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Temi d’Europa GLOSSARIO ECONOMICO EUROPEO Per una visione socialista&democratica della governance a cura di Andrea Cozzolino

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Temi d’EuropaGLOSSARIO

ECONOMICO EUROPEO

Per una visione socialista&democratica

della governance

a cura di Andrea Cozzolino

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Introduzione ..................................................................................................... 4

1 - Politica economica nei trattati istitutivi e strategie europee per la crescita ................................................................................ 5

2 - Unione Economica e Monetaria .................................................................. 7

2(a) - Governance Economica .......................................................................... 8

2(b) - Sorveglianza e coordinamento politiche economiche ........................14

2(c) - Politica Monetaria ..................................................................................25

2(d) - Unione Bancaria .....................................................................................27

3 - Politica di concorrenza .............................................................................. 29

4 - Fiscalità europea........................................................................................ 30

5 - Il bilancio europeo e i bilanci nazionali ...................................................... 31

Regolamenti e Direttive ................................................................................. 33

INDICE

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IntroduzioneNei primi anni della crisi economica - nel 2008 - i temi legati alla politica econo-mica europea e alla relativa governance sembravano appartenere alla dialetti-ca tra tecnici e addetti ai lavori, che poco o nulla aveva a che fare con l’opinione pubblica. Non ci si rendeva conto, invece, che mentre le discussioni “tecniche” proseguivano, il contesto economico e sociale e la mole della normativa eu-ropea prodotta, inevitabilmente riducevano il vuoto tra i tecnici e i cittadini europei. Con il passare del tempo, parole come “patto di stabilità e crescita”, bad bank, troika, bail-in, Quantitative Easing, Eurobond si “democratizzavano” entrando prepotentemente nelle discussioni quotidiane. L’Unione Economica Europea e la sua Governance, prima così lontane, sono diventate di pubblico interesse, entrando nella sfera della politica. In quanto politiche, esse hanno perso la caratterizzazione - o se si vuole l’alone - di tecnicismo, aprendosi a interpretazioni e declinazioni che a livello europeo e nazionale divide le grandi famiglie politiche. Tuttavia, la base della discussione è la conoscenza e la com-prensione dei termini che, spesso, vengono utilizzati in maniera impropria o inesatta. Costruire un glossario - inteso come strumento aperto e aggiornabile - risponde a una duplice finalità; da un lato un repertorio di facile consultazione, per facilitare la comprensione di ciò che succede tutti i giorni, dall’altro, fornire la visione politica che, come Gruppo dei Socialisti&Democratici al Parlamen-to Europeo stiamo portando avanti. La nostra lotta alle rigidità e all’austerità acritiche, la richiesta di un vero bilancio europeo per gli investimenti e per uno sviluppo in grado di garantire crescita e posti di lavoro sostenibili e di lunga durata. In questo contesto, le istituzioni europee devono trasformarsi, com-pletando l’Unione, andando oltre la dimensione monetarista, per aprirsi ai reali interessi e bisogni dei cittadini europei.

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1 - Politica economica nei trattati istitutivi e strategie europee per la crescita

Trattato di Maastricht o Trattato dell’UE: È stato firmato nel 1992 (entra in vigore nel 1993) e pone le basi dell’Unione Economica e Monetaria, da at-tuarsi entro il 1999, mediante la creazione di una moneta unica e di una Banca centrale europea (BCE), e fissando anche i parametri economici che ogni Stato doveva raggiungere per poter adottare la moneta unica. Sulla base del trat-tato, gli Stati membri devono garantire il coordinamento delle loro politiche economiche ed istituire una sorveglianza multilaterale di tale coordinamento, e sono soggetti a norme di disciplina finanziaria e di bilancio. La politica mo-netaria mira ad istituire una moneta unica e a garantirne la stabilità grazie alla stabilità dei prezzi e al rispetto dell’economia di mercato. Inoltre, il trattato prevede l’instaurazione di una moneta unica in tre fasi successive: la prima fase, che liberalizza la circolazione dei capitali, inizia il 1º luglio 1990; la seconda fase, che incomincia il 1º gennaio 1994, permette la convergenza delle politiche economiche degli Stati membri; la terza fase deve iniziare entro il 1º gennaio 1999 con la creazione di una moneta unica e la costituzione di una Banca cen-trale europea (BCE). La politica monetaria poggia sul Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), costituito dalla BCE e dalle banche centrali nazionali. Tali istituzioni sono indipendenti dalle autorità politiche nazionali e comunita-rie. Esistono disposizioni particolari per due Stati membri. Il Regno Unito non si è impegnato a passare alla terza fase dell’UEM. La Danimarca ha ottenuto un protocollo che subordina il suo impegno nei confronti della terza fase all’esito di un referendum specifico.

Trattato di Lisbona (trattato sull’UE (TUE) e trattato sul funzionamen-to dell’UE (TFUE): È stato firmato nel 2007 (entra in vigore nel 2009) e disci-plina la politica economica e monetaria al Titolo VIII del TFUE agli articoli 119 e seguenti. Il trattato di Lisbona rafforza il ruolo della Commissione nella politica economica dell’UE conferendole un maggior potere di sorveglianza per assi-curare il rispetto delle prescrizioni europee da parte degli Stati membri. Inol-tre migliora la governance economica dell’UE e rafforza la politica monetaria dell’UE. La politica economica dell’UE prevede la convergenza delle politiche economiche degli Stati membri verso alcuni obiettivi comuni e comporta an-che la definizione di una politica monetaria comune a tutti gli Stati membri, con l’obiettivo principale di mantenere i prezzi stabili. Inoltre, gli Stati membri che fanno parte della zona euro, cioè quelli che hanno adottato l’euro come moneta unica, portano avanti parallelamente una politica monetaria più ap-profondita e specifica per l’euro. La politica economica dell’UE si fonda su due tipi di impegni presi dagli Stati membri: 1) gli orientamenti di massima per le

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politiche economiche, che prendono la forma di raccomandazioni adottate dal Consiglio e hanno lo scopo di armonizzare le politiche economiche degli Stati membri per raggiungere obiettivi comuni; 2) il Patto di Stabilità e Crescita, il cui obiettivo è controllare i deficit pubblici degli Stati membri. Questi ultimi de-vono rispettare anche i valori massimi previsti per il debito pubblico e il deficit delle amministrazioni pubbliche. Il rispetto degli orientamenti di massima per le politiche economiche e delle soglie dei disavanzi pubblici sono sottoposti alla sorveglianza effettuata dalla Commissione e dal Consiglio. Il trattato di Li-sbona rafforza ulteriormente il ruolo della Commissione nell’esercizio di tale sorveglianza ed essa, ora, può rivolgere direttamente degli avvertimenti agli Stati membri, se ritiene che essi non abbiano rispettato gli impegni presi. In passato, la Commissione poteva solamente presentare una richiesta di questo tipo al Consiglio.

Strategia Europa 2020: È la strategia decennale per la crescita e l’occupazio-ne che l’UE ha varato nel 2010. Include cinque obiettivi quantitativi da realizza-re entro la fine del 2020 che riguardano l’occupazione, la ricerca e sviluppo, il clima e l’energia, l’istruzione, l’integrazione sociale e la riduzione della povertà. Un’economia competitiva è un’economia che presenta una crescita elevata e sostenuta della produttività, e rappresenta una delle priorità politiche fonda-mentali dell’UE. La competitività è indispensabile se l’UE vuole raggiungere gli obiettivi di «un’economia intelligente, sostenibile e inclusiva, caratterizzata da alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale» come previsto dalla strategia Europa 2020. Per essere competitiva, l’UE deve essere più redditizia in termini di ricerca e di innovazione, di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, di imprenditorialità, di concorrenza, di istruzione e di forma-zione. La Strategia delinea anche 7 iniziative prioritarie che tracciano un quadro entro il quale l’UE e i governi nazionali sostengono reciprocamente i loro sforzi per realizzare le priorità di Europa 2020, quali l’innovazione, l’economia digita-le, l’occupazione, i giovani, la politica industriale, la povertà e l’uso efficiente delle risorse. La Strategia viene attuata e controllata nell’ambito del semestre europeo, il ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche e di bi-lancio dei paesi dell’UE.

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2 - Unione Economica e MonetariaUnione Economica e Monetaria (UEM): La decisione di dar vita ad un’UEM è stata presa dal Consiglio europeo svoltosi nella città olandese di Maastricht nel dicembre 1991, e successivamente sancita dal trattato sull’UE (trattato di Maastricht). L’UEM designa un processo volto ad armonizzare le politiche eco-nomiche e monetarie dei paesi dell’UE e costituisce una opportunità per una maggiore stabilità economica, maggiore crescita e maggiore occupazione a diretto beneficio dei cittadini dell’UE. In termini pratici, l’UEM è sinonimo di: coordinamento delle politiche economiche tra gli Stati membri; coordinamen-to delle politiche di bilancio, in particolare attraverso la limitazione del debito e del disavanzo pubblico; una politica monetaria autonoma gestita dalla Banca centrale europea (BCE); la moneta unica e l’area dell’euro. L’UEM è stata rea-lizzata in 3 fasi:• 1990-1993: libera circolazione dei capitali tra i paesi dell’UE, rafforzamento

del coordinamento delle politiche economiche ed intensificazione della coo-perazione tra banche centrali;

• 1994-1998: convergenza delle politiche economiche e monetarie dei paesi dell’UE (al fine di garantire la stabilità dei prezzi e finanze pubbliche sane) e creazione dell’Istituto monetario europeo (IME) e successivamente, nel 1998, della Banca centrale europea (BCE);

• dal 1999 in poi: conduzione di una politica monetaria unica sotto la responsa-bilità’ della BCE. Furono fissati i tassi di cambio e introdotta la moneta unica sui mercati dei cambi e per i pagamenti elettronici. Introduzione delle banco-note e delle monete in euro.

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2(a) - Governance EconomicaGovernance economica: Sistema di istituzioni e procedure posto in essere al fine di conseguire gli obiettivi dell’UE in ambito economico, ossia il coordina-mento delle politiche economiche volto a promuovere il progresso economico e sociale dell’UE a vantaggio dei suoi cittadini.

La crisi finanziaria, economica e di bilancio iniziata nel 2008 ha evidenziato la necessità, per l’UE, di disporre di un modello di governance economica più ef-ficace del coordinamento economico e di bilancio o delle risposte puntuali cui si era fatto ricorso sino a quel momento. I recenti sviluppi in materia di governance economica comprendono la revisione delle disposizioni vigenti e l’adozione di nuove disposizioni, che rafforzano il coordinamento e la sorveglianza delle poli-tiche di bilancio e delle politiche macroeconomiche nel quadro del Patto di Stabi-lità e Crescita, nonché l’istituzione di un quadro solido per la gestione delle crisi finanziarie. Il quadro della governance economica dell’UE è imperniato sul seme-stre europeo e sul relativo sistema di coordinamento delle politiche economiche. Ciò mira a garantire norme più chiare, un miglior coordinamento delle politiche nazionali durante l’anno, controlli regolari e l’applicazione di sanzioni qualora i paesi non riescano a rispettare le norme. Per quanto riguarda gli attori principali nella governance europea: Il Consiglio europeo fissa priorità politiche coordinate e fornisce orientamenti al massimo livello. Il Consiglio adotta raccomandazioni e decisioni sulla base di proposte della Commissione, la quale ha il compito di preparare raccomandazioni e decisioni, nonché di valutarne l’attuazione. Gli Stati membri sono responsabili dell’elaborazione delle relazioni nazionali, si scambia-no informazioni e danno attuazione alle raccomandazioni e decisioni adottate dal Consiglio. L’Eurogruppo (che comprende i ministri delle Finanze degli Sta-ti membri che hanno adottato l’euro) discute di questioni relative all’Unione economica e monetaria (UEM), solitamente prima delle riunioni del Consiglio ECOFIN, e gestisce il MES. La BCE partecipa alle deliberazioni dell’Eurogruppo ove si tratti di tematiche relative alla politica monetaria o alla politica dei cambi. Il comitato economico e finanziario (CEF) formula pareri e prepara i lavori del Consiglio, così come fanno il comitato di politica economica (CPE) e il gruppo di lavoro dell’Eurogruppo, che contribuiscono anche ai lavori della Commissione.

Banca Centrale Europea (BCE): gestisce l’euro e definisce e attua la politi-ca economica e monetaria dell’UE, con sede a Francoforte sul Meno. Insieme alle banche centrali nazionali della zona euro forma il sistema europeo delle banche centrali, che guida la politica monetaria nella zona euro. Il suo obiet-tivo primario è il mantenimento della stabilità dei prezzi, ossia salvaguardare il valore dell’euro. Inoltre, insieme alle autorità di vigilanza nazionali, la BCE svolge funzioni di vigilanza bancaria nella zona euro e negli altri paesi parteci-panti al meccanismo di vigilanza unico (MVU). La BCE gestisce l’euro e definisce

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e attua la politica economica e monetaria dell’UE. Il suo compito principale è mantenere la stabilità dei prezzi, favorendo in tal modo la crescita e l’occupa-zione. In particolare, la BCE fissa i tassi di interesse ai quali concede prestiti alle banche commerciali dell’eurozona, controllando pertanto l’offerta di moneta e l’inflazione; Gestisce le riserve di valuta estera dell’eurozona e l’acquisto o la vendita di valute per mantenere in equilibrio i tassi di cambio; si accerta che le istituzioni e i mercati finanziari siano adeguatamente controllati dalle autorità nazionali, e che i sistemi di pagamento funzionino correttamente; garantisce la sicurezza e la solidita’ del sistema bancario europeo; autorizza l’emissione di euro in banconote da parte dei paesi dell’eurozona; monitora le tendenze dei prezzi e valuta i rischi che ne derivano per la stabilità dei prezzi. La BCE può emanare decisioni e formulare raccomandazioni e pareri non vincolanti. Deve inoltre essere consultata dalle altre istituzioni dell’UE per progetti di modifica dei trattati che riguardino il settore monetario, oltre che per ogni atto dell’U-nione riguardante materie di sua competenza. Composizione: Il Presidente della BCE rappresenta la banca nelle riunioni ad alto livello dell’UE e internazio-nali. Gli organi decisionali della BCE sono tre: Il Consiglio Direttivo, il principale organo decisionale che comprende il Comitato esecutivo e i governatori delle banche centrali nazionali dei paesi dell’eurozona; il Comitato Esecutivo, gesti-sce gli affari correnti della BCE e comprende il Presidente e il Vicepresidente della BCE e altri quattro membri nominati per un periodo di otto anni dai leader dei paesi dell’eurozona; il Consiglio Generale, che svolge funzioni consultive e di coordinamento. Comprende il Presidente e il Vicepresidente della BCE e i governatori delle banche centrali nazionali di tutti i paesi dell’UE.

Comitato unico di risoluzione (Single Resolution Board - SRB): È un’a-genzia indipendente dell’UE dal 1 ° gennaio 2015 ed è il principale organo deci-sionale del meccanismo di risoluzione unico. È stato istituito dal Regolamento (UE) n 806/2014 sul meccanismo di risoluzione unico ed è l’autorità di risoluzio-ne delle banche degli Stati membri della zona euro e a quelle dei paesi dell’UE che scelgono di aderire all’unione bancaria. Ha la funzione principale di garanti-re una risoluzione ordinata delle banche in dissesto, con costi minimi per i con-tribuenti e per l’economia reale. Nel contesto del Meccanismo di Risoluzione Unico, opera in stretta collaborazione con le autorità nazionali di risoluzione. In particolare, il Comitato: 1) decide in merito ai programmi di risoluzione per le banche in dissesto (che includono l’applicazione di strumenti di risoluzione e l’utilizzo del Fondo di risoluzione unico); 2) è direttamente responsabile delle fasi di pianificazione e risoluzione delle banche transfrontaliere e delle grandi banche dell’unione bancaria, soggette alla vigilanza diretta della Banca centra-le europea; 3) è responsabile di tutti i casi di risoluzione, indipendentemente dalle dimensioni della banca, qualora per la risoluzione si debba ricorrere al Fondo di risoluzione unico; 4) ha la responsabilità ultima di tutte le banche

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dell’unione bancaria e può quindi decidere in qualsiasi momento di esercitare i suoi poteri nei confronti di qualunque banca.

Sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria (SEVIF): È il sistema decentrato plurilivello di autorità microprudenziali e macroprudenziali con lo scopo di as-sicurare una vigilanza finanziaria coerente e uniforme all’interno dell’UE. È co-stituito da tre autorità di vigilanza: l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), l’Autorità bancaria europea (ABE) e l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA). Al fine di garantire una certa uniformità tra i vari livelli, sono stati creati diversi organi e strumenti di coordinamento. Inoltre, viene garantito il coordinamento degli istituti a livello internazionale. La vigilanza macroprudenziale viene effettuata dal Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS). Il suo obiettivo è preveni-re e attenuare il rischio sistemico per la stabilità finanziaria nell’UE alla luce de-gli sviluppi macroeconomici. I regolamenti istitutivi conferiscono al CERS vari compiti e strumenti, fra cui la raccolta e l’analisi delle pertinenti informazioni; l’identificazione e la definizione delle priorità relativamente ai rischi; l’emissio-ne di segnalazioni e raccomandazioni e il monitoraggio del relativo follow-up; l’emissione di una segnalazione riservata e l’invio di un’analisi valutativa al Con-siglio quando il CERS constata il rischio di una situazione di emergenza; la co-operazione con le altre componenti del SEVIF; il coordinamento della propria azione con quella delle organizzazioni finanziarie internazionali come il Fondo monetario internazionale e il Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB); l’assol-vimento di compiti previsti da altre normative dell’UE. La BCE cura i servizi di segreteria del CERS e il presidente della BCE è anche il presidente del CERS.

Autorità Bancaria Europea (ABE): È un’autorità indipendente dell’UE con sede a Londra, che opera per assicurare un livello di regolamentazione e di vigi-lanza prudenziale efficace e uniforme nel settore bancario europeo. Gli obiet-tivi generali dell’Autorità sono assicurare la stabilità finanziaria nell’UE e ga-rantire l’integrità, l’efficienza e il regolare funzionamento del settore bancario. L’ABE fa parte del Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF). Pur essendo indipendente, l’ABE è responsabile dinanzi al Parlamento europeo, al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea. Mentre le autorità di vigi-lanza nazionali conservano la responsabilità della vigilanza dei singoli istituti finanziari, il ruolo dell’ABE consiste nel migliorare il funzionamento del mer-cato interno assicurando una vigilanza e una regolamentazione appropriate, efficienti e armonizzate in Europa. Il compito principale dell’ABE è contribuire, attraverso l’adozione di norme tecniche vincolanti e orientamenti, alla creazio-ne del corpus unico di norme nel settore bancario. Il corpus è inteso a fornire un’unica serie di norme prudenziali armonizzate per gli istituti finanziari in tut-ta l’UE, che consentano di assicurare condizioni di parità e una tutela elevata

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dei depositanti, degli investitori e dei consumatori. L’Autorità svolge un ruolo fondamentale anche nel promuovere la convergenza delle pratiche di vigilanza per garantire un’applicazione armonizzata delle norme prudenziali. L’ABE ha altresì l’incarico di valutare il rischio e le vulnerabilità presenti nel settore ban-cario dell’UE, in particolare attraverso relazioni periodiche di valutazione dei rischi e prove di stress su scala paneuropea.

Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (European Securities and Markets Authority- ESMA): È un organismo dell’UE con sede a Parigi che, dal 1º gennaio 2011, ha il compito di sorvegliare il mercato finanziario europeo. A essa partecipano tutte le autorità di vigilanza bancaria dell’Unione europea. È stata istituita dal Regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010. L’Autorità contribu-isce a salvaguardare la stabilità del sistema finanziario dell’Unione europea, ga-rantendo l’integrità, la trasparenza, l’efficienza e il regolare funzionamento dei mercati mobiliari, nonché di migliorare la tutela degli investitori. L’ESMA elabora norme tecniche di regolamentazione basate sulla legislazione finanziaria dell’UE. Ha inoltre il potere di emettere orientamenti e raccomandazioni in merito all’ap-plicazione della legislazione europea, promuove la trasparenza, la semplicità e l’equità nei mercati per proteggere i consumatori di prodotti finanziari. Tra i suoi compiti, monitora le attività finanziarie e analizza le tendenze dei consumatori. In determinate condizioni rigorose, può temporaneamente vietare o limitare le attività finanziarie che provocano una minaccia per la stabilità dei mercati. Infine, rafforza la cooperazione internazionale nel settore della vigilanza.

Autorità Europea delle Assicurazioni e delle Pensioni Aziendali e Pro-fessionali (EIOPA): È un organismo dell’UE con sede a Francoforte sul Meno, istituita nel 2010 con Regolamento (UE) n. 1094/2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio per prevenire il rischio di destabilizzazione del settore assicurati-vo. Sostiene il coordinamento fra autorità nazionali e garantisce l’applicazione coerente delle norme europee per il settore delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali nei paesi dell’UE. L’EIOPA stabilisce i criteri normativi e tecnici che accompagnano le norme adottate dal Consiglio e dal Parlamento Europeo per le compagnie di assicurazione, i conglomerati finanziari (grosse società finanziarie attive in vari settori finanziari) e gli intermediari di assicura-zioni e pensioni aziendali e professionali (aziende che offrono pensioni e poliz-ze assicurative). Ha anche il potere di emettere orientamenti e raccomanda-zioni in merito all’applicazione della normativa europea. L’EIOPA ha, inoltre, il compito di garantire la stabilità dei mercati assicurativi e la tutela dei titolari di polizze assicurative, degli aderenti e dei beneficiari di schemi pensionistici. Per esempio, controlla le tendenze dei consumatori e valuta i potenziali rischi e le debolezze dei mercati. In determinate e limitate condizioni può temporanea-

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mente proibire o limitare le attività finanziarie che costituiscono una minaccia alla stabilità del sistema finanziario.

Comitato Europeo per il Rischio Sistemico (CERS): È una agenzia dell’UE, con sede a Francoforte, responsabile per la vigilanza macro-prudenziale del si-stema finanziato dell’UE. Il Comitato è un organismo indipendente dell’UE con il compito di sorvegliare la stabilità macro-prudenziale del sistema finanziario dell’UE. Contribuisce a prevenire e mitigare i rischi sistemici alla stabilità finan-ziaria dell’UE che originano all’interno dello stesso sistema europeo. Il Comi-tato ha anche il compito di contribuire al corretto e regolare funzionamento del mercato interno e garantire che il sistema finanziario contribuisca in modo sostenibile alla crescita economica dell’Unione. Gli organi del Comitato sono: il Consiglio generale; lo Steering Committee; il Segretariato (curato dalla BCE); il Comitato scientifico consultivo; il Comitato tecnico consultivo.

In particolare, il CERS: identifica e classifica i rischi sistemici in base ad un ordi-ne di priorità; emette segnalazioni qualora i rischi sistemici siano considerati significativi e, ove opportuno, li rende pubblici; emette raccomandazioni per l’adozione di azioni correttive in risposta ai rischi identificati; quando ritiene che possa verificarsi una situazione d’emergenza, emette una segnalazione confidenziale destinata al Consiglio; sorveglia che sia dato il dovuto seguito a segnalazioni e raccomandazioni; collabora strettamente con le organizzazioni finanziarie internazionali come il Fondo monetario internazionale e il Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB).

Commissione Europea, Direzione Generale per gli Affari Economici e Finanziari (ECFIN): Ha la responsabilità di incoraggiare lo sviluppo dell’Unio-ne Economica e Monetaria sia all’interno che all’esterno dell’UE, promuovendo il coordinamento delle politiche economiche, attuando la vigilanza in materia economica e fornendo valutazione delle politiche e consulenza. Inoltre cerca di migliorare il benessere economico dei cittadini dell’UE - attraverso politiche volte a promuovere una crescita economica sostenibile, un elevato livello di occupazione, le finanze pubbliche stabili e la stabilità finanziaria. La priorità at-tuale è quella di garantire che l’economia europea emerga in modo rapido e fortemente dalla crisi economica e finanziaria.

Consiglio dell’Unione Europea, formazione Economia e Finanza (ECO-FIN): La formazione “Economia e finanza” del Consiglio è responsabile della politica dell’UE in tre settori principali: politica economica, fiscalità e regola-mentazione dei servizi finanziari. È composto dai ministri dell’economia e delle finanze di tutti gli Stati membri. Partecipano alle sue sessioni anche i commissa-ri europei competenti. Sono inoltre organizzate sessioni specifiche dell’ECOFIN per la preparazione del bilancio annuale dell’UE, cui partecipano i ministri del bilancio nazionali e il commissario europeo per la programmazione finanzia-

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ria e il bilancio. L’ECOFIN si riunisce generalmente una volta al mese. Prepara inoltre il bilancio annuale dell’UE e si occupa degli aspetti giuridici e pratici del-la moneta unica, l’euro. Il Consiglio ECOFIN coordina le politiche economiche degli Stati membri, promuove la convergenza dei loro risultati economici e ne monitora le politiche di bilancio.

Coordina inoltre le posizioni dell’UE alle riunioni di livello internazionale, come quelle del G-20, del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. Infine, è responsabile degli aspetti finanziari dei negoziati internazionali sulle misure per affrontare i cambiamenti climatici.

L’Eurogruppo: È un organo informale in cui i ministri degli Stati membri della zona euro discutono di questioni relative alle responsabilità condivise riguardo all’euro. Il suo compito principale è garantire uno stretto coordinamento delle politiche economiche tra gli Stati membri della zona euro. Favorisce inoltre le con-dizioni per una maggiore crescita economica. È anche responsabile della prepara-zione delle riunioni del Vertice euro e del relativo seguito. L’Eurogruppo si riunisce abitualmente una volta al mese alla vigilia della sessione del Consiglio “Economia e Finanza”. Il Commissario per gli affari economici e finanziari, la fiscalità e le doga-ne e il Presidente della BCE partecipano alle riunioni dell’Eurogruppo.

Troika: È un organismo di controllo informale (non è quindi un’istituzione eu-ropea), nata a partire dal 2008 per far fronte all’emergere della crisi economica europea. È composta da tre istituzioni, una internazionale e due europee: Fon-do Monetario Internazionale (FMI), Banca Centrale Europea (BCE) e Commis-sione Europea (CE) i cui rappresentati sono i loro Presidenti. Si occupa dei piani di salvataggio dei paesi all’interno della zona euro colpiti dalla crisi fornendo assistenza finanziaria in cambio dell’istituzione di politiche di austerità. Quando infatti ebbe inizio la crisi economica che successivamente ha colpito diversi Sta-ti dell’UE, vennero stanziati una serie di fondi di salvataggio attraverso i quali l’Unione europea ha prestato dei soldi agli Stati in difficoltà in cambio di succes-sive politiche di stabilizzazione del debito degli Stati in questione. Diventa quin-di una sorta di do ut des: tu Stato che usufruisci di questi soldi devi però darmi in cambio delle certezze di cambiamento, dimostrando di sistemare i tuoi conti attraverso politiche di adeguamento. Le istituzioni della troika monitorano e suggeriscono agli Stati cosa fare e cosa non fare per sistemare i propri conti.

Banca Europea degli Investimenti (BEI): È l’istituzione finanziaria dell’UE creata nel 1957, con il Trattato di Roma, per il finanziamento degli investimenti atti a sostenere gli obiettivi politici dell’UE. Tali obiettivi sono: 1) lo sviluppo regio-nale; 2) le reti trans-europee di trasporto; 3) lo sviluppo delle telecomunicazioni e del settore dell’energia; 4) la ricerca lo sviluppo e l’innovazione; 5) lo sviluppo e la protezione dell’ambiente; 6) la salute e l’istruzione. Sono membri della BEI, avendone tutti i sottoscritto il capitale sociale, gli Stati membri dell’UE.

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2(b) - Sorveglianza e coordinamento politiche economichePatto di Stabilità e Crescita (PSC): È un insieme di regole che governano il coordinamento delle politiche fiscali dei paesi dell’UE, con l’obiettivo di salva-guardare una finanza pubblica solida. Formalmente, il PSC è costituito da una risoluzione del Consiglio europeo (adottata nel 1997) e da due regolamenti del Consiglio del 7 luglio 1997 che ne precisano gli aspetti tecnici (controllo della situazione di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche; appli-cazione della procedura d’intervento in caso di deficit eccessivi). In esito a va-rie discussioni sull’applicazione del PSC, i regolamenti sono stati modificati nel giugno del 2005. Il patto ha due “braccia”. Il braccio preventivo assicura che la politica fiscale dei paesi dell’UE sia condotta in modo sostenibile. Il braccio correttivo stabilisce quali azioni devono intraprendere i paesi nel caso in cui il loro debito pubblico o disavanzo di bilancio venga considerato eccessivo. Le regole di governance economica dell’UE sono state ulteriormente rafforzate per mezzo di otto regolamenti comunitari e un trattato internazionale:

• Il «six pack» che ha introdotto un sistema per monitorare le politiche eco-nomiche in maniera più estesa, in modo da rilevare problemi come le bolle immobiliari o la perdita della competitività a uno stadio precoce;

• Il «two pack» un nuovo ciclo di monitoraggio per l’area dell’euro, che preve-de la presentazione di documenti programmatici di bilancio alla Commissio-ne europea ogni autunno da parte dei paesi dell’area euro, tranne quelli con i programmi di aggiustamento macroeconomico;

• «Fiscal Compact» Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla gover-nance.

Questo insieme di misure è ormai parte integrante del semestre europeo, il meccanismo di coordinamento delle politiche economiche dell’Unione euro-pea. Nel gennaio 2015, a seguito di un riesame, la Commissione europea ha pubblicato una Comunicazione su come devono essere applicate le regole del PSC esistenti per rafforzare il legame tra riforme strutturali, investimenti (in particolare in vista del recente Fondo europeo per gli investimenti strategici) e responsabilità fiscale a sostegno della crescita e dell’occupazione.

Braccio preventivo del PSC: Le norme del “braccio preventivo” del PSC vin-colano i governi al rispetto degli impegni presi per arrivare a politiche di bilan-cio solide e al coordinamento fissando per ognuno di essi un obiettivo, noto come obiettivo di bilancio a medio termine (OMT). Questi obiettivi relativi ai di-savanzi (o agli avanzi) di bilancio sono definiti in termini strutturali, ossia pren-dono in considerazione le oscillazioni del ciclo economico e scremano gli effetti

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dovuti a misure una tantum e ad altre misure temporanee. Gli Stati membri che adottano l’euro come moneta descrivono il modo in cui intendono raggiungere i rispettivi OMT nei “programmi di stabilità”, e gli altri Stati membri nei “pro-grammi di convergenza”. Questi vengono valutati dalla Commissione europea e dai governi dei paesi dell’UE durante il semestre europeo.

Braccio Correttivo del PSC: Nell’ambito del “braccio correttivo” del PSC, la procedura per i disavanzi eccessivi garantisce la correzione degli squilibri a livello di bilancio o di debito pubblico. Si tratta di un approccio graduale per il contenimento dei disavanzi e la riduzione dei debiti eccessivi. Il trattato UE definisce eccessivo un disavanzo di bilancio superiore al 3% del PIL. Il debito pubblico è considerato eccessivo (ai sensi del trattato) se supera il 60% del PIL senza ridursi a un tasso adeguato (definito come una diminuzione dell’eccesso di debito del 5% all’anno in media nell’arco di tre anni).

Procedura per i Disavanzi Eccessivi (PDE): È regolata dall’articolo 126 del trattato sul funzionamento dell’UE. Essa sostiene il braccio correttivo del PSC dell’UE. I paesi dell’UE devono dimostrare una solida finanza pubblica e soddi-sfare due criteri:• il loro disavanzo di bilancio non deve superare il 3% del prodotto interno lor-

do (PIL);• il debito pubblico (debito del governo e degli enti pubblici) non deve supe-

rare il 60% del PIL.

Nel mese di aprile ogni anno, i paesi della zona euro presentano i loro program-mi di stabilità alla Commissione e al Consiglio, mentre i paesi terzi presentano alle stesse istituzioni programmi di convergenza.

Un programma di stabilità o di convergenza deve includere gli obiettivi di bilan-cio a medio termine (OMT) del paese, e indicazioni su come questo verrà rag-giunto. Deve contenere inoltre un’analisi degli effetti dei possibili cambiamenti rispetto ai principali assunti economici della posizione fiscale del paese. I pro-grammi vengono esaminati dalla Commissione. Se i criteri non sono soddisfatti, il Consiglio avvia una PDE in base alle raccomandazioni della Commissione. La PDE richiede al paese in questione di fornire un piano di azione correttivo e po-litiche corrispondenti, nonché le scadenze per l’implementazione delle stesse. I paesi della zona euro che non danno seguito alle raccomandazioni potranno essere multati.

Flessibilità nel PSC: Il 13 gennaio 2015, la Commissione europea ha adottato una comunicazione interpretativa del PSC dal titolo «Sfruttare al meglio la fles-sibilità consentita dalle norme vigenti del patto di stabilità e crescita» al fine di fornire orientamenti sul miglior modo di utilizzare la flessibilità esistente nelle regole del Patto al fine di contribuire a sviluppare una posizione di bilancio più

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propizia alla crescita nella zona euro. La comunicazione chiarisce come tre spe-cifiche dimensioni politiche sono prese in considerazione nell’applicazione del-le regole del Patto: 1) gli investimenti; 2) le riforme strutturali; 3) le condizioni congiunturali del ciclo.

Clausola investimenti: Si applica soltanto al braccio preventivo del PSC (arti-colo 5 del regolamento 1466/97) e non esistono nel braccio correttivo del patto (regolamento 1467/97). La comunicazione sulla flessibilità di gennaio 2015 spe-cifica che i contributi nazionali al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) saranno considerati un fattore significativo al momento di valutare se sia opportuno avviare una procedura per i disavanzi eccessivi. In quanto misure una tantum, inoltre, i contributi nazionali non saranno tenuti in considerazio-ne ai fini della definizione dell’aggiustamento di bilancio necessario. Pertanto, anche se l’applicazione dell’articolo 5 del regolamento 1466/97 non può essere estesa al braccio correttivo, la Commissione utilizza la flessibilità consentita dalle norme vigenti del PSC per sostenere gli investimenti e l’attuazione delle riforme strutturali. Nel braccio preventivo del Patto gli Stati membri possono deviare temporaneamente dal loro obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di aggiustamento concordato, al fine di compiere investimenti, alle seguenti condizioni:

1.la crescita del PIL è negativa o il PIL resta ben al di sotto del suo potenziale (con un conseguente divario tra prodotto effettivo e potenziale superiore a meno 1,5% del PIL);

2.la deviazione non implica il superamento del valore di riferimento del 3% fissa-to per il disavanzo ed è preservato un margine di sicurezza adeguato;

3.i livelli degli investimenti sono effettivamente aumentati;

4.gli investimenti ammissibili sono spese nazionali per progetti cofinanziati dall’UE nel quadro della politica strutturale e di coesione (compresi i progetti cofinanziati nell’ambito dell’Iniziativa a favore dell’occupazione giovanile), le reti transeuropee e il meccanismo per collegare l’Europa, o per progetti cofi-nanziati dal FEIS;

5.la deviazione deve essere corretta entro l’orizzonte temporale del program-ma di stabilità o di convergenza dello Stato membro (piani di bilancio a medio termine degli Stati membri).

Clausola riforme strutturali: Si applica soltanto al braccio preventivo del patto di stabilità e crescita (articolo 5 del regolamento 1466/97) e non esistono nel braccio correttivo del patto (regolamento 1467/97).

Sulla base della Comunicazione sulla flessibilità di gennaio 2015, la Commissio-ne prenderà in considerazione l’impatto positivo delle riforme strutturali sul

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bilancio, seppure in gradi diversi, sia per gli Stati membri che rispettano i valori di riferimento del 3% del PIL per il disavanzo e del 60% del PIL per il debito previ-sti dal trattato (braccio preventivo del Patto), sia per gli Stati membri che non li rispettano (braccio correttivo del Patto, in altri termini i paesi soggetti alla procedura per i disavanzi eccessivi). Per gli Stati membri nel braccio preventivo del patto, la Commissione terrà conto dell’impatto delle riforme (la cosiddetta “clausola sulle riforme strutturali”), a condizione che esse i) siano di grande portata, ii) abbiano effetti positivi verificabili sul bilancio a lungo termine, com-preso il rafforzamento del potenziale di crescita sostenibile, e iii) siano attuate. Le riforme strutturali possono essere altresì riconosciute “ex ante” se gli Stati membri hanno presentato un apposito piano di riforma con misure ben defini-te e scadenze credibili per la loro adozione ed attuazione.

La Commissione valuterà le riforme prima di raccomandare al Consiglio di auto-rizzare eventuali deviazioni temporanee dall’obiettivo di bilancio a medio ter-mine o dal percorso di aggiustamento verso di esso. Tali deviazioni non dovran-no superare lo 0,5% del PIL. Occorre altresì preservare un margine di sicurezza appropriato in modo che sia rispettato il valore di riferimento del 3% del PIL per il disavanzo. L’obiettivo a medio termine dovrà essere raggiunto entro quattro anni dall’attivazione della clausola.

In caso di apertura di una procedura per i disavanzi eccessivi, la Commissione può raccomandare un prolungamento del termine per la correzione del disa-vanzo eccessivo purché esista un apposito piano di riforme strutturali come sopra descritto. Per i paesi soggetti alla procedura per i disavanzi eccessivi che hanno compiuto lo sforzo di bilancio richiesto ma hanno bisogno di più tempo per raggiungere il valore di riferimento del 3%, la Commissione può anche rac-comandare una proroga più lunga del termine per la correzione purché esista il piano di riforme strutturali sopra descritto.

Clausola del ciclo economico: Per meglio tener conto delle fluttuazioni del ciclo economico, la Commissione utilizzerà sin d’ora una matrice che spe-cifica l’appropriato aggiustamento di bilancio da richiedere ai paesi nell’ambi-to del braccio preventivo del Patto. Ne consegue che gli Stati membri saran-no tenuti a compiere un maggiore sforzo di bilancio in periodi di congiuntura più favorevole e un minore sforzo in quelli di congiuntura più sfavorevole. Per i paesi cui si applica la parte correttiva e che pertanto sono soggetti alla procedura per i disavanzi eccessivi, la Commissione ha sviluppato un nuovo approccio per valutare la realizzazione dello sforzo di bilancio strutturale ri-chiesto, che il Consiglio ECOFIN ha approvato nel giugno 2014, grazie al quale è più facile distinguere, per quanto possibile, gli sviluppi di bilancio soggetti al controllo del governo da quelli collegati a un imprevisto calo dell’attività economica.

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Il messaggio importante della Commissione sta nel concetto di modulazione dello sforzo di aggiustamento dei conti pubblici. In altre parole, le correzioni fiscali che saranno richieste a ciascun paese saranno “modulate” in base alle condizioni cicliche dell’economia. Migliori sono le condizioni dell’economia e maggiore è lo sforzo richiesto e viceversa. Con trasparenza, la Commissione ha allegato alla comunicazione una tavola che contiene i valori numerici della modulazione.

Fiscal Compact: Il Patto di bilancio europeo, formalmente “Trattato sulla sta-bilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria”, è un accordo approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 28 Stati membri dell’UE. Il patto contiene una serie di regole, chiamate “regole d’oro”, che sono vincolanti nell’UE per il principio dell’equilibrio di bilancio. Il Fiscal Compact incorpora ed integra in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche eco-nomiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea. Tra i punti principali del trattato si segnalano: l’impegno delle parti contraenti ad applicare e a introdur-re, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme costituzionali o di rango equivalente, la “regola aurea” per cui il bilancio dello Stato deve essere in pareggio o in attivo.

Il 17 aprile 2012 è stata approvata la legge costituzionale n.1/12 volta a introdur-re nella Costituzione Italiana, nel rispetto dei vincoli sul pareggio di bilancio derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea. La legge modifica gli artt. 81, 97, 117 e 119 della Costituzione, incidendo sulla disciplina di bilancio dell’intero aggregato delle pubbliche amministrazioni, compresi pertanto gli enti territo-riali (regioni, province, comuni e città metropolitane).Il Trattato è entrato in vigore il 1° gennaio 2013, poiché – come previsto dall’art. 14 del medesimo Trat-tato – è stato ratificato da dodici Paesi dell’Eurozona (Austria, Cipro, Germania, Estonia, Spagna, Francia, Grecia, Italia, Irlanda, Finlandia, Portogallo, Slovenia; il 17 gennaio si è aggiunta anche la Slovacchia); il Trattato è stato altresì già ratificato da quattro Paesi non aderenti alla zona euro (Lettonia, Lituania, Ro-mania e Danimarca). L’Italia lo ha ratificato con la legge n. 114 del 23 luglio 2012.

Golden rule o “Regola aurea”: regola di bilancio secondo la quale gli inve-stimenti pubblici possono essere scorporati dal computo del deficit ai fini del rispetto del PSC fra gli stati membri dell’UE. La regola aurea è una linea guida per il funzionamento della politica di bilancio. Essa prevede che nel corso del ciclo economico, il governo prenderà in prestito solo per investire e non per finanziare la spesa corrente. In parole povere questo significa che, in media, nel corso degli alti e bassi di un ciclo economico il governo dovrebbe prendere in prestito solo per gli investimenti a vantaggio delle generazioni future.

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La giustificazione per la regola d’oro deriva dalla teoria macroeconomica. A parità di condizioni, un aumento del debito pubblico aumenta il tasso di inte-resse reale di conseguenza spiazzamento (riduzione) di investimento, perché è richiesto un più alto tasso di rendimento per gli investimenti per essere red-ditizia. A meno che il governo utilizza i fondi presi a prestito per investire in progetti con un tasso simile di ritorno agli investimenti privati.

Two Pack: Rafforza il coordinamento economico tra gli Stati membri e intro-duce nuovi strumenti di monitoraggio. Ulteriori dettagli sull’attuazione delle disposizioni del “Two pack” sono stabilite nel ‘Codice di condotta’ (ultima revi-sione nel mese di novembre 2014). È entrato in vigore il 30 maggio 2013 in tutti gli Stati membri della zona euro. Le misure aumentano la trasparenza delle de-cisioni di bilancio, rafforzano il coordinamento nella zona euro, a partire dal ci-clo di bilancio 2014 e riconoscono le necessità specifiche degli Stati membri del-la zona euro oggetto di forti pressioni finanziarie. Il “two-pack” è composto da due regolamenti (Regolamento UE n. 472/2013; Regolamento UE n. 473/2013) elaborati per rafforzare ulteriormente l’integrazione e la convergenza eco-nomica fra gli Stati membri della zona euro. I regolamenti prendono spunto, completandole, dalle riforme del PSC introdotte dal “six-pack”, dal quadro eu-ropeo per la sorveglianza delle posizioni di bilancio e dal semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche. Il primo regolamento si applica a tutti gli Stati membri della zona euro, prevedendo regole specifiche per quelli che rientrano nel braccio correttivo del patto di stabilità e crescita, cioè la pro-cedura per i disavanzi eccessivi. Il secondo regolamento definisce norme chiare e semplificate per la sorveglianza rafforzata degli Stati membri che si trovano in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria, degli Stati membri che ricevono assistenza finanziaria nonché di quelli il cui programma di assistenza finanziaria giunge a termine.

Il “two-pack” crea un quadro comune per la zona euro basato su un approccio modulato e introduce opportuni requisiti di sorveglianza per un’ampia gamma di situazioni di bilancio, in modo da garantire la continuità del monitoraggio delle politiche.

Six Pack: Il PSC è reso più completo e prevedibile con una maggiore valoriz-zazione delle regole di governance economica dell’Unione europea attraverso una collezione di nuove leggi, noto come il “Six Pack”. Per effetto di tre regola-menti approvati in via definitiva nel novembre 2011 nell’ambito di un pacchetto complessivo di sei atti legislativi (il c.d. six pack), è stata introdotta una più ri-gorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita. In particolare, si stabilisce: 1) l’obbligo per gli Stati membri di convergere verso l’obiettivo il pareggio di bilancio con un miglioramento annuale dei saldi pari ad almeno lo 0,5%; 2) l’ob-bligo per i Paesi il cui debito supera il 60% del PIL di adottare misure per ridurlo

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ad un ritmo soddisfacente, nella misura di almeno 1/20 della eccedenza rispetto alla soglia del 60%, calcolata nel corso degli ultimi tre anni; 3) un semi-automa-tismo delle procedure per l’irrogazione delle sanzioni per i Paesi che violano le regole del Patto. Le sanzioni sono infatti raccomandate dalla Commissione e si considerano approvate dal Consiglio a meno che esso non la respinga con voto a maggioranza qualificata (“maggioranza inversa”) degli Stati dell’area euro (non si tiene conto del voto dello Stato interessato). Ai Paesi che registrano un disavanzo eccessivo si applicherebbe un deposito non fruttifero pari allo 0,2% del PIL realizzato nell’anno precedente, convertito in ammenda in caso di non osservanza della raccomandazione di correggere il disavanzo eccessivo. Rego-lamento (UE) n. 1173/2011 relativo alla effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio della zona euro; Regolamento (UE) n. 1175/2011 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche; Regolamento (UE) n. 1177/2011 per l´accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi; Direttiva 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.

Raccomandazioni Specifiche per Paese: La Commissione rivolge racco-mandazioni relative a 26 paesi e all’intera zona euro, che riflettono le seguenti priorità: incentivare gli investimenti per sostenere la futura crescita. Questo presuppone l’eliminazione degli ostacoli ai finanziamenti, il varo di progetti di investimento e la rapida attuazione del piano di investimenti per l’Europa da 315 miliardi di euro; intraprendere riforme strutturali ambiziose sui mercati dei prodotti, dei servizi e del lavoro che aumentino la produttività, la competitività e gli investimenti. Le riforme nel settore finanziario agevoleranno l’accesso ai fi-nanziamenti per gli investimenti e attenueranno le ripercussioni negative della ri-duzione della leva finanziaria nel settore bancario, privato e pubblico; tali riforme mirano anche ad attuare politiche di bilancio responsabili in grado di conciliare la stabilizzazione a breve termine con la sostenibilità a lungo termine.

Le raccomandazioni si basano sull’analisi dettagliata della situazione di ciascun paese. Questi orientamenti “su misura”, frutto di un dialogo aperto svolto con gli Stati membri durante tutto l’anno, si basano in particolare sull’analisi delle relazioni della Commissione per i singoli paesi, nonché sui programmi nazionali di riforma e sui programmi di stabilità o di convergenza presentati dagli Stati membri ad aprile, e tengono conto dei dati più aggiornati contenuti nelle previ-sioni di primavera della Commissione.

Il pacchetto adottato oggi dalla Commissione comprende anche diverse deci-sioni sulle finanze pubbliche degli Stati membri nell’ambito del patto di stabilità e crescita, che rappresentano complessivamente una serie ambiziosa di orien-tamenti e priorità per l’economia dell’UE.

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Meccanismo europeo di Stabilità (MES): Il meccanismo europeo di sta-bilità (MES) fa parte della strategia dell’UE intesa a garantire la stabilità finan-ziaria nella zona euro. Fornisce assistenza ai paesi della zona euro che si trova-no di fronte o rischiano di dover affrontare difficoltà finanziarie. I paesi della zona euro hanno firmato il trattato intergovernativo che ha istituito il MES il 2 febbraio 2012. Inaugurato alla fine dell’anno 2012, MES è un’organizzazione intergovernativa regolata dal diritto pubblico internazionale, con sede in Lus-semburgo. I suoi azionisti sono i paesi della zona euro. MES emette strumenti di debito per finanziare prestiti e altre forme di assistenza finanziaria nei paesi della zona euro.

Il MES prosegue l’opera del suo predecessore, il Fondo europeo di stabilità fi-nanziaria (FESF), istituito nel 2010.

Il MES è autorizzato a:• concedere prestiti nell’ambito di un programma di aggiustamento macroe-

conomico;• acquistare titoli di debito sui mercati finanziari primari e secondari;• fornire assistenza finanziaria sotto forma di linee di credito;• finanziare la ricapitalizzazione di istituzioni finanziarie tramite prestiti ai go-

verni dei suoi Stati membri.

Semestre Europeo: Il semestre europeo è un ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio nell’ambito dell’UE, che fornisce orien-tamenti ai paesi dell’UE prima che essi prendano decisioni politiche a livello nazionale. Gli orientamenti sono forniti nel contesto del patto di stabilità e crescita e della procedura per gli squilibri macroeconomici. Il semestre euro-peo contribuisce inoltre ad attuare la Strategia Europa 2020. A fine autunno, la Commissione europea pubblica la sua analisi annuale della crescita, che de-finisce le priorità Consiglio europeo di primavera. Ad aprile, i paesi dell’UE pre-sentano i rispettivi programmi nazionali. Basandosi su una valutazione globale della situazione economica di ciascun paese, la Commissione propone racco-mandazioni politiche specifiche per ognuno di essi. Le raccomandazioni ven-gono discusse in sede di Consiglio e quindi avallate entro giugno dal Consiglio europeo, prima di essere infine adottate dallo stesso Consiglio. I paesi dell’UE devono riflettere le raccomandazioni nei loro piani politici e di bilancio per l’an-no successivo e attuarle entro 12 mesi.

La procedura per gli squilibri macroeconomici (Macroeconomic Im-balance Procedure — MIP): è un meccanismo di sorveglianza e applicazio-ne che mira a prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici all’interno dell’UE. La sorveglianza effettuata si iscrive nell’ambito del Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche.

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Tale sorveglianza poggia su una relazione sul meccanismo di allerta (Alert Me-chanism Report — AMR), redatta dalla Commissione sulla base di un quadro di valutazione (Scoreboard) di indicatori e soglie. Gli indicatori dello Scoreboard si riferiscono a squilibri esterni (partite correnti, posizione patrimoniale netta sull’estero, tasso di cambio effettivo reale, variazione delle quote di esporta-zione, costi unitari del lavoro) e a squilibri interni (prezzi delle abitazioni, flus-so dei prestiti nel settore privato, debito del settore privato, debito pubblico, tasso di disoccupazione e variazioni delle passività del settore finanziario, uni-tamente ad altri indicatori relativi all’occupazione e alla disoccupazione). Se uno Stato membro supera più soglie, la Commissione procede a un esame ap-profondito, ossia a un’ulteriore analisi economica volta a stabilire se esistano o possano verificarsi squilibri macroeconomici e se gli squilibri esistenti siano stati corretti; molto importanti sono le

Raccomandazioni preventive. Qualora, sulla base dei risultati emersi dall’esa-me approfondito, la Commissione rilevi l’esistenza di squilibri macroeconomici, ne deve informare il Parlamento, il Consiglio e l’Eurogruppo. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione e conformemente alla procedura di cui all’articolo 121, paragrafo 2, TFUE, può rivolgere allo Stato membro in questio-ne le necessarie raccomandazioni. Queste raccomandazioni preventive forma-no parte delle raccomandazioni specifiche per paese che il Consiglio rivolge a ogni Stato membro nel luglio di ogni anno nel quadro del Semestre europeo; le Raccomandazioni correttive nell’ambito della procedura per gli squilibri ecces-sivi (Excessive Imbalance Procedure — EIP) vengono effettuate qualora, sulla base dell’esame approfondito, la Commissione ritenga che lo Stato membro in questione presenti squilibri eccessivi, ne deve informare il Parlamento, il Consi-glio, l’Eurogruppo, le competenti autorità di vigilanza europee e il Comitato eu-ropeo per il rischio sistemico (CESR). Su raccomandazione della Commissione, il Consiglio può, in conformità dell’articolo 121, paragrafo 4, TFUE, adottare una raccomandazione che, stabilita l’esistenza di uno squilibrio eccessivo, sollecita lo Stato membro interessato ad adottare misure correttive; poi vi sono i piani d’azione correttivi che prevedono che lo Stato membro oggetto di una pro-cedura per gli squilibri eccessivi deve presentare un piano d’azione correttivo entro il termine indicato nella raccomandazione del Consiglio. Il Consiglio deve valutare il piano d’azione entro due mesi dalla sua presentazione, sulla base di una relazione della Commissione;

infine vi è una valutazione dell’azione correttiva. Sulla base di una relazione della Commissione, il Consiglio deve stabilire se lo Stato membro interessato ha adottato le misure correttive raccomandate. Qualora ritenga che lo Stato membro non abbia preso tali misure, il Consiglio, sulla base di una raccomanda-zione della Commissione, adotta una decisione con la quale constata l’inadem-

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pimento, congiuntamente a una raccomandazione che fissa nuovi termini per l’adozione delle misure correttive; in conclusione vi è la possibilità di applica-re sanzioni finanziarie agli Stati membri della zona euro che non si attengono alle raccomandazioni formulate nell’ambito della EIP possono essere inflitte sanzioni graduali, che vanno da un deposito fruttifero ad ammende annuali. Il deposito fruttifero o l’ammenda dovrebbero equivalere allo 0,1% del PIL na-zionale.

Criteri di convergenza: Tutti i paesi dell’UE sono parte dell’Unione econo-mica e monetaria dell’Unione europea (UEM), un processo in 3 fasi. Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (articolo 140 e un protocollo allegato) contiene norme sul passaggio alla terza fase dell’UEM, che avviene quando un paese dell’UE adotta l’euro come moneta. Per adottare l’euro, un paese deve soddisfare 4 criteri principali (criteri di convergenza):

1.non deve essere oggetto di una decisione del Consiglio che abbia rilevato un disavanzo di bilancio eccessivo;

2.deve mostrare un alto grado di stabilità dei prezzi e un tasso medio d’inflazio-ne che, osservato per un periodo di 1 anno anteriormente all’esame, non superi di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre paesi dell’UE che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi;

3.deve avere un tasso d’interesse nominale medio a lungo termine che non abbia ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei 3 paesi dell’UE che hanno conseguito il migliore risultato in termini di stabilità dei prezzi;

4.deve rispettare i margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo dei tassi di cambio senza gravi tensioni per almeno gli ultimi 2 anni prima dell’esa-me.

La conformità è verificata in base alle relazioni della Commissione e della Banca centrale europea (BCE).

Compact for Growth and Jobs: Il patto per la crescita e l’occupazione con-venuto dai capi di Stato o di governo in occasione del Consiglio europeo di giugno, che costituisce parte integrante della risposta dell’Unione europea alla crisi economica e finanziaria, completa e rafforza quanto già intrapreso per ri-pristinare la stabilità finanziaria e approfondire l’unione economica e moneta-ria. Gli effetti benefici di un’azione immediata e determinata per creare crescita e occupazione e rilanciare l’economia europea si faranno sentire per decenni.

La Commissione ha presentato un gran numero di proposte a sostegno della crescita nell’ambito del patto per la crescita e l’occupazione e opera in stretta collaborazione con il Parlamento europeo e il Consiglio perché siano adottate e applicate rapidamente, in modo da accelerarne gli effetti positivi sull’econo-

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mia. Da giugno ad oggi vi sono stati sviluppi incoraggianti su determinati aspet-ti del patto per la crescita e l’occupazione, come l’incremento del capitale della BEI attualmente in corso e i progressi relativi ai project bond pilota. Su altri fronti, invece, i risultati sono stati deludenti e il forte impegno politico dei capi di Stato o di governo e del Parlamento europeo non ha ancora determinato un’intensificazione dei lavori tale da produrre rapidamente risultati tangibili.

La Commissione ha presentato un ambizioso pacchetto per l’occupazione, con-tenente misure chiave volte a favorire la creazione di posti di lavoro, ripristina-re la dinamica del mercato occupazionale e rafforzare la governance a livello di UE, e caldeggia un’accelerazione dei lavori sulla trasferibilità dei diritti pen-sionistici. A livello europeo, oltre alla riforma avviata per trasformare EURES in una vera e propria piattaforma di assunzione e collocamento, la Commis-sione presenterà prossimamente una comunicazione sulla riorganizzazione dell’istruzione e un pacchetto sull’occupazione giovanile, basato sull’iniziativa “Opportunità per i giovani” e contenente proposte relative a una garanzia per i giovani.

Macro Condizionalità: Il principio di condizionalità macroeconomica È pre-visto dall’articolo 23 del Regolamento 1303-2013 sul principio di condizionalità macroeconomica per i fondi strutturali e di investimento europei, tale Regola-mento prevede un forte legame tra i fondi strutturali e di investimento europei (SIE) per il periodo 2014-2020 e il rispetto della governance economica dell’Ue, con l’obiettivo di aumentare l’efficacia della spesa dell’Unione in un contesto di ristrettezze di bilancio. In particolare, l’articolo 23 del Regolamento stabili-sce che tutti i fondi SIE, non più solo il Fondo di Coesione, ma anche il FESR, il FSE, il FEASR e il FEAMP, sono ora subordinati al rispetto delle procedure di governance economica. Nel concreto, questo si traduce nella possibilità per la Commissione europea di chiedere a uno Stato membro di riprogrammare parte dei finanziamenti ottenuti, quando ciò è giustificato da sfide economi-che e occupazionali, e di proporre una sospensione dei fondi Ue quando sono raggiunte determinate fasi delle varie procedure di governance economica, ad esempio in caso di procedure di infrazione per disavanzo economico eccessivo.

La commissione REGI vorrebbe quindi che ogni proposta di riprogrammazione o di sospensione dei fondi venisse sottoposta a una valutazione preliminare, ma chiede anche maggiore chiarezza sui requisiti per cui può scattare l’inter-vento dell’Esecutivo Ue, sull’impatto socio-economico di questi fondi a livello di politica regionale e sul contributo che possono dare all’attuazione delle rifor-me negli Stati membri, anche in linea con le raccomandazioni per Paese della Commissione.

L’articolo 23 del Regolamento n. 1303-2013 non può essere modificato o stral-ciato, ma si può lavorare perché l’applicazione sia equa, circoscrivendo i casi

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in cui la Commissione può chiedere la sospensione o la riprogrammazione dei fondi strutturali e di investimento europei. Un approccio condiviso dagli euro-deputati della commissione REGI, che dovranno presentare gli emendamenti al testo entro il 19 maggio, in vista del voto in programma per il mese di luglio.

Annual Growth Survey: L’analisi annuale della crescita dell’Unione europea (UE) dà il via al semestre europeo, che è il ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio dell’Unione. L’analisi annuale della crescita stabilisce le priorità dell’UE per quanto riguarda la crescita e la creazione di po-sti di lavoro per l’anno successivo. L’analisi annuale della crescita è presentata dalla Commissione alla fine dell’autunno e, dopo essere stata discussa in sede di Consiglio e in Parlamento, rappresenta la base degli orientamenti dell’UE per le politiche nazionali di crescita e occupazione, emessi a marzo dai capi di Stato o di governo dell’Unione riuniti nel Consiglio europeo. L’analisi annuale della crescita è pubblicata parallelamente alla bozza di relazione comune sull’occu-pazione, che analizza la situazione dell’occupazione nell’UE e il modo in cui i paesi dell’Unione affrontano la questione, e alla relazione sul meccanismo di allerta, che individua i potenziali squilibri economici per i quali è necessaria un’azione politica.

2(c) - Politica MonetariaPolitica Monetaria: La politica monetaria riguarda le decisioni prese dalle banche centrali per influenzare il costo e la disponibilità di moneta in un’eco-nomia. Nel caso della Banca centrale europea (BCE), l’obiettivo principale della politica monetaria è mantenere la stabilità dei prezzi, che è definita come in-flazione su base annuale inferiore ma prossima al 2% nel medio periodo (come misurata dall’indice dei prezzi al consumo armonizzato). Lo strumento di poli-tica monetaria più importante della BCE è il controllo dei tassi d’interesse fon-damentali. I cambiamenti dei tassi fondamentali si riflettono sui tassi d’inte-resse offerti dalle banche commerciali per il prestito o il deposito di denaro, che influenzano la spesa dei consumatori e le decisioni di investimento delle aziende. Se i normali canali per attuare la politica monetaria sono interrotti, le banche centrali (compresa la BCE) possono anche adottare misure di politica monetaria straordinarie, come programmi di acquisto di titoli, per ripristinare il corretto funzionamento della politica monetaria.

Eurozona: Viene informalmente detta zona euro ed È l’insieme degli stati membri dell’Unione europea che adottano l’euro come valuta ufficiale ovve-ro formano l’Unione economica e monetaria dell’Unione europea. Le politiche monetarie dell’eurozona sono regolate esclusivamente dalla Banca centrale europea. L’armonizzazione delle politiche economiche e fiscali dell’area euro è

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agevolata dalle periodiche riunioni dell’Eurogruppo, organismo composto dai Ministri dell’economia e delle finanze degli Stati aderenti alla valuta comune che tradizionalmente precede i vertici dell’Ecofin. Al 2015, la zona è composta da diciannove stati membri questi sono: Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Ir-landa, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Germania, Austria, Lettonia, Grecia, Cipro, Malta, Estonia, Finlandia, Lituania, Slovacchia, Slovenia.

Quantitative easing: Con questo termine si designa una delle modalità con cui avviene la creazione di moneta da parte di una banca centrale e la sua inie-zione, con operazioni di mercato aperto, nel sistema finanziario ed economico. In caso di ricorso a tale modalità, la banca centrale acquista, per una predeter-minata e annunciata quantità di denaro, attività finanziarie dalle banche del sistema (azioni o titoli, anche tossici), con effetti positivi sulla struttura di bi-lancio di queste ultime. Convenzionalmente, invece, il controllo della base mo-netaria avviene con la vendita o acquisto di titoli governativi, in apposite aste. È tradizionalmente classificato dagli economisti come una politica monetaria ultra-espansiva.

Eurobond: Gli eurobond (o anche stability bond) nel contesto della crisi dei debiti sovrani nell’area monetaria euro (a partire dall’estate 2011) sono un ipo-tetico meccanismo solidale di distribuzione dei debiti a livello europeo attra-verso la creazione di obbligazioni del debito pubblico dei Paesi facenti parte dell’eurozona, da emettersi a cura di un’apposita agenzia dell’Unione europea, la cui solvibilità sia garantita congiuntamente dagli stessi Paesi dell’eurozona. La prospettiva della creazione di Eurobond è stata accolta con reazioni diverse dai governi degli Stati dell’area euro: gli atteggiamenti spaziano dall’appoggio entusiastico allo scetticismo, fino ad arrivare alla netta avversione. La soluzio-ne ai pericoli legati all’azzardo morale potrebbe consistere nella riforma delle legislazioni nazionali dei paesi più indebitati, per l’uniformazione delle politiche fiscali e di bilancio su standard più rigorosi, che allontanino il pericolo di con-dotte eccessivamente rilassate. Quest’ultima istanza, l’uniformazione e l’inte-grazione delle legislazioni fiscali degli stati membri, introduce però una nuova difficoltà politica, dal momento che comporterebbe, per tutti gli stati membri, la rinuncia a una fetta consistente della sovranità nazionale, con la compres-sione del potere impositivo, che è una delle prerogative del potere statale. La prospettiva degli Eurobond incontra inoltre alcune difficoltà oggettive, dal momento che essa potrebbe richiedere una riforma dei Trattati europei e dei ruoli e compiti e affidati per via statutaria alla Banca centrale europea e, se posto come condizione da alcuni stati membri, anche le già citate riforme per l’uniformazione degli standard di rigore delle politiche fiscali nazionali, tutte novità che richiederebbero la ratifica unanime degli stati membri, un meccani-smo necessario, ma la cui messa in atto comporta necessariamente tempi non immediati.

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2(d) - Unione BancariaUnione Bancaria: L’obiettivo dell’unione bancaria è quello di interrompere il legame tra banche e budget nazionali. Consiste nell’assoggettare le banche ad una stessa supervisione europea e i fondi raccolti a livello europeo per soste-nere le banche in difficoltà, in questo modo la pressione esercitata dai merca-ti sugli Stati membri risulta meno forte. Agevolando così l’abbassamento del debito. L’unione è costituita da tre elementi principali: una singola banca di supervisione, la gestione di una banca comune in caso di crisi, un sistema di protezione dei risparmi dei cittadini.

Meccanismo di Risoluzione Unico (SRM): Nel marzo 2014 Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo politico sulla realizzazione del secon-do pilastro dell’Unione bancaria, il Meccanismo di risoluzione unico (MRU). La principale finalità di tale meccanismo è assicurare nell’Unione bancaria una ge-stione efficiente di eventuali fallimenti bancari futuri, con un costo minimo per il contribuente e per l’economia reale. L’ambito di azione del MRU ricalca quel-lo del MVU, il che significa che la decisione ultima sull’avvio della procedura di risoluzione di una banca spetta a un’autorità centrale, il Comitato di risoluzione unico, mentre dal punto di vista operativo la decisione è attuata in cooperazio-ne con le autorità nazionali di risoluzione. Il Comitato di risoluzione unico ha iniziato la sua attività come agenzia indipendente dell’Unione il 1° gennaio 2015 e diverrà pienamente operativo dal gennaio 2016.

Il Meccanismo unico di risoluzione delle crisi per l’Unione Bancaria, comple-terebbe il Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM). Nel caso in cui, malgrado la vigilanza rafforzata, una banca soggetta al Meccanismo di Vigilanza Unico do-vesse trovarsi in gravi difficoltà, il Meccanismo Unico di Risoluzione delle crisi permetterebbe di gestire la sua crisi in modo efficiente, riducendo al minimo i costi per i contribuenti e l’economia reale. Il Meccanismo unico di risoluzione (SRM) riguarderà le banche aderenti al Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM) e prevede un accentramento della facoltà di decidere circa il salvataggio o il fallimento di una banca sotto la supervisione della BCE. L’efficacia di questo meccanismo è garantita dalla creazione di un fondo ad hoc, il Single Resolu-tion Fund-SRF. Inoltre, un comitato formato da rappresentanti delle autorità nazionali, il Single Resolution Board che opera sotto la direttiva della BCE, ha il compito di controllare la normale esecuzione delle manovre di salvataggio o di un eventuale fallimento di una banca.

Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM): Il meccanismo di vigilanza unico (SSM) è un pilastro fondamentale dell’unione bancaria - è un sistema a livello dell’UE di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi nella zona euro e negli Stati membri dell’UE non appartenenti alla zona euro che scelgono di aderirvi. Ha lo scopo di garantire una vigilanza rafforzata del settore bancario europeo.

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I compiti principali sono: vigilare sulla conformità degli enti creditizi ai requisiti prudenziali; individuare carenze in fase precoce; assicurare che si intervenga per superare tali carenze al fine di evitare che la situazione si trasformi in una minaccia per la stabilità finanziaria globale.

La vigilanza è effettuata attraverso un’architettura integrata che riunisce un’autorità sopranazionale, la Banca centrale europea , e le autorità nazionali di vigilanza, operanti in stretta cooperazione conformemente a un insieme uni-co di norme e requisiti rigorosi.

Le attività del meccanismo di vigilanza unico poggiano anche su un altro pila-stro dell’unione bancaria, il meccanismo di risoluzione unico, che è composto da un’autorità di risoluzione unica (il Comitato) e da un Fondo di risoluzione unico per contribuire alla risoluzione delle banche in dissesto. Il meccanismo di vigilanza unico è composto dalla Banca centrale europea (BCE) e dalle autorità nazionali di vigilanza degli Stati membri dell’UE partecipanti.

Single Rulebook: Il single rulebook è l’insieme di norme prudenziali che rego-lano l’attività delle banche dell’Unione europea. Tali regole stabiliscono, inter alia, i requisiti patrimoniali richiesti alle banche per esercitare la propria attività, regole a garanzia dei risparmiatori, e infine misure per la prevenzione e la ge-stione delle crisi bancarie.

Proposta di regolamento per la creazione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi: Il sistema europeo di assicurazione dei deposi-ti è finalizzato a proteggere i depositi bancari nella zona euro in caso di crisi economiche. Tale sistema sarà sviluppato negli anni attraverso tre fasi (per un periodo complessivo che va dal 2017 al 2024) che vedranno spostare la pro-tezione dei depositi da un livello nazionale a un livello europeo. Pertanto con questa proposta la Commissione metterebbe sullo stesso piano tutti i depositi bancari della zona euro, senza prendere in considerazione le diverse situazioni economiche dei diversi Stati Membri.

Attualmente i depositi al di sotto dei 100.000 euro sono già garantiti a livello nazionale dal sistema di garanzia dei depositi. Tuttavia questi sistemi di garan-zia nazionali sono vulnerabili a crisi economiche locali. Attraverso questo nuo-vo sistema di assicurazione, la protezione sarà affidata a un organo europeo (il comitato unico di risoluzione) che utilizzerà un fondo europeo (Fondo europeo per l’assicurazione dei depositi).

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3 - Politica di concorrenzaLa politica di concorrenza: La Commissione europea e le autorità nazionali di concorrenza cooperano tra di loro e vegliano al rispetto delle norme dell’UE sulla concorrenza per garantire che le imprese competano in modo leale e in condizioni di parità nel mercato interno europeo. Ciò stimola lo spirito impren-ditoriale e l’efficienza, crea una scelta più ampia per i consumatori e contribui-sce a ridurre i prezzi e migliorare la qualità. Per questi motivi l’UE punisce i com-portamenti anticoncorrenziali, controlla le concentrazioni di imprese e gli aiuti di Stato e incoraggia la liberalizzazione. Le norme europee sulla concorrenza (artt. da 101 a 109 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - TFUE) si articolano intorno a 5 assi principali: il divieto degli accordi e pratiche com-merciali anticoncorrenziali e degli abusi di posizione dominante suscettibili di ostacolare la concorrenza in seno al mercato comune (norme antitrust); il con-trollo preventivo delle operazioni di concentrazione, che presentano una di-mensione europea, in modo da garantire che le maggiori dimensioni della pro-posta operazione di concentrazione nel mercato europeo non comportino una limitazione della concorrenza; il controllo degli aiuti concessi dai paesi dell’UE che minacciano di falsare la concorrenza favorendo talune imprese o certe produzioni; l’apertura alla concorrenza di settori precedentemente controllati dai monopoli pubblici come i mercati delle telecomunicazioni, dei trasporti o dell’energia; la cooperazione con autorità di concorrenza esterne all’UE.

Aiuti di stato: Consiste nell’intervento di un’autorità pubblica (a livello nazio-nale, regionale ovvero locale), effettuato tramite risorse pubbliche, per soste-nere alcune imprese o attività produttive. Un’impresa che beneficia di un tale aiuto ne risulta avvantaggiata rispetto ai suoi concorrenti. Ai sensi dell’artico-lo 107 del TFUE, sono vietati gli aiuti concessi in modo selettivo da parte dei paesi dell’Unione Europea (UE), ovvero tramite risorse statali e che possono ostacolare gli scambi fra i paesi dell’UE ovvero ostacolare la concorrenza. Gli aiuti di stato possono tuttavia essere autorizzati allorquando sono giustificati da obiettivi d’interesse generale: aiuti destinati allo sviluppo delle regioni più svantaggiate, ai servizi d’interesse economico generale, alla promozione delle attività delle piccole e medie imprese, alla ricerca e allo sviluppo, alla protezio-ne dell’ambiente, alla formazione, all’occupazione e alla cultura. I paesi dell’UE devono comunicare alla Commissione europea gli aiuti che essi erogano, ad eccezione di alcuni casi specifici. Ai sensi dell’articolo 108 del TFUE, la Commis-sione europea ha il compito di esaminare gli aiuti di Stato concessi dai paesi dell’UE, sia pianificati che già operativi, in modo da garantire che essi non osta-colino la concorrenza.

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4 - Fiscalità europeaTax rulings: Il tax ruling è una sorta di preventivo che gli Stati fanno alle azien-de in cui calcolano il loro reddito imponibile, al momento ogni Stato membro ne ha una diversa, e così sfruttando la complessità delle norme fiscali e la man-canza di cooperazione tra gli Stati membri alcune multinazionali spostano i profitti nelle loro filiali nazionali in cui sono tassati meno, minimizzando così il pagamento delle tasse sugli utili. Il tutto con la complicità di alcuni Paesi che favoriscono la cosa pur di attirare queste grandi aziende sul proprio territorio. Il pacchetto sulla trasparenza fiscale mira a garantire che gli Stati membri di-spongano delle informazioni di cui hanno bisogno per proteggere le loro basi imponibili ed individuare le aziende che cercano di evitare di pagare la loro giu-sta quota di tasse.

Da qui la decisione della Commissione Ue di eliminare i margini di discreziona-lità e interpretazione su quali informazioni devono essere scambiate. Gli Stati membri dovranno ora condividere automaticamente le informazioni sulle loro decisioni fiscali. Ogni tre mesi le autorità fiscali nazionali dovranno inviare una breve relazione a tutti gli altri Stati sulle decisioni fiscali transfrontalieri che hanno emesso. In questo modo i governi potranno richiedere informazioni più dettagliate su una particolare decisione. Il pacchetto ora sarà posto all’atten-zione di Parlamento e Consiglio Ue, con gli Stati membri chiamati a trovare un accordo entro la fine dell’anno, così da permetterne l’entrata in vigore dal primo gennaio 2016.

Dumping fiscale: Con il termine inglese dumping si indica una procedura di vendita di un bene o servizio su di un mercato estero a un prezzo inferiore ri-spetto a quello di vendita o produzione del medesimo prodotto sul mercato di origine per conquistare un nuovo mercato. Per dumping fiscale si intende il ri-basso di aliquote e pressione per attrarre contribuenti da altre parti del mondo per trarne comunque guadagni supplementari sul fronte delle imposte dirette e sui loro consumi in loco. Per alcuni la concorrenza fiscale va a vantaggio di imprese e contribuenti che possono scegliere dove farsi tassare; altri ritengono il fenomeno, oltre certi livelli, distorsivo della concorrenza e un freno alla ridi-stribuzione dei redditi da parte dello Stato.

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5 - Il bilancio europeo e i bilanci nazionaliBilancio Europeo: Tutte le entrate e le spese dell’Unione europea (UE) sono iscritte nel suo bilancio sulla base di previsioni annuali. Tali previsioni devono essere in linea con il quadro finanziario pluriennale (QFP), il piano di spesa a medio termine dell’UE, come previsto dal trattato di Lisbona (articolo 312 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea). L’ultimo QFP riguarda il pe-riodo 2014-2020.

Il bilancio è finanziato dalle «risorse proprie» dell’UE (vale a dire una percen-tuale del reddito nazionale lordo di ciascun paese dell’UE e una parte dei loro introiti da IVA, dazi doganali e altre imposte).

Ogni anno, la Commissione europea presenta un progetto preliminare di bilan-cio al Consiglio e al Parlamento europeo, che condividono l’autorità di bilancio. Il Consiglio deve adottare un parere sul progetto di bilancio entro il 1° ottobre dell’anno che precede quello per il quale il bilancio è stato proposto. Se il Parla-mento approva il parere del Consiglio, il bilancio è da ritenersi adottato.

Se invece il Parlamento europeo adotta emendamenti al parere del Consiglio, è necessario convocare il comitato di conciliazione per raggiungere un accordo. Spetta al presidente del Parlamento constatare che il bilancio è definitivamen-te adottato.

Quadro finanziario pluriennale: Il quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’UE, il più recente dei quali è in vigore per il periodo 2014-2020, stabilisce gli importi annuali che possono essere spesi nell’ambito dei diversi settori politici.

Il QFP garantisce che la spesa dell’UE resti prevedibile e allo stesso tempo ri-manga al di sotto dei limiti concordati. Esso permette all’UE di pianificare a medio termine piuttosto che di anno in anno, traducendosi in politiche più ef-ficaci. Questo è importante non solo per l’UE, ma anche per i beneficiari dei suoi finanziamenti. Il QFP è sia un’espressione delle priorità politiche dell’UE che uno strumento di pianificazione di bilancio. Il bilancio annuale dell’UE deve rispettare i massimali concordati nel QFP. Il QFP è proposto dalla Commissione europea e quindi discusso dal Consiglio e dal Parlamento europeo (PE). Per l’adozione del piano sono richiesti il consenso del PE e l’unanimità in seno al Consiglio.

Deficit, surplus commerciale: La Bilancia Commerciale rappresenta la diffe-renza di valore tra le esportazioni e le importazioni di merci (ma non di servizi) ed è un importante market mover forex. Il dato sulla bilancia commerciale vie-ne rilasciato in genere dalle Banche Centrali o dai Ministeri del Tesoro ed è uno dei componenti della Bilancia dei Pagamenti.

La bilancia commerciale può essere in attivo (surplus), quando il valore delle

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esportazioni supera quello delle importazioni o, viceversa, in passivo (deficit), quando il valore delle importazioni supera quello delle esportazioni.

Ne consegue che il surplus indica l’ingresso di capitale monetario, mentre il deficit indica l’uscita del capitale. Dunque, più crescono le esportazioni di un paese, più aumenterà la domanda di valuta.

Infatti, in qualità di market mover, la Bilancia Commerciale tende ad avere ef-fetto particolarmente rialzista sulla valuta di riferimento quando viene riporta-ta con un valore che supera le aspettative degli analisti.

Deficit, surplus bilancia dei pagamenti: La Bilancia dei Pagamenti è uno dei due più importanti strumenti di misurazione del commercio estero di un paese e rappresenta la differenza di valore tra le importazioni e le esportazioni di: beni, servizi, flussi di capitale e trasferimenti unilaterali durante il periodo precedente. La Bilancia dei pagamenti si divide in due conti principali: bilancia commerciale e conto capitale. La prima, riguarda il commercio e le esportazio-ni, mentre il secondo si riferisce agli acquisti e alle vendite di attività finanziarie e reali, come obbligazioni, azioni o immobili.

La bilancia dei pagamenti, come quella commerciale, è un market mover piut-tosto “impattante” perché direttamente collegata alla domanda di valuta; il surplus, infatti indica la presenza di un numero maggiore di compratori stranie-ri in cerca di valuta.

Pnl: Il Prodotto Nazionale Lordo (PNL) è il valore monetario di tutti i beni e ser-vizi finali prodotti da fattori posseduti da cittadini di una determinata nazione in un determinato periodo di tempo. Il PNL si ottiene dal PIL (Prodotto Interno Lordo) aggiungendovi il reddito percepito da soggetti residenti nel paese per investimenti all’estero e sottraendovi il reddito percepito nel paese da soggetti non residenti.

Il PNL si differenzia dal PIL in quanto si tratta di un aggregato nazionale e non interno. Ciò significa che sono prese in considerazione le attività delle imprese nazionali che operano fuori dal paese (per quanto riguarda l’ammontare di red-diti che queste imprese o i loro dipendenti versano nel paese), mentre non è con-tabilizzata l’attività delle imprese straniere che operano sul territorio interno (al-meno per la parte di questa attività che genera versamenti di reddito all’estero).

Pil: In macroeconomia il prodotto interno lordo (PIL) è il valore monetario totale dei beni e servizi prodotti in un Paese da parte di operatori economici residenti e non per il periodo di tempo, generalmente un anno, e destinati al consumo dell’acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, alle espor-tazioni nette (esportazioni totali meno importazioni totali). Non viene quindi conteggiata la produzione destinata ai consumi intermedi di beni e servizi con-sumati e trasformati nel processo produttivo per ottenere nuovi beni e servizi.

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Regolamenti e Direttive• Regolamento (UE) n. 1094/2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio (che

istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), modi-fica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/78/CE della Com-missione).

• Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforza-mento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglian-za e del coordinamento delle politiche economiche.

• Regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio del 7 luglio 1997 per l’accelerazio-ne e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disa-vanzi eccessivi.

• Regolamento (UE) n. 1173/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 novembre 2011 relativo all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro.

• Regolamento (UE) n. 1175/2011 del parlamento europeo e del consiglio del 16 novembre 2011 che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché́ della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche.

• Regolamento (UE) n. 1177/2011 del consiglio dell’8 novembre 2011 che modi-fica il regolamento (CE) n. 1467/97 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità̀ di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi.

• Direttiva 2011/85/UE del consiglio dell’8 novembre 2011 relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli stati membri.

• Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante disposizioni comuni sul fondo europeo di sviluppo regionale, sul fondo sociale europeo, sul fondo di coesione, sul fondo euro-peo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari maritti-mi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio.

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Andrea Cozzolino è eurodeputato Pd eletto per la pri-ma volta il 7 giugno del 2009 nella circoscrizione Sud. È nato a Napoli il 3 agosto del 1962. È stato Vice Capo delegazione del Pd durante la legislatura 2009-2014.

Successivamente, rieletto diventa Vice Presiden-te della Commissione per lo Sviluppo regionale del Parlamento europeo. È anche membro titolare della Commissione per le petizioni, della Delegazione per le relazioni con i paesi del Mashreq e della delega-zione all’Assemblea parlamentare dell’Unione per il

Mediterraneo. Inoltre è membro sostituto della Commissione per i problemi economici e monetari e dell’Assemblea parlamentare paritetica Acp-Ue.

Il suo impegno è stato rivolto, sin dall’inizio del mandato, alla regolamentazio-ne e alla gestione dei fondi strutturali, con particolare attenzione al loro cor-retto utilizzo sui territori e alla capacità di generare valore aggiunto in termini di sviluppo e occupazione. Nella legislatura presente, il focus si è concentrato sull’attuazione di una reale agenda urbana, che garantisca uno sviluppo delle aree urbane in linea con gli obiettivi della strategia Europa2020, attraverso un utilizzo funzionale dei fondi europei e una migliore regolamentazione, che eviti eccessi di burocratizzazione.

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