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786 - Al servizio della regina - A. J. Forrest 787 - Scacco al visconte - L. Allen 788 - La resa del guerriero - M. Willingham 789 - Una moglie sconveniente - M. Nichols 790 - L'ombra del destino - D. Hale 791 - Il corsaro gentiluomo - A. Lethbridge 792 - Prigioniera del guerriero - J. Fulford 793 - Tentazione segreta - S. Laurens 794 - Per amore di una nobildonna - D. Hale 795 - L'onore in gioco - C. Merrill 796 - Partita col destino - K. Hawkins 797 - Una moglie per il barone - M. Nichols 798 - Fiore di Scozia - S. Auci 799 - Notti d'Oriente - D. Hale 800 - Misteri a Londra - G. Ranstrom 801 - Desiderio di seduzione - S. Bennett 802 - Bacio tentatore - S. James 803 - Vendetta d'amore - J. Justiss 804 - La dodicesima notte - A. McCabe 805 - La moglie del maggiore - C. March 806 - Il Cavaliere Bianco - C. Mason 807 - Magia di Natale - AA.VV. 808 - Sposa gitana - G. Wilson 809 - Il perfetto gentiluomo - J. Justiss 810 - Promessa di matrimonio - H. Dickson 811 - Il visconte libertino - M. Styles

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MICHELLE STYLES

Il visconte libertino

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Compromising Miss Milton

Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2010 Michelle Styles

Traduzione di Sabina Di Luigi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Romanzi Storici gennaio 2012

Questo volume è stato stampato nel dicembre 2011

presso la Rotolito Lombarda - Milano

I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410

Periodico settimanale n. 811 del 24/01/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Luglio 1837, Gilsland, Cumberland La brusca fermata della vettura riscosse Adam, ter-zo Visconte Ravensworth, da un sonno agitato, fa-cendo cadere fragorosamente a terra il suo bastone. Adam si aggrappò con le lunghe dita al sedile di crine, evitando per un soffio di ruzzolare anche lui. «Santi numi, che razza di guida è questa? Siete pagato per evitarle, le buche, non per finirci den-tro!» Adam picchiò sul tetto. Il silenzio avvolse la carrozza immobile, per es-sere poi rotto dal rumore di passi pesanti e voci in-distinte. Adam raggelò. Non si trattava dunque di incapacità nella guida, ma di qualcosa di ben più si-nistro. Con un gesto abituale, infilò la mano dove teneva riposta la pistola e si imbatté nel... nulla. Gli sfuggì un'imprecazione ad alta voce. Si sforzò di destare la mente da quel che restava del sonno. La pistola era lì. Doveva esserci. L'aveva sistemata con cura accanto alla collana prima di la-sciare la locanda, quella mattina. Era parte essenzia-le del suo rituale. Con la mano cercò tentoni la col-lana di rubini. La tensione alle spalle si allentò un po'. Quella, almeno, era al suo posto.

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Adam continuò a cercare, armeggiando al buio con il chiavistello di un vano nascosto, ma, nono-stante l'affannosa ricerca, in quello spazio o, me-glio, nella carrozza non c'era traccia di armi. Scom-parsa. Sparita nel nulla. Che cos'altro avevano fatto? E quando? Il sonno era come una nebbia che gli offuscava la mente, rendendogli difficile concentrarsi. Adam scrollò il capo e notò il sapore orribile che aveva in bocca. Lo avevano drogato. Maledisse la propria stupidità. Quel piano, perfettamente architettato, subiva quel-l'interruzione imprevista, ma era lì che sarebbe fini-to. Non avrebbe avuto la conclusione desiderata. Ci avrebbe pensato lui. Proprio lui. «Giù dalla carrozza!» «Ehi, che storia è questa?» La protesta del suo nuovo cocchiere, Hawkins, sembrò un po' troppo lenta e troppo sicura di sé. «Qui non si scherza. Fatevi da parte.» Si udì un unico sparo. Adam afferrò la collana di rubini e la infilò nella fascia dei pantaloni. Di tutto il resto poteva anche fare a meno, ma non della collana; il suo talismano, la testimonianza di quello che era e che aveva fatto. Se avesse perso la collana, sarebbe anche potuto morire. «Uscite, milord» disse Hawkins. Adam rilassò appena i muscoli del collo. Hawkins era vivo. Ma era leale? Le sue parole conservavano un'essenziale apparenza di cortesia. Rapidamente Adam cercò la pistola sul pavimen-to, con la speranza che durante quel sonno delirante le avesse cambiato posto. Nulla. La sua mano strin-se il bastone, pur sempre un'arma, così da rendere lo scontro più equilibrato.

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«Uscite, vi dico!» La portiera della vettura sbatté di nuovo e la voce di Hawkins si fece più aspra. «Uscite o tirerò fuori la carcassa di vossignoria dal-la carrozza.» «Quando sarò pronto.» Adam tirò con forza le maniche della redingote e si raddrizzò il rigido fazzoletto da collo. Mise il ba-stone sotto il braccio, sapendo di avere l'aspetto di un perfetto gentiluomo, forse un po' vanitoso e ol-tremodo attento all'abbigliamento, ma non uno che aspettava l'occasione per colpire. Fece un respiro profondo, uscì nel buio della not-te e scrutò intorno, soppesando le possibilità. Sette uomini, decisamente troppi da affrontare con spe-ranze di successo. Chiunque avesse pianificato tutto ciò non aveva lasciato niente al caso, ma c'era sem-pre qualcuno che commetteva un errore. Il capo dei banditi schioccò le dita e Hawkins strappò il bastone dalla mano di Adam. «Mi dispia-ce, milord. Devo prendervi il bastone. Non vorrem-mo che qualcuno si facesse male.» «C'è qualche problema, Hawkins?» Adam man-tenne un tono calmo e tranquillo, l'incarnazione di un aristocratico che frequentava l'ambiente di St. James's. «Perché avete fermato la carrozza? Devo arrivare a Newcastle a prendere il postale per Lon-dra. L'elezione annuale all'Atheneaum non aspetta nessuno.» «Banditi. La strada era bloccata più avanti, così ho rallentato. Questi uomini hanno afferrato i ca-valli dalle redini.» Hawkins passava da un piede al-l'altro e la lanterna, oscillando, proiettava delle stra-ne ombre allungate. Il bastone con la sua spada na-scosta ora era stretto fra le mani ignare del cocchie-re. «Io non c'entro niente. Chi se lo aspettava, in-

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somma. Non potevo fare altrimenti, milord.» «Avvicinatevi.» Adam tese la mano e ordinò al cocchiere di dargli il bastone. «Non è troppo tardi. Vi risparmierò, Hawkins.» Hawkins fece un passo indietro, scuotendo il ca-po. «Mi spiace, milord. Hanno... hanno minaccia-to... mia moglie e mio figlio.» «Davvero? E io che pensavo foste un uomo solo, senza nessuno al mondo.» Adam abbassò la voce. «Quanto vi hanno pagato, Hawkins? Come ci sono riusciti? Con alcolici e gioco d'azzardo, o è stato l'oppio? Non pensavate a vostra moglie o a vostro figlio, in quel momento?» Hawkins sollevò il bastone, ma Adam lo afferrò prima che potesse sferrare un colpo e tirò il coc-chiere verso di sé. «Qualunque cosa fosse, non sarebbe bastata.» Adam vide il volto dell'uomo stravolto dallo scon-certo e dalla paura. «Lasciate Lord Ravensworth a me. Aspetto que-sto momento da una vita.» La voce smorzata del capo dei banditi risuonò ancora nella notte. «Torna-te al vostro posto. E questa volta tenete il bastone fuori dalla sua portata.» Il cocchiere riprese bruscamente il bastone e girò sui tacchi. Un'altra ondata di stanchezza indotta dalla droga pervase Adam. La combatté, lottando per rimanere in piedi. La sopravvivenza prima di tutto. Poi la vendetta. «Avete qualcosa che vogliamo. Una cosa che a-vete rubato.» La voce del capo era aspra, ma aveva un timbro che la mente di Adam in qualche modo riconosceva. «Un tesoro inestimabile. Forza, mi-lord, tiratelo fuori.»

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Sollevò la mano e Adam vide il tatuaggio di un merlo tra il pollice e l'indice. Sentì tremare la terra sotto i piedi. Conosceva quel tatuaggio. Una volta aveva significato qualcosa, ma in un altro continen-te e più di sei anni prima. La banda di ladri partico-larmente sanguinari che sfoggiavano il tatuaggio e depredavano viaggiatori innocenti non esisteva più, erano tutti defunti. Gli ultimi erano stati fatti penzo-lare con la testa infilata in un cappio, dopo che lui aveva testimoniato a Bombay. «State commettendo un terribile errore» disse. «Non so di che cosa stiate parlando.» «Risposta sbagliata.» Gli arrivò un colpo alla te-sta, che lo fece barcollare e lo proiettò in un viaggio nei misteriosi meandri della sua mente. «Un nabab-bo come voi. Avete portato il tesoro dall'India. Pen-savate di poter ignorare la maledizione. C'è voluto molto tempo, ma la dea sarà soddisfatta, una volta che avremo il vostro sangue.» Adam appoggiò le mani sulle ginocchia e cercò di respirare. I fantasmi non avevano bastoni e le maledizioni erano per gli stupidi. Quegli uomini e-rano in carne e ossa, ma chi erano? E perché ora? Quando era tornato in uso il tatuaggio? Un altro colpo gli piovve sulla schiena e sulle spalle, più pesante, più energico. Adam inciampò e cadde, rimase steso a terra, poi aspettò. In un recon-dito angolo della mente qualcosa gli diceva di in-nalzare una preghiera, ma qualunque essere supe-riore ci fosse lo aveva abbandonato dopo l'India. Ne era sicuro. «Ehi, così lo uccidete. Non avete mai parlato di uccidere. È omicidio!» protestò Hawkins. «È un lavoro sporco, questo lo sapevate.» «Qui non c'è!» gridò una voce.

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«Frugate ancora nella carrozza!» «E lui?» «Lui?» Un calcio carico di disprezzo fu assestato sulla schiena di Adam. «Sarà morto prima dell'alba. Avete visto some barcollava quando è sceso? Alla locanda hanno fatto il loro lavoro.» «Avrete ciò che meritate» borbottò Adam sotto-voce, ma rimase fermo, con la faccia nel fango, in attesa. «Controllo se ce l'ha addosso.» «Lui non ce l'ha. Deve essere nella carrozza. Non ha avuto il tempo!» protestò Hawkins. «Porta sem-pre la collana quando viaggia. Ha un ripostiglio ap-posito, capite? Non ha avuto il tempo o la lucidità per prenderla.» «Fa lo stesso.» Con le mani gli strattonarono la giacca, strappandogliela di dosso. «Eh, no, questo errore non dovevate farlo. Il mio sarto non mi ha ancora nemmeno inviato il conto» sibilò Adam rigirandosi, puntando gli stivali contro il petto del suo aggressore e calciando forte. L'uomo fu scaraventato all'indietro e finì addosso a un altro di loro. Adam si acquattò per un istante e poi si mise a correre. Dietro di sé udiva le grida degli uomini che chiamavano i cani. Ma Adam non si fermò finché non raggiunse un piccolo dirupo, che risplendeva argenteo al chiaro di luna. Rallentò quando un sasso precipitò e finì nel fiume. I cani latravano ancora, più vicini. Risuonarono due spari. Adam scalciando si tolse in fretta gli sti-vali, li agguantò con una mano e si buttò, lasciando che la corrente lo trascinasse via. «Miss Milton! Miss Milton, dovete venire. C'è un

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uomo disteso in riva al fiume. Senza vestiti ad-dosso! Svestito, insomma... nudo!» Daisy Milton alzò lo sguardo dalla lettera di sua sorella Felicity che l'aggiornava sulla nipote e sullo spiacevole ritorno della sua malattia. Si allarmò alle parole della giovane di cui era re-sponsabile. Un uomo nudo? Lì, in quel posto tran-quillo? Si supponeva che Nella Blandish stesse co-gliendo fiori per una ricerca di botanica, non che fosse in giro a ficcare il naso. Le erano state date di-sposizioni molto precise. Ma Nella era ritornata con il nastro del cappello di traverso, il grembiulino macchiato, senza fiori e con un altro racconto stra-vagante. C'erano circostanze nelle quali un'istitutrice do-veva prendere delle decisioni. I guai di sua sorella avrebbero dovuto aspettare. «Veramente, Miss Milton, c'è un uomo nudo! L'ho visto con i miei stessi occhi.» Daisy piegò la lettera e la mise nel cestino di vi-mini con gesti calmi e misurati. «È un'altra delle vostre favole, Prunella Blandish? Sembra avere molto in comune con il racconto della scorsa setti-mana riguardo al leone che mangiava ranuncoli.» «È la verità... questa volta, Miss Milton. Sul se-rio, c'è un uomo nudo. Si vedeva tutto, perfino il giardino dell'eden.» Nella scuoteva i riccioli biondi e il labbro inferiore le sporgeva in fuori. «L'ho guardato e riguardato, ma non si è mosso. È lì di-steso, con i piedi nell'acqua e la testa adagiata su un tronco.» «E... quest'uomo di cui parlate, che cosa stava fa-cendo prima di mettersi là disteso? Nuotava?» Daisy si sforzò di tenere un tono tranquillo. Si rifiu-tò di indagare su cosa fosse il giardino dell'eden

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che la ragazzina aveva visto. Se il racconto di Nella fosse stato vero, e se davvero si fossero imbattute in quell'uomo sulla via del ritorno, avrebbe spiegato con voce calma ma risoluta le regole della decenza e la necessità di indossare sempre qualcosa quando si fa il bagno. La reazione di Nella era del tutto naturale, dovuta solo al fatto che era una dodicenne vivace. Ma cosa avrebbe detto Mrs. Blandish se Nella le avesse rac-contato la storia? E la sorella di Nella? Una leggera tristezza le velò gli occhi. Aveva bisogno di quel posto e di quel salario. Nessuno si metteva a fare l'istitutrice perché lo voleva, meno che mai lei. Ma Felicity doveva oc-cuparsi della loro nipote e la rendita del padre ba-stava a malapena per una persona, figurarsi per tre. C'era poco da fare quando si trattava di mal caduco, ma era perfettamente d'accordo con Felicity che Kammie dovesse essere tenuta a casa. Era Felicity, non lei, a portare il peso maggiore. L'unico impegno di Daisy era procurare del denaro, quello che pote-va. «Come potrei sapere, Miss Milton, cosa stesse facendo quell'uomo prima di vederlo?» Nella as-sunse la sua espressione da faccia d'angelo. «Dite sempre che devo astenermi dal fare congetture.» «È un bel pomeriggio di luglio.» Daisy, mante-nendo un tono lieve, provò a recuperare un po' della propria autorità. «Voglio sperare che vi siate allon-tanata senza dirgli nulla. Sarebbe stato il massimo della maleducazione, Prunella, interrompere un uo-mo mentre fa il bagno.» «Non stava facendo il bagno. Era lì steso, senza veli...» Nella aggrottò le sopracciglia e giunse le mani sotto il mento, il ritratto perfetto dell'innocen-

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za violata. «Questa è la pura e semplice verità, Miss Milton.» Daisy si incupì, tamburellando le dita sul cestino. Quante volte aveva sentito quelle parole negli ul-timi mesi – la pura e semplice verità – per scoprire poi che Nella era riuscita a esasperare o in qualche modo a ingarbugliare la storia finché non aveva che pochi tratti in comune con l'effettivo svolgimento dei fatti? Quella faccenda non doveva andare oltre. «Avete promesso solennemente alla vostra caris-sima madre: niente più storie o bugie.» «So quello che ho visto, Miss Milton...» La ra-gazzina si calcò il cappellino in testa. «Ve lo dimo-stro. Non volete vedere quell'uomo? E giudicare da voi?» Vedere quell'uomo? Anche Daisy si posizionò più fermamente il cappellino in testa e si lisciò con le mani le pieghe dell'abito di tessuto nero. Nella la faceva passare per una sorta di zitella assetata di sesso che non aveva niente di meglio da fare che spiare gli uomini che facevano il bagno! Com'era naturale, la ragazzina non disdegnava le forme viri-li, ma bisognava valutare le conseguenze. Qualcuno doveva contenere il suo entusiasmo. «Il punto non è volerlo vedere o no, Prunella. È una questione di decoro.» «Significherebbe agire cristianamente.» L'animo di Nella si infiammò mentre l'idea attecchiva nella sua mente. «Per vedere che non sia nei guai e che non abbia bisogno del nostro aiuto. Potrebbe essere precipitato dalla cascata, essere stato attaccato dai banditi... oppure...» «Conosco i miei doveri di cristiana, grazie, Pru-nella. E mi sforzo di osservarli. Sempre. Come do-vreste fare anche voi.» Daisy guardò il piccolo oro-

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logio che teneva appuntato all'abito. Quasi le tre e trenta. Avevano tempo per investigare? Poteva te-nere poi la lezione su L'importanza di dire sempre la verità, per la settima volta in altrettanti giorni da quando la propensione di Nella a dire il falso si era palesata. «È ora di tornare a casa. La vostra cara mamma e la vostra cara sorella vorranno sapere dove vi tro-vate. Potrebbero essere arrivate delle persone a cui dare il benvenuto. Le terme di Gilsland stanno fa-cendo furore, quest'anno, visto che Londra è ancora solennemente in lutto per il nostro compianto re.» «A Susan non interessa chi è arrivato. Susan non vede altri che Lord Edward, perché è il nipote di un conte e lei vuole un titolo nobiliare.» Nella fece una pausa e arricciò il naso. «Ma la mamma dice che, se capitasse qualcuno con più requisiti, Susan farebbe meglio a prepararsi a cambiare idea. Papà ha dei ti-mori riguardo alle finanze di Lord Edward. Susan alla fine ha concordato con lui. Una carrozza vale più di una bella faccia.» «Nella!» Daisy la fissò severa per quell'accusa. «Vostra sorella non può essere così venale.» «Susan ha detto esattamente questo alla mamma, stamattina.» Nella passava da un piede all'altro. Un ampio sorriso le si disegnò in volto mentre abbas-sava la voce. «Origlio alle porte.» «Allora vostra sorella avrà la sua Stagione a Londra, dopotutto.» «Susan è abbastanza convinta, tuttavia, che Lord Edward possa migliorare la propria condizione e ha supplicato la mamma di tenere la casa a Gilsland per un altro mese. Le farà risparmiare le spese della Stagione a Londra l'anno prossimo e l'acqua disten-derà i nervi della mia cara mamma.»

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La voce di Nella riproduceva l'esatta modulazio-ne del tono oltremodo affettato di Miss Blandish. Daisy dovette con fatica trattenere una risata. «Non dovreste ascoltare le conversazioni private. Non è intelligente né utile.» Sfoggiò il suo migliore sguardo da istitutrice. «E di certo non dovreste mai riportarle a nessuno.» «Come posso venire a sapere qualcosa di interes-sante in altro modo? Nessuno mi dice mai niente.» «È un comportamento tutt'altro che decoroso. Vostra madre vuole che diventiate una signora. Vorrete di certo trovare un buon partito, proprio come vostra sorella.» «Chi ha detto di volersi sposare? Il matrimonio è fatto solo di senso pratico e buone maniere. Io vo-glio fare l'esploratrice.» Nella agitò la mano in un vago gesto di sdegno. «Ho intenzione di scoprire continenti sperduti e trovare tesori nascosti. E non sono andata ancora da nessuna parte... Susan alme-no è stata in Francia.» «Anche le esploratrici sono prima di tutto delle signore. E prestano attenzione, durante le lezioni di geografia.» Daisy ebbe un leggero fremito, pronun-ciando quelle parole compassate, che tanto le ricor-darono quelle della sua istitutrice. Era lecito sogna-re in grande, ma all'alba i sogni potevano svanire. Un tempo aveva sognato di girare il mondo. Ora si accontentava di essere indipendente. Nella inclinò il capo e le rivolse uno sguardo ma-lizioso. «Credete che Susan sia interessata a vedere il mio gentiluomo nudo?» «Prunella! Tenete a freno la lingua e i pensieri! Una signora ha sempre un atteggiamento decoroso e casto. L'uomo in questione non è di vostra proprie-tà. E non sapete nulla della sua famiglia di origine,

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perciò non potete valutare la sua condizione socia-le.» Nella storse il naso. «Ma pensate che a Susan in-teresserebbe la mia scoperta?» «Ne dubito.» Daisy cercò di mantenere un tono di voce severo. Non le era difficile immaginare Su-san Blandish con il viso contratto come se avesse assaggiato una susina asprissima, se Nella avesse proferito la parola nudo. «Un conto è essere a co-noscenza di una cosa, un altro è farla sapere in giro. Il vostro motto deve essere discrezione e tatto, an-che quando diventerete esploratrice.» «Sono contenta di avervi con me, Miss Milton.» Nella allungò la mano imbrattata e strinse il guanto immacolato di Daisy. «Voi non pensate mai a cose come la moda o a come adescare un visconte. E sie-te un'esperta in fatto di esplorazione e di avversione al matrimonio.» Sbatté le palpebre. «Per nessun al-tro motivo vi avrei interrotto. So quanto gradite le lettere di vostra sorella. È solo che sento di dover aiutare il prossimo e compiere il mio dovere di buon cristiano. La mamma mi ha fatto una raman-zina proprio su questo argomento, ieri, dopo che avevo protestato perché non volevo incontrare Mrs. Gough, la moglie del vicario, che odora decisamen-te di orzata al limone.» Daisy si lasciò sfuggire un sorrisetto, riconoscen-do lo stile tipico di Nella. Forse, dopotutto, avrebbe tentato una sorta di riavvicinamento alla sua allieva. L'intera faccenda le avrebbe fornito materiale utile per parecchie missive alla sua amica Louisa Sibson. «Allora, dov'è questa cosa interessante che desi-derate mostrarmi?» Daisy si arrampicò in cima al piccolo crinale e

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guardò il fiume tortuoso sottostante. Il frastuono della cascata di Crammel Linn le rimbombava nelle orecchie. In cielo volteggiava un falco. Tutt'intorno regnava la pace. Nulla poteva essere fuori posto, in quel luogo. Si riparò gli occhi e allora lo vide, vide il corpo, che giaceva in una pozza d'acqua proprio in prossi-mità della cascata. Era per metà in acqua e per metà fuori, trattenuto da un tronco. Una volta, quando aveva più o meno dieci anni, Daisy aveva fatto un viaggio in Italia con la madre e la sorella per migliorare il loro italiano. A Sorrento aveva visto una statua che somigliava a quell'uomo. Non era un giovane né un guerriero inveterato, ma un atleta nell'atto di lanciare un giavellotto. La per-sonificazione della virilità nella sua massima e-spressione, aveva affermato la sua istitutrice, strin-gendola con le mani inguantate prima di trascinarla oltre, verso vedute più appropriate. Fino a quel mo-mento non aveva mai veramente capito il significa-to di quell'affermazione. «Vedete? Dicevo la pura e semplice verità!» e-sclamò Nella con voce cantilenante. «Un uomo nu-do in riva al fiume.» «Se non fosse che è tutt'altro che nudo. Indossa camicia e pantaloni.» Nella appoggiò le mani sui fianchi. «La mamma dice sempre che un uomo può ben definirsi nudo se non indossa un fazzoletto da collo o una giacca, e lui non ce l'ha. Non ha nemmeno gli stivali. Né il panciotto.» «Ha pur sempre qualcosa indosso, Prunella.» Daisy roteò gli occhi e si sforzò di mantenere un'e-spressione austera. «Preferivo definirlo nudo.» Nella si dondolò al-

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l'indietro sui talloni. «Rendeva la cosa assoluta-mente più eccitante. È facilissimo immaginare che non abbia vestiti addosso e che si riesca a vedere tutto. Guardate la camicia. Badate a come gli aderi-sce alla schiena. Ha proprio una bella schiena, in ef-fetti.» Daisy deglutì a fatica, ripensando alle statue viste in Italia, con le loro spalle nude e la vita affusolata. «Quell'uomo ha chiaramente bisogno di aiuto. Non c'è nulla di eccitante» disse Daisy con fare ri-soluto. Un'istitutrice non si mostrava mai turbata. Né sorpresa. Persino quando si trovava di fronte a una simile visione. Un'istitutrice era preparata a tut-to. Con la mano sulla guancia, provò a capire cosa doveva fare. Aiuto, aveva bisogno di aiuto, e subito. Per tirare fuori dal fiume quell'uomo servivano schiene e braccia forti. Si tirò su le gonne apprestandosi a correre, ma non fece nemmeno due passi quando si fermò. Era un'impressione o il tronco stava oscillando e urtan-do contro le rocce, pronto a trascinare con sé il suo carico, giù per la cascata? Aveva la gola secca. Se avesse aspettato di ritor-nare con i soccorsi, l'uomo sarebbe stato trascinato via dalla corrente del fiume e avrebbe perduto qual-siasi speranza di salvezza. Dovevano aiutarlo a u-scire dall'acqua immediatamente. «Pensate che sia morto? Non si muove.» Lo sguardo di Nella si fece serio. «Non ho mai visto un morto, nemmeno quando il nonno ci ha lasciato e lo hanno esposto nel salotto buono. Dicevano che ero troppo piccola.» «Non ne ho idea.» Daisy lo guardò ancora un

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momento per vedere se respirava. Il vento leggero gli scompigliava i capelli, ma non le riuscì di di-stinguere il movimento ritmico del respiro. Su una mano si vedeva un lieve bagliore metallico. Che co-sa gli era capitato? Un incidente mentre nuotava? Aveva forse sottovalutato la corrente? Nessun rapi-natore o ladro gli avrebbe mai lasciato un anello al dito. «È impossibile dirlo, da qui. Ma non mi pare di vedere sangue. Bisogna dare un'occhiata più da vicino. Ricordate, Nella, fatti concreti e niente fan-tasie. Le signore non fanno supposizioni.» Daisy cambiò posizione al cestino perché le ade-risse meglio al fianco e la coperta non cadesse. Uno stretto sentiero disseminato di rovi si snodava fino al fiume e, se fosse stata attenta, sarebbe riuscita a raggiungere l'uomo... il cadavere, senza troppe dif-ficoltà. «Vengo con voi? O devo fare qualcos'altro?» do-mandò Nella, abbassandosi il cappellino sul naso. «Voglio dire, preferirei tornare a casa. La mamma potrebbe avere bisogno di me.» «Ottima idea, Nella.» Daisy si sforzò di impri-mere alla propria voce un tono vivace. Per una que-stione di decoro, era giusto che Nella si allontanas-se. «Sarebbe meglio che vi fermaste allo Shaw. Dite all'albergatore di quest'uomo e chiedetegli di man-dare dei soccorsi. Ne siete capace, non è vero, Nel-la? Riuscirete a trovare la strada?» La ragazzina si raddrizzò, infervorata. «Conosco la strada. Ho dodici anni, non sono più una bimba di dieci. Siamo venuti qui l'anno scorso per i nervi del-la mamma. Mademoiselle Le Claire aveva spesso mal di testa e così me ne andavo in giro da sola. L'albergatore e io siamo diventati grandi amici.» Daisy serrò le labbra. Sapeva tutto di Mademoi-

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selle Le Claire e delle sue abitudini. La donna era tornata in Francia e Nella, in seguito, aveva avuto altre tre istitutrici, ciascuna con la propria piccola mania. «Nella, dovete camminare velocemente, ma senza correre. Le signore hanno un incedere sempre decoroso... anche le esploratrici.» Per un attimo, sul viso di Nella apparve un ac-cenno di ribellione, che evidentemente la fanciulla preferì tenere a freno. «Certo, Miss Milton.» «Così sì che siete una brava ragazza. Ricordatevi di riferire tutto all'albergatore senza indugio e senza aggiunte fantasiose.» «Va bene, Miss Milton» disse Nella a voce alta, alzando la mano in segno di saluto. Daisy scacciò dalla mente una leggera ansia. A Nella sarebbe piaciuto ricevere maggiori attenzioni, del resto, era lei l'eroina del momento. La ragazzina si mise in cammino a passo svelto, ma, prima di a-vere fatto trenta passi, iniziò a correre. Daisy scosse il capo e si concentrò di nuovo sull'uomo privo di sensi. Quel che vide la sorprese. Il tronco aveva co-minciato a muoversi verso la cascata. Daisy appoggiò la scarpa su un masso instabile e, un po' correndo, un po' scivolando, avanzò di altri due passi. Si udì il rumore inconfondibile di uno strappo, allorché la stoffa nera della gonna cedette. Daisy trasalì. Un altro rammendo da fare. E non o-sava pensare in che stato fossero i guanti. Felicity e Kammie glieli avevano regalati per il suo ultimo compleanno. Kammie aveva ricamato con cura del-le margherite intorno ai polsini. Non avrebbe voluto indossarli, ma, dopo l'incidente del cespuglio di spi-ne, la settimana prima, la scelta di guanti si era net-tamente ridotta. Mentre raggiungeva l'argine del fiume, si udì un

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fortissimo stridore e il tronco si liberò dal masso che lo teneva fermo. Senza pensarci due volte, Dai-sy si immerse nell'acqua, afferrò l'uomo per il brac-cio e tirò forte. Non c'era verso di smuovere quel corpo, mentre la corrente cominciava a trascinare il tronco verso la cascata. Daisy vide due oggetti neri liberarsi, girare vorticosamente e precipitare giù dalla cascata, verso il loro destino. Allora chiuse gli occhi, strinse la presa e tirò con tutta la forza che aveva. All'inizio il tronco sembrò voler trascinare anche lei. Avanzò ancora, nel fiu-me, e piantò i piedi più saldamente. All'improvviso il corpo cominciò ad assecondare i suoi movimenti, emerse e le venne addosso. Subito Daisy raddoppiò gli sforzi e fece di tutto per non pensare alla scon-venienza di avere il torace di quell'uomo così vicino al proprio. Mentre indietreggiava, incespicò e quel corpo pesante le ricadde sopra. Lei lo respinse con le mani, facendolo rotolare per scostarlo. L'uomo emise un debole lamento. Lei voltò lo sguardo in tempo per vedere il tronco precipitare nella cascata e frantumarsi contro le pie-tre. Un brivido intenso la straziò, al pensiero che quell'uomo l'aveva scampata davvero per un soffio. Lo sconosciuto tossiva violentemente e gli usciva acqua dalla bocca. Daisy gli diede qualche colpo energico sulla schiena, finché non le parve che il suo respiro fosse tornato regolare. La camicia di li-no era un po' trasparente e gli aderiva alla schiena. Portava un paio di pantaloni marrone chiaro che lo facevano sembrare nudo. Era prono, con la testa gi-rata dall'altra parte. I capelli neri erano leggermente ricci dietro la nuca. Il torace si alzava e si abbassava appena. Era vivo. Si udì un rumore sommesso, a metà fra il russare e lo sbuffare, poi l'uomo biascicò

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parole strampalate a proposito di club e ferrovie... lo stesso genere di rumore che faceva suo padre, se-duto sulla poltrona con il poggiatesta, dopo diversi bicchieri di Porto. Un senso profondo di rabbia la pervase. Aveva messo a rischio la vita, le membra e la reputazione per salvare quell'uomo, e lui era ubriaco! E con ogni probabilità anche incolume. Avrebbe dovuto la-sciarlo affogare. Daisy tossì appena, tuttavia l'uomo non si mosse, allora provò ancora, avvicinandosi per pungolarlo con il cestino mentre l'acqua le gocciolava dal vesti-to. Sentendo il rumore del fango sotto gli stivaletti di lei, l'uomo sbatté le palpebre e la trafisse con i suoi occhi color ambra. Quegli occhi erano di una mi-riade di gradazioni di marrone e oro e le ciglia li in-corniciavano alla perfezione. Una risata risuonò nell'aria; era la sua risata, bas-sa e roca, neanche stessero lì a raccontarsi storielle in intimità. «Siete ferito? O soltanto ubriaco?» gli domandò Daisy digrignando i denti. «Ho rovinato i miei guanti migliori e mi sono infradiciata la gonna per cercare di salvarvi. Il minimo che possiate fare è ri-spondere civilmente, invece di ridere.» L'uomo gemette e si nascose il viso tra le braccia. «Dovete proprio parlare così forte? Risvegliereste i morti, signora, con questa voce.» «I morti no, soltanto voi.» Daisy alzò gli occhi al cielo. Era un inglese e aveva il tono altezzoso di una persona beneducata. Le ci voleva proprio quel-lo... un libertino che, probabilmente sotto l'effetto dell'alcol, aveva scommesso di riuscire a nuotare nell'Irthing. Quello che Daisy chiedeva era solo un

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minimo di decoro, ma da quando in qua un libertino sapeva cosa fosse il decoro? «Sapete almeno perché vi trovate qui?» «Non l'ho scelto io. Gli abiti non sono adatti per nuotare, tanto per cominciare. Nuoto sempre come mamma mi ha fatto.» Una forte tosse lo tormentava. «Mi sono anche bevuto mezzo fiume. Di certo non è la mia bevanda preferita. Le manca un non so che, non trovate?» Daisy strizzò l'orlo della gonna. Era proprio un libertino e della peggiore specie. La sua unica spe-ranza era che quell'uomo cominciasse a recuperare un po' di lucidità, quel tanto che le permettesse di andarsene e lasciarlo lì. «Avete idea del perché siete qui?» «La carrozza si è fermata. Sono scappato e i cani mi hanno inseguito. Così mi sono buttato nel fiu-me.» Lui assunse un'espressione ancora più perples-sa e con le mani si mise a tastare alla cieca i sassi, come in cerca di qualcosa. «I miei stivali! Che cosa avete fatto dei miei stivali?» «Io non li ho toccati. Forse erano quelle cose che sono precipitate nella cascata; perdonatemi, ma ero intenta a fare altro, dovevo salvarvi.» L'uomo imprecò sonoramente e a lungo. Daisy si schiarì la voce, spazientita, affinché lui capisse che le imprecazioni erano sempre fuori luogo, per le o-recchie di una signora. Poi raccolse il cestino con un gesto teatrale. «Qualcuno mi ha rubato gli stivali.» «Avete ancora il vostro anello con il sigillo.» Daisy indicò la fascetta in oro satinato che portava al mignolo. L'aveva presa per un'ingenua che si fa-ceva raggirare da un sorriso e da un paio di begli occhi? Come se fosse stata il tipo da portare via un

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paio di stivali. Forse lui era il genere di persona che non poteva togliersi gli stivali senza l'aiuto di un valletto. Con ogni probabilità, gli stivali erano in mano ai suoi amici. Una ruga di perplessità si formò tra le sopracci-glia scure dello sconosciuto. L'uomo strinse le dita attorno all'anello. «Questo no. Strano.» «Perché non hanno preso anche quello? Perché non prenderlo, se erano ladri?» Daisy spostò il ce-stino sull'altro fianco e guardò l'uomo con sospetto. «Dovreste chiederlo ai miei aggressori. Io ero troppo occupato a salvarmi la pelle.» Il tono beffar-do dell'uomo le risuonò nelle orecchie. Con le lun-ghe dita, lui si esaminò la parte posteriore della te-sta. «E, giacché ci siete, potete chiedere loro perché mi hanno lasciato qui di lato un bernoccolo grosso quanto un uovo. Non era necessario usare la vio-lenza.» «Se le cose stanno così, allora forse è meglio che vada a cercarli immediatamente. È evidente che non avete più bisogno di assistenza da parte mia.» Daisy scelse il tono più gelido. «Perché questa aggressione?» Di scatto, lui al-lungò una mano e le cinse il polso. «La verità que-sta volta, fantasma della mia mente, o sarò costretto a distruggervi» sibilò.

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GAYLE WILSON Sposa gitana

JULIA JUSTISS Il perfetto gentiluomo

INGHILTERRA, 1814 - Nadya è molto diversa dalle classiche bellezze inglesi. Il maggiore Rhys potrebbe farne la propria amante, ma che scandalo sarebbe se decidesse di sposarla!

INGHILTERRA, 1818 - Sporco, malvestito e dalla reputazione discutibile, Greville non è il gentiluomo che Amanda cerca per cambiare vita. Ma sotto la magia dei suoi occhi verdi...

Promessa di matrimonio HELEN DICKSON

EUROPA - AFRICA, 1721 - Per liberare la sorella rapita dai pirati, Rowena chiede aiuto a Tobias. E solcando mari tem-pestosi, tra mille avventure, la passione divampa.

Il visconte libertino MICHELLE STYLES

SCOZIA, 1837 - Quanto ci metterà l'attraente Visconte Ra-vensworth a convincere Daisy Milton, integerrima istitutri-ce, a cadere fra le braccia di un libertino come lui?

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MARGUERITE KAYE

Il principe del deserto

MARGARET MOORE

L'ereditiera scozzese

ARABIA - INGHILTERRA, 1818 - Rimasta sola tra le sabbie infuocate del deserto, Lady Celia viene salvata dall'attraente Sceicco Ramiz al-Muhana. E nel suo harem scopre l'amore.

SCOZIA, 1817 - Lady Moira viene citata in giudizio dall'ex fidanzato, difeso dall'attraente Gordon McHeath. Ma l'av-vocato decide di mettere la legge del cuore prima di tutto.

La figlia del nemico TERRI BRISBIN

INGHILTERRA, 1067 - Costretta a sposare il rude Soren, Sybilla intuisce che il feroce guerriero bretone nasconde in sé un uomo vulnerabile. Ma sarà ancora capace di amare?

Timida duchessa AMANDA MCCABE INGHILTERRA, 1819 - Quando Emily capisce che il marito

non è solo il dandy affascinante che credeva, decide di di-ventare la duchessa e l'amante che lui ha sempre desiderato.

Dall'1 febbraio

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