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maggio 2013 5 2013 CONTROLLI FISCALI Guida ai www.sistemafrizzera24.it Speciale Anagrafe dei rapporti finanziari RAFFAELLO LUPI, RANIERI RAZZANTE e DOMENICO DE PALMA, LUIGI GALLUCCIO Redditometro e studi di settore: novità GIOACCHINO PANTONI, CLAUDIO SABBATINI e FABIO CIANI, LORENZO PEGORIN e GIAN PAOLO RANOCCHI Società di comodo: ultimi chiarimenti LUCA GAIANI Principio di specialità nell’applicazione delle sanzioni ANTONIO IORIO e SARA MECCA Indeducibilità dei costi «black list»: ricorso DAVIDE LOMBARDI e GIOVANNA LOBBA Periodico mensile – Anno VIII – n. 5 – Poste Italiane Sped. in A.P. – D.L. 353/2003 conv. in L.46/2004, art. 1, c. 1, DCB Roma Copia gratuita!

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Speciale Anagrafe dei rapporti finanziari RAFFAELLO LUPI, RANIERI RAZZANTE e DOMENICO DE PALMA, LUIGI GALLUCCIO

Redditometro e studi di settore: novitàGIOACCHINO PANTONI, CLAUDIO SABBATINI e FABIO CIANI, LORENZO PEGORIN e GIAN PAOLO RANOCCHI

Società di comodo: ultimi chiarimentiLUCA GAIANI

Principio di specialità nell’applicazione delle sanzioniANTONIO IORIO e SARA MECCA

Indeducibilità dei costi «black list»: ricorsoDAVIDE LOMBARDI e GIOVANNA LOBBA

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ai INDICI

3IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

INDICE GENERALE

L’OPINIONE

Monitoraggio delle movimentazioni: aiuta ma non bastadi Raffaello Lupi 5

ACCERTAMENTO

Accertamento: nuova Anagrafe dei rapporti finanziaridi Luigi Galluccio e Gavino Putzu 7

Archivio dei rapporti finanziari a supporto del contrasto al riciclaggiodi Ranieri Razzante e Domenico De Palma 17

«Nuovo» redditometro: meccanismo di funzionamentodi Gioacchino Pantoni, Claudio Sabbatini e Fabio Ciani 20

Studi di settore per il periodo d’imposta 2012di Lorenzo Pegorin e Gian Paolo Ranocchi 30

Ires maggiorata delle società di comodo in Unico 2013di Luca Gaiani 37

Accessi domiciliari e prove acquisitedi Laura Ambrosi 40

RISCOSSIONE

Principio di specialità ed esecuzione delle sanzionidi Antonio Iorio e Sara Mecca 45

Spese di soccombenza nel tributario: pagamento con la cartella esattorialedi Guido Chiametti 50

CONTENZIOSO

Utilizzabilità della «lista Falciani» nei controlli fiscalidi Antonio Iorio e Sara Mecca 53

Osservatorio sulla giurisprudenza tributaria: deducibilità costi Paesi «black list»di Massimo Conigliaro 58

Indeducibilità dei costi «black list»: difese del contribuentedi Davide Lombardi e Giovanna Lobba 61

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aiINDICI

4 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

INDICE ALFABETICOA - Accertamento, difese del contribuente,

costi «black list»...................................................58, 61 – sintetico, nuovo redditometro............................20

Accessi domiciliari, accertamento, prove acquisite......................................................................40

Anagrafe dei rapporti finanziari, accertamento.......................................................5, 7, 17

C - Cartella esattoriale, requisiti, spese di soccombenza...........................................................50

Comunicazione, rapporti finanziari, nuova Anagrafe.......................................................................7

Consolidato, maggiorazione Ires, società di comodo..............................................................37

Contenzioso tributario, spese di soccombenza, cartella esattoriale...............................................................50

Contribuente, costi «black list»..........................................58 – – fac-simile di ricorso.......................................61

Controlli fiscali, Lista Falciani, utilizzabilità.................53Costi «black list», indeducibilità,

dichiarazione integrativa..................................................58 – – fac-simile di ricorso.......................................61

I - Indici, di capacità contributiva, redditometro...20

– di coerenza economica, studi di settore...........30Ires, maggiorazione, società di comodo,

Unico 2013..............................................................................37

L - Lista Falciani, controlli fiscali, utilizzabilità ............53

P - Principio di specialità, esecuzione del-le sanzioni ..................................................................... 45

Prove, illegittimità dell’acquisto, accessi domiciliari...............................................................40

R - Rapporti finanziari, nuova Anagrafe, ac-certamento ..........................................................5, 7, 17

Reato di omesso versamento, decreto penale di condanna..........................................45

Redditometro, modalità di funzionamento...................20Riciclaggio, contrasto, Anagrafe

dei rapporti finanziari.........................................................17

S - Sanzioni, riscossione, principio di specialità .. 45Società di comodo, maggiorazione Ires,

Unico 2013..............................................................................37Spese di soccombenza, pagamento...............................50Studi di settore, periodo d’imposta 2012...................30

Direttore ResponsabileEnnio Bulgarelli

Coordinatore EditorialeMauro Rampinelli

Proprietario ed Editore: Il Sole 24 ORE S.p.A. Presidente: Giancarlo CeruttiAmministratore Delegato: Donatella TreuDirettore Generale Tax & Legal: Paolo PoggiSede legale e amministrativa: via Monte Rosa n. 91 - 20149 MilanoRedazione: Elisa Chizzola, Elisa de PizzolSede: Galleria Legionari Trentini 5 - 38122 TrentoPeriodico mensile: registrazione presso il Tribunale di Milano n. 491 del 20 luglio 2006.

ABBONAMENTI 2013: Annuale (carta+digitale) € 150,00 – con Dvd-Rom € 205,00 – Copia € 13,00www.shopping24.it sezione periodici

Deducibile per professionisti e aziendeEventuali fascicoli non pervenuti devono essere reclamati al Servizio Clienti Periodici non appena ricevuto il fascicolo successivo. Decorso tale termine l’Ufficio Abbonamenti provvede alla spedizione solo contro rimessa del prezzo di copertina.Servizio Clienti Periodici: via Tiburtina Valeria, km 68,700 - 67061 CARSOLI (AQ) - Tel. 023022.5680 oppure 063022.5680 Fax 023022.5400 oppure 063022.5400e-mail: [email protected] esclusiva di pubblicità: Focus Media Advertising – via Canova 19 - 20145 Milano; tel. 02.3453.8183 - fax 02.3453.8184 - email [email protected]: Il Sole 24 ORE S.p.A. - Via Tiburtina Valeria (S.S. n. 5) km 68,700 - 67061 Carsoli (AQ)Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da EDISER Srl, Società di servizi dell’Associazione Italiana Editori, attraverso il marchio CLEAREdi, Centro licenze e Autorizzazioni Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana n. 108 - 20122 Milano. Informazioni: www.clearedi.org.

www.sistemafrizzera24.itRivista licenziata il 24 aprile 2013

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L’OPINIONE

5IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

MONITORAGGIO delle MOVIMENTAZIONI: AIUTA ma NON BASTA

Il vero elemento innovativo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari è il saldo

delle movimentazioni dei conti: la sua conoscenza preventiva, per tutti i contribuenti, agevola l’innesco dei controlli, che tuttavia non è il problema della ricchezza non registrata.

di RAFFAELLO LUPI

ordinario di Diritto tributario e Scienze delle finanze, Università di Tor Vergata, presidente Fondazione studi tributari

L’attualità tributaria presenta il rischio frequente di soffermarsi sulle stesse questioni in relazione ai documenti normativi che le accompagnano. Si scrive molto a proposito delle disposizioni legislative, e spesso anche delle proposte che le precedono, dopodiché si commentano i regolamenti attuativi, come quelli sull’Archivio dei rapporti finanziari ai fini di controllo fiscale. In questo bombardamento di informazioni rischiano di perdersi i caratteri salienti degli istituti, i veri cambiamenti rispetto al passato, la sostanza delle innovazioni. Si perde persino l’orientamento sul numero delle volte in cui è caduto il segreto bancario, ed anzi ormai la maggior parte degli operatori in materia tributaria hanno iniziato la loro carriera quando l’istituto era venuto meno. E si chiedono come mai se ne sente parlare ancora, visto che a rigore il segreto bancario era morto nel 1991, ammesso che fosse mai stato davvero vivo, vista una sentenza «postuma» di sua illegittimità costituzionale nel 1992, e visto che gli «estratti conto» bancari, reperiti presso il contribuente, venivano già ampiamente utilizzati prima della formale abolizione del segreto. Quest’ultimo si rivela insomma come un travestimento del vero ostacolo all’Amministrazione finanziaria, cioè non solo e non tanto la mancanza di informazioni, quanto piuttosto la sua difficoltà ad utilizzarle in quella maniera sufficientemente sistematica che induce i contribuenti a rivelare quote maggiori della ricchezza non determinata (e spesso tassata) attraverso le organizzazioni aziendali, cioè i veri «grandi esattori del sistema».Più che ostacoli formali all’utilizzazione dei dati bancari c’era infatti la mancanza di informazioni sostanziali sulle banche in cui i contribuenti intrattenevano i conti, con grottesche richieste del Fisco a tutte le banche italiane per sapere se per caso un certo signore intrattenesse conti con alcune di esse. Poi c’è stata l’Anagrafe dei conti, proprio per conoscere – a colpo sicuro – gli intestatari dei rapporti finanziari senza questi defatiganti passaggi procedurali. Ci sono voluti

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L’OPINIONE

6 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

decenni per realizzare l’Anagrafe dei conti, e prima ancora di una sua utiilizzazione pratica a tappeto si è voluto normativamente integrarla con l’Anagrafe delle movimentazioni complessive dei conti, dei cui regolamenti attuativi si occupa questo numero della Rivista. Non si tratta di una acquisizione «online» degli estratti analitici dei conti bancari, ma di una comunicazione dei totali delle somme transitate sul conto nel periodo annuale di riferimento. Anche le movimentazioni complessive del conto diventano quindi una possibile fonte di innesco dei controlli fiscali, passando attraverso una scrematura da parte di Uffici centrali dell’Agenzia delle Entrate, che li utilizzeranno per una selezione dei soggetti a rischio. È una manovra provvista di una sua utilità, e su cui non mi sento di manifestare perplessità in termini di privacy. Gli accessi all’Anagrafe sono ristretti a livello centrale, ed anche quelli periferici, quando il contribuente è stato «scelto», sono presidiati da tali e tanti monitoraggi delle password personali che il sospetto di abuso mi sembra assolutamente fuori luogo. La privacy è un diversivo, ed anzi la stessa privacy è un aspetto di quel diluvio burocratico che, anche in nome della lotta all’evasione, ostacola fortemente la crescita, salvo poi essere disturbati all’ora di pranzo al telefono da operatori di call center che vogliono vendere di tutto. Va benissimo quindi l’istituto in esame, che consente al Fisco di conoscere quali conti si sono movimentati e quali no, in modo da avere ulteriore «fonte di innesco» di controlli fiscali. È però proprio questo l’aspetto che mi sembra superfluo, dove l’Anagrafe dei movimenti complessivi dei conti, tutto sommato, si dimostra utile, ma secondaria rispetto alle priorità effettive. I controlli effettuabili sono infatti già irrisori rispetto alle manifestazioni di ricchezza dove le aziende non arrivano. Il controllo del territorio, da parte del Fisco, su questi settori dell’economia, sui 300 mila miliardi circa di «sommerso», appare talmente insufficiente che il livello della ricchezza dichiarata da queste tipologie di operatori appare quasi miracoloso; è certamente il frutto dell’ottima pressione mediatica esercitata dalle istituzioni, e della quale anche il provvedimento in esame costituisce un tassello importante. La propaganda è importante, ma anche la presenza effettiva sul territorio degli uffici tributari ne fa parte, in un circolo virtuoso tra contenuti e comunicazione, tipico delle scienze sociali. Se l’ufficio tributario «si fa vedere», presidiando il territorio, valutando pragmaticamente la ricchezza dove le aziende non arrivano, il potere appare «effettivo», diligente, capace di e guadagnarsi credito con la autorevolezza della propria azione. Se si visitano venti contribuenti su cento, probabilmente gli altri pagheranno spontaneamente cifre ragionevoli. Non serve controllare tutti, ma il controllo deve essere avvertito, deve essere sistematico, e riferirsi alla vera patologia del sistema, cioè la ricchezza non registrata. Questi controlli non devono incominciare in banca, ma in strada, dalla pasticceria al negozio del gommista. Le indagini bancarie non possono essere concepite come ricostruzione contabile dei ricavi di 4.000.000 di lavoratori indipendenti, con 20.000 funzionari, il massimo disponibile sul campo tra Agenzia delle Entrate e Guardia di finanza. I dati bancari non possono essere gestiti in modo ragionieristico, ma vanno usati in modo presuntivo, perché la ricchezza fiscalmente non registrata deve essere stimata per ordine di grandezza. Solo così il controllo potrà essere sistematico, e la sua incidenza reale effettiva, contribuendo con la sostanza all’effetto di annuncio della normativa.

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ACCERTAMENTO

7IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

ANAGRAFE dei RAPPORTI FINANZIARI/1

ACCERTAMENTO: NUOVA ANAGRAFE dei RAPPORTI FINANZIARI

Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 25 marzo 2013 ha stabilito le modalità

ed i termini per l’invio periodico da parte degli operatori finanziari dei dati sui saldi dei rapporti e quelli aggregati delle movimentazioni.

di LUIGI GALLUCCIO e GAVINO PUTZU

Ufficiali della Guardia di finanza *

Con l’emanazione del provvedimento 25 marzo 2013, prot. n. 37561, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito le modalità ed i termini per l’invio periodico da parte degli operato-ri finanziari dei dati sui saldi dei rapporti e quelli aggregati delle movimentazioni, così come previsto dall’art. 11, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. con modif. con L. 22 di-cembre 2011, n. 214 [CFF 6920] (1).Il provvedimento in esame completa gli obbli-ghi di comunicazione da parte degli operato-ri finanziari all’Anagrafe tributaria, al fine di rafforzare le misure di contrasto all’evasione fiscale, ampliando la base informativa a dispo-sizione da parte del Fisco.

NUOVA ANAGRAFE dei RAPPORTI FINANZIARI

Com’è noto, il decreto cd. «salva Italia», scavalcando la scelta compiuta dall’art. 2, co. 36-undevicies, L. 14 settembre 2011, n. 148 [CFF 6242] (2), sancisce l’obbligo agli opera-tori finanziari di comunicare, periodicamente ed a partire dal 1° gennaio 2012, le movimen-tazioni finanziarie dei rapporti e delle opera-zioni fuori conto.In particolare, l’art. 11, co. 2, D.L. 201/2011 prevede che «a far corso dal 1° gennaio 2012, gli operatori finanziari sono obbligati a comu-nicare periodicamente all’Anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rappor-ti di cui all’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, ed ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché l’importo delle operazioni finan-

(*) Lo scritto è a titolo personale e non impegna l’Amministrazione di appartenenza degli Autori.(1) Sul tema, sia consentito un rinvio ad un primo commento Galluccio-Putzu, «Nuova Anagrafe dei rapporti finanziari e misure antievasione», in questa Rivista, n. 1/2012, pagg. 24 e segg.(2) Sull’argomento, cfr. Galluccio-Putzu, «Indagini finanziarie preventive», ne La Settimana fiscale, n. 40/2011, pagg. 13 e segg.

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ACCERTAMENTO

8 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

ANAGRAFE dei RAPPORTI FINANZIARI/1

ziarie indicate nella predetta disposizione». I dati comunicati sono archiviati nell’apposita sezione dell’Anagrafe tributaria, prevista dall’art. 7, co. 6, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 [CFF 8557], e successive modificazioni, cd. «Anagrafe dei rapporti finanziari».Per effetto di tale norma, il Fisco riceverà qua-le comunicazione periodica dagli operatori finanziari la movimentazione dei rapporti (come conto corrente, conto deposito titoli e/o obbligazioni, conto deposito a rispar-mio, rapporto fiduciario, carte di credito e di debito, garanzie, finanziamenti e così via), nonché ogni informazione di dettaglio e gli importi delle operazioni fuori conto (quali incasso di assegni circolari, il cambio assegni di terzi ecc.) la cui conoscenza è necessaria all’Amministrazione per effettuare i controlli fiscali.Come precisato dal successivo co. 3, dell’art. 11 (3), per conoscere i contenuti di dettaglio delle citate comunicazioni, le modalità e la periodicità delle stesse da parte degli operato-ri finanziari occorreva attendere un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, concertato con le associazioni di categoria. In tale sede, la norma citata pre-vede altresì la possibilità di estendere «l’obbli-go di comunicazione anche ad ulteriori infor-mazioni relative ai rapporti necessarie ai fini dei controlli fiscali».Proprio in attuazione di tale disposto normati-vo è intervenuto il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 25 marzo 2013.Come precisato dal co. 4, dell’art. 11 (4), il potenziamento dell’Anagrafe dei rapporti fi-nanziari consentirà, quindi, all’Amministra-zione finanziaria, di utilizzare le comunica-zioni effettuate dagli intermediari finanziari all’Anagrafe tributaria per selezionare i con-tribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a verifica.Vieppiù, secondo tale norma le medesime in-formazioni sono altresì utilizzate, da un lato,

per la semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della di-chiarazione sostitutiva unica (DSU) di cui all’art. 4, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109 e, dall’altro, ai fini del controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima dichiara-zione.In tale contesto, è piuttosto agevole cogliere le potenzialità del ridimensionamento di una significativa parte dell’asimmetria informa-tiva esistente tra il Fisco ed il contribuente, nella misura in cui la norma in commento permetterà agli Organi di controllo di svol-gere delle indagini complete, intercettando quelle condotte finanziariamente anomale, nonché quelle informazioni utili alla rettifica delle posizioni fiscali dei contribuenti. Appare doveroso ricordare che la disciplina sull’Anagrafe dei rapporti finanziari deve esse-re necessariamente coordinata con quella rela-tiva alle indagini bancarie e finanziarie di cui all’art. 32, co. 3, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 [CFF 6332] ed all’art. 51, co. 4, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 [CFF 251], nella parte in cui essi prevedono la possibilità per gli organi di controllo di richiedere dati, no-tizie ed informazioni a banche, società Poste Italiane, società ed enti di assicurazione, in-termediari finanziari, imprese di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del

(3) Art. 11, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 conv. nella L. 22 dicembre 2011 n. 214 «3. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentiti le associazioni di categoria degli operatori finanziari e il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le modalità della comunicazione di cui al comma 2, estendendo l’obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni relative ai rapporti strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali. Il provvedimento deve altresì prevedere adeguate misure di sicurezza, di natura tecnica e orga-nizzativa, per la trasmissione dei dati e per la relativa conservazione, che non può superare i termini massimi di decadenza previsti in materia di accertamento delle imposte sui redditi».(4) Il testo recita «Oltre che ai fini previsti dall’articolo 7, undicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, le informazioni comunicate ai sensi dell’articolo 7, sesto comma, del predetto decreto e del precedente comma 2 sono utilizzate dall’Agenzia delle entrate per l’elaborazione con procedure centralizzate, secondo i criteri individuati con provvedimento del Direttore della medesima Agenzia, di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione».

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ACCERTAMENTO

9IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

ANAGRAFE dei RAPPORTI FINANZIARI/1

risparmio e alle società fiduciarie (5).Nel quadro normativo sopra indicato, occorre altresì ricordare che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 19 gennaio 2007, integrato dai provvedimenti del 29 febbraio 2008, 20 dicembre 2010 e 6 dicembre 2011, sono state definite le mo-dalità ed i termini di comunicazione dei dati all’Anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari, provvedimento richiamato anche dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 25 marzo 2013 per la indivi-duazione dei soggetti obbligati alla comunica-zione annuale.

SOGGETTI OBBLIGATI alla COMUNICAZIONE

Gli operatori finanziari indicati all’art. 7, co. 6, D.P.R. 605/1973, sono quelli già obbligati alla comunicazione di cui al provvedimento del 19 gennaio 2007 (6).A tal riguardo, è bene ricordare che il concet-to di operatore finanziario, che sottende alla normativa in argomento, risulta ben deline-ato, essendo, nello specifico, considerati tali tutti gli operatori di cui al Tub (Testo unico bancario delle leggi in materia bancaria e cre-ditizia D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e successive modifiche) ed in particolare:OO banche;OO Poste italiane S.p.a.;OO intermediari finanziari;OO imprese di investimento;OO organismi di investimento collettivo del

risparmio;

OO holding di partecipazioni;OO ogni altro operatore finanziario.

Tale definizione include tutti i soggetti iscrit-ti negli elenchi tenuti dalla Banca d’Italia, ai sensi, rispettivamente, dell’art. 106, co. 1, Tub, dell’art. 107, Tub e art. 113 del citato Tub.La norma cita gli «altri operatori finanziari», vale a dire una categoria residuale, nella quale dovrebbero poter rientrare altri soggetti la cui attività, solo in futuro, dovesse assumere valenza di intermediazione finanziaria.A tal riguardo, per attrarre i soggetti che, fuori dal campo di applicazione dell’art. 106, Tub, svolgono attività di assunzione di par-tecipazione non nei confronti del pubblico, il Legislatore ha introdotto il co. 10, art. 10, D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141.In tale contesto, con l’art. 21, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, conv. con modif. con L. 30 luglio 2010, n. 122 [CFF 1853], al comma 1-ter, è stato esteso l’obbligo agli operatori finanzia-ri che emettono carte di credito, di debito o prepagate, di comunicare all’Agenzia delle Entrate le operazioni in relazione alle quali il pagamento dei corrispettivi sia avvenuto me-diante carte di credito, di debito o prepagate emesse dagli operatori finanziari stessi.Da ultimo, l’Agenzia delle entrate, con la nota dell’11 aprile 2013, ha fornito le indicazioni per gli adempimenti relativi all’Archivio dei rapporti finanziari da parte dei money tran-sfer. In particolare, tale chiarimento sancisce che – con riferimento all’attività di prestazio-ne di servizi di pagamento svolta per conto degli Istituti di pagamento comunitari au-torizzati a prestare in Italia senza succursali servizi di pagamento in regime di libera pre-stazioni di servizi – gli istituti di pagamento italiani, gli agenti in attività finanziaria italia-ni e gli agenti esteri, sono tenuti, relativamen-te alle informazioni da essi detenute, a:OO comunicare mensilmente all’Archivio dei

rapporti finanziari l’esistenza e la natura di

(5) Sul tema, per approfondimenti si veda Galluccio-Putzu, «Indagini finanziarie e Anagrafe tributaria: nuove comunicazioni», in questa Rivista, n. 2/2011, pagg. 45 e segg.(6) Cfr. Galluccio, «Anagrafe dei rapporti finanziari», ne La Settimana fiscale, n. 10/2007, pagg. 32 e segg.

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ACCERTAMENTO

10 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

ANAGRAFE dei RAPPORTI FINANZIARI/1

qualsiasi rapporto od operazione compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, con l’indicazione dei dati anagra-fici, nonché annualmente le informazioni integrative di cui al citato art. 11, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201;

OO predisporre la procedura telematica neces-saria per rispondere alle richieste di inda-gini finanziarie inoltrate dall’Amministra-zione finanziaria.

DATI OGGETTO della COMUNICAZIONE

Secondo quanto indicato nel punto 2 del provvedimento del 25 marzo 2013, gli ope-ratori finanziari obbligati comunicano all’A-nagrafe dei rapporti finanziari le seguenti in-formazioni, relative alla tipologia di rapporti (specificati nell’allegato 1 del provvedimento stesso) attivi nel corso dell’anno di riferimen-to:OO i dati identificativi del rapporto, compre-

so il codice univoco del rapporto, riferito

al soggetto persona fisica o non fisica che ne ha la disponibilità, inclusi procuratori e delegati, e a tutti i cointestatari del rappor-to, nel caso di intestazione a più soggetti;

OO i dati relativi ai saldi del rapporto, distinti in saldo iniziale al 1° gennaio e saldo finale al 31 dicembre, dell’anno cui è riferita la comunicazione;

OO per i rapporti accesi nel corso dell’anno il saldo iniziale alla data di apertura, per i rapporti chiusi nel corso dell’anno il saldo contabilizzato antecedente la data di chiu-sura;

OO i dati relativi agli importi totali delle mo-vimentazioni distinte tra dare ed avere per ogni tipologia di rapporto come indicato nella tabella allegato 1, conteggiati su base annua.

Oltre le informazioni già in possesso con la precedente versione dell’Anagrafe dei rappor-ti, i verificatori potranno ora individuare i dati relativi ai saldi iniziali e finali della singola ti-pologia di rapporto riferiti all’anno interessa-to dalla comunicazione e quelli degli importi totali delle movimentazioni distinte tra dare e avere per ogni tipologia di rapporto, conteg-giati su base annua (tab. 1).

Ciò implica che, secondo i contenuti di dell’allegato 1 del provvedimento del Diret-tore dell’Agenzia delle entrate del 25 marzo 2013, con riguardo, a titolo esemplificativo, alla tipologia di rapporto (7) di:1. conto corrente, sarà obbligatoria la comu-

nicazione integrativa dei seguenti dati:OO saldo contabile alla data di fine anno pre-

cedente o alla data di apertura del rapporto

Anagrafe dei rapporti finanziari

Novità Oggetto comunicazioni

Saldo iniziale Saldo contabile alla data di fine anno precedente o alla data di apertura del rapporto finanziario se intervenuta nel corso dell’anno di riferimento

Saldo finale Saldo contabile alla data di fine anno o alla data di chiusura del rapporto finanziario se intervenuta nel corso dell’anno di riferimento

Totale movimentazioni avere Importo totale degli accrediti effettuati nell’anno

Totale movimentazioni dare Importo totale degli addebiti effettuati nell’anno

(7) Per approfondimenti sul punto, si rinvia all’allegato 1, provvedimento del 25 marzo 2013.

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finanziario se intervenuta nel corso dell’an-no di riferimento;

OO saldo contabile alla data di fine anno o alla data di chiusura del rapporto finanziario se intervenuta nel corso dell’anno di rife-rimento;

OO importo totale degli accrediti effettuati nell’anno;

OO importo totale degli addebiti effettuati nell’anno;

2. conto deposito titoli e/o obbligazioni, le comunicazioni integrative saranno:OO controvalore dei titoli rilevato contabil-

mente alla data di fine anno precedente (come da estratto conto) o alla data di apertura del rapporto finanziario se inter-venuta nel corso dell’anno di riferimento;

OO controvalore dei titoli rilevato contabil-mente alla data di fine anno (come da estratto conto) o alla data di chiusura del rapporto finanziario se intervenuta nel corso dell’anno di riferimento;

OO importo totale degli acquisti di titoli, fondi ecc. effettuati nell’anno, esclusi i rinnovi;

OO importo totale dei disinvestimenti effet-tuati nell’anno.

RACCOMANDAZIONI del GARANTE per la PROTEZIONE dei DATI PERSONALI

In aderenza al contenuto dell’art. 11, co. 3, D.L. 201/2011, all’atto della predisposizione del provvedimento in commento l’Agenzia delle entrate ha richiesto il parere del Garan-te per la protezione dei dati personali, che si è espresso con i provvedimenti del 17 aprile 2012, 15 novembre 2012 e 31 gennaio 2013.Le specifiche raccomandazioni formulate dal Garante per la privacy agli operatori finanzia-ri sono riepilogate nell’allegato 4, provvedi-mento del 25 marzo 2013. In particolare, gli

operatori finanziari devono assicurare che:OO i soggetti che intervengono nelle procedure

di estrazione e invio siano scelti dagli ope-ratori finanziari sulla base di elevati requisiti di idoneità soggettiva in termini di affidabi-lità e competenze, preferibilmente tra colo-ro che abbiano un rapporto stabile con essi;

OO anche in considerazione delle dimensioni dell’operatore finanziario, siano adotta-ti meccanismi di cifratura e di sicurezza, rispettivamente finalizzati a proteggere le informazioni contenute nel file durante i successivi passaggi all’interno dell’operato-re stesso e ad assicurare l’integrità del con-tenuto e a prevenirne alterazioni;

OO l’accesso al file, nelle successive fasi del trattamento, anche dopo la cifratura, sia circoscritto ad un numero il più possibile limitato di incaricati;

OO qualora la comunicazione all’Agenzia delle Entrate avvenga mediante l’utilizzo di ca-selle di Pec alimentate in modo non com-pletamente automatico, e quindi attraver-so postazioni client, tali postazioni devono disporre, come da ordinarie prassi di si-curezza informatica, di versioni costante-mente aggiornate del sistema operativo, del browser, dei programmi antivirus e de-gli altri software applicativi utilizzati sulla postazione medesima, al fine di ridurre i rischi connessi ad accessi non consentiti o all’azione di virus o altri malware;

OO qualora gli operatori finanziari decidano di affidare la comunicazione a soggetti esterni, designati responsabili o incaricati del trattamento, il file sia loro fornito già cifrato;

OO il file cifrato che viene trasmesso ai predet-ti soggetti esterni per la successiva trasmis-sione all’anagrafe tributaria sia conserva-to sui nodi di interscambio per il tempo strettamente necessario allo scambio dei dati. L’operatore finanziario deve verificare l’avvenuta cancellazione dai nodi di inter-

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scambio subito dopo la ricezione delle re-lative ricevute;

OO anche le comunicazioni a mezzo Pec con-tenenti dati personali, ancorché cifrati, si-ano cancellate da parte dell’operatore dai server di posta utilizzati per la comunica-zione, una volta completata la procedura di invio o ricezione;

OO gli operatori finanziari, soggetti in capo ai quali sono demandate la gestione del-le utenze e delle credenziali di autentica-zione Ftp, rispettino le misure minime di sicurezza di cui all’Allegato B del Codice, comunicando all’Agenzia periodicamen-te con scadenza prefissata su canali sicuri la nuove credenziali di autenticazione per l’accesso ai propri server Ftp;

OO i nodi di interscambio devono disporre di uno spazio Ftp dedicato alla comunicazio-ne integrativa annuale; in caso di nodi che servono più operatori finanziari, tale spa-zio deve essere distinto per ciascuno di es-si; anche le credenziali di accesso al server Ftp devono essere riferite unicamente alla comunicazione integrativa annuale di ogni singolo operatore;

OO con riferimento al ruolo assunto dai no-di di interscambio rispetto al trattamento dei dati personali, ancorché cifrati, qualora l’invio avvenga per conto terzi: – tale soggetto sia preventivamente desi-

gnato quale responsabile del trattamen-to il gestore del nodo, che deve offrire idonee garanzie in relazione a quanto previsto dall’art. 29 del Codice;

– siano fornite a tale soggetto adeguate istruzioni e vigili sul trattamento da effettuare, con particolare riguardo alle ipotesi in cui tale soggetto sia designato responsabile da più operatori, al fine di garantire misure di carattere tecnico or-ganizzativo volte ad assicurare la segre-gazione dei flussi tra l’Agenzia e ciascun operatore;

OO riguardo alla possibilità di avvalersi di nodi di interscambio già certificati o consorzia-ti, e quindi esterni, sia garantito che la tra-smissione al nodo del file da comunicare all’anagrafe tributaria avvenga con misure di sicurezza analoghe a quelle assicurate nell’interscambio tra il nodo medesimo a l’Agenzia delle Entrate.

MODALITÀ di COMUNICAZIONE

Il punto 4 del provvedimento in commento evidenzia che l’Agenzia delle Entrate ha re-alizzato, per l’interscambio di flussi di dati, una nuova infrastruttura informatica deno-minata «Sistema di interscambio dati» (Sid), le cui specifiche tecniche sono dettagliatamente declinate nell’allegato 3 del provvedimento. Tale infrastruttura, in aderenza con le rac-comandazioni del Garante per la protezione dei dati personali, prevede il colloquio appli-cation-to-application tra sistemi informativi agendo, quindi, in modalità totalmente auto-matizzata.Con riguardo alle modalità con le quali gli operatori finanziari obbligati devono trasmet-tere i dati specificati dall’art. 11, co. 2, D.L. 201/2011, il provvedimento in commento prevede le specifiche tecniche:OO per la trasmissione delle comunicazioni,

nell’allegato 2 – parte A del provvedimen-to;

OO del file contenente i diagnostici, le rice-vute ed gli esiti della comunicazione in-tegrativa annuale all’archivio dei rappor-ti finanziari, nell’allegato 2 – parte B del provvedimento;

Con riferimento alle prime specifiche tecni-che, il provvedimento specifica che la comu-nicazione dei saldi è una fornitura annuale di dati contabili che integra le informazioni già residenti nell’Anagrafe dei rapporti. Oltre ai

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13IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

ANAGRAFE dei RAPPORTI FINANZIARI/1

dati contabili, gli operatori finanziari comu-nicano l’identificativo di ciascun rapporto fi-nanziario e tutte le intestazioni del rapporto stesso già comunicate all’Anagrafe dei rappor-ti.In merito alle seconde specifiche tecniche, il documento descrive la struttura ed il formato del file attraverso cui l’Agenzia delle Entrate comunica il risultato delle elaborazioni effet-tuate sulle comunicazioni integrative annuali all’archivio dei rapporti finanziari, nella fase del controllo formale, nella fase di accettazio-ne e nella fase di verifica di congruenza con i dati già presenti nell’Anagrafe dei rapporti. La specificazione dei codici esito viene pubblica-ta sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate.

TEMPISTICA della COMUNICAZIONE

In merito alla tempistica per l’effettuazione delle comunicazioni, il decreto direttoriale in commento prevede una periodicità annuale con la trasmissione entro il 20 aprile dell’an-no successivo a quello a cui sono riferite le informazioni.Con riguardo alle informazioni relative all’anno 2011 ed all’anno 2012, esse vengono trasmesse rispettivamente entro il 31 ottobre 2013 ed entro il 31 marzo 2014.

TRATTAMENTO dei DATI

Con riferimento al trattamento dei dati, il provvedimento in esame, al punto 8, sancisce che i dati e le notizie che pervengono all’A-

nagrafe tributaria sono raccolti e ordinati su scala nazionale al fine della valutazione della capacità contributiva, nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei contribuenti.Tali dati e notizie, trasmessi osservando la normativa in materia di riservatezza e prote-zione dei dati personali, sono archiviati, com’è noto, nell’apposita sezione dell’Anagrafe Tri-butaria denominata «Archivio dei rapporti finanziari».Come ribadito dal punto 8.3 del provvedi-mento in esame, «l’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’articolo 11, comma 4, del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, elabora i dati di cui al punto 2.1 con procedure centralizzate, secon-do i criteri che verranno individuati con succes-sivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, per la formazione di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione».Il provvedimento chiarisce, inoltre, che la conservazione di tali dati può avvenire en-tro i termini massimi di decadenza previsti in materia di accertamento delle imposte sui redditi e, quindi, fino al 31 dicembre del sesto anno successivo ad ogni anno cui è riferibile la comunicazione. Al termine di tale periodo, essi saranno integralmente e automaticamen-te cancellati.Ciò che non è stato ancora espressamente specificato né dal Legislatore e né dalla nor-mativa di attuazione e se tali dati possano essere utilizzati in piena autonomia dal Fisco ovvero se il trattamento degli stessi soggiace al principio di necessità (8) – sancito dall’art. 3, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 «Codice in ma-teria di protezione dei dati personali» – secondo cui tali informazioni possono essere trattate esclusivamente nei casi dei soggetti nei cui confronti siano avviate le attività istruttorie per l’esecuzione delle indagini finanziarie e previa apposita autorizzazione.A tal proposito, tuttavia, atteso che tale di-sposizione è tesa ad affermare un principio

(8) In tal senso, si è espressa, con riguardo alla precedente normativa, la circolare dell’Agenzia delle Entrate 19 ottobre 2006, n. 32/E, pag. 64.

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14 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

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di trasparenza fiscale tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente, volto ad elimi-nare/attenuare ogni asimmetria informativa esistente tra il soggetto attivo e quello passi-vo nell’imposizione tributaria, si ritiene che i dati contenuti nell’Anagrafe dei rapporti possano essere utilizzati, come ben specifica-to dal punto 8.1 del provvedimento in esame, con il precipuo fine di valutare la capacità contributiva dei contribuenti, nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali degli stessi.In tale specifica prospettiva, si ha ragione di ritenere che – nel rispetto del principio co-stituzionale della riservatezza (9) – l’utilizzo di tali dati da parte dell’Amministrazione finanziaria possa avvenire prima di esperire qualsiasi attività di accertamento nei con-fronti del singolo soggetto e senza alcuna autorizzazione (10).In termini operativi, il Fisco avrà – una volta definiti (in base a quanto sancito dal co. 4, dell’art. 11) i criteri che verranno individuati con un successivo provvedimento del Diret-tore dell’Agenzia delle Entrate – la reale ca-pacita di predisporre delle elaborazioni, dei dati affluiti all’Anagrafe dei rapporti, al fine di produrre delle «black list» di contribuenti basate sulle anomalie intercettate nella ge-stione delle singole posizioni finanziarie dei medesimi utili ad esperire ogni attività di ac-certamento.Ad oggi, purtroppo il decreto direttoriale che stabilirà i criteri di selezione non è ancora sta-to emanato. Quando ciò avverrà, il Fisco avrà la possibilità concreta, nel «mare» dell’evasio-ne fiscale italiana, di realizzare la «pesca a stra-scico» degli evasori e non essere obbligato ad effettuare la sola «pesca a canna» degli stessi.La conseguenza di tale scelta strategica sotto il profilo operativo, come già evidenziato in altro scritto, appare essere quella di un forte impatto sulle fasi del processo di lavoro «ve-rifica fiscale». Infatti, fi no ad ora il Fisco se-Infatti, fino ad ora il Fisco se-

leziona il contribuente da ispezionare avendo riguardo ad elementi probatori, indiziari o strumenti presuntivi e, solo successivamente, previa specifica autorizzazione e richiesta mo-tivata, procede ad avviare le indagini finanzia-rie per corroborare l’attività di controllo svol-ta nei confronti del contribuente verificato.Nel quadro normativo sopra tracciato, la ve-rifica fiscale potrebbe anche essere innescata da una lista di contribuenti generata proprio da una specifica analisi di rischio dei rappor-ti finanziari e delle operazioni fuori conto, volta ad individuare i target da sottoporre a controllo. A seguito dell’inizio di tale verifi-ca, il Fisco potrà inoltrare la richiesta di auto-rizzazione per le indagini finanziarie in senso stretto.È bene evidenziare, tuttavia, che le eventuali anomalie riscontrate in sede di analisi di ri-schio, non potranno essere, di per sé e diret-tamente, poste a fondamento di verifiche fi-scali, ma ben potranno essere supportate dalle informazioni contenute nelle altre banche da-ti di cui gli Organi di controllo dispongono (A.T., C.E.T.E., ecc.), ovvero dall’utilizzo di strumenti automatici di accertamento ovvero dalle nuove comunicazioni inviate dai forni-tori di beni e servizi (spesometro/elenco clien-ti e fornitori).Va da sé, che non sarà altresì consentito l’uti-lizzo di tali elaborazioni, dei dati acquisiti da-gli intermediari finanziari, secondo le regole proprie delle indagini finanziarie, ancorché esse ben potranno costituire uno degli ele-menti che consente l’attivazione delle proce-dure di autorizzazione all’utilizzo fiscale delle notizie ed informazioni di cui al citato art. 32, D.P.R. 600/1973 (ovvero dell’art. 51, D.P.R. 633/1972).

(9) Sull’argomento, cfr. Santacroce, «Necessario rispettare le procedure di garanzia», ne Il Sole 24 Ore del 7 dicembre 2011, pag. 12(10) In senso contrario, Mobili, «Movimenti bancari tracciati dal fisco», ne Il Sole 24 Ore del 7 dicembre 2011, pag. 12.

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ANAGRAFE dei RAPPORTI FINANZIARI/1

SCAMBIO di INFORMAZIONI tra FISCO e INPS

Il co. 6, dell’art. 11 prevede che, nell’ambi-to dello scambio informativo – già previsto dall’art. 83, co. 2, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, conv. con modif. con L. 6 agosto 2008, n. 133 [CFF 4822a] –, l’Inps «fornisce all’A-genzia delle entrate ed alla Guardia di finanza i dati relativi alle posizioni di soggetti destina-tari di prestazioni socio-assistenziali affinché vengano considerati ai fini della effettuazione di controlli sulla fedeltà dei redditi dichiarati, basati su specifiche analisi del rischio di evasio-ne».Com’è noto, l’Inps gestisce una mole signi-ficativa di dati inerenti le diverse prestazio-ni sociali agevolate (11). Tali prestazioni, che ricordiamolo generano spesa pubblica, sono legittimamente ottenibili solo integrando, tra l’altro, il requisito di una specifica soglia di reddito, individuata da ciascuna norma ine-rente le singole fattispecie assistenziali.Il «banale» incrocio della posizione fiscale (dichiarata e/o accertata) – in possesso del Fi-sco – del singolo soggetto richiedente la pre-stazione sociale agevolate e le informazioni presentate all’Inps per beneficiare delle stes-se, permetterebbe di compiere un’analisi di rischio volta ad individuare soggetti che per-

cepiscono indebitamente tali somme erogate dal citato Istituto previdenziale.In tale ottica, la norma in argomento ten-de a garantire, sotto il profilo normativo, tale scambio informativo che, comunque, nell’ambito della collaborazione operativa tra le Istituzioni coinvolte è, in modo tenden-zialmente sistematico, già realizzato al fine di assicurare obiettivi «di equità sociale» nella distribuzione delle risorse pubbliche a sussidio delle persone che versano in condizioni economiche di minor favore.Come ha ben ricordato il punto 8.4 del prov-vedimento in esame, in aderenza al disposto dell’art. 11, co. 4, D.L. 201/2011, conv. con modif. con L. 214/2011, così come novellato dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, le informa-zioni comunicate sono altresì utilizzate ai fini della semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della di-chiarazione sostitutiva unica di cui all’art. 4, D.Lgs. 109/1998, nonché in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella mede-sima dichiarazione.La duplice finalizzazione delle informazioni dell’Anagrafe dei rapporti finanziari con ri-guardo alla Dsu dovrebbe essere correttamen-te interpretata nel senso che:OO da un lato, il cittadino potrebbe essere

esentato dal dichiarare, nell’ambito della Dsu, tutte quelle informazioni che sono già presenti nell’Anagrafe dei rapporti fi-nanziari e, quindi, facilmente verificabili dagli organi di controllo;

OO dall’altro, il controllo sulla veridicità dei dati contenuti nella Dsu relativi al patri-monio mobiliare, in aderenza a quanto sancito dall’art. 4, co. 9, D.Lgs. 109/1998, rientra tra le competenze dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza, in quan-to organi di controllo abilitati a formulare richieste agli operatori finanziari. Ciò im-plica, che l’Inps non ha, in punto di dirit-to (12), la potestà di accedere direttamente

(11) Trattasi di assegno per il nucleo familiare con tre figli minori; assegno di maternità; asili nido e altri servizi educativi per l’infanzia; mense scolastiche; prestazioni scolastiche (libri scolastici, borse di studio, ecc.); agevolazioni per tasse universitarie; prestazioni del diritto allo studio universitario; servizi socio-sanitari domiciliari; servizi socio-sanitari diurni, residenziali, ecc.; agevolazioni per servizi di pubblica utilità (telefono, luce, gas); integrazione al minimo; maggiorazione sociale delle pensioni; assegno e pensione sociale; altre prestazioni previdenziali; pensione e assegno di invalidità civile; indennità di accompagnamento e assimilate.(12) Sul punto, si rinvia a quanto evidenziato da Santacroce, «Anagrafe, “chiavi” solo alle Entrate», ne Il Sole 24 ore del 28 marzo 2013, pag. 16, secondo il quale lo schema di decreto di attuazione della riforma 2011 dell’Isee prevede che «le informazioni non contenute nella Dsu presentata dal cittadino, rilevanti ai fini del calcolo Isee e presenti nell’anagrafe tributaria, sono trasmesse dall’agenzia delle Entrate all’Inps. Questa affermazione potrebbe consentire all’Inps di acquisire i dati di natura mobiliare».

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16 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

ANAGRAFE dei RAPPORTI FINANZIARI/1

alle informazioni contenute nell’Anagrafe dei rapporti.

Tale ultima affermazione appare essere, se-condo un’interpretazione sistematica, coeren-te anche con il disposto del successivo co. 6, art. 11, D.L. 201/2011, che sancisce la for-nitura da parte dell’Inps delle informazioni relative alle posizioni di soggetti destinatari di prestazioni socio-assistenziali all’Agenzia del-le entrate ed alla Guardia di finanza, proprio perché Istituzioni dotate di poteri ispettivi idonei all’esecuzione di controlli sulla fedeltà dei redditi dichiarati.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Come evidenziato nelle pagine che precedo-no, l’effettuazione di una specifica analisi del rischio delle anomalie di natura finanziaria non può essere ancora realizzata fino alla ema-nazione del decreto direttoriale di cui al co. 4, del menzionato art. 11.Una volta messo a punto questo ultimo tassel-lo, la gamma di strumenti di intercettazione

della materia imponibile evasa all’imposizio-ne fiscale sarà particolarmente imponente e di sicuro contribuirà, anche nel breve periodo, ad aumentare le entrate tributarie.Ciò che appare un sicuro punto debole del sistema dei controlli del bilancio pubbli-co è, invece, il monitoraggio delle uscite pubbliche, allorquando occorre purtroppo constatare che non esiste, ad oggi, una ban-ca dati che consenta di determinare, in un dato periodo, l’ammontare di tutti i fondi pubblici percepiti dal singolo contribuente (identificati per codice fiscale o partita iva). In altri termini, mentre esiste un’anagrafe delle entrate (Anagrafe tributaria), non esiste e nemmeno è ipotizzata l’implementazione di un’Anagrafe della spesa pubblica, quale strumento per monitorare l’impiego delle risorse pubbliche faticosamente versate dai contribuenti e/o recuperate dagli organi di controllo. Sarebbe auspicabile, in tale otti-ca, una volta consolidato il fronte del con-trasto all’evasione fiscale, aprire quello della revisione della spesa puntando su un alleato strategico: la tecnologia quale strumento di analisi di rischio.

Movimentazioni finanziarie - Comunicazioni all’Anagrafe tributaria - Decreto attuativo(E. Rossi)La Settimana fiscale n. 16/2013, pag. 23

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17IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

ANAGRAFE DEI RAPPORTI FINANZIARI/2

ARCHIVIO dei RAPPORTI FINANZIARI a SUPPORTO del CONTRASTO al RICICLAGGIO

Il recente provvedimento 25 marzo 2013 dell’Agenzia delle Entrate

riporta le modalità per la comunicazione integrativa annuale all’Archivio dei rapporti finanziari e supporta l’Agenzia e gli organi inquirenti nel contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.

di RANIERI RAZZANTE e DOMENICO DE PALMA

Studio legale e societario Razzante in Roma

PROVVEDIMENTO ENTRATE 25 MARZO 2013

Il nuovo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate dello scorso 25 marzo ha la finalità principale di dettare disposizioni sulle «Mo-dalità per la comunicazione integrativa an-nuale all’Archivio dei rapporti finanziari»; esso però rafforza anche i presidi atti al con-trasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Ferma, infatti, la finalità «antie-vasione» dell’Archivio, le norme di attuazione prevedono adempimenti in capo agli interme-diari finanziari grazie ai quali l’Agenzia delle Entrate entrerà in possesso di dati e informa-

zioni utilizzabili per l’approfondimento e la valutazione dei profili di rischio dei soggetti. Le Entrate menzionano fra i destinatari delle disposizioni banche, Poste italiane S.p.a., in-termediari finanziari, ecc. (1). Questi soggetti saranno tenuti a comunicare alcune infor-mazioni riguardanti i rapporti instaurati dai clienti presso di loro: il primo termine di sca-denza per la comunicazione delle informazio-ni relative all’anno 2011 scadrà il 31 ottobre 2013; le informazioni relative al 2012 saranno trasmesse entro il 31 marzo 2014; per gli anni dal 2013 in poi, le comunicazioni saranno ef-fettuate entro il 20 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento. I rapporti per i quali gli intermediari dovran-no procedere a comunicazione sono, a titolo esemplificativo: conto corrente, deposito tito-li e/o obbligazioni, conto deposito a risparmio libero/vincolato, rapporto fiduciario, gestione patrimoniale, certificati di deposito, cassetta di sicurezza, contratti derivati, carte di credito

(1) L’elenco completo degli operatori finanziari obbligati al rispetto delle nuove norme lo si ritrova all’art. 7, co. 6, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 [CFF 8557]; questi sono: banche, società Poste italiane S.p.a., gli intermediari finanziari, le imprese d’investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e ogni altro operatore finanziario «residente».

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18 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

ANAGRAFE DEI RAPPORTI FINANZIARI/2

e debito, garanzie, fondi pensione, prodotti finanziari emessi da imprese assicurative, fi-nanziamenti, acquisto e vendita di oro e me-talli preziosi, nonché le operazioni extraconto (cioè le operazioni effettuate dal cliente fuori dal rapporto che lo lega con l’intermediario (2)). Per ognuno dei menzionati rapporti l’Agenzia richiede la comunicazione dei dati identifica-tivi dei rapporti connessi ai soggetti (clienti) – persone fisiche o giuridiche – che ne hanno la disponibilità (3), dei dati relativi al saldo iniziale e finale di ogni anno, nonché dei dati relativi agli importi totali delle movimenta-zioni (distinte tra dare e avere) per tipologia di rapporto. La trasmissione dei dati da intermediario ad Agenzia avverrà tramite la nuova infrastrut-tura informatica, appositamente ideata, de-nominata Sid – Sistema di interscambio dati, grazie alla quale si garantirà la conservazione e la riservatezza dei dati stessi. L’Agenzia delle Entrate certificherà l’avvenuta presentazione delle comunicazioni, a fronte del risultato po-sitivo dell’elaborazione di controllo formale, mediante una ricevuta indicante l’identifica-tivo e il numero di protocollo del file inviato dall’intermediario.

AGENZIA delle ENTRATE e CONTRASTO del RICICLAGGIO

Il patrimonio informativo di cui l’Agenzia po-trà avvalersi consentirà di condurre verifiche non solo a fini fiscali, ma anche per indivi-duare anomalie connesse ad operazioni di ri-ciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Grazie ai dati ricevuti, infatti, le Entrate po-tranno valutare elementi soggettivi, connes-si ai clienti, ed elementi oggettivi, legati alla tipologia dei rapporti e all’ammontare delle operazioni (anche extraconto) (4).

Tramite il patrimonio informativo in parola potranno essere avviate indagini di riciclag-gio e connessi fenomeni di mafia. Non va dimenticato infatti che i dati fiscali possono essere utilizzati a fini antiriciclaggio ai sensi dell’art. 36, co. 6, D.Lgs. 231/2007. Le Forze di Polizia, la Guardia di finanza e la Magistra-tura potranno accedere ai dati dell’Anagrafe per condurre approfondimenti di indagini in ragione dei protocolli d’intesa siglati fra i vari organi (5). Si deve a tal riguardo precisare co-me negli Archivi unici informatici degli inter-mediari obbligati al rispetto del decreto anti-riciclaggio siano ovviamente già presenti i dati da comunicare all’Anagrafe. Gli intermediari dovranno però aggregare i dati utilizzando i criteri indicati nel provvedimento dell’Agen-zia delle Entrate.Come noto, poi, l’Agenzia delle Entrate ri-entra nel novero dei soggetti destinatari del D.Lgs. 231/2007 in qualità di Ufficio della pubblica Amministrazione, così come previ-sto dall’art. 10, co. 2, lett. g). In quanto tale,

(2) Non è poi così raro che i clienti, pur avendo regolarmente instaurato un rap-porto continuativo con l’intermediario di riferimento, effettuino operazioni fuori dal rapporto stesso (si pensi al cliente di banca che chiede in cassa di effettuare un bonifico non facendolo addebitare sul conto ma liquidando il quantum in contanti). Ovviamente questo tipo di operazioni, proprio per le modalità di effettuazione, risultano spesso anomale; proprio per questo l’Agenzia delle Entrate richiede agli intermediari di comunicare annualmente l’ammontare delle operazioni extraconto effettuate dai clienti. Si veda R. Razzante, La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, Torino, 2011, pagg. 83 e segg.(3) Nelle comunicazioni dovranno essere indicati anche procuratori e delegati ad agire sui conti, nonché tutti i cointestatari dei rapporti. Si veda l’art. 2 del provvedimento in esame.(4) Ricordiamo come uno dei principi cardine del decreto antiriciclaggio sia il «risk based approach», vale a dire la valutazione del profilo del cliente costruito sulla base delle informazioni raccolte. L’art. 20, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 prevede che, a parte i dati raccolti, gli intermediari considerino, dal punto di vista soggettivo: la natura giuridica del soggetto, la prevalente attività svolta, il comportamento tenuto al momento del compimento dell’operazione o dell’instau-razione del rapporto, l’area geografica di residenza. Dal lato oggettivo, quindi con riferimento alle operazioni o ai rapporti, i destinatari del decreto devono valutare: la tipologia dell’operazione o del rapporto, le modalità di svolgimento dell’operazione o rapporto, l’ammontare, la frequenza delle operazioni e la durata del rapporto, la ragionevolezza, l’area geografica di destinazione delle operazioni. Si rimanda a R. Razzante, La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, op. cit., pag. 79 e segg.(5) Secondo quanto stabilito dall’art. 36, co. 6, D.Lgs. 231/2007: «I dati e le in-formazioni registrate ai sensi delle norme di cui al presente Capo sono utilizzabili ai fini fiscali secondo le disposizioni vigenti».

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ACCERTAMENTO

19IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

ANAGRAFE DEI RAPPORTI FINANZIARI/2

l’Agenzia ha l’onere di segnalare anomalie individuate nel corso della propria attività a prescindere dall’accertamento o meno di eva-sioni fiscali (6). In altri termini, il nuovo Archivio dei rap-porti finanziari, grazie agli adempimenti che richiede agli intermediari e al patrimonio in-formativo posto a disposizione del Fisco, for-nisce una nuova chiave di ricerca e di lettura

(6) Si ricorda come i soggetti elencati nell’art. 10, D.Lgs. 231/2007 abbiano il solo obbligo di segnalazione di operazioni sospette e non debbano anche provvedere all’adeguata verifica o alla registrazione in Aui dei dati raccolti (differentemente da quanto avviene per gli intermediari finanziari).(7) Secondo quanto previsto dall’art. 57, co. 4, D.Lgs. 231/2007: «Salvo che il fatto costituisca reato, l’omessa segnalazione di operazioni sospette è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria dall’1 per cento al 40 per cento dell’importo dell’operazione non segnalata. Nei casi più gravi, tenuto conto della gravità della violazione desunta dalle circostanze della stessa e dall’importo dell’operazione so-spetta non segnalata, con il provvedimento di irrogazione della sanzione è ordinata la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio su almeno due quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del sanzionato».

dei rapporti nell’attività di prevenzione del riciclaggio. Gli intermediari, comunque, non dovranno dimenticare di essere essi stessi i destinatari principali della normativa antiriciclaggio e, conseguentemente, di continuare diligen-temente a monitorare i rapporti dei clienti, a prescindere dalle comunicazioni inviate all’Agenzia. Se infatti, come anticipato, i dati da comunicare sono presenti negli Aui, pro-prio per questo gli obbligati hanno l’onere di valutarli al fine di inoltrare segnalazioni di operazioni sospette all’Unità di informa-zione finanziaria. L’onere di comunicazione all’Agenzia non esenta certo dall’obbligo di invio di segnalazioni. Per l’omissione di una segnalazione, il Ministero dell’Economia può irrogare sanzioni amministrative quan-tificabili fino al 40% dell’importo non se-gnalato (7).

Redditometro e studi di settore - Novità di inizio 2013 e chiarimenti di Telefisco(E. Holzmiller)La Settimana fiscale n. 11/2013, pag. 31

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20 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO

«NUOVO» REDDITOMETRO: MECCANISMO di FUNZIONAMENTO

Il D.M. 24 dicembre 2012 contiene i nuovi elementi su cui si fonda la metodologia di ricostruzione del reddito. Tale metodo richiede che il reddito dichiarato

si confronti con le medie Istat e non più, come avveniva in passato, con elementi significativi che potessero far presumere un certo tenore di vita.

di GIOACCHINO PANTONI, CLAUDIO SABBATINI e FABIO CIANI

Studium - Milano

Parlare di «nuovo» redditometro non è pro-priamente corretto, visto che si tratta di uno strumento accertativo che, anzi, potremmo definire storico. Già l’art. 1, R.D. 17 settembre 1932, n. 1261, in materia di imposta complementa-re sul reddito, prevedeva l’accertamento di tipo «non analitico» basato su «circostanze od elementi di fatto, con speciale riguardo al tenore di vita del contribuente», così come, sostanzialmente, faceva l’art. 137, D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo Unico Im-poste Dirette o Tuid), il quale consentiva di determinare sinteticamente (1) il reddito del contribuente in relazione al suo «tenore di vi-ta» o ad altri «elementi e circostanza di fatto», ogniqualvolta questi ultimi consentissero di presumere un reddito netto superiore a quello risultante dalla determinazione analitica.Con la riforma tributaria degli anni ‘70 (L. 9 ottobre 1971, n. 825 (2)) si è cercato di esal-tare il principio della capacità contributiva dando maggior peso alle risultanze – analiti-

che – della contabilità, pur senza dimenticare il «vecchio» accertamento sintetico «quando vi siano elementi presuntivi di maggiore reddito risultanti da fatti certi» (artt. 2, n. 13 e 10, n. 4, L. 825/1971).Poi esigenze di gettito e la rilevanza dell’eva-sione fiscale hanno indotto il Legislatore a su-perare l’impostazione garantista prevista dalla riforma, introducendo strumenti di accerta-mento – nei confronti delle imprese – di tipo «standardizzato» (minimum tax, parametri, studi di settore). Ma lo stesso è avvenuto con il redditometro utilizzato per accertare il red-dito complessivo delle persone fisiche (non il reddito d’impresa, d’arte o professione): la formulazione originaria dell’art. 38, co. 4, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 [CFF

6338] (nel testo, in vigore dal 1° gennaio 1974

(1) Con questa espressione intendiamo una metodologia di accertamento tesa a determinare il reddito complessivo del contribuente presuntivamente e senza pas-sare attraverso la sommatoria delle varie tipologie di redditi dichiarati dallo stesso(2) Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria

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21IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO

al 31 dicembre 1991, introdotto a seguito della citata riforma) stabiliva che il contenu-to induttivo di «elementi e circostanze di fatto certi» potessero derivare – secondo quanto stabilito «con decreto del ministro per le finan-ze» da «indici e coefficienti presuntivi di reddito o di maggiore reddito in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva di cui al se-condo comma dell’art. 2». Quest’ultimo art. 2 elencava, tra gli indicatori «certi» di capacità contributiva elementi quali:OO disponibilità di aeromobili da turismo, di

navi e imbarcazioni da diporto, di cavalli da equitazione o da corsa e di autoveicoli per il trasporto di persone, sempre che non siano beni relativi ad impresa;

OO residenze secondarie (3) a disposizione per-manente o temporanea, in Italia o all’este-ro;

OO numero dei collaboratori familiari, precet-tori, governanti e di altri lavoratori addetti alla casa o alla famiglia;

OO disponibilità di riserve di caccia.Non si tratta, quindi, di un nuovo metodo accertativo, se non – come si vedrà – negli elementi per quantificare il reddito imputa-bile al contribuente, in quanto l’accertamen-to sintetico era già presente nel panorama fiscale già dall’inizio del secolo scorso. Però, come si è potuto notare, allora si prendevano in esame beni rilevanti (elementi certi) per presumere un tenore di vita elevato: residen-

ze secondarie, riserve di caccia, aerei ed im-barcazioni.Il «nuovo» redditometro, invece, si fonda sul-le spese quotidiane.Si è dunque trasformato il potente strumento accertativo (4) a disposizione dell’Amministra-zione finanziaria per standardizzare anche il reddito complessivo delle persone fisiche, co-me se il comportamento sociale fosse uguale fra tutte le persone.Proprio questo aspetto – l’inapplicabilità del criterio ad personam delle medie Istat – fa sorgere il dubbio sulla costituzionalità della norma o, almeno, sulla natura della presun-zione di tale accertamento. Su questo punto, comunque, non ci addentriamo, ma ci limi-tiamo a segnalare che la questione merita un chiarimento, in quanto:OO è vero che la Corte Cost., ord. 28 luglio

2004, n. 297 nel decidere sulla formulazio-ne normativa (dell’art. 2, D.P.R. 600/1973 [CFF 6302] che, dopo le modifiche ap-portate dall’art. 1, L. 30 dicembre 1991, n. 413, non elenca più gli indici di capa-cità contributiva stabiliti dal Legislatore, demandando così ad un decreto del mi-nistro gli indici stessi nonché i parametri della loro misurazione) rimasta immutata prima dell’intervento del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, conv. con modif. con L. 30 luglio 2010, n. 122, ha rigettato ogni ec-cezione. La Corte affermò che la riserva di legge «va intesa in senso relativo, ponen-do al Legislatore l’obbligo di determinare preventivamente e sufficientemente criteri direttivi di base e linee generali di disci-plina della discrezionalità amministrativa (vd. sentenze n. 7 del 2001, citata, n. 215 del 1998 e n. 111 del 1997)». All’epoca la Corte ha sancito che «è stata rispettata la riserva di legge relativa, in quanto l’art. 38 stabilisce che il regolamento deve prendere in considerazione elementi e circostanze di fatto certi e fissa delle linee direttive cui

(3) Le residenze principali non sono state considerate elemento significativo del tenore di vita fino al 1991.(4) L’efficacia deriva da un’equazione difficilmente contestabile: il sostenimento di una spesa deriva, necessariamente, da un reddito conseguito (anche se non dichiarato).Se per l’Amministrazione finanziaria è difficile identificare il reddito in maniera diretta è possibile stimarlo indirettamente sulla base delle spese connesse alla disponibilità di determinati beni e servizi; in pratica si valuta il trend di vita del contribuente e delle altre persone fisiche che risultano a suo carico (C.M. 14 agosto 1981, n. 27, prot. 7/2648).La tassazione di un reddito risponde all’esigenza costituzionale di far partecipare i cittadini al concorso delle spese pubbliche in base alla «capacità contributiva» (art. 53, Cost.), capacità manifestata attraverso il sostenimento di spese (Corte Cost., 201/1975; Corte Cost., 156/2001).

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22 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO

si deve attenere l’accertamento compiuto tramite regolamento perché lo stesso sia valido (deve scostarsi di almeno un quarto da quanto dichiarato per almeno due periodi imposta), con salvezza della prova contraria del contribuente»;

OO è altrettanto vero che l’assenza, nel nuo-vo redditometro, di specifici e concreti elementi di capacità contributiva (come si vedrà infra, gli elementi su cui si fonda l’accertamento sintetico per i redditi dal 2009 in poi sono costituiti da tutte le spe-se di «vita quotidiana», fino ad arrivare alle spese per l’acquisto di pentole e delle pre-stazioni del barbiere) non pare rispettoso del principio, chiaramente espresso dalla medesima Corte Cost., sent. 28 luglio 1976, n. 200, secondo cui «la giurispru-denza della Corte concernente le presunzio-ni legali in materia fiscale ha costantemente riconosciuto la necessità che le presunzioni, per poter essere considerate in armonia con il principio della capacità contributiva sancita dall’art. 53 Cost. debbono essere confortate da elementi concretamente positivi che le giustifichino razionalmente (sent. nn. 103 del 1967, 109 del 1967, 99 del 1968, 107 del 1971). Invero, il principio suddetto, nei termini in cui é accolto dall’art. 53 Cost., risponde alla esigenza di garantire che ogni prelievo tributario abbia causa giustifica-trice in indici concretamente rivelatori di ricchezza dai quali sia razionalmente de-ducibile l’idoneità soggettiva all’obbligazio-ne d’imposta». Forse per questa ragione recente giurisprudenza, andando in senso contrario ad un orientamento che pareva consolidato, ha qualificato l’accertamento da redditometro quale presunzione sem-plice (Cass., 20 dicembre 2012, n. 23554. Nello stesso senso si era espressa la Cass., sent. 13289/2011 e la Ctp di Torino, sent. 76/14/11).

MODALITÀ di DETERMINAZIONE SINTETICA del REDDITO

Il futuro degli accertamenti del reddito in capo alle persone fisiche passa per l’accerta-mento sintetico. Si tratta di un potente (in quanto efficace, semplice, immediato e soste-nuto dalla giurisprudenza di legittimità) stru-mento accertativo che verrà utilizzato diffusa-mente in futuro.Con l’art. 22, D.L. 78/2010, il Legislatore ha aggiornato le regole di questo strumento accertativo che, secondo le intenzioni dell’A-genzia delle Entrate, verrà sempre più utiliz-zato per verificare ed accertare il reddito del-le persone fisiche (C.M. 16 aprile 2010, n. 20/E) (5).L’art. 38, D.P.R. 600/1973 consente all’Am-ministrazione finanziaria, anche in deroga al-le risultanze delle dichiarazioni presentate dai contribuenti, di accertare un maggior reddito sulla base:OO delle spese di qualsiasi genere sostenute nel

periodo d’imposta (metodo sintetico puro o spesometro);

OO di specifici elementi indicativi di capacità contributiva, individuati con un apposito decreto, tenendo conto del nucleo familia-re e del contesto territoriale (cd. reddito-metro).

Le due tipologie di accertamento parevano

(5) Questo indirizzo pare essere stato smentito dal Comunicato stampa 20 gennaio 2013 con il quale l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il redditometro non sarà utilizzato come strumento di accertamento «di massa», ma «verrà utilizzato per individuare i finti poveri e, quindi, l’evasione ‹spudorata›, ossia quella ritenuta maggiormente deplorevole dal comune sentire. Si tratta dei casi in cui alcuni contribuenti, pur evidenziando una elevata capacità di spesa, dichiarano redditi esigui, usufruendo così di agevolazioni dello Stato sociale negate ad altri che magari hanno un tenore di vita più modesto. A conferma di quanto detto (...) già in fase di selezione, le posizioni con scostamenti inferiori a 12mila euro non saranno prese in considerazione; (…) l’Agenzia delle Entrate dovrà effettuare ogni anno 35mila controlli utilizzando il redditometro. È ovvio che l’azione sarà efficace se diretta a individuare casi eclatanti e non di leggeri scostamenti tra reddito dichiarato e quello speso».

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23IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO

alternative tra loro: quindi non avrebbero potuto essere utilizzate dai verificatori in ma-niera congiunta, pur nel rispetto della rego-la secondo cui la scelta dello strumento da utilizzare non doveva necessariamente essere fatta a monte, ma, in ragione della fattispecie concreta, avrebbe potuto essere effettuata suc-cessivamente in base alle risultanze istruttorie (C.M. 21 giugno 2011, n. 28/E, domanda 6.1).Come si vedrà in seguito, però, il redditome-tro non tiene conto dei soli indici di capacità contributiva rappresentati da beni posseduti, ma anche dalle spese monetarie sostenute dal contribuente ed analiticamente individuate, incluse le spese implicite di gestione e man-tenimento che è lecito presumere siano soste-nute in relazione a determinati beni patrimo-niali. Sembra così tramontata la possibilità di un utilizzo alternativo delle due fattispecie. Infatti, il nuovo redditometro si basa sull’u-tilizzo sia di spese figurative (di matrice red-ditometrica), valorizzate in base a parametri Istat (o sulla base di analisi o studi socio eco-nomici), che di spese effettivamente sostenu-te dal contribuente (legate a un concetto di accertamento sintetico puro), oggettivamente determinabile.Per quantificare queste implicite spese di ge-stione servono ovviamente degli appositi coef-ficienti che trasformano un’ulteriore (rispetto a quella analiticamente individuata) capacità di spesa in un maggior reddito: e a ciò prov-vede appunto il redditometro. Per cui nel red-ditometro troviamo sia elementi tipici dello

spesometro (le spese sostenute) sia gli indici di capacità contributiva, anche se, in un primo momento, pareva che l’Agenzia delle Entrate avesse escluso questa possibilità.Secondo la relazione illustrativa al D.L. 78/2010, l’intervento normativo è finalizzato ad «adeguare l’accertamento sintetico al conte-sto socio-economico, mutato nel corso dell’ultimo decennio».Il D.M. 24 dicembre 2012 (di seguito anche solo decreto, pubblicato sulla G.U. 4 gennaio 2013, n. 3) ha attuato il suddetto quadro nor-mativo, individuando gli elementi indicativi di capacità contributiva (ossia, il paniere dei beni e servizi da utilizzare per determinare il reddito presunto), il rispettivo effetto indutti-vo, nonché le tipologie di nuclei familiari di riferimento per l’applicazione del redditome-tro.

INDICI di CAPACITÀ CONTRIBUTIVA

La Tabella A allegata al decreto elenca gli ele-menti indicativi di capacità contributiva, ossia le spese sostenute dai contribuenti per l’acquisizione di beni e servizi e per il relativo mantenimento.L’Amministrazione finanziaria può utilizzare anche elementi di capacità contributiva di-versi da quelli della Tabella A, se dispone di informazioni relative al sostenimento di spe-se per l’acquisizione di beni e servizi e per il

Due modalità (alternative?) di accertamento sintetico

Accertamento sintetico del reddito complessivo in capo alle persone fisiche, al di fuori dell’attività d’impresa, arte o professione. Esso può avvenire:

1) Sulla base di (art. 38, co. 4, D.P.R. 600/1973):- spese di qualsiasi genere;- spese sostenute nel corso dello stesso periodo d’imposta accertato.

2) Sulla base di (art. 38, co. 5, D.P.R. 600/1973):- specifici «elementi indicativi di capacità contributiva» individuati con apposito decreto del Mef.

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24 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO

relativo mantenimento, nonché la quota di risparmio riscontrata formatasi nell’anno.Al contribuente accertato sono attribuite anche le spese relative all’acquisizione di beni e servizi effettuati dal coniuge o dai familiari fiscalmente a carico, mentre non sono attribuite le spese sostenute esclusiva-mente per l’attività d’impresa o di lavoro autonomo, «sempre che tale circostanza ri-sulti da idonea documentazione» (art. 2, del decreto) (6).A detti elementi, raggruppati in categorie di

(6) Alla luce di tale disposizione prevista dal Ministero dell’Economia e delle Finanze si ritiene che dovranno rilevare percentualmente, ai fini del reddi-tometro, le spese e i costi d’acquisto relativi ai beni che si considerano «promiscui».

consumi, corrisponde un contenuto indutti-vo (si tratta del valore da attribuire a ogni sin-gola voce) determinato tenendo conto delle risultanze di analisi e studi socio-economici e della spesa media del nucleo familiari di ap-partenenza.La spesa media annuale dei consumi è stata elaborata dall’Istat sulla base di «campioni si-gnificativi» di contribuenti:a) appartenenti a 11 tipologie di nuclei fami-liari (indicate nella Tabella B allegata al de-creto).

Tipologie di nuclei familiari

Persona sola

Con meno di 35 anni

Con età compresa tra 35 e 64 anni

Con 65 anni e più

Coppia senza figli

Con meno di 35 anni

Con età compresa tra 35 e 64 anni

Con 65 anni e più

Coppia con figli

Con 1 figlio

Con 2 figli

Con 3 o più figli

Monogenitore

Altre tipologie

Aree di ripartizione del territorio italiano

Nord-Est

Nord-Ovest

Centro

Sud

Isole

b) presenti nelle 5 aree territoriali italiane.

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25IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO

Si riportano le numerose (sono oltre un centi-naio) voci di spesa e di investimento che con-

corrono a formare il reddito sinteticamente accertabile.

Voci di spesa e di investimento che concorrono a formare il reddito sinteticamente accertabileConsumi

Alimenti e bevande (1) (2)

Abbigliamento e calzature (1) (2)

Altro (1)

Abitazione

Mutuo (1)

Canone di locazione (1)

Fitto figurativo (in assenza, nel Comune di residenza, di abitazione di proprietà, o altro diritto reale; locazione; abitazione in uso gratuito da un familiare) (3)

Canone di leasing immobiliare (1)

Acqua e condominio (1) (4)

Manutenzione ordinaria (1) (5)

Intermediazioni immobiliari (compensi ad agenti immobiliari) (1)

Altro (1)

Combustibili ed energia

Energia elettrica (1)

Gas (1)

Riscaldamento centralizzato (1) (2)

Altro (1)

Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa

Elettrodomestici e arredi (1) (6)

Altri beni e servizi per la casa (biancheria, detersivi, pentole, lavanderia e riparazioni) (1) (6)

Collaboratori domestici (1)

Altro (1)

Sanità

Medicinali e visite mediche (1) (2)

Altro (1)

Trasporti

Assicurazione responsabilità civile, incendio e furto per auto, moto, caravan, camper, minicar (1)

Bollo per auto, moto, caravan, camper, minicar (1)

Assicurazione responsabilità civile, incendio e furto per natanti, imbarcazioni e aeromobili (1)

Pezzi di ricambio, olio e lubrificanti, carburanti, manutenzione e riparazione di auto, moto, caravan, camper, minicar (1) (7)

Pezzi di ricambio, olio e lubrificanti, carburanti, manutenzione e riparazione, ormeggi e rimessaggi di natanti e imbarcazioni (1) (8)

– continua –

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26 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO

Voci di spesa e di investimento che concorrono a formare il reddito sinteticamente accertabilePezzi di ricambio, olio e lubrificanti, carburanti, servizi di hangaraggio, manutenzione e riparazione di aeromobili (1) (9)

Tram, autobus, taxi e altri trasporti (1) (2)

Comunicazione

Acquisto di apparecchi per telefonia (1) (2)

Spese telefono (1) (2)

Altro (1)

Istruzione

Libri scolastici, tasse scolastiche, rette e simili per asili nido, scuola per l’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria, corsi di lingue straniere, corsi universitari, tutoraggio, corsi di preparazione agli esami, scuole di specializzazione, master (1) (2)

Soggiorni studio all’estero (1)

Canoni di locazione per studenti universitari (1)

Altro (1)

Tempo libero, cultura e giochi

Giochi e giocattoli, radio, televisione, hi-fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, dischi, cancelleria, abbonamenti radio, televisione ed internet, lotto e lotterie, piante e fiori, riparazioni radio, televisore, computer (1) (2)

Abbonamenti pay-tv (1)

Attività sportive, circoli culturali, circoli ricreativi, abbonamenti a eventi sportivi e culturali (1)

Giochi on-line (1)

Cavalli (1) (10)

Animali domestici (incluse le spese veterinarie) (1) (2)

Altro (1)

Altri beni e servizi

Assicurazioni danni, infortuni e malattia (1)

Contributi previdenziali obbligatori (1)

Barbiere, parrucchiere ed istituti di bellezza (1) (2)

Prodotti per la cura della persona (1) (2)

Centri benessere (1)

Argenteria, gioielleria, bigiotteria e orologi (1) (2)

Borse, valige ed altri effetti personali (1) (2)

Onorari corrisposti a liberi professionisti (1) (2)

Alberghi, pensioni e viaggi organizzati (1) (2)

Pasti e consumazioni fuori casa (2)

Assegni periodici corrisposti al coniuge (1)

Altro (1)

Investimenti (11)

Immobili (fabbricati e terreni) (12)

– segue –

– continua –

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27IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO

Voci di spesa e di investimento che concorrono a formare il reddito sinteticamente accertabileBeni mobili registrati (autoveicoli, caravan, motoveicoli, minicar, natanti e imbarcazioni, aeromobili) (13)

Polizze assicurative (per investimento, previdenza, vita) (14)

Contributi previdenziali volontari (14)

Azioni, obbligazioni, quote di partecipazioni, fondi di investimento, derivati, certificati di deposito, pronti contro termini, buoni postali fruttiferi, conti di deposito vincolati, altri titoli di credito, altri prodotti finanziari in valuta estera, oro, numismatica, filatelia

(14)

Conferimenti, finanziamenti e capitalizzazioni (14)

Oggetti d’arte o di antiquariato (14)

Manutenzione straordinaria delle unità abitative (14)

Donazioni ed erogazioni liberali (14)

Altro (14)

– segue –

(1) Le informazioni possono essere desunte dai dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria.(2) Il contenuto induttivo è dato dalla spesa media Istat della tipologia di nucleo familiare di appartenenza. Occorre considerare il maggiore ammontare fra le risultanze delle informazioni presenti in Anagrafe tributaria e quanto risulta dalle medie Istat e dalle analisi e studi socio-economici.(3) Spesa calcolata moltiplicando il valore del fitto figurativo mensile al mq basato sui dati OMI,categoria A/2 x mq 75 x numero mesi. (4) Spesa media Istat della tipologia di nucleo familiare di appartenenza (spesa media mensile Istat del nucleo familiare di riferimento / 75 mq) x numero dei mq delle unità abitative: detenute in proprietà o altro diritto reale (qualora non siano concesse in locazione o in uso gratuito al coniuge o ad un familiare ivi residenti, non fiscalmente a carico); detenute in locazione.(5) Spesa media Istat (per mq delle unità abitative) della tipologia di nucleo familiare di appartenenza (spesa media mensile Istat del nucleo familiare di riferimento / 75 mq) x numero dei mq delle unità abitative: detenute in proprietà o altro diritto reale (qualora non siano concesse in locazione o in uso gratuito al coniuge o ad un familiare ivi residenti, non fiscalmente a carico); detenute in loca-zione, detenute in uso gratuito dal coniuge o da un familiare o da un familiare non fiscalmente a carico, residente nell’unità abitativa.(6) Spesa media Istat della tipologia di nucleo familiare di appartenenza x numero di unità abitative detenute in proprietà o altro diritto reale (qualora non siano concesse in locazione o in uso gratuito al coniuge o ad un familiare ivi residenti, non fiscalmente a carico) o detenute in locazione.(7) Spesa media Istat relativa ai mezzi di trasporto del nucleo familiare di appartenenza / kW medi relativi ai mezzi di trasporto del nucleo familiare di appartenenza, come individuati nell’allegato 1) x kW effettivi relativi al mezzo di trasporto.

kW medi della tipologia di nucleo familiare Nord Est Nord Ovest Centro Sud Isole

Persona sola con meno di 35 anni 61,1 63 60,8 60,9 63,4

Coppia senza figli con meno di 35 anni 124 128,7 127,2 119,9 124,4

Persona sola con età tra 35 e 64 anni 80,5 80,2 79,4 72 72,9

Coppia senza figli con età tra 35 e 64 anni 143,9 139,9 141,2 121,6 121,6

Persona sola con 65 anni o più 25,3 24,8 27,2 18,5 20

Coppia senza figli con 65 anni o più 78,5 77,4 77,2 58,3 61,4

Coppia con 1 figlio 156,2 156,1 157,3 138,7 138,5

Coppia con 2 figli 158,8 160,9 164,3 149,4 150,8

Coppia con 3 o più figli 151,2 158 171,3 164,7 161,6

Monogenitore 89,2 93,5 95,3 88,5 90

Altre tipologie 133,3 138,7 150,1 150,5 144,9

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ACCERTAMENTO

28 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO– segue –

(8)Lunghezza dell’imbarcazione A motore A vela

4-7 metri € 400/metro € 200/metro

7-10 metri € 700/metro € 350/metro

10-14 metri € 1.600/metro € 700/metro

14-18 metri € 3.000/metro € 1.500/metro

18-24 metri € 5.500/metro € 2.500/metro

Oltre 24 metri € 12.000/metro € 5.500/metro

(9) Tipologia / peso Caratteristiche / contenuto induttivo

Ultraleggeri e alianti € 4.000

Meno di 2.000 kg € 8.000 (per monorotore) € 12.000 (per bimotore)

Oltre i 2.000 kg con motore a scoppio € 30.000

Oltre i 2.000 kg turboelica € 70.000Oltre i 2.000 kg aerei a reazione € 110.000

(10) Spesa per cavallo mantenuto in proprio: € 5 x numero dei giorni di possesso risultanti in Anagrafe tributaria. Spese per cavallo in pensione: € 10 x numero dei giorni di possesso risultanti in Anagrafe tributaria.(11) Ammontare degli investimenti, nelle seguenti tipologie di beni e servizi, effettuati nell’anno, meno l’ammontare dei disinvesti-menti effettuati nell’anno e dei disinvestimenti netti dei 4 anni precedenti l’acquisto stesso, risultante da dati disponibili o presenti in Anagrafe tributaria.(12) Incremento patrimoniale meno ammontare totale del mutuo.(13) Incremento patrimoniale meno il finanziamento.(14) Incremento patrimoniale.

DETERMINAZIONE SINTETICA del REDDITO

Rispetto al «vecchio» redditometro, quello in-trodotto con il D.L. 78/2010 non determina il reddito sulla base del possesso di determina-ti beni (ai quali si applicavano dei coefficienti moltiplicatori per giungere al reddito necessa-rio per il loro mantenimento). Con il «nuo-vo» redditometro si tiene conto delle spese sostenute in relazione ad un paniere – molto consistente – di beni e servizi (7).Come per il passato rilevano gli incremen-ti patrimoniali (al netto dei disinvestimenti dell’anno stesso e dei 4 precedenti).Inoltre, si tiene conto della quota di risparmio dell’anno (probabilmente dato dall’incremento delle disponibilità liquide accertate a fine anno

(7) Le spese medie individuate dall’Istat sono consultabili sul sito internet all’in-dirizzo http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCCV_SPEMMFAM&Lang= (il percorso è il seguente: Datawarehouse I.Stat – Condizioni economiche delle famiglie e disuguaglianze – Spesa media mensile familiare. È possibile selezionare la tipologia di nucleo familiare.

rispetto al dato di inizio periodo d’imposta).Non è ancora chiaro come si determina lo scostamento fra il reddito dichiarato e quello accertato (i due valori devono divergere per almeno il 20%), dato che in due occasioni (Telefisco 2011 e Telefisco 2012) l’Agenzia ha fornito due risposte contrastanti, anche se, secondo l’ultimo orientamento, esso andreb-be calcolato sul reddito dichiarato (C.M. 19 giugno 2012, n. 25/E, risp. 8.3).Secondo l’art. 3 del decreto, l’Agenzia delle Entrate determina il reddito sintetico sulla base degli elementi di seguito indicati.

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ACCERTAMENTO

29IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

REDDITOMETRO

Esempio

Se un contribuente ha acquistato nell’anno 2009 un immobile al prezzo di € 300.000 ma, nei 4 anni precedenti, ha venduto beni per € 260.000, l’investimento netto da assumere ai fini della determinazione sintetica del reddito ammonta a € 40.000.

Elementi sulla base dei quali viene accertato il reddito sintetico

Addendi Osservazioni

Ammontare delle spese che, sulla base dei dati desunti dall’Anagrafe tributaria, risultano sostenute dal contribuente

+

Quota parte, attribuibile al contribuente, della spesa media Istat riferita al nucleo familiare di appartenenza

La quota parte è così determinata, alternativamente:a) in percentuale data dal rapporto fra:

reddito complessivo del contribuente---------------------------------------------------------------Totale dei redditi complessivi dei componenti il nucleo familiare

b) in assenza di redditi dichiarati dal nucleo familiare, in percentuale data dal rapporto fra:spese sostenute dal contribuente--------------------------------------------------------Totale delle spese dell’intero nucleo familiare

+

Ammontare delle ulteriori spese presen-ti nella Tabella A determinato da analisi e studi socio-economici

Per le voci di spesa non stimate dall’Istat, come le spese per imbarcazioni, aerei o cavalli.

+

Incrementi patrimoniali del periodo

+

Quota di risparmio formatasi nell’anno

Speciale Redditometro di «seconda generazione»(E. Holzmiller)Guida ai controlli fiscali n. 2/2013, pagg. 5 e segg.

ARTICOLI CORRELATI

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30 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

STUDI di SETTORE

STUDI di SETTORE per il PERIODO d’IMPOSTA 2012

Principali novità applicabili agli studi di settore per il 2012 alla luce dei DD.MM. 21 marzo 2013 e 28 marzo 2013.

di LORENZO PEGORIN e GIAN PAOLO RANOCCHI

dottore commercialista e revisore legale in Cittadella (Pd)

commercialista in Verona, pubblicista

Con l’approvazione dei 4 decreti del Ministe-ro dell’Economia e delle Finanze del 28 di-cembre 2012 (pubblicati in Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 2012, n. 303), viene prevista, con efficacia a partire dal periodo d’imposta 2012, l’introduzione di 68 nuovi studi di set-tore revisionati relativi a:OO 12 attività economiche nel comparto delle

manifatture;OO 23 attività economiche nel comparto dei

servizi;OO 21 attività economiche nel comparto del

commercio;OO 12 attività professionali.

L’opera di revisione in commento ha di fatto iniziato il lungo percorso, riguardante l’an-nualità 2012, di adeguamento tecnico-nor-mativo concernente gli studi di settore, che dovrà culminare con la versione definitiva di Gerico 2013, prevista, come ormai di consue-to da qualche anno, non prima della fine del mese di maggio 2013.Attraverso i decreti del 21 marzo 2013 e del 28 marzo 2013 sono stati successivamente:OO aggiornati alcuni indici di coerenza eco-

nomica basati su anomalie dei dati dichia-

rati;OO inseriti all’interno delle note metodologi-

che degli studi revisionati per il 2012 al-cuni ulteriori specifici indici di coerenza economica;

OO introdotti alcuni correttivi riguardanti le attività professionali e quelle di autotra-sporto;

OO modificate le tabelle di funzionamento re-lative ai Foc, riguardanti lo studio di setto-re VM05U (commercio al dettaglio di cal-zature, abbigliamento e pelletteria), per te-nere conto dell’incidenza negativa sull’an-damento dei ricavi di tali esercizi dovuta alla presenza dei cosiddetti «outlet».

Oltre a tali decreti si segnala anche il parere favorevole della Commissione degli esper-ti ai correttivi anticrisi applicabili al perio-do d’imposta 2012, secondo cui i correttivi contabili per l’anno d’imposta 2012 saranno dello stesso tenore di quelli applicati nell’an-no d’imposta 2011 (1). A tale via libera dovrà

(1) Nel merito dei correttivi anticrisi applicabili al periodo d’imposta 2012 seguirà un articolo sui prossimi numeri di questa Rivista

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31IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

STUDI di SETTORE

ora necessariamente seguire l’apposito decre-to ministeriale (2), che recepirà le modifiche congiunturali; tale approvazione rappresenta infatti passaggio indispensabile prima di pro-cedere con l’ultima fase di implementazione del software Gerico, attualmente in versione Beta e per l’appunto privo dei necessari cor-rettivi anticrisi.Vediamo di seguito le principali novità appli-cabili agli studi di settore per il 2012, intro-dotte dai documenti sopra citati.

DD.MM. 28 DICEMBRE 2012

Come riferito i decreti in commento sono quattro: ciascuno per ogni comparto produt-tivo e contengono essenzialmente l’approva-zione delle note tecniche e metodologiche degli studi in revisione, oltre alla precisazione che le risultanze finali del calcolo potranno essere riviste per effetto dell’approvazione dei correttivi in via di definizione. Com’è risaputo le varie note metodologiche contengono e descrivono l’intero percorso per la determinazione del ricavo/compenso con-gruo applicabile in sede di elaborazione dello studio di settore suddivise per ogni cluster di appartenenza. La nota descrive anche i singoli indicatori di normalità economica che si in-corporano nell’esito stimato dal software Ge-rico e gli indici di coerenza, entrambi stabiliti a livello di ciascun singolo studio di settore. Rispetto ai soggetti a cui non si applicano gli studi di settore, va riferito che i citati decreti richiamano anche per l’anno d’imposta 2012

i seguenti soggetti:OO contribuenti con un volume di ricavi/com-

pensi annui superiore ad E 5.164.569; OO società cooperative, società consortili e

consorzi che operano esclusivamente a fa-vore delle imprese socie o associate;

OO società cooperative costituite da utenti non imprenditori che operano esclusivamente a favore degli utenti stessi.

I citati decreti contengono la proroga (questa volta portando la norma a regime) del fatto per cui le risultanze degli studi di settore non possono essere utilizzate per l’azione di accer-tamento anche nei confronti:OO delle cooperative a mutualità prevalente

(art. 2512, Codice civile);OO dei soggetti che redigono il bilancio in base

ai principi contabili internazionali (D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 38);

OO delle attività di consorzi garanzia collettiva fidi e attività di bancoposta;

OO dei soggetti esercenti come attività princi-pale quella di affitto di azienda contraddi-stinta dal codice 68.20.02 (3);

OO dei «soggetti esercenti attività d’impresa , cui si applicano gli studi di settore , per il periodo in cui cessa di avere applicazione il regime previsto dai commi da 96 a 117 dell’articolo 1 Legge 24 dicembre 2007 n. 244».

In relazione a tale ultima indicazione va spe-cificato che la norma si riferisce ai contri-buenti, in regime d’impresa, che nel 2012, transitando dal regime dei minimi tenuto nel 2011, sono passati a quello «normale» (sem-plificato/ordinario) o a quello «super sempli-ficato» (4). La ratio di tale esclusione consiste nel fatto che tali contribuenti, procedendo dal regi-me dei minimi a quello «super semplificato» o semplificato/ordinario, normalmente non evidenziano le rimanenze iniziali (salvo che la spesa non sia ancora stata sostenuta nell’an-no in cui si applicava il regime dei minimi) e potrebbero presentare dei ricarichi «troppo

(2) La cui emanazione è prevista non prima della fine del mese di maggio 2013.(3) Per i soggetti che esercitano l’attività di affitto d’azienda l’esclusione dal controllo sulla base degli studi di settore era già stata prevista nelle istruzioni generali alla compilazione della dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2010.(4) Trattasi del regime di cui al provvedimento 22 dicembre 2011, n. 185825 dell’Agenzia delle Entrate.

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32 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

STUDI di SETTORE

generosi» proprio per mancanza di alcuni ele-menti di costo e quindi nei casi limite rag-giungere una congruità non reale.

D.M. 21 MARZO 2013

Con il decreto del Ministero dell’Economia del 21 marzo scorso, pubblicato in Gazzet-ta Ufficiale 27 marzo 2013, n. 73 sono state approvate le integrazioni agli studi di settore che prevedono l’introduzione di appositi in-dici di coerenza economica e l’indicatore di normalità economica che si applica in assen-za del valore dei beni strumentali.Nella sostanza il decreto in questione sostitu-isce la nota metodologica relativa agli indica-tori di coerenza economica basati su anomalie nella compilazione dello studio del 26 apri-le del 2012 applicabile al periodo d’imposta 2011.Il D.M. 21 marzo 2013 è stato emanato in attuazione a quanto stabilito dall’art. 1, co. 1-bis, D.P.R. 31 magio 1999, n. 195 [CFF

6684] secondo cui eventuali integrazioni agli studi di settore, «indispensabili per tenere con-to degli andamenti economici e dei mercati con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali o per aggiornare o istituire gli indica-tori di cui all’articolo 10-bis della legge 8 mag-gio 1998, n. 146, devono essere pubblicate in Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo del periodo d’imposta successivo a quello della loro entrata in vigore».Tuttavia, volendo precisare in merito al con-tenuto del decreto in commento, va osservato come il D.P.R. 195/1999 sopra citato abbia previsto la possibilità di aggiornare od istitu-ire solo gli indicatori di cui all’art. 10-bis, L. 8 maggio 1998, n. 146 (cd. «indici di normalità economica»).Nel decreto del 21 marzo scorso buona parte degli indicatori introdotti concerne gli indici

di coerenza (allegato 1 al decreto) che sono, come noto, cosa ben diversa e distinta rispetto agli indicatori di normalità.Su tale aspetto appare paradossale come il de-creto in commento dia una lettura del testo di legge assolutamente originale e, se ci è con-sentito precisare, diversa rispetto alla norma primaria, promuovendo, di fatto, anche gli indici di coerenza nell’operazione di restyling degli studi di settore, originariamente prevista solo per gli indicatori di normalità economi-ca.

INDICI di COERENZA

Il D.M. 21 marzo 2013 istituisce ben nove indicatori di coerenza volti essenzialmente a contrastare possibili situazioni di non corret-ta compilazione dei modelli dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore.Si tratta di indicatori in parte noti agli ope-ratori del settore, in quanto già utilizzati per le segnalazioni telematiche inviate ai contri-buenti in presenza di gravi anomalie nella compilazione dei modelli. Le note allegate al citato decreto contengono le specifiche tecniche e metodologiche di co-struzione di ognuno degli indicatori.Nel dettaglio si tratta di indici non particolar-mente complessi, destinanti principalmente ad intercettare anomalie abbastanza grosso-lane che potrebbero evidenziare a seconda dei casi:OO errori di compilazione del modello (es.

indicatore: «Incoerenza nel valore delle ri-manenze finali e/o delle esistenze iniziali re-lative ad opere, forniture e servizi di durata ultrannuale»);

OO una possibile alterazione dei dati (es. in-dicatore: «Valore negativo del costo del ven-duto comprensivo del costo per la produzione di servizi»).

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33IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

STUDI di SETTORE

Gli indici di coerenza in questione possono essere sostanzialmente divisi in tre blocchi di seguito riepilogati:

1. rimanenze e costo del venduto; 2. beni strumentali; 3. associazione in partecipazione.

Primo blocco di indicatori: rimanenze e costo del venduto

Indice di incoerenza Funzionamento Motivazione e righi del modello interessati

Primo indice«Incoerenza nel valore delle rimanenze finali e/o delle esistenze iniziali relative ad opere , forniture e servizi di durata ultrannuale»

L’indicatore si applica alle imprese che indicano il va-lore delle rimanenze iniziali o finali relative ad opere ultran-nuali. Per essere coerente il contribuente deve indicare sempre valori pari a zero. Ad esempio lo studio di settore VG37U relativo ai bar non può mai avere rima-nenze ultrannuali in quanto la tipologia di attività non ammette la presenza di tale posta contabile

Si tratta di un indicatore che verifica la mancata esposizione di dati che non devono riguardare quel determinato studio di settore.L’incoerenza scatta se i righi F06 e F07 del modello non sono pari a zero.Dove:OO F06: esistenze iniziali relative ad opere o forniture ultrannuali;OO F07: esistenze finali relative ad opere o forniture ultrannuali

Secondo indice «Valore negativo del costo del venduto comprensivo del costo per la produzione di servizi»

Si applica alle imprese che indicano nel modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applica-zione degli studi di settore un valore negativo del costo del venduto (comprensivo del costo per la produzione di servizi)

L’incoerenza scatta se (F14+F15+F12-F13) < 0 Dove:OO F14: acquisto materie prime;OO F15: costo per acquisto di servizi;OO F12: Rimanenze iniziali;OO F13: Rimanenze finali.

L’indice ha come finalità quella di tenere monitorato il possibile eccessivo importo destinato alle rimanenze finali

Terzo indice«Valore negativo del costo del venduto relativo a pro-dotti soggetti ad aggio o ricavo fisso»

Si applica alle imprese che dichiarano un valore nega-tivo del costo del venduto relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso

L’incoerenza scatta se (F11+F09+F10) < 0Dove:OO F11: costo acquisto prodotti soggetti ad aggio;OO F09: Rimanenze iniziali prodotti soggetti ad aggio;OO F10: Rimanenze finali prodotti soggetti ad aggio

Quarto indice«Valore del costo del ven-duto relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso, superiore al valore dei corrispondenti ricavi»

Si applica alle imprese che dichiarano un valore del costo del venduto relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso superiore al va-lore dei corrispondenti ricavi.

L’incoerenza scatta se (F11+F09+F10) > F8Dove:OO F11: costo acquisto prodotti soggetti ad aggio;OO F09: Rimanenze iniziali prodotti soggetti ad aggio;OO F10: Rimanenze finali prodotti soggetti ad aggio;OO F8: ricavi derivanti dalla vendita di generi soggetti ad aggio

Quinto indice«Presenza anomala di costi o ricavi relativi a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso»

Si applica alle imprese che indicano nel modello per la comunicazione dei dati rile-vanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore costi o ricavi relativi a prodotti sog-getti ad aggio o ricavo fisso

L’indice intende verificare la mancata esposizione di dati che non devono riguardare quel determinato studio di settore.L’incoerenza scatta se i righi F08, F09, F10 e F11 del modello non sono pari a zero

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34 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

STUDI di SETTORE

INDICI di NORMALITÀ

Il decreto in questione prevede l’introduzione di un apposito indice di normalità economi-ca che, a differenza degli indici di coerenza, in situazioni di mancata regolarità si riverbera nel ricavo congruo stimato da Gerico.L’indice di cui si tratta si basa sul valore dei beni strumentali e si attiva in ipotesi di non normalità dovuta alla presenza di beni stru-mentali fra i dati strutturali (normalmente Quadro E) e la contestuale mancata dichia-

razione di un corrispondente valore fra i dati contabili (Quadro F) (5).Pertanto sono definiti soggetti non normali i contribuenti che hanno dichiarato informa-zioni riferite ad uno o più beni strumentali nei

Secondo blocco di indicatori: beni strumentali

Indice di incoerenza Funzionamento Motivazione e righi del modello interessati

Primo indice«Mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipen-denza di contratti di locazione non finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali»

Si applica alle imprese che indicano, nel modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, un valore dei beni strumentali acquisiti in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria e non indicano spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria

L’indice intende verificare la coerenza fra quanto indicato nel rigo F29 e il rigo F18 del modello.In presenza dei righi F29 (campo 2 rigo «di cui») deve essere compilato anche il rigo F18 (campo 3 rigo «di cui»)

Secondo indice«Mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipen-denza di contratti di locazione finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali»

Si applica alle imprese che indicano, nel modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, un valore dei beni strumentali acquisiti in di-pendenza di contratti di locazione finanziaria e non indicano spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria

L’indice intende verificare la coerenza fra quanto indicato nel rigo F29 ed il rigo F18 del modello.In presenza dei righi F29 (campo 3 rigo «di cui») deve essere compilato anche il rigo F18 (campo 4 rigo «di cui»)

Terzo indice«Mancata dichiarazione del valore dei beni strumentali in presenza dei relativi ammortamenti»

Si applica alle imprese che indicano, nel modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, la presenza di ammortamenti e non indicano un valore dei beni strumentali in proprietà

L’indice intende verificare la coerenza fra quanto indicato nel rigo F29 ed il rigo F20 del modello.In presenza del rigo F20 (campo 1 «Ammorta-menti») deve essere compilato anche il rigo F29 (campo 1 «Valore dei beni strumentali»)

Terzo blocco di indicatori: associazione in partecipazione

Indice di incoerenza Funzionamento Motivazione e righi del modello interessati

«Mancata dichiarazione del numero e/o della percentuale di lavoro prestato dagli associati in parteci-pazione in presenza di utili spettanti agli associati in partecipazione con apporti di solo lavoro»

Si applica alle imprese che indicano, nel modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, utili spettanti agli associati in partecipazione con apporto di solo lavoro e non indicano il numero e/o la percentuale di lavoro prestato negli associati in partecipazione

L’indice intende verificare la coerenza fra quanto indicato nel rigo A09 ed il rigo F23 (campo 2 «di cui») del modello.In presenza del rigo F23 (campo 2 «Utili spettanti agli associati in partecipazione € …») deve essere compilato anche il rigo A09 (campo 1 e 2 «Numero associati e percentuale di lavoro prestato»)

(5) Il decreto in commento non lo precisa esattamente, ma il sistema dovrebbe effettuare un controllo interno al modello fra i quadri extracontabili e quelli contabili. In particolare la procedura dovrebbe poter verificare la presenza di dati nel Quadro E (dati extracontabili) e la corrispondente compilazione del rigo F29 (dati contabili). Il tutto andrà comunque verificato nel software Gerico non appena lo stesso sarà validato e reso disponibile per le consuete elaborazioni in vista dell’adempimento dichiarativo.

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35IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

STUDI di SETTORE

quadri relativi ai dati strutturali e non hanno dichiarato il relativo valore dei beni strumen-tali fra i dati contabili (rigo F29 campo 1 per le attività d’impresa e rigo G14 campo 1 per le attività professionali).L’indice in argomento, il cui funzionamento è compiutamente descritto nell’allegato 2 del D.M. 21 marzo 2013, determina, nelle ipotesi di non regolarità sopra delineate, un maggior ricavo stimato ottenuto come prodotto tra il valore dei beni strumentali da normalità eco-nomica per addetto e il coefficiente di deter-

minazione del maggior ricavo/compenso (6).

D.M. 28 MARZO 2013

Il decreto ministeriale in esame contiene l’in-troduzione di alcuni nuovi indici in relazione agli studi di settore revisionati per il periodo d’imposta 2012.Si tratta, anche in tale fattispecie, di soli indici di coerenza economica.

(6) Tali variabili sono analiticamente riportate nell’allegato 2 del decreto.(7) Margine = ricavi dichiarati + aggi – [(costo del venduto + costo per la prod. di servizi) + spese per acquisti di servizi – compensi corrisposti ai soci per l’attività di amministratore (società capitali) +altri costi per servizi + oneri diversi di gestione + altri componenti negativi – utili ass. in partecipazione di solo lavoro+ spese per lav. dipendente – compensi ai soci per l’attività di am-ministratore (società di persone)].(8) Margine netto = Margine – [(soglia minima di coerenza dell’indicatore «margine per addetto non dipendente ») *1000*(numero addetti non dipendenti)];(9) Per il funzionamento degli indicatori in questione si rinvia al contenuto degli allegati al D.M. 28 marzo 2013 nei quali viene opportunamente descritto il fun-zionamento dei predetti indicatori.

Indici di coerenza economica introdotti dal D.M. 28 marzo 2013

Indice Funzionamento Motivazione

Margine per addetto non dipen-dente

Margine per addetto non dipendente= (Margine (7)/1000)/numero addetti non dipendenti.Il contribuente è coerente se presenta valori soglia presenti all’interno di un apposito intervallo di confidenza che varia da cluster a cluster

L’indicatore misura il contributo di ciascun addetto non dipendente alla creazione del margine , ovvero rappresenta la capacità dell’impresa di remunerare al lordo del costo per il godimento di beni di terzi, degli accantonamenti e dell’eventuale risultato negativo della gestione finanziaria e straordinaria, il lavoro non dipendente

Indice di copertura del costo per il godimento di beni di terzi e degli ammortamenti

Indice di copertura del costo per il godimento di beni di terzi e degli am-mortamenti = (Margine netto (8))/(costo per il godi-mento di beni di terzi + ammortamenti).Il contribuente è coerente se presenta valori soglia presenti all’interno di un apposito intervallo di confidenza che varia da cluster a cluster

L’indicatore misura il grado di copertura dei principali costi per l’utilizzo di beni strumentali all’attività dell’im-presa mediante il margine al netto della remunerazione, ritenuta economicamente plausibile degli addetti non dipendenti

In particolar modo si tratta degli indici indi-cati qui di seguito (introdotti per quasi tutti gli studi di settore revisionati).

Oltre agli indici di coerenza sopra citati il de-creto prevede l’introduzione di altri specifici indicatori di coerenza previsti per singoli stu-di di settore, quali ad esempio (9):OO studio di settore VG76U riguardante l’at-

tività di ristorazione collettiva: «Numero di pasti erogati per addetto» e «Incidenza del costo del venduto e del costo per la produzio-ne di servizi sui ricavi»;

OO studio di settore VG79U riguardante l’attività di noleggio di autovetture e altri mezzi di trasporto terrestre: «Resa chilome-trica», e «Resa del capitale rispetto al valore aggiunto lordo»;

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STUDI di SETTORE

OO studio di settore VG88U riguardante l’attività di Autoscuola, scuole nautiche e agenzia di disbrigo pratiche: «Ricavo medio per pratica automobilistica» e «Ricavo medio per patente nautica»;

OO studio di settore VG53U riguardante l’atti-vità di servizi linguistici e organizzazione di convegni e fiere, «Resa delle cartelle tradotte» e «Resa delle giornate di interpretariato»;

OO studio di settore VG48U riguardante l’at-tività di riparazione di elettrodomestici e di prodotti di consumo audio e video «In-cidenza del costo per acquisto di ricambi e accessori sui ricavi».

Il decreto in questione contiene inoltre l’in-troduzione dei primi correttivi anticrisi rela-tivi al periodo d’imposta 2012. In particolare si tratta dei correttivi previsti:OO per i «giovani professionisti» che nei

primi anni di attività collaborano stabil-mente con uno studio già avviato e per-cepiscono un compenso che prescinde dalla tipologia e dalla quantità del lavoro svolto;

OO per l’attività di autotrasporto riguardanti il credito d’imposta carburante e il colla-boratore familiare che esegue attività di segreteria.

Correttivi anticrisi

Correttivo e studio di settore

Funzionamento Motivazione

Correttivo relativo alle stabili col-laborazioni (WK03U geometri, WK04U studi legali, WK05U com-mercialisti e consulenti del lavoro, WK18U studi di architettura)

Nella funzione compenso è stato introdotto un correttivo (che stima al ribasso il compenso puntuale) attraverso la riduzione del peso della variabile «Ore dedicate all’attività» per i soggetti che contemporaneamente presentano:– esercizio dell’attività in forma individuale;– età professionale fino a 6 anni;– attività svolta esclusivamente presso altri studi;– tipologia dell’attività «stabili organizzazioni con studi e/o strutture di terzi» prevalenti;– assenza di forza lavoro

L’intervento è stato previsto per stimare in maniera più puntuale l’attività svolta dai professionisti che nei primi anni di esercizio dell’attività collaborano con uno studio avviato dal quale generalmente percepiscono un com-penso forfetario che prescinde dalla quantità e tipologia di lavoro svolto

Correttivo relativo al costo del carburante e familiare che svolge solo attività di segreteria (Imprese di autotrasporto studio VG68U)

Nella determinazione della funzione ricavo:– la variabile relativa al «costo per carburan-te» va diminuita dell’Ammontare del credito d’imposta per caro petrolio;– la variabile (Quadro A) relativa all’apporto del collaboratore dell’impresa familiare che svolge solo attività di segreteria

L’intervento è reso necessario per stimare correttamente l’apporto nella funzione ricavo delle due variabili considerate in modo da evi-tare sovrastime non corrispondenti ad effettivi incrementi di produttività

Il decreto in esame si completa poi (art. 4) con l’aggiornamento della territorialità dei Foc riguardanti lo studio di settore VM05U (commercio al dettaglio di calzature, abbiglia-mento e pelletteria), per tenere conto dell’in-

cidenza negativa sull’andamento dei ricavi di tali esercizi dovuta alla vicinanza dei cosiddet-ti «outlet». Tale ultima modifica è destinata ad entrare in vigore e partire dal periodo d’imposta 2013.

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SOCIETÀ di COMODO

IRES MAGGIORATA delle SOCIETÀ di COMODO in UNICO 2013

Con la C.M. 3/E/2013, l’Agenzia delle Entrate ha fornito diversi chiarimenti sull’applicazione, nel Mod. Unico 2013, della maggiorazione Ires

per le società di comodo, introdotta dal D.L. 138/2011.

di LUCA GAIANI

dottore commercialista e revisore legale in Modena

L’art. 2, co. 36-quinquies, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, conv. con modif. con L. 14 settembre 2011, n. 148 [CFF 6242] ha in-trodotto una maggiorazione dell’Ires pari al 10,5% (portando l’aliquota complessiva dal 27,5% al 38%), da applicare al reddito complessivo delle società di capitali rien-tranti nel regime degli enti non operativi (società che non superano il test dei ricavi ex art. 30, L. 23 dicembre 1994, n. 724 [CFF

5555]) o in quello delle perdite sistemati-che (società in perdita fiscale per tre eserci-zi consecutivi ex art. 2, co. 36-decies, D.L. 138/2011). Il Modello Unico 2013 SC prevede un ap-posito riquadro (Quadro RQ, sez. XVIII) nel quale le società di comodo devono assog-gettare il proprio reddito di impresa alla de-scritta maggiorazione. Nel medesimo quadro le società di capitali (anche non di comodo) espongono il reddito che è stato attribuito per trasparenza da una società di persone di co-modo. La C.M. 4 marzo 2013, n. 3/E fornisce le istruzioni applicative della nuova maggiora-zione.

SOGGETTI INTERESSATI e BASE IMPONIBILE

La «maxi Ires» delle società di comodo prevista dal D.L. 138/2011, chiarisce in primo luogo la C.M. 3/E/2013, interessa esclusivamente le società non operative o in perdita sistematica soggette ad imposta sul reddito delle società. La disposizione non si estende dunque a quelle società che, pur se sottoposte alla disciplina delle non operati-ve (e al relativo reddito minimo), non sono ricomprese tra i soggetti passivi Ires di cui all’art. 73, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 [CFF 5173].La circolare precisa poi, risolvendo un inter-rogativo ricorrente, che l’imponibile della maggiorazione (da esporre nella sez. XVIII del Quadro RQ del Mod. Unico 2013 SC, rigo RQ62) coincide con il reddito da assoggetta-re ad Ires e dunque, a seconda dei casi, con il reddito minimo determinato secondo le regole degli enti di comodo, o, se maggiore, con il reddito analiticamente determinato in base al bilancio e alle variazioni del Quadro RF.

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SOCIETÀ di COMODO

In questo modo, ad esempio, una società in perdita nel triennio 2009-2010-2011 che, nel 2012 (esercizio in cui diventa di como-do), realizza un reddito rilevante (e comunque superiore al minimo), è costretta a versare su questo reddito, non solo l’Ires ordinaria del 27,5%, ma anche l’aliquota aggiuntiva del 10,5%. Se il reddito effettivo della società di comodo supera il minimo, la base della maggiorazione (come pure quella prevista per l’imposta ordi-naria Ires) può essere compensata riportando perdite di esercizi precedenti. Anche nella de-terminazione dell’imponibile dell’addiziona-le, valgono i limiti all’impiego delle perdite previsti per le società di comodo: la perdita compensata non può portare l’imponibile al di sotto del maggiore importo tra il 20% del reddito complessivo e quello del reddito mi-nimo (sul punto si vedano i chiarimenti con-tenuti nella C.M. 25/E/2012). L’imponibile dell’addizionale può inoltre essere ridotto dell’agevolazione Ace (rigo RS115 del Mod. Unico SC) di cui usufruisce la società di comodo. La deduzione spetta per l’intero importo dell’Ace fino eventualmente ad azzerare l’imponibile. Le chiare indicazioni contenute al riguardo nelle istruzioni al Qua-dro RQ risolvono definitivamente l’interroga-tivo, che si era posto lo scorso anno (circolare Assonime 17/2012) se l’Ace rientri (al pari ad esempio della detassazione per le reti di im-presa) tra gli incentivi compatibili con il re-gime degli enti non operativi. L’agevolazione Ace è cioè utilizzabile anche per ridurre (ed eventualmente azzerare) anche il reddito mi-nimo delle società ai fini dell’Ires o dell’Irpef.

TRASPARENZA FISCALE

La C.M. 3/E/2013 illustra le modalità di applicazione della disposizione in presenza

di società di comodo trasparenti e aderenti al consolidato. La legge prevede l’applicazio-ne dell’addizionale anche sul reddito impu-tato per trasparenza da un soggetto indicato nell’art. 5, D.P.R. 917/1986 [CFF 5105]

(società di persone). La circolare formula al riguardo due casi.Se un soggetto Ires di comodo partecipa ad una società di persone pure di comodo, la maggiorazione verrà applicata dalla parteci-pante sull’intero reddito imponibile, com-prensivo della quota attribuita dalla parteci-pata. Nel caso invece di una società di persone di comodo partecipata da una società di capi-tali non di comodo, quest’ultima liquiderà il 10,5% sul solo reddito assegnato dalla società di persone. Per le società di capitali che hanno optato per la tassazione per trasparenza (imputando il reddito ai soci ai sensi degli artt. 115 e 116, D.P.R. 917/1986 [CFF 5215 e 5216]) è pre-vista la tassazione autonoma ai fini dell’addi-zionale, senza dunque il trasferimento dell’o-nere al socio. Quindi una S.r.l. di comodo trasparente paga in proprio l’addizionale sul reddito minimo (o, se maggiore, sul reddito effettivo) e trasferisce detto reddito ai soci per l’assolvimento da parte loro delle ordinarie imposte sui redditi (Ires o Irpef ).Nel caso (inverso) di una società di comodo che partecipa ad una società di capitali che ha optato per la trasparenza, è previsto che la prima (cioè la partecipante) liquidi la maggio-razione del 10,5% solamente sul proprio red-dito e dunque senza tener conto del reddito imputato dalla partecipata.

CONSOLIDATO

In presenza di una società di comodo che ha esercitato l’opzione per la tassazione di grup-po, la maggiorazione verrà calcolata e versata

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SOCIETÀ di COMODO

autonomamente della dichiarazione indivi-duale, senza cioè interessare il Modello Cnm. Questa liquidazione separata in capo alla sin-gola società si applica sia se la società di como-do è una consolidata, sia se la stessa assume la veste di consolidante. Ad esempio si supponga un gruppo fiscale composto da Alfa (consolidante) e Beta (con-solidata). Alfa è società di comodo, mentre Beta non lo è. Il reddito di Alfa effettivo è pari a 1.000, mentre il reddito minimo è pari a 1.200. Alfa usufruisce di un’agevolazione Ace di 100. Beta trasferisce al consolidato una per-dita di 400.Alfa liquida l’addizionale Ires del 10,5% sul reddito di (1.200 – 100) = 1.100. Addizionale pari a 115,50. Alfa trasferisce al consolidato il reddito di 1.100. questo reddito, essendo già pari al mi-nimo (al netto dell’agevolazione Ace non può essere compensato con le perdite apportate da

Beta). Ires del consolidato: 1.100 x 27,5% = 302,50. Il consolidato riporta a nuovo la per-dita di 400 trasferita da Beta.

DECORRENZA

La maggiorazione Ires per le società di comodo si applica a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 17 settembre 2011. Per le società di capitali (di comodo) con esercizio coincidente con l’anno solare, il 10,5% è dun-que dovuto a decorrere dal 2012 (Unico 2013). Nel calcolo degli acconti per tale esercizio (e dunque nei versamenti di luglio e novembre 2012) le società interessate dovevano tener conto in via anticipata delle nuove norme. Per gli acconti del 2013 e degli esercizi suc-cessivi, invece, valgono le ordinarie regole di calcolo.

Maggiorazione Ires per le società di comodo - Chiarimenti della C.M. 3/E/2013(S. Cerato)La Settimana fiscale n. 13/2013, pag. 13

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ACCESSI DOMICILIARI

ACCESSI DOMICILIARI e PROVE ACQUISITE

La Corte di Cassazione, con la sentenza 19 ottobre 2012, n. 17957, ha dichiarato che è nullo l’accertamento fondato su prove illegittimamente

acquisite, quale un’irregolare autorizzazione per l’accesso domiciliare.

di LAURA AMBROSI

consulente del lavoro

Nel corso di verifiche fiscali presso la sede del contribuente, è sovente l’esigenza da par-te degli organi controllori di dover accedere presso domicili privati dell’imprenditore o di terzi. In queste ipotesi è necessaria l’au-torizzazione del Procuratore della Repub-blica: essa diventa, in qualche modo, parte integrante del controllo stesso e pertanto, il rispetto delle formalità e dei requisiti sono fondamentali per la validità del conseguente accertamento che ne potrebbe discendere.Recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza 19 ottobre 2012, n. 17957, ha con-fermato che è nullo l’accertamento fondato su prove illegittimamente acquisite, quale appunto un’irregolare autorizzazione per l’accesso domiciliare. Infatti, a parere della Suprema Corte, anche in materia tributaria è applicabile il principio dell’invalidità deri-vata, ossia che ogni atto discendente da altri illegittimi è conseguentemente nullo. Inol-tre, i giudici di legittimità hanno precisato che la norma sugli accessi domiciliari, tutela l’inviolabilità del domicilio privato e quindi, indirettamente lo spazio di libertà del contri-buente.

NORMATIVA

L’art. 52, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 [CFF

252] dispone che gli impiegati dell’Ammi-nistrazione finanziaria possono accedere nei locali destinati all’esercizio di attività com-merciali, agricole, artistiche o professiona-li, nonché in quelli utilizzati dagli enti non commerciali per procedere ad ispezioni o ri-cerche utili per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione. È poi previsto che se i locali sono adibiti anche ad abitazio-ne è necessaria l’autorizzazione del Procura-tore della Repubblica. Per l’accesso in locali adibiti promiscuamen-te sia ad attività che ad abitazione, dunque, non è necessaria una motivazione specifica, qualificandosi come un atto dovuto, un mero adempimento procedurale che si limita a ri-scontrare la ricorrenza dei presupposti richie-sti dalla norma ai fini dell’accesso domiciliare (cfr. Cass., Sez. Unite, 16424/2002, Cass. 3287/1995).La norma prevede poi, che per accedere in altri locali, l’autorizzazione del Procuratore

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ACCESSI DOMICILIARI

deve essere rilasciata soltanto in caso di gravi indizi di violazioni delle norme tributarie. È il caso, ad esempio, degli accessi presso l’a-bitazione del contribuente o di un parente ovvero dei soci della società, nei quali è neces-saria una specifica motivazione che indichi i gravi indizi di violazioni tributarie che si sono ravvisate e che potrebbero trovare conferma solo procedendo con l’accesso. Emerge, dun-que, chiaramente l’intento di voler consentire gli accessi nella sfera privata del contribuen-te, solo quando esistano degli elementi, che possano ragionevolmente indurre gli ispettori a ritenere che in quel luogo siano presenti (ov-vero nascoste) le prove della violazione tribu-taria compiuta.Non si tratta dunque di un atto dovuto, ma di un atto tipicamente discrezionale, che si risolve in un controllo di carattere formale e sostanziale sulla ricorrenza in concreto degli elementi indicati. Spetterà quindi al Procu-ratore della Repubblica riscontrare l’esistenza di tali elementi e nel caso di assenza, negarne l’autorizzazione. In ultimo, l’art. 52 dispone che è necessaria l’autorizzazione del Procuratore per proce-dere, durante l’accesso, a perquisizioni per-sonali, all’apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili ovvero quando il professionista, nei confronti del quale è eseguita la verifica, eccepisca il segreto professionale. È bene però precisare, che l’art. 52 citato, non prevede espressamente sanzio-ni nel caso di violazioni da parte dei funziona-ri procedenti, ossia, non contempla la nullità degli atti formati con il mancato rispetto delle disposizioni.

GIURISPRUDENZA

La Corte di Cassazione con la sentenza 17957/2012 ha confermato la nullità dell’ac-

certamento fondato su prove illegittimamen-te acquisite. Nel caso di specie, erano stati effettuati degli accessi presso l’abitazione del contribuente, senza che l’autorizzazione indi-casse gli elementi indiziari della violazione tri-butaria sospettata. In particolare, la Guardia di finanza aveva effettuato un accesso presso l’abitazione di uno dei soci della società veri-ficata, durante il quale, aveva rinvenuto do-cumentazione extracontabile. Su tali informa-zioni era poi stato fondato l’avviso di accerta-mento nei confronti della società. Quest’ultima impugnava, così, la pretesa ec-cependo la carenza dei presupposti per il rila-scio dell’autorizzazione all’accesso domicilia-re da parte del Procuratore. La Commissione tributaria di primo grado respingeva il ricorso, mentre quella di secon-do grado accoglieva il gravame della contri-buente precisando, in particolare, che non era mai stata prodotta la copia della richiesta inol-trata dalla Guardia di finanza. La mancanza di tale atto, impediva di stabilire se, al momento della concessione della suddetta autorizzazio-ne erano o meno esistenti gli indizi di viola-zione di norme tributarie. L’Agenzia delle Entrate ricorreva per Cassa-zione contro la decisione della Commissione di secondo grado. I giudici di legittimità, nel respingere le do-glianze dell’Amministrazione, confermano importanti principi al riguardo. Precisano, in primo luogo, che anche in ma-teria tributaria è applicabile il principio di inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita, in forza delle garanzie difensive ac-cordate in generale dall’art. 24, Costituzione. Al riguardo il 21 novembre 2002 la Supre-ma Corte a Sezioni Unite con la sentenza 16424/2002, aveva già avuto modo di pre-cisare che gli effetti dell’illegittimità dell’at-to derivato, nel senso dell’inutilizzabilità a sostegno dell’accertamento tributario delle prove irritualmente acquisite «non abbisogna

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ACCESSI DOMICILIARI

di un’espressa disposizione sanzionatoria, deri-vando dalla regola generale secondo cui l’assenza del presupposto di un procedimento amministra-tivo infirma tutti gli atti nei quali si articola». Anche recentemente la Cassazione con la sen-tenza 18 gennaio 2012, n. 631 ha chiarito che detto principio è radicato nel fatto che è impugnabile dinanzi al giudice tributario so-lo l’atto «finale» e non anche quelli istruttori ovvero presupposti. «In questi casi, non si è in presenza di un’unica sequenza, ma di autonomi procedimenti collegati da un nesso di deriva-zione necessaria. Tutte le fasi del procedimento quindi, sottostanno alla motivazione della pre-tesa e pertanto, devono essere vagliate dal giudi-ce tributario per riscontrarne la legittimità nella sua interezza».Il secondo principio confermato nella sen-tenza della Cassazione 17957/2012 è relati-vo alle caratteristiche dell’autorizzazione del Procuratore prescritta dall’art. 52, D.P.R. 633/1972. I Supremi Giudici precisano che la richiesta per accedere all’abitazione del con-tribuente deve essere subordinata alla presen-za di gravi indizi di violazioni ed è pertanto compito del giudice tributario, riscontrare l’e-sistenza della motivazione e, più in particola-re, la fondatezza dei gravi indizi del verificarsi dell’illecito fiscale. L’Amministrazione, inoltre, nella causa rileva-va che i giudici di merito avrebbero comun-que potuto acquisirne autonomamente copia e, in tutta risposta, nella sentenza è chiarito che «non è un elemento acquisibile d’ufficio dalla commissione adita, in quanto tale cir-costanza rappresenta una mera facoltà, il cui esercizio non può sopperire al mancato assolvi-mento dell’onere probatorio». In altre parole, è compito dell’Ufficio produrre l’autorizzazio-ne quando l’accertamento emesso è fondato sugli elementi acquisiti nel domicilio e questo al fine di permettere, sia al contribuente che al giudice tributario, di riscontrare che gli indizi ritenuti indice di evasione siano presenti già

prima dell’accesso. La legge, infatti, dispone che possa essere «violato» il domicilio del contribuente solo alla presenza di circostanze talmente gravi da indurre ad un fondato sospetto che si stia consumando un illecito tributario. Non basta dunque una semplice segnalazione ovvero una supposizione priva di fondamento e non con-ta se, in seguito all’accesso si sono riscontrate le violazioni. Sempre le Sezioni Unite (sent. 16424/2002) precisavano che «l’accesso all’a-bitazione non può essere il primo atto ispettivo dopo una cognizione di fatti, sia pure dotati di semplice valore indiziario. E ancora. La situa-zione non può mutare se la dichiarazione ano-nima o confidenziale di fonte non identificata risulti a posteriori attendibile, in ragione del rinvenimento presso il domicilio del contribuen-te delle prove della violazione ipotizzata». Spetta dunque al giudice tributario verificare che tutti i requisiti necessari per la validità dell’autorizzazione rilasciata siano stati ri-spettati, al fine di poter considerare valida la pretesa impositiva. La sentenza conferma un principio che non sempre è stato condiviso. Benchè minori-tarie, non sono mancate pronunce di senso contrario. In linea di massima l’orientamen-to opposto si fonda su quanto affermato, ad esempio, nella sentenza ì 8344/2001 nella quale la Suprema Corte ha ritenuto valido l’accertamento nonostante violazione com-piute in sede di accesso, in quanto «le con-seguenze sanzionatorie ricadono direttamente sull’autore dell’illecito, sul piano disciplinare e, se dal caso sul piano della responsabilità civile e penale. Non sarebbe giusto che una prova ogget-tivamente ammissibile, non possa essere utilizza-ta a causa della negligenza di chi l’ha acquisita». Non va trascurato comunque che l’accerta-mento può essere ritenuto nullo se fondato sugli elementi illegittimamente acquisiti. Ciò significa che una pretesa basata sia su elementi acquisiti in violazione delle predette disposi-

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zioni e sia su altri elementi reperiti con altre fonti, potrebbe essere annullato solo limitata-mente a dette parti. La sentenza 23595/2011 della Corte di Cassazione ha chiarito che «gli effetti dell’eventuale vizio dell’atto prodromico vanno limitati alle parti dell’atto definitivo che sono legate a quello istruttorio da un nesso di insostituibile, necessaria consequenzialità con esclusione di quelle che ne siano del tutto indi-pendenti». In altre parole, dunque, può essere ritenuto integralmente nullo l’accertamento fondato esclusivamente sulle prove illegitti-mamente acquisite e non quello che in parte è fondato anche su altri elementi. Potrebbe essere utile per il contribuente, in sede difen-siva, rilevare compiutamente l’origine di ogni singola pretesa affinchè si possa ricondurre alla fonte «di legittima provenienza» o meno.

ALTRE QUESTIONI LEGATE all’AUTORIZZAZIONE

Come accennato in precedenza, la necessità che esitano gravi indizi è richiesta solo ed esclusivamente quando l’accesso è riferito a locali diversi dalla sede aziendale. Infatti, an-che quando promiscuamente all’impresa vi è la residenza del contribuente, la norma richie-de l’autorizzazione della Procura senza specifi-carne però i requisiti. Diviene così un adempimento procedimen-tale con il quale è richiesto un «benestare» dall’autorità gerarchicamente superiore, sen-za dover specificare a priori i gravi indizi di evasione. Anche in questo caso, ci sono state pronun-ce che hanno ritenuto nulli gli accertamenti fondati su accessi effettuati in luoghi utiliz-zati sia come impresa che come abitazione, senza la prevista autorizzazione. Il 25 marzo 2011 la Corte di Cassazione con la sentenza 6908/2011 ha dichiarato la nullità di un ac-

certamento perché fondato sulla documen-tazione reperita in sede di accesso presso lo studio del commercialista adibito anche ad abitazione, senza la prevista autorizzazione. Al riguardo, si precisa che non basta la mera re-sidenza per opporre ai verificatori la necessità della suddetta autorizzazione, ma è necessario l’effettivo domicilio, ossia che vi sia il cen-tro dei propri interessi personali e familiari. Allo stesso modo, dunque, anche in essenza di formale residenza, se il contribuente può dimostrare di vivere effettivamente in locali adiacenti all’attività, l’autorizzazione diventa necessaria.In seguito alla suddetta pronuncia, ve ne sono state di conformi anche da parte dei giudici di merito. È il caso della Ctr di Roma con la sentenza 22 giugno 2012, n. 161/22/12 con la quale è stato ritenuto nullo una avviso di accertamento perché fondato su una verifica effettuata presso la sede di una società nella quale vi risiedevano anche i soci. La situazio-ne era comprovata anche nel verbale redatto dai verificatori quando rilevavano che gli im-mobili continuavano ad essere utilizzati dalle famiglie dei soci. La Commissione regionale ha precisato che il luogo dove si è svolta la verifica era adibito anche ad abitazione e, pertanto, era necessaria l’autorizzazione della Procura della Repubblica. La giurisprudenza che si è formata in tal senso, ha confermato che l’uso promiscuo c’è sempre quando ci può essere un qualunque collega-mento tra la sede dell’attività e l’abitazione (un corridoio, una stanza adiacente, ecc.).Diversa questione è per l’auto aziendale. L’orientamento che si è formato relativo alla documentazione acquisita nell’auto dei soci o degli amministratori, in linea di massima conferma che non sia necessaria l’autorizza-zione, poiché ritenuta «aziendale» e quindi ri-feribile all’impresa e non differisce funzional-mente da qualsiasi altro luogo chiuso (Cass. 10590/2011).

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ACCESSI DOMICILIARI

ARMI del CONTRIBUENTE

Nella prassi è frequente che l’autorizzazione non sia allegata all’avviso di accertamento e, nella maggior parte dei casi, non è prodotta nemmeno in sede di contenzioso. Tuttavia, è opportuno che il contribuente nella propria difesa rilevi la necessità di do-ver riscontrare i gravi indizi ritenuti esistenti per potervi procedere, sottolineando che la mancata allegazione impedisce sia allo stesso che, in seguito, al giudice adito di verificare il rispetto della prescrizione normativa. Potrebbe essere utile che il contribuente proceda, non appena ricevuto l’accertamen-to, richiedendo, mediante istanza di accesso agli atti (art. 22, L. 241/1990), copia della suddetta autorizzazione. Nel caso poi, al mo-mento di notifica del ricorso non ne sia an-cora venuto in possesso, potrebbe essere utile rilevare di aver proceduto alla richiesta.Nella maggior parte dei casi, le autorizza-zioni avanzate dai verificatori non riportano dettagliatamente i gravi indizi necessari, ma si limitano a richiedere l’accesso indicando genericamente la necessità di procedervi. Va da sé che se questa violazione può compor-

tare la nullità dell’avviso di accertamento, è assolutamente fondamentale ed opportuno poter riscontrare e verificare questi elementi.Un’ulteriore questione è riscontrare effet-tivamente quali elementi hanno fondato la pretesa, differenziando, qualora ne ricorra la circostanza, quelli derivanti dall’accesso. Si ipotizzi un avviso di accertamento fonda-to in parte su documentazione extra-conta-bile rinvenuta presso l’abitazione ed in par-te su controlli bancari. Laddove l’accesso al domicilio fosse viziato per violazioni relative all’autorizzazione, è opportuno determina-re quanto abbia fondato il maggior impo-nibile sui dati rinvenuti presso l’abitazione. Questo permette di verificare la fondatezza dell’intera pretesa, valutando quanto effetti-vamente possa derivare dagli altri elementi. Si ricorda, infatti, che stando agli orientamenti maggioritari, tutto ciò che deriva da violazio-ni, infirma tutti gli atti conseguenti, pertanto si potrebbe riscontrare, che nonostante altre indagini (nel caso ipotizzato, gli accertamenti bancari) tutta la pretesa è fondata su prove acquisite illegittimamente. In questo caso, è bene rilevare nel ricorso stesso questa circo-stanza, al fine che sia correttamente valutata dal giudice.

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RISCOSSIONE

45IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

SANZIONI

PRINCIPIO di SPECIALITÀ ed ESECUZIONE delle SANZIONI

Principio di specialità in campo penale tributario: analisi delle ipotesi di applicazione e dell’esecuzione delle sanzioni.

di ANTONIO IORIO e SARA MECCA

avvocato

esperto fiscale

PRINCIPIO di SPECIALITÀ

L’art. 19, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 [CFF

9527u] ha recepito, in campo penale tribu-tario, il principio di specialità.In particolare il comma 1 dispone che «Quan-do uno stesso fatto è punito da una delle dispo-sizioni del titolo II (1) e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale».In sostanza, dunque, sulla base del principio di specialità, qualora un determinato fatto sia idoneo a configurare la violazione di due disposizioni che prevedano l’applicazione di una sanzione amministrativa e di una sanzio-ne penale, verrà applicata la sanzione (penale ovvero amministrativa) che presenta degli ele-menti «speciali» rispetto all’altra.Tale principio è utilizzato in tutte le branche

dell’ordinamento giuridico per regolare il concorso o conflitto di norme disciplinatrici di un medesimo fatto, situazione o rapporto.Per risolvere il conflitto occorre comprendere, a questo punto, quale tra le due possa dirsi la disposizione speciale rispetto all’altra.A tal proposito, l’art. 15 (2), Codice penale, che è espressione del generale principio di spe-cialità, prevede l’applicabilità della disposizio-ne che, contenendo tutti gli elementi dell’altra (generale), presenti uno o più elementi parti-colari aggiuntivi, ovvero «specializzanti», che la rendano «speciale» rispetto alla prima.Secondo la dottrina sussiste rapporto di gene-re a specie, tra due norme giuridiche, allorché una di esse (quella generale) ha una sfera di applicazione più ampia e l’altra presenta, nella situazione regolata, elementi specifici che la rendono rivolta ad un ambito più delimitato. Ne deriva che la disposizione speciale è ri-compresa in quella di estensione generale, tanto che la fattispecie potrebbe essere disci-plinata da questa, se mancasse la norma più specifica.Ed ancora, secondo la giurisprudenza, la spe-cialità implica piena identità tra tutti gli ele-

(1) Si tratta, in sostanza, di tutte le fattispecie di reato tributarie (dichiarazione fraudolenta, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, omesso versamento, ecc.).(2) «Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito».

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SANZIONI

menti delle norme coesistenti, con l’aggiunta, per una di esse, di uno o più particolari ele-menti caratterizzanti, che la specializzano; sì che le due disposizioni vengono a presentarsi come cerchi concentrici di raggio diverso, per cui quello più ampio comprende interamente in sé quello minore, presentando inoltre un settore residuo destinato ad accogliere i requi-siti aggiuntivi della specialità (3).Ora, com’è evidente, l’applicazione del princi-pio di specialità in caso di convergenza di nor-me sanzionatorie eterogenee (penali ed ammi-nistrative) su un medesimo fatto non significa applicazione tout court della sanzione penale.Per ciò che qui interessa, la scarna enuncia-zione dell’art. 19, co. 1, D.Lgs. 74/2000, non consente di stabilire un principio generale per cui si applichi la disposizione tributaria, ovve-ro la sanzione penale.Tuttavia, la C.M. 4 agosto 2000, n. 154/E del Ministero delle Finanze, sui nuovi reati tributari, trattando dell’art. 19, precisa che il più delle volte risulterà speciale la norma penale, in considerazione degli elementi spe-cifici da essa richiesti, quali il dolo specifico (rectius: fine di evadere l’imposta che deve «animare» il comportamento del contribuen-te), il superamento delle soglie di punibilità e le particolari modalità commissive.Occorre sottolineare che il principio di specia-lità trova applicazione solo se vi sia identità del trasgressore. Ciò vuol dire che la sanzione fiscale, e quella penale, devono colpire il me-desimo soggetto giuridico, autore della viola-zione tributaria.Dunque, tale principio troverà applicazio-ne nell’ipotesi di violazione commessa da persona fisica, lavoratore autonomo, ditta individuale e così via, ma non, ad esempio, in caso di violazione commessa da società. In quest’ultimo caso, infatti, la sanzione tri-butaria viene irrogata alla società medesima, mentre la sanzione penale è applicata al rap-presentante legale.

ALCUNI ESEMPI PRATICI

Si pensi al caso di un contribuente, il qua-le, pur essendovi obbligato, non presenta la dichiarazione dei redditi ed evade la relati-va imposta per un ammontare superiore ad E 30.000: nel caso di specie, potrebbero in astratto applicarsi sia il reato di «omessa di-chiarazione» di cui all’art. 5, D.Lgs. 74/2000 [CFF 9527e], che la violazione amministra-tiva di cui all’art. 1, D.Lgs. 471/1997.Infatti, quest’ultima norma prevede che nel caso di omessa presentazione della dichiara-zione dei redditi, si applica la sanzione am-ministrativa dal 120 al 240% dell’ammontare delle imposte dovute.L’art. 5, D.Lgs. 74/2000, dal canto suo, puni-sce, con la reclusione da uno a tre anni, chiun-que, al fine di evadere le imposte sui redditi (o sul valore aggiunto), non presenta, essendo-vi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, se l’imposta evasa è superiore ad E 30.000 (4) (5).Ebbene, in applicazione del principio di spe-cialità opererà, in concreto, la sola norma pe-nale, considerato che nella stessa si rinvengo-no elementi caratterizzanti – e specializzanti – non richiesti dalla norma che prevede la sanzione amministrativa.Ai fini della integrazione della fattispecie pe-nale, è necessario, infatti, il dolo specifico, concretizzantesi nel fine di evadere le imposte ed è inoltre richiesto il superamento di una determinata soglia di evasione, entrambi ele-menti non presenti nella fattispecie ammini-strativa.L’introduzione del principio di specialità non

(3) Cass. pen., Sez. V, 11 ottobre 1979; Cass. pen., Sez. IV, 5 dicembre 1979; Cass. pen., Sez. V, 21 ottobre 1981.(4) A seguito delle modifiche entrate in vigore dal 17 settembre 2011.(5) Prima dell’entrata in vigore della L. 14 settembre 2011, n. 148, la soglia di punibilità era di £ 150.000.000 (circa € 77.468).

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47IL SOLE 24 OREN° 5 - MAGGIO 2013

SANZIONI

esclude, peraltro, la possibile applicazione sia della norma sanzionatoria penale che ammi-nistrativa. L’applicazione del principio presuppone, infatti, che le due disposizioni normative ab-biano in comune la riferibilità ad uno stesso fatto. Nel caso, allora, del contribuente che abbia omesso di pagare le imposte ed abbia conte-stualmente posto in essere degli atti per ren-dere inefficace la procedura di riscossione co-attiva, deve ritenersi che non possa sussistere alcun rapporto di specialità fra le disposizio-ni di cui all’art. 11, D.Lgs. 74/2000 [CFF

9527n] («Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte») e l’art. 13, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 [CFF 1626], che prevede la san-zione pari al 30% di ogni importo non ver-sato. Sicché, nel caso di specie, la coesistenza di entrambe le fattispecie dovrebbe rendere applicabile sia la sanzione penale che quella amministrativa.Si pensi ancora alle ipotesi di omessa dichia-razione di redditi prodotti all’estero. Nel caso di specie si potrebbe sostenere che l’art. 1, co. 3 (6), D.Lgs. 471/1997 [CFF 9452] sia norma speciale rispetto all’art. 5, D.Lgs. 74/2000, in virtù di quell’elemento specializzante – la produzione all’estero del reddito – che sembra caratterizzare la prima fattispecie rispetto alla seconda.Peraltro si potrebbe altresì rilevare che il delit-to di omessa presentazione della dichiarazio-ne presenta, a sua volta, un elemento specia-

lizzante rispetto alla sanzione non penale, rap-presentato dalla soglia di punibilità. Optando per questa tesi ne conseguirebbe un concorso – illegittimo – tra le due sanzioni (7).

RISCOSSIONE delle SANZIONI

L’art. 21, D.Lgs. 74/2000 [CFF 9527w] si oc-cupa dei profili della riscossione dei due tipi di sanzione, tenendo conto, da un lato, del principio di specialità e, dall’altro, mirando ad impedire la decorrenza di termini di de-cadenza o di prescrizione a danno del Fisco.È stabilito, infatti, che l’Ufficio irroga comun-que le sanzioni amministrative relative alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato; la riscossione coattiva di tali sanzioni è, tuttavia, sospesa fin quando il procedimento penale non giunga a definizione.La sospensione non opera, tuttavia, nei con-fronti dei soggetti solidamente responsabili di cui all’art. 11, co. 1, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 [CFF 9474] (persona fisica, società, associazione o ente nell’interesse dei quali ha agito l’autore della violazione), non applicandosi nei confronti degli stessi, ai sensi del co. 2, art. 19, il principio di specialità. Tale comma, infatti, prevede che se anche il prin-cipio di specialità dovesse portare ad escludere l’applicabilità delle sanzioni amministrative nei confronti della persona fisica autrice del-la violazione, ciò non farebbe venire meno la responsabilità per tali sanzioni degli altri sog-getti di cui all’art. 11, co. 1, D.Lgs. 472/1997 (quindi, ad esempio, un’altra persona fisica che ha tratto beneficio dalla violazione), tran-ne che gli stessi non siano, a loro volta, perso-ne fisiche penalmente responsabili, in veste di concorrenti nel reato.Con tale previsione si è voluto evitare che il medesimo fatto venga punito due volte in capo allo stesso soggetto e, nel contempo,

(6) «Se le sanzioni previste nei commi 1 e 2 riguardano redditi prodotti all’estero, le sanzioni sono aumentate di un terzo con riferimento alle imposte o alle maggiori imposte relative a tali redditi».(7) È un tipico caso di cd. specialità bilaterale che si verifica quando due o più norme presentano un nucleo comune, avendo poi, ognuna rispetto all’altra, un elemento specializzante. Poiché queste ipotesi non possono essere risolte alla stregua del principio di specialità, secondo la dottrina e la giurisprudenza sareb-bero rintracciabili nell’ordinamento giuridico altri due fondamentali criteri (i criteri di sussidiarietà e il criterio di consunzione o assorbimento) che aiuterebbero a risolvere questi casi.

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SANZIONI

mantenere la possibilità di una punizione di-varicata rispetto a soggetti diversi, quali, ad esempio, amministratore da un lato e società amministrata dall’altro.Nei casi in cui debba irrogarsi una sola san-zione amministrativa per più violazioni tri-butarie in concorso o continuazione fra lo-ro (art. 12, D.Lgs. 472/1997 [CFF 9475]), se solo alcune di esse hanno rilevanza anche penale, la sospensione della riscossione opera solo parzialmente, ossia «per la parte eccedente quella che sarebbe stata applicabile in relazione alle violazioni non penalmente rilevanti» (8).Successivamente, nel caso in cui il procedi-mento penale sia definito con sentenza irre-vocabile di condanna, per il principio di spe-cialità, l’attività amministrativa già esperita non produce alcun effetto.Se, invece, il procedimento si conclude con un provvedimento di archiviazione ovvero con sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che riconosca l’irrilevanza del fatto contestato, si rimette in moto il procedimento per l’applicazione della sanzione amministrativa tributaria.A tal fine, i termini per la riscossione decor-rono dalla data in cui i provvedimenti sopra descritti sono comunicati all’ufficio finanzia-rio competente da parte della cancelleria del giudice che li ha emessi.

DECRETO PENALE di CONDANNA in CASO di REATO di OMESSO VERSAMENTO

Di recente, accade sempre più spesso, che in caso di commissione di uno dei reati previ-sti dagli artt. 10-bis e 10-ter, D.Lgs. 74/2000 [CFF 9527L e 9527m] («Omesso versamento di ritenute certificate» e «Omesso versamento di Iva»), il Pm chieda l’emissione di un decreto

penale di condanna, sostituendo la pena de-tentiva con quella pecuniaria.Il procedimento «per decreto» è un procedi-mento speciale, disciplinato dagli artt. 459-464 c.p.p., il quale si caratterizza per l’assenza dell’udienza preliminare e del dibattimento e per la possibilità di instaurare un giudizio sul-la sola base degli atti delle indagini preliminari presenti nel fascicolo del pubblico ministero.Infatti, una volta espletate le indagini preli-minari ed acquisite chiare fonti di prova della colpevolezza dell’imputato tali da far ritenere al Pm l’inutilità di procedere al rinvio a giu-dizio ed al conseguente processo, questi può chiedere al Gip di emettere un decreto penale contenente la contestazione del reato e l’ap-plicazione della pena solo pecuniaria, che, peraltro, può essere diminuita sino alla metà del minimo edittale.Attesi i caratteri di giurisdizionalità (non si dimentichi, infatti, che è il giudice per le in-dagini preliminari ad essere individuato come organo emittente il decreto), di idoneità a de-finire una fase del procedimento, nonché di suscettibilità di assumere valore di irrevocabi-lità e, quindi, di esecutività, il decreto penale di condanna è a tutti gli effetti assimilabile alla sentenza di condanna. Da esso, dunque, discende l’applicazione di una sanzione pena-le vera e propria, ancorché pecuniaria.Ebbene, paradossalmente, nel caso dei reati di omesso versamento, in applicazione del prin-cipio di specialità, al contribuente persona fi-sica, potrebbe convenire non opporsi al decre-to penale, pagando la relativa sanzione penale pecuniaria, piuttosto che correre il rischio di dover corrispondere all’Erario la sanzione tri-butaria.La sanzione penale per i reati di omesso ver-samento (che scattano se l’imposta non ver-sata sia superiore ad E 50.000) è quella della

(8) Art. 21, ultimo comma, D.Lgs. 74/2000.

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SANZIONI

reclusione da sei mesi a due anni. Qualora il contribuente-imputato sia incensurato e/o ri-corrano altre circostanze attenuanti, il giudice tendenzialmente applicherà la pena minima (sei mesi di reclusione o, in certi casi, anche meno).Proprio per questo, se sussistono chiare fonti di prova della colpevolezza dell’imputato, il Pm potrebbe essere portato ad emettere un decreto penale di condanna, sostituendo ad una pena detentiva relativamente minima, una pena pecuniaria che potrà aggirarsi intor-no ad E 3-4.000, in caso di omessi versamenti per circa E 100.000 (9).Dal punto di vista meramente e prettamente tributario, invece, l’art. 13, D.Lgs. 471/1997 stabilisce che chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in accon-to, quelli periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichia-razione, è soggetto a sanzione amministrativa pari al 30% di ogni importo non versato.Dunque, se l’importo non versato è, ad esem-pio, pari ad E 51.000, la sanzione fiscale sarà di E 15.300; se poi l’importo è di E 100.000, la sanzione si eleva ad E 30.000 e così via.Ne deriva, dunque, che al contribuente-im-putato converrebbe, paradossalmente, non opporsi al decreto penale di condanna, paga-

re la relativa sanzione penale pecuniaria, piut-tosto che rischiare di incorrere nella ben più corposa sanzione fiscale.Tutto ciò considerando anche che il Legisla-tore ha collegato all’adozione del decreto una serie di previsioni di carattere premiale (non applicabilità di pene accessorie, spese del pro-cedimento non a carico del condannato; pos-sibilità di fruire della sospensione condiziona-le della pena, ecc.).Si ribadisce che questo discorso vale solo nel caso in cui si abbia identità del trasgressore, autore della violazione amministrativa e pe-nale. Infatti, nel caso di violazione commes-sa da una società, la sanzione amministrativa verrà applicata alla società medesima, mentre quella penale colpirà il rappresentante legale. Il principio di specialità, dunque, non troverà applicazione.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Alla luce di quanto esposto, emerge come l’applicazione nuda e cruda del principio di specialità al diritto penale tributario potreb-be inficiare quella funzione dissuasiva della pena che costituisce l’essenza di qualsiasi in-tervento della norma penale.Verosimilmente il Legislatore penale del 2000 non aveva calcolato questo paradossale effetto poiché gli artt. 10-bis e 10-ter sono stati in-trodotti in un secondo momento (10) e per gli altri reati, originariamente previsti, risultava difficile applicare l’istituto del decreto penale di condanna essendo le relative pene detentive troppo alte per essere semplicemente conver-tite in pene pecuniarie.

(9) È quanto si rinviene dall’esame di alcune pronunce penali. Si veda, ad esempio, la sentenza del Tribunale di Milano del 7 gennaio 2013, giudice Castelli, da cui si evince come per un omesso versamento di ritenute pari ad € 179.000 circa, la pena comminata con decreto è stata pari ad € 6.840. O ancora un’altra sentenza del Tribunale di Milano del 1° ottobre 2012, giudice Fiore, dalla quale emerge come a fronte di un omesso versamento pari ad € 85.000 circa, la sanzione comminata col decreto è stata pari ad € 3.240.(10) Infatti, l’art. 10-bis è stato inserito con la L. 30 dicembre 2004, n. 311, mentre il 10-ter con il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, conv. con modif. con L. 4 agosto 2006, n. 248).

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50 IL SOLE 24 ORE N° 5 - MAGGIO 2013

SPESE di SOCCOMBENZA

SPESE di SOCCOMBENZA nel TRIBUTARIO: PAGAMENTO con la CARTELLA ESATTORIALE

Le spese della soccombenza si pagano con cartella esattoriale sebbene

tra la data dell’udienza e quella della notifica della stessa passino anni. Per le società il costo deve passare in contabilità e risultare in bilancio. Ai fini fiscali le spese di lite sono costi indeducibili.

di GUIDO CHIAMETTI

dottore commercialista in Milano

Nell’attuale contenzioso tributario si appli-cano a 360 gradi le regole del Codice di pro-cedura civile (1), che il precedente contenzio-so, vale a dire quello disciplinato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, non prevedeva così espressamente.Infatti nella previgente disciplina l’art. 39, D.P.R. 636/1972, nel richiamare le norme contenute nel Libro I del Codice di procedu-ra civile, escludeva ogni ingresso, nel giudizio davanti alle Commissioni, degli artt. da 90 a 97, rivolti appunto alla responsabilità del-le parti per le spese e per i danni processuali, nonostante tali norme fossero indubbiamente applicabili nei gradi svolgentesi avanti la Cor-te d’appello e la Corte di Cassazione. Inno-vando radicalmente rispetto alla precedente disciplina e in ottemperanza ad una specifica direttiva contenuta nella legge delega per la ri-forma del contenzioso tributario (cfr. art. 30, lett. i), L. 30 dicembre 1991, n. 413) l’attuale riforma in esame ha recepito il principio pro-

cessualcivilistico di cui all’art. 91 c.p.c., di-sponendo la condanna alle spese di giudizio della parte che ne risulti soccombente.La norma in commento è consequenziale alla prevista obbligatorietà dell’assistenza tecnico-professionale nei giudizi davanti le Commis-sioni tributarie.La condanna alle spese ha, infatti, lo scopo di garantire alla parte vittoriosa il ristoro delle spese giudiziali sopportate, in particolare per munirsi di un difensore, giusta la regola di cui all’art. 90 c.p.c., a tenore della quale, nel corso del processo ciascuna delle parti deve provve-dere alle spese degli atti che compie e di quelli che chiede e deve anticiparle per gli altri atti

(1) Art. 1, D.Lgs. 546/1992 «Gli organi della giurisdizione tributaria. 1. La giurisdizione tributaria è esercitata dalle Commissioni tributarie provinciali e dalle Commissioni tributarie regionali di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica (1) 31 dicembre 1992, n. 545.2. I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile».

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SPESE di SOCCOMBENZA

necessari al processo, quando l’anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal giudice. Ebbene, tutte le sentenze emesse dalla Com-missione tributaria provinciale e regionale (2)

terminano condannando la parte perdente al-la rifusione delle spese di giudizio alla parte vincente.Come ben si nota, il processo tributario è un processo a tutti gli effetti, vale a dire parago-nabile a quello civile, penale ed amministra-tivo, e quindi, alla parte soccombente viene addossato il fardello delle spese di lite che il collegio giudicante stabilisce.Oltre alla fattispecie sopra prospettata, può verificarsi anche il caso nel contenzioso tri-butario, che le spese vengano compensate fra le parti, e ciò sta a significare che ogni parte processuale si addossa personalmente il cari-co delle proprie: di conseguenza, nessuno è chiamato a rifondere all’altro ciò che questi ha sostenuto.In simile situazione, il giudice estensore della sentenza dovrà ben motivare il perché di que-sto fatto e dovrà spiegare le ragioni che hanno portato a prendere tale strada, totalmente di-versa da quella sopra descritta. La motivazione di tutto questo potrebbe essere, ad esempio, che in considerazione della complessità della materia trattata e dei fatti relativi che hanno determinato l’avviso e il ricorso, questa Com-missione ritiene che sussistono i motivi per compensare le spese di giudizio.Potrebbero esistere altre formule, ma questo in buona sostanza è il contenuto. Nella soccombenza a carico del contribuen-

te, il pagamento del quantum che il collegio giudicante ha stabilito nella sentenza, viene notificato al contribuente mediante cartella esattoriale.Pertanto vi è l’iscrizione a ruolo dell’importo stabilito; oltre a ciò vi è l’aggio (3), che va a favore di Equitalia Esatri S.p.a. (concessiona-rio) e, in aggiunta, vi sono anche i diritti di notifica. La cartella dovrà contenere tali voci di pretesa e non vi saranno importi di sanzio-ni ed interessi di alcun genere.Le spese di giudizio, quando sono a carico delle società, fino a quando non sono pagate, devono essere accantonate in contabilità e di conseguenza devono apparire nei bilanci della stessa, nella voce «Debiti verso Erario», e già questo deve apparire nel bilancio dell’anno in cui è stato celebrata l’udienza avanti la Com-missione tributaria. Poiché l’ammontare delle spese di giudizio vengono conosciute dal con-tribuente, dapprima attraverso la notifica del dispositivo, e successivamente con la senten-za, la società ha il dovere, prima di registrarlo in contabilità e, successivamente, in bilancio dell’anno in cui gli viene attribuita la soccom-benza della spesa di lite. Questo debito se lo trascinerà, anno per anno, fino a quando alla società verrà notificata la cartella esattoriale per adempiere il pagamento.La società dovrà, in modo corretto, evidenzia-re nella propria contabilità interessando conti specifici, l’ammontare delle spese, l’importo dell’aggio e quello del diritto di notifica della cartella esattoriale.Da un punto di vista fiscale tale costo sarà da considerarsi costo indeducibile; di conse-guenza, nella dichiarazione dei redditi dovrà essere effettuata una ripresa in aumento, men-tre sarà costo totalmente deducibile l’importo della parcella che viene pagata al professione per l’assistenza data quale difensore abilitato. Va precisato che la cartella esattoriale verrà notificata al contribuente dopo diversi anni rispetto alla data in cui si è svolta l’udienza,

(2) Escluse le decisioni emesse dalla Commissione tributaria centrale.(3) L’aggio è il compenso riconosciuto all’agente della riscossione, per legge, per la prestazione della propria attività di recupero di somme. Il balzello è ancora oggi del 9%, nonostante ci fossero state nel corso del 2012 informazioni di riduzione dell’aliquota stessa , già a partire dal 2013. L’onere a carico del contribuente può variare a seconda della tempestività con cui la cartella viene pagata. Se il pagamento avviene entro 60 giorni dalla notifica, l’aggio è a carico del debitore per il 4,65%, mentre il restante 4,35% grava sull’ente creditore; oltre 60 giorni, il debitore paga l’intero 9%.

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SPESE di SOCCOMBENZA

e quindi sarà importante che la società iscriva tale costo in contabilità, prima, al momento del ricevimento del dispositivo, per non di-menticarsi; in seconda battuta, per rappresen-tare in modo corretto e veritiero il bilancio stesso. Detto debito non sarà incluso nel bi-lancio allorquando sarà pagato.

CARTELLA ESATTORIALE e RELATIVI REQUISITI

La cartella esattoriale che riporta tale iscrizio-ne a ruolo è una cartella a tutti gli effetti e deve contenere tutti i suoi elementi. Questi sono, come parte descrittiva: OO numero del ruolo;OO indirizzo del debitore;OO data di consegna del ruolo;OO data in cui il pagamento del debito deve

essere corrisposto; inoltre, deve essere indicato il nominativo del responsabile del procedimento di emissione e notifica della cartella, che coordina l’atti-vità di cartellazione nell’ambito della zona di competenza del concessionario. Per soddisfare in modo appieno tale requisito non sarà suf-ficiente indicare nome e cognome del respon-sabile, ma dovrà essere indicato ogni altro elemento utile affinché il contribuente possa mettersi in contatto, e quindi, dovrà essere indicato il numero di telefono, e mail, orario di lavoro e qualsiasi altro dato valido per una semplice e regolare messa in contatto del con-tribuente con lo stesso funzionario (4).Come ben si può capire, ci si trova di fronte ad una normale cartella esattoriale e, pertan-to, questa dovrà contenere tutti gli elementi validi che la legge richiede perché ciò possa essere definita tale.In via teorica, se la stessa dovesse contenere vizi propri (ad esempio errori di calcolo o altri elementi non corretti) la medesima sarà og-

getto di impugnazione davanti il competen-te organo giurisdizionale e, pertanto, si può tornare davanti alla Commissione tributaria provinciale per la contestazione dei vizi della stessa.La cartella dovrà indicare come parte nume-rica: OO numero del ruolo;OO codice tributo che, per il caso in esame è

8664;OO anno di riferimento;OO importo del ruolo;OO compenso della riscossione;OO ammontare del diritto di notificazione del-

la cartella e il totale della stessa.Prima di concludere bisogna affermare che l’art. 15, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 [CFF 4666], contiene una disciplina eviden-temente scarna ed imperfetta dell’istituto in esame, limitata al richiamo dei principi pro-cessualcivilistici della soccombenza e della facoltà giudiziale di pronunciare la compen-sazione.Infatti, per ben capire tutto questo bisogna rifarsi al Codice di procedura civile.

(4) A tale proposito vale la pena richiamare la sentenza n. 42/09/12 della Commis-sione tributaria regionale di Genova che afferma: «Ritiene che la specifica norma introdotta dal D. L n. 249/2007, art. 36, comma 4 ter, prevede espressamente l’indicazione del responsabile del procedimento, a pena di nullità dell’atto, non possa essere elusa dalla indicazione generica del direttore dell’ufficio o di un suo delegato, impersonalmente indicato. Essendo chiaramente lo spirito della norma quello di poter mettere il contribuente in condizione di conoscere la persona fisica che effettivamente ha seguito il procedimento, a cui potersi effettivamente rivolgersi per quanto possa riguardare l’atto e il procedimento a suo carico. Con l’indicazione generica del funzionario apicale, che certamente non può essere a conoscenza effettiva della pratica, l’ufficio non ha rispettato la norma e la sanzione specifica è la nullità dell’atto. Diversamente si potrebbe al limite considerare responsabile di tutti i procedimenti fiscali o il ministro delle Finanze o il direttore dell’Agenzia delle Entrate, eccetera.Va quindi pronunciata la nullità della cartella esattoriale e della iscrizione a ruolo impugnate, per carenza dell’indicazione del responsabile del procedimento, come previsto dalla citata norma. In tal senso, dunque la sentenza di primo grado va riformata. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispo-sitivo. P.Q.M. in riforma dell’impugnata sentenza dichiara la nullità della cartella esattoriale e dell’iscrizione a ruolo e ordina il rimborso di quanto eventualmente versato dalla contribuente per tali cause nelle more del giudizio».

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DOCUMENTI ACQUISITI ILLEGITTIMAMENTE

UTILIZZABILITÀ della «LISTA FALCIANI» nei CONTROLLI FISCALI

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza

28 gennaio 2013, n. 11/20/13, ha ribadito l’inutilizzabilità in sede tributaria dei dati risultanti dalla cd. «lista Falciani».

di ANTONIO IORIO e SARA MECCA

avvocato esperto fiscale

Con la sentenza 28 gennaio 2013, n. 11/20/13, la Commissione tributaria regiona-le della Lombardia ha ribadito l’inutilizzabi-lità in sede tributaria dei dati risultanti dalla cd. «lista Falciani», siccome fonte di prova di origine illegittima.Una soluzione, quella adottata dalla Commissio-ne regionale di Milano, che oramai sembra si stia consolidando nella giurisprudenza di merito.

«LISTA FALCIANI»

La vicenda ha preso le mosse da dati detenu-ti dall’Amministrazione finanziaria francese a seguito della «collaborazione» con l’ex dipen-dente alla divisione svizzera di «Hsbc», Her-vé Falciani, il quale aveva sottratto alla banca dove lavorava, e consegnato alle autorità fran-cesi, un lungo elenco di nominativi (la «lista Falciani») di presunti correntisti esteri ed al-trettanti presunti evasori.

In concreto, dunque, la «lista Falciani», con-tenente dati bancari della Hsbc private bank di Ginevra, è stata sequestrata dalle autorità francesi e trasmessa alle autorità fiscali euro-pee in ottemperanza alla Direttiva 77/799/Cee, che sancisce il principio della coopera-zione informativa internazionale.Sulla base di tale principio, l’autorità ammini-strativa francese forniva all’Italia informazioni riguardanti, tra gli altri, i nomi di 7.000 contri-buenti italiani, considerati presunti evasori fiscali.L’elenco è giunto a maggio 2010 nelle mani delle Fiamme gialle che hanno iniziato, sulla sua base, ad indagare sulle presunte evasioni. Da qui sono seguiti controlli, accertamenti e relativi processi sia penali che tributari.

PROVENIENZA DELITTUOSA della LISTA

A ben vedere, in realtà, l’acquisizione della do-

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DOCUMENTI ACQUISITI ILLEGITTIMAMENTE

cumentazione a base dei molteplici controlli fiscali è stata eseguita in modo del tutto il-legittima: l’ex dipendente della Hsbc ha per-petrato, infatti, non solo il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico (art. 615-ter c.p.), ma anche quello di appropriazione indebita di dati personali (artt. 846 e 61, n. 11), c.p.).Si è posta, conseguentemente, la questione dell’utilizzabilità processuale di dette infor-mazioni, illegittimamente sottratte dall’infor-matico, questione su cui la giurisprudenza è stata, fin dall’inizio, in contrasto.

POSIZIONE del GIP di PINEROLO

Il primo a pronunciarsi sulla materia è stato il Gip del Tribunale di Pinerolo, dott. Gianni Reynaud, il quale, nel corso di un procedi-mento a carico di uno dei soggetti contenuti nella lista per il reato di cui all’art. 4, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 [CFF 9527d] (delitto di dichiarazione infedele), ha emesso un de-creto di archiviazione (1) con cui ha dichiara-to inutilizzabile la lista, stabilendo il divieto di ulteriori indagini alla Guardia di finanza e ordinando la distruzione degli atti derivanti dalla lista stessa.Nel motivare il provvedimento, il giudice ha posto l’accento sull’illecita provenienza della lista, acquisita e sottratta dalla banca dati in-formatica della Hsbc. Secondo il Gip, infatti, «non v’è dubbio che i documenti in questione siano stati “formati attraverso la raccolta ille-gale di informazioni”, trattandosi della stampa di files contenuti in un sistema informatico ri-servato nel quale il Falciani si è abusivamen-te introdotto contro la volontà espressa o tacita di chi aveva diritto ad escluderlo (o, ammesso che fosse autorizzato all’accesso ai dati, quanto meno si è abusivamente trattenuto nel sistema nel momento in cui ha attuato la decisione di

copiare i files per fini diversi da quelli relati-vi allo svolgimento delle sue mansioni) così in-tegrando, secondo il più recente e condivisibile orientamento giurisprudenziale (…) il reato di cui all’art. 615-ter c.p. (è peraltro certamente sussistente anche il reato di appropriazione inde-bita aggravata di documenti ai sensi degli artt. 646 e 61 n. 11 c.p.)». Trattandosi, pertanto, di documenti di origi-ne illecita, il loro contenuto non può essere utilizzato in processo, ai sensi dell’art. 240, co. 2, c.p.p.Anche il Gip del Tribunale di Avellino, dott. Giovanfrancesco Fiore, si è pronunciato se-guendo l’orientamento del Tribunale di Pi-nerolo, ritenendo inutilizzabili i dati della «lista Falciani», in quanto acquisiti illegal-mente.

GIURISPRUDENZA di LEGITTIMITÀ ITALIANA e FRANCESE

La Suprema Corte di Cassazione con la sen-tenza 4 ottobre 2012, n. 38753, proprio in un procedimento relativo alla «lista Falciani», ha affermato che «viene espressamente fatta salva la possibilità di ritenere i documenti inutilizza-bili in dibattimento qualora risulti la acquisi-zione in violazione».In sostanza, la Cassazione ha stabilito che, qualora risulti l’acquisizione illecita dei do-cumenti, allora questi non potranno esse-re utilizzati in sede dibattimentale. Non è, dunque, in discussione la possibilità di ac-quisire atti attraverso i canali di cooperazione internazionale fiscale – i quali espressamente prevedono l’utilizzo anche in sede giudizia-ria delle informazioni acquisite dall’ammini-

(1) Decreto di archiviazione del 4 ottobre 2011.

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DOCUMENTI ACQUISITI ILLEGITTIMAMENTE

strazione estera – ma la loro utilizzabilità o meno, qualora se ne riconosca la provenienza illecita.A tal proposito, la Corte d’Appello di Pari-gi (2) ha sancito l’illegittimità delle modali-tà attraverso le quali le competenti autorità francesi sono venute in possesso della «lista Falciani», negandone l’utilizzabilità ai fini accertativi. La Corte parigina ha, dunque, affermato la inutilizzabilità dei documenti in possesso dell’Amministrazione finanziaria, poiché illeciti ab origine.La sentenza è stata confermata dalla Corte di Cassazione francese (3), secondo la quale l’elenco dei presunti evasori, non potrà essere utilizzato perché basato su dati rubati, prove-nienti, dunque, da reato.Tra l’altro, secondo gli Ermellini di Parigi la Direction nationale d’enquetes fiscales (l’A-genzia delle Entrate francese) sarebbe entra-ta in possesso della lista ben prima che fosse trasmessa ufficialmente da parte dell’auto-rità giudiziaria di Nizza. Cosi facendo gli agenti del Fisco avrebbero utilizzato dati trafugati per condurre le proprie indagini. Ne discende una modalità di acquisizione delle informazioni da parte dell’Ammini-strazione francese totalmente illegale per-ché attuata contravvenendo a disposizioni di legge.Ne deriva che l’acclarata illegittimità dell’ac-quisizione ab origine, stando al disposto della sentenza della Corte di Cassazione n. 38753/12, non potrà che provocare l’inuti-lizzabilità dei documenti in dibattimento proprio perché risulta la loro acquisizione in violazione di norme legge.

GIURISPRUDENZA di MERITO a FAVORE dell’INUTILIZZABILITÀ

Sulla scorta della decisione del Gip di Pinerolo, la Ctp di Como (4) ha accolto il ricorso di un contribuente avverso un atto di contestazione sanzioni emanato sulla base dell’utilizzo della «lista Falciani», annullando l’atto anzidetto.I giudici hanno valutato la preponderanza del provvedimento del Gip, intervenuto nelle more del giudizio tributario, che «senza dub-bio, non può non riverberare i suoi effetti anche sui procedimenti derivati, seppure in un diffe-rente ordinamento».In altre parole, secondo la Ctp di Como, è evi-dente che la legittima trasmissione dei docu-menti dall’amministrazione francese a quella italiana non può sanare l’illegittimità dell’ac-quisizione originaria: il Falciani, infatti, si è illecitamente procurato i dati in questione, commettendo anche dei reati. Ed ancora la Commissione provinciale di Milano (5) ha accolto il ricorso di un con-tribuente e dichiarato illegittimo un atto di contestazione basato sulla medesima lista.I giudici milanesi hanno rilevato che «(…) ad analoga conclusione è arrivata anche la Corte di Appello di Parigi, la quale ha sancito la inutiliz-zabilità delle suddette informazioni perché ottenu-te in modo legalmente non ammissibile e pertanto, come ovvia conseguenza, dalla inutilizzabilità a monte discende la illegittimità della trasmissione dei dati da parte della Autorità Francese e la inu-tilizzabilità dei dati da parte delle diverse Autori-tà nazionali destinatarie della trasmissione».L’orientamento è stato confermato anche dalla Ctp di Verbania (6) la quale ha afferma-to che le informazioni contenute nella «lista Falciani» non possono essere utilizzate, in quanto hanno una fonte di provenienza ille-cita, nonostante le autorità fiscali italiane le abbiano acquisite utilizzando legittimamente i canali di cooperazione internazionale. I giu-

(2) Sentenza 8 febbraio 2011.(3) Sentenza 31 gennaio 2012, n. 11-13097.(4) Sentenza 15 novembre 2011, n. 188/01/11.(5) Sentenza 4 ottobre 2012, n. 236/5/12.(6) Sentenza 5 novembre 2012, n. 47/02/12.

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DOCUMENTI ACQUISITI ILLEGITTIMAMENTE

dici hanno sottolineato come si tratti, in real-tà, di «un documento anonimo, artefatto e della cui provenienza non si è certi; di fatto non è in-dicata la banca da cui è stato tratto ancorché, presuntivamente, si faccia riferimento alla ban-ca Hsbc – private bank di Ginevra – in quanto l’autore dell’elenco (signor Hervè Falciani) lavo-rava presso tale istituto nella città di Lugano».Con la recentissima sentenza 28 gennaio 2013, n. 11/20/13, la Ctr Lombardia – con-fermando la Ctp di Como di cui sopra, appel-lata dall’Agenzia delle Entrate – ha ribadito la non utilizzabilità dei dati contenuti nella lista Falciani.Richiamando nuovamente la pronuncia del Gip di Pinerolo, i giudici del gravame hanno statuito il principio di diritto per cui le proce-dure di acquisizione della documentazione di supporto alla ripresa fiscale operata sono da considerarsi illegittime e, quindi, i documen-ti utilizzati, privi di riscontro e di attestazione di conformità ad originale da parte delle auto-rità francesi, non sono attendibili.I documenti cartacei su cui si fondano i con-trolli fiscali sono stati acquisiti irritualmente dall’autorità italiana, atteso che la stessa non ha provveduto a controllarne l’autenticità, la provenienza e la riferibilità. Non vi è dubbio, infatti, che i documenti in questione sono stati formati attraverso la raccolta illegale di informazioni, trattandosi di file contenuti in un sistema informatico riservato nel quale il Falciani si è introdotto abusivamente, perpe-trando, altresì, un comportamento delittuoso. Trattandosi, pertanto, di documenti di origi-ne illecita il loro contenuto non può, senz’al-tro, essere utilizzato in processo.Ma vi è di più. Infatti, il collegio lombardo af-ferma che l’utilizzo delle informazioni acqui-site dalle autorità francesi costituisce un reato previsto e punito dall’art. 3, L. 281/2006 (7).Tale sentenza si inserisce, dunque, in quel filo-ne di pronunciamenti di merito che hanno di-chiarato le informazioni contenute nella «lista

Falciani» inutilizzabili, a causa delle modalità di acquisizione dei documenti. In sostanza – si sostiene nelle pronunce a favore della non utilizzabilità della lista – il successivo invio anche attraverso i canali ufficiali di coopera-zione internazionale non può sanare la viola-zione commessa in origine.Non sono tuttavia mancati gli orientamenti contrari.

GIURISPRUDENZA di MERITO a FAVORE dell’UTILIZZABILITÀ della LISTA

Con due distinte sentenze, la Ctp di Treviso (8) ha sancito la piena legittimità dell’acqui-sizione dei dati, giudicandola «conseguente ad una rituale richiesta all’Amministrazione fiscale francese, inoltrata attraverso i canali di collaborazione informativa internazionale nel pieno rispetto delle procedure dei trattati». In particolare l’acquisizione sarebbe avvenuta nell’ambito della collaborazione informativa internazionale prevista dalle Direttive euro-pee e dalla convenzione contro le doppie im-posizioni stipulata tra Italia e Francia.Nessun rilievo avrebbe, dunque, la circostanza che tali elementi siano, in origine, stati acquisiti illegalmente dall’autorità fiscale francese, «trat-tandosi di controversia che esula dalla giurisdizione italiana avendo l’Ufficio ricevuto essi documenti in forza della convenzione contro le doppie imposizio-ni tra Italia e Francia sopra richiamata».La Commissione trevigiana ha inoltre afferma-to che le categorie proprie del processo penale

(7) «Chiunque consapevolmente detiene gli atti, i supporti o i documenti di cui sia stata disposta la distruzione ai sensi dell’articolo 240 del codice di procedura penale è punito con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio».(8) Sentenze 5 giugno 2012, n. 64 e 10 luglio 2012, n. 59.

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DOCUMENTI ACQUISITI ILLEGITTIMAMENTE

(rectius: art. 240 c.p.p.), secondo cui gli ele-menti probatori acquisiti in violazione di divie-ti di legge sono inutilizzabili nel processo, non possono essere trasposte nel giudizio tributario.Analogamente, la Ctp di Reggio Emilia (9)

sottolinea che la lista debba essere utilizza-ta, altrimenti si renderebbe priva di effetti la collaborazione informativa internazionale che ha come scopo principale quello di interve-nire nei confronti delle illecite fattispecie di elusione ed evasione internazionale.Favorevoli all’utilizzabilità della lista sono al-tresì la Ctp di Genova (10) e la Ctp di Lucca (11), le quali hanno ritenuto che essa possa es-sere ammessa come prova.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In conclusione, dunque, è evidente come sul

tema dell’utilizzabilità o meno della cd. «lista Falciani» la giurisprudenza italiana continua ad essere divisa: da una parte ci sono le Com-missioni tributarie provinciali di Treviso, Luc-ca, Reggio Emilia e Genova che hanno espres-so un parere positivo sulla sua utilizzabilità ai fini fiscali; dall’altra ci sono la Ctp di Como, Milano, i Tribunali di Pinerolo e di Avellino e, da ultima, la Commissione tributaria regio-nale Lombardia secondo i quali la lista è stata acquisita in maniera illecita e, dunque, non può essere utilizzata come prova sia in sede penale, che fiscale.Occorrerà, quindi, attendere le prime pro-nunce della Cassazione sul tema.Tuttavia, pare appena il caso di ricordare co-me la Cassazione penale sia già intervenuta sul punto facendo espressamente salva la possibi-lità di ritenere i documenti inutilizzabili in di-battimento qualora risulti la loro acquisizione in violazione di norme di legge.E ciò è estremamente evidente, come d’al-tronde confermato dalla stessa Cassazione francese, nel caso della «lista Falciani».

(9) Sentenza 18 maggio 2012, n. 198/1/12.(10) Sentenza 5 giugno 2012, n. 193/04/12.(11) Sentenza n. 103/04/2012.

Guida Pratica Fiscale Contenzioso tributario 2013(R. Lunelli, A. Missoni, L. Lunelli)Il Sole 24 Ore, 2013, pagg. 446+CD Rom, E 42,00

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COSTI «BLACK LIST»/1

OSSERVATORIO sulla GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA:DEDUCIBILITÀ COSTI PAESI «BLACK LIST»

Onere di annotazione separata, dichiarazione integrativa, effettività delle operazioni poste in essere e interesse economico sono alla base di numerose pronunce della giurisprudenza. L’onere della prova spetta al contribuente, ma l’Ufficio deve adeguatamente esplicitare in motivazione l’«iter» valutativo adottato in sede di accertamento.

OSSERVATORIO sulla GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

ARGOMENTO SINTESI

ERRORE FORMALE: NON PREGIUDICA la DEDUCIBILITÀComm. trib. prov. di Torino, Sez. VIII, 14 luglio 2006, n. 43

Deve ritenersi mero errore formale, insuscettibile di pregiudicare la deducibilità di costi ed oneri concretamente sostenuti e debitamente documentati, l’omessa indicazione da parte del contribuente nella specifica sezione dedicata alle operazioni intercorse con soggetti residenti nei Paesi appartenenti alla cd. black list allorquando non vi è stato nocumento per l’accertamento operato dall’Amministrazione finanziaria né evasione di tributi.

MANCATA INDICAZIONE dei COSTI«BLACK LIST»: SÌalla DICHIARAZIONE INTEGRATIVAComm. trib. prov. di Verona, Sez. II, 10 gennaio 2007, n. 251 (Pres. Bertezzolo, Rel. Romano); Comm. trib. prov. di Reg-gio nell’Emilia, Sez. I, 14 febbraio 2007, n. 13; Comm. trib. prov. di Frosinone, Sez. V, 19 agosto 2006, n. 158 (Pres. Baldassarra, Rel. Presutti); Comm. trib. prov. di Treviso, Sez. II, 5 luglio 2006, n. 77 (Pres. Mascolo, Rel. Sordi)

È in facoltà del contribuente presentare la dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, co. 8, D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 [CFF 6597] ai fini di ovviare alla mancata separata indicazione dei costi riconducibili alle operazioni intercorse con soggetti residenti in territori aventi regimi fiscali privilegiati. Agli effetti della sanatoria di tale omissione non rileva che siano stati avviati accessi, ispezioni o verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria, costituendo detta circostanza causa ostativa circoscritta all’applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso, ex art. 13, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 [CFF 9476].

ONERE di CONTESTAZIONE del FISCOComm. trib. prov. di Bologna, Sez. XII, 5 marzo 2007, n. 32 (Pres. e Rel. Martinelli)

La dichiarazione integrativa di cui al co. 8, art. 2, D.P.R. 322/1998 con cui venga inoltrata, separata e specificata indicazione dei costi di imprese operanti nei Paesi della black list determina per l’Amministrazione l’onere di procedere a contestazione delle asserzioni del contribuente, che si hanno per «non contestate» e, quindi, acquisite ove l’Agenzia si limiti a contestare l’ammissibilità della dichiarazione integrativa. Debbono perciò essere annullate le sanzioni per infedele dichiarazione inflitta alla società contribuente.

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COSTI «BLACK LIST»/1

OSSERVATORIO sulla GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

ARGOMENTO SINTESI

RISPETTO del PRINCIPIO di CAPACITÀ CONTRIBUTIVAComm. trib. reg. di Bari, Sez. staccata di Lecce, 9 novembre 2007, n. 258, Sez. XXIII (Pres. La Gioia, Rel. Schilardi)

I principi costituzionali della capacità contributiva e della correttezza dell’azione amministra-tiva risultano codificati nell’art. 2, co. 8, D.P.R. 322/1998, il quale consente di rimediare a qualsiasi errore od omissione commessi in sede di redazione della dichiarazione entro i termini di decadenza dell’azione di accertamento.Conseguentemente, il contribuente è ammesso a modificare la dichiarazione originaria esplicitando l’omessa indicazione delle operazioni effettuate con soggetti residenti in Paesi aventi regime fiscale privilegiato (cd. Paesi della «black list») dovendo al riguardo comminarsi la sola sanzione nominale di € 258.

INTERESSE ECONOMICO e CONCRETA ESECUZIONEdelle OPERAZIONI Comm. trib. prov. di Firenze, Sez. VI, 22 gennaio 2008, n. 194 (Pres. Ferrara, Rel. Armonico)

La deducibilità dei costi sostenuti nell’espletamento di operazioni economiche intercorse con soggetti residenti in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati è sottoposta all’assolvimen-to dell’onere probatorio circa l’interesse economico e la concreta esecuzione delle stesse. Peraltro tali elementi devono essere valutati quali la qualità del prodotto, il prezzo praticato, le condizioni ed i termini di consegna né il contribuente può giustificare sotto il profilo dell’errore formale la sistematica evasione dell’obbligo di annotazione separata normativamente previsto.

SANZIONABILE l’OMESSAANNOTAZIONE SEPARATAComm. trib. prov. di Ravenna, Sez. IV, 19 maggio 2008, n. 40 (Pres. Savoia, Rel. Spina)

È legittimo l’atto di contestazione con irrogazione al contribuente della sanzione prevista dall’art. 8, co. 1, D.Lgs. 471/1997, qualora abbia omesso di annotare separatamente gli oneri sostenuti in dipendenza di operazioni poste in essere con imprese residenti in Stati e Territori a fiscalità privilegiata e sia stata fornita la prova dello svolgimento effettivo di un’attività d’interesse economico.

INERENZA: ONERE della PROVA sul CONTRIBUENTEComm. trib. prov. di Treviso, Sez. I, 3 giugno 2010, n. 58 (Pres. Graziati, Rel. Callegari)

Compete al contribuente dimostrare inerenza ed effettività dei componenti di reddito relativi alle operazioni imponibili concluse con soggetti residenti in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati avvalendosi di idonea documentazione.

INTERESSE ECONOMICO: UNICITÀ del FORNITORE ed EVIDENZA delle OPERAZIONI POSTE in ESSERE Comm. trib. prov. di Milano, Sez. XVI, 1° dicembre 2010, n. 357 (Pres. D’Andrea, Rel. Chiametti)

È deducibile il costo sostenuto per l’acquisto di merci da un Paese appartenente alla black list laddove vi sia l’interesse economico all’acquisto da parte dell’importatore. (Nel caso di specie, la contribuente, società italiana consorella della corrispondente società malese, importava dalla Malesia uno specifico prodotto, il sorbitano di monostearato mediante olio di palma. Tale prodotto era molto richiesto dai clienti italiani, e la società importatrice evidenziava che non esistevano altri fornitori italiani od esteri di tale prodotto).È deducibile il costo sostenuto da un Paese appartenente alla black list laddove vi sia prova della realtà da parte venditrice dell’interesse economico.

«ITER» VALUTATIVO dell’UFFICIO in MOTIVAZIONE Comm. trib. prov. di Milano, Sez. XLVI, 20 dicembre 2010, n. 338 (Pres. Di Oreste, Rel. Astolfi)

Compete all’Ufficio impositore valutare la documentazione da richiedersi al contribuente in merito alla deduzione di costi afferenti operazioni imponibili con soggetti economici residenti in Paesi aventi regime fiscale privilegiato. Di tale iter valutativo deve essere data debita illustrazione in sede di motivazione dell’avviso di accertamento, avuto anche riguardo alla prevalenza delle norme internazionali convenzionali sul diritto interno.

ONERE della PROVACass., Sez. trib., 29 dicembre 2010, n. 26298 (Pres. Panebianco, Rel. Magno)

Nell’ambito dell’accertamento relativo alle transazioni concluse con soggetti residenti nei Paesi aventi regimi di fiscalità privilegiata, all’Amministrazione finanziaria è sufficiente invocare il divieto legale di deduzione, mentre spetta al contribuente dimostrare l’esistenza delle condizioni per cui esso non sarebbe applicabile in quanto l’onere della prova della deducibilità dei componenti negativi di reddito è devoluta al contribuente anche quando essa non è preclusa o vietata.

EFFETTIVA DIMOSTRAZIONEdell’INTERESSE ECONOMICO:GIUSTIFICA la DEDUCIBILITÀComm. trib. reg. di Venezia, Sez.

È legittima la deduzione dei costi relativi ad operazioni per le quali è stata dimostrata l’esistenza ed un effettivo interesse economico. È legittima la presentazione della dichiarazione integrativa al fine di sanare l’omessa indicazione dei dati relativi agli

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COSTI «BLACK LIST»/1

OSSERVATORIO sulla GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

ARGOMENTO SINTESI

I, 2 marzo 2011, n. 38 (Pres. Chimenz Giuseppe, Rel. Dorigatti Giampaolo)

acquisti effettuati da paesi a fiscalità privilegiata anche in caso di intervenuti accessi, ispezioni e verifiche.

Dal 2007 NIENTE PIÙ SEPARATA INDICAZIONEComm. trib. Reg., Bologna, Sez. XV, 30 marzo 2011, n. 39 (Pres. Coscioni Carlo, Rel. Monti Maria Paola)

A seguito delle modifiche introdotte dalla Finanziaria del 2007 la deducibilità delle spese derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti e domiciliati nei cosiddetti Paesi black list, non è più subordinata alla separata indicazione delle spese medesime in dichiarazioni, ma a quanto richiesto dal primo periodo del co. 11, art. 110, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 [CFF 5210].

DISCIPLINA APPLICABILE «RATIONE TEMPORIS»Cass., Sez. V, 4 aprile 2012, n. 5398 (Pres. Bognanni S. - Est. Cappabianca)

In tema di reddito d’impresa, le spese e le altre componenti negative inerenti ad operazioni commerciali intercorse con fornitori aventi sede in Stati a fiscalità privilegiata (cd. Paesi «black list») sono ammesse in deduzione solo se siano separatamente indicate nella dichiarazione annuale dei redditi e venga esibita la prova che le imprese estere svolgano attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni rispondano ad un effettivo inte-resse economico ed abbiano avuto concreta esecuzione, atteso quanto previsto dall’art. 76, co. 7-bis e 7-ter, D.P.R. 917/1986 [CFF 5176], e, poi, dall’art. 110, co. 11, del medesimo D.P.R. 917/1986, entrambi nel testo vigente «ratione temporis»; va escluso, pertanto, che sulla disciplina della deducibilità di tali oneri abbia inciso l’art. 1, co. 302 e 303, L. 27 dicembre 2006, n. 296, che si limita a modificare retroattivamente il regime sanzionatorio applicabile alle omesse o carenti indicazioni fornite. (Rigetta, Comm. trib. reg. Firenze, 4 dicembre 2009).

COMPARAZIONE dei COSTI:GIUSTIFICA l’INTERESSE ECONOMICO Comm. trib. reg. di Milano, Sez. XXXV 8 novembre 2012, n. 138 (Pres. Liguoro Alberto - Rel. Liguoro Alberto)

Sono deducibili i costi relativi a fornitori situati in Stati black list se il contribuente italiano dimostra l’interesse economico tramite il sostenimento di costi più bassi rispetto a quelli di altri contraenti e di aver spuntato un utile superiore rispetto alla media.

DIMOSTRAZIONE dell’EFFETTIVITÀ:OPERAZIONE e VANTAGGIOECONOMICOComm. trib. Reg. di Torino, Sez. I 13 dicembre 2012, n. 91 (Pres. Germano Cortese Emanuela - Rel. Rolle Laura)

Sono deducibili i costi relativi a fornitori situati in Stati black list se il contribuente ita-liano prova l’effettività dell’operazione tramite documentazione doganale e contabile e dimostra l’interesse economico tramite la realizzazione di notevoli margini di profitto. (Nel caso di specie, l’amministrazione contestava ad una società italiana i costi sostenuti per acquisti effettuati presso alcuni soggetti esteri residenti in Hong Kong, Malesia, Libano ed Emirati Arabi. La società contribuente aveva dimostrato l’effettività delle operazioni con le bollette doganali, le fatture ricevute ed i documenti di trasporto. Inoltre aveva dimostrato un margine di profittabilità oscillante tra il 10 ed il 45% per il primo fornitore, un margine non inferiore al 29% e nella maggior parte dei casi addirittura superiore al 50%, con una punta del 135%, per il secondo fornitore).

STABILE ORGANIZZAZIONE in PAESE «BLACK LIST»Comm. trib. prov. di Milano, Sez. III, 11 gennaio 2013, n. 2 (Pres. Maiga Marco Maria - Rel. Chiametti Guido)

Sono deducibili i costi sostenuti da un’impresa residente che acquista presso la stabile organizzazione di un’impresa localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata laddove siano stati dimostrati lo svolgimento di prevalente attività commerciale di questa e l’interesse economico effettivo della committente, non rilevando in alcun modo né il luogo fisico di produzione e neppure la filiera produttiva.(Nel caso di specie, la società contribuente risultava destinataria per l’anno d’imposta 2006 di un avviso di accertamento che, tra gli altri, le contestava l’indeducibilità di costi per acquisti di merce per € 26.144.443,57 effettuati presso una stabile organizzazione residente di un’impresa localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata pur sussistendo sia l’esimente dello svolgimento prevalente di attività commerciale in capo alla stabile organizzazione e sia l’interesse economico della contribuente).

– segue –

a cura di MASSIMO CONIGLIARO

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INDEDUCIBILITÀ dei COSTI «BLACK LIST»: DIFESE del CONTRIBUENTE

Indeducibilità dei costi relativi alle transazioni effettuate con soggetti residenti

nei cd. paradisi fiscali. Analisi della normativa e della prassi di riferimento, nonché delle contestazioni formulate dall’Amministrazione in sede di accertamento e delle possibili linee difensive del contribuente.

di DAVIDE LOMBARDI e GIOVANNA LOBBA

dottori commercialisti – Ceppellini Lugano & Associati

La continua attenzione da parte dell’Ammi-nistrazione nei confronti delle transazioni ef-fettuate con soggetti residenti nei cosiddetti paradisi fiscali e la contemporanea difficoltà, da parte del contribuente, ad ottenere la di-sapplicazione della norma che prevede l’inde-ducibilità di tali costi, fanno della disciplina prevista dall’art. 110, co. 10, D.P.R. 22 di-cembre 1986, n. 917 [CFF 5210] un tema ricorrente in sede di accertamento e partico-larmente «sentito» dalle aziende che operano con l’estero. In tale contesto, la legittima necessità per il Fisco di monitorare i cosiddetti costi «black-list», affinché questi non nascondano manovre per sottrarre imponibile all’Erario, dovrebbe coniugarsi con l’esigenza del contribuente di riuscire a dimostrare le proprie ragioni e la validità delle operazioni poste in essere. La giurisprudenza ha espresso di recente posizio-ni concordi nell’affermare la valutazione ca-so per caso e soprattutto la sussistenza delle

«valide ragioni economiche» sulla base di una serie di indicatori (tra cui la comparazione dei prezzi applicati, il tipo di settore, l’offerta sul mercato, ecc).Di seguito si intende fornire un quadro della normativa e della prassi di riferimento, per affrontare poi il tema delle contestazioni for-mulate dall’Amministrazione in sede di ac-certamento e le possibili linee difensive del contribuente, anche alla luce delle recenti pronunce della giurisprudenza sul tema.

QUADRO della NORMATIVA e della PRASSI di RIFERIMENTO

Il co. 10, art. 110, D.P.R. 917/1986, preve-de che, ai fini Ires, nella determinazione del reddito d’impresa, «non sono ammessi in de-duzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese

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residenti ovvero localizzate in Stati o territo-ri diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis. Tale deduzione è ammes-sa per le operazioni intercorse con imprese resi-denti o localizzate in Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al citato decreto» (1).Dal punto di vista soggettivo la disciplina relativa all’indeducibilità dei costi black list si applica a tutti i soggetti che esercitano nel territorio dello Stato un’attività di impresa. Secondo i chiarimenti forniti dall’Ammini-strazione finanziaria (2), i criteri sopra esposti sono validi anche per l’individuazione dei for-nitori residenti nei Paesi a fiscalità privilegiata che esercitano attività d’impresa, con la con-seguenza che la disciplina dei costi black list si applica anche con riferimento alle operazioni intervenute con:OO la stabile organizzazione residente in un

Paese black list di un’impresa residente in un Paese a fiscalità ordinaria (ad esempio la stabile organizzazione situata ad Hong Kong di una società francese);

OO la stabile organizzazione domiciliata in un Paese black list di società residenti nel terri-torio dello Stato (ad esempio la stabile or-ganizzazione situata alle Isole Cayman di una società italiana).

Dal punto di vista oggettivo, invece, sono soggetti alla disciplina dei costi black list tutti i componenti negativi che derivano «da un’o-perazione intercorsa con un soggetto black list e che, anche se in periodi d’imposta successivi ri-spetto a quello in cui la transazione è stata effet-tuata, comportano una diminuzione del reddito imponibile dell’impresa italiana» (3).A mero titolo esemplificativo sono indeducibili:OO le spese per gli acquisti di beni e servizi;OO gli ammortamenti;OO gli oneri contributivi o di utilità sociale;OO le svalutazioni;OO le perdite di beni;

OO gli accantonamenti (per rischi su crediti, per rischio di cambio);

OO le minusvalenze, OO le perdite su crediti,

e ogni altro componente negativo correlato ad operazioni intercorse con un impresa o un professionista residente in Paesi black list (4).La limitazione alla deducibilità dei costi black list risulta comunque inapplicabile nel caso in cui le società residenti in Italia siano in grado di dimostrare che le operazioni poste in essere non sono state realizzate a fini evasivi.In particolare l’indeducibilità dei costi black list non trova applicazione laddove l’impresa residente:OO provveda alla separata indicazione nella

dichiarazione dei redditi degli ammontari dedotti (5);

(1) A questo riguardo occorre osservare che l’art. 1, co. 83, lett. h), n. 1), L. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge Finanziaria 2008) ha modificato il co. 10, art. 110, D.P.R. 917/1986 laddove afferma che «si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto de Ministro dell’economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti». Le modifiche sopra illustrate saranno, tuttavia, applicabili a decorrere dal periodo d’imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto di attuazione con il quale verrà emanata la nuova «white-list» ai sensi dell’art. 168-bis, D.P.R. 917/1986 [CFF 5268a] (ad oggi non pubblicato). Fino al periodo d’imposta precedente continuano, invece, ad applicarsi le disposizioni in vigore al 31 dicembre 2007 (art. 1, co. 88, L. 244/2007) e di conseguenza l’elenco dei Paesi a fiscalità privilegiata resta quello emanato con il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 23 gennaio 2002. (2) C.M. 6 ottobre 2010, n. 51/E.(3) C.M. 51/E/2010.(4) C.M. 20 settembre 2012, n. 35/E.(5) L’Agenzia delle Entrate (C.M. 15 febbraio 2013, n. 1/E) ha chiarito che nel caso in cui venga omessa l’indicazione nella dichiarazione dei redditi dei costi sostenuti con operatori residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, si applica la sanzione proporzionale stabilita in misura pari al 10% dell’importo complessivo dei costi non indicati separatamente, con un minimo di € 500 ed un massimo di € 50.000 ai sensi dell’art. 8, co. 3-bis, D.Lgs. 471/1997 [CFF 9456]. In senso difforme si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza 29 dicembre 2010, n. 26298 anche se con riferimento ad annualità precedenti il 2007, anno per il quale sono entrate in vigore le attuali disposizioni. In particolare, secondo la Suprema Corte la sanzione proporzionale del 10% dell’importo dei costi non indicati in dichiarazione deve essere irrogata «soltanto qualora l’impresa avente sede in Italia non provi le circostanze che le danno diritto alla deduzione, in deroga al principio generale d’indeducibilità del costo di merci importate da Paesi black list». Nella diversa ipotesi in cui l’impresa riesca dimostrare l’esistenza di una delle esimenti la Corte di Cassazione ritiene invece applicabile la sanzione da € 258 a € 2.065, prevista dall’art. 8, co. 1, D.Lgs. 471/1997 per le violazioni formali.

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OO entro 90 giorni dalla apposita richiesta da parte dell’Agenzia delle Entrate terri-torialmente competente fornisca la prova che: – «le imprese estere svolgono prevalentemen-

te un’attività commerciale effettiva» (prima esimente);

– o in alternativa che «le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo in-teresse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione» (seconda esimente).

L’Amministrazione finanziaria può anche ritenere non idonee le prove fornite dal contribuente, ma in questo caso dovrà mo-tivare la sua decisione nell’avviso di accer-tamento.Inoltre, avvalendosi del diritto di interpello previsto dall’art. 21, L. 30 dicembre 1991, n. 413 [CFF 6475] l’impresa residente potrà chiedere preventivamente il parere dell’Am-ministrazione finanziaria e in questa ipotesi, nel caso in cui le operazioni poste in essere dovessero effettivamente essere realizzate se-condo le modalità descritte nell’interpello presentato, la società non avrebbe più l’onere di fornire le prove sopra illustrate (6).Da ultimo, occorre sottolineare che la disci-plina dei costi black list:OO non si applica relativamente alle opera-

zioni intercorse con soggetti non residenti cui risultino applicabili gli artt. 167 o 168, D.P.R. 917/1986 [CFF 5267 e 5268], con-cernenti disposizioni in materia di imprese estere partecipate;

OO si applica anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi black list.

RILIEVI in SEDE di ACCERTAMENTO: POSSIBILI DIFESE del CONTRIBUENTE

In sede di accertamento l’attività di verifica posta in essere dall’Amministrazione finan-ziaria si concretizza nell’analisi della docu-mentazione fornita dal contribuente nelle due circostanze previste dalla norma. Infat-ti, è obbligo degli uffici finanziari, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accerta-mento, notificare all’interessato una richiesta di documentazione, secondo quanto previsto dal co. 11, art. 110, D.P.R. 917/1986, e il contribuente ha 90 giorni di tempo per di-mostrare la sussistenza di una delle due cause esimenti. Il contribuente, per confutare i rilievi dell’Uf-ficio e sostenere la deducibilità dei costi black list, può far valere le seguenti argomentazioni difensive: 1) l’effettivo svolgimento di un’attività eco-

nomica da parte dell’impresa residente nel Paese black list (cd. prima esimente);

2) la concreta esecuzione e l’effettivo interesse economico sotteso alle operazione poste in essere con l’impresa residente nel Paese black list (cd. seconda esimente);

Le argomentazioni, tra loro alternative, rap-presentano le cause esimenti espressamente individuate dal Legislatore al co. 11, art. 110, D.P.R. 917/1986, con riferimento alle quali il contribuente, nella fase di contraddittorio che precede l’avviso di accertamento, ha spesso già raccolto e prodotto una consistente mole di documentazione. Osserviamo inoltre che l’eventuale esistenza di una convenzione contro le doppie impo-sizioni sottoscritta tra l’Italia e il Paese black list in cui ha sede il fornitore, che contenga una clausola di non discriminazione in linea con l’art. 24, par. 4, Modello Ocse, dovrebbe rendere non applicabile la norma sull’indedu-

(6) Resta, in ogni caso, l’obbligo di indicazione separata dei costi nella dichiara-zione dei redditi relativa al periodo in cui le operazioni vengono poste in essere.

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cibilità dei costi prevista dall’art. 110, co. 10, D.P.R. 917/1986. La disapplicazione della norma in caso di Convenzione contro le doppie imposizioni si riferisce ad un orientamento giurispruden-ziale che ammette la deducibilità dei costi black list in virtù della prevalenza della norma convenzionale rispetto alla norma di diritto interno.Di seguito vengono illustrate le possibili di-fese del contribuente e la documentazione necessaria da produrre, con riferimento alle indicazioni fornite sino ad oggi dalla prassi e dalla giurisprudenza.

Esistenza di una convenzione contro le doppie imposizioni sottoscritta tra l’Italia e il Paese «black list»

Oltre alla dimostrazione di una delle due cause esimenti è opportuno verificare se esi-ste una Convenzione contro le doppie im-posizioni tra l’Italia e il Paese black list da cui derivano i costi oggetto di accertamento. Laddove, infatti, la Convenzione tra i due Paesi contenga una clausola di non discri-minazione (sulla scorta di quella riportata all’art. 24, par. 4, Modello Ocse) è possibi-le invocare l’applicazione della disposizione convenzionale. Nello specifico l’art. 24, di numerose Con-venzioni sottoscritte dall’Italia prevede che «(…) gli interessi, i canoni ed altre spese pagati da un’impresa di uno Stato contraente ad un residente dell’altro Stato contraente sono de-ducibili, ai fini della determinazione degli utili imponibili di detta impresa, nelle stesse condi-zioni in cui sarebbero deducibili se fossero pa-gati ad un residente nel primo Stato». La disposizione convenzionale, quindi, rico-nosce espressamente la deducibilità fiscale dei costi derivanti dalle operazioni effettuate

tra i soggetti dei due Stati contraenti:OO senza alcuna eccezione e OO alle medesime condizioni previste per le

spese relative alle transazioni concluse tra società residenti nel medesimo Stato.

A quest’ultimo riguardo, così come ricono-sciuto anche in giurisprudenza (7), le norme previste dai trattati convenzionali, essendo di rango sovraordinato rispetto alle disposizioni previste dalla normativa interna, prevalgono rispetto a quest’ultime, per cui le stesse si pon-gono in un rapporto di «specialità» rispetto al-la normativa interna.Pertanto per alcuni Paesi black list, quali ad esempio Svizzera, Singapore e Malesia, la presenza della convenzione dovrebbe supe-rare, secondo l’orientamento giurispruden-ziale evidenziato, la disposizione interna del Tuir (8).Si segnala, con riferimento a tale linea difensi-va, la recente sentenza della Commissione tri-butaria provinciale di Milano 294/5/12, nella quale, con riferimento all’applicabilità delle disposizioni convenzionali (9), la Commis-sione afferma che «le disposizioni contenute in una convenzione internazionale, in quanto de-stinate a disciplinare in via esclusiva i rapporti tra i soggetti appartenenti ad uno Stato estero ed i soggetti appartenenti allo Stato italiano, ovvero i rapporti tra uno stato estero e l’Italia, assuma-no il carattere di specialità e, quindi, assumano rilievo rispetto alle normative nazionali quali, nel caso in esame, il Tuir».

(7) Si veda, a titolo esemplificativo, la sentenza 24 maggio 1988 n. 3610 della Corte di Cassazione.(8) La medesima considerazione, invece, non vale per le Convenzioni sottoscritte dall’Italia in cui, seppur in presenza della clausola di non discriminazione, viene esplicitamente prevista l’applicazione della normativa interna in tema di indeduci-bilità dei costi (a titolo esemplificativo, Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Oman, art. 24, co. 6).(9) In tal senso anche, la sentenza 20 dicembre 2010, n. 338 della Commissione tributaria provinciale di Milano e, incidentalmente, la sentenza della Cassazione 23 febbraio 2010, n. 4272.

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Effettivo svolgimento di un’attività economica da parte dell’impresa residente nel Paese «black list» (cd. prima esimente)

La prima esimente può essere invocata dal contribuente al fine di dimostrare l’effettiva attività svolta all’estero dell’impresa black list, in relazione alla struttura organizzativa in lo-co predisposta per lo svolgimento dell’attività commerciale. In altri termini, il contribuente italiano, al fine di disapplicare la presunzione d’indeduci-bilità dei costi black list, deve dimostrare che l’impresa residente all’estero: OO svolge «realmente» e «concretamente»

un’attività commerciale, avvalendosi in tale Stato di un’organizzazione di mezzi e persone «idonea a presiedere allo svolgi-mento della citata attività oppure – qualora parte dell’attività (ad esempio la vendita) sia svolta al di fuori del territorio – alla sua au-tonoma preparazione o conclusione» (10);

OO possiede «una struttura organizzativa ido-nea a svolgervi un’effettiva attività» (11).

Con riferimento alla documentazione da pre-sentare al fine di dimostrare l’effettivo svol-gimento di un’attività industriale e/o com-merciale nel territorio a fiscalità privilegiata, a titolo esemplificativo, è stata riconosciuta (12) la validità dei seguenti documenti:OO relazione descrittiva della struttura orga-

nizzativa dedicata allo svolgimento dell’at-tività principale della controllata estera o della stabile organizzazione localizzata in uno Stato o territorio inclusi nella black list, con adeguata documentazione di sup-

porto (normativa e delibere disciplinanti gli organi sociali e la loro attività, contratti di lavoro, descrizione delle mansioni svol-te dai dipendenti di qualifica più elevata, autorizzazioni delle autorità locali, dispo-nibilità di locali a uso civile o industriale e utenze);

OO documentazione contabile e fiscale (bilan-cio, dichiarazioni dei redditi, perizie, elen-co fatture di vendita emesse);

OO contratti di locazione della sede/uffici e del magazzino;

OO certificazione rilasciata dall’amministrazio-ne finanziaria locale attestante l’assoggetta-mento della società estera all’imposta sui redditi;

OO contratti di locazione degli immobili adi-biti a sede degli uffici della attività;

OO copia delle fatture delle utenze elettriche e telefoniche relative agli uffici e agli altri immobili utilizzati;

OO contratti di lavoro dei dipendenti che in-dicano il luogo di prestazione dell’attività lavorativa e le mansioni svolte;

OO estratti conto bancari che diano evidenza delle movimentazioni finanziarie relative alle attività esercitate;

OO copia dei contratti di assicurazione relativi ai dipendenti e agli uffici;

OO autorizzazioni sanitarie e amministrative relative all’attività e all’uso dei locali.

Occorre inoltre sottolineare l’orientamento espresso dall’Amministrazione finanziaria rispetto al presupposto del «radicamento». L’Agenzia delle Entrate (13), infatti, aveva ini-zialmente sostenuto che per verificare lo svol-gimento di un’attività commerciale, non fosse sufficiente la presenza di un’adeguata struttura organizzativa nel Paese a fiscalità privilegiata, ma fosse necessario l’esercizio dell’attività a fa-vore del «mercato locale» e non nei confronti, principalmente, di mercati diversi da quello in cui la struttura era effettivamente stabilita.Tale orientamento è stato modificato nella

(10) Circolare Assonime 5 agosto 2004, n. 36.(11) RR.MM. 16 agosto 2002, n. 285/E, 31 ottobre 2002, n. 343/E, 19 dicembre 2002, n. 386/E.(12) In tema di Cfc si segnalano le CC.MM. 23 maggio 2003, n. 29/E, 12 febbraio 2002, n. 18/E, 31 ottobre 2002, n. 343/E e 15 novembre 2002 n. 358/E.(13) RR.MM. 10 novembre 2008, n. 427/E, 8 aprile 2009, n. 100/E.

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C.M. 6 ottobre 2010, n. 51/E, nella quale l’Amministrazione ha chiarito che «il c.d. ra-dicamento previsto ai fini Cfc non costituisce un elemento dirimente ai fini della disappli-cazione delle disposizioni in materia di de-ducibilità di costi black list, che, in linea di principio, va riconosciuta a seguito della dimo-strazione dello svolgimento da parte del forni-tore estero di un’effettiva attività commerciale mediante un’idonea struttura in loco».Pertanto, l’Amministrazione finanziaria, mu-tando il proprio approccio alla questione, ritiene che il radicamento inteso come eser-cizio dell’attività d’impresa prevalentemente a favore del mercato locale non rappresenta più un elemento fondamentale per individuare la localizzazione del fornitore nello Stato black list, ma rappresenta soltanto un indizio da va-lutare in un più ampio contesto economico, giuridico e aziendale. In conclusione è possibile affermare che l’im-presa italiana che intenda disapplicare la di-sciplina relativa all’indeducibilità dei costi black list utilizzando la prima esimente dovrà provare che il fornitore residente in un Pae-se black list è fisicamente presente in detto Stato con una propria struttura di mezzi e persone finalizzati all’esercizio di un’attività commerciale.

Concreta esecuzione ed effettivo interesse economico delle operazioni poste in essere con l’impresa residente nel Paese «black list» (cd. seconda esimente)

Considerata l’elevata difficoltà di dimostrare l’effettività dell’attività svolta dal fornitore non residente, in alternativa, è possibile evita-re l’applicazione della disciplina relativa all’in-deducibilità dei costi black list dimostrando che le operazioni poste in essere con il forni-tore residente nel Paese black list corrispondo-

no ad un effettivo interesse economico e che hanno avuto concreta esecuzione.La seconda esimente, quindi, a differenza del-la prima (che riguarda i requisiti di prevalenza ed effettività dell’impresa estera), attiene alle finalità e modalità della specifica operazione conclusa dal soggetto residente.In buona sostanza, il contribuente, per prova-re l’effettivo interesse economico della transa-zione posta in essere con l’impresa residente in paesi a fiscalità privilegiata deve dimostra-re innanzi tutto che la transazione ha avuto concreta esecuzione e che alla base della stessa risiedono finalità economiche e gestionali, diverse dal mero vantaggio fiscale. Pertanto, ciò che rileva ai fini della dimostra-zione della seconda esimente non è l’analisi della rilevanza giuridica delle operazioni, bensì l’esame della loro convenienza sul piano eco-nomico, ossia della loro rispondenza o meno ai criteri comunemente ritenuti razionalmente plausibili nell’ottica di una corretta e remune-rativa gestione aziendale della società residente.Di conseguenza, all’atto pratico l’impresa resi-dente dovrà dimostrare che l’operazione:OO sia ispirata da un concreto interesse soste-

nuto da una logica gestionale ed impren-ditoriale;

OO sia economicamente «normale» e rispon-dente ai canoni di usuale opportunità di gestione.

Sotto questo profilo occorre considerare che molto spesso l’Agenzia delle Entrate richiede un confronto di prezzo tra la transazione ef-fettuata con il soggetto black list e quella che si sarebbe potuta effettuare con un soggetto non black list. Questo comporta notevoli dif-ficoltà perché spesso l’operatività aziendale è improntata a logiche molteplici, che non ri-siedono nel mero confronto di prezzo.Tuttavia, giova considerare che le ragioni del contribuente appaiono supportate:OO da una recente pronuncia giurispruden-

ziale, con la quale la Commissione regio-

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nale delle Marche (14) ha affermato che: – «sussiste sempre un effettivo interesse eco-

nomico dell’impresa quando pone in es-sere un’operazione in grado di produrre profitto, nell’ambito della specifica natu-ra dell’attività esercitata»;

– «un’operazione commerciale, non palese-mente in perdita, se effettivamente com-piuta, è più che idonea ad integrare il requisito richiesto dall’Amministrazione finanziaria».

OO dalla recente C.M. 51/E/2010, con la qua-le la stessa Amministrazione finanziaria ha chiarito che «la deducibilità dei costi in esa-me non possa essere disconosciuta sulla base della mera circostanza che il prezzo dei beni e servizi acquistati è superiore a quello me-diamente praticato sul mercato», infatti «un prezzo apparentemente anomalo può essere giustificato dalla valutazione delle altre con-dizioni che regolano la transazione e, quindi, non pregiudicare la sussistenza dell’effettivo interesse economico all’operazione».

Pertanto, sulla base delle considerazioni sopra svolte, la prova dell’esistenza di un effettivo interesse economico sotteso alla transazione effettuata con il fornitore black list può essere fornita analizzando:OO il prezzo della transazione;OO la presenza di costi accessori (ad esempio

costi di stoccaggio e di magazzino);OO le economie di scala che si realizzano ac-

quistando da un solo fornitore;OO l’unicità dei prodotti acquistati dal fornitore;OO i vantaggi logistici derivanti dall’acquisto

di prodotti da un fornitore vicino al mer-cato di sbocco;

OO le modalità di attuazione dell’operazione (ad esempio i tempi di consegna);

OO l’impossibilità di acquisire il medesimo

prodotto presso altri fornitori;OO l’esistenza di vincoli organizzativi/com-

merciali/produttivi che inducono ad ef-fettuare la transazione con il fornitore black list o, comunque, che renderebbero eccessivamente onerosa la transazione con un altro fornitore. Tuttavia, in ipotesi di accordi e/o contratti di fornitura infra-gruppo «l’interesse economico all’effettuazio-ne dell’operazione non può essere giustificato sulla base del mero obbligo contrattuale per il contribuente residente di avvalersi di un fornitore black list, magari appartenente al medesimo gruppo» (15) .

Al fine di applicare la seconda esimente, l’ef-fettivo interesse economico deve essere coniu-gato con la concreta esecuzione dell’operazio-ne. In merito non sembra destare molti dubbi il fatto che la documentazione doganale (nel caso di scambi di beni) supportata anche da materiale che certifichi l’esistenza del rappor-to commerciale (quale la corrispondenza an-che in fase di negoziazione piuttosto che gli ordini e le relative conferme), nonché le even-tuali movimentazioni di magazzino e finan-ziarie, siano informazioni valide per provare la reale effettuazione dell’operazione.In merito alla definizione dell’effettivo inte-resse economico, si segnalano le più recenti sentenze della Commissione tributaria regio-nale della Lombardia (sentenze n. 91/1/12 e n. 138/35/12). In entrambi i casi l’analisi dell’effettivo interesse economico da parte dei giudici ha delineato un criterio interpretativo che non può essere univoco ma deve adattarsi al modello di business dell’impresa verificata: il contribuente italiano non deve dimostrare l’effettivo interesse economico soltanto in ter-mini di confronto di prezzo con beni e servizi acquisibili da soggetti non residenti in Paesi black list, perché, ad esempio, in alcuni ca-si non risulta possibile reperire un campione di paragone con imprese nazionali in grado di fornire gli stessi beni e quindi l’interesse

(14) Commissione tributaria regionale delle Marche, Sezione III, sentenza del 22 giugno 2010.(15) C.M. 51/E/2010.

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economico deve valutarsi tenendo conto del margine di profittabilità sui beni ceduti (sen-tenza Ctr Lombardia 91/1/12). La sentenza n. 138/35/12, su posizioni del tutto analoghe, ha individuato altri indici ri-levanti al fine di dimostrare l’esimente dell’ef-fettivo interesse economico, affermando nel caso di specie che «il contribuente ha compro-vato di essere riuscito a ottenere costi più bas-si trattando con la società del Paese black list, rispetto ad altri contraenti, anche italiani, an-che con riferimento alla borsa metalli; di essere riuscito a spuntare un utile superiore a quello medio; di aver adottato una formula contrat-tuale comprensiva del trasporto; di aver cali-brato l’operazione, atteso che maggiori acquisti avrebbero comportato la lievitazione dei costi a fronte di un mercato scarno». La pronuncia in esame accoglie quindi la tesi per cui la compe-titività del fornitore black list e la marginalità conseguita sulla vendita dei prodotti acquista-ti giustificano la deduzione dei costi sostenuti.

Con il medesimo orientamento si è espressa anche la Commissione tributaria provinciale di Milano con la sentenza n. 294/5/12, nella quale la Commissione afferma la sussistenza dell’effettivo interesse economico in presenza di forniture acquisibili solo nel paese black list, con la conseguenza che la loro assenza renderebbe impossibile l’effettuazione dell’o-perazione complessiva. La sentenza precisa che l’effettività dell’in-teresse economico perseguito deriva, tenuto conto dell’attività richiesta al contribuente, dalla necessità di acquisire il prodotto/servi-zio esclusivamente in un Paese inserito nella black list e mette in evidenza che risulta assur-do e impossibile ricercare un interesse econo-mico nel compiere un’attività che è essenziale per l’intera transazione. Un ulteriore elemen-to fondamentale per la decisione è stato quel-lo che i costi sostenuti sono stati riaddebitati alle società clienti e quindi si è trattato di costi che sono serviti a produrre profitto.

Accertamento relativo all’indeducibilità dei costi «black list»: fac-simile di ricorso

– continua –

Onorevole Commissione tributaria provinciale di ………….

Spettabile AGENZIA delle ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE di …………..

OGGETTO: Ricorso avverso avviso di accertamento n. …………… relativo a Ires per l’anno ………………..

OO La società …………….., con sede in via ………….., ………….., codice fiscale n. ………………, rappresentata e difesa da procuratore – parte ricorrente;

OO nei confronti dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di ………….. – parte resistente;

OO avverso avviso di accertamento n. ………………. relativo a Ires per l’anno ………. notificato in data …………… – atto impugnato.

La società ………………….., con sede in Via ……………., ……………………., co-dice fiscale n. …………………, in persona del rappresentante legale dott. ……………, nato a ………….. il ………….., codice fiscale …………….., rappresentata e difesa -giusta procura apposta in calce del presente atto- dal dott. ……………, con studio in

Nomino e costituisco mio difenso-re e procuratore nel presente giudi-zio ed in ogni sua fase incidentale, nonché nell’eventuale giudizio di appello, il dottore commercialista ___________, conferendogli tutte le più ampie facoltà, nessu-na esclusa, ivi compresa quella di procedere alla conciliazione giudiziale, chiamare in causa terzi e farsi sostituire.Ai sensi del D. Lgs. 196/2003, dichiaro di avere ricevuto l’in-formativa prevista dalla legge e autorizzo il dott. ________ a utilizzare i miei dati personali e ad organizzarli e diffonderli nei limiti dell’incarico conferito e delle esi-genze della difesa tecnica. Eleggo domicilio presso lo studio ________ in _____________.

È vera la firma.

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Accertamento relativo all’indeducibilità dei costi «black list»: fac-simile di ricorso

– segue –

– continua –

………….., Via ……………, codice fiscale …………….., fax ………………., pec ……………….., presso il quale la società ricorrente è elettivamente domiciliata ai fini del giudizio,OO esaminato il provvedimento sopra indicato;OO valutati i motivi addotti a giustificazione dell’intervento correttivo erariale;OO visti gli artt. 18 e segg., D.Lgs. 546/1992 e ss.mm.;

RICORRE

avverso l’avviso di accertamento sopra indicato per i motivi che seguono.

FATTO

1. A seguito di una verifica generale effettuata dalla Guardia di finanza, nucleo di Polizia tributaria di …………… nei confronti della società …………… per il periodo di imposta …, in data ……………. è stato emesso processo verbale di constatazione (Allegato n. ). Oggetto della suddetta verifica sono state le operazioni intercorse con i soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, indicati separatamente nel Modello Unico ……….. per il periodo d’imposta …………., in ossequio all’art. 110, co. 11, D.P.R. 917/1986.In particolare, oggetto di controllo sono state le operazioni commerciali intrattenute con i seguenti soggetti resi-denti in Svizzera:

A seguito delle verifiche effettuate i verbalizzanti hanno proposto la ripresa a tassazione dei costi derivanti dalle operazioni citate.

2. In data …………….. è stato notificato alla società il questionario n. …………… (Allegato n. ) con cui la Direzione provinciale di …. richiede, ai sensi dell’art. 110, co. 11, D.P.R. 917/1986, la presentazione della documen-tazione atta a dimostrare alternativamente che le società estere sopra citate svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico ed hanno avuto concentra esecuzione. La società ha presentato in data …………. le proprie osservazioni (Allegato n. ).

3. In data …………. è stato notificato alla società l’avviso di accertamento n. …………. relativo al periodo di imposta ………… (Allegato n. ), con il quale l’Ufficio contesta la deducibilità fiscale dei costi relativi agli acquisti effettuati dai fornitori sopra indicato aventi sede in Svizzera ai sensi dell’art. 110, co. 10, D.P.R. 917/1986, per un ammontare pari complessivamente a € ………..

MOTIVI

1. Sull’inapplicabilità della disciplina prevista dall’art. 110, co. 10, D.P.R. 917/1986 al caso di specie alla luce delle disposizioni convenzionaliIn via principale e di diritto, si eccepisce l’illegittimità dell’accertamento che è stato operato dall’Ufficio, in virtù

Fornitore Importo in €

1) …………………… ……………

2) …………………… ……………

3) …………………… ……………

4) …………………… ……………

Totale ……………..

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Accertamento relativo all’indeducibilità dei costi «black list»: fac-simile di ricorso

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dell’impossibilità di applicare al caso in esame la disciplina prevista dall’art. 110, co. 10, D.P.R. 917/1986. Tale disposizione prevede, per presunzione relativa, l’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. A tale fine, con il D.M. 23 gennaio 2002, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha individuato i Paesi aventi regime fiscali privilegiati (cd. «black list»), inserendo, tra gli altri, in corrispondenza dell’art. 3 del citato provvedimento, la Svizzera, seppur limitatamente alle «società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e “di domicilio”».Tuttavia è necessario considerare che tra l’Italia e la Svizzera è in vigore una Convenzione contro le doppie im-posizioni che è stata firmata il 9 marzo 1976 e ratificata con la legge 23 dicembre 1978 n. 943, nell’ambito della quale l’art. 25, co. 3, prevede che «(…) gli interessi, i canoni ed altre spese pagati da un’impresa di uno Stato contraente ad un residente dell’altro Stato contraente sono deducibili ai fini della determinazione degli utili imponibili di detta impresa, nelle stesse condizioni in cui sarebbero deducibili se fossero pagate ad un residente del primo Stato. Parimenti, i debiti di un’impresa di uno Stato contraente nei confronti dei residenti dell’altro Stato contraente sono deducibili, ai fini della determinazione del patrimonio imponibile di detta impresa, nelle stesse condizioni in cui sarebbero deducibili se fossero contratti nei confronti di un residente del primo Stato». Da tale disposizione risulta, quindi, evidente che, a differenza di quanto previsto dalla normativa interna, la Con-venzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la Svizzera riconosce espressamente, in capo ai soggetti residenti in Italia, la deducibilità fiscale dei costi derivanti dalle operazioni effettuate con soggetti residenti in Svizzera (i) senza alcuna eccezione e (ii) alle medesime condizioni previste per le spese relative alle transazioni concluse con altre società italiane, ovvero senza la necessità di dover rispettare i criteri restrittivi previsti dall’art. 110, co. 10, D.P.R. 917/1986. A quest’ultimo riguardo, pare perfino superfluo ricordare che, così come riconosciuto dai principi costituzionali e più volte affermato anche in giurisprudenza (al riguardo si veda, a titolo esemplificativo, la sentenza 24 maggio 1988, n. 3610 della Corte di Cassazione), le norme previste dai trattati convenzionali, essendo di rango sovraordinato rispetto alle disposizioni previste dalla normativa interna, prevalgono rispetto a quest’ultime, tale per cui le stesse si pongono in un rapporto di «specialità» rispetto alla normativa interna. La correttezza dei principi sopra illustrati circa la necessaria disattivazione delle limitazioni contenute nei co. 10 e 11, art. 110, D.P.R. 917/1986, in virtù delle disposizioni convenzionali – ed in particolare del principio di non discriminazione del menzionato art. 25 della Convenzione tra l’Italia e la Svizzera – risulta ulteriormente confermata da quanto segue:OO la Relazione governativa all’originario decreto ministeriale che individuava i Paesi black list (il D.M. 24

aprile 1992) chiariva in proposito che «laddove i Paesi individuati [dal decreto ministeriale, n.d.r.] siano titolari di un Trattato contro le doppie imposizioni con l’Italia […] la norma novellata [art. 76, co. 7-bis, D.P.R. 917/1986, ora art. 110, co. 10, del T.U.I.R., n.d.r.] verrebbe di fatto resa inoperante dalla diversa disposizione pattizia»;

OO l’orientamento in dottrina a favore della posizione rappresentata è unanime;OO come chiarito anche in sede Ocse, la norma di non discriminazione ha di regola una portata generale, preva-

lendo dunque su tutte le disposizioni domestiche degli Stati contraenti che con essa si pongono in conflitto. Pertanto, anche ove la previsione interna sia finalizzata ad evitare evasioni di imposta, per poter disattivare il generale principio di non discriminazione, anche per finalità anti elusive, gli Stati contraenti «devono esplici-tamente negoziare» con il partner internazionale «una deroga espressa» alla generale applicabilità della regola di non discriminazione, che deve essere inserita nel testo del Trattato. Conformemente a tale posizione, l’Italia ha inserito in talune recenti Convenzioni una specifica deroga al principio di non discriminazione, proprio a favore dell’applicabilità dell’art. 110, co. 10 e 11, D.P.R. 917/1986 (si vedano, ad esempio, Convenzione tra l’Italia e l’Etiopia;

OO non è, invece, possibile estendere la deroga in questione nei casi in cui la Convenzione applicabile non la contempli espressamente.

Si osserva inoltre che in base alle indicazioni del Commentario all’art. 24 del Modello di Convenzione dell’Ocse, non è proibito alle norme nazionali di imporre maggiori adempimenti informativi in merito alle operazioni intercorse con soggetti non residenti, ma non possono essere mutate le condizioni sostanziali di deducibilità di detti costi

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Accertamento relativo all’indeducibilità dei costi «black list»: fac-simile di ricorso

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rispetto a quelli originatesi totalmente in ambito domestico. In senso favorevole a tale interpretazione si è espressa anche la giurisprudenza; si vedano infatti:OO la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, del 20 dicembre 2010 n. 338, in cui i giudici

hanno riconosciuto che «in merito ai prodotti acquistati dai fornitori esistenti nella Corea del Sud la parte ri-corrente richiama la convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra quest’ultima e lo stato italiano nella quale si prevede che sono deducibili dall’acquirente (articolo 9, e paragrafo 7 dell’articolo 11, e paragrafo 6 dell’articolo 12), i costi sostenuti per gli acquisti di beni; tale norma è prevalente rispetto a quella di cui al citato articolo 110 e non prevede alcuna eccezione, e tale fatto non viene contestato dall’Ufficio. È ben vero che il D.M. 23/1/2002 prevede all’articolo 3 che ai fini della applicazione delle disposizioni di cui l’articolo 110, comma 10, del D.P.R. 917/1986 occorre fare riferimento alle società che godono delle agevolazioni previste dalla tax Incentives Limitation Law, ma come detto si ritiene che le convenzioni contro le doppie imposizioni prevalgano rispetto alla normativa nazionale (…)»;

OO la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, del 22 novembre 2012 n. 294, in cui viene statuito che «le disposizioni contenute in una convenzione internazionale, in quanto destinate a disciplinare in via esclusiva i rapporti tra i soggetti appartenenti ad uno Stato estero ed i soggetti appartenenti allo Stato italiano, ovvero i rapporti tra uno stato estero e l’Italia, assumano il carattere di specialità e, quindi, assumano rilievo rispetto alle normative nazionali quali, nel caso in esame, il Tuir».

Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, tenuto conto che la Convenzione in vigore con la Svizzera non stabi-lisce una specifica deroga al principio di non discriminazione, i costi riguardanti i beni ceduti da fornitori residenti in Svizzera ad un’impresa italiana devono soggiacere alle medesime regole di deducibilità previste nei casi in cui i medesimi beni siano stati venduti da un residente italiano. In altri termini, occorre verificare, in base alle disposizioni italiane, i criteri di deducibilità dei costi che teoricamente la società italiana ricorrente applicherebbe se potesse comprare da una società residente in Italia i medesimi prodotti.In tale ipotesi è dunque evidente che non si dovrebbe in alcun modo applicare la regola limitativa dell’art. 110, D.P.R. 917/1986, trovando invece applicazione il generale criterio di inerenza, di cui all’art. 109 del medesimo Testo Unico. Nel caso oggetto della contestazione, l’inerenza per gli acquisti effettuati dalla ricorrente non può quindi essere messa in discussione, atteso che i costi sostenuti riguardano l’acquisto di prodotti ………. e quindi sono evi-dentemente, in modo diretto e specifico, correlati all’esercizio di impresa.

* * *2. Sulla concreta esecuzione e l’effettivo interesse economico delle operazioni intercorse con il fornitore …………..Sempre in via principale, si eccepisce l’illegittimità dell’accertamento operato dall’ufficio in relazione agli acquisti effettuati da ……………, tenuto conto che le operazioni poste in essere, oltre ad aver avuto concreta esecuzio-ne, rispondono anche ad un effettivo interesse economico per la ricorrente. Conseguentemente devono ritenersi soddisfatte le condizioni di deducibilità poste dall’art. 110, co. 10, D.P.R. 917/1986.

2.1. Interpretazioni fornite dall’Agenzia delle EntrateAi fini della dimostrazione della concreta esecuzione e dell’effettivo interesse economico delle operazioni intercorse tra le parti, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito quanto segue:OO «La effettività dell’operazione può essere dimostrata esibendo la documentazione doganale di importazione ed

ogni altro elemento di prova documentale imposto dalla normativa o dalla prassi di settore (ad esempio: con-tratto di fornitura ovvero ordine di acquisto; fattura del fornitore; eventuale autofattura della società residente per l’estrazione della merce dal deposito Iva; documentazione attestante il pagamento del bene acquistato)» (cfr. R.M. 6 giugno 2003, n. 127/E);

OO si «ritiene possibile, in relazione a determinati settori, individuare in astratto specifiche operazioni tipicamente afferenti l’esercizio dell’attività di impresa, per le quali si può ritenere in via generale ed astratta soddisfatto» il requisito dell’effettivo interesse economico (cfr. R.M. 6 giugno 2003, n. 127/E);

OO per la dimostrazione dell’effettivo interesse economico, il contribuente dovrà «acquisire e conservare tutti i documenti utili per poter risalire alla logica economica alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un fornitore residente in un paese a fiscalità privilegiata. È utile sottolineare come tale scelta imprenditoriale deve

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Accertamento relativo all’indeducibilità dei costi «black list»: fac-simile di ricorso

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essere sorretta da una valida giustificazione di tipo economico a beneficio della specifica attività imprenditoriale, connessa – in modo particolare – con l’entità del prezzo praticato, la qualità dei prodotti finiti e la tempistica e la puntualità della consegna» (cfr. R.M. 16 marzo 2004, n. 46/E);

OO «la scelta imprenditoriale di intrattenere rapporti commerciali con un’impresa “privilegiata” dovrà essere sor-retta da una valida giustificazione di tipo economico a beneficio della specifica attività imprenditoriale, avendo riguardo sia alla peculiarità del contesto nel quale essa è attuata sia alla praticabilità di soluzioni alternative a quella che vede come controparte dell’operazione un soggetto residente in un Paese a fiscalità privilegiata» (cfr. C.M. 26 gennaio 2009, n. 1/E);

OO l’esimente dell’effettivo interesse economico va valutato «tenendo conto di tutti gli elementi e le circostanze che caratterizzano il caso concreto, attribuendo rilevanza alle condizioni complessive dell’operazione, quali ad esempio:− il prezzo della transazione;− la presenza di costi accessori, quali, ad esempio, quelli di stoccaggio, magazzino;− le modalità di attuazione dell’operazione (ad esempio, i tempi di consegna);− la possibilità di acquisire il medesimo prodotto presso altri fornitori;− l’esistenza di vincoli organizzativi/commerciali/produttivi che inducono ad effettuare la transazione con il for-

nitore black list o, comunque, che renderebbero eccessivamente onerosa la medesima transazione con altro fornitore» (cfr., C.M. 51/E/2010, par. 9.3).

2.2. Concreta esecuzione delle operazioni nel caso di specieCon riferimento alla concreta esecuzione delle operazioni, la seguente documentazione è assolutamente idonea a dimostrare la sussistenza del requisito in parola, in quanto del tutto allineata alle precisazioni fornite in proposito dall’Agenzia delle Entrate:OO ordini di acquisto (Allegato n. ); OO documenti di trasporto (Allegato n. );OO fatture di acquisto ………….. (Allegato n. );OO copie dei bonifici di pagamento (Allegato n. ).

2.3. L’effettivo interesse economico delle operazioni poste in essere con ………..L’interesse economico che la ricorrente consegue nell’acquisto di …………… da ……………. è dimostrabile in via immediata in considerazione della circostanza che …..

* * *

Tutto quanto sopra premesso e considerato, la ricorrente, come sopra rappresentata e difesa

CHIEDE

che Codesta Onorevole Commissione condanni l’Ufficio alla rifusione delle spese di giudizio, secondo quanto pre-visto dall’art. 15, D.Lgs. 546/1992, come verranno specificate in apposita nota spese o nella misura che Codesta Onorevole Commissione riterrà di giustizia.

CHIEDE ALTRESÌ

a norma dell’art. 33, co. 1, D.Lgs. 546/1992, che la discussione della controversia di cui trattasi avvenga in pubblica udienza.

DICHIARA

ai sensi del DPR 115 del 2002, come modificato dall’art. 37, D.L. 6 luglio 2011, n. 98 che il valore del presente

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ricorso è pari ad € …………..; è quindi dovuto un contributo unificato di € ………….. (Allegato n. ….)

DICHIARA ALTRESÌ

di voler ricevere gli avvisi e le comunicazioni a mezzo fax al n. …………….. (oppure) all’indirizzo di posta elet-tronica certificata …………………

* * *

Il presente ricorso è redatto in duplice esemplare; l’originale viene notificato, ai sensi dell’art. 20, D.Lgs. 546/1992, alla Direzione provinciale di …………; la copia, che il ricorrente dichiara conforme all’originale, a mente dell’art. 22, D.Lgs. 546/1992, verrà depositata, entro il termine di trenta giorni dalla detta notifica, presso la Commissione tributaria provinciale di ……………….., con l’allegazione dei seguenti documenti:

– …………………………..;– ……………………………;– …………………………;

Con Osservanza, ……………., lì …………………

Il difensore ………………………………….

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