Gli Slavi nella Calabria Bizantina

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  • 7/24/2019 Gli Slavi nella Calabria Bizantina

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    Flussi di persone, idee e risorse

    a cura diGIOVANNA DE SENSI SESTITO

    LA CALABRIA

    NEL MEDITERRANEO

    Rubbettino

    25,00

    anna De Sensi Sestito professoreario di Storia Greca e gi Direttoreipartimento di Storia dellUniversitCalabria. Per Rubbettino dirige la collanat antiche. Storia, culture, territori.e sue numerose pubblicazioni segnaliamo:ne II. Un monarca ellenistico in Sicilia);La Calabria in et arcaica e classica.

    a economia societ (1984), Tra lAmatoavuto. I. Terina e il Lametino nel contestotalia antica,(1999); ha inoltre curato:tii. Cultura, lingua e documentazioneo-archeologica(1995); Sugli studi bizantini); Tra lAmato e il Savuto. II. Studi

    ametino antico e tardo-antico (1999);di Asclepio. Medici e malattie in et antica

    o-antica(2008); La Calabria tirrenicantichit. Nuovi documenti e problematichehe (2008);con S. Mancuso, Enotri e Brettiiagna Grecia. Modi e forme di interazionerale, 2011; con M. Intrieri, Sulla rotta perilia: lEpiro, Corcira e lOccidente(2011).

    Una riflessione a pi voci sulla centralit dellaCalabria nellampio contesto del Mediterraneodallantichit ai nostri giorni, declinatadi epoca in epoca attraverso specificheesperienze di contatti fecondi tra saperi,culti, dottrine, attivit;di circolazione di uomini e beni nel diversoarticolarsi degli assetti sociali ed economicidelle varie comunit e delle varie categorieprofessionali;dei problemi di convivenza allinternodella regione di molteplici etnie stanziali(Greci, Arabi, Armeni, Slavi, Albanesi)e della loro armonizzazione nei provvedimentiamministrativi dei governi del tempo;delle esperienze di esilio e di immigrazionerecenti e recentissime, riconsideratenella prospettiva di una ricomposizionedella complessa identit regionale e di unripensamento critico dello sviluppo sostenibiledelle sue risorse umane e materiali.

    Rubbettino

    LACALABRIANE

    LMEDITERRANEO

    GIOVANNADESENSISESTITO(acuradi)

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    Responsabile del Progetto

    Giovanna De Sensi Sestito

    Comitato di coordinamento della ricerca

    Giovanna De Sensi Sestito, Alessandro Cristofori, Filippo Burgarella,

    Pietro Dalena, Marta Petrusewicz, Katia Massara, Maria Luisa Ronconi

    In copertina: La carta del Mediterraneo di Edrisi

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    La Calabria nel Mediterraneo.

    Flussi di persone, idee e risorseAtti del Convegno di Studi

    (Rende, 3-5 giugno 2013)

    a cura di

    Giovanna De Sensi Sestito

    Rubbettino

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    2013 - Rubbettino Editore

    88049 Soveria Mannelli - Viale Rosario Rubbettino, 10 - tel (0968) 6664201www.rubbettino.it

    Il volume stato pubblicato con i fondi del progetto CALMED La Calabria nel Mediterraneo, delDipartimento di Storia ora Dipartimento di Studi Umanistici Sezione di Storia, ammesso a contributosul bando della Regione Calabria, Dipartimento Cultura, Istruzione, Alta Formazione, Ricerca, perprogetti di ricerca e borse di studio in materia di Scienze Umane Economiche e Sociali-D.D.G. nr. 18826del 28/12/2010

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    Introduzione di Giovanna De Sensi Sestito 5

    Tra Grecia e Roma

    Sergio RibichiniAnnibale e i suoi di, tradotti in Magna Grecia.Un approccio comparativo 13

    Annunziata RositaniInfluenze e analogie tra culti orientalie Orfismo in Magna Grecia 43

    Giuseppe SquillaceTra Grecia e Magna Grecia: le dottrine mediche di Filistione di Locri 69

    Giovanna De Sensi SestitoLico di Reggio, fra Calcide, Atene e Alessandria. 83Cultura storica, interessi etnografici, mirabilia 83

    Benedetto Carroccio

    Oltre lo Stretto: presenze monetali regginein alcuni tesoretti ellenistici siciliani 111

    Alessandro CristoforiLesercito come fattore della mobilit personaledai Bruttii e verso i Bruttiiin et romana 133

    Il Medioevo

    Filippo BurgarellaGreci e Arabi nella Calabria medievale 179

    Indice

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    Gioacchino StranoAlcune notazioni sulla presenza armenanell Italia meridionale in et bizantina 189

    Cristina TorreGli Slavi nella Calabria bizantina 203

    Pietro DalenaLa cultura medievale in Calabriatra Europa e Mediterraneo. Alcune riflessioni 223

    Attilio VaccaroPercorsi del Sacro di popoli conviventisullo stesso mare (secoli XIV-XVII) 237

    Mariarosaria SalernoCircolazione di persone e di benifra il Mezzogiorno dItalia e il Maghreb in et medievale 267

    Let moderna

    Renata CiaccioTerra di fuga e terra dasilo: esuli calabresi nel Mediterraneo edesiliati mediterranei in Calabria tra Quattrocento e Settecento 287

    Fausto CozzettoUn caso di studio: i Coronei e la Calabria del Cinquecento 297

    Francesco CampennCommercio e identit: unesemplare comunit di mercanti

    tra Calabria, Mediterraneo e Atlantico 319

    Marta PetrusewiczViaggiare nellOttocento, da e per la Calabria 375

    Il 900

    Katia MassaraLa politica, gli uomini, le idee:

    presenze ed esperienze degli oppositori politici calabresi nei Paesidel Mediterraneo nella prima met del Novecento 401

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    Oscar GrecoEuropa, Mediterraneo e Mezzogiorno 437

    Domenico Antonio Barbuto

    Culture Migranti. I Global Villages di Badolato e Riace 461

    Maria Luisa RonconiCriticit ambientali e mitigazione del rischioper uno sviluppo sostenibile:il disegno del paesaggio Mediterraneo 469

    Yuri PerfettiLa Calabria nel Mediterraneo:pesca tradizionale e uso sostenibile della risorse ittiche 523

    Relazione conclusiva

    Bruno AmorosoMediterraneo: ritorno al futuro 543

    Indici a cura di Domenico Sorrenti 555

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    Finito di stampare nel mese di settembre 2013

    da Rubbettino print

    per conto di Rubbettino Editore Srl

    88049 Soveria Mannelli (Catanzaro)www.rubbettinoprint.it

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    Cristina Torre

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    Quantunque le notizie relative a presenze slave nella Calabria bizantinasiano abbastanza esigue, non ipotesi priva di fondamento, e che cercheremoin questa sede di illuminare, quella che vede la regione in virt della suaposizione geografica centrale nel contesto mediterraneo interessata da flussidi persone e idee provenienti da o diretti verso aree della penisola balcanicaabitate da popolazioni riconducibili per lappunto ad etnie slave.

    Dal momento che queste costituiscono una realt abbastanza complessa,sar utile proporre preliminarmente delle precisazioni essenziali in relazionesia ai termini slavo, sclavo, sclaveno, schiavo, schiavone, sia alle articolazionidelle genti slave.

    Per ci che concerne il primo aspetto, sappiamo che La pi antica atte-stazione certa del nome degli Slavi, databile forse gi al V secolo, si riferiscea quelli del basso Danubio (essa si legge nello Pseudo-Cesario, dove gli Slavisono detti Sklunoi). Mentre nel V/VI secolo Giordane, sulla base di Cas-siodoro, afferma che2

    Dalla sorgente del fiume Visla [Vistola] e su distese incommensurabili si installatala gente dei Venedi. Bench i loro nomi cambino secondo le trib e le localit, tuttiinsieme si chiamano Sclaveni e Anti.

    Anche Procopio di Cesarea, nel VI secolo, utilizza la denominazione, Sclaveni, la quale figura ancora, nel X secolo, in Suidas ( 634): , Sclaveno: popolo stanziato oltrel Istro. Sappiamo poi dalla Cronaca dei tempi passati, opera del monaco russoNestore (inizi XII sec.), che furono gli Slavi stessi a chiamarsi Slavi (slovni)e a definire slava la loro lingua ed etnia3.

    1. G. H 2006, p. 30.

    2. F. C 1991, pp. 12 s.3. G. H 2006, p. 33.

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    Dal greco bizantino sklavenoisarebbe derivata una forma sklavos, quindisklavus/slavus, acquisita nella forma sclavusnel latino medievale del XIII secolo:Assai rapidamente e in tutti i paesi europei un etnonimo si mut in sinonimodi popolo asservito, tanto pi che laccoglimento del termine sclavusnelle linguemedievali venne facilitato dalluniversale considerazione degli Slavi, ritenutiallepoca gli schiavi per eccellenza. Passato allora a indicare uno stato giuridicoin sostituzione di mancipius e di servus, da sclavussono discesi lo spagnolo escla-vo, il portoghese escravo, il catalano scrau, il francese esclave, litaliano schiavo,il tedesco Sklave, lolandese slaaf4. Cos, schiavo chiaramente riconducibilea slavus/sklavos, schiavonea slavone. Trattasi comunque di denominazioni pirecenti rispetto a sklavenoi5.

    Per quanto riguarda la composizione etnica, con il termine Slavi si suoleindicare quella che in effetti una realt estremamente composita e che in-clude, tra gli altri, Croati, Sloveni, Serbi, Russi, Bulgari. Gli Anti, menzionatinel passo di Giordane sopra riportato, erano unetnia a maggioranza slava, manon completamente slavi, dal momento che sembra fossero mescolati con unapopolazione di ceppo iranico. Alla fine tuttavia pare che la componente slavafosse risultata prevalente, analogamente a quanto accaduto ai Protobulgari,guerrieri nomadi di origine turca destinati a fondersi, a Est dei Balcani, nellamassa slava. Non appartengono invece alla etnia slava gli Avari, formazioneturco-mongolica cui gli Slavi, stando alle fonti, resteranno asserviti sino allan-nientamento di quelli da parte dei Franchi nel IX secolo7.

    A seguito dellinvasione slava della penisola balcanica del VI secolo, conob-bero un processo di slavizzazione anche popolazioni preesistenti quali i Tracie gli Illiri. Appare ai nostri fini importante chiarire lo stadio di avanzamentodi tale processo tra il 538 allorch sbarcarono ad Otranto ottocento cavalieritraci guidati da Giovanni8, nipote di Vitaliano9 e il 548/549, periodo in cuirisultano presenti a Rossano soldati traci e illiri al comando di Gudilas il Tracio10.Le due notizie, riportate da Procopio di Cesarea, vengono in genere riferite ariprova della presenza di Slavi in Italia meridionale nel contesto della guerra

    greco-gotica11

    . Per illuminare questo aspetto occorre innanzitutto tenere presen-te la terminologia utilizzata dallo storico bizantino, il quale sembra distinguereabbastanza chiaramente tra Sclaveni, Anti, Traci e Illiri. In secondo luogo risulta

    4. F. C 1991, pp. 59 s. (parole citate da p. 60).5. Cfr. M. C 1983, pp. 9 s.6. F. C 1991, p. 129.7. I., pp. 19 ss.8. PLRE, III, s.v. ; PIB, s.v.Iohannes76, pp. 143-150.9. BG VI 5.

    10. BG p. 427, 6,14; PIB, s.v. Gudilas4, p. 87.11. I. D 1971b [= I. Dujev 1969], pp. 508 s. e nn.

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    difficile, almeno a mio avviso, immaginare che la slavizzazione di Traci ed Illirisi sia compiuta gi agli inizi del VI secolo, in concomitanza con le prime fasidellinvasione12. Sarei pertanto propensa ad affermare che, nel momento in cuiparla di Traci ed Illiri, Procopio non faccia riferimento a genti di etnia slava.

    Dallo storico di Cesarea apprendiamo invece che soldati , Scla-veni erano impegnati nellambito della guerra greco-gotica. Gi durante laprima fase della guerra infatti, e in particolare nel corso dellassedio di Roma(537/8), lesercito bizantino venne rafforzato tramite linvio di un contingente dimilleseicento cavalieri costituito prevalentemente da Unni, Sclaveni e Anti13.GliSclaveni appaiono tra laltro utili, sotto il profilo militare, allorch si manifestala necessit di catturare qualche nemico per carpirgli delle informazioni, comeaccadde in occasione dellassedio di Ravenna14:

    [] Belisario fu punto dalla curiosit di catturare vivo almeno uno degli uomini piautorevoli tra i nemici, per poter sapere come mai i barbari continuassero a resisterein quelle difficili condizioni. Valeriano promise che avrebbe sollecitamente compiutoper lui questa operazione. Cerano nel suo reparto, egli disse, alcuni Sclaveni moltoabili a catturare nemici, nascondendosi dietro un piccolo masso o un cespuglio che sitrovasse nelle vicinanze, cosa che erano gi soliti fare spesso nel loro paese natio, pressoil fiume Ister, con Romani o altri barbari .

    Lo sclaveno prescelto in tale occasione port a termine con successo ilproprio compito, catturando un goto condotto poi allaccampamento bizantino.

    Successivamente (546/7) il generale Giovanni si insedia ad Otranto insiemea trecento soldati della stirpe degli Anti, popolo, come si detto, a composizioneprevalentemente slava15.

    Non sappiamo se lutilizzo di tali elementi abbia successivamente dato luogoalla costituzione di insediamenti stabili o comunque al trasferimento di gruppipi o meno consistenti di individui. Appare invece plausibile che in siffattecircostanze gruppi di origine balcanica abbiano acquisito pratica di itinerari

    nonch di zone della penisola italiana verso le quali, in seguito, si sarebberoindirizzati, verosimilmente al tempo dellinvasione vara dei Balcani nel VIIsecolo, seguendo del resto percorsi analoghi a quelli delle popolazioni bizantine.

    A tal proposito costituisce unimportante fonte di informazioni la cosiddettaCronaca di Monemvasia, opera assegnata al X secolo ma contenente dati rela-

    12. Cfr. F. C 1991, p. 296.13. BG I 27.

    14. BG II 26 (trad. M. Craveri).15. BG III 23.

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    tivi ad epoche precedenti16. Da essa apprendiamo che, a seguito dellinvasioneavaro-slava dei Balcani avvenuta al tempo dell imperatore Maurizio (582-602)gli abitanti di Lacedemone trovarono rifugio in Sicilia, nella Val Demone, quellidi Patrasso nel territorio di Reggio Calabria. Qui essi conservarono la propriafisionomia, dal momento che costituivano una comunit ben distinta dal restodella popolazione locale ancora nel IX secolo, allorch ebbero modo di rientrarenella citt dorigine17. Un percorso analogo si ipotizza possa essere stato seguitoanche dagli abitanti della citt di Evria, in Epiro: probabile che, almeno inparte, essi, gi esuli sullisola di Cefalonia, si siano trasferiti ad un certo puntoin Calabria, dove avrebbero lasciato traccia della loro presenza nel toponimocalabrese Evriatikon/Umbriatico, nonch nel culto di san Donato di Evria18.

    possibile dunque, sebbene manchino dati espliciti al riguardo, che, sullascia dellesodo di popolazioni bizantine, anche alcuni Slavi abbiano preferitolasciare la penisola balcanica indirizzandosi verso lItalia, ma anche direi laSicilia, bizantine.

    Comunque sia, le informazioni che possediamo per il periodo relativo aisecoli VII/VIII riguardano, a rigore, solo aree limitrofe alla Calabria, in primoluogo la Puglia, ma anche la Sicilia.

    In relazione alla Puglia troviamo esplicita menzione in Paolo Diacono diun accampamento slavo nella zona di Siponto nel 642: questi Slavi, dopo avereassassinato il duca di Benevento Aione I, figlio di Arechi I, furono quasi deltutto sterminati da Radoaldo mentre i pochi superstiti dovettero abbandonarela regione19. Il dato importante che emerge da questa notizia la probabileesistenza, nel VII secolo, dune route maritime dimmigration avaro-sklavnedun ct de lAdriatique lautre, avec une tte de pont au sud du Gargano20.

    Per quanto riguarda la Sicilia, informazioni interessanti provengono da untesto agiografico, la Vita inedita di san Pancrazio, protovescovo di Taormina(BHG1410), trasmessa in differenti redazioni ma risalente nella forma origina-ria ad un periodo compreso tra il 787 e l81521. In questo testo si fa ad un certopunto riferimento ad un quartiere degli Slavi situato nei pressi di Siracusa22.

    Viene inoltre menzionata una operazione militare condotta da Bonifacio, co-

    16. P. L 1963; I. D 1976.17. Sullargomento v., da ultimo, G. S 2011, p. 343.18. Cfr. ibid., pp. 345 s.19. Pauli DiaconiHistoria Langobardorum, IV 44; A. G 1973, p. 13; F.J. T 1985, p.223; M 1993, p. 165, n. 25.20. A. G 1973, p. 13. Riguardo la presenza di Slavi in Puglia v. J.-M. M 1993, pp. 504-509.21. A. A L 2001. Del testo pare esista una versione antico-bulgara (M. C1983, p. 7), che non escludo possa avere avuto a monte un modello costantinopolitano, o comunque

    di altra provenienza, visto che esso noto a s. Teodoro Studita: cfr. A. A L cit.22. Sulla questione v. M. C 1983.

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    mandante imperiale in Sicilia, a Durazzo contro i barbari, in occasione dellaquale furono condotti sullisola prigionieri avari23. Questi, ignari della linguagreca, furono invitati dal medesimo Bonifacio ad apprendere il latino ed il grecoe a convertirsi al cristianesimo24.

    Trattasi di dati che occorre evidentemente interpretare alla luce della cro-nologia e del punto di vista dellagiografo. Il problema si intreccia per conquello dellesistenza di due redazioni del testo in questione, una lunga e unabreve questultima priva della notizia che a noi interessa delle quali non chiaro quale sia la pi antica. In ogni caso, la stesura della sezione inerente ilquartiere slavo di Siracusa pu essere inquadrata in un arco di tempo compresotra lelaborazione originaria del testo, risalente, si detto, al 787-815 e la rea-lizzazione dei manoscritti pi antichi che ci trasmettono la redazione amplior,ossia il Crypt. B..V, datato X/XI secolo e il Vat. gr. 1591, realizzato nel 96425.

    Il riferimento ad una spedizione balcanica di un contingente militare sici-liano, da intendersi verosimilmente come lesercito del tema di Sicilia, pu, dalcanto suo, essere frutto di invenzione, ma potrebbe altres conservare il ricordodi un intervento reale, da collocare necessariamente dopo la fine del VII secolo,quando probabilmente venne costituito il suddetto tema26. La cronologia delresto coerente rispetto agli eventi che si stavano verificando negli stessi anninella zona di Durazzo, interessata, come tutta larea balcanica, dalle invasioniavaro-slave. Non escluderei che lagiografo abbia riversato nella sua opera ilricordo di tali vicende, magari sulla scia dei racconti fatti da gruppi di esuli,come quei Lacedemoni stanziatisi in Val Demone di cui parla la gi menzionataCronaca di Monemvasia27. Al pari di questi, dunque, anche gli Slavi del raccontoagiografico potrebbero essere stati degli esuli, oppure dei prigionieri di guerra,cos come quegli Avari invitati ad apprendere le lingue greca e latina28.

    Cercando invece testimonianze pi specificamente riferibili al territorio ca-labrese, soltanto per i secoli IX/XI secolo sembra sussistere qualche dato in pi.

    Nella seconda met del IX secolo la regione fu interessata da una serie dioperazioni militari che, dopo alterne vicende, portarono i Bizantini a riprender-

    23. A. A L 2001, p. 41.24. A. G 1972, p. 304.25. Sul manoscritto v. C. G 1961, Codices Vaticani 1485-1683, pp. 216-219. Mario Capaldo(M. C 1983, p. 12) propone come terminus ante quemper la cronologia dellinsediamentoslavo siracusano la datazione del manoscritto pi antico della Vitache il IX (o X) sec. o un pe-riodo immediatamente precedente. Non specifica tuttavia a quale manoscritto faccia riferimento,ma credo si tratti del Crypt. B..V, datato appunto IX/X secolo.26. F. B 2004; M. N - V. P 2003, p. 98.27. Cfr. supra, p. 205 s.

    28. Da intendersi come riferimento antiquario piuttosto che come testimonianza di una persistenzadellinsegnamento del latino a Taormina nellVIII/IX secolo.

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    ne il controllo. Risolutiva fu in particolare la spedizione condotta da NiceforoFoca il Vecchio (885/886). Questa port, da una parte, alleliminazione dellecolonie saracene insediatesi, intorno alla met del IX secolo, ad Amantea, Tro-pea e Santa Severina, dallaltra al recupero della sovranit su quelle aree dellaCalabria superiorsoggette ai Longobardi del principato di Benevento prima,quindi di Salerno29. Tale stato di guerra aveva probabilmente determinato, inCalabria come pi in generale nel Mezzogiorno bizantino, un calo demograficoal quale gli imperatori dOriente tentarono di porre rimedio attraverso una po-litica di ripopolamento. Allinterno di questa si colloca la decisione di BasilioI (867-886) di trasferire in alcuni centri del Salento oriundi di Eraclea Pontica,mentre alla Calabria fu pare destinato un numero consistente di schiaviaffrancati di origine peloponnesiaca e, forse, di etnia slava30. Non possediamotuttavia informazioni precise n sulla loro esatta collocazione n sulle vicendesuccessive che possono averli riguardati.

    Procedendo oltre ci imbattiamo nel resoconto del cronista Tietmaro diMerseburgo (sec. X/XI)31. Questi narra che Ottone II, nel corso della spedi-zione condotta in Italia meridionale contro gli Arabi32, incalzato da questi neipressi di Taranto, sarebbe riuscito a fuggire su di una nave (salandria, ovverochelandia) perch riconosciuto ab Heinrico solum milite eius, qui SzlavoniceZolunta vocatur33. La nave lo avrebbe poi condotto a Rossano, dove si trovavala sua consorte, la bizantina Teofano34. Dalle parole del cronista sembra dunqueche sulla nave bizantina (che sia tale lo si evince dal prosieguo del racconto)fossero presenti dei soldati appartenenti al contingente tedesco, ma di originenon germanica. Tale informazione, pure elencata tra le possibili testimonianzedi una presenza slava nella Calabria del X secolo35, non appare tuttavia probante.Il soldato in questione, come si detto, sembra un componente del contingentemilitare giunto al seguito di Ottone piuttosto che un abitante del posto o co-munque una figura riconducibile ad un qualche insediamento slavo situato interritorio calabrese.

    Allo stesso modo non sappiamo donde in effetti provenissero gli Slavi ster-

    minati nel corso dello scontro tra Ottone II e i Saraceni in civitate Colum-nae Capo Colonne o Stilo36 notizia riportata da Lupo Protospatario sotto

    29. V. F 1978, pp. 20 ss.; F. B 1989, pp. 450 ss.30. V. F 1978, pp. 25 s.; F. B 1989, p. 458 e n. 44 (alle pp. 506 s.); I.2000. p. 49.31. Tietmari Merseburgensis episcopi Chronicon, pp. 122-126.32. F. B 1989, pp. 464-467.33. Tietmari Merseburgensis episcopi Chronicon, p. 124.34. Ibid., pp. 124-126.

    35. M. C 1983, p. 11.36. A. G 1973, p. 15.

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    lanno 981: fecit proelium Otto rex cum Sarracenis in Calabria in civitate Co-lumnae, et mortui sunt ibi 40 milia paganorum cum rege eorum Bullicassinus37.Andr Guillou ha chiarito lidentit di questi Pagani: Les Pagani, en grec, sont des Narentans, Slaves qui habitaient le long de la rivire Neretvaen Dalmatie. Ceux-ci (la chiffre de 40000 est bien sr fantaisiste) on pass lA-driatique pour la mme raison [scilic.loccupazione di nuove terre], je pense,que leurs voisins Zachloumjans; ils pouvaient tre des Serbes, quoiquon aitprtendu le contraire, le nom de leur chef, Vlkain (Bullicassinus), est en toutcas typiquement serbe38. I Zaclumiani cui lo studioso fa riferimento sono degliSlavi che nel 926, sotto la guida del loro re Michele Vyevi, occuparono Siponto,aprendo lre dune forte expansion slave dans toute la rgion du Gargano39.

    I Pagani sconfitti da Ottone erano con ogni probabilit al servizio dei Sa-raceni, al pari di Sabir, leunuco slavo che tra il 928 e il 930 aveva guidato unaspedizione araba in Calabria, in occasione della quale era stato preso il kastrondi Tiriolo40. Non sappiamo comunque, neppure in questo caso, se si trattassedi genti stanziate o meno sul territorio calabrese.

    Merita per attenzione letnico Pagani, che potrebbe suggerire una diversainterpretazione per taluni antroponimi e toponimi rispetto a quella, tradizionale,che lo riconduce direttamente e semplicemente al latinopaganus.

    Esso risulta attestato nel De administrando imperio, opera che per como-dit riferiremo qui a Costantino VII Porfirogenito (913-959)41. Il testo trattadi questa popolazione in una sezione specifica (c. 35), ma si trovano dei ri-ferimenti anche altrove: , , , , , , , (c. 29,59); , , . (c. 29,81). Il De AdministrandoImperioci informa dunque del fatto che i Paganisono chiamati nella lingua deiRomeiArentani, mentre il termine in lingua slava con evidente derivazione

    dal latino significa non battezzati.Ora, nel Lessico greco della Sicilia e dellItalia meridionale, Girolamo Caracausiregistra le voci (toponimi e antroponimi) //, ,, rinviando per tutte al latinopaganus42. Tuttavia, come accennato,

    37. Lupi Protospatarii Chronicon, p. 55.38. A. G 1973, pp. 15 s.39. A. G - K. T 1976, p. 678.40. G. N 2000, p. 270.41. Un tempo ascritta a Costantino VII, oggi la stesura dellopera viene assegnata alla cerchia erudita

    gravitante attorno al sovrano: I. 1992.42. G. C 1990, s. vv., , .

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    esse potrebbero forse essere ricondotte piuttosto alletnico Pagani. Tra i docu-menti registrati da Caracausi figura in particolare il Brebiondella metropolia diReggio Calabria, dove troviamo menzione di un 43unpodere a Pagano, appartenente al monastero di SantEustrazio. Non possibilelocalizzare con precisione tale podere, ma il toponimo suscettibile di suggerire,sulla base delle considerazioni fatte sinora, un collegamento con una presenzaslava per la quale il 1050 (indicativamente il periodo cui riferita la stesura deldocumento reggino) verrebbe a costituire il terminus ante quem. Lantroponimo hainvece solo, pare, due attestazioni pi tarde, le quali rinviano alla Sicilia, dove un sottoscrive un documento del 112244e un sottoscrive in qualit di testimone un documento del 121745.

    Tornando allesame delle possibili testimonianze delle relazioni tra Calabriabizantina e mondo slavo, alcuni studi hanno annoverato tra di esse un passodella Vitadi s. Nilo di Rossano (910ca.-1004) nel quale il monaco viene fattooggetto di scherno da parte di taluni ragazzini di strada46. Questi, nellinsultareil santo monaco, utilizzano in senso dispregiativo il termine bulgaro47. Ora,il dato , a mio avviso, riconducibile piuttosto alla sfera della circolazione delleidee: laccezione ingiuriosa del termine pu difatti essere entrata nel linguag-gio comune dei Greci di Calabria per il tramite di contatti con altri individuie/o territori dellimpero, quindi anche a prescindere da una pratica diretta disoggetti di origine bulgara48.

    Invece, proprio sullo scorcio della dominazione bizantina in Calabria ap-prendiamo da Goffredo Malaterra che nel 1054 Roberto il Guiscardo, nel con-testo delle sue prime scorrerie sul territorio oggetto del nostro interesse, venneaiutato, presso ilcastrumdi San Marco49, da sessanta Slavi esperti dei luoghi50:

    Robertus vero Guiscardus, cum apud Scriblam moraretur, Calabros fortiter impu-gnans, cum videret suos propter infirmitatem loci et aeris diversitatem languescere,seniore locum expetens, non quidem ut timidus hostes devitandum retrorsum vadens,longius recepit. Sed potius, quasi in hostem iens, in viciniorem se conferens castrum,

    quod Sancti Marci dicitur, firmavit []. Guiscardus usque ad sexaginta quos Sclavosappellant, totius Calabriae gnaros, secum habens, quos quasi fratres fidelissimos sibi etmaioribus promissis effecerat, sciscitatus est ab eis utrum locum adibilem scirent, quo

    43. Brbion, l. 323.44. F. T 1865, XCII, p. 12145. S. C 1868, p. 442.46. I. D 1971b [= I. D 1969], pp. 510-512; A. G - K. T 1976, p. 679.47. , c. 41, p. 86.48. Cfr. V. F 1989, pp. 285 s.

    49. Odierna San Marco Argentano.50. De rebus gestis Rogerii, I, 16, p. 16.

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    praedam posset capi. Quibus respondentibus se ultra altissimos montes, via praerup-tissima, in profundis vallibus praedam permaximam scire, sed sine magno discrimineextrahi non posse, Robertus tale fertur dedisse responsum [] Sicque, lecto parato,cum iam collocatus esset, de nocte, ullo sciente, consurgens, vili veste et scarpis, quibus

    pro calceariis utuntur, ad similitudinem abeuntium sese aptans illis medius iungitur.

    Gli Slavi del brano appaiono come un gruppo abbastanza distinto dal restodella popolazione locale. La loro presenza in Calabria non doveva per esseretroppo recente, se essi sono esperti dellintero territorio. Tuttavia anche inquesto caso non possediamo elementi sufficienti per ricostruirne meglio lafisionomia.

    Ancora Malaterra menziona, poco pi avanti, degli Slavi che, a differenzadei precedenti, intervengono in Sicilia contro i Normanni51:

    [] comes, Tauromenium obsidens, viginti duo buscastellis vallavit []. At, dumquadam die de castro ad castrum per praecipitia scopulosi montis comes visum tran-siret cum paucis, pars quaedam Sclavorum inter myrtetica virgulta latitans, in quodamartioris transitus loco prorumpens, irruit. Et nisi Eviscardus quidam, natione Brito,audito strepitu armorum, sese comiti et hostibus interposuisset, de ipso comite, utaiunt hostibus triumphus cessisset.

    Le successive testimonianze letterarie inerenti la presenza di Slavi nel Mez-zogiorno riguardano di nuovo la Puglia: non sorprende che nella prima met delXII secolo il cronista Lupo Protospatario appaia informato, forse per il tramitedi profughi bulgari52, a proposito di alcune vicende relative al regno di Bulga-ria53. La Puglia infatti una regione dove, come si detto precedentemente54,fin dal X secolo gruppi di Slavi ebbero modo di radicarsi stabilmente, tanto chenellXI secolo i notabili dei piccoli centri costieri di Devia, Vieste e Varanosaranno tutti serbi, portando molti di essi il titolo di upan, signore in linguaserba55. Alla luce di ci stata ipotizzata una attribuzione ad ambito pugliese,

    precisamente alla regione del Gargano, del salterioAthen.149 (sec. XI), fruttodella collaborazione tra un copista greco e un pittore slavo. Alcune illustrazionidel manoscritto recano difatti delle iscrizioni, oltre che in greco, anche in unalingua slava che per le sue caratteristiche rinvierebbe al serbo, motivo per ilquale si pensato alla zona del Gargano appunto, dove comunit serbe, si

    51. Ibid., III, 15, p. 66.52. I. D 1971b [= I. D 1969], p. 514.53. Lupi Protospatarii Chronicon, p. 57; cfr. I. D 1971b [= I. D 1969], pp. 513 s.

    54. V. supra, p. 206.55. F. C 1991, p. 68.

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    detto, sono attestate proprio nella prima met dellXI secolo56. Tuttavia Jean-Marie Martin ha rigettato tale ipotesi evidenziando come le grec a toujours tune langue trangre dans cette zone, per cui le manuscrit na pu tre utilisque dans une zone hellnophone o vivait une minorit slave. Si potrebbeallora pensare, in alternativa, al Salento in quanto zona ellenofona prossimaal Gargano e quindi in contatto con le comunit slave del posto, ma si tratta,anche in questo caso, di una semplice ipotesi. Per chiarire la questione sarebbenecessario in primo luogo un riesame codicologico e paleografico del codice,al fine di appurare, innanzitutto, lorigine italogreca, ma anche i caratteri dellagrafia slava ivi attestata.

    Per quanto concerne invece la Calabria oramai non pi bizantina qualcheulteriore elemento, in assenza di evidenze di altro genere, si pu forse ricavaredai toponimi e dagli antroponimi che figurano nelle fonti documentarie58.

    Cos, in alcuni documenti facenti parte del dossierdi S. Giovanni Teriste59troviamo menzione di un notaio Ruggero figlio di Sclavopetro, il quale intervie-ne, ad esempio, nel 1133 nella definizione dei confini tra le propriet di StefanoMaleinos e del monastero di S. Stefano del Bosco60. Ancora, il 15 maggio 1179Giovanni, figlio di Leone Sclavossottoscrive latto di vendita di una vigna sitain agro Calabri61. Nel 1188 un certo viene chiamato in causain un atto con cui Giovanni di Reggio, iudex Calabriae, dirime una controver-sia sorta tra Aschettino di Brui e i fratelli di Odierna signora di Oppido62. Un figura, in un documento privo di datazione, tra gli uomini dipropriet di un monastero di S. Leonzio63. In un atto di vendita, datato 1268,di un terreno sito nel territorio di Aieta leggiamo poi un riferimento ad un , un podere dei figli di Sclapos, antroponimoforse da leggere Sclabos/Sclavos, cos come potrebbe essere di origini slavelAnna Sclapena (per Sclavena?) proprietaria, insieme ad altri soggetti, di duepoderi ubicati nel territorio di Aieta venduti nel marzo del 126965.

    Questi pochi dati, nel complesso, restituiscono l immagine di una presenzademograficamente non molto rilevante, ma in ogni caso, direi, significativa. Ri-

    56. A. G - K. T 1976, pp. 685-689.57. J.-M. M 1993, p. 508, n. 126.58. La denominazione Schiavoneadella localit sita nei pressi di Corigliano Calabro, in provincia diCosenza risale ad et moderna ed legata a fenomeni migratori del XV secolo, per cui non rientranei limiti cronologici del presente contributo.59. Riferimenti in G. C 1990, s. v. .60. F. T 1865, n. CXIV, pp. 152-153 = SJ, 280.61. Ibid., n. CXCIII, pp. 254-255.62. Ibid., n. CCXXV, pp. 294-301.63. Ibid., App. n. XVI, pp. 557-559.

    64. Ibid., n. CCCVII, p. 441.65. Ibid., n. CCCXIII, p. 453.

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    sulta difficile definire se e in che misura gli Slavi presenti sul territorio calabresein epoca bizantina si siano integrati con la popolazione locale o se, piuttosto,non abbiano mantenuto la propria fisionomia, come, in particolare, lascerebbeintendere il passo, sopra riportato, di Goffredo Malaterra relativo agli Slaviassoldati dal Guiscardo66.

    Accanto agli elementi offerti dalle fonti, altri dati da tenere in considerazionenello studio dei flussi di individui e idee tra Calabria bizantina e postbizan-tina e mondo slavo possono emergere da una analisi sia delle relazioni frareligiosit italogreca e slava, sia dei rapporti tra alcune traduzioni slave di testibizantini, principalmente agiografici ma non solo e i relativi, presunti, modellidi provenienza italogreca.

    La questione degli influssi della religiosit calabro-greca sul mondo slavo stata indagata da Ivan Dujev. Questi ha evidenziato attraverso in particolarelesame delle figure di Pietro il Siculo (sec. IX), Giovanni Italo (sec. XI) e BarlaamCalabro (sec. XIV) come tali influssi siano in effetti mediati da Costantino-poli, dal momento che i contatti diretti fra i due ambienti risultano assai scarsio addirittura inesistenti67. Essi inoltre sembrano svilupparsi secondo ununicadirettrice, ovvero dagli ambienti italogreci verso quelli slavi68.

    Esistono tuttavia, in ambito liturgico, dei testi che, estranei alla tradizionecostantinopolitana, figurano invece nei libri liturgici slavi e italogreci69. Piut-tosto che ad un legame diretto, tali elementi possono essere ricondotti ad unafonte comune che avrebbe esercitato la propria influenza indipendentementesui due ambienti. A tal riguardo, lipotesi di una mediazione da parte di unmilieuorientale, nella fattispecie il monastero di Santa Caterina del Sinai, stata rifiutata sulla base della presenza, nei manoscritti russi, di particolaripreghiere del rito greco, che seppur retrocesse in ambiti secondari del rito, sonotradite dalla medesima recensione testuale arcaica [italogreca]; questa osser-vazione induce a postulare lutilizzo, nella liturgia slava, anche per i soli finicompilativi, di una o pi fonti dellItalia meridionale bizantina. Il formularioitalo-greco, pi precisamente campano, detto di s. Pietro, autenticato per cos

    dire dal ricordo, nellantico manoscritto Sinai sl. 5/N, del signor Aligerno abatedi Montecassino nella seconda met del X secolo, resta la testimonianza pidiretta e inequivocabile della connectiontra i due mondi e le due culture70. Etuttavia tanto il testo, quanto la menzione di Aligerno, potrebbero essere stati

    66. V. supra, pp. 210 s.67. I. D 1973, p. 182.68. Ibid.69. E. V 2006, p. 434.70. Ibid. Il codiceSinai sl.5/N contiene, insieme alla Liturgia italo-bizantina detta di s. Pietro, una

    raccolta cospicua di preghiere dellambone conservate in greco nei coevi eucologi italo-bizantini:S. Parenti 2011, p. 168.

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    trascritti a partire da un modello italogreco presente in ambito sinaitico o co-munque orientale. Daltra parte, altri testi trasmessi dal Sinai sl.5/N induconoad ipotizzare una relazione diretta del milieuslavo con un ambiente familiarealle tradizioni hagiopolite. Sicch secondo Stefano Parenti le preghiere noncostantinopolitane comuni agli eucologi medio-orientali e italogreci e ai codiciliturgici glagolitici, di antica e nuova scoperta, hanno buone possibilit di pro-venire da un eucologio melkita [].

    I manoscritti in caratteri glagolitici in questione, oltre al Sinai sl.5/N sonoil salterio Sinai sl.38 e leucologio Sinai sl.37, entrambi datati allXI secolo. Untempo ritenuti realizzati, sulla base dellornamentazione, in Italia meridiona-le73, essi devono forse essere ascritti piuttosto al Sinai74. Per quanto riguarda ilsecondo, in particolare, ancora Parenti ha osservato che LEuchologium Sinai-ticumcondivide con il Barberini gr. 336e con altri eucologi italo-bizantini emedio-orientali un certo numero di testi liturgici melkiti, riconducibili, comeho suggerito di recente, ad un comune influsso della tradizione hagiopolita e/odel Sinai.

    Ancora una volta, dunque, non possiamo parlare di contatti diretti tra am-bienti italogreci e slavi, ma piuttosto di influenza su entrambi di altre tradizioni,in questo caso hagiopolite o sinaitiche.

    Di contatti indiretti, mediati in questo caso da Costantinopoli, si parlanuovamente a proposito di alcune traduzioni slave di testi italogreci76, nellafattispecie le Vitedi san Pancrazio di Taormina, di san Leone di Catania, disan Gregorio di Agrigento, di due testi attribuiti a Teofane Siceliota, la tradu-zione dellomelia di Filagato KerameusIn Dormitionem sanctissimae Deiparae(XXXIII Rossi Taibbi), mentre deve essere escluso dal novero dei testi italogrecinoti in traduzione slava il Commento allEcclesiasteche, un tempo attribuito asan Gregorio di Agrigento, stato ascritto dalla critica pi recente ad ambientialessandrini di VI/VII secolo77. Ad una mediazione orientale si deve pensarealtres per ci che concerne la presenza nei menologi slavi della menzione disanti italogreci tra i quali figura, unico calabrese, san Fantino il Giovane78.

    Ancora, lesistenza di traduzioni slave di alcuni testi agiografici conservati,pare, solo in manoscritti italogreci79non pu, da sola, dimostrare, almeno a mio

    71. S. P 2011, pp. 167 s.72. Ibid., p. 168.73. A. G - K. T 1976, pp. 689 s.74. S. P 2011, p. 166 e n.75. Ibid., p. 167.76. I. D 1973, pp. 197-199.77. Pseudo-Gregorii Agrigentini Commentarius in Ecclesiasten, pp. XXIV-XXV, LIII-LXI.

    78. I. D 1973, pp. 199-201.79. F. J. T 1985, pp. 221 s.

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    avviso, che tali versioni abbiano a monte necessariamente modelli italogreci80.Esse, difatti, possono essere state realizzate a partire da testi circolanti in am-bito balcanico o comunque greco-orientale e che, ad un certo momento dellatrasmissione testuale, sono andati perduti, sopravvivendo esclusivamente nelramo italogreco della tradizione.

    Solo in lingua slava risultano trasmessi invece dei testi il cui originaleitalo(?)-greco, per quanto ne sappiamo, andato perduto. Trattasi del Tipico delmonastero di San Giovanni di Pantelleria81e di una redazione della cosiddettaVisio Danielis, un testo appartenente alla tradizione apocalittica bizantina82.

    In relazione al Tipico, opportuno innanzitutto precisare che, nonostante inpassato siano stati sollevati dei dubbi circa la corretta interpretazione del toponi-mo /Patellaria/Pantelarea, se cio esso indichi lisola al largo dellaSicilia occidentale o piuttosto altra localit, oggi la prima identificazione vienein genere accettata84. Incerta resta invece la data di fondazione del monasterodi S. Giovanni, e cos anche quella della redazione del Tipico. Per la prima sipensa comunque ad un periodo a cavallo tra lVIII e il IX secolo, quando ciovissero, presumibilmente, gli abati Giovanni, autore del testo, e Basilio85. Nonsi esclude tuttavia lipotesi che Giovanni fosse in realt un monaco di origineegiziana trasferitosi in Occidente nel VII secolo, insieme ad altri connazionali,in seguito alla conquista araba della sua patria86. Di conseguenza la stesura delTipico risale o al VII o a fine VIII/inizi IX secolo mentre, in base alla lingua, latraduzione slava viene assegnata al X secolo87.

    Per quanto riguarda circostanze e modi in cui essa stata realizzata, possia-mo solamente formulare delle ipotesi: pensiamo, ad esempio, alla presenza dimonaci di origine balcanica in Sicilia, oppure alla eventualit che una copia deltesto sia giunta in Oriente nella penisola balcanica ma anche, se teniamo contodelle precedenti riflessioni88, in ambito hagiopolita o sinaitico. opportuno, alriguardo, richiamare i gi citati riferimenti ad un insediamento slavo a Siracusa

    80. , questa, lopinione di Francis J. omson, che, a proposito della affermazione di Dujev se-

    condo cui i riflessi della religiosit italogreca presenti nel mondo slavo vanno intesi come mediati daCostantinopoli, ritiene che ci sia vero solo per quei testi noti anche in una tradizione orientale, butit hardly applies in cases where the manuscript tradition of a text does not go beyond the confines ofthe Italo-Greek region: F. J. T 1985, p. 223.81. I. D 1971a; BMFD, pp. 59-66; V. F 1986, pp. 154-157.82. P. J. A 1973; Id. 1985, pp. 62-72.83. S.G. M 1970, p. 379.84. ODB, p. 1594; BMFD, pp. 59 s.; V. F 1986, pp. 152-157.85. Come suggerito da Augusta Acconcia Longo: V. F 1986, p. 154.86. Ibid., p. 157 e n.87. F. J. T 1985, p. 222. Essa trasmessa da manoscritti di epoca successiva: ibid. p. 229, n.

    35; BMFD, p. 5988. V.supra, pp. 213 s.

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    contenuti nella Vitadi san Pancrazio di Taormina, nonch la migrazione di esulibalcanici in Sicilia dinanzi alle invasioni avaro-slave del VII secolo89. In quasidue secoli di permanenza sullisola i discendenti di questi gruppi possono avereconosciuto processi di integrazione pi o meno significativi, con conseguentiacquisizione e assimilazione di tradizioni culturali e religiose locali. Linvasionearaba pu avere poi indotto tali comunit ad abbandonare la Sicilia, e magari arientrare nei territori dorigine portando con s, oltre che le suddette tradizioni,anche dei testi.

    Maggiori problemi solleva, invece, la traduzione slava della cosiddetta VisioDanielis, il cui modello greco sarebbe stato realizzato, secondo Paul J. Alexander,in Sicilia tra l827 e l82990. Tale datazione si basa su un particolare passaggiodel testo, nel quale lo studioso ha letto un riferimento alla rivolta di Eufemio eallinvasione araba della Sicilia dell82791. Il medesimo passaggio conterrebbeinoltre dei toponimi che vengono identificati, in due casi, con le localit di Enna eAcradina92, mentre una certaMarianiiviene, in via di ipotesi, collocata tra Segestaed Enna e identificata con lattuale Marianopoli, in provincia di Caltanissetta93.

    Ora, premesso che la questione andrebbe a mio avviso riconsiderata a partireda una nuova analisi del testo slavo per il quale stata proposta una datazioneante1078-108194 volendo accogliere linterpretazione di Alexander potremmoipotizzare, per la Visio Danielis, un itersimile a quello del Tipico di Pantelleria,ovvero una traduzione effettuata in locooppure una traslazione, e successivatraduzione, del testo greco in territorio, o comunque presso una comunit slava.

    Da quanto detto emerge chiaramente la difficolt di tracciare un quadropreciso della presenza slava nella Calabria bizantina. I dati disponibili tuttavia,per quanto frammentari, non consentono di escludere che la regione sia statainteressata, al pari delle vicine Puglia e Sicilia, da movimenti di individui diprovenienza balcanica e di etnia slava, movimenti presumibilmente diretti inentrambi i sensi, quindi dal Mezzogiorno e dalla Sicilia bizantini in Oriente eviceversa. Le comunit slave, se effettivamente presenti nella regione, non dovet-tero avere in ogni caso una consistenza significativa, anche perch, allindomani

    della conquista normanna, gli Slavi non figurano tra i meglio definiti gruppietnici che costituivano la composita popolazione soggetta ai nuovi dominatori95.

    89. Si detto che, sebbene la nostra fonte la Cronaca di Monemvasia faccia riferimento alle po-polazioni bizantine di Lacedemone e di Patrasso, non escludiamo che itinerari analoghi siano statiseguiti da esuli di etnia slava: v. supra, p. 206.90. P. J.Alexander1985, p. 64 e n. 13.91. P. J.Alexander1973.92. Ibid., pp. 12 s., 30.93. Ibid., pp. 31 s.

    94. F. J. T 1985, p. 222.95. Su questo aspetto v. V. F 1979.

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