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Un irreprensibile conte C ANDACE C AMP Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano Questo volume è stato stampato nel settembre 2011 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. 1 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24

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CANDACE CAMP

Un irreprensibile conte

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: An Affair Without End

Pocket Star Books © 2011 Candace Camp

Traduzione di Rossana Lanfredi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony Historical ottobre 2011

Seconda edizione I Grandi Romanzi Storici Special novembre 2011

Questo volume è stato stampato nel settembre 2011

presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn)

I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL

ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 150 dello 09/11/2011

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Londra, 1825 Londra era fredda, umida, sporca. E Lady Vivian Carlyle era felice di esserci. Il valletto in livrea sollevò la mano per aiutarla a scendere dalla carrozza, ma lei si fermò un istante davanti allo spor-tello aperto, gli occhi verdi brillanti di eccitazione. Era anco-ra gennaio, troppo presto cioè perché l'evento fosse conside-rato davvero prestigioso, e Lady Wilbourne non era certo fa-mosa per dare feste divertenti, ma nulla di tutto ciò aveva importanza. Quello che contava era che era tornata a Londra, si stava recando a un ballo e aveva tutta la Stagione monda-na davanti a sé. Finalmente scese dalla carrozza e salì i gradini che porta-vano alla casa. Aveva appena affidato il mantello a un dome-stico quando Lady Wilbourne, una donna piccola e vivace che le ricordava sempre un passero, si precipitò verso di lei, le mani protese, gli occhi scintillanti. «Lady Vivian! Sono così felice che siate venuta!» «Sono arrivata in città solo ieri. Vi prego di perdonarmi per non avervi risposto prima.» «Non pensateci nemmeno.» Lady Wilbourne fece un cenno di noncuranza con la mano. Entrambe sapevano che la presenza di Vivian avrebbe aumentato il prestigio della gentildonna per il resto della Stagione. «Sono lieta che ab-biate fatto in tempo a venire. Dev'essere stato difficile la-

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sciare Marchester. Una così splendida casa!» Vivian sorrise. Marchester, che la sua famiglia chiamava familiarmente il Palazzotto, era considerata una delle più ce-lebri, antiche dimore del paese, ma a dire la verità non era che un ammasso di vecchie pietre pieno di spifferi, e durante l'inverno la famiglia viveva soprattutto nell'ala più nuova, e-vitando il vasto atrio e le sale pubbliche dell'originario ca-stello medievale. Lei amava la residenza e la sua vista non mancava mai di provocarle un moto di orgoglio, ma per quel che riguardava le comodità preferiva decisamente la casa di Londra. «Suppongo vostro padre stia bene» continuò Lady Wil-bourne. «Che uomo delizioso. E Lord Seyre? Possiamo spe-rare che ci onori della sua presenza in città quest'anno?» Nel sentir menzionare il suo fratello maggiore, Vivian soffocò un altro sorriso. Gregory, quinto Marchese di Seyre, era forse il più ambito scapolo di tutta l'Inghilterra. Non ac-cadeva ogni giorno che un futuro duca comparisse in società, ed era una considerevole fortuna che fosse anche un giovane di amabile carattere e di aspetto alquanto gradevole. Purtrop-po per tutte le matrone del bel mondo in cerca di sistemazio-ne per le loro figlie, però, Gregory era un tipo timido e stu-dioso che di rado veniva a Londra e che evitava come la pe-ste le fanciulle civettuole. «Il duca sta bene, grazie» dichiarò Vivian. «E anche Se-yre, ma dubito che verrà a Londra. L'ultima volta che l'ho vi-sto era rintanato nella biblioteca.» Lady Wilbourne aggrottò la fronte, assumendo la stessa e-spressione perplessa che prendevano quasi tutti quando si menzionava la predilezione di Gregory per i libri e gli studi, ma replicò soltanto: «Che giovane intelligente». La gentildonna guidò poi Vivian per la stanza, assicuran-dosi che i suoi invitati la vedessero conversare fitto fitto con la figlia del Duca di Marchester, e intanto chiacchierava del-la Stagione mondana. Lady Vivian riteneva che la moda dei punti vita più bassi sarebbe durata? Lady Winterhaven sa-

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rebbe riuscita a dare un ballo ancora più grandioso di quello favoloso dell'anno precedente? E ancora, Lady Vivian aveva saputo della figlia più giovane di Mrs. Palmer, che si era ta-gliata i lunghi capelli biondi, restando con una testolina di riccioli tra i quali si riusciva a malapena a passare un nastro? «Si dice sia incantevole, un vero cherubino... o forse sera-fino, mi confondo sempre con queste cose. Tutti sperano che riesca ad avere lo stesso successo della sorella maggiore... dopotutto ha sposato un conte, e suppongo non si potesse fa-re a meno che fosse italiano. Temo però che questa minacci di essere tremenda. Ho sentito dire che Mrs. Palmer sta pen-sando di rinviare il suo debutto alla prossima Stagione, per evitare almeno di farla sembrare un ragazzino con addosso una sottana.» «Mmh. Oh, guardate, c'è Lady Ludley.» Con un certo sol-lievo Vivian vide al limitare della pista da ballo l'amica, in-tenta a chiacchierare con una dama più anziana. «Devo par-larle. E senza dubbio voi dovrete occuparvi dei vostri ospiti» disse. Rivolse poi uno dei suoi più affascinanti sorrisi alla padrona di casa, si complimentò con lei per la serata, e riuscì agilmente a sgusciar via. Vivian sarebbe stata in ogni caso felice di sottrarsi all'in-cessante fiume di parole di Lady Wilbourne, ma fu con sin-cero piacere che si avvicinò a Lady Charlotte Ludley, sua a-mica da quando entrambe avevano le vesti corte. Tuttavia, mentre lei continuava a essere una nubile convinta, Charlotte aveva sposato Lord Dudley nel corso della sua seconda Sta-gione mondana ed era ora la madre orgogliosa di una vivace nidiata di maschietti. «Charlotte, che gioia vederti. Di solito non torni a Londra così presto.» «Vivian!» Charlotte rivolse all'amica un sorriso deli-ziato, tendendole la mano. «In effetti, no, ma Ludley do-veva venire in città e io non potevo stare a casa, anche se ci tratterremo solo per due settimane. Vieni, conosci Lady Farring?»

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Le due amiche scambiarono qualche cortese parola con l'altra donna, poi si scusarono e si allontanarono dalla zona della sala dedicata al ballo. «Sono così felice di vederti!» Charlotte le strinse forte le mani. «E io di vedere te, ma ti prego... non dirai davvero che de-vi ripartire tra due settimane?» «Temo che gli affari di Ludley non richiederanno più tem-po.» «Così il resto della famiglia non è qui? Camelia e Lily? Oh, sono così impaziente di vederle debuttare.» «Arriveranno più tardi, ne sono sicura. Del resto a Londra non c'è ancora quasi nessuno. Infatti temevo che anche tu fossi ancora a Marchester.» «Ero impaziente di tornare» confessò Vivian. «Sono pas-sati quasi cinque mesi da quando ho lasciato la città. Credo questa sia la prima Piccola Stagione che perdo da quando ho debuttato.» Non a tutti interessava la vita mondana che sboc-ciava a Londra ogni autunno e che veniva chiamata Piccola Stagione, ma a Vivian piaceva quasi quanto l'elegante Sta-gione vera e propria. «Non riuscivo a credere che tu fossi rimasta tanto a lungo a Halstead House con tuo zio, specie visto che era scoppiata un'epidemia di morbillo.» «Oh, è stato terribile. Ho dovuto assistere Sabrina e puoi immaginare quanto mi sia piaciuto.» Roteò scherzosamente gli occhi. Sabrina era la giovane donna che suo zio aveva sposato dopo la morte della prima moglie. Era di pochi anni appena maggiore di Vivian e il loro rapporto era a dir poco difficile. «Ma non potevo certo lasciarli soli. E se non altro ho avuto la soddisfazione di vedere Sabrina tutta coperta di macchie rosse.» «Soltanto quello credo valesse qualunque prezzo. Ho an-che sentito dire che c'è stata un po' di agitazione a Willo-wmere. Non so perché io non ci sono mai quando succedono queste cose.»

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Willowmere era la residenza di campagna della famiglia di Charlotte. Distava poche miglia appena dalla dimora dello zio di Vivian ed era stato durante le frequenti visite estive a-gli zii che lei e Charlotte si erano conosciute. Nella grande, vecchia casa vivevano ora il cugino di Charlotte, il nono Conte di Stewkesbury, e il suo gruppetto di cugine america-ne. Le quattro ragazze, che avevano tutte quante delicati no-mi di fiori, ma che delicate non erano affatto, erano arrivate a Londra alla fine della Stagione mondana precedente. Era stato subito chiaro che, con la loro parlata schietta e i modi sbrigativi, non erano pronte per affrontare la società londine-se, così erano state spedite a Willowmere perché fossero pre-parate al debutto. Come Charlotte, Vivian aveva trovato le quattro ragazze fresche e incantevoli. Nonostante fosse stato evidente che le sorelle Bascombe avevano bisogno di una lucidatina prima di entrare in società, Vivian aveva prontamente accettato di essere la loro madrina durante la Stagione che stava per co-minciare, e nel periodo che aveva trascorso a casa dello zio si era affezionata ancora di più a loro. Ricordando gli eventi dell'autunno appena trascorso, Vi-vian rise. «Le cose tendono ad accadere ovunque ci siano le sorelle Bascombe. Se non si tratta di rapitori che compaiono dal nulla, allora sarà qualche aeronauta francese che cade dal cielo. Se devo essere sincera ho trovato Marchester alquanto noiosa dopo essere stata per qualche mese nei paraggi delle tue cugine.» «Dimmi, che cosa ti è mancato di più... le bravate di Lily e Camelia o i tuoi battibecchi con Stewkesbury?» Una luce maliziosa illuminava gli occhi di Charlotte. «Stewkesbury?» Vivian fece una smorfia. «Come se po-tessero mancarmi le sue critiche.» L'ultima cosa che intendeva confessare all'amica era che più di una volta, mentre si trovava a casa del padre, si era ri-trovata a pensare a una certa, acuta osservazione che inten-deva rivolgere al conte, solo per rendersi conto, un momento

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dopo e con un notevole disappunto, che Stewkesbury non c'era. «E io che credevo fossi sempre tu a criticare lui...» Vivian sbuffò alquanto inelegantemente. «Non lo critiche-rei se lui non fosse sempre così arrogante e presuntuoso.» Charlotte scosse la testa, emettendo un suono che stava a metà tra una risata e un sospiro. «E Oliver non è mai così ar-rogante come quando tu sei nelle vicinanze.» «Allora capisci ciò che intendo.» Scrollò le spalle. «Io e lui non possiamo proprio andar d'accordo.» «Sì, ma quello che è strano è che voi due sembrate diver-tirvi un mondo a non andare d'accordo.» Vivian lanciò un'occhiata all'amica e scoprì che la fissava con un'espressione furbetta. «Non so davvero di che cosa tu stia parlando.» «Mmh. Eppure, se non ricordo male, appena pochi mesi fa mi hai confessato che un tempo avevi un debole per Oliver.» Vivian arrossì. «Quando avevo quattordici anni! Santo cielo, spero tu non pensi che io abbia ancora una specie di... adolescenziale infatuazione per lui.» «No, sono sicura di no. Se ti interessasse davvero un uo-mo, credo che faresti qualcosa.» Vivian reclinò il capo da un lato, pensierosa. «Suppongo di sì... se quell'uomo ci fosse.» «E se tu fossi cosciente di quello che provi.» «Come hai detto?» Vivian sgranò gli occhi, sbigottita. «Stai dicendo che... pensi che...» Le sopracciglia inarcate, Charlotte si limitò ad aspettare che la sua di solito loquace amica trovasse le parole per dire ciò che intendeva. «Oliver non m'interessa» dichiarò alla fine Vivian. «E cre-dimi, conosco i miei sentimenti.» «Naturalmente.» «Ammetto» continuò l'altra, «che Stewkesbury è un uomo attraente. Del resto è ovvio.» «Naturalmente.»

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«Non c'è nulla di sgradevole nel suo volto o nella sua cor-poratura.» «No, certo che no.» «È anche intelligente, anche se spesso irritantemente limi-tato nel suo modo di pensare. Cavalca bene. Balla bene.» «Non occorre nemmeno dirlo.» Negli occhi di Charlotte danzava il riso, anche se le sue labbra restavano ben stret-te. «Sono sicura che sia braccato da giovani donne in cerca di marito, come accade a mio fratello.» «Mmh.» «Ma a me il matrimonio non interessa. E non sono tanto sciocca da pensare che possa esistere una qualche possibilità di intesa tra me e Stewkesbury.» «Sarà... ma io non posso fare a meno di notare che sem-bri... felice quando ti lanci con il cugino Oliver in uno dei vostri duelli verbali.» Un lieve sorriso incurvò le labbra di Vivian. «In effetti a volte è divertente.» «Anche se lui non ti piace.» «Non ho detto che non mi piace» fu la repentina protesta. «No?» Charlotte fissò l'amica. «Certo che no. Anzi, non c'è nessuno di cui mi fiderei di più se avessi bisogno di aiuto.» Si fermò, poi aggiunse in to-no giudizioso: «Anche se, naturalmente, dopo lui diventereb-be insopportabile e mi direbbe quanto sono stata sciocca». Una risatina. «Sì, credo che lo farebbe.» «Ma noi due insieme? Oh, saremmo come l'acqua e l'o-lio.» «Mi dispiace sentirtelo dire, perché credo che voi due do-vrete stare spesso insieme in questa Stagione, visto che tu sarai la madrina di Lily e Camelia.» «Oh, non credo che sarà un problema.» Vivian congedò l'argomento con un gesto di noncuranza. «Sono sicura che Stewkesbury sarà quasi sempre a Willowmere, come fa di solito.»

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«Non ci conterei» ribatté Charlotte in tono asciutto, guar-dando oltre l'amica. E infatti, un istante dopo, una profonda voce maschile e-cheggiò nella stanza. «Lady Vivian. Cugina Charlotte.» Vivian si sentì all'improvviso le gote bollenti e le mani gelate. «Stewkesbury!» Stewkesbury attraversò a passo deciso la stanza. Alto e snello, indossava pantaloni e giacca neri, e una camicia can-dida decorata in modo piuttosto tradizionale da una cascata di ruches sul davanti. La sua cravatta bianca era annodata in modo semplice e trattenuta da una spilla di onice. Né all'ulti-ma moda né antiquati, i suoi abiti erano della migliore quali-tà e impeccabilmente tagliati, ma senza la minima ostenta-zione. I capelli scuri erano corti, più per comodità che per moda, e se non aveva il volto perfetto di suo fratello Fitz, era pur sempre – come aveva detto Vivian – un uomo attraente, con lineamenti regolari e calmi occhi grigi. Aveva visto la cugina e Lady Vivian appena era entrato nella sala da ballo. A dirla tutta, pensò, sarebbe stato diffici-le non notare Lady Vivian, con quell'abito di raso nero com-pletato da una leggera sopravveste dello stesso colore, che metteva in risalto il candore delle sue spalle e del lungo col-lo, e i capelli ramati che ardevano come una torcia. Quella era una delle cose che più lo irritavano della gen-tildonna: non si confondeva mai con gli altri, non entrava mai silenziosamente in una stanza. All'improvviso c'era. Mentre le andava incontro, si chiese come facesse mai a rendere un semplice abito nero da ballo elegante e tanto se-ducente. Vivian Carlyle era una dama di classe e raffinata, ma c'era qualcosa in lei che faceva subito pensare a passioni illecite e segrete. Oliver non capiva se fosse il modo in cui le sue labbra si incurvavano appena in un lento sorriso e i suoi occhi verdi s'illuminavano come se soltanto la persona che stava guardando potesse condividere il suo umorismo; oppu-re se fosse la delicata piega che prendevano i riccioli che le sfioravano il candido collo affusolato, o forse ancora il modo

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in cui si muoveva, senza rigidità né timidezza, il corpo mor-bido e arrendevole. Qualunque cosa fosse, era certo che solo un morto potesse guardare Vivian e non immaginare, almeno per un istante, di averla fra le braccia e di sentire quella sua pelle setosa sotto le dita. Di sicuro lui stesso si era ritrovato a indulgere in una simile fantasia in più di un'occasione, eppure riteneva di es-sere più immune di molti altri al fascino della signora in questione. Dopotutto, la conosceva da quando era una bim-betta goffa, tutta spigoli, risatine e dispetti, con quei fieri ca-pelli stretti in due trecce allora arancioni sulla schiena. Lei era stata il flagello delle sue estati di studente di Oxford, sempre impegnata in qualche monelleria con sua cugina. A dire il vero aveva ancora il potere di irritarlo come nessun altro e Dio solo sapeva perché lui aveva accettato di lasciarle fare da madrina alle sue cugine americane. Il fatto che occu-passe una posizione di assoluto prestigio nella società londi-nese non valeva certo il fastidio di dover avere a che fare quotidianamente con lei. Da una settimana Oliver si aspettava di vederla. La vita sociale che Londra offriva era come cibo e vino per Vivian, e se altri avrebbero potuto stancarsi di quell'incessante turbi-nio di attività lei invece se ne nutriva per sbocciare come un fiore. Di rado restava lontano dalla città per più di un mese o due, ed era stato alquanto insolito per lei trascorrere tanto tempo nella casa dello zio in campagna, come era capitato negli ultimi mesi. O meglio, si corresse, nella casa dello zio e a Willowmere, visto che gli era sembrato che lei fosse sempre là, il suo profumo che aleggiava nell'aria, la sua risa-ta che risuonava in qualche corridoio, oppure seduta a tavola di fronte a lui, il riso negli occhi mentre era impegnata in uno dei loro consueti duelli verbali. La casa era diventata co-sì tranquilla da quando era tornata a Marchester, così silen-ziosa e in qualche modo più vuota. Andava davvero contro la sua natura, si disse Oliver, ri-nunciare a quella tranquillità e a quel silenzio, per mettersi

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volontariamente lungo la strada di Vivian. Tuttavia non era certo uomo da sottrarsi alle responsabilità, e in quel periodo era responsabile delle sue nuove cugine americane e della lo-ro prima Stagione mondana. Doveva sorvegliarle, e ciò si-gnificava sorvegliare anche Lady Vivian, soprattutto dal mo-mento che Eve – la quale avrebbe dovuto essere la loro chaperon – aveva sposato suo fratello Fitz e non avrebbe po-tuto più tenere costantemente d'occhio le ragazze. Lily non lo preoccupava. Era già fidanzata e perciò al si-curo dalla educata quanto accanita gara di caccia al marito che caratterizzava ogni Stagione, inoltre sembrava più adatta di Camelia a tutte le varie attività sociali - i ricevimenti, le compere, i teatri, le visite di cortesia, i pettegolezzi. Era Ca-melia, con i suoi modi sbrigativi e la sua schiettezza, la tanto americana Camelia, quella che probabilmente avrebbe sba-gliato, che avrebbe protestato contro una certa regola oppure l'avrebbe infranta, e non per cattiveria o per il gusto di tra-sgredire, ma semplicemente perché i dogmi del bel mondo le erano incomprensibili come il sanscrito. La cosa positiva di Lady Vivian era che, nonostante fosse la figlia di un duca, era un po' come Camelia e perciò ne comprendeva – e prevedeva – le azioni. La cosa negativa era che, essendo come lei, avrebbe potuto - e con la stessa pro-babilità - sia dissuadere la fanciulla dal lanciarsi in chissà quale folle impresa sia unirsi allegramente a lei. A quel pensiero Oliver serrò le labbra. L'unica cosa da fa-re, lo sapeva, era tenere d'occhio la cugina Camelia e Lady Vivian. Per lui quello significava partecipare a molti più ri-cevimenti ed eventi mondani di quanto gli sarebbe piaciuto, così come trascorrere molto - troppo - tempo accanto a una donna che metteva a dura prova la sua pazienza. Ma non c'e-ra alternativa, non poteva certo abbandonare sua cugina. No-nostante infatti il comportamento spesso ribelle, Camelia era sincera e onesta, una vera anima innocente tra tutti i membri dell'alta società, ben più sofisticati e pericolosi. E così lui a-vrebbe partecipato ai ricevimenti. Avrebbe sopportato Lady

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Vivian. E, promise a se stesso, avrebbe cercato di andare d'accordo con lei, non importava quanto quello potesse logo-rargli i nervi. La sua decisione venne messa a dura prova nel momento stesso in cui Vivian si voltò per salutarlo, e Oliver vide da vicino il suo vestito. La scollatura a forma di cuore, ampia e profonda, le scopriva generosamente i seni e le spalle. Il raso fasciava le sue forme e il filo di perline di giaietto che le a-dornava il collo sembrava disegnato apposta per attirare lo sguardo sulla candida curva del suo seno. Un fremito di de-siderio, fiero e improvviso, lo attraversò e soltanto anni di allenamento gli permisero di conservare un'espressione im-passibile. «Stewkesbury.» Vivian gli sorrise in quel suo solito mo-do, un modo che faceva pensare a segreti maliziosi, a risate furtive. Lui sapeva bene che lei lo considerava un tipo disperata-mente noioso, spesso aveva addirittura il sospetto che rides-se di lui, cosa che lo faceva essere ancora più rigido in sua presenza. Rispondendo al suo saluto, si esibì in un impecca-bile inchino. «Che bello vedervi» continuò lei. «Lily e Camelia sono con voi?» «No, sono arrivato da solo la scorsa settimana. Le Ba-scombe verranno più tardi, insieme a Fitz ed Eve. Sono si-curo che ormai non manca molto.» A dispetto di tutti i suoi sforzi, non riusciva a staccare gli occhi dal suo seno. Acci-denti a lei, si veste in un modo che fa perdere la concentra-zione. «Sono sorpresa di trovarvi qui da solo» proseguì Vivian. «So che non venite spesso a Londra.» Oliver non capì il perché, ma quelle parole lo irritarono. «Al contrario, milady, io sono spesso in città. Non capisco perché la gente continui a pensare che sono sempre rintanato a Willowmere.» «Perché non vi si vede mai da nessuna parte.»

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«Ebbene sono a Londra. Solo che non passo tutto il mio tempo ai ricevimenti.» «Ah, capisco.» Un sorriso tremava agli angoli della bocca di Vivian. «Senza dubbio sarete impegnato in attività molto più utili.» Eccola di nuovo, pensò Oliver, eccola a deriderlo per la sua noiosa personalità. A volte immaginava quanto sarebbe stato divertente dire qualcosa di oltraggioso, solo per vedere la sorpresa su quel volto. Ma naturalmente quella sarebbe stata una cosa davvero sciocca da fare, e così disse soltanto: «Di solito sono qui per affari». Sua cugina, che aveva assistito al loro scambio, parlò per la prima volta. «Oh, Oliver, ma di certo il lavoro non occu-perà anche tutte le tue sere. Potresti almeno intervenire a una cena, a un ballo o due.» Vivian guardò Oliver, una luce maliziosa negli occhi. «Sospetto, cara Charlotte, che tuo cugino trovi estremamente noiose cose come i balli e le cene. Non è così, Stewke-sbury?» «Niente affatto» replicò lui in tono asciutto, sostenendo lo sguardo di Vivian con quella che sembrava un'espressione di sfida negli occhi grigi. «Li trovo invece anche troppo ecci-tanti per una natura posata come la mia. Potrei restarne scon-volto.» Vivian ridacchiò. «Ecco, questo è qualcosa che mi piace-rebbe proprio vedere. Mi sono sempre chiesta che cosa po-trebbe sconvolgervi.» «Ah, Lady Vivian, proprio voi dovreste sapere quanto sia facile, visto che siete più volte riuscita nell'impresa.» Lei esitò, un po' sorpresa. Poi chiuse il ventaglio e glielo batté piano sulla spalla, una luce negli occhi. «Un compli-mento molto grazioso, milord. Sono colpita.» «Non me ne ritenevate capace?» «Oh no, voi ne siete del tutto capace. Dimenticate che vi ho sentito parlare con le dame, ma non vi avrei mai creduto incline a fare un complimento a me.»

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Oliver inarcò le sopracciglia. «Che idea vi siete fatta di me, milady! Sembro tanto villano?» «No, non villano, ma forse incapace di cortesi adulazio-ni.» A quel punto fu Oliver a sembrare sorpreso. Cortesi adu-lazioni? Davvero Vivian pensava che lui non si fosse accorto della sua bellezza, e dell'effetto che aveva sugli uomini? Non si rendeva conto che persino in quel momento, mentre chiac-chierava con lei avendo cura di mantenere un'espressione composta sul viso, la sua vicinanza gli pizzicava i nervi? Che il suo profumo gli stuzzicava i sensi e gli faceva scorre-re il sangue più veloce nelle vene? Oliver presumeva che lei avesse scelto quel vestito, che si fosse messa il profumo die-tro le orecchie nella speranza di provocare proprio quella re-azione. E dunque la sola possibile spiegazione della sua sor-presa era che non si aspettava che lui reagisse come un uo-mo. Quell'idea lo irritò. Le appariva dunque tanto compassato, tanto noioso? «Carissima Vivian» replicò, in un tono di voce un po' a-spro, «sospetto che vi stupireste se sapeste quello di cui sono capace.» Lei aprì un poco di più gli occhi e Oliver ebbe la soddisfa-zione di vedere che le sue parole l'avevano colta alla sprov-vista. Ignorando il sussulto stupefatto di sua cugina, tese una mano a Vivian. «Volete concedermi questo ballo, milady?» Ma che cosa gli era preso? Per un momento Vivian riuscì solo a fissare Stewkesbury, sbigottita. Non era la prima vol-ta che lui le chiedeva di ballare, e neppure che le faceva un complimento. Era sicura che altre volte avessero volteggiato insieme in una sala da ballo, così come altre volte lui le a-veva detto che era incantevole. Il fatto era che quei com-plimenti, quegli inviti a danzare erano sempre stati cortesi, previsti, facevano parte del mondo in cui entrambi viveva-no. E lui doveva averle offerto il braccio per scortarla a una

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cena perché lei era la donna di più alto rango presente, di certo l'aveva fatta danzare dopo avere doverosamente invi-tato Charlotte, qualche altra parente, oppure la padrona di casa. Quella sera però c'era qualcosa di diverso in lui, nei suoi occhi, nel tono della sua voce quando le parlava. Il compli-mento che le aveva fatto non era stupefacente, ma non era nemmeno stato il solito, blando apprezzamento che si ascolta di continuo. E le sue parole avevano avuto un che di spaval-do. A dirla tutta, quell'invito le era parso una vera e propria sfida. Ebbene, Vivian non era certo tipo da ignorare una sfida. Così, le labbra atteggiate a un sorriso, posò la mano su quella di lui. «Ma certo, milord, ne sarei onorata.» Presero dunque posto nell'area della sala destinata al bal-lo. Le coppie si andavano sistemando intorno a loro e Vivian si accorse solo allora che non prendevano la posizione di un cotillon o di una danza di campagna, ma quella di un valzer. Mentre una certa tensione saliva dentro di lei, guardò Oliver. Aveva mai danzato un valzer con lui? No, non ricordava di averlo fatto. Naturalmente non era più considerato un ballo tanto scandaloso, e per lei non era una novità, perciò non v'era nessuna ragione di sentirsi tanto nervosa. Eppure Vivian doveva riconoscere che Oliver aveva sempre avuto la capacità di intimorirla un poco, e quella era una qualità rara, rifletté, poiché, a ventotto anni, lei era una donna indipendente, che in genere faceva ciò che desi-derava. Con un suo patrimonio personale e unica figlia femmina di un duca, non era sotto il controllo di nessun uomo. Nel corso degli ultimi dieci anni aveva avuto molti pretendenti, ma nessuno era mai riuscito a conquistarla ed era certa che nessuno ci sarebbe riuscito in futuro. Di tanto in tanto si concedeva un breve amoreggiamento e aveva un gran nu-mero di ammiratori, tra i quali scegliere quando voleva es-sere accompagnata a un ballo o a teatro. Spesso però deci-

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deva, come aveva fatto quella sera, di intervenire da sola. In breve, Vivian sentiva di poter tenere a bada qualunque uo-mo. Ma Oliver... in qualche modo Oliver era diverso. Forse perché lo conosceva da quando era una ragazzina goffa e in-sicura, e lui allora le era sembrato tanto più grande e maturo. Forse era stata l'infatuazione adolescenziale che aveva avuto per lui, non solo non ricambiata, ma nemmeno notata. O for-se era semplicemente il fatto che lui fosse il tipo di uomo sempre, invariabilmente, irritantemente corretto, con le paro-le, con le azioni... persino con i pensieri. Una volta aveva sentito Fitz lamentarsi del peso della perfezione che il fatto di avere un fratello come Oliver gli aveva scaricato sulle spalle, e aveva capito benissimo che cosa il giovane aveva inteso. Il Conte di Stewkesbury costituiva un modello di comportamento spaventosamente elevato. In ogni caso lei non poteva impedirsi di dubitare che il suo punto di vista su qualsiasi argomento fosse, se non necessariamente giusto, di sicuro sempre il più corretto. Comunque, il fatto che lui potesse intimidirla non signifi-cava certo che lei intendesse permettergli di farlo. Così sol-levò un poco il mento e lo guardò dritto in faccia. I suoi oc-chi avevano un'espressione che non riuscì a interpretare, e un piccolo, strano fremito le contrasse lo stomaco. In quel mo-mento l'orchestra cominciò a suonare e lui le prese una ma-no, poi le si avvicinò un po' di più, posandole l'altra sulla vi-ta. Mentre il fremito allo stomaco diventava più intenso, Vi-vian si sentì avvampare, quasi imbarazzata di quella vicinan-za; allora distolse lo sguardo, concentrandosi sui passi. Era una cosa alquanto sciocca, si disse, sentirsi così ballando un valzer con Oliver. Dopotutto lo conosceva da sempre, e se era praticamente stretta fra le sue braccia, in lui, nel suo at-teggiamento, non c'era nulla di intimo, di amoroso. Era come danzare con un fratello... solo che no, non era affatto come danzare con un fratello.

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Vivian era acutamente cosciente di come la mano del con-te stringeva la sua, della lieve pressione delle dita sulla vita. Anche attraverso il vestito, quel tocco le sembrava strana-mente intimo. Il profumo maschile della sua colonia le stuz-zicava i sensi, e non poté fare a meno di ricordare le emozio-ni che aveva provato da ragazzina. Sollevò il viso e lo osservò, inconsapevole del lento, so-gnante sorriso che le incurvava le labbra e le illuminava lo sguardo. Oliver la strinse impercettibilmente di più a sé, poi però distolse in fretta il viso e le sue dita si rilassarono. Men-tre guardava gli altri ballerini, una ruga cominciò a solcargli la fronte. «A quanto pare siamo l'oggetto di numerosi sguardi» dis-se, poi tornò voltarsi verso di lei e aggrottò ancora di più la fronte. «Senza dubbio è per l'abito che indossate.» Vivian tornò di colpo alla realtà. Come ho potuto pensa-re che fosse cambiato? «Il mio abito?» replicò, acciglian-dosi. «Credete che la gente ci guardi per il mio abito? Non penso intendiate dire che ciò accade perché è all'ultima moda.» «Svela molto più di quanto la decenza imporrebbe» sibilò a denti stretti. Gli occhi di Vivian mandavano lampi. «Non c'è nulla di sconveniente nel mio abito, ve lo assicuro. La scollatura di Mrs. Treherne è molto più profonda della mia.» «Volete paragonarvi a Mrs. Treherne?» «Io non voglio essere paragonata a nessuno. Siete stato voi a commentare il mio abito. Io volevo solo farvi notare che ci sono molte donne con vestiti ben più indecenti del mio, eppure non vedo nessuno che le fissa.» «Perché loro non hanno l'aspetto che avete voi nel vo-stro.» Lei lo osservò, perplessa. «Non so se prenderlo come un complimento o un insulto.» Lui parve vagamente sorpreso. «In effetti non lo so nem-meno io.»

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Vivian non riuscì a trattenere una risatina. «Ah, Stewke-sbury, siete davvero senza speranza. Vi siete mai guardato allo specchio? Avete visto che non siete vecchio?» Non era giusto, si disse, che un uomo potesse avere simi-li, irresistibili occhi color peltro, per non menzionare un sorriso che gl'illuminava di colpo il viso tanto da far ferma-re il cuore di chi lo guardava, ed essere così irrimediabil-mente serio. «State dicendo» rispose Oliver, con voce tesa, «che biso-gna essere vecchi per comportarsi secondo certi canoni di...» «No. Sto dicendo che nessun uomo giovane mi ha mai cri-ticata per aver esposto troppo il seno.» Oliver avvampò, un lampo gl'illuminò per un momento gli occhi. «Vivian! Fate attenzione alle vostre parole. Non tutti vi conoscono come me e qualcuno potrebbe prendere nel modo sbagliato questa vostra libertà di linguaggio.» «Ma voi non lo fareste mai.» Un sospiro: era inutile ar-rabbiarsi. Oliver si stava semplicemente comportando da Oliver, dopotutto. Così reclinò la testa da un lato e gli sor-rise. «Vi prego... non litighiamo, soprattutto per qualcosa di così poco importante come il mio vestito. La musica è trop-po bella e io sono troppo felice di trovarmi di nuovo a Lon-dra.» «Certamente.» Le rivolse un breve cenno del capo. «Non avevo intenzione di litigare con voi.» Dopo una pausa ag-giunse: «Com'era Marchester? È stato un soggiorno piacevo-le?». «Sì.» Vivian per prima si rese conto del tono spento, privo d'interesse della propria voce, e in fretta continuò: «Non po-trei immaginare di passare il Natale da nessun'altra parte. Marchester è casa». «E questo significa molto» concordò Oliver. Vivian sospettava significasse molto più per lui che per lei, ma tacque. «Sono sempre felice di vedere mio padre e Gregory.»

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«Come sta Seyre? Sempre sepolto nei suoi libri?» Vivian annuì, con una risatina affettuosa. «E nella sua corrispondenza. Gregory riceve lettere e pacchi da ogni parte del mondo... gentiluomini agricoltori in America, direttori di piantagioni di tè a Ceylon, esploratori in giro per il globo. Al momento la sua passione sono le piante e credo che abbia in-tenzione di costruire un'altra serra.» «Sì, di tanto in tanto parlo con lui dei raccolti e devo dire che ha qualche idea interessante.» Vivian sorrise. Ben pochi oltre a Oliver e suo fratello a-vrebbero definito interessante una conversazione su un simi-le argomento. «Credo che la possibilità di fare esperimenti con le fattorie sia una delle poche cose che lo fa riconciliare con la prospettiva di ereditare un giorno il titolo. Natural-mente la maggior parte dei fittavoli lo crede un po' matto... innocuo e di buon cuore, ma un po' toccato.» «Sono sicuro che la sua gente gli voglia molto bene.» «In effetti è così... ma non credo ritengano che lui possa diventare un buon duca, non come lo è nostro padre.» «Preferiscono vostro padre?» «Non dovete sorprendervene tanto.» «Mi dispiace.» Pareva un poco confuso. «Io non intende-vo dire...» «Che il duca è un po' stravagante? Il tipo che scappa a Londra invece di girare per le sue terre? Che non ha mai controllato un registro contabile in tutta la sua vita?» Ridac-chiò della sua espressione addolorata. Era evidente che Oli-ver non approvava quel genere di comportamento, ma era troppo gentile per dirlo. «La verità è che sì, loro credono che mio padre sia esattamente come dovrebbe essere il Duca di Marchester. Ciò non significa che gradirebbero qualcuno co-me mio nonno, naturalmente: tutti concordano su fatto che fosse un vero e proprio libertino. Vedete, mio padre è la giu-sta mescolanza di fascino e arroganza. Dopotutto, si suppone che a un duca non debba importare di nulla, né che si debba preoccupare di nulla.»

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«Mmh.» Lui sembrò non avere molto da osservare in pro-posito. Per alcuni momenti volteggiarono in silenzio lungo la sa-la. Vivian scoprì che era facile seguire i suoi passi, la mano che le teneva sulla vita la guidava senza spingerla, né tirarla. Ci si sentiva sempre al sicuro con Stewkesbury, considerò, e se quello non lo rendeva un uomo terribilmente eccitante di certo era una caratteristica molto positiva in un compagno di ballo. A dirla tutta, era molto positiva sotto diversi altri a-spetti. Specialmente, rifletté Vivian, quando l'uomo in que-stione aveva una bocca decisa ma sensuale, ampie spalle... e quella ciocca di capelli che gli sfiorava il collo. «Sono sorpreso che vi siate trattenuta così poco a casa» osservò il conte dopo un momento, interrompendo le sue fantasticherie. «Oh!» Lei si domandò con un certo imbarazzo se avesse notato il suo sguardo scrutatore. «Ecco...» Scrollò le spalle e aggiunse: «Io voglio molto bene a mio padre e a Gregory, ma c'è ben poco da fare a casa. Fa troppo freddo per passeg-giare o cavalcare... anche se ben poco scoraggia Gregory dall'uscire a cavallo. La casa è stata ridecorata per Natale, ma se ne sono occupati bene Falworth e Mrs. Minton. Loro dirigono Marchester senza bisogno dei miei consigli, come del resto fanno per il resto dell'anno. E Gregory di solito è chiuso nel suo studio, in biblioteca o nella serra». «Credevo che dopo il periodo a Halstead avreste trovato riposante la quiete di Marchester.» Vivian sorrise. «Sì, ma se certo non mi auguro una replica del morbillo e tutto il resto è pur vero che dallo zio non mi sono mai annoiata.» «Ne sono sicuro, almeno da quando le mie cugine sono arrivate a Willowmere.» Un sorriso mesto incurvò le labbra del conte. «Prima, ricordo che era tutto molto tranquillo.» «Vedete, avrei anche potuto sopportare la noia a casa, ma poi per Natale sono arrivati mio fratello Jerome, sua moglie Elizabeth e la loro turba di monelli.»

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Oliver sogghignò, e per un momento sembrò molto più giovane. «Suppongo che non siate una zia in costante adora-zione dei suoi nipotini.» Vivian non poté fare a meno di rispondere al suo sorriso. In momenti come quello, quando Oliver era caldo, aperto, quando l'allegria gl'illuminava il viso, era impossibile non restarne affascinati, e lei aveva voglia di dire o fare qualun-que cosa per far sì che non mutasse atteggiamento. «No, in-fatti, non credo di esserlo, ma i miei nipotini non sono certo bambini adorabili. Quando non piagnucolano o si lamentano, corrono urlando per le stanze. Tuttavia non era solo questo. Il fatto è che Jerome ed Elizabeth non si sopportano, e non sarebbe un problema, suppongo, se solo stessero separati. Loro invece sembrano determinati a infliggersi la loro reci-proca presenza, e a infliggerla a noi.» «Credevo che la loro fosse una unione d'amore.» «Lo è stata... un tempo, tuttavia ho visto diversi matri-moni di convenienza molto più gradevoli di ciò che è diven-tata la loro unione d'amore, dopo un paio d'anni.» Non ri-tenne necessario spiegargli i motivi per cui la coppia litiga-va; era sicura che lui fosse al corrente quanto lei della fila di amanti che suo fratello aveva a Londra. «Ma di certo loro se ne saranno andati dopo un po'.» «Grazie al cielo sì. Allora mio padre ha deciso di invitare un certo numero di suoi amici per alcune settimane di carte e convivialità e, visto che in genere simili riunioni comportano generose bevute di porto e gozzoviglie in generale, ho deciso che sarei stata meglio a Londra. E poi ero impaziente di co-minciare la Stagione mondana con Lily e Camelia.» Stewkesbury aggrottò la fronte. «Diavolo! Vostro padre non avrebbe dovuto invitare i suoi amici con voi in casa. Ma che cosa gli è passato per la testa?» Vivian s'irrigidì. Suo padre non era mai stato il migliore dei genitori, ne era consapevole, ma lei gli voleva bene e non intendeva permettere che altri lo criticassero. «È la sua casa, dopotutto.»

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Oliver fece una smorfia. «Questo non lo giustifica. Del re-sto fa tutto parte dello stesso stile di comportamento... avervi cresciuta come vi ha cresciuta, portando in casa la sua ultima am...» Si fermò, forse rendendosi conto che l'argomento che aveva affrontato non era adatto a una signora. «Insomma, in-tendevo dire che lui non sempre si è preoccupato di chi am-metteva alla presenza dei suoi figli.» Quelle parole fecero infuriare ancora di più Vivian. Natu-ralmente Oliver non criticava il fatto che suo padre avesse passato quasi tutto il suo tempo a Londra, affidando la sua piccina orfana di madre alle cure di bambinaie e istitutrici. No, quello che lo infastidiva era l'inappropriato stile di vita del duca e il fatto che avesse portato a casa i suoi amici, a volte persino una delle sue amanti. «Chi Marchester porta a casa sua non vi riguarda» sbottò. «Così come il modo in cui ha cresciuto i suoi figli.» Poi di colpo si fermò, togliendo la mano da quella di lui. Sbigottito, anche Oliver si fermò, mentre intorno a loro le altre coppie continuavano a volteggiare. «Vivian! Diavolo! Che cosa fate?» sibilò. «Non potete fermarvi nel mezzo di un ballo!» «Non posso? Ebbene, credo di averlo appena fatto.» E, dandogli le spalle, si allontanò, facendosi largo tra gli altri ballerini. Stewkesbury restò a guardarla per un momento, allibito e incredulo, poi anche lui abbandonò la pista da ballo.

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Un irreprensibile conte

CANDACE CAMP Inghilterra, 1825 - Lady Vivian Carlyle e Oliver, Conte di Stewke-sbury, sono come il diavolo e l'acquasanta. Lui la ritiene estremamen-te pericolosa fin da quando era il bersaglio preferito dei suoi scherzi di fanciulla. Ora a imbarazzarlo sono il suo atteggiamento anticon-formista e l'ironia pungente, capace di mandare chiunque al tappeto. Neppure la notte di passione che hanno vissuto sembra averli avvici-nati. Oliver, infatti, è scandalizzato dalla proposta di Vivian, che pre-ferirebbe una relazione senza impegno, e vorrebbe porre subito fine alla storia. Solo quando la giovane scompare nel nulla, l'irreprensibile conte ammette finalmente di non poter vivere senza di lei. A quel punto, però, forse è troppo tardi...

Intrighi a corte KASEY MICHAELS

Praga - Londra, 1816 - Quando il Principe Reggente gli ordina di sposare una donna che non ha nemmeno mai visto, il Barone Justin Wilde sa di dover obbedire anche se la sola idea del matrimonio gli fa orrore. Scoprire, però, che entrambi sono stati usati come pedine in un gioco più grande di loro lo convince che quelle nozze siano da evi-tare a tutti i costi, tanto più che la giovane è riluttante quanto lui a compiere un passo tanto importante senza conoscerne il vero motivo. Alina, tuttavia, si rivela inaspettatamente arguta e coraggiosa, oltre che molto seducente, tanto che tutto a un tratto l'idea di averla al pro-prio fianco per sempre acquista agli occhi di Justin un fascino specia-le. Ma la crudele verità che emerge a poco a poco, costringendoli ad affrontare mille pericoli e peripezie, rafforzerà il tenero sentimento che nonostante tutto è sbocciato tra loro o lo distruggerà per sempre?

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Scandalo in società

NICOLA CORNICK Inghilterra - Norvegia, 1811 - Lady Joanna Ware non ha intenzione di risposarsi, ma questo non basta a scoraggiare i numerosi pretendenti che bussano alla sua porta. E proprio per togliersi di torno l'ennesimo corteggiatore un po' troppo insistente si ritrova a baciare Lord Alex Grant, un affascinante esploratore appena tornato dall'Artico. È un gesto a dir poco azzardato per una donna attenta a rispettare le conve-nienze come lei, e che scatena immediatamente un vespaio di pette-golezzi nei salotti del ton. Vittima di un marito infedele e violento, Joanna è abituata agli scandali, ma non è preparata ad affrontare l'at-trazione travolgente per quel chiacchierato avventuriero. E nemmeno la sconvolgente notizia che li condurrà loro malgrado alla scoperta di territori selvaggi e inesplorati, e di un amore capace di sconfiggere qualunque avversità.

Sensuale tentazione ANNE STUART

Londra, 1842 - La vita di Benedick Francis Alistair, VI Visconte di Rohan, è costellata di amori finiti che l'hanno reso un uomo cinico e freddo. E quando torna a Londra lo fa con un obiettivo ben preciso: trovare una moglie seria e senza pretese, che gli dia un erede e soprat-tutto che non lo infastidisca se lui sfoga altrove i suoi appetiti sessua-li. Poi Lady Melisande Carstairs irrompe nella sua vita pretendendo che la aiuti a sventare i progetti scellerati dell'Esercito Celeste. Dotata di un'energia incontenibile e di un corpo morbido e sensuale che ac-cende la sua fantasia, non è il genere di donna che Benedick aveva in mente, eppure esercita su di lui un'attrazione incontenibile. E così pe-ricolosa da indurlo a troncare ogni rapporto. Melisande però è abitua-ta a vincere. Che si tratti di salvare donne maltrattate o di sedurre l'uomo di cui si è sconsideratamente innamorata.

A gennaio 2012