introdotta l’applicazionecontinua f che manda E in y ∈ Y , allora X ∪f Y e dla “figura otto”(vedipag. 28).

Definizione A.5. Un CW–complesso n dimensionale e uno spaziotopologico X a cui e associata una filtrazione

X0 ⊆ X1 ⊆ · · · ⊆ Xn

(Xi e detto i–scheletro di X) tale che:(1) X0 e uno spazio topologico discreto;(2) Xi e ottenuto da Xi−1 incollando i–celle (una i–cella e uno spazio

omeomorfo al disco Ei). Piu precisamente, se Eiλλ∈Λ e una collezionedi i-celle, si considerino le funzioni di incollamento (dette funzionicaratteristiche) fλ : Si−1

λ −→ Xi−1 e si costruisca, per ogni λ ∈ Λ,lo spazio di incollamento Xi−1 ∪fλ

Eiλ. Xi e l’unione su λ degli spazitopologici ottenuti in questo modo.

Si noti che la restrizione dell’applicazione Eiλ −→ Xi−1 ∪fλEiλ all’interno

di Eiλ e un omeomorfismo. Si puo provare (cfr. [18]) che il tipo di omotopiadi X dipende solo dalla classe di omotopia delle funzioni caratteristiche.

Esempi.

(1) Ogni grafo finito (cioe con un numero finito di vertici e di archi) e unCW–complesso (per la definizione di grafo si veda, ad esempio, [10]).Si parta, infatti, da un insieme finito X0 di punti, si considerino dellefunzioni continue fλ da 0–sfere S0

λ (cioe da una coppia di punti) in X0 esi incollino delle 1–celle E2

λ mediante le fλ. Se fλ manda i due punti diS0λ in punti distinti si ottengono dei segmenti. Se, invece, fλ manda i due

punti di S0λ nello stesso punto si ottengono degli archi chiusi, omeomorfi

a S1.(2) Ogni complesso simpliciale e un CW–complesso.(3) Sn e un CW–complesso il cui 0–scheletro (che coincide con l’i–scheletro,

per ogni i ≥ n − 1) e un punto e l’n–scheletro e ottenuto dall’(n −1)–scheletro incollando una n–cella.

(4) RPn e un CW–complesso con filtrazione

RP0 ⊆ RP1 ⊆ · · · ⊆ RPn

e RPi e ottenuto da RPi−1 incollando una i-cella (cfr. Esercizio A.2).(5) CPn e un CW–complesso con filtrazione

CP0 ⊆ CP1 ⊆ · · · ⊆ CPn,

dove ogni CPi e il (2i)-scheletro e CPi e ottenuto da CPi−1 incollandouna (2i)-cella (cfr. Esercizio A.2).

Esercizi.

A.1 Si dimostri la Proprieta A.1.

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112 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

A.2 Provare che RPn (rispettivamente CPn) e omeomorfo allo spazio di in-collamento En∪pRPn−1 (rispettivamente E2n∪pCPn−1), dove p e l’ap-plicazione quoziente da Sn−1 in RPn−1 (rispettivamente da S2n−1 inCPn−1).

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APPENDICE B

Omotopia e gruppo fondamentale

In questa appendice verrano riportate alcune definizioni e proprieta del-l’omotopia e del gruppo fondamentale. La trattazione sara necessariamentemolto sintetica e non verra data alcuna dimostrazione. Per le dimostrazionie per maggiori dettagli sull’argomento si rimanda, ad esempio, a [11] oppurea [10].

Definizione B.1. Date due funzioni continue f, g : X −→ Y , si diceche f e omotopa a g, e si scrive f ∼ g, se esiste una funzione continuaF : X × I −→ Y (I indica, al solito, l’intervallo reale chiuso [0, 1]) tale che

F|X×0 = f, F|X×1 = g.

Geometricamente si puo pensare che f ∼ g se esiste una deformazionecontinua che manda f in g.

Non e difficile dimostrare che l’omotopia e una relazione di equivalenzanell’insieme delle funzioni continue da X in Y e che la composizione difunzioni omotope da luogo a funzioni ancora omotope. Ha dunque sensoconsiderare classi di funzioni omotope ed operare su queste in luogo dellesingole funzioni.

Definizione B.2. Un’applicazione continua f : X −→ Y e una equiva-lenza omotopica se esiste una seconda applicazione continua g : Y −→ Xtale che f g ∼ idY e g f ∼ idX .

Due spazi topologici equivalenti, a meno di omotopia, si diranno avere lostesso tipo di omotopia e saranno, in quest’ambito, indistinguibili. Infatti,si puo introdurre una classe di oggetti che sono, in questa categoria “banali”.

Definizione B.3. Uno spazio topologico X si dice contrattile se esisteun punto x0 ∈ X tale che l’identita di X e la funzione costante x0 sianoomotope (si dice che l’identita e omotopa a zero o inessenziale).

Si puo provare che uno spazio topologico X e contrattile se e solo se,per ogni spazio topologico Y ed ogni applicazione continua f : Y −→ X, siha che f e omotopa a zero (cioe ad una funzione costante).

Esempi.

(1) Rn e contrattile; ogni funzione continua a valori in Rn e omotopa a zero.(2) Il disco chiuso En (cfr. l’Appendice A) e contrattile; in generale ogni

sottospazio convesso di Rn e contrattile (Esercizio B.3).

113

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114 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Definizione B.4. Un sottospazio A di uno spazio topologico X si diceretratto di X se esiste una funzione continua r : X −→ A tale che, indicatacon j l’inclusione di A in X, si abbia r j = idA. A prende il nome diretratto di deformazione di X se, inoltre, j r e omotopa all’identita diX, in particolare se A e X hanno lo stesso tipo di omotopia.

Esempi.

(1) Sn−1 e un retratto di deformazione di Rn − 0 (Esercizio B.4).(2) S1 × 0 e un retratto di deformazione dei cilindri S1 × R e S1 × I.(3) La “figura otto e un retratto di deformazione del complementare di due

punti in R2 e del complementaren di un punto nel toro T 2.(4) S1 e un retratto di deformazione del nastro di Moebius.(5) S1 non e un retratto di E2 (Esercizio B.5).

Siano α, β : I −→ X due cammini con gli stessi punti iniziali e finali (cioeα(0) = β(0) = x0 e α(1) = β(1) = x1).

Definizione B.5. Si dice che α ∼ β rel (0, 1) se esiste un’omotopia con“estremi fissi” tra α e β, cioe se esiste un’omotopia F : I × I −→ X di α eβ tale che

F 0×I = x0, F 1×I = x1.

Se x0 = x1 allora α e β prendono il nome di cappi. In tal caso, si puodefinire il cappio prodotto α ∗ β come

(α ∗ β)(t) =

α(2t), 0 ≤ t ≤ 1

2

β(2t− 1), 12 ≤ t ≤ 1.

Valgono le seguenti proprieta.

(1) L’omotopia e una relazione di equivalenza nell’insieme dei cappi centratiin un punto x0.

(2) Il prodotto di cappi e ben definito nell’insieme quoziente dei cappi ri-spetto alla relazione di omotopia con estremi fissi. Indicata con [α] unaclasse di omotopia di cappi, si pone

[α ∗ β] = [α] ∗ [β].

(3) Sia π1(X,x0) l’insieme delle classi di equivalenza dei cappi centrati inx0, modulo la relazione di omotopia estremi fissi. Si puo provare cheπ1(X,x0) e un gruppo, detto gruppo fondamentale di X relativo alpunto base x0.

(4) Se f : (X,x0) −→ (Y, y0) e una funzione continua di X in Y che mandax0 in y0, allora l’applicazione

π1f : π1(X,x0) −→ π1(Y, y0), [α] 7−→ [f α]

e ben definita ed e un morfismo di gruppi. Inoltre π1 e un funtore, cioe

π1(id) = id, π1(g f) = π1g π1f.

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Appendice B – Omotopia e gruppo fondamentale 115

(5) Se X e connesso per cammini, il gruppo fondamentale di X non dipen-de dal punto base; piu precisamente se x0, x1 ∈ X, allora π1(X,x0) eisomorfo a π1(X,x1).

(6) Il gruppo fondamentale di un gruppo topologico (in particolare di ungruppo di Lie) e abeliano (Esercizio B.1).

Esempi.

(1) Il gruppo fondamentale di Rn e banale.(2) Il gruppo fondamentale di En e banale.(3) Si vedra in seguito che il gruppo fondamentale di S1 e isomorfo a Z.

Intuitivamente, si puo pensare che il suo generatore sia il cappio “ungiro”.

(4) Il gruppo fondamentale di Sn, per n ≥ 2, e banale.

Definizione B.6. Uno spazio connesso per cammini X si dice sempli-cemente connesso se π1(X) e banale.

Si prova (ma non e banale come potrebbe sembrare!) che uno spaziotopologico contrattile e semplicemente connesso. Inoltre, si puo dimostrareche il gruppo fondamentale di uno spazio topologico X dipende solo daltipo di omotopia di X. In altre parole, un’equivalenza omotopica induce unisomorfismo tra i gruppi di omotopia. In particolare, se A e un retratto dideformazione di X, A e X hanno gruppi fondamentali isomorfi.

Esempi.

(1) I complementari di un punto in Rn e in Sn−1 hanno lo stesso gruppofondamentale.

(2) Il nastro di Moebius e S1 hanno lo stesso gruppo di omotopia. Esisteuna retrazione che manda il nastro di Moebius nel suo bordo?

Alcuni teoremi permettono di calcolare il gruppo fondamentale di unospazio topologico riconducendosi al gruppo fondamentale di spazi topologici“piu semplici”.

Teorema B.7. π1(X × Y, (x0, y0)) ∼= π1(X,x0)× π1(Y, y0).

Da questo teorema si deduce, ad esempio, che il gruppo fondamentaledel toro e isomorfo a Z× Z.

Teorema B.8. Se X e un CW–complesso e X2 e il suo 2–scheletro,allora l’inclusione di X2 in X induce un isomorfismo tra π1(X2) e π1(X).

Esempi.

(1) Come conseguenza del Teorema B.8 si ha che Sn e semplicemente con-nesso per n ≥ 3. (Anche S2 e semplicemente connesso ma cio e unaconseguenza del prossimo risultato).

(2) CPn e semplicemente connesso.

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116 E. Abbena, S. Console, S. Garbiero – Gruppi di Lie

Teorema B.9 (di Seifert e Van Kampen). Se X = U ∪ V con U e Vaperti e U ∩ V non vuoto e connesso per cammini, allora il diagramma

π1(U ∩ V )

π1(i2)

π1(i1) // π1(U)

π1(j1)

π1(V )

π1(j2) // π1X

dove i1, i2, j1, j2 sono le inclusioni, e un diagramma di “push out”(cfr.l’Appendice A).

Corollario B.10. Si considerino valide le ipotesi del Teorema B.9.(1) Se U ∩V e semplicemente connesso allora π1(X) e isomorfo al prodotto

libero di π1(U) e π1(V ).(2) Se π1(i1) e π1(i2) sono isomorfismi allora anche π1j1 e π1j2 lo sono.

Come conseguenza del Teorema B.9 si puo dedurre che:(1) S2 e semplicemente connesso.(2) π1(RP2) ' Z2. Che cosa si puo dire di π1(RPn)?

Esercizi.

B.1 Sia G un gruppo topologico con prodotto · ed elemento neutro e. Indica-to con Ω(G, e) l’insieme dei cappi con punto base in e, se f, g ∈ Ω(G, e)si definisca il cappio prodotto f ~ g come

(f ~ g)(s) = f(s) · g(s).Si provi che:

i) (Ω(G, e),~) e un gruppo.ii) ~ induce una operazione ~ su π1(G, e).iii) L’operazione ~ e l’usuale prodotto di classi di cappi ∗ su π1(G, e)

coincidono (suggerimento: calcolare (f ∗ ce) ~ (ce ∗ g), dove ce e ilcappio costante in e).

iv) π1(G, e) e abeliano. (Suggerimento: definire una nuova operazione su Ω(G, e) tale che (f g)(s) = g(s) · f(s)).

B.2 Provare che CPn e semplicemente connesso.

B.3 Verificare che se X ⊆ Rn e un insieme convesso allora X e contrattile.

B.4 Dimostrare che il complementare di un punto in Rn ha Sn−1 comeretratto di deformazione.

B.5 Provare che S1 non e un retratto di E2.

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APPENDICE C

Rivestimenti

In questa appendice si intende dare la definizione di rivestimento diuno spazio topologico, che sara, poi, particolarizzata al caso di un gruppotopologico e di un gruppo di Lie.

Definizione C.1. Dati due spazi topologici E ed X e un’applicazionecontinua p : E −→ X, p si dice rivestimento di X se, per ogni x ∈ X,esiste un intorno aperto U di x tale che p−1(U) e l’unione disgiunta diaperti Ui di E ognuno dei quali e omeomorfo ad U mediante p|Ui

. L’intornoU si dice “coperto regolarmente” o “intorno trivializzante”. Gli aperti Uisono i fogli; p−1(x) e la fibra di x.

Come conseguenza immediata della Definizione C.1 si ha:

a) La fibra di ogni punto e discreta.b) p e un omeomorfismo locale.c) X e dotato della topologia quoziente.

Osservazioni.

1) Se X e una varieta differenziabile, si vede facilmente che E ha un’unicastruttura differenziabile per cui p e una applicazione differenziabile (cfr.[10]).

2) Un rivestimento e un caso particolare di fibrato: infatti un rivestimentoe un fibrato localmente triviale con fibra discreta. Il gruppo fondamen-tale π1(X) (cfr. l’Appendice B) puo essere considerato come gruppostrutturale del fibrato (pensato come gruppo di Lie discreto) e lo spazioomogeneo π1(X)/p∗π1(E) e la fibra. In quest’ottica, i fibrati principalisono dei particolari rivestimenti detti rivestimenti regolari (o di Galois).Per maggiori dettagli si veda, a questo proposito, [24].

Esempi.

(1) I rivestimenti della circonferenza S1 sono:a) id : S1 −→ S1.b) S1× (spazio discreto).

Questi due primi esempi sono, in un certo senso, “banali”.c) p : R −→ S1, dove S1 e identificato con l’insieme dei numeri complessi

di norma 1 (cfr. §I.1) e p : x 7→ e2πix.d) pn : S1 −→ S1 con pn : e2πix 7−→ e2πinx, ed n e numero naturale

fissato.

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(2) Per quanto riguarda i rivestimenti del toro, basta usare una proprietagenerale in cui si afferma che il prodotto cartesiano di rivestimenti eancora un rivestimento e utilizzare gli esempi precedenti.

(3) Un rivestimento di RPn e dato da p : Sn −→ RPn, dove p e l’applicazionequoziente.

Dati un rivestimento p : E −→ X, uno spazio topologico Y e un’ap-plicazione continua f : Y −→ X, si intende stabilire quando e possibile“sollevare”f ad un’applicazione continua f : Y −→ E. A questo propositovale il

Teorema C.2 (Unicita del sollevamento). Siano p : E −→ X un ri-vestimento e f : Y −→ X una funzione continua arbitraria, con Y spaziotopologico connesso. Se esiste una funzione continua f : Y −→ E (dettasollevamento di f) per cui p f = f e se, dati e0 ∈ E, x0 ∈ X, y0 ∈ Y ,si ha f(y0) = x0 e f(y0) = e0, allora, tale sollevamento e unico.

Sotto particolari ipotesi, il sollevamento di un’applicazione continua esempre possibile. Per esempio, vale il

Teorema C.3 (Sollevamento dei cammini). Sia p : E −→ X un rivesti-mento. Se σ e un cammino su X di punto iniziale x0 ∈ X, allora, per ognie0 ∈ p−1(x0), esiste un unico cammino σ′e0 di E tale che p σ′e0 = σ.

Esempio.Si prenda in considerazione il precedente Esempio (1) di pag. 117, punti

c) e d). Nel caso del rivestimento pn, un cappio “n giri di S1 si sollevaad un cappio, mentre un cappio “k giri”(k 6= n) si solleva soltanto ad uncammino. Nel caso del rivestimento p nessun cappio si solleva ad un cappio.Rivestimenti del tipo di p verranno chiamati universali; intuitivamente talirivestimenti “slegano tutti i cappi”.

Teorema C.4 (Sollevamento dell’omotopia). Siano p : E −→ X un ri-vestimento ed f : (Y, y0) −→ (X,x0) una funzione continua, dove f(y0) =x0, che ammette un sollevamento f ′ : (Y, y0) −→ (E, e0). Allora ogni omo-topia F : Y × I −→ X con F (y, 0) = f(y), per ogni y ∈ Y , puo esseresollevata ad un’omotopia F ′ : Y × I −→ E con F ′(y, 0) = f ′(y), per ogniy ∈ Y . Inoltre, se l’omotopia F lascia fisso un sottospazio W di Y , ancheF ′ fissa lo stesso sottospazio.

Corollario C.5. Sia p : E −→ X un rivestimento. Se σ e τ sonocammini in X con lo stesso punto iniziale x0 e σ ∼ τ rel (0, 1), alloraσ′e0 ∼ τ ′e0 rel (0, 1), per ogni e0 ∈ p−1(x0). In particolare, σ′e0 e τ ′e0 hanno lostesso punto finale.

Come applicazione dei “teoremi di sollevamento”ora enunciati, determi-niamo il gruppo fondamentale della circonferenza S1. Utilizzando il rive-stimento di S1 p : R −→ S1 (cfr. l’Esempio (1) di pag. 117, punto d)),definiamo un omomorfismo

ψ : π1(S1, 1) −→ Z, [σ] 7→ σ′e0(1),

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dove σ′e0 e il sollevamento di σ a partire dal punto 0 ∈ R. Si puo verificare(cfr. [11]) che ψ e un isomorfismo.

In generale, se G e un gruppo topologico semplicemente connesso e Hun suo sottogruppo normale e discreto, si ha:

(i) p : G −→ G/H e un rivestimento.(ii) π1(G/H) ∼= H = ker p.(iii) H e contenuto nel centro di G.

Le proprieta (i) e (iii) non dipendono dalla semplice connessione di G.

Corollario C.6. Se p : (E, e0) −→ (X,x0) e un rivestimento, alloraπ1(p) : π1(E, e0) −→ π1(X,x0) e un monomorfismo.

Si puo individuare una condizione necessaria e sufficiente affinche unafunzione continua tra due spazi topologici possa essere sollevata. Vale il

Teorema C.7 (Criterio di sollevamento delle funzioni). Dati un rivesti-mento p : (E, e0) −→ (X,x0), uno spazio topologico Y connesso e localmenteconnesso per archi, un’applicazione continua f : (Y, y0) −→ (X,x0) ammetteun (unico) sollevamento f ′ : (Y, y0) −→ (E, e0) se e solo se

π1(f)π1(Y, y0) ⊆ π1(p)π1(E, e0).

Definizione C.8. Un rivestimento p : U −→ X si dice universale selo spazio topologico U e semplicemente connesso.

Osservazione. Come conseguenza del Teorema C.7, il rivestimento uni-versale e unico a meno di omeomorfismi. Inoltre, se p : U −→ X e il rivesti-mento universale di uno spazio topologico X, e q : E −→ X e un rivestimen-to di X, allora esiste una funzione continua f : E −→ U tale che p f = q(f solleva q). In altre parole il rivestimento universale “riveste ogni altrorivestimento”.

Tutti gli spazi topologici di cui ci si e occupati in questo corso sonodotati di rivestimento universale. Infatti, se uno spazio topologico X e“quasi localmente semplicemente connesso”allora ammette il rivestimentouniversale. Tale condizione significa che, per ogni punto x ∈ X, esisteun intorno aperto V di x tale che l’omomorfismo (indotto dall’inclusione)π1(V ) −→ π1(X) sia il morfismo nullo. Chiaramente ogni varieta topologicagode di questa proprieta.

Si puo provare che ogni rivestimento di un gruppo topologico (rispetti-vamente, di Lie) e un gruppo topologico (di Lie). Questa e una conseguenzadel criterio di sollevamento dei cammini (Teorema C.3), che viene propostacome esercizio.

Esercizi.

C.1 Dimostrare che CPn e semplicemente connesso.

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C.2 Siano G un gruppo topologico semplicemente connesso e H un suosottogruppo normale e discreto. Si provi che

i) p : G −→ G/H e un rivestimento.ii) π1(G/H) ∼= H = ker p.iii) H e contenuto nel centro di G.

Le proprieta i) e iii) non dipendono dalla semplice connessione di G.

C.3 Siano p : E −→ X un rivestimento e x0 ∈ X. Si definisca un’azione diπ1(X,x0) sulla fibra p−1(x0) nel modo seguente:

p−1(x0)× π1(X,x0) −→ p−1(x0), (e, [σ]) 7−→ σ′e(1),

dove σ′e e il sollevamento di σ a partire dal punto e ∈ p−1(x0). Verificareche:

i) il sottogruppo di isotropia di un punto e0 ∈ p−1(x0) e p∗π1(E, e0).ii) Se E e connesso per archi, l’azione e transitiva (in particolare

i sottogruppi p∗π1(E, e) al variare di e in p−1(x0) sono tutticoniugati).

iii) p−1(x0) e in biiezione con π1(X,x0)/p∗π1(E, e0).

C.4 Provare che π1(RP2) ∼= Z2 e dedurre da questo risultato che ancheπ1(RPn) ∼= Z2 per n ≥ 2.

C.5 Siano X un gruppo topologico connesso e localmente connesso per archie p : E −→ X un rivestimento diX. Indicato con x0 l’elemento neutro diX e fissato un punto e0 ∈ p−1(x0), provare che esiste un’unica strutturadi gruppo topologico su E rispetto alla quale e0 e l’elemento neutro e p eun omomorfismo (suggerimento: si applichi il Teorema C.3 alle funzioni(p × p) m e p i, dove m : X ×X −→ X, (x, y) 7−→ xy, i : X −→ X,x 7−→ x−1).

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