Gli anni verdi. Luchino Visconti ad Ischia - La Rassegna d'Ischia

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A tutti gli amicidi Luchino Visconti

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Catalogo a cura diTonino Della Vecchia

AllestimentoMassimo Ielasi

CoordinamentoLucianna De Falco, Antonio Gargano,Aldo Tonini

SegreteriaRosario de Laurentiis, Giuseppe Di Meglio,Anna R. Marcellino, Grazia Rattazzi

RevisoriGiorgio Brandi, Enrico Longobardo

Riferimenti iconograficiAzienda Turismo Ischia e Procida, Tonino Baiocco, Salvatore Basile,Giovanni Bortoluzzi, Comune di Forio,Iolanda d’Ambra, Odette e Corrado D’AmbraDario e Tonino Della Vecchia,Gaetano Di Scala, Franco Iacono,Massimo Ielasi, Istituto Luce, La Rassegna d’Ischia, Raffaele Mattera,Francesco Rispoli

Si ringrazianoAssociazione Albergatori Isola d’IschiaFederalberghi ConfturismoPegaso SpaFranco Cavallaro, Capo Ufficio Stampadel Centro Europeoper il Turismo Cultura e Spettacolo

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COMUNE DI FORIO

ASSESSORATO ALLA CULTURA

CIRCOLO GEORGES SADOUL

ISOLA D’ISCHIA

ISTITUTO ITALIANO

PER GLI STUDI FILOSOFICI

NAPOLI

Chiostro di S. FrancescoCinque notti bianche.Il cinema di Luchino ViscontiSeminario di Augusto Sainati3-7 settembre

Parco della ColombaiaApertura della Villa al pubblico

Luchino Visconti.Gli anni della formazineMostra fotograficaa cura di Caterina d’Amico De Carvalhoin collaborazione con la FondazioneIstituto Gramsci, Roma

Fra le vaghe stelle dell’Orsa.Serata evento.a cura di Luigi Paini22 settembre

Fra le vaghe stelle dell’OrsaOmaggio a Luchino Viscontinel venticinquesimoanniversario della morte

Forio, La Colombaia3-30 settembre 2001

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Panorama e porto di Forio, 1950 ca.

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Francesco Paolo MontiSindaco di Forio

Il venticinquesimo anniversario della scomparsa del grande Maestro Luchino Visconticoincide con un risultato straordinariamente importante per la comunità di Forio:l'apertura alla fruizione pubblica della Villa La Colombaia, dimora del regista, nelbosco di Zaro, che ospiterà una Scuola Internazionale di Cinema e di Teatro.Grazie alla Colombaia, Forio diventa un punto di riferimento culturale di rilievoeuropeo, recuperando quel ruolo di crocevia di esperienze, sensibilità e valori che neglianni '50 fece di Forio un cenacolo di intellettuali e artisti di primo piano.La Colombaia dovrà rappresentare per Forio una finestra sul mondo, uno strumento diapertura alle novità, al dialogo e all'osmosi fra i popoli e le culture nel nome di LuchinoVisconti e del messaggio universale del suo genio creativo.La Colombia sarà la sede di un festival internazionale del cinema, di premi, rassegne,incontri, di un museo permanente dedicato a Visconti ed il centro propulsivo di attivitàdi formazione e comunicazione in grado di suscitare l'attenzione dei media e soprattuttola partecipazione del territorio in un percorso che apre le frontiere al turismo di qualità.Un sogno degli anni '90 si è trasformato in un progetto concreto, iniziato con l'acquisi-zione della Villa, la sua ristrutturazione, la sua rinascita.Per Forio, per l'isola d'Ischia, per la Cultura.

Daniele MorgeraAssessore alla CulturaComune di Forio

C'è finalmente un punto fermo nel viaggio affascinante che da quasi 15 anni impegnale amministrazioni del Comune di Forio per il recupero e la valorizzazione di uno deisuoi più importanti beni culturali. La Villa di Luchino Visconti apre i battenti.Lo fa con un impegno culturale che intende onorare la memoria del grande regista,creare un polo teatrale e cinematografico con il coinvolgimento dei grandi protagonistidi questi settori, dare a Forio un’occasione di crescita culturale, per lo sviluppo del ter-ritorio, l'aggregazione sociale, la nascita di opportunità qualificate per i giovani nelcontesto internazionale.Per raggiungere questi obiettivi, il Comune di Forio ha sviluppato sinergie istituzionalicon la Regione Campania e la Provincia di Napoli, ha dato vita ad una suaFondazione di partecipazione che potrà catalizzare risorse ed energie di partner pubbli-ci e privati, ha promosso rapporti di collaborazione con enti come il Circolo GeorgesSadoul e l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici che hanno messo a disposizione unpatrimonio di autorevolezza, capacità ed intelligenze determinanti per il successo delprogetto.Ora Forio e l'isola d'Ischia hanno uno strumento in più per conquistare un posto d'ec-cezione nel panorama culturale italiano. Un passo fondamentale è stato finalmentemosso. Ora inizia il cammino più lungo e appassionante. Quello che segnerà la vita diuna nuova istituzione culturale che da Forio e dall'isola d'Ischia lavorerà per alimen-tare la diffusione del sapere, la veicolazione delle idee e delle emozioni, il gusto dellascoperta e dell'innovazione, il valore del ricordo come fonte inesauribile del progressocivile, culturale sociale.

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Il porto di Ischia nei primi anni ‘50

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Gerardo MarottaPresidente Istituto Italianoper gli Studi Filosofici

Quando nel 1994 l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici dava l’avvio alle Scuole estivedi Alta Formazione, di fronte a quello che a taluni appariva allora come un rischio, legatoall’esito del tentativo di “esportare” l’attività culturale dell’Istituto nei centri minori delMezzogiorno d’Italia, una duplice consapevolezza ci confortava: da una parte, quella dicontribuire a rinvigorire una vocazione intellettuale che, pur se avvilita e soffocata troppospesso da condizioni di arretratezza economica, si era mantenuta sempre viva nel tempo eaveva alimentato la vita civile del Mezzogiorno, dall’altra quella di soddisfare un’esigenzadiffusa e fortemente sentita, ma alla quale né la scuola né l’università erano in grado didare risposte adeguate.In particolare, nella circostanza delle celebrazioni in onore di Visconti, mi piace ricordareil fatto che la prima Scuola estiva di Alta Formazione è stata la Scuola di Storia e Criticacinematografica, intitolata appunto a Visconti, con sede prima a Ischia e poi a Forio.L’impresa di far rinascere in tutto il Mezzogiorno e in altre località d’Italia attraverso taliscuole l’amore per il sapere e la passione civile è stata coronata da un consenso sempremaggiore, e il fatto che essa sia partita proprio sotto il nome di Visconti rappresenta qual-cosa di più di una coincidenza. L’opera di Luchino Visconti, infatti, si è svolta nel segnodell’impegno civile e dell’innovazione artistica, di quella ricerca della verità nella rappre-sentazione che va oltre gli schemi di scuole o tendenze e che richiede il coraggio di unacontinua sperimentazione. E’ un percorso che idealmente si ricongiunge a quello chel’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha intrapreso nei suoi ventisei anni di vita e chein attività e iniziative come questa, promossa in collaborazione col Comune di Foriod’Ischia e il Circolo “Georges Sadoul” di Ischia, trova un suo adeguato compimento.Nel nome di Luchino Visconti non solo onoriamo il grande regista e intellettuale europeo,ma salutiamo la ripresa della vita civile nelle forme del sapere e dell’arte.

Angiola MaggiPresidente Circolo G. Sadoul

Un giorno, non so quando e non so dove, Luchino Visconti disse: «I corvi volano a schie-ra, le aquile volano solitarie». L’orgoglio di un fuoriclasse. E a ragione, perchè la suagenialità creativa, il suo magistero artistico, lo inscrivono in un orizzonte interminato,dove la luce delle sue “vaghe stelle” ci invade di intensità inquietante e le sue immagini,ad ogni rilettura, inducono emozioni e riflessioni inedite. Corvi ed aquile: l’affermazioneè assoluta, essenziale e, filtrandola criticamente, possiamo cogliere il senso assiologicodel mondo interiore dell’uomo e dell’artista, la testimonianza del suo credo estetico edetico, un binomio indissolubile perchè l’arte, la grande arte, ha sempre in sè il fonda-mento dell’eticità.L’anticonformismo di Visconti, la sua capacità di essere se stesso, di dominare i granditemi dell’umana tragedia sono l’ininterrotto filo di sinopia su cui corre la sua opera dipoeta. Perchè non si spenga la fiamma del ricordo, il Circolo Sadoul in collaborazionecon l’Istituto per gli Studi Filosofici, ha istituito fin dal '94 un corso di storia e criticacinematografica a lui dedicato, che ha sede attualmente nel Comune di Forio.

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Sommario

Une partie à ZaroArturo Martorelli

LuchinoMasolino D’Amico

L’ombra del Gattopardo. L’arrivoAnna Pilato

La terra trema! Dal cambiamento al caosIlia Delizia

In bellissima compagnia. La CasarellaRaul M. De Angelis

Giorni di svago. A passeggio con ViscontiGiuseppe G. Colucci

Luchino e i suoi amiciGianluca Castagna

La venuta degli Dei.Appunti su fatti di cronacaRaffaele Mattera

Di un senso profondo.Colloquio con Suso Cecchi d’AmicoLora Del Monte

Ossessione, una storia. La ColombaiaMaria D’Ascia

Foto da un gruppo di famiglia

Lo «straniero». Forio per ViscontiFrancesco Rispoli

Cinque notti bianche.La Scuola “Luchino Visconti”

Il lavoro

Dopo la morte a Roma. Una biografia

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Une partie à ZaroArturo Martorelli

Se i rapporti, in specie quelli vissuti intensamente, si potessero raccontare, questocatalogo avrebbe dovuto intitolarsi “Visconti e Ischia. Storia di un rapporto.”Ma i rapporti, quelli autentici, sfuggono alle leggi della narrazione e, nel loro farsi edisfarsi, tracciano percorsi segreti, indicibili, il cui tessuto si sgretola se vengonosottoposti alla luce dell’indagine che tende a esplicitare, a rendere razionale e visibilequanto di lieve e impalpabile si avverte nella loro trama.Quello tra Luchino Visconti e Ischia è stato un rapporto di questo genere, nel quale l’iso-la col fascino della sua natura e dell’umanità che la abitava non ha solo richiamato ilgrande regista, nei primi anni del dopoguerra, ad una dimensione di vita ritenutaormai perduta, ma gli ha offerto le condizioni ideali per la sua attività creativa.E’ in ciò che va individuata l’importanza che il rapporto fra Visconti e l’isola d’Ischiacontinua ad avere per la cultura mondiale: ciò che l’isola ha dato a Visconti, questi lo harestituito nei termini di una eredità artistica e materiale della quale tutti noi risultiamobeneficiari.L’obiettivo di questo catalogo, di ricordare e celebrare l’opera del regista nell’occasionedei venticinque anni dalla morte, viene tuttavia perseguito in modo da legare il ricordodella sua figura alla realtà del suo soggiorno ad Ischia, in quanto non si propone diaccrescere di contributi critici né di interpretazioni originali la già ricca bibliografiaviscontiana, ma di fornire, attraverso il filo dei ricordi, delle ricostruzioni e della analisi,un insieme ricco e vario di testimonianze sulla realtà, umana, geografica, storica ischita-na e, allo stesso tempo, sulla vita che Visconti vi conduceva, negli anni che videro nasce-re e fiorire il rapporto tra il Maestro e l’isola.Sono, così, raccolti e messi a confronto contributi di diversa natura, da quelli che,scavando nella memoria dei testimoni, portano alla luce gli aspetti privati, anche tra imeno noti, della biografia di Visconti, a quelli che illustrano le sue apparizionipubbliche, i suoi rapporti con gli amici ischitani e i collaboratori, il procedere del suostesso lavoro, fino a quelli che, ripercorrendo e analizzando la storia, le vicendeurbanistiche ed economiche dell’isola, tracciano un quadro d’insieme della sua realtà aitempi in cui il regista vi soggiornò e, allo stesso tempo, propongono un discorso nel qualesuccessi, errori, potenzialità mancate sembrano infine trovare coerenza interpretativa.Ad integrazione di questi contributi si pone la bella mostra fotografica dell’IstitutoGramsci di Roma sulla vita e l’attività di Visconti, un’ampia rassegna che documenta ivari aspetti di un lavoro creativo senza soste e che spesso proprio nella casa-rifugio della“Colombaia” trovava ispirazione e si realizzava.Ed è a partire dalla “Colombaia” che può ricomporsi quel rapporto con l’isola interrottosolo dalla morte. E’ dalla futura destinazione della villa a luogo di formazione deigiovani e incrocio di esperienze culturali e dall’impegno di riprendere il lascito moralee artistico di Visconti che sarà reso il miglior omaggio alla sua memoria, quello di farrinascere nell’isola, tra i “suoi” luoghi, lo spirito della bellezza e della verità.Se questo compito, del quale il presente catalogo vuol essere piccola parte, sarà assolto,allora il Maestro sarà ritornato per sempre ad Ischia.

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Luchino*Masolino d’Amico

La caratteristica di Luchino Visconti chepiù impressionava nella vita e sul lavoro,ripensandoci, era l’autorità. Per autorità -oggi si dice «leadership» - intendo il donodi farsi obbedire, ossia di ottenere chedelle persone eseguano senza perdertempo a convincerle. E’ una dote naturalee misteriosa e si manifesta in tanti modi.I direttori d’orchestra non eccelleno se nesono sprovvisti, ma non ce ne sono due chela esprimano con gli stessi gesti.Bernstein, che saltava entusiasta comeun derviscio e finiva fradicio di sudore,aveva sulle orchestre lo stesso ascendentedel gelido Pierre Monteux che, a vederlodi spalle, sembrava non muovere nemme-no un dito. Visconti, che di rado alzava lavoce, con la sua autorità era venuto almondo, ma è difficile sostenere che l’aves-se ereditata dai suoi lontanissimi antena-ti, i trecenteschi signori di Milano, i cuititoli, estinto il ramo principale, eranopassati a un collaterale per concessione diNapoleone Bonaparte. Donde gli venisse non si sa, fatto sta chela emanava. Inizialmente la sperimentòsui cavalli, quando ricorrendo anche all’i-pnotismo costrinse uno scarto di Tesioquasi zoppo a vincere il Premio Città diMilano. Poi passò agli attori, che infattiparagonava spesso ai quadrupedi, affer-mando che bisogna saperli prendere nelmodo giusto, capire quale ha bisogno dellafrusta, quale delle carezze, quale dellozuccherino. Lo scopo ultimo di questa suamanipolazione del prossimo non era, perfortuna, la politica, bensì il teatro, il cine-ma, l’opera lirica, ossia il «ludus», il gioco:del resto il gioco va fatto col massimoimpegno e la perfetta serietà. Sul gioco delteatro Visconti non scherzava affatto, esi-geva la perfezione in tutto e da tutti. Se il

genio consiste in una cura infinita dei par-ticolari, Visconti lo possedeva. In ognicaso, sapeva sempre esattamente quelloche voleva, persino la tonalità di unfischio di treno lontano, e non era possibi-le accontentarlo con un surrogato appros-simativo. Lo si è definito un grande dilet-tante, in realtà era un profondo conoscito-re di tutto quello di cui occupava. Per lescenografie sceglieva sempre e infallibil-mente i tessuti più cari: i suoi finanziato-ri provarono qualche volta a scambiare icartellini dei prezzi sui campionari, ma luinon abboccò mai. Anche i suoi collaborato-ri erano sempre tutti di altissimo livello,dall’aiuto al costumista al datore di luci;con lui però funzionavano ancora meglioche con chiunque altro. La sua autoritàallargava il potenziale delle persone: seVisconti ti diceva di fare qualcosa che nonti eri mai sognato, obbedivi senza discute-re, lui ovviamente ne sapeva più di te.Non dico che ci cogliesse proprio sempre.Una volta mi trovai con lui in visita allavilla che Marcello Mastroianni si eraappena comprato in Lucchesia. Visconti(io veramente lo chiamavo Luchino, anchese gli davo del lei) approvava, suggerivainterventi e modifiche. A un certo punto sifermò davanti a due grandi cespugli orna-mentali.«Ma questi vanno potati!» disse «Datemile forbici». Arrivarono dei forbicioni dagiardiniere. Lui si mise a sforbiciare, masi stancò quasi subito. Allora passò le for-bici a me. «Continua tu» mi ordinò. Io eroun ragazzo di città e non sapevo distin-guere una peonia da un carciofo. Aprii labocca per obiettare, ma subito la richiusi emi misi a sforbiciare, ligio. Quel cespuglio,che negli anni ho rivisto, non si è ripresomai più.

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* Pubblicato su “La Stampa” del 20 marzo 2001con il titolo Personaggi del ’900. Un leader nato,un professionista impossibile da imbrogliare eun mago che si considerava immortale.Visconti, l’uomo che ipnotizzava i cavalli.

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ra, e alla maniera sua. Nemmeno per unsecondo accettò di fare l’invalido. Congrandi traffici gli fu fatta venire dallaSvizzera l’ultima invenzione, una carroz-zina elettrica che camminava da sé, malui ci si sedette una volta sola: dovevausare le sue gambe. A me e a mia moglie disse: «non mi avetemai invitato a casa vostra», e quandoseppe che abitavamo un quarto pianosenza ascensore il complimento diventòun ordine. Lo invitammo, e arrivò moltoaffaticato ma, al solito, del tutto padronedi sè, appoggiandosi a un bellissimo infer-miere biondo, mangiò, bevve e fu cordialecon gli altri ospiti, un po’ intimiditi.All’epoca viveva in un piccolo apparta-mento sulla collina Fleming, semprepieno di fiori, continuando nel frattempo aarredare una grandiosa villa sui collilaziali dove sapeva benissimo che non sisarebbe mai trasferito. Da quell’appartamento il 17 marzo 1976,venticinque anni fa, se ne andò, avendodeciso di farlo, o questa fu la sensazioneche diede. Aveva realizzato la Manon diPuccini a Spoleto, un capolavoro di regiad’opera degno della sua leggiadraTraviata alla Scala del ’55 (io l’ho vista, mici portò mio padre una sera, il pomeriggioeravamo stati a San Siro per un Italia-Brasile 3-0, due gol di Virgili.In camerino la Callas ci disse civettando,con incantevole accento veronese e mira-bile padronanza delle espressioni idioma-tiche: «siete venuti fino a Milano solo perme? Non ci credo. Chissà quale altrouccello avete preso con questa fava!»).Aveva appena finito di girare un altrofilm, L’Innocente. Poteva anche voltarepagina. Quando seppi che non c’era piùpiansi - gli volevo molto bene, e poi ero

L’autorevolezza, talvolta l’imperiosità diVisconti mascheravano il fatto che infondo era timido. Se qualcuno gli tenevatesta poteva diventare violento, ma chinon avendo paura di lui riusciva a scher-zarci e sdrammatizzare - succedeva dirado, ma succedeva - lo smontava. Ricordoun episodio poco prima della proiezionealla stampa di Le Notti bianche. Era ilritorno di Visconti a Venezia dopo lo scan-dalo di Senso, che anni prima era statoclamorosamente escluso dai premi perinterventi politici, e il nuovo film era alcentro delle attese. Visconti aveva appenacontrollato una copia campione ed erarimasto scontento di un particolare. Ilmomento clou del film è l’arrivo dello sco-nosciuto che la protagonista, di cui il soli-tario Mastroianni si innamora, aspettatutte le notti. Lo sconosciuto era JeanMarais, che vedendo Maria Schell da lon-tano le diceva (con la voce di GiorgioAlbertazzi) «Sei tu, Natalia?».Ora, Visconti trovava che quella battutaera anticlimax. Era venuta male; suonavafredda, sembrava che i due si fosserolasciati un minuto prima: era assurda.Rovinava tutto il film. I giornalisti non ladovevano sentire, bisognava cambiare,ridoppiare, fare qualcosa. Si creò, comesuccede in queste situazioni, una trage-dia. Il produttore Franco Cristaldi tentòdebolmente di dire che in tre ore, lì alLido, non si poteva fare niente. Viscontichiese che almeno la battuta fosse toltadalla colonna sonora: impossibile. E inter-rompere il sonoro per un momento? Chi èil proiezionista? Chiamatelo!Volavano i suggerimenti mentre Viscontisempre più convinto della necessità dineutralizzare la goffa battuta minacciavatorvo addirittura di ritirare il film per non

esporlo al ludibrio. Risolse tutto RuggeroMastroianni, fratello di Marcello, grandemontatore e romano pigro e sornione.Durante un momento in cui tutti sfinititacevano intervenne dicendo: «Conte, sevuole mi affaccio e dico: sono stato io».Luchino rise e si rassegnò. L’aneddoto spiega anche un po’ la suaincrollabile predilizione, del resto ricam-biata, per mia madre: mia madre sapevacome prenderlo, sapeva scherzare con lui,magari disorientandolo momentaneamen-te un tantino. Non sono sicuro per esem-pio che Luchino apprezzasse il fatto chemia madre battezzasse Modrone il gattinoche lui ci regalò quando eravamo bambini(del tutto indifferente al fatto che miopadre detestasse gli animali: aveva decisoche il posto giusto per quel gatto era casanostra, quale infatti risultò). Esigentissimo con tutti, Visconti lo fu conse stesso quando fu colpito da un ictus chelo lasciò con un braccio e una gamba semi-paralizzati. In qualche modo, si rifiutò diammettere quello che era successo - non loaveva ordinato lui, quindi non esisteva. Insegreto si curò caparbiamente, obbedì aimedici e si sottomise a spossanti esercizidi rieducazione, ma davanti agli altri con-tinuò a lavorare come se niente fossestato. Essendo la sua una attività comportantela messa in moto di grosse macchine orga-nizzative, faticò a convincere chi dovevaaffidargliele; ma al solito ci riuscì. Pur didimostrare di esserci, accettò che il pro-duttore del film Gruppo di famiglia in uninterno fosse un uomo di destra in cerca dirispettabilità culturale come EdilioRusconi (a chi glielo rimproverava disse,sacrosantemente, che i capitali non sonodi sinistra); e insomma, si rimise all’ope-

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ancora giovane e ignoravo che ci sono per-sone che non muoiono. Luchino naturalmente la sapeva piùlunga. Una volta un maldestro inservien-te dell’Opera di Roma non lo riconobbe, etentò di impedirgli di entrare dall’ingres-so degli artisti. Il Conte lo trattò malissi-mo, l’altro si irrigidì.Quando l’equivoco fu chiarito, l’inservien-te, che voleva avere l’ultima parola, glidisse: «si calmi, si calmi. E si ricordi chetutti dobbiamo morire». «Lei, forse» rispo-se Visconti «io no».

Luchino Visconti con Edda Lancettialla Lampara. Inizi anni ’60.

Porto di Ischia, Riva destra. Metà anni ’60.

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Villa Pilato, ora Albergo Regina Palace. Fine anni ’40.

Porto d’Ischia, riva sinistra. Inizi anni ’50.

Corso V. Colonna, il Bar Vittoria in prossimità di Villa Pilato. Anni ’50.

Porto d’Ischia, riva destra. Inizi anni ’50.

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L’ombra del Gattopardo. L’arrivoAnna Pilato

Quando il Regina Palace aveva la graziaelegante di una villa, con le balaustredalle colonnine panciute e tinte di untenue giallo, Luchino Visconti fu suo ospi-te. E la sua camera ad angolo, che aveva ilbalcone sul bel giardino all'italiana cheseparava l'Albergo dalla via Cortese,acquistò, dopo il soggiorno di Visconti,come una specie di diritto all'ospite illu-stre.Luchino Visconti vi rimase a lungo e permolti anni di seguito: dalla primaveraall'autunno. Rapidissimi inverni romaninella splendida dimora sulla Salaria. Erala fine degli anni '40 e fu un colpo di ful-mine per l'isola d'Ischia. Dopo il ReginaPalace, una casa che, a mio avviso, è anco-ra la più bella di tutte: di fronte a Vivara,con le sue volute capricciose, gli angoli digiardino silenziosi, con ombre fatte piùazzurre dai grappoli di glicine come scri-veva anni addietro Mario Stefanile. Uncancello di ferro, con le spade incrociate,quasi un saluto, tra profumi e colori siapre sulle terrazze che abbracciano ilmare. Una sosta per avere il tempo di cer-care una casa definitiva, la propria, LaColombaia, nella baia di San Montano.Ma prima, del Regina, aveva fatto la suacasa. Amici, familiari, sempre insieme. Un fan-tastico clan. Fuori, nella silenziosa viaCortese, sotto l'ombra dei pini, le carrozzein attesa della chiamata. Le criniereinfiocchettate dei cavalli, il sacchetto conle carrube mature agganciato al sellinodel cocchiere, per ingannare l'attesa, pertacitare uno scalpitare improvviso. Poi,arrivava la chiamata dei Signori: ehi!Saturino, andiamo! E si partiva costeg-giando il mare, tra oleandri e tamerici, incorteo, quasi un'eco lontana di quelli più

fastosi dei "signori" di Milano, di quelLuchino Visconti del '300.Elsa Morante, anche lei ospite del Reginainsieme al marito Alberto Moravia, scri-verà qualche anni più tardi: "... vi nasconomigliaia di fiori spontanei, di cui non rivi-di mai più i simili sul continente. In pri-mavera, le colline si coprono di ginestre:riconosci il loro odore selvatico e carezze-vole, appena ti avvicini ai nostri porti..."(E. Morante, L'isola di Arturo, Torino,Einaudi, 1957, p. 12).Restiamo in primavera. Una mattina d'a-prile, c'è una chiamata telefonica urgen-tissima per uno degli ospiti, l'architettoCesare Pavani; una corsa precipitosalungo la grande scala, ma, giunto al pianoterra dove è la cabina, la linea cade.Bisogna aspettare (il numero telefonico diallora era 9!). Così l'architetto passeggialungo il corridoio, con un asciugamano difiandra annodato sul fianco, bellissimo damozzare il fiato. Dalla cabina, non c'èsegno di richiamo. Accanto, una portasemichiusa: ne esce un vociare allegro edun buon profumo. Nell'interno i proprieta-ri della Casa stanno affettando il "casa-tiello", essendo, come si diceva allora,"sparata la Gloria". L'invito ad entraregiunge insieme alla discreta bussata del-l’architetto. E’ stata la prima fetta di“casatiello” di questo dolce buono e misti-co, che si impasta il venerdì, si fa “scresci-tare” la notte del venerdì santo, si cuoce ilsabato e si mangia la domenica di Pasqua,ad essere servita al tavolo dei Visconti. Eda quella Pasqua in poi, il casatiello nonmancò mai di completare il pranzo degliospiti. Luchino Visconti, in particolare,seguiva una dieta rigorosa e precisa: pastiparchi a base di pesce, ma questo non gliimpediva certo di arricchire il più possibi-

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le la tavola del suo clan.Proprio a tale proposito, una piccola storiadi appetito, “diretta” da Visconti. Allalunga vacanza ischitana partecipavaanche la sorella di Luchino Visconti, allo-ra sposa D’Avanzo, con il piccolo figlio dicirca sette anni, Carlo, affettuosamentechiamato Putin. L’estate era ormai avan-ti, ma l’inappetenza del bambino comin-ciava a destare qualche apprensione: sem-brava quasi si dovesse ricorrere al solitoricostituente, quando invece lo zio orga-nizza diversamente.Fa preparare una grande tavola, allegra epiena di cose buone, invita a pranzo quat-tro piccoli figli di pescatori. Lunghe nottidi pesca, con reti e con lampare, avevanocreato legami di amicizia con gli uomini dimare. E così, tra guance del colore dellepesche mature, appetiti gioiosi e richiamirumorosi e coinvolgenti, nasce quella con-fidenza limpida e magica che solo i bam-bini sanno creare.“Tu come di chiami?” “Io Peppino, iss’Antonio, iss’ Aitano, iss’ Pasquale.”“Ma tu, che fai? Non mangi?”

“Sì. Mangio. Io mi chiamo Putin”.Discreti interventi del Maître a “rinforza-re” la tavolata, sorrisi di tutta la sala perquel tavolo dove a regnare erano la gioiadi vivere, la salute e l’amicizia.Una bella regia.Sempre tutti eleganti, i Visconti (c’eraanche un cugino), gli amici: impeccabili incompleti di lino bianco o avorio, in tenutasportiva con quei bellissimi pullover anno-dati con negligenza sulle spalle e chelasciano intravedere piccoli stemmi verdiche, a guardarli meglio e più da vicinoerano i primi coccodrillini Lacoste sbarca-ti sull’isola! Bellissimi tutti, gentili, felici egrati ad una terra piena di suggestione.Alla partenza, il saluto e l’arrivederci alprimo sorriso della primavera, un grazieconsapevole alla padrona di casa, miamadre, che con il tempo non ha perso lagrazia gentile della sua bellezza e chefaceva in modo che dai primi boccioli digiugno agli ultimi di luglio, ogni giorno,recisa di fresco, nella camera di LuchinoVisconti ci fosse sempre una gardeniabianca.

Ischia Ponte, arrivo della motonave. Inizi anni ’60.

Don Mario d’Ambra. Festa dell’uva, Ischia 1963.

Ischia, le Antiche Terme Comunaliin una cartolina d’epoca.

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Quando, nell’agosto 1945, venivano rico-stituite, dopo una parentesi di unificazio-ne, le sei municipalità dell’isola, la condi-zione sociale e ambientale in ciascuna diesse registrava aspetti e fenomeni propri,anche se accomunati da un’unica aspira-zione: dare nuovo impulso all’economia,uscire dalla condizione di precarietà e diristrettezza imposte da una agricoltura incrisi, che costringeva ad una difficilesopravvivenza o ad abbandonare la pro-pria terra e a cercare, in molti casi, fortu-na altrove. La vita associata si trovava fortementeimpoverita dai postumi del catastroficoterremoto del 1883, dagli esiti di dueeventi bellici e dalla crisi ormai inarresta-bile, anche per scelte politiche nazionali,della viticoltura che, da risorsa prevalen-te, si era ridotta ad attività di puro sosten-tamento.A fronte delle straordinarie risorse natu-rali e termo-minerali, le sei municipalitàaccusavano povertà di mezzi e di attrez-zature, difficoltà o impossibilità a realiz-zare, ciascuna per proprio conto, unaqualche miglioria che desse nuovo impul-so al sistema economico e produttivo. Il termalismo e la pratica della villeggia-tura, su cui pure si sarebbe voluto farleva, erano poca cosa, e comunque rima-nevano limitati a periodi brevi dell’anno ead ambiti circoscritti del territorio isola-no, quelli rivieraschi o ad essi adiacenti,per la facilità di accesso e per la possibilitàdi soddisfare, contemporaneamente, leesigenze di tutti i membri di una famigliain vacanza: cure termali presso gli stabili-menti per chi era afflitto da qualche infer-mità, tuffi nelle limpide acque ed esposi-zione al sole sulle bellissime spiagge perchi, invece, si risanava a contatto con la

natura.Le domande più pressanti, che aspettava-no risposte non più prorogabili, eranoquindi rivolte al lavoro e alle possibilialternative che questo poteva avere suun’isola dove i collegamenti, interni e conla terraferma, erano precari, dove le strut-ture balneo-terapiche o non erano ade-guate ai tempi o si trovavano abbandona-te, se non addirittura assenti; dove l’ap-provvigionamento idrico costituiva unaffannoso problema e dove l’elettrificazio-ne avveniva in maniera discontinua eintermittente.Per contro, è proprio quell’arcaismosognante da cui è assente ogni forma diindustrializzazione, è quella condizione diluogo incontaminato, che si fa generosoper esperienze a volte anche trasgressive,che porta in Ischia personaggi in cerca di“oasi-rifugio”, i quali indubbiamente con-tribuiscono a dare notorietà ai luoghi, manon è motivo per innescare processi di svi-luppo. Piuttosto, questo obiettivo impegna laparte più attiva della società civile ischi-tana, la quale si adopera, nell’immediatodopoguerra, a determinare con ognimezzo le possibilità di una svolta, nellaconsapevolezza delle peculiarità dell’isolae delle sue non utilizzate o male utilizzaterisorse. L’individuazione di un possibilesviluppo e le modalità di programmarlo edi attuarlo impegnano attivamente unmanipolo di uomini, di cui alcuni moltogiovani, i quali, provenienti dal cattolice-simo militante, danno impulso a nuoveforme di aggregazione sociale, come icomitati civici ed altro, fermentando nel-l’opinione pubblica la fiducia nel cambia-mento e facendosi spesso portavoce pres-so le nuove istituzioni di iniziative che

La terra trema! Dal cambiamento al caosIlia Delizia

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interessano la collettività.Questo movimento di opinione che nascedalla base trova valido riferimento nel giàcostituito Centro Studi sull’Isola d’Ischiache, sorto nel 1944, in pieno clima bellico,per iniziativa di una élite di studiosi e cul-tori di varie discipline, guidati dall’auto-rità culturale e dalla sapienza scientificadi Paolo Buchner, sotto la presidenza del-l’instancabile agitatore di coscienze,mons. Onofrio Buonocore, si proponevanon solo di promuovere e sviluppare studisul passato dell’isola per far crescere laconoscenza delle proprie radici ma anchestudi per una migliore riorganizzazionedel presente, onde rendere consapevolidelle possibilità che Ischia aveva ad usci-re dall’immobilismo e tentare con ognisforzo il cambiamento. Certo è che la parola che circola sullabocca di molti è: valorizzazione; nonsaprei dire se al momento fosse qualcosadi più di una pura espressione letterale,tanto essa si è trovata, per i modi e leforme in cui si è attuata, in fretta travoltadagli eventi diventando, per contro,responsabile dell’alterazione degli equili-bri naturali e antropici, della perdita dellaqualità della vita e di quant’altro. Già nel l939 lo Stato, consapevole dellepeculiarità tettonico-naturalistiche dell’i-sola e della estrema dislocazione sul terri-torio dei suoi piccoli insediamenti, avevapresa l’iniziativa di istituire un ente spe-ciale per la valorizzazione dell’isola (EVI)- allora amministrazione unica - il quale,oltre alle funzioni di azienda autonoma dicura e soggiorno di Ischia e Casamicciola,le due uniche località di fatto organizzateper accogliere un turismo curativo e stan-ziale, avrà assegnati compiti più vasti,indirizzati appunto ad una equilibrata

valorizzazione dell’intero territoriomediante iniziative di promozione anchenel campo dei servizi generali, come stra-de, adduzione di acqua potabile, elettrifi-cazione, piani territoriali. Nel bene come nel male l’EVI si troverà,fino al 1972, coinvolto in tutte le iniziati-ve, quelle mancate e quelle condotte abuon fine, che riguardano l’isola ma, datoil clima di conflittualità o di reciproco tra-valicamento, esso finirà per esplicaresenza contrasti solo un’azione di propa-ganda turistica che troverà in “Lettera daIschia”, la rivista fondata nel 1957 da unpiccolo gruppo di giornalisti e intellettualicostituitisi come divulgatori delle bellezzee delle prerogative dell’isola nel mondo,diretta da Giacomo Deuringer, e nel 1963assunta dall’Ente, la più valida testimo-nianza.Spetta dunque ad una sinergia di con-giunture la storica “svolta” dell’isola, laquale, come in tutte le narrazioni che sirispettino, ha i suoi eroi e i suoi pionieri.Come si sa, il cambiamento si offrì all’iso-la con i primi interventi di Angelo Rizzolia Lacco Ameno (1951-’54), i quali maiavrebbero potuto concretarsi senza quellavolontà di cambiamento di cui abbiamofatto cenno e senza che avesse trovatasoluzione la realizzazione di alcuni servizisociali, di cui si parlava e si programmavagià da alcuni anni. Mi riferisco alla posadel cavo elettrico per fornire di energiasufficiente tutti i luoghi dell’isola, allamessa in opera della condotta idrica sotto-marina, che addusse acqua potabile agliabitanti dei diversi versanti, mettendofine a privazioni, disagi, difficoltà atavi-che ed oggettive. Sebbene il primo progetto per addurreenergia elettrica attraverso cavo sottoma-

Donna con la “conocchia”.

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rino dalla terraferma alle isole di Ischia eProcida fosse stato sviluppato già nel1926, i tempi per la sua attuazione nonerano, però, allora maturi, sia per lo statodella ricerca tecnica che per lo scarso svi-luppo edilizio degli abitati cui l’impiantoera destinato e, non meno, per le speran-ze che altre forme di energia, come quellaendogena, di cui l’isola era ricchissima,aveva pure aperto. A questo punto non è senza significato,anche ai fini di quella sinergia cui abbia-mo fatto cenno innanzi, soffermare lanostra attenzione sul sopraggiungere diun vasto programma di interventimesso a punto dalla Cassa per ilMezzogiorno nell’ambito di una politicadel credito e della incentivazione turisticapromossa dal nuovo Stato repubblicanocon investimenti pubblici e privati nellezone di maggiore interesse turistico eambientale del meridione d’Italia. Saràinfatti grazie ai fondi a tasso agevolatoelargiti da questo organismo e per inte-ressamento dei politici di turno che ilcavo, imbarcato sulla nave posacavi“Aniene”, fu alloggiato in mare aTorregaveta e, nel giugno 1951, ne portò aterra, sulla spiaggia di Punta Molino, latestata alla tensione di 10.000 Volt.Preventivato per soddisfare le esigenzedell’isola per i prossimi 15-20 anni, doposoli quattro anni il cavo si avviava allasaturazione a motivo del rapido sviluppoturistico dell’isola, per cui nel 1957 funecessario progettarne un secondo che,con lo stesso sistema arrivò alla marina diSan Pietro con una tensione di 30.000Volt, anch’esso saturatosi in fretta per lestesse ragioni da richiedere più di unaintegrazione fino ai nostri giorni. Nel quadro della realizzazione dei servizi

Ischia, Piazza degli Eori negli anni ’50.

Uccisione del porco.

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Restituta.Più ambizioso il progetto che Rizzoli colti-vava per il resto dell’isola: trovandosi inpresenza di un territorio ancora tuttodisponibile, ne previde uno sviluppo turi-stico-alberghiero programmato, da affida-re ad una società mista, che potremmodefinire no profit, visto che ogni rendi-mento superiore al quattro per cento sisarebbe dovuto reinvestire nel program-ma di sviluppo stesso. L’ipotesi non ebbeseguito per il rifiuto dei proprietari deinumerosi piccoli stabilimenti termali iquali temettero di scomparire ingoiati daun gigante: fu così che a Rizzoli rimaserosolo alcuni terreni a ridosso della baia deiMaronti, acquistati in previsione dello

sfruttamento delle sorgenti di Olmitello eNitrodi, e l’hotel terme Manzi, nellaPiazza dei Bagni di Casamicciola, sito sto-rico del termalismo ischitano, che provvi-de a far ristrutturare in un attrezzatocomplesso per una clientela più esigentein quanto a servizi poiché, data la disgre-gata realtà dei luoghi, non è mai riuscito aconiugarsi con una felice contestualizza-zione. Intanto, mentre si continua a vagheggiareuna valorizzazione integrale mai coerente-mente avviata, per assenza di adeguatepremesse, quanto realizzato a LaccoAmeno ha i suoi esiti immediati in pubbli-cizzazione, sviluppo economico, emulazio-ne, per cui la vecchia agricoltura subisce

come momento decisivo per l’innesco disituazioni favorevoli allo sviluppo turisti-co vissuto dall’isola, va pure ricordato l’ac-quedotto sottomarino, opera parimentisignificativa e di eccezionale portata stori-ca, realizzata negli anni 1952-1958 dallaCassa per il Mezzogiorno e affidataall’EVI per la gestione delle reti, la qualeha assicurato all’isola il necessario riforni-mento idrico, prima di questa data affida-to all’erogazione di fonti locali, molto esi-gue e dislocate, ed alle navi-cisterna pro-venienti dalla terraferma, da cui con auto-botti passava ai depositi privati. Il suoarrivo sul piazzale aragonese di IschiaPonte il 9 novembre 1958 fu una datamemorabile: il getto, fatto elevare perquaranta metri fu “come un inno di vita-lità”e di liberazione.Per questa concomitanza di cause, l’ago-gnata valorizzazione non si lasciò atten-dere, facendo subito di Ischia un prodottocapace di generare la domanda turistica,con tutto quanto ne è conseguito in termi-ni di sviluppo ma anche in perdita di valo-ri e di identità, soprattutto se si pensa chelo sviluppo non ha seguito né programma-zioni né indirizzi di civiltà e di convivenzaumana. Affascinato dalla bellezza dei luoghi, d’in-tesa con l’amministrazione, incoraggiatodai fondi d’investimento, Rizzoli ampliò,con acquisizioni anche forzate, il pro-gramma degli interventi, che si esteseroall’intero territorio comunale ed oltre.Infatti, nel giro di un pugno di anni (1951-’54) provvide non solo alla riqualificazionee all’ampliamento delle terme, ma anchealla realizzazione dell’albergo ReginaIsabella, al recupero della villa Arbusto,che funzionò da residenza privata, allasistemazione della piazza Santa

U’ ngign. Meccanismo per l’irrigazione.

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parte a sede municipale, portava avantiscavi rivelatisi fondamentali per la strati-ficazione storica del sito, dall’età greca aquella paleocristiana, innestandosi nellaagiografia della santa patrona, e di cui ètestimonianza il museo allestito nel luogodi scavo. Intanto, spinto dai facilitati investimenti,scende sull’isola un altro industriale, ilconte Gaetano Marzotto, il quale attraver-so un’azione concordata con l’amministra-zione di Ischia Porto realizzava, tra il1956 e il 1957, il Jolly hotel, il primoalbergo-terme di vaste proporzioni chevalse ad inserire Ischia nei circuiti di unaclientela internazionale.L’operazione venne a modificare un per-corso di sviluppo in atto, teso a caratteriz-zare Ischia Porto come il luogo prepostoad un turismo residenziale e qualificatoche trovava nel porto, nel famoso Lido,nella intatta e rustica pineta dell’Arso enel corso Vittoria Colonna, i suoi punti diriferimento e di identificazione, in obbe-dienza ad una vocazione turistica matura-ta nel corso dell’Ottocento in corrispon-denza sia dello sviluppo abitativo-residen-ziale dell’area che della predilezione chela classe borghese, soprattutto napoleta-na, riserverà a questa parte dell’isola daivalori ambientali di più immediata e sicu-ra assunzione. In questa stessa prospettiva si avviò, conla fine degli anni Cinquanta, il recuperoqualitativo e funzionale di alcuni localiadibiti a deposito del vino o altro, che dise-gnano la cortina edilizia della riva destradel porto, dove cominciarono a nascere iprimi locali à la page: dal raffinatissimo“Bounty”, alla sofisticata boutique“Antonia”. Fu così che si determinarono i due poli del

un’ulteriore flessione, anche per il calo dimanodopera che intanto passa nell’indu-stria termale e turistica. Per intendere il ruolo che la pubblicità haavuto con la stagione Rizzoli, bisogna sot-tolineare la predilezione che l’industrialelombardo ebbe per la “sua creatura”. Essafu tale che non solo vi si recava appenalibero da impegni, approdandovi col suovecchio dragamine “Sereno”, adattato ayacth da crociere, ma si adoperò con ognimezzo per far crescere, con Lacco, anchela notorietà delle sue aziende nel mondo,insieme al prestigio personale, già notevo-le. Grazie alla posizione di rilievo conqui-stata con la Cineriz, la società cinemato-grafica che sosteneva la produzione deimigliori film italiani di quegli anni,Rizzoli portò ad Ischia attori, giornalisti,scrittori, personalità dello spettacolo edella politica in un’avvicendarsi di inizia-tive e di manifestazioni che valsero a cat-turare l’attenzione internazionale, conricadute su Lacco e l’isola tutta. V’è da dire, però, che Lacco non fu, neglianni Cinquanta, solo un palcoscenico dimondanità, ma anche il luogo della ricer-ca e del rinvenimento di importanti restiarcheologici che hanno consentito di testi-moniare il primato dell’insediamento diPithekusa rispetto alle altre colonie dellaMagna Grecia. Infatti, con paziente etenace lavoro Giorgio Buchner portavaalla luce, nella baia di San Montano, unaintera necropoli, di circa 2.000 tombe,comprese tra l’VIII sec. a.C. e il III d.C.complete dei loro corredi funerari, chesono andati a costituire il museo archeolo-gico di Villa Arbusto. Come pure, contem-poraneamente, don Pietro Monti, profit-tando dei lavori di consolidamento al com-plesso di Santa Restituta, da adibirsi in

Lettera da Ischia, anno I (Nuova Serie)n. 2, Autunno 1963.

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turismo ischitano: da una parte Lacco, checon quel “piccolo treno di case” di pescato-ri allineate sulla marina si trovò ad esse-re una stazione turistico-termale e mon-dana d’avanguardia internazionale, e dal-l’altra parte Porto d’Ischia che, disponen-do di un più ampio territorio da urbaniz-zare, in analogia col Jolly, nel giro di pochianni guadagnò sempre più numerosiadepti alla causa del termalismo, maanche del turismo da diporto. L’allargamento del turismo sul territoriotrovò, senza dubbio, il suo punto di forzanella realizzazione della condotta sotto-marina, che liberò dalla schiavitù dellamancanza di acqua potabile, ma sirafforzò per effetto del miglioramentodelle comunicazioni da e per il continente:nell’ottobre 1957 entra in funzione ilprimo ferry boat, con la capacità di tra-sportare cento passeggeri e trenta mac-chine, con tutto quanto la liberalizzazioneindiscriminata di questo mezzo di locomo-zione comporterà per l’isola, in quanto arumori , inquinamento, traffico, ed altro.Come pure nel 1959 si realizzò il primocollegamento con elicottero.Di grande incidenza, per quanto si deter-minerà in ordine a nuove possibilità difruizione dell’isola, ma anche a nuovedirezioni di sviluppo, sono le infrastruttu-re viarie degli anni 1956-60, realizzatecon fondi statali e per interessamentodell’E.V.I., come la via per Monte Vico,quella da Cavallaro a Punta Caruso, daForio a Citara, da Testaccio alla Spiaggiadei Maronti, da S. Antuono aCampagnano, da Lacco al Fango, daIschia Ponte a Cartaromana.Dalla parte opposta, l’apertura della stra-da per Citara consentirà, nei tardi anniSessanta, il primo esperimento di parco

Due momenti della posa del cavo elettrico sottomarino. Primi anni ’50.

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termale per una terapia curativa all’aper-to, ricorrendo ad una formula di gestionemista: industriali tedeschi per l’investi-mento di capitali e comune di Forio per leconcessioni minerarie. L’iniziativa deiGiardini Poseidon, continuata da altrioperatori, come i Giardini Aphrodite diSant’Angelo, costituisce in qualche modola ratifica della avvenuta “conversione” diForio al termalismo e al turismo di massa;difatti, da quella data, in questa parte del-l’isola, diventano particolarmente nume-rose le iniziative dei privati nel settoredelle attrezzature turistico-termali.In questa immediata rinascita vi è ancheuna riscoperta di luoghi, di tradizioni, dicultura popolare e contadina, mai deltutto cancellati e di cui si fa cassa di riso-nanza “Lettera da Ischia”, la rivista chel’E.V.I. ha rilevato, sempre con la direzio-ne di Giacomo Deuringer.In questo quadro anche la cultura viti-vinicola tenta la sua ripresa: per iniziati-va di Mario D’Ambra, consiglieredell’E.V.I., l’isola ottenne dal competenteministero l’accoglimento della richiestadei sei comuni perché venisse riconosciutaai vini d’Ischia la denominazione di origi-ne “controllata”, con l’uso dell’aggettiva-zione “classico” per vini di origine piùantica prodotti in determinate zone deiterritori di Forio, Lacco Ameno, SerraraFontana e Barano. L’occasione fu salutatada una memorabile festa della vendem-mia, con carri allegorici e grappoli, che il13 ottobre 1963 sfilò dal CastelloAragonese al porto, concludendosi nellocale “Bikini”, a cui parteciparono pro-duttori, imbottigliatori e curiosi.Una frenetica attività edilizia si diramasul territorio, facilitata dall’assenza diogni normativa urbanistica, sia di svilup-

La ‘Ndrezzata.

Rammendo delle reti sul Pontile del Castello. Anni ’60.

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Tappa a cronometro del Giro d’Italia.Ischia, Piazza Antica Reggia, 1959

Fanfani inaugura l’Ospedale Anna Rizzoli.Lacco Ameno, 1962

Tappa del Giro d’Italia.Bartali dopo l’arrivo, 1959

Si gira Il Corsaro dell’Isola Verde.

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po che di protezione delle risorse naturalie ambientali; il termalismo allarga i suoiconfini ben oltre le fonti note e sperimen-tate, mentre il fenomeno della casa divacanza si dilata, prendendo di assalto inuovi luoghi panoramici “scoperti” dallearterie appena realizzate. L’incalzare delfenomeno desta subito serie preoccupazio-ni; cominciano gli allarmi, diffusi da orga-ni di stampa, associazioni, enti, singoli cit-tadini, frequentatori di Ischia.E così, mentre si prendeva tempo sullaredazione dei piani urbanistici, preoccu-pandosi piuttosto di far crescere il poteredi gruppi o di singoli, Ischia veniva lascia-ta all’assalto di un abusivismo sfrenato edisordinato, che non aveva più bisogno del

tracciato delle strade per inserirsi con isuoi progetti di sfruttamento e di specula-zione, tanto era ormai capace di superareanche difficoltà logistiche, sabotando ogninorma di comportamento, quasi fosseropossibili uno sviluppo o una valorizzazio-ne indipendenti da una saggia politica diamministrazione e di uso delle risorse. Laconseguenza è stato il caos edilizio, ildegrado dell’ambiente, la perdita dellaqualità della vita, la diffusione di quel“brutto” che ha sostituito metro per metrola ricchezza del paesaggio naturale eantropizzato. Perché non è solo il territo-rio libero ad essere esposto ai più dannosiguasti, ma anche il tessuto edilizio deinostri centri storici, basti pensare a Forio

col suo devastato tessuto edilizio storico,dove negli anni Settanta, in una notte siridusse ad un cumulo di macerie un gioiel-lo del rococò; ma questo è solo un esempiodella mancata considerazione per quantoereditato dal passato. Chi, prima del sac-cheggio, aveva potuto amare questi luoghinon avrà certo dimenticato il fascino e icaratteri ambientali e umani di un patri-monio naturale e costruito chiamando incausa, insieme ai poteri politici, anche gliabitanti, le maestranze, i progettisti iquali, nella corsa vorticosa alla produzio-ne edilizia, nella fiducia illimitata di unaeconomia di profitto, hanno smarrito ipropri essenziali obiettivi.

Primi sondaggi della SAFENper la ricerca di acque termali a Citara.Forio, metà anni ’60.

Ex convento di S. Fracenscooggi Municipio di Forio.Metà anni ’60.

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A sin., la «casarella» con, in basso, la dependance.Ischia, Punta Molino, alla fine degli anni ’40

Luchino Visconti con Nora Riccied amici, fuori la Lampara. Ischia, metà anni ’60.

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Gli ultimi corsari e gli ultimi dannunzianisi sono rifugiati a Ischia, in un esilio più omeno volontario; ma Edoardo Colucci aIschia ci è nato e ci vive: alla «casarella» diPunta Molino, dalla cui terrazza un tele-scopio e un cannone di bronzo dei tempiborbonici denunziano il gusto del pittoreindigeno-fiumano, rivoluzionario e vaga-bondo. Alla «casarella» ci si arriva costacosta, tra sabbie e scogli, punte di agavi eombrelle di pini, ma è bene arrivarci dalmare direttamente in barca e approdarenel porticciolo, meglio nella rada che,attorniata di scogli, sembra proprio unadipendenza della casarella, una spiaggiapadronale.A questo punto bisogna intendersi subito:Edoardo abita nella «casarella» e fittaquella grande che ha una finestra spalan-cata sul mare, sul muro di cinta dell’orto-giardino, in cui le viti e gli ippogrifi inceramica, i girasoli e i fichi dividono insapienti spazi le architetture avventurosedell’interno. Quest’estate, in attesa diEduardo De Filippo o del maestroMenotti, la casa grande è ancora sfitta;poiché la casa è importante e vasta, anchese tutti bussano al cancello della casarella.Edoardo lo trovi sul terrazzo, un asciuga-mano intorno alle reni, con due ragazzinianch’essi seminudi che trafficano all’intor-no con caffettiere e fiaschi di vino, scope erastrelli, o nell’orto, sotto un graticcio dacui penzola un fuscella da ricotta che fa daparalume a una lampadina spesso fulmi-nata. Edoardo assomiglia a Toscanini gio-vane, anche i baffi e la calvizie, il mento eil sorriso: occhi a parte, che sono occhi dasaraceno accampato, dopo un arrembag-gio, sulle rive dell’isola felice.Oggi, verso il tramonto, Edoardo è solo e ciaccoglie col solito sorriso sgangherato di

maschera teatrale e una scintilla negliocchi sciupati dalle veglie. Dietro il castel-lo d’Ischia, che sembra una maceria diforme grige e sfilacciate dal vento, nasceuna luna enorme, sfiatata, quasi un’om-bra di luna, mentre dall’altro lato, versol’albergo San Pietro, il villaggio saraceno ela pagoda, il sole fa sangue per misteriosaemorragia interna.Forse per questa nascita, la solitudinediventa arcana; tanto che la caffettieraportata da uno dei due ragazzini apparesproporzionata, un oggetto di altro mondo.Ci mettiamo in terrazza, sulle stuoie, conun fiasco di vino bianco a portata di mano.L’isola manca d’acqua e il vino nelle casene fa le veci; per poco gli indigeni non ci silavano: costa, infatti, al minuto, cinquan-ta-sessanta lire al litro.L’artrite di Toscanini«Sì» ci confessa Edoardo, «doveva venireMenotti; ma De Filippo mi diede persinola caparra e ora mi ha scritto che nemme-no lui potrà venire. Quest’estate sarò dav-vero solo. Sarà la prima volta, una espe-rienza nuova».Toscanini venne ad Ischia nel ’51 a curar-si l’artrite al ginocchio, e naturalmentecapitò da Edoardo, senza sapere che il pit-tore gli rassomigliasse in tale maniera; nerestò incantato, e volle salire sul terrazzi-no della «casarella», a speculare col tele-scopio, sempre all’impiedi, per il male alginocchio, e parlò dei prossimi concerti, diMenotti, agitando le braccia nervose, diri-gendo l’invisibile orchestra degli alberi edelle onde.Ritornò alla «casarella» la notte del santoPatrono, a vedere i fuochi d’artificio, a sor-prendere le stelle cadere dall’alto delcastello e scintillare come fuochi fatui diun cimitero favoloso.

In bellissima compagnia. La Casarella*Raul Maria De Angelis

* Pubblicato su La Tribunacon il titolo “I corsari della casarella”.

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vetro, a fingere piaghe sottomarine; maquesti velieri hanno una storia, che spessoè favola: non soltanto di ritrovamenti escomparse, di viaggi ed approdi; di unlegno capriato, col sartiame incartapecori-to dalle intemperie e dal salmastro - sem-brano scampati a un tifone non sempreimmaginario.Le più belle donne del mondo sono pene-trate nell’orto giardino a stordire i giraso-li o a farsi avvelenare dalle punte amorosedegli agavi: il faunetto con otre (opera diAchille D’Orsi, ripresa da un altro sculto-re su una copia di scavo) sul muricciolo dicinta, inarcato nello sforzo del mescere,offre la patera sempre vuota e sempre friz-zante di una acqua e di un vino che nessu-no ha mai assaggiato: forse nell’otre ènascosto l’elisir dell’eterna giovinezza.Maria Montez, ad esempio, vi si è fattaritrarre nell’atto di adorare una rosa dimaggio: il madrigale nasce spontaneo,anche perché, nell’altra mano, l’attriceregge un bicchiere scintillante; proprio difronte al faunetto e sembra che rifiuti dibere quel vino e che, anche prima di assag-giarlo, attenda la risposta fatale alla suabreve e intensa esistenza. Vivi Gioj e AlidaValli, Gina Lollobrigida e altre hannointerrogato il faunetto; che lascia rispon-dere il mare, o i fiori dell’orto, o la luna chetinge il castello di sette colori - un colorealla volta.Cantate, mangiate e bevute omeriche sialternano come strofe: di un poema dedi-cato all’estate, di un baccanale che diven-ta romantico o orgiastico, a seconda deicapricci della luna, o dei sortilegi degliidoli orientali o del faunetto greco: paganaè la luna, pagani gli idoli, pagano il fau-netto e paganissimi l’anfitrione e gli ospitidi passaggio.

Altro non c’è, alla «casarella», da vedere:se togli qualche qualche ottimo disegno dimaestri napoletani dell’Ottocento -Casciaro, Dalbono, Mancini - qualche can-delabro, qualche ceramica, qualche idoloche ammicca dagli armadi e dalle pareti alposto dei santi di una volta. Un cannone dibronzo spara davvero nelle grandi occasio-ni: e quella notte del santo Patrono, ancheper far onore a Toscanini, sparò le suesalve, fece sobbalzare la cagna Michelina ela tribù di gatti piccolissimi che Edoardoraccattava e alleva come creature.Chi non è passato alla «casarella» alzi lamano: vino e stelle, ce n’è per tutti! Unavolta Edoardo cantava, accompagnandosicon la chitarra. A dire la verità era discre-tamente stonato ma tutti stavano volen-tieri ad ascoltarlo, zazzeruto, spiritoso,rauco per il fumo, il vino e la salsedine,seminudo. Si sa, le canzoni napoletane, l’o-dore amaro dei fichi, quello più acuto dellaresina e dei gelsomini... l’incanto del mareche si ammansisce per la notte in unacalma appena rotta da intermittenti sospi-ri. Tutte le notti alla «casarella» o alla casagrande i forestieri importanti si radunanosui terrazzini o sui muretti delle aiuole: c’èsempre qualcun altro che canta, Murolo,ad esempio, o Pariante che hanno rein-ventato le canzoni napoletane: anzi, se mipermettete, la canzone napoletana.Una volta capitò di passaggio un america-no gigantesco, che rassomigliava a unoscozzese emigrato da un quadro diBrueghel il vecchio, con la faccia rossadalle bistecche e dal sole, dal whisky edalla arteriosclerosi: sentì sulla strada ilcanto sospirato di Murolo e penetrò nella«casarella». Edoardo, vedendolo così flori-do, pasciuto e cocciuto, col gonnellino e uncappello di paglia buono per un’intera

famiglia, si mise a cantare, anche lui, unostornello a dispetto.Dietro il presunto scozzese si profilò l’om-bra di un domestico: era infatti il domesti-co che cavò dal fodero la chitarra delpadrone. Il quale si chiamava - e si chiama- Burl Jves, cantante tipico americano.Tutta l’isola ascoltò, accorse a quella voce:canzoni del west, dei minatori, dei cow-boys, dei negri del Sud, palme bananimanghi, caimani, serpenti, ippopotami,cotone, caffé e sparatorie ritmate sino aldelirio e alla frenesia.Murolo tenne testa da par suo, ma l’altroaveva la voce e la resistenza di Dozambo eavrebbe potuto cantare la canzone delfiume con voce da baritono o da boscaiolofiammingo. (Dimenticavamo di dire che lavolta che ci fu Toscanini, si finì col parlaredi Fiume, e di un concerto che nel 1920 ilmaestro tenne al quartiere del comandan-te: Edoardo, in un’azione, era stato feritoalla testa ed era in corsia dove ricevette lavisita di Toscanini. Ricordo dietro ricordo,Edoardo vide alla cintura del maestro unmoretto veneziano portafortuna: era anco-ra quello ricevuto da D’Annunzio, in quel-la occasione, e vi dirà che di fortuna almaestro, non gliene abbia portata!). Sì la«casarella» è piena di idoli: indiani, cinesi,tibetani; persino le ceramiche, animalipiatti e candelabri, sono impastate conceneri vulcaniche e acqua ribollente, suc-chi di erbe dell’Epomeo e tracce di corallidel fondo marino: hanno fosforescenzeminerali, lasciano segni di zolfo in mano, enon soltanto al buio. Certo, la leggenda diEdoardo nasconde agevolmente qualchesospetto di magia.Donne bellissimeVelieri di tutte le epoche sono incastrati,nelle pareti delle due case, in bacheche di

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I dialoghi di De FilippoLuchino Visconti, ad esempio, o JeanMarais, il fotografo di Harper’s Bazar oquello di Magazine Geographic si sonoispirati alla «casarella»: e così due registidel Metropolitan, Ebert Graf e RudolphGerard: la «casarella» è una cabina dicave, con un vero oblò, e sulle pareti qua-dri e stampe tra cui primeggia una stam-pa antica giapponese in gloria di Buddha,una battaglia propiziatoria per un ritomarziale e religioso o discretamente eroti-co. Il mare vi penetra lo stesso, ora consospiri e lamenti, d’inverno con risateinterminabili di risacca, schiuma, e amaralascivia (il faunetto riempì l’otre di quellaschiuma?).Un giorno bisognerà stenografare i dialo-ghi che Eduardo De Filippo improvvisaalla «casarella», insegnando alle signorecome si prepara la parmigiana di melan-zane al pomodoro e le risposte, i suggeri-menti di Edoardo Colucci che è cuoco nato,altre che pittore in ozio, ormai perduto allelusinghe dell’arte.Eduardo De Filippo costringe il pittore adapparire in un film; ma il regista tortura-to fu De Robertis, nel Mulatto, doveEdoardo Colucci fa l’attore con tutta ladisinvoltura dell’indigeno: e naturalmentela scena si è girata nella «casarella», colfauno, le stuoie, i girasoli, l’oblò e i ragaz-zini seminudi come animali selvatici.I ragazzi dagli scogli balzano nell’orto e sisparpagliano tra le aiuole e i terrazzi ainseguire i gatti o gli altri ragazzi che lihanno preceduti: Edoardo li saluta con ungrido, poi se ne dimentica, il cancello èsempre aperto; entra chi vuole, beve al bic-chiere di vino incominciato da un altropassante, coglie un fico, annusa un fiore,ritornerà di sera, o di notte, o quando che

sia, ma ritornerà. Non ne potrà fare ameno.Luchino Visconti preparò alla «casarella»gli abbozzi per la «messa in scena» diTroilo e Cressida nei giardini di Boboli,anni fa; ma in compagnia dell’amicoPagano - uomo del cuore di Leonor Fini -inventò scene e balletti che avrebbero ispi-rato sicuramente la Medium di Menotti,se il compositore fosse sbarcato nell’isola aquei tempi.Vittorio Gassman stesso o il registaZampa non poterono evitare gli scoglidella «casarella»; né Marianna Liedo,spesso fotografata avvolta in candidi len-zuoli, mentre insegna pedagogia ai servi-torelli di Edoardo: a volte persino Edoardosi traveste - ora da paipassiano con collaredi aglio e cipolle, o da beduino, o da fauno.Pare che travestirsi sia un bisogno, aIschia, per camuffarsi da indigeni dell’iso-la: per confondersi agli isolani, ai pescato-ri, ai bagnini, agli abitanti dell’Epomeoche scendono al mare carichi di fiaschi divino e di panieri di frutta per le loro ance-strali rappresentazioni.Durante la preparazione dello sbarco adAnzio pare che persino Churchill si sia fer-mato per una sosta alla «casarella»; maEdoardo, allora proscritto, non ne può farfede. La vita di Edoardo è davvero unromanzo: fiumano, fu condannato perdiserzione da un tribunale militare e civolle una letteraccia al comandante perottenere il suo intervento in extremis.Antifascista, ora ospita volentieri l’ultimafiglia del duce: Anna Maria Mussolini.Pittore dotato, anche se primitivo, ora fal’antiquario e bazzica per i negozietti diNapoli dove un tempo abitò al LargoFerrandina a Chiaia: due cameroni, exmaneggio della caserma di cavalleria bor-

bonica, ospitarono lui, Guglielmo Peirce,Paolo Ricci, Giordano ed altri disperatidell’epoca.La mattina che Edoardo non riusciva a farbollire il marmittone del caffé gli «ospiti»facevano lo sciopero della fame dormendosino all’imbrunire, prima di sparpagliarsinei vicoli di Napoli alla ricerca di unapagnotta e di un pomodoro. Ma protestavano, oh se protestavano, perla mancanza del caffé, che consideravanoun vero tradimento, o un’ingiusta puni-zione, di cui solo Edoardo fosse responsa-bile.Perenne ospitalitàCosì oggi: chi non trova vino alla «casarel-la», se ne lamenta come di una mancanzadi riguardo. Per tener fede a questa leg-genda di perenne ospitalità (altrimentiche ci starebbe a fare il faunetto con l’o-tre?), Edoardo spesso mangia pomodoricrudi dell’orto. Senz’olio e senza sale. Mala leggenda è salva, l’otre del faunetto èinestinguibile: un vero pozzo di vino senzafondo. In cui, di tanto in tanto, galleggiapersino qualche stella. O qualche orchideaportata da chissà chi.Se Churchill si fermò alla «casarella» avràdato senza dubbio uno sguardo ai quadriche Edoardo tiene ammucchiati dietromensole e vecchie cornici: quadri di tantotempo fa, di un tempo che sembra esseretramontato - come la luna - dietro le mace-rie del fosco castello che incombe sul mared’Ischia non più abitato dalle innocentisirene del mito greco.Di quel mito, solo il fauno è superstite: maè di bronzo; e, sul muretto di cinta, è unsimbolo dal significato confuso, ossidatodagli agenti atmosferici, come il telescopioe il cannone che spara soltanto in onoredel santo Patrono.

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Ischia, Cinema Excelsior, 1960.Luchino Visconti con Renato Salvatorie Giuseppe Gibilmanno Coluccialla proiezione di Rocco e i suoi fratelli.

Il negozio A Vaccara in via Roma ad Ischia.Metà anni ’60.

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Giorni di svago. A passeggio con ViscontiGiuseppe Gibilmanno Colucci

La prima volta che incontrai il conteLuchino Visconti fu verso la metà deglianni Cinquanta. Ero ancora un ragazzinoe lo conobbi in casa di mio zio, il pittoreEdoardo Maria Colucci nella sua villa diPunta Molino. Oggi quella villa non c’èpiù ed al suo posto c’è un grande albergo.In quel tempo quello era uno degli angolipiù belli d’Ischia. Le pietre dell’arso arri-vavano fino al mare e sul mare arrivavaanche l’ombra della chioma dei pini. Ilconte di quel posto era entusiasta. Egliamava fare delle lunghe passeggiate sullaspiaggia o per la stradina antistante lapineta fino al carcere di Punta Molino.Molte volte lo accompagnai in silenzio,altre volte si intratteneva a conversaresulla pesca o sulle attività marinare delposto. Rimasi sempre incantato dalla gen-tilezza e dalla semplicità di quell’uomoalto e distinto. Qualche volta lo accompa-gnai al porto nelle semplici botteghe del-l’epoca dove comprava cuscini ricamati,cappelli e stuoie di paglia. In quegli anniad Ischia c’era diffuso artigianato ed ilconte nelle cose semplici forse trovava ilsignificato più bello. Sul terrazzino dellavilla di mio zio c’era un cannoncino sem-pre caricato con coriandoli e petali di fiori,che venivano festosamente sparati in ariaad ogni partenza del conte. Verso la metàdegli anni Sessanta incontrai di nuovo ilconte che oramai tutti chiamavano“Maestro”. Venne ad Ischia Ponte in unnegozietto di antiquariato che mio padreAngelo gestiva con un altro mio zio, il pit-tore Vincenzo Colucci. Il conte comprò perse alcuni pezzi di antiquariato, altri liaffittò per la produzione del film IlGattopardo.In quel periodo lo incontrai diverse volte;frequentava molti amici ischitani come i

Signori d’Ambra, i Baiocco ecc. Nelle varieoccasioni di conversazione si parlava spes-so dei suoi film, di cui ero diventato ungrande ammiratore: li avevo visti tutti equando mi complimentavo, egli con gran-de gentilezza mi rispondeva “Grazie”.Sembra incredibile, ma quel gentiluomoera fatto così! Con Visconti conobbi gliattori A. Delon, e R. Salvatori. Una seratutti insieme andammo in un locale dellaRive droite ed egli ci intrattenne a lungoparlandoci del nuovo film che avrebbedovuto girare e cioè Il Gattopardo. In quelfilm sono certo che il Maestro Viscontivolle esprimere oltre che la sua arte, tuttala sua innata nobiltà di cultura e compor-tamento. Del resto quel grande romanzo,del Principe Tomasi di Lampedusa, sem-brò scritto proprio per Visconti. Il Maestrochiese a molti di noi di partire perPalermo e partecipare come comparsenella lavorazione del film. Ma da Ischianon partì nessuno: eravamo ancora tuttigiovani studenti.Negli anni successivi il Maestro lasciòIschia per Forio. Oramai aveva compratola Villa chiamata La Colombaia dalBarone Fassini ed i suoi soggiorni in quel-la villa erano molto riservati e gli invitatiesclusivi.Rividi un’ultima volta il conte quando loandai a trovare alla Colombaia. Era sedu-to in poltrona in terrazza guardano ilmare. Aveva fra le mani un libro diGabriele D’Annunzio. Scambiammo qual-che parola e qualche complimento.Gli stinsi la mano in silenzio. Abbozzò unsorriso. Me ne andai e non lo rividi maipiù.Ogni volta che ricordo quel momento miviene un gran nodo alla gola, chissà per-ché!

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Ritratto di Tonino Baiocco, disegnatoda Luchino Visconti, 1974.

Da sinistra Paolo Baioco, Iolanda d’Ambra,Luchino Visconti, Tonino Baiocco, Peppino Padroni Griffi,l’arch. Rosario e Marita Kussner. A Lampara, anni ’60.

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Luchino e i suoi amiciGianluca Castagna

L’isola come rifugio. L’isola come evasione.L’isola come angolo superstite di autenti-cità, dove il ritmo della vita e il respirodelle cose hanno ancora modo di sottrarsialla riproducibilità dei suoni e delleimmagini. L’isola dove il passo del tempoè ancora dettato dalla saggezza dei pesca-tori e dalla “religione” dei contadini.L’amore di Luchino Visconti per l’isolad’Ischia fu un amore lungo, lunghissimo.Un amore solido e incorruttibile, che nem-meno la malattia degli ultimi anni riuscìad incrinare.Arriva, Visconti, alla ricerca di un luogoincantato e primordiale, misterioso e bel-lissimo. Lo trova. In più troverà la fasci-nazione del viaggio, la sfida a penetrare ilmistero delle cose senza doverne guastarel’incanto. Tanto più presente a se stessoquanto più disposto ad allontanarsi da sé,Visconti percepisce nell’isola una sorta di“quintessenza dell’esistenza”: le domandeprime, le emozioni estreme, i sentimentiultimi. Come succede solo ai grandi viag-giatori di terra e di mare, di spirito e dicarne, di passione e di riserbo, di calma edi furore.Non è finita. A Ischia Visconti incontraamici fidati; pochi ma amatissimi. Unarcipelago di vite che sarà il suo “gruppodi famiglia in un esterno”. Testimonidiscreti e perfetti per la tentazione e lasolitudine, l’eccesso e l’esilio. Che dellacondizione umana non sono poi, cometroppo spesso si crede, cadute patologiche.L’unica ombra, in tanta luce, è data dalletracce di questo amore. Che restano, inproporzione, troppo poche.

1948: Luchino Visconti è reduce dalla ter-ribile esperienza della Guerra, che incideinevitabilmente nell’atteggiamento ideo-

logico del suo cinema. E’ alle prese con lalavorazione difficile e travagliatissima diLa terra trema, con cui rilegge il capolavo-ro verghiano I Malavoglia alla luce delleragioni storiche, economiche e socialidella “questione meridionale”. Il regista ègià stregato dall’espansività del Sud, dal-l’evidente teatralità del suo popolo e giàguarda al Meridione con quella punta diesotismo utile per essere distaccati, perrimanere stupiti, per provare gli indispen-sabili (som)movimenti emotivi.La chiave “mitica” non è più sufficiente;Visconti sente il bisogno di osservare davicino quali siano le basi economiche esociali sulle quali è cresciuto il “drammameridionale”.1948: L’isola d’Ischia è, come ha scritto lostorico foriano Nino D’Ambra, “ancora l’i-sola della civiltà contadina e dei contrattistipulati con una stretta di mano. Un’isolapovera e piena di bisogni, dove la focaticapoteva pagarla solo chi poteva accendereil fuoco. E’ uno dei luoghi più depressid’Italia, dove la mortalità infantile è anco-ra alta”. La sua gente è stata mortificatadalla guerra, eppure non appare “vinta”da fatalistica rassegnazione.Di ritorno dalla Sicilia Visconti si fermaad Ischia durante un’estate di quegli anni.Deve aver trovato immediatamente fami-liare la contraddittoria e sconcertanterealtà di cui si era occupato nel suo ultimofilm fino a poco tempo prima. Il contrastotra l’immobilità ieratica di un paesaggiostraordinario per bellezza ed armonia e ladrammaticità delle condizioni di vitadomestica e lavorativa degli ischitanidiventa quasi un prolungamento ideale,sebbene di proporzioni meno titaniche,rispetto al conflitto messo a fuoco nel suoultimo, sfortunato e bellissimo lavoro

Pi tuttu ‘u munnu l’acqua è salata …Comu niscemu fora ‘i faragghiuni,

‘a rema ‘nni sferra!Cola, tènilu sempre n’i sintimenti:iè ccà, c’amu a luttari”

(“In tutto il mondo l’acqua è salata…Come usciamo oltre i faraglioni,

la corrente ci travolge!Tienilo sempre a mente Cola:è qui che dobbiamo lottare”)

da “La terra trema”

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chierare cordialmente nelle serate passa-te a “Villa Rosica”, per osservare i primitimidi turisti passeggiare per le stradinedell’isola nei lunghi e silenziosi pomeriggiestivi, per accogliere la moltitudine diospiti che, in assenza del Maestro, rag-giungevano Ischia e di cui Iolanda dovevaassecondare i desideri come attutirne leintemperanze. Scaccia vicini ficcanaso,ex-amichetti ed ex-amichette, spesso solovecchie nemesi arrivate per riconciliarsicol ‘Genio’. Lo accompagna a far spese,dall’antico soprammobile che sta tantobene nella sua nuova casa alla cravatta daregalare all’amore “in carica”. Quelli chepossono sembrare atti rituali o sentimen-ti vuoti non erano, in realtà, né vuoti, nérituali. Erano veri atti e veri sentimenti.Alla resa dei conti, quando Visconti è giàmalato, Iolanda va a trovarlo nella suadimora foriana, o addirittura a Roma, nel-l’abitazione di via Fleming. Entrambi ave-vano vissuto avventure e dolori, entusia-smi e disperazioni, tutta una scatola diingranaggi e disingranaggi della vita.Fondamentalmente, però, si trattavadelle stesse persone che si erano conosciu-te alla fine degli anni Quaranta. Solo cheadesso erano collocati in un diverso equi-librio: stessi pianeti, orbite differenti,stesso sistema solare.Non fu amore, è vero. Non proprio. Ma piùvicino all’amore della merce malaticciache la maggior parte delle persone coniu-gate distribuisce con parsimonia. L’affetto speciale per Iolanda d’Ambradiventa l’anello di congiunzione tra il regi-sta e colui che sarà l’altro grande amicoischitano: Tonino Baiocco.L’incontro avviene quasi per caso verso lafine degli anni Cinquanta. E’ lo stessoBaiocco a raccontarlo.

cinematografico.“Ho conosciuto Visconti verso la fine deglianni Quaranta” racconta Salvatored’Ambra, enologo, figlio di quella famigliad’Ambra, nota per essere antica produttri-ce di pregiati vini locali. “Eravamo inspiaggia. Lui mandò avanti CesarePavani con cui soggiornava in un albergodi Ischia Porto. Allora il litorale di IschiaPorto era una spiaggia larga e lunghissi-ma, senza soluzione di continuità. Di soli-to Visconti restava lontano dalla riva;prendeva una sedia e restava lì, conun’immancabile paglietta bianca in testaad osservarci”.“Pur essendo poco più che ragazzi, sape-vamo già chi era” continua d’Ambra, “per-sonalmente me ne aveva parlato MimìManzon, descrivendolo come un registaformidabile e coraggioso. La sua visita adIschia non fu perciò una sorpresa”.Attraverso Salvatore, Visconti viene incontatto con tutta la famiglia d’Ambra, dicui rimarrà amico intimo fino alla fine. Inparticolare stringerà un’intesa profondis-sima con Iolanda d’Ambra, una dellesorelle di SalvatoreIolanda d’Ambra proviene da una fami-glia agiata. Ama la musica, il teatro, l’ar-te. La divertono le feste, i balli, ma nonconduce una vita frivola e vuota, cometante “figlie di famiglia”. E’ una conversa-trice amabile, una donna simpatica edestroversa, un anfitrione superbo perVisconti e i suoi amici più o meno illustri .Non è bella, ma è dotata di gusto e grandepersonalità. Soprattutto, come ricorda suofratello, “era una giovane donna senzamarito che sapeva farsi i fatti suoi”.Rispettosa, dunque, dei segreti e delleombre del suo amico famoso. Con Iolanda, Visconti scopre l’isola

d’Ischia, le zone di luce e gli anfratti piùombrosi. Girano in lungo ed in largo il ter-ritorio e Visconti, anno dopo anno, non rie-sce a fare a meno, ogni qualvolta verrà adIschia, di chiamare l’amica. L’affinità tra idue sembra strepitosa. Se per LuchinoIolanda provò di certo una potente infa-tuazione (il regista era allora un uomobellissimo e pieno di charme), Viscontiritrovò in Iolanda quasi una figura fami-liare, una “sorella ischitana”. La stessafamiglia d’Ambra (cinque sorelle e tre fra-telli) evocano l’attaccamento tutto “viscon-tiano” al fantasma della famiglia. Come sidirà molti anni dopo in occasione dell’u-scita di Gruppo di famiglia in un interno,nella psicologia del regista proliferano ifantasmi della “famiglia” come conserva-ta, perduta e reintegrata. La famiglia checresce, muore e in fondo resta immortale.Visconti farà da testimone di nozze aClara d’Ambra e un’altra sorella, Lena,riuscirà perfino a trascinarlo ad una cenadi beneficenza organizzata dalle “dame dicarità” locali. Serata dalla quale, si dice,uscì piuttosto “provato”.Per circa trent’anni Luchino Visconti eIolanda d’Ambra portano avanti quelloche sembra un perfetto idillio basato sul“con te e senza di te”. Un idillio che conce-deva a ciascuno generose porzioni di com-pagnia, fiducia totale in caso di bisogno,una ragionevole affidabilità e moltissimitrasporti trascendenti. Il tutto con ampiee lunghissime pause (dovute alla forsen-nata attività professionale del regista).Entrambi restano assolutamente rispetto-si delle costosissime lezioni e degli errorivividamente catalogati nella loro vita diadulti liberi e anticonformisti.In questi lunghi anni lui può sempre con-tare sulla complicità di Iolanda. Per chiac-

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“Mi ricordo che non ancora ventenne erogià appassionato di vita by night. Per noidi quell’epoca, come d’altro canto per i gio-vani di oggi, andare a ballare significavasoprattutto conoscere le ragazze. Megliose straniere. Io ero un ragazzo vivacissi-mo, forse un po’ scapestrato. Mia madre,severissima, non finanziava certo volen-tieri le mie uscite notturne e io dovettiricorrere agli espedienti più curiosi perguadagnare qualche soldo ed entrare cosìnei locali. Un’amica di famiglia, ElenaFerrari, aveva dei barboncini che avevanoappena fatto una cucciolata. In realtà nonerano così piccoli, e forse non erano nem-meno barboncini. Io mi appropriai dellacucciolata e decisi di venderli. LuchinoVisconti fu il mio primo cliente. Sapevache Iolanda, che già conoscevo, desideravaun cucciolo e decise di regalarglielo. Fucosì che lo conobbi”L’astuzia, la tenacia, la fantasia con cui ilgiovane Tonino sembrava inseguire i suoisogni giovanili colpiscono il regista. Laspinta dinamica di questo giovanottodestinato negli anni a diventare unimprenditore di successo, la voglia diemergere, frequentare la bella gente ecogliere al balzo le opportunità offerte dauna realtà socio-economica che sta percambiare radicalmente non possonolasciare indifferente Visconti.“Qualche anno più tardi” continuaBaiocco, “alla mezzanotte del 18 luglio del1960 aprii sulla riva destra del portod’Ischia La Lampara, un locale destinatoin brevissimo tempo a diventare il fulcrodella vita notturna sull’isola. Il successofu inaudito e travolgente. Era nato il mitodella rive droite. Io abbandonai gli studi emi gettai a capofitto nel mondo del bynight”.

Luchino Visconti è ospite fisso a LaLampara. Con lui ci sono Iolandad’Ambra, i fratelli Salvatore e Mario, e icompagni di lavoro del regista, i suoi sce-neggiatori di sempre e gli attori amatissi-mi. Suso Cecchi D’Amico, Enrico Medioli,Paolo Stoppa, Rina Morelli, Nora Ricci,Peppino Patroni Griffi, Giorgio De Lullo,Franco Zeffirelli. E più tardi Alain Delon,Annie Girardot, Romy Schneider, RenatoSalvatori, Jean Sorel, Annamaria Ferrero,Michael Craig.L’entusiasmo di Baiocco, il suo essere ungiovane elegante e di bell’aspetto, dallaparola facile e così carico di “volontà” con-quistano in breve tempo l’amicizia diVisconti. Nel giovane ischitano il registarivede forse se stesso da giovane. La stes-sa irrequietezza, la stessa caparbietà, lastessa ambizione.“Terminata la scena, Visconti ci radunavolenterosi per una incursione nella diroc-cata Badia che ci sovrasta. E qui, come ungruppo di garibaldini, tentiamo l’assaltoda varie parti. Niente. Tutto è sbarrato.Brazzi si agita. Il custode dovrebbe puresserci. Tonino Baiocco di Ischia si inerpi-ca su per un muro, s’infila per una fine-strella e raggiunge la porta d’ingresso aldi là delle mura. Sentiamo i suoi pittore-schi “moccoli” e seguiamo con trepidazionei suoi inutili tentativi per disserrare il luc-chetto dall’altra parte” Nel libro dedicato alla lavorazione diVaghe stelle dell’Orsa, Visconti vuole inse-rire un passaggio che riguarda il suoamico ischitano. E’ una scheggia, un fram-mento, ma Baiocco lo considera una delleprove più autentiche dell’affetto, quasipaterno, che il regista provava per lui.“Non mi disse niente. Un giorno la miaamica Maria De Angelis, incontrandomi,

osservò: “hai visto, sei finito in un libro diVisconti”. Non ci credetti. Presi il libro edeffettivamente c’era questo piccolo pas-saggio che mi riguardava. Il suo silenzioin proposito mi fece capire l’autenticitàdel suo affetto per me. Era un prova diamicizia senza esibizionismi, e non unasciocca esibizione d’amicizia”.Visconti sembra appoggiare la follia spa-valda del giovane imprenditore. QuandoBaiocco decide di chiamare il suo nuovolocale ischitano Il gattopardo (sull’ondadel successo travolgente dell’ultimo filmgirato dal suo amico famoso), Visconti nonha nulla da obiettare; anzi, si dimostradivertito quando Baiocco setaccia tuttaLondra (dove passava regolarmente l’in-verno) alla ricerca di un ghepardo finto daimprigionare in una gabbia che avrebbefatto bella mostra di sé nel nuovo locale.La ricerca è tuttavia infruttuosa, eBaiocco cambierà idea, aprendo poi il cele-bre “Scotch club”. Aiuta l’amico nel trovare un locale perfinonella Capitale, ma si arrende quando l’im-mobile scelto dal giovane risulta apparte-nere ad Anna Magnani, la cui amicizia colregista attraversava un periodo di grossaconflittualità.Visconti fu il testimone di nozze del primomatrimonio di Baiocco e volle che il suoprimo nascituro, se maschio, portasse ilsuo nome. Tonino lo accontentò volentieri.Il regista, intanto, sente avvicinarsi lavecchiaia. Diventa sempre più abitudina-rio, metodico. Esce sempre di meno.Quando lo fa, però, sa essere brillante eseducente come sempre. E’ l’epoca delRancho Fellone, di Zi Nannina a mare e,d’inverno, del ristorante Di Massa, adIschia Ponte, una delle sue zone predilet-te sin dal suo arrivo anni prima.

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“In quelle occasioni” ricorda Salvatored’Ambra, “ si comportava come un princi-pe aristocratico e generoso. Era cortese edaffabile con tutti. Ci teneva a pagare sem-pre lui e guai a contraddirlo. La sua solapresenza in un locale mandava in deliriotutto il personale, già presago di mancefavolose”.L’avanzare della maturità non scalfisce lasua voglia di vedere, fare, vivere. Il suofiuto è sempre attento. “Una sera” raccon-ta Baiocco, “volle a tutti i costi portarci asentire una giovane cantante che si esibi-va alla Taverna del Moresco. C’eranoanche Franca Valeri e Vittorio Caprioli.L’energia di questa ragazza sul palco eraimpressionante, noi ne rimanemmo scon-volti. Quella ragazza si faceva chiamareBaby Gate e più tardi sarebbe diventataMina, la più grande cantante italiana.Ecco, noi avemmo l’opportunità di sentir-la, prima che diventasse famosa, propriograzie all’istinto infallibile di Luchino”. Cosa mancava per rinsaldare definitiva-mente il legame con l’isola? Mancava unacasa. La casa di Visconti.La ricerca fu lunga e complicata. Neiprimi anni il regista soggiorna a “VillaRosica”, a Punta Molino. Prende la casa insubaffitto da Edoardo Colucci, fratello delpiù noto Vincenzo, con cui stringe unbreve rapporto di affettuosa frequentazio-ne. Villa Rosica è d’altronde la meta pre-scelta da molte celebrità in vacanze aIschia, da Eduardo De Filippo ad AnnaMagnani. La posizione è comoda e sugge-stiva, affacciata direttamente sulla spiag-gia e non lontana da quei pochissimi loca-lini che animano le sonnacchiose estatiischitane degli anni Cinquanta.“Allora era di gran moda avere una casaad Ischia Porto”, ricorda Salvatore

A Lampara, inizi anni ’60.Da sin. Ciro Messina, Uberta e Luchino Visconti,la Signora Steinberger con il figlio Helmut,Roberta Maino e Tonino Baiocco

La dedica a Iolanda d’Ambra (sul retro della foto)

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d’Ambra. Ma per una ragione o per l’altra,Visconti non riesce a comprarla. Nelle suescorribande per l’isola, in compagnia diCiro, il suo autista ischitano, o anche incarrozzella (abitudine che amava moltis-simo), Visconti sembra prediligere i luoghiimpervi e difficili, posti che uniscono lapotenza della prospettiva con l’armoniadella natura circostante.Cresce in lui il desiderio di una dimoralontana dal centro, una casa che possagarantirgli tranquillità e riserbo.Desiderio che avrebbe poi estremizzatocon l’acquisto della Colombaia. “So che gli piaceva molto quella casacostruita su una grossa pietra a SerraraFontana, mi pare sia conosciuta come Lanave; la osservava quasi incantato quandopassava da quelle parti” dice Baiocco. “Inrealtà non pensò mai veramente di acqui-starla. Sapeva che ogni modifica, seppurminima, ne avrebbe guastato la bellezza.Per un po’ di tempo accarezzò l’idea di unacasa proprio all’imbocco del porto, a SanPietro, ma anche lì il tentativo fallì.”In seguito Visconti concentra la sua atten-zione su una villa un po’ in rovina aCartaromana. La vicinanza con il centrod’Ischia Porto e il panorama mozzafiato(da sempre Visconti considera il CastelloAragonese una delle bellezze più spettaco-lari dell’isola) lo spingono, per interpostapersona, ad avviare le trattative con lafamiglia Buono, proprietaria dell’immobi-le. Gli viene risposto, sempre per interpo-sta persona, che “la famiglia è abituata acomprare, non a vendere”. Una rispostache, secondo Baiocco, anziché indispettir-lo, amò ripetere più volte con una punta didivertito sarcasmo.Siamo alla fine degli anni Cinquanta. E’ aquesto punto che entra in scena La

Colombaia. Situata nel bosco di Zaro, traLacco Ameno e Forio, protetta dalla fittavegetazione e dalla costa rocciosa quasisempre battuta dal vento e dal mare gros-so, la casa è un “colpo di fulmine” per ilregista. In posizione ardita e difficilmenteraggiungibile, “La Colombaia” appartene-va un tempo alla famiglia Patalano diForio. Luigi Patalano, letterato, politico e gran-de giornalista foriano (fondò la rivistapolitica e scientifica Pro patria) la elesse arifugio prediletto della sua vita e dei suoipensieri. In seguito fu costretto a vender-la a causa delle conseguenze nefaste chelo scoppio dell’ultima guerra mondialeaveva causato al suo patrimonio.Lo storico immobile fu acquistato dalbarone Fassini, aristocratico colto, elegan-te e amante della bella vita. QuandoVisconti conosce il barone, si avventa sulprogetto con una ferocia inaudita. Affiorain lui l’orgoglio di casta, la sete di dominio,il desiderio di confrontarsi da pari a paricon il rivale. Il “corteggiamento” diventatalmente insistente che il barone finisceper cedere. Quasi per sfinimento vende LaColombaia a Visconti. Finalmente il regi-sta prende casa sull’isola.La Colombaia rappresenta la testimo-nianza estrema di quella aristocratica dif-ficoltà ad aderire alla realtà e ad usciredal cerchio del proprio mondo che poi èstata insieme di ostacolo e di stimolo atutta l’attività professionale di Visconti.Penso, ad esempio, alla figura del profes-sore di Gruppo di famiglia in un interno,al sognatore de Le notti bianche, a Gustavvon Aschenbach di Morte a Venezia, all’i-solamento del Gattopardo, alla regalemisantropia di Ludwig.La casa, tuttavia, non diventò mai un

Il pastore afghano César donato da Viscontia Tonino Baiocco. Metà anni ’60.Un altro venne regalato ad Helmut Berger.

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Vaghe stelle dell’Orsa e l’amico ischitanolo raggiungeva per mostrargli bozzetti eplanimetrie varie. Fu in una di questevisite che Luchino Visconti conobbeHelmut Berger, un giovane destinato adassumere un ruolo di primo piano nellasua vita e nel suo cinema.Helmut Steinberger era un ragazzo diSalisburgo che frequentava una scuolaalberghiera a Losanna. Arrivato in vacan-za ad Ischia, inizia a frequentare LaLampara, dove conosce Baiocco e nediventa amico .“Helmut si trasferì presto nell’hotel che lamia famiglia aveva ad Ischia Porto, ilGarden” ricorda Baiocco, “era un ragazzosemplicissimo, senza alcuna ambizionecinematografica. Anzi, il cinema era al dilà dei suoi interessi. Quando seppe dellamia partenza per Volterra, si offrì diaccompagnarmi. Ma senza malizia, senzaalcun secondo fine. Di questo ne sonocerto”.Ospiti del regista, i due giovani lo accom-pagnavano spesso dentro e fuori dal set.Bastarono un paio di giorni ed HelmutSteinberger non esisteva più. Era natoHelmut Berger.La “distanza”, più fisica che emotiva, traLuchino Visconti e gli ischitani è semprestato il nervo scoperto di ogni polemicaattorno al riconoscimento del legame cheil regista ebbe con l’isola d’Ischia. La scel-ta di vivere alla Colombaia, come l’innatariservatezza, non fecero che accentuare,specie fra gli intellettuali isolani, l’opinio-ne che lo voleva come un principe arrocca-to nel suo castello e solo di passaggio nellevite degli isolani.C’è una parte di verità, è evidente; solo inpochi riuscirono davvero a penetrare ilriserbo del regista e a conquistarsi la sua

fiducia. Questo riserbo, però, forse nasce-va da un dolore molto più profondo, dauna ferita molto più segreta che non quel-la del narcisismo aristocratico, e cioè daun nodo nevrotico più drammatico e cheforse non ci sarà mai completamente rive-lato. In più, negli ultimi anni Viscontiusciva molto di rado, e quando mettevapiede fuori dalla Colombaia, seguiva itine-rari e destinazioni già collaudate datempo.Non fu sempre così. Nei primi anniCinquanta, gli anni della scoperta,Visconti usciva spesso e volentieri.Salvatore d’Ambra ne ricorda le passeg-giate frequentissime per Ischia Porto. ConMassimo Girotti, Cesare Pavani e ClaraCalamai amava intrattenersi con la gentedel posto, ascoltava i loro problemi, necondivideva le preoccupazioni.“Ad un pescatore in difficoltà regalò ungozzo tutto nuovo” afferma d’Ambra, “etutti noi ricevevamo periodicamentemedicinali della Erba, la casa farmaceuti-ca di proprietà del ramo materno dellafamiglia. Tutti quelli che l’hanno cono-sciuto hanno sperimentato di persona lasua colossale generosità”. Amava gli ischitani perché non eranoinvadenti, possedevano ancora quel riser-bo, quel pudore che i capresi, ad esempio,avevano già perso da tempo.“Incuteva timore, certo” ammette ToninoBaiocco, “aveva una personalità fortissi-ma, ma non era mai superbo. Nonostantefosse già famosissimo, con la gente comu-ne fu sempre cordiale, sereno, disponibile.Sapeva adattarsi alle situazioni: si trova-va a suo agio tanto nei locali alla modaquanto nelle taverne di ultimo ordine.Non si spazientiva quasi mai. Quandoqualche fotografo lo raggiungeva ad un

mausoleo, per quanto Visconti debba averpresagito, nel suo acquisto, qualche sca-glia di decadenza, il presentimento dellacascata, forse della fine. Presto inizia il viavai di ospiti, collabora-tori, camerieri e bagnini, cuochi e giardi-nieri, draghi e dragonesse, vittime e car-nefici, attori già famosi e attori da fardiventare famosi. Su tutto, un’atmosferada naufraghi privilegiati, di precarietàvissuta senza inutili angosce borghesi, discenate in fondo rassicuranti, di silenzielegantissimi e minacciosi, di studi capil-lari sui lavori da farsi, di passioni amoro-se guidate talvolta solo dall’istinto.Sotto la supervisione dell’architettoGiorgio Pes, Visconti rimette manosoprattutto all’interno della villa. Decidedi conferirle una pesante impronta liberty,in conformità alla convinzione che lasocietà europea fino agli anni Trenta èstata quella dei più grandi contrasti e deimaggiori risultati estetici. Spende capita-li astronomici per acquistare i pavimenti(che sottrarrà ad antiche ville campane indemolizione), mobilita tutti i suoi amiciantiquari tra Londra e Parigi per recupe-rare pregiatissimi feticci liberty, si occupapersonalmente della sistemazione delgiardino.I lavori, però, vanno per le lunghe. Ma èquasi un desiderio, nemmeno tanto nasco-sto, del regista. “Una casa non bisognaterminarla mai”, diceva spesso all’amicoTonino. Come se il suo completamentosignificasse la fine di qualcosa, forse dellavita stessa.Pur non avendo mansioni specifiche,Tonino Baiocco faceva spesso da trait d’u-nion tra il regista e i lavori allaColombaia. A quel tempo il regista eraimpegnato a Volterra nelle riprese di

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tavolo della Lampara e chiedeva di foto-grafarlo, lui non diceva mai di no”Provava rispetto per gli ischitani. Sentivala differenza, ma ciò non costituì mai unlimite. Tutt’altro, maturava una conoscen-za diretta dei suoi sentimenti e del suocomportamento proprio attraverso l’osser-vazione e il contatto con gli ischitani,molti dei quali mortificati dalla miseria edall’abbandono.“Qualche volta calcava un po’ la mano”ricorda d’Ambra, “amava scherzare, pren-derci in giro. Si scatenava, soprattutto conme e Iolanda. Ma sapeva di poterlo fare.Ricordo quella volta che spaventò a morteGiorgio De Lullo costringendolo ad unaspericolatissima corsa in carrozzella daCasamicciola ad Ischia Porto. Per nonparlare di Zeffirelli, che spesso maltratta-va con la durezza di uno zar”.“Una volta aveva saputo di una mia exfidanzata con la quale avevo rotto brusca-mente” continua d’Ambra, “quella seras’impuntò perchè andassimo a casa della

ragazza per invitarla ad uscire con noi.Sapeva del mio imbarazzo, ma non vollesentire ragioni. Lei non si scompose più ditanto. Pur di conoscere Visconti accettòl’invito e uscì con noi”.“Un’altra volta ancora, proprio per strada,davanti a tutti, improvvisò con Girotti edaltri amici una resa dei conti da sceneg-giata nei confronti del sottoscritto. Reo, asuo dire, di averlo incrociato e di non aver-lo salutato”.Diventava ombroso, pare, solo sul lavoro.Dove dava e pretendeva il massimo. O perquestioni squisitamente private.“Una sera eravamo a cena da Zi Nanninaa mare” racconta Massimo Ielasi, nipotedi Iolanda e Salvatore d’Ambra, “Viscontiera di pessimo umore, stranamente cupo.Aspettava Delon, il grande amore manca-to. Delon era in clamoroso ritardo eVisconti sembrava impazzire. Poi apparvel’attore francese. Fu come se, in pienanotte, fosse apparso il sole. La sua gioiadiventò incontenibile”. La passione che si

trasforma in teatralità. Perché l’amore di Visconti per l’isolad’Ischia non assunse mai forma esplicitanel suo lavoro?La risposta è semplice, e allo stesso tempocomplessa. I primi anni furono anni disvago, di divertimento. E il regista nonsopportava che il set fosse un luogo didivertimento. Era invece il luogo doveregnavano la massima professionalità, ilpiù alto rigore.In seguito, quando altri registi scelsero l’i-sola d’Ischia come set, Luchino Viscontiinseguiva ormai una personalissima ideadi cinema; si considerava totalmente libe-ro di seguire le inclinazioni del suo gustoe della sua sensibilità. Sentiva di esserse-la conquistata, questa libertà. “Sono statogiovane anch’io” raccontò in un’intervistaa “la Stampa”, “e ho fatto La terra trema,Ossessione, Rocco e i suoi fratelli. Adessosono troppo vecchio per affrontare unarealtà che conosco appena. Penso che aigiovani spetti raccontare il proprio tempo.

A Lampara, anni ‘60. Visconti con Renato Salvatori,un’amica, e Iolanda d’Ambra

Renato Salvatori con Annie Girardot. A Lampara, anni ‘60.

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A noi sia concessa la libertà di fare unaltro cinema, un cinema che sentiamo piùconsono a noi.”Se qualche idea ci fu, arrivò fatalmentefuori tempo massimo.Eppure, anni prima, verso la fine deglianni Cinquanta, Visconti tentò di allestireuno spettacolo teatrale sul CastelloAragonese. Ne parlò coi suoi amici e con isuoi collaboratori più stretti. Poi chiese idovuti permessi all’amministrazionecomunale, guidata allora da VincenzoTelese. La risposta fu negativa; un vetoodioso impedì che il legame di Visconti conl’isola d’Ischia venisse ufficializzato permezzo di una consacrazione artistica.“Fu un dolore enorme per lui, si arrabbiòmoltissimo” racconta Salvatore d’Ambra,“aveva capito che dietro quel veto c’era la

volontà di punire le sue mai nascoste pre-ferenze sessuali. Non sopportava che ilprestigio e la stima di cui godeva dapper-tutto potessero essere disintegrate per lepruderie ipocrite di qualche politicanteinvasato da sacro furore censorio”.Il matrimonio artistico non ci fu. Eppure èin quella casa-teatro che fu “LaColombaia” (e grazie alla calma e alla con-centrazione garantite da quel luogo quasifuori dal mondo) che Visconti riuscì a met-tere a punto molti dei suoi lavori, teatralie cinematografici. Lì avrebbe avuto iltempo e il modo di inseguire il suo strug-gente desiderio di autenticità, di verità.Molto del lavoro di preparazione delLudwig, ad esempio, avvenne in quellacasa. Ed è lì che il regista, con sforzo forsesovrumano, avrebbe fatto fiorire il talento

di Helmut Berger, trasformandolo in unprincipe bavarese capace di un’intensitàche l’attore non avrebbe mai più ritrovato.Sono da poco finite le riprese di Ludwigquando, nel luglio del 1972, LuchinoVisconti rimane colpito da trombosi. Lamalattia incide pesantemente sul fisicodel regista, paralizzandogli il braccio, lagamba sinistra e costringendolo ad un’u-miliante condizione di dipendenza.Dopo l’attacco del male, la frequentazioneischitana subisce una brusca frenata.S’allenta ma non s’interrompe del tutto.Sono anni tristi, penosi. La Colombaiaviene quasi stravolta attraverso l’inseri-mento di un ascensore che permette alregista di muoversi in casa senza sforzieccessivi, La “distanza”, coltivata e desi-derata negli anni, diventa implacabile iso-lamento.Qualche anno dopo, a Lacco Ameno, lagiuria del Premio “Angelo Rizzoli” attri-buisce proprio a Ludwig il massimo rico-noscimento come miglior film dell’anno.Finalmente si presenta un’occasione perufficializzare un amore così lungo. Le con-dizioni fisiche del regista sono però peg-giorate. Visconti rifiuta di pagare il prezzodell’esposizione alla luce dei riflettori.Sceglie il buio e il silenzio.Il terrore per il tempo che se ne va e l’a-vanzata brutale delle regole che sovrin-tendono al declino biologico accelerano,però, anziché placare, il suo furore creati-vo. Gira Gruppo di famiglia in un interno,una sfida coraggiosa per un leone feritoma pronto ancora a scendere nell’arenadel set. “Fu quasi un suicidio fisico” diceBaiocco, “alla fine delle riprese era stre-mato, la sua resistenza esaurita”Una caduta banale lo immobilizza su unasedia a rotelle. Il combattente subisce la

S. Angelo, 25 maggio 1947.Luchino Visconti al matrimonio di Clara d’Ambra con l’Amm. Martinelli.Si riconoscono il pittore Viki Verga con la moglie e Miliana Buchner.

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più grande delle disfatte. La malattia hala meglio sul principe guerriero. In modoassolutamente inverosimile, ciò che nonsarebbe dovuto accadere è accaduto e ciòche sarebbe dovuto accadere (la biografiadi Zelda Fitzgerald, La montagna incan-tata, forse addirittura qualcosa dallaRecherche proustiana) non era accaduto.Fine della pastorale. Ischia goodbye.Molto, e in certo senso troppo poco, è quel-lo che rimane.C’è un signore ormai anziano che vive alVatoliere, una frazione di Barano d’Ischia,e che ricorda con entusiasmo quei dueanni trascorsi al servizio di un granderegista italiano. Nicola Tarso faceva ilbarista al bar “Vittoria” di Ischia Porto,dove Visconti spesso andava a prendere ilcaffè. Lo prese a lavorare e gli fece cono-scere il bel mondo di una volta. NicolaTarso riuscì ad assistere perfino ad unospettacolo del maestro alla Scala diMilano.In una tranquilla villetta di San Ciroabita da solo un enologo ormai in pensio-ne. Salvatore d’Ambra sorride spesso alpensiero di Visconti. Il regista voleva atutti i costi fargli fare del cinema. Anchela famiglia era d’accordo, ma lui sembravaavere già le idee assai chiare. Si sarebbesposato e avrebbe continuato la prestigio-sa attività di famiglia.A Ischia Porto, in un punto ardito e pano-ramicissimo, c’è una villa dove sembri nonarrivare più. In compagnia della sua bellae gentilissima consorte, un giovanotto disessant’anni ancora ricorda quel falso bar-boncino rifilato al regista famoso. ToninoBaiocco, vulcanico ed infaticabile oggiesattamente come allora, è costretto asubire l’invadenza “buona” del sottoscrit-to, per farsi raccontare, in una miscella-

nea di ricordi che sembra un po’ un’insa-lata russa, la storia di un’amicizia impor-tante. Che gli ha insegnato, tra le tantecose, che “una casa non va mai termina-ta”.A Forio, circondata da una vegetazionefitta e quasi impenetrabile, c’è la dimoraischitana del regista, il posto dove espres-se più volte il desiderio di riposare persempre (desiderio mai esaudito). Oggettoper anni di uno stupro inaudito e selvag-gio, La Colombaia appartiene oggi alcomune di Forio. Appartiene, in altreparole, agli isolani. Sottrarla al suo desti-no di “cattedrale nel deserto” è la vera,difficile sfida con cui l’amministrazionecomunale deve adesso confrontarsi.Da qualche parte, infine, c’è Iolandad’Ambra, l’amica più intima e fedele, latestimone più attendibile dell’amore cheVisconti provò per l’isola d’Ischia. Ormaianziana e malata, Iolanda non può rac-contare la sua lunga infatuazione perLuchino, quel legame che già dall’inizioapparve a tutti indissolubile. Non puòspiegarcene meglio la generosità e l’in-transigenza, l’allegria e l’isolamento. Oforse, più semplicemente, oggi non ne hapiù voglia.Nell’epoca che adora soprattutto ciò che èriflesso nella propria – spesso anchilosata– esperienza, Luchino Visconti non èdiventato obiettivo privilegiato dei giovaniesploratori del cinema; né i cronisti localisembrano aver voluto chiarire a fondo leragioni che spinsero il regista ad amareIschia così a lungo. Pur nel timore di fini-re come quei turisti che nel finale diLudwig guardano dappertutto senza capi-re nulla, ho cercato di reperire quanto piùpossibile fosse legato alla presenza diVisconti a Ischia. Anche per insinuare

un’altra verità, oltre a quella solitamenteraccontata in questi anni con una puntadi eccessiva morbosità.Fino all’ultimo ho cercato di arrivare alfavoloso epistolario tra Visconti e Iolandad’Ambra. Non ci sono riuscito. E un po’ mispiace. Per Visconti, che quest’isola amòsul serio.Mica per altro.

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Ischia, Ristorante Da Emiddio, anni ’60.Luchino Visconti con l’arch. Roberto, Ciro Messina e Iolanda d’Ambra.

Il Mattino, 2.4.1975La notizia del Premio Ischiaa Luchino Visconti

Ischia, Taverna Giardino degli Aranci,Giovanni “l’uomo in frak”. Anni ’60.

Ischia, Rancho Fellone, anni ’60.Salvatore d’Ambra, Luchino Visconti,Franca Valeri e Vittororio Caprioli.

Il Monkey Bar. Ischia, inizi anni ’60.

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La venuta degli dei. Appunti su fatti di cronacaRaffaele Mattera

L'Ischia degli anni ’40 che LuchinoVisconti conobbe ed amò (che poi visse pertutti gli anni '50 e '60), dista non alcunidecenni dai giorni nostri, ma anni luce.E' un'isola per molti versi, fra splendori edanche miseria, arcadica, che negli anni 70definitivamente scompare, travolta daimprovviso benessere.E' l'Ischia dei “signori”, di poche famigliebenestanti, spesse volte nobili, che hannoscelto l'isola per trascorrervi la "stagione",il lungo soggiorno estivo, da giugno a set-tembre, con le famiglie al fresco e i bam-bini ai bagni di mare. Nel '46, allorquando Visconti sbarca adIschia, l'isola è tutta da scoprire: lontanadai flussi turistici, che fanno rotta suCapri, mantiene una natura incontamina-ta, una magica vita tranquilla fatta disemplici riti che offrono uno straordinarioricovero e sollievo a chi cerca vacanza.“Ischia Vergine” titola un suo volumeMaria Algranati, sorella di Gina, e poetes-sa prediletta dal Croce, che scrive anche:

"Antica solitudine del bosco, tu che versi a te stessa i salutiferi incensi e il sottoboscoesala il conturbantesenso di incappellati parassiti!Al piede delle intrepide coniferel'esile campanella, quasi paglia, stride nel vento e la ginestra odora:e l'elichetta rosea del ciclamopunteggia quei silenzi" …

Racconta non i boschi della parte alta dal-l'isola, ma il cuore del paese, l'arso, dovenei primi anni soggiorna Visconti, nellaVilla Pilato, l'Albergo Regina Palace.Il corso Vittoria Colonna è ancora unastrada nella pineta su cui accedono le villesignorili, quella dell'Ambasciatore Cor-tese, quella delle Principesse De Biase,

villa Ruopoli che ospita i PrincipiPignatelli…L'arso scivola, con i suoi pini centenari,fino al mare e vi crea angoli che colpisco-no la fantasia e la tavolozza dei pittorinapoletani (dai maestri della Scuola diPosillipo e Corot fino a Variopinto e aCasciaro): il mulino con la «casarella»,regno dei fratelli Colucci: la pinetaMazzella il cui angolo più suggestivo ospi-terà il locale più rinomato, il "Rancho fel-lone"; l'albergo Excelsior, cui si aggiunge-ranno il Parco Aurora ed il Moresco, unprogetto innovativo del giovane SandroPetti (creerà più tardi anche il miticoCastillo de Aragona, night delle grandistar); il lido con il suo esteso arenile ed isuoi stabilimenti, fino al bagno Maria; epoi la spiaggia dei pescatori ancora invasada gozzi e da reti fino a San Pietro eall'Acquario. La giornata trascorre serena.Dopo il bagno, e passata la “controra”(dopo le due Ischia cade in letargo, siferma ogni attività, in un silenzio afososcandito dall'assordante ritmo delle cica-le), la sera l'incontro è a piazza Croce, aitavolini del bar Diaz, dove le famigliegustano il gelato, i forestieri incontranogli amici, i ragazzotti ischitani espongonole loro “acchiappanze”.Ogni tanto l'aria viene sconvolta dal pro-fumo di origano e olio che si spande dalcontenitore di alluminio delle pizze inequilibrio saldo sulla testa del ragazzo delristorante pizzeria Sirena (con giardinointerno).Poi la notte si spende fresca al Monkeybar, tra drinks e bella gente, tra canzonied artisti famosi, sotto lo sguardo severodi don Ciccio Di Manso ('o luongo), e, neglianni a venire, al Rancho Fellone, all'Hi Fi,

Lettera di Luchino Viscontial Comitato per la Festa di S. Anna.Forio. Mezzatorre, 24 luglio 1952.

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Arbusto sorveglia bonario il miracolo turi-stico che, il ginecologo Pietro Malcovati,ha creato a Lacco Ameno e che promuovecon i suoi film (Vacanze ad Ischia è ancoragodibilissimo) e le sue riviste. La “ReginaIsabella”, lo “Sporting” e la “Reginella”ospitano uomini politici (Luigi Einaudi,Giovanni Gronchi, Pietro Nenni,Amintore Fanfani, Giovanni Leone,Cesare Merzagora….), sultani con haremal seguito, giornalisti (Indro Montanelliper tutti) artisti (Ava Gardner, CharlieChaplin, Sophia Loren, Gina Lollobrigida,Vittorio Gassmann, Steeve Reeves,Melina Mercouri, Walter Chiari) e ancoraHelene Rubinstein, Boris Karloff, GiorgioDe Chirico, Albert Sabin, Maria Cristinadi Svezia, Costantino di Grecia (in lunga,non volontaria vacanza). Su Ischia fannorotta Aristotele Onassis, poi conJacqueline Kennedy, Renato Guttuso conla moglie Mimise e Marta Marzotto a late-re, Christian e Barbara Barnard, VittorioDe Sica e famiglia, Liz Taylor e RichardBurton (sul set di Cleopatra, a Ischia,sboccia la loro leggendaria love story),Alessandro e Elisabetta di Jugoslavia,Soraya, Ernest e Gunther Sachs, VonOpel, Arnot Krupp … Visconti arriva ad Ischia e vi si lega.Dopo i primi soggiorni all'Albergo Reginae alla "casarella", decide di volere unacasa sua. Acquista dai Fassini LaColombaia e la plasma col suo gusto raffi-nato. William e Susanna Walton sul latoopposto della collina di Zaro hannocostruito il loro rifugio (casa Cirillo chediventerà “la Mortella”) e si circondanodei loro amici: assai spesso Sir LaurenceOlivier, ma anche Maria Callas… Enricod'Assia sceglie Forio per le sue vacanze ela sua pittura e qui lo raggiungono fra i

alla Lampara e allo Schotch Club diTonino Baiocco.Alle melodie e alla mitica chitarra dellagloria ischitana Ugo Calise (na voce, nachitarra e 'o poco 'e luna) succedono iritmi e il piano di Mario Perrone, diRenato Carosone, di Peppino di Capri, lavoce di Mina (che si inventa cantantenella tavernetta del Moresco, dopo unaincursione pomeridiana nel "Carosello" diDon Ciccio, accompagnata da un esube-rante Claudio Esposito.Visconti si affeziona a quest'isola cui Totòdedica "Ischia paradiso 'e gioventù", men-tre "Malafemmena" dedica a SilvanaPampanini che attrae e fa sospirare: èbona non solo con i pavesini SilvanaPampanini intanto che svetta passeggian-do maestosa per via Roma."Ischia sì tu" si strimpella nelle tavernesulla sponda destra del porto: da Antoniocon le figliole al bar e l'angolino riservatoai giovani Agnelli; alla Cambusa dove laaltissime d'Ambra spopolano con gli spa-ghetti alla puttanesca; fino ai raffinatitavolini e ai ricci di mare della Lamparadi Tonino Baiocco; al mitico GinoCacciapuoti (il suo matrimonio con laSchiapparelli Berenson sarà l'evento chesuggellerà sui rotocalchi mondani la finedi un'epoca) che riceve i suoi ospiti alBounty.Negli anni successivi, sopra la salita diSan Pietro, che è tutta un concerto di zoc-coli, intorno all'hotel Floridiana, nasce-ranno Dominique del maestro di eleganzaLuciano Marino, la Rustica Domus diNino Basile, la Briciola che ruberà i clien-ti e la scena al bar Diaz per poi far postoalla Dolce sosta, il Giardino degli arancidove a mezzanotte Giovanni lascia la chi-tarra per trasformarsi nell'uomo in frac.

Gli ischitani si inventano operatori turi-stici e commerciali con grande fantasia. Antesignana è Peppenella 'a mascula, lasensale. Giannino Messina dispensa ser-vizi, ultimi trasporti, buonumore e battu-te all'Ufficio del Forestiero. Il professoreSena promuove i suoi alberghi (il Corallo,il Mediterraneo e poi il Bristol) e l'isola frale belle donne.Bagnini sono i poeti Liberato e Mimì 'engrillo, Aniello dai tu (immortalato nellecronache locali come controfigura di BurtLancaster nei panni del Corsaro dell'isolaverde, film di grande successo girato adIschia), Michele a mare, Franchino mac-chiulella.Filippo (e poi Piero, Vincenzo) confezionaimpeccabili pantaloni multicolori. Nel suoatelier Rocco Barocco scopre la perfezionedel taglio e il fascino della moda.Gabriele inventa ogni anno sandali sem-pre più allegri.'A vaccara tappezza con le paglie e le raf-fie dell'artigianato locale l'intera facciatadella sua bottega.Arricchiscono la scena ed il colore localeZio Tito a spasso con la sua capretta,Ciccio Monti “rondinella”, Luigi Morante'o surdo e le sue barzellette.Presenze di gran classe sono Antonia eSciosciò Morante sul cui personaggioVittorio Caprioli e Franca Valeri imper-niano un film delizioso, Leoni al sole, e lovogliono protagonista.Su tutti vigila Vincenzo Telese, con unprogramma ambizioso: "Fratellanza elavoro".All'Ente Valorizzazione Giacomo Deurin-ger si prepara al grande salto verso laDirezione del Centro di Produzione RAIdi Roma, chiamato dal Presidente Rodinò,quello del Calitto. Angelo Rizzoli da Villa

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tanti la sorella Cristina e le cugineSavoia, in particolare Maria Gabriella eMaria Pia.Così Visconti ad Ischia ama avere intornoa sè i suoi amici di sempre: Romolo Valli,Suso Cecchi d'Amico, Rina Morelli, PaoloStoppa, Peppino Patroni Griffi, FrancoZeffirelli, Enrico Medioli, Alain Delon(che a Ischia gira In pieno sole con MarieLaforet, un film che non teme remakes),Romy Schneider (gira Sissi ad Ischia),Renato Salvatori, Annie Girardot, JeanSorel,Adriana Asti (accompagnò un giornoVisconti ad Ischia per spese con un vesti-to evanescente che è rimasto memorabilee ancora oggi farebbe scalpore) e HelmutBerger. Le ville rifugio sono in fondo unacaratteristica del turismo ischitano.Probabilmente non a caso Ischia non hauna piazzetta ove ci si incontra per veder-si, ma soprattutto per farsi vedere.Visconti non partecipa ad una vita mon-dana che in fondo non c'è (ad Ischia i VIPci sono stati e ci sono numerosi, i papa-razzi no), ma questo non significa che nonabbia un rapporto forte e sincero con l'iso-la. Ma nonostante Forio viva il suomomento magico e intorno ai tavolini delBar Maria si succedano W.H. Auden, E.Bargheer, Alberto Moravia, Elsa Morante,P.P. Pasolini, Libero De Libero,Cremonini, Bigiaretti e chi più ne ricordapiù ne metta. Ischia rimane il suo paese.A Ischia sono i suoi amici: per tutti la miti-ca Iolanda D'Ambra (cocacola) e ToninoBaiocco. Ad Ischia le sue abitudini ed isuoi riti. Ad Ischia ama recarsi a cena,alla trattoria di Emiddio, alla Lampara. AIschia acquista i suoi dolci, soprattutto laprofumata pastiera. Da MichelangeloMessina, nel negozio-giardino-casa nelvicoletto affianco alla CIT (sulla cui soglia

riceve gli ospiti di Ischia, i suoi ospiti, unaffascinante Marchese Paolo del Pezzo)Visconti compra i fiori di cui ama circon-darsi (in particolare tuberose). Né disde-gna di trattenersi a pranzo con la fami-gliola quando mamma Lucia chiama atavola. A Nello Messina affida l'impianto ela cura del suo giardino: gardenie e orten-sie all'ombra dei lecci, il roseto in pienosole… Ad Ischia Visconti è di casa e acasa. Gli ischitani lo sanno, a cominciaredal fedele Ciro. A lui si rivolgono per coin-volgerlo nella loro festa più bella, la festaa mare agli scogli di Sant'Anna e il Contenon si sottrae: è in giuria nel ’52, nel comi-tato d'onore nel ’53; il suo contributo di25.000 lire è pari a quello del Comuned'Ischia. Solo con l'arrivo dei nuovi barba-ri e con gli anni che fanno prediligere eimpongono ritmi diversi si rintana defini-tivamente nella sua Colombaia. Qui tra-scorre le sue vacanze, accoglie gli amici,riceve gli ospiti, attende al suo lavoro. Maquesta è un'altra storia che altri conosco-no e racconteranno meglio di me.A me è stato affidato il compito di tentaredi dire il senso, la gente (con la consape-volezza che citare alcuni è dimenticaremolti) ed il gusto dell'Ischia degli anni diVisconti, dell'isola che lui elesse a vacanzae rifugio.E come lui tanti. Fra questi Nisa, musici-sta e autore (O Sarracino, Torero, Non hol'età, La musica è finita…) di cui RenatoCarosone racconta nel suo libro: "Se dopoun concerto a Miami Beach, gli mandavouna cartolina con su scritto: “Nicò, chestasì che è vita, lui rispondeva con una imma-gine di Ischia: e perchè, chesta nun è vita?"

Iolanda d’Ambra ritira dal Sindaco d’Ischia,avv. Vincenzo Romolo, il Premio Ischia 1972assegnato a Luchino Visconti.

Pergamena del Premio Ischia 1972.

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Suso Cecchi d’Amico intervista da Luigi Necco.Forio, Per Luchino Visconti, 1987.

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Roma, 3 luglio 2001. Ho appuntamentoalle quindici e trenta con Suso Cecchid’Amico. Quando salgo al terzo piano delpalazzo in via Paisiello è davvero difficiletenere a freno l’emozione, mi rendo contoche fra poco avrò davanti una delle perso-ne a cui il cinema deve davvero molto.Sceneggiatrice di oltre cento film dei piùimportanti registi italiani, inizia la suaattività nel 1946 con Mio figlio professoredi Renato Castellani, partecipa alla gran-de stagione del neorealismo, prima conVivere in pace e L’onorevole Angelina diLuigi Zampa, poi con Roma città libera diMarcello Pagliero e Ladri di biciclette diVittorio De Sica. Lavora in diverse occa-sioni con Blasetti, Antonioni, Rosi,Monicelli, Comencini, Zeffirelli. Ma è conLuchino Visconti che il suo lavoro trovamaggiore fertilità, diventando una pietramiliare nella cinematografia moderna. Luchino Visconti, infatti, scriverà insiemea Suso Cecchi d’Amico la sceneggiatura didodici dei suoi diciassette film. Ci sarà trai due una solida intesa, un’amicizia impe-ritura, una corrispondenza di gusti e diinteressi che permetterà loro di creare sto-rie e personaggi indimenticabili e indi-menticati.Dinanzi a tale personaggio, la mia linguapoteva essere sciolta solo da un po’ d’iro-nia, e, intuendolo prontamente è propriolei ad esordire: “a domanda rispondo.”

Quando ha conosciuto Luchino Visconti ecome ha iniziato a lavorare con lui?Ho conosciuto Visconti durante la guerra.Ho lavorato per la prima volta con lui nonper il cinema ma per il teatro: facemmoinsieme la traduzione e l’adattamento diun testo teatrale, Quinta colonna diHemingway. Smisi di lavorare con lui per

il teatro quando cominciammo a lavorareper il cinema: scrivemmo insieme la sce-neggiatura di un film tratto da La carroz-za del Santissimo Sacramento diMérimée, che non fu realizzato, anzi chefu realizzato, ma non con la nostra sce-neggiatura, da Renoir. Da allora peròtutti i film che abbiamo preparato sonostati realizzati, eccetto uno perché, finitala guerra, cominciò la guerra con la cen-sura. Il regime democristiano adottò unacensura addirittura ridicola che venivaapplicata anche preventivamente; cosìnon potemmo realizzare Marcia nuziale(di cui non avevamo scritto la sceneggia-tura ma il trattamento) perché ai censorisembrava che fosse un film a favore deldivorzio.

I rapporti tra Visconti e il potere democri-stiano, come lei ha accennato, erano diffi-cili, ma, credo che non fossero facili nean-che quelli con il partito comunista, che, senon ricordo male gli negò addirittura latessera.Forse ebbero anche ragione, da un puntodi vista molto severo. Perché Visconti sioccupava poco di politica, non era assolu-tamente un uomo politico; era però unuomo intelligente e profondamente mora-le. Appoggiava le richieste del comunismoed, essendo un perfezionista, voleva che ilsuo rapporto con il partito si perfezionas-se anche con la tessera. Ma francamentecredo che si sarebbe trovato molto a disa-gio in qualsiasi ruolo politico. Nel dopo-guerra e nei primi anni ’50 era convintoche fosse necessario andare nella direzio-ne indicata dal partito comunista, dalquale in seguito si distaccò. All’epoca deifatti di Ungheria egli fu tra quegli intel-lettuali vicini al PCI che condannarono

Di un senso profondo°. Colloquio con Suso Cecchi d’AmicoLora Del Monte

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apertamente l’invasione sovietica.

La politica condizionava molto il fare cine-ma negli anni ’50-’60?Meno di quanto si dica. A partire da uncerto periodo è diventata così costosa larealizzazione di un film (questo per colpadegli americani i quali scientementehanno distrutto la produzione in Europa,a difesa del loro prodotto) che si sono persiper strada i privati disposti a finanziare iprogetti dei registi. Quindi c’è stato biso-gno dell’intervento dello Stato e lo Stato èdiventato padrone. Nei primi anni dopo laguerra era ancora abbastanza facile fareun film, infatti se ne facevano duecento-cinquanta l’anno contro i quaranta diadesso! Poi i costi di produzione comincia-rono a salire, tutto diventò più difficile, esi avvertì più presente il ricatto del pote-re.

Già dal suo secondo film Visconti rivolgela sua attenzione alla realtà del meridioned’Italia. Come è riuscito a penetrare così inprofondità la cultura del Sud tantodistante dal mondo dal quale egli proveni-va?Quando una persona intelligente siappassiona ad una cosa e la vuole capire,la guarda con un’attenzione e uno studioparticolare, rifacendosi anche ai testi dichi ne ha scritto in modo illuminante. Epoi lui si trovava molto bene al Sud.

Anche Rocco e i suoi fratelli, pur essendoambientato a Milano, rivela una notevolecapacità di cogliere certi aspetti della cul-tura meridionale. Quello è un film a cui tengo moltissimo, edè stato per entrambi uno dei film piùamati. Non nasce da un libro, la storia è

proprio mia e di Luchino, al quale eravenuta la voglia di illustrare l’emigrazio-ne dal Sud al Nord, un fenomeno assolu-tamente nuovo, una cosa inimmaginata,inimmaginabile e mai vissuta in quelleproporzioni. Visconti aveva pensato difare, in un certo senso, il seguito ideale diLa terra trema, e andammo dapprima aTorino perché nel capoluogo piemontese,dove non c’era mai stata nessun tipo diimmigrazione, il fenomeno era stato, percosì dire, più scioccante. Decidemmo poi discegliere come ambientazione Milano.Visconti doveva impossessarsi della men-talità degli emigranti, per rappresentareTorino avrebbe dovuto impossessarsianche della mentalità torinese; mentreMilano, era la sua città, già la conoscevabene e poteva illustrare come questenuove presenze la cambiassero.

Rocco e i suoi fratelli ci porta al discorsosui riferimenti letterari nel cinema diVisconti. Questo film, infatti, ne è pienopur non essendo un adattamento vero eproprio di un testo letterario come altrifilm, ad esempio Il Gattopardo, Lo stra-niero, Senso…Nel caso di Rocco per la prima volta deci-demmo di scrivere un romanzo per il cine-ma; scegliemmo il tema che era caro aVisconti, dopodiché vivemmo a lungo acontatto con gli immigrati. I riferimentiletterari li abbiamo sempre segnalati noiper primi, e ci siamo sempre fatti forzadella teoria di Benedetto Croce secondo laquale il plagio non esiste. Luchino era unuomo, come me, di molte letture, di gran-di letture e, insieme, cercammo nella let-teratura i personaggi principali del film; liprendemmo quindi di peso da L’idiota diDostoevskij: il principe Myskin per Rocco,

Natas’ja Filìppovna per Nadia e Rogozinper Simone.Le fonti d’ispirazione letteraria sono sem-pre state molto vivaci nel lavoro diVisconti. Non dimentichiamo che Luchinoera un grande regista, cinematografico eteatrale, ed amava moltissimo dare la suainterpretazione di un testo, che eseguivasenza rivisitarlo come fanno oggi. Luifaceva l’esecuzione di un testo.

Come lavoraste, invece, su Il Gattopardodi Giuseppe Tomasi di Lampedusa?Il cinema e la letteratura sono due cosediversissime. Per tradurre in immaginiun testo devi allontanartene molto, deviavere il coraggio di tradirlo per suggerirecon la trama anche il tono, il sapore.Proprio questo facemmo con Il Gattopardoe credo sia stato un ottimo lavoro. Pensoche la scelta di togliere tutta la parte fina-le del romanzo e di dare nel ballo il sensodel film, cioè il cambiamento della societàe la morte del principe, è stato un modo diessere fedeli al romanzo essendogli infe-delissimi. Bisognava fare delle scelte sullabase di quello che ci eravamo proposti direalizzare. In quel momento il libro era unenorme successo, anche all’estero, e noivolevamo farlo ritrovare sullo schermo.Questo credo sia stato raggiunto: infattitutti pensano che il film sia fedelissimo alromanzo mentre non lo è per niente.La dimostrazione che abbiamo ragione ladà Lo straniero, perché, in quel caso, seavessimo potuto agire come volevamo,come avevamo pianificato, ci saremmoallontanati molto dal testo proprio perdarne lo stesso sapore, per rappresentar-lo. Dopo la morte di Albert Camus, cheaveva emozionato la Francia creandoattorno allo scrittore quasi un clima di

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beatificazione (come accadrà poi in Italiaper Pasolini, anche se le due morti non sisomigliano per niente), la povera vedovaFrancine, che sentiva la responsabilità dimantenere integra l’opera del marito,venne da noi e disse che non si potevacambiare nulla del libro. Mise anche unoscrittore francese a tutela del testo, non cifu verso di dissuaderli. La conseguenza fuche nel film si sente che c’è qualcosa chenon funziona. Inoltre noi sapevamo già diavere Mastroianni come interprete ed era-vamo convinti che, per dargli una patinache non fosse di pigrizia e indifferenza,dovevamo trovare una chiave diversa daquella del romanzo di Camus. Bisognavaessere un po’ più liberi.

E per Senso tratto dal racconto di CamilloBoito?Quello, invece, è stato molto cambiato manon per rappresentare Senso, una novellache nessuno conosce né conoscerà mai.Era uscito in quei giorni il volume dei rac-conti di Boito, che non hanno un grandevalore letterario. A noi piacque Senso, eraun bel soggetto, e noi lo afferrammo per-ché il produttore Renato Gualino ci avevaappena detto che non avrebbe potuto fareMarcia nuziale (poiché il ministero nongradiva). Visconti, che aveva le sue fisime,non credeva alla storia dell’interventoministeriale, era convinto che Gualino,avendo ripensato al progetto, non volesseavventurarsi in un film con lui temendonei costi troppo alti. Gualino negò dicendoche, se gli avessimo portato subito unaltro soggetto, si sarebbe messo immedia-tamente al lavoro. Io avevo letto il giornoprima i tre racconti di Boito e portai Sensoa Visconti, che si entusiasmò. Scoprimmocosì che Gualino diceva la verità. Questa è

Suso Cecchi d’Amico in due momentidella premiazione al Premio Persona.Forio, 1987

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te moderno, ci si trova davanti un artistacome Wagner ed un matto come Ludwigsui quali la pensiamo tutti allo stessomodo.

A quale opera di Visconti è legata di più?A tutte. Un po’ meno a Lo straniero, chemi ha lasciato l’amarezza di una cosa chenon funziona perfettamente. Ma recente-mente l’ho rivisto e la parte finale, daldelitto in poi, mi è piaciuta.

E quale opera avrebbe voluto realizzarecon lui?Mi è dispiaciuto moltissimo non aver fattoil Proust, perché solo Luchino potevafarlo. Avevamo preso la decisione moltosaggia e modesta di raccontare semplice-mente la trama de La ricerca del tempoperduto. Anche se non abbiamo potutorealizzare il film, le nostre intuizionihanno trovato conferma nella sceneggia-tura, neanche quella realizzata per fortu-na, di Harold Pinter (che stimo moltissi-mo come sceneggiatore oltre che comedrammaturgo, trovo infatti geniale Ladonna del tenente francese). Pinter, diver-samente da noi, ha tentato di dare lo stileletterario di Proust, ma, così facendo, nonha fatto altro che illustrare un delirio oni-rico che non suggerisce la chiarezza sep-pur a scatole cinesi dell’opera.

Parliamo adesso di Ischia. Come lei saquest’anno si aprirà al pubblico LaColombaia. Cosa è stata Ischia perVisconti? Perché decise all’epoca di rifu-giarvisi?La Colombaia amata…Tutte le cose sonomolto più casuali, meno programmate dicome si pensi. Luchino viaggiava parec-chio ma non era un tipo fedele in niente.

cato per esigenze di produzione, dovemmoinfatti sviluppare il personaggio di WalterChiari che in quel momento aveva ungran successo. Ludwig subì molti cambia-menti perché era troppo lungo. In questicasi si deve anche adattare la sceneggia-tura ai tagli necessari, non si può toglieresolo qualche pezzo. Altre volte, come neiprimi film neorealisti, si doveva cambiareper adeguarsi alle sorprese che davano gliattori non attori presi dalla strada.

Dopo Lo straniero inizia la trilogia tede-sca di Visconti: La caduta degli dei, Mortea Venezia, Ludwig. Perché lei partecipasolo a quest’ultimo e non ai primi duefilm?Non ho partecipato a La caduta degli deiperché non me la sentivo di fare un film dimaniera per Visconti. Inoltre non conoscoil tedesco e non ho una profonda cono-scenza della cultura tedesca. Eravamopartiti da un soggetto che si svolgeva inInghilterra, ma poi fui io stessa ad indi-cargli un servizio sulla famiglia Kruppche era uscito su L’Europeo. Trovai bellis-sima l’idea, Luchino sapeva il tedesco,aveva avuto persino una fidanzata dell’a-ristocrazia tedesca, era roba che trattavadi prima mano.Morte a Venezia era un film che Luchinovolle a tutti i costi, la cui realizzazioneconsiderava un fatto personale un po’come è stato per il film di Manoel deOliveira Ritorno a casa. Con NicolaBadalucco aveva lavorato nel precedentefilm tedesco così decise di avvalersi dellasua collaborazione anche per Morte aVenezia. Io, inoltre, avevo iniziato già alavorare al Proust.Ludwig è un caso diverso, un caso cultu-rale. Non implica un giudizio politicamen-

la storia. Dopodiché ci trovammo un po’impigliati in questa cosa, perché era unastoria intrigante ma antipatica con i pro-tagonisti entrambi piuttosto sgradevoli.Allora ci mettemmo a studiarlo e aLuchino piaceva molto di questo soggettola guerra attraversata da una passioneprivata, cioè il viaggio della contessaSerpieri in carrozza attraverso la guerra.Io del film non avevo calcolato bene certelunghezze, e non avevo previsto, ad esem-pio, tutti gli indugi nelle scene della villaattrezzata e rimessa a nuovo da Luchino,tutti gli attraversamenti di stanze perandare a prendere una cosa; e questomangiò una grossa fetta del film, sicura-mente bellissima, ma quando poi si dove-va girare la scena della traversata dellaguerra Gualino mi disse che la borsa siera chiusa. Il metraggio necessario erastato raggiunto, il budget ampiamentesuperato e il film finì così. Visconti dovet-te rinunciare proprio alla scena che avevaincantato la sua immaginazione: la Vallisarebbe dovuta passare tra truppe insan-guinate sui campi di battaglia. Per fortu-na Luchino si era talmente innamorato diquello che aveva girato fino ad allora chenon ne fece una gran tragedia, inoltre eramolto elettrizzato dal fatto che per laprima volta stava girando un film a colorie così curò moltissimo l’aspetto cromaticodell’opera. La scelta dei colori dei vestiti faaddirittura parte della sceneggiatura,bisognava passare dai colori chiari dell’i-nizio al nero dell’ultima scena.

Le sceneggiature, quindi, non venivanonecessariamente rispettate, potevano subi-re cambiamenti notevoli in fase di ripresa?A volte si cambia moltissimo, per diversimotivi. Bellissima, ad esempio, fu modifi-

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Ad esempio: amava moltissimo i cani, se liportava dietro, li curava in un modo incre-dibile e poi, improvvisamente, li cambiavae i poverini scartati rimanevano esterre-fatti. Si occupava di sistemarli bene, e inquesto lo aiutava la sorella Uberta che eraun’animalista straordinaria e disponevadi molti luoghi per accoglierli. E così per iposti. Lui capitò ad Ischia in visita adamici che passavano lì l’estate, ed affittòLa Colombaia, che era la seconda casa deimarchesi Fassini, allora proprietari anchedell’edificio che adesso è un albergo, lìvicino. Non c’era neanche la luce elettricaquando l’affittò la prima volta, la sera suun tavolo all’ingresso erano preparati ilumi a petrolio e si andava in camera conquelli. A Luchino piacque moltissimotanto che decise di comprarla. Sedusse iproprietari, che non avevano tanta vogliadi vendergliela, ma poi furono persuasidalla passione che aveva Luchino per que-sta casa. La rifece completamente congrande partecipazione di tutti gli amici,perché era un ospite straordinario: lì sistava benissimo e la casa come la rifeceera veramente bellissima.

La Colombaia era un luogo di riposo o dilavoro?Noi andavamo lì a lavorare, scrivevamo lìle sceneggiature in estate. Tutto Senso ènato lì. Iniziavamo ad andare in primave-ra, mai in inverno. Solo una volta andam-mo fuori stagione, l’anno che si inauguròlo stabilimento termale di Rizzoli. Ricordoche passavamo i pomeriggi a fare le curetermali e la sera a cena avevamo tuttidelle facce stravolte. Ci chiedevamo, stan-chissimi, se realmente ci facessero benequelle applicazioni (di cui non avevamodavvero bisogno). Luchino non era un

marinaro, il più delle volte non scendevaneanche a mare, si stava su e si scriveva.Non usciva spesso. Si andava qualchevolta la sera al ristorante, se c’era qualcu-no che aveva energie, altrimenti rimane-vamo a lavorare. Si occupava molto dellacasa, del giardino. Aveva coltivato un giar-dino fantastico, con una piantagione dirose violacee e “belle di notte” bianche cheprofumavano da far girare la testa. Stavalì molto volentieri, La Colombaia era pro-prio un’isola felice.Poi quando è stato male affrontò anche l’e-norme spesa dell’ascensore pur di ritor-narvici, ma poté farlo solo una volta. Dopola paralisi che lo colpì nel 1972 riuscì arialzarsi in piedi, anche se instabilmente,e girò Gruppo di famiglia in un internosulle sue gambe, appoggiandosi ad unbastone, con tutta la troupe che faceva piùattenzione a non farlo cascare che a gira-re il film. Purtroppo dopo il film cadde e siruppe la gamba buona. Fu costretto cosìalla sedia a rotelle e pur essendoci oranella villa l’ascensore non volle tornare adIschia in quelle condizioni. In seguito io tornai anche alla Colombaiae la trovai esattamente come la avevalasciata, ancora con gli abiti nell’armadio,i quadri di Klimt e di Matisse alle pareti,la collezione di vasi liberty. Infatti, fui ioad avvertire la sorella di andarli a ripren-dere, facendo risvegliare l’interesse deinipoti che andarono a prendere gli oggettipiù preziosi.Io sapevo, come gli altri amici e i familia-ri, che aveva destinato La Colombaia allasorella Nane. Dopo la morte, come tuttisanno, ci furono dei contrasti molto fortitra i familiari a causa della misteriosascomparsa del testamento. Le sorelleUberta e Nane fecero tutto il possibile per

tenere La Colombaia per creare una fon-dazione e portarvi le ceneri del fratello.Purtroppo hanno finito per dover rinun-ciare a questo sogno.Luchino, infatti, amava La Colombaia alpunto da voler esservi seppellito: avevadeciso persino il luogo esatto, aveva com-prato un loculo provvisorio per consentiredi preparare la sepoltura, ma le autoritàdi Ischia non accordarono il permesso.Ora le ceneri sono a casa della sorellaUberta.Vorrei concludere con le parole diMargherita d’Amico che qualche anno favisitò La Colombaia insieme a sua nonna,come racconta nel libro Storie di Cinema ed’altro.“…accompagnai la nonna ad Ischia, perun convegno su Visconti; alloggiavamo inun albergo che si trova proprio sotto la suacasa, la Colombaia. Così un giorno lanonna andò dai guardiani e se la fece apri-re, portandomi a visitarla. Non credo fosseperché gli armadi erano ancora pieni diabiti disposti in ordine perfetto, né per ivasi liberty sparsi per le stanze, che pro-vai la sensazione di trovarmi in un luogoche non era appartenuto a qualcuno, mache gli apparteneva ancora. Non c’eraniente di sinistro o di spettrale, soloun’impronta molto precisa, che non lascia-va dubbi sul fatto che quel luogo avesseun suo signore.”

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Forio, Punta Caruso (Zaro) da mare.

Forio, spiaggia e lido alla fine degli anni ’40

Forio, località Zaro e Monte Epomeo.

L’abitato di Forio con il Monte Epomeo,fine anni ’40.

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Ossessione, una storia. La ColombaiaMaria D’Ascia

Il promontorio di Zaro, estremità nord-occidentale dell’Isola d’Ischia, è formatoda una colata lavica ricoperta da fittavegetazione a macchia mediterranea.Zona di particolare interesse naturalisti-co-ambientale, benché in un contestointensamente urbanizzato, ha conservatointatte le proprie caratteristiche origina-rie.Qui è incastonata – tra il mare, il cielo e ilfitto bosco – La Colombaia, mitizzata resi-denza estiva di Luchino Visconti.Assecondando il rapporto di implicitazio-ne, le proprietà necessarie di una colom-baia sono l’isolamento, la capacità ricetti-va e la dimensione estetizzante, che sonopoi quello che fa dell’omonima Villa e delsuo parco uno dei luoghi più bellidell’Isola.Fu Luigi Patalano (1869-1954) “poeta,scrittore, insigne giureconsulto foriano” avolere, come ricorda con nostalgico turba-mento il nipote Ignazio Fiorentino, questo“bianco maniero sovrastante l’azzurromare profondo, abbarbicato alle rocce vul-caniche, immerso nel verde cupo di unavegetazione rigogliosa, in una solitudinelungi dal rumor degli uomini”. Di famiglia benestante, che vantava tra lealtre proprietà anche quella de “laMezzatorre”, Luigi Patalano – verso lafine dell’800 – commissionò la costruzionedella Colombaia, le cui volte e merli inten-devano riprodurre quelli di un castellomedievale ammirato durante un viaggioin Francia. La consulenza dell’architettoRoberto Pane garantì il buon esito del pro-getto.Personalità eclettica ed intrigante, LuigiPatalano era solito ospitare alla Villa per-sonaggi illustri, tra i quali, rapito dallabellezza del luogo, ci fu anche Giosuè

Carducci.Nel 1938, per circostanze legate all’immi-nente scoppio della guerra, Luigi Patalano– di dichiarata fede socialista – fu costret-to a vendere la Colombaia e la Mezzatorreal barone Fassini. La guerra non fu lo scenario ideale per laribalta della Colombaia, che visse unperiodo di anonimato.Luchino Visconti frequentava Ischia giàda molto tempo quando, verso la fine deglianni ’50, cominciò a setacciare l’Isola allaricerca di una casa: la Colombaia era laproiezione delle sue aspirazioni e dopomille insistenze persuase il barone Fassinia vendergliela. Le condizioni della Colombaia al momentodell’acquisto non erano delle migliori eVisconti intraprese lavori di ristruttura-zione e di personalizzazione ancora, deli-beratamente, in corso al momento dellasua morte. Del giardino, ornato di pregia-te varietà di rose che faceva arrivare dal-l’estero, parlava agli amici come del ricet-to delle sue ceneri.Con la morte di Luchino Visconti cominciòper La Colombaia un periodo di decaden-za che, negli anni Novanta, culminerà inuna lunga e controversa procedura diacquisizione al patrimonio pubblico.Su felice intuizione dell’on.le FrancoIacono – che si occupò anche di reperire ifinanziamenti necessari – ebbe inizio l’in-tervento pubblico del Comune di Forioche, con la delibera di Consiglio n. 100 del12 maggio 1989, approvava un progetto direcupero e adattamento ad uso pubblicodella Colombaia e del parco annesso qualesede di una Scuola Internazionale diCinema e Teatro.L’Ente intraprese le trattative per l’acqui-sto della Villa dagli eredi Visconti, ma l’in-

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Pianta al primo livello1 Sala proiezioni2 Archivio fotografico

e Sala montaggio3 Ufficio coordinatore4 Fojer5 Salone a disposizione6 Manifestazioni all’aperto

Esercitazioni sul linguaggio teatrale e cinematografico

7 Aula per la didattica8 Sala lettura9 Galleria coperta per mostre

Pianta al secondo livello1 Studio2 Laboratorio Mediterraneo3 Sala gruppi

Seminari e Convegni4 Spazio attrezzato per prove

prosa napoletana5 Aula per la didattica

Corsi di drammaturgianapoletana

6 WC

Catalogo per il recupero della Colombaia,Forio 1989.

Ai lati, piante di rilievo della villa,Arch. Maurizio Di Stefano.

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Decreto di tutela per La Colombaia,Ministero per i Beni Culturalie Ambientali. Roma, 26 ottobre 1991.

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stabilità politica che caratterizzò queglianni diede origine a procedure ammini-strative contraddittorie che, pur non met-tendo in discussione il valore culturaledell’iniziativa, ne ritardarono la realizza-zione. Inoltre, gli sforzi profusi in questoprogetto rischiarono di essere del tuttovanificati dalla decisione degli erediVisconti di vendere la Villa – con atto dicompravendita del 25 settembre 1991 -alla Società “Torre di San Montano” S.r.l.,un gruppo privato che mirava a fare dellaColombaia un albergo di lusso. FrancoIacono, allora deputato al ParlamentoEuropeo, sollecitò il Ministero per i BeniCulturali e Ambientali ad apporre alladimora ischitana di Visconti i vincolinecessari a preservarne la destinazioned’uso e il diritto di prelazione: promosseuna petizione che fu sottoscritta da 40esponenti del Parlamento Europeo – fracui Giscard d’Estaing, Simone Veil, Biagiode Giovanni - e rivolta all’on.le Andreotti,Ministro ad interim per i Beni Culturali,al sen. Covatta e all’on.le Astori,Sottosegretari dello stesso Ministero;all’on.le Tognoli, Ministro per il Turismo elo Spettacolo.Il Ministero provvide ad emanare il decre-to n. 18082 del 26 ottobre 1991, con ilquale “l’immobile denominato ‘Villa LaColombaia’, con annesso parco, accessori edipendenze […] è dichiarato di interesseparticolarmente importante ai sensi del-l’articolo 2 della legge 1 giugno 1939 n.1089 e viene, quindi, sottoposto a tutte ledisposizioni di tutela contenute nella leggestessa”. Il Comune di Forio, con decretodel Sindaco n. 19027 del 24 dicembre 1992procedette all’occupazione temporaneadella Colombaia e del parco annesso,quale atto prodromico a quello di espro-

prio. Seguì una lunga lite tra i proprieta-ri della Villa e l’Ente pubblico che, soc-combente sia presso il T.A.R. Campaniache presso il Consiglio di Stato, fu obbliga-to alla reintegra nel possesso del bene afavore dei proprietari, eseguita daCommissario ad acta il 1° luglio 1997. Parallelamente, l’Amministrazione comu-nale guidata dal Sindaco Franco Montireiterava la volontà di realizzare il proget-to originario e creare una ScuolaInternazionale di Cinema e Teatro: acqui-siti ulteriori finanziamenti dallaPresidenza del Consiglio, concluse l’acqui-sizione del bene con atto di compravenditae transazione definito con la Società “Torredi San Montano” l’11 febbraio 1998. Finalmente la Colombaia – a lungo incu-stodita nel periodo di ‘interregno’, e per-tanto mèta di vandali e saccheggiatori – èproprietà del Comune di Forio, che iniziai lavori di recupero e adeguamento del-l’immobile e del parco sotto la direzionedell’arch. Maurizio Di Stefano.Con l’apertura al pubblico si inaugura unanuova stagione per la Colombaia che, ospi-te della Scuola Internazionale di Cinema eTeatro, si consacra sede di studio e diricerca, con l’ambizioso tentativo di ripro-durre l’atmosfera di feconda creatività cheanimava il buen retiro del grande regista.E’ merito dell’Amministrazione Montiaver concorso alla definizione di un’inizia-tiva che ha il pregio di perpetuare il ricor-do della presenza di Visconti a Forio,attraverso la rivitalizzazione della suaresidenza-laboratorio.In una prospettiva di potenziamento eriqualificazione dell’offerta culturale, laColombaia diventa volano di un nuovoturismo sostenibile, promessa di valoriz-zazione dell’intera Isola.

Firme dei Parlamentari Europei che hannosottoscritto la petizione agli On.li Andreotti,Tognoli, Covatta, Astori:Giscard d’Estaing, Simone Veil, Pannella,Ferrara,Baget Bozzo, La Malfa, Melandri,Gaibisso, Formigoni, Amendola, Carniti,Valent, Lagorio, Magnini-Noja, Ford,Taradash, Laroni, Linkhor, La Pergola,Rawlings, Mottola, Fantini, Cassanmagnago,De Vitto, Planas, Herman, Barzanti, DeGiovanni, Tranutmann, Duverger, Regge,Melis, Imbeni, Schinzel, Amaral, Langer,Puerta, Coimbra, Iacono.

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Foto da un gruppo di famiglia

La mostra fotografica su Visconti cheviene proposta ad Ischia è ricca di cen-tottantasei fotografie, che fanno partedel cospicuo Fondo Visconti (15 milapezzi) di proprietà della FondazioneIstituto Gramsci, dichiarato di interessenazionale dalla Sovrintendenza archivi-stica per il Lazio.La Fondazione Gramsci ha messo adisposizione il materiale della mostraper le manifestazioni celebrative viscon-tiane che il Circolo Sadoul di Ischia, diconcerto con il Comune di Forio e conl’Istituto Italiano per gli Studi Filosoficidi Napoli, ha predisposto in occasione del25° anniversario della scomparsa delregista. Il materiale qui presentato, chesarà utilizzato, almeno in parte, anchenel quadro delle iniziative che per lo stes-so fine la Fondazione intende realizzare,è stato già esposto, quasi nella sua inte-rezza, nella mostra di Spoleto del 1997,dedicata agli anni della formazione diVisconti. In quell'occasione la mostra furealizzata dalla Fondazione Gramsci e,per conto della stessa Fondazione, curatada Caterina d'Amico. Esposta ora qui aIschia, in un contesto diverso, la mostraconserva la struttura fondamentale con-cepita nel pregevole lavoro della d'Amico,comprese le didascalie da lei predisposte,e, per una più agevole fruizione, è artico-lata in sezioni in relazione a criteri diperiodizzazione significativi della vita edell'opera di Visconti ed è corredata dallenote che seguono, finalizzate a fornireindicazioni integrative rispetto alle foto.La mostra è ripartita in otto sezioni percentottantasei fotografie. Essa non soloracconta per immagini le origini e glianni della formazione della complessa edaffascinante personalità di Luchino

Visconti, seguendolo dalla nascita, nel1906, fino alle prime fasi della realizza-zione della sua prima regia cinematogra-fica nel 1942, ma fornisce un'ampia edocumentata testimonianza dell'ambien-te familiare e del contesto storico, socialee culturale in cui si inserisce la vita delgrande regista, che può aiutare a com-prendere e a "leggere" più profondamen-te lo sviluppo della sua personalità ed aindividuarne le radici familiari chevanno ricercate ben al di là dell'inizio del'900.

Sezione I - fotografie 1 - 11Sono le immagini delle famiglie Viscontied Erba. La mostra, dunque, inizia amuoversi alla ricerca delle "radici":innanzitutto i Visconti di Modrone,discendenti dall'antichissimo e nobilecasato che aveva tenuto la signoria diMilano per un paio di secoli.

Sezione II - fotografie 12 - 19Alcune immagini si riferiscono ai princi-pali teatri di Milano di fine secolo, conparticolare riguardo alla Scala.

Sezione III - fotografie 20 - 26Queste foto documentano l'attività tea-trale di Giuseppe Visconti. Lo stessoLuchino Visconti metterà in scena alTeatro Manzoni il 6 marzo 1953 il mono-logo Il tabacco fa male insieme a Medea.Altre foto riguardano i cinema, il Palaceed il Centrale che venivano frequentatiabitualmente dalla famiglia Visconti.

Sezione IV - fotografie 27 - 69 Sull'infanzia e l'adolescenza di Visconti.Luchino Visconti nasce a Milano il 2novembre 1906 e la sua sensibilità non

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poteva non cogliere il particolare signifi-cato di quella data, definendola: "unacoincidenza che rimarrà sempre scanda-losa, in ritardo di 24 ore forse sulla festi-vità dei Santi”.

Sezione V - fotografie 70 - 88Sono immagini di grandi attori teatralidi fine '800 o della prima metà del '900(la Duse, Benassi, Ruggeri, Gandusio, laPavlova), ammirati da Luchino con gliocchi dell'adolescente che frequentava ilgrande teatro.

Sezione VI - fotografie 89 - 106Ritorniamo all'adolescenza di Luchino, aquegli anni difficili caratterizzati da unairrequietezza e da una ribellione alleimposizioni e alle regole codificate, forseda una crisi esistenziale, che non gli per-misero di concludere il ciclo degli studi,senza peraltro fornirgli nessun aiuto intermini di progettualità e di chiarezza dipropositi.

Sezione VII - fotografie 107 - 139Le foto documentano le esperienze vissu-te a Parigi negli anni '30, l'apprendistatocon Renoir, il successivo viaggio inGrecia, la partecipazione a spettacoliteatrali e la ulteriore collaborazione conRenoir e Koch per il film Tosca.

Sezione VIII - fotografie 140 - 186.La frequentazione assidua di intellettua-li di sinistra come De Santis, i fratelliPuccini, Ingrao, Alicata, collaboratoridella rivista “Cinema”, le discussioniideologiche e politiche che si intrecciava-no e si confondevano con quelle in mate-ria artistica o letteraria nel lavoro diredazione, la semiclandestinità di Ingraoe di Alicata, la posizione della rivista chepropugnava un cinema "realistico",incentrato sui problemi della vita quoti-diana in contrapposizione alla finzioneed alla retorica del cinema nazionaledominante, influenzano in modo deter-minante Visconti sollecitandolo verso un

discorso non più solo estetico, ma politi-co. Sarà un processo lungo, complesso econtraddittorio che passerà attraversouna serie di progetti, di sceneggiaturetratte soprattutto da testi verghiani, per-ché a Verga intendeva ispirarsi il cinema"corale", e troverà un primo risultato,peraltro anch'esso ambiguo e non com-piuto, nella realizzazione di Ossessione.

A Lampara, anni ‘60.Da sin. Ciro Messina, Enrico Lucherini,Roberta Maino, Luchino Visconti,Edda Lancetti e Tonino Baiocco.

A Lampara, anni ‘60.Da sin. Tonino Baiocco, Marita Kussner,Luchino Visconti e Roberta Maino.

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Lo “straniero”. Forio per ViscontiFrancesco Rispoli

A fine settembre, nel 1987, si apre quelloche sarà destinato a rimanere soltanto unciclo quadriennale – interrottosi dopo il1990 – e che, invece, nelle intenzioni deipromotori voleva fissare un appuntamen-to permanente nel panorama delle inizia-tive culturali delle estati foriane.Le manifestazioni “per Luchino Visconti”,curate dal Comune di Forio in collabora-zione con l’Azienda di Cura e Soggiornodelle isole di Ischia e Procida ed il Centroper la ricerca sui nuovi linguaggi dellospettacolo, vengono articolate, sulla lignéepropria del Centro per la ricerca sui nuovilinguaggi dello spettacolo, entro un oriz-zonte di riflessione critica sulla moltepli-cità ed interconnessione dei linguaggidello spettacolo. L’obiettivo esplicito è,nelle parole con le quali Renzo Tian pre-senta la manifestazione dell’anno succes-sivo, quello di legare “l’approfondimentoteorico a un lavoro sul campo destinato alasciare una traccia, sotto forma di unostrumento utilizzabile in chiave didatticaoltre che sperimentale”.La figura di Visconti, in cui l’interrogazio-ne radicale sui fondamenti del mestiereconvive con uno straordinario rigore pro-fessionale, offre con ogni evidenza un ter-ritorio di esplorazione privilegiato su cuiallestire un laboratorio culturale di questotipo.Così le giornate foriane, tenendo fede alleambizioni ed alle speranze che vi sonostate riposte, sviluppano un viaggio intor-no al lavoro del maestro di straordinariointeresse e spessore, per quantità e qua-lità delle rassegne, mostre ed eventi pre-sentati.Il fil rouge che si dipana nei quattro anniattraversa alcuni grandi tematiche dellaricerca viscontea, dal rapporto con alcune

grandi aree culturali – il Sud, la Francia,la Germania – a quello con la musica ed alsuo ruolo centrale nel lavoro della regia.Accanto a questo primo filone, per cosìdire di analisi storico-critica, si svolge unsecondo, parallelo, di testimonianza, di un“dietro le quinte – per citare ancora Tian –della memoria”.E’ inutile qui dilungarsi sulle iniziative esulle personalità di rilievo ospiti di questemanifestazioni. Le schede allegate sonosenz’altro esaurienti da questo punto divista. Vale la pena invece ricordare che leiniziative suscitano un vastissimo interes-se nella stampa italiana con articoli, saggicritici e recensioni su tutti i più importan-ti quotidiani.Il premio “Persona”, attribuito ogni annonel corso della manifestazione - rispetti-vamente ad una personalità di grandespicco, una personalità emergente edall’autore di una pubblicazione critica - èassegnato a Suso Cecchi d’Amico, AlainDelon, Maurizio Scaparro (1987), IngmarBergman, Marcello Mastroianni, GretaScacchi (1988), Dirk Bogarde, IrenePapas, Roberto Citran (1989), Gian CarloMenotti, Franco Zeffirelli e TizianaFabbricini (1990).I principali protagonisti di questo straor-dinario ciclo alla fine degli anni Ottantafurono senz’altro, in diversi ruoli,Maurizio Scaparro e Franco Iacono. Alprimo va ascritta la qualità ed il rigoredell’articolazione delle manifestazioni. Alsecondo la tenacia mostrata prima neidiversi ruoli istituzionali che gli accaddedi ricoprire via via in quegli stessi anni epoi da semplice cittadino con una serie diiniziative ed interventi sulla stampa epresso le istituzioni perché quel progettodivenisse realtà e perché le Amministra-

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zioni foriane, che si sono da allora succe-dute, raccogliessero il testimone dell’altrainiziativa, di cui si riferisce altrove, di faredella villa di Visconti. La Colombaia, unfatto permanente per lo sviluppo della cul-tura in un orizzonte europeo.E’ così che oggi La Colombaia è una realtàdi Forio, dell’Isola d’Ischia, della culturanon solo italiana.

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Chiostro di S. FrancescoCircolo NauticoTorrione

22 settembreConversazione con C. d’Amico deCarvalho e E. Siciliano su“À la recherche du temps perdu”La sceneggiatura di Suso Cecchi d’Amicoe Luchino Visconti da Marcel ProustConvegno coordinato da U. RonfaniVisconti e la Franciacon F. Caruso, F. Chalais, C. d’Amico deCarvalho, O. Gavioli, F. Quadri, R. Tian,M. Scaparro

23 settembrePremio Persona 1988 per la saggisticaUna sera con Pupella Maggio

24 settembreIl palcoscenico e lo schermoincontri conclusivi con G. Cincotti,L.M. Musatti, M. Scaparro, R. Tian,L. WertmüllerAssegnazione Premio Persona 1988Una sera con Massimo Ranierirecital per Luchino Visconti

Chiostro di S. FrancescoLibreria MatteraCinema delle Vittorie

mercoledì 23Per Luchino Viscontidi C. d’Amico de Carvalho, V. Razzini,Officina Film ClubProgramma della terza rete RAI TV(23-26/9)Ossessione di L. Viscontipresentazione della retrospettiva cinema-tografica, a cura di V. Razzini

giovedì 24 Monografie su Luchino Viscontidi C. d’Amico de Carvalhoincontro con A. Sanzio (24-26/9)La France à la recherche de ViscontiLa terra trema di L. Visconti

venerdì 25Convegno su Visconti e il Sudcon N. Badalucco, V. Caprara, E. Fiore,T. Kezich, F. Rosi, M. Scaparro,P. Stoppa, R. TianRocco e i suoi fratelli di L. ViscontiIncontro con P. BondanellaVisconti e la critica americana

sabato 26Concerto di musiche dai filmdi Luchino ViscontiOrchestra S. Carlo di Napoli,violoncellista A. Bonuccidirettore F. Mannino

domenica 27Presentazione del premio Persona

Chiostro di S. FrancescoCircolo NauticoTorrione

19 settembrePresentazione del programmaVisconti e la FranciaIl palcoscenico e lo schermoStage per giovani attori e registi diploma-ti all’Accademia di Arte Drammatica e alCentro Sperimentale di Cinematografiacoordinato da F. Tonelli (19-24/9)Il Testo - L’Attore - Il Pubblico - Lo SpazioUne partie de Campagne di J. Renoir

20 settembrePer un grande progetto culturale dell’isolaincontro con le amministrazioni isolaneP. Nonno, M. Scaparro presentanoVisconti e il Sud (20-23/9)immagini tratte da La terra trema, Rocco e isuoi fratelli, Il Gattopardoa cura di C. d’Amico de Carvalho, R. FranciaBoccaccio ’70 (Il Lavoro) di L. Visconti

21 settembrePremio Persona 1998riunione conclusiva della GiuriaConversazione con F. Chalais, G. DavicoBonino suLo straniero dal romanzo di Albert Camusal film di Luchino ViscontiLo straniero di L. Visconti

Per Luchino Visconti.Forio, 23-27 settembre 1987

Visconti e la Francia. Viscontie il Sud. Premio Persona 1988

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Chiostro di S. FrancescoPiazza Municipio; Torrione;Libreria Mattera; Cinema Moderno;Villa La Mortella

giovedì 27Mostra Visconti e la liricaa cura di C. d’Amico de Carvalho,(27-29/9)Concerto per Luchino ViscontiOmaggio dell’Orchestra Stabile del TeatroBellini di Napoliconsulente artistico A. SinagraSenso di L. Viscontiintroduzione di L. Micciché

venerdì 28La regia di Visconti tra prosa e liricaincontro con G.C. Menotti, M. Scaparro,G. Lanza Tomasi, P.E. PoesioVisconti dietro le quinteincontro con G. Simionato, V. Razzini

sabato 29Convegno Visconti e la musicacon F. Canessa, C. d’Amico de Carvalho,G. de Chiara, F. Mannino, G.C. Menotti,L. Miccichè, R. TianLa regia di Visconti tra prosa e liricaincontro con C. d’Amico de CarvalhoAssegnazione Premio Persona 1990ConcertoDue voci per Viscontisoprano M. Nakamarutenore V. La Scolapianista P. Molinari

Chiostro di S. FrancescoPiazza Maltese; Torrione;Libreria Mattera

martedì 26Ludwig di L. Visconti

mercoledì 27Mostra dei Costumi di LudwigMorte a Venezia - La caduta degli Deia cura di C. d’Amico de Carvalho,U. Tirelli (27-30/9)Thomas Mann e Luchino ViscontiIl cinema: “Morte a Venezia”a cura di C. d’Amico de Carvalho,incontro con N. Balducco, A. SavioliMorte a Venezia di L. Visconti

giovedì 28ConvegnoLa Trilogia tedesca di Visconticon N. Balducco, M. d’Amico, P. Iden,F. Mannino, E. Medioli, E. Schumacher,P. Stein, R. Tian, P. Von BeckerPremio Persona 1989riunione conclusiva della GiuriaThomas Mann e ViscontiIl balletto Mario e il Magoa cura di C. d’Amico de Carvalho,incontro con F. Mannino, J. BebilèeLe cronache e i ricordiLuchino Visconti raccontato da L. Bersaniintrodotto da E. Baldovideo a cura di M. Biancardi

P. Nonno, M. Scaparro presentanoVisconti e il Sud (20-23/9)immagini tratte da La terra trema, Rocco e isuoi fratelli, Il Gattopardoa cura di C. d’Amico de Charvalo, R. FranciaBoccaccio ‘70 (Il Lavoro) di L. Visconti

Chiostro di S. FrancescoPiazza Maltese; Torrione;Libreria Mattera

venerdì 29Convegno internazionale (29-30/9)Incontro con il Teatro tedescoCentro Italia I.T.I., Ist. Int. del TeatroThomas Mann e ViscontiGli incontri mancatia cura di C. d’Amico de Carvalho,incontro con E. Medioli, D. PucciniLa caduta degli Dei di L. Viscontipresentato da C. d’Amico de Carvalho,

sabato 30Incontro del Comune di Foriocon la StampaPresentazione del progettoVilla Colombaiadi Maurizio Di StefanoAssegnazione Premio Persona 1989Lina Sastri in concerto

Visconti e il mondo tedesco.Premio Persona 1989

Visconti e la musica.Premio Persona 1990

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L’Âge d’or. L’età d’oro dellasperimentazione al cinemaMario Franco (Acc. Belle Arti, Napoli)Il cinema come arte moderna dal cubi-smo al futurismo - Il cinema astratto:Richter, Eggeling, Ruttmann, Léger dal’Inhumaine al Ballet Mécanique - L’artedello scandalo (Artaud, Dulac, Seeber) -Il cineme d’avanguardia e il suo pubbli-co - Il surrealismo e il cinema. Le chienandalou e L’âge d’or.Ischia, 5-8 settembre 1994

La macchina del mito.Dai trucchi agli effetti specialiGino Frezza (Università di Salerno)Da King kong a Tarzan - I grandi serialdegli anni ’30 - Il Telefim a colori: daBatman a Star Trek - La fantascienzaelettronica - Alle soglie del “nuovocinema”Ischia, 12-16 settembre 1994

Lezioni sulla storia della teoria ecritica cinematografica italianaAuro Bernardi (Cinema Nuovo)I letterati e le origini della critica cine-matografica in Italia.Guido Oldrini (Università di Bologna)La disputa sulla critica a partire daglianni Trenta.Ermanno Comuzio (Cineforum)Esiste una critica alla musica per film?Bernardi-Comuzio-OldriniLa critica cinematografica del dopoguer-ra attraverso le riviste.Ischia, 10-13 luglio 1995

Il Cinema legge la società italianadagli anni Trenta ad oggiGian Piero Brunetta(Università di Padova)La scoperta dell’Italia e i sogni in rosadell’italiano in camicia nera - La guerra,la moralità della Resistenza, la ricercadi una nuova identità, la scoperta dellemille e una Italie - La ricostruzione, ildecollo economico, i nuovi simboli delbenessere, i giovani, la famiglia, la tra-sformazione del paesaggio - Il distaccotra Nord e Sud, l’alienazione, il boom,gli anni della contestazione - La scopertadell’Italia: dagli anni di piombo a tan-gentopoli.

Mirco Melanco (Università di Padova)Lezioni con videosaggiIl cinema del periodo fascista - Cinemaneorealista e commedia di costume -L’Italia della ricostruzione, del boom,del disagio - Nord e Sud a confronto -Cinema e memoria.Ischia, 17-19 luglio 1995

Il documentario tra arte e scienzaVirgilio Tosi (Centro Sperimentaledi Cinematografia, Roma)Introduzione teorica e storica ai proble-mi del cinema documentario - I “quattrograndi” del documentario: Flaherty - I“quattro grandi” del documentario:Vertov e Ivens - I “quattro grandi” deldocumentario: Grierson - Cinema docu-mentario: linguaggio, scienza e arte.Ischia, 8-12 luglio 1996

Cinque notti bianche. La Scuola “Luchino Visconti”

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Il Novecento: la musica, il cinemaWilliam Walton. Musica per FilmErmanno Comuzio (Cineforum)W. Walton nel panorama della musicainglese del nostro tempo - W. Walton com-positore cinematografico e i rapporti dellamusica contemporanea col cinema - W.Walton e i suoi registi. Il rapporto musici-sta-cineasta - I risultati scespiriani.Analisi in video dei tre maggiori risultatiper i film scespiriani di L. Olivier: EnricoV (1945), Amleto (1948), Riccardo III(1955) - W. Walton e il cinema inglese ingenerale.Ischia, 15-19 luglio 1996

Il concetto di modernità nel cinemaGiorgio De Vincenti(Università di Pescara)Il metalinguaggio nel cinema classico enel cinema moderno - La lezione neoreali-sta: Zavattini e Bazin - Sdrammatiz-zazione, interpolazioni alla narrazione,antiespressionismo, antipsicologismo nelcinema moderno - Le avanguardie, ilmoderno e il postmoderno - Un esempiodi modernità: Passion di J.L. GodardIschia, 21-25 luglio 1997

La sceneggiatura cinematograficacome parola provvisoriaGuido Fink (Università di Firenze)Sceneggiature per il cinema muto - Laparola nella commedia classica - Laparola e il gesto nella commedia all’ita-liana - La parola nel cinema d’autore - Ilcaso Pinter: la modificazione del messag-gio verbale negli adattamenti letterari.Ischia, 28 luglio/1 agosto 1997

Problemi e prospettive nella storiadel cinemaGuido Oldrini (Università di Bologna)Principi generali di metodo - La storiadel cinema: i suoi temi, le sue articolazio-ni fondamentali.Auro Bernardi (SNCCI)La storia del cinema e la critica cinema-tografica oggi - Ipotesi future in assenzadi modelliIschia, 15-18 luglio 1998

Luis Buñuel: il periodo messicanoAuro Bernardi (SNCCI)La terra di una diaspora - Sovversionedei generi e delle ideologie - Il cinema,strumento di poesia - Lampi surrealistisu uno schermo marginale - Un maestrosenza discepoli.Ischia, 20-24 luglio 1998

Robert Bresson: dal “cinema” al“cinematografo”Luigi Paini (Il Sole 24 Ore)La ricerca della perfezione: “essere”(modelli) invece di “parere” (attori) - Tuttoil dolore del mondo: l’incontro conBernanos - Tutto il dolore del mondo:Dostojevskji e Tolstoj - Il diavolo, proba-bilmenteIschia, 5-8 luglio 1999

La drammaturgia del dubbioin Bernardo BertolucciFranco Prono (Università di Torino)Evoluzione del mestiere di “metteur enscène” - L’obiettivo sull’inconscio - Sognometafora e storia - Poetica e stile - Ladrammaturgia del linguaggioIschia, 12-16 luglio 1999

Il senso della forma.I maestri del cinema giapponeseDario Tomasi (Università di Torino)Il tempo sospeso: Ozu - La tradizione delfantastico: Mizoguchi - La nobiltà delsamurai: Kurosawa - Le passioni estre-me: Oshima - La dialettica degli opposti:KitanoForio, 4-8 settembre 2000

Cinque notti bianche.Il cinema di Luchino ViscontiAugusto Sainati (Ist. Universitario“Suor Orsola Benincasa” Napoli)Il neorealismo di Visconti - Cinema nelcinema - Il melodramma e la storia -Forme e problemi dell’inquadratura -Morte a Venezia: lo zoom e la bellezza.Forio, 3-7 settembre 2001

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Il lavoro Collaborazioni Documentari

Giorni di gloria (1945)Film di montaggio coordinatoda M. Serandrei e G. De SantisRe. M. Pagliero (le Fosse Ardeatine)e L. Visconti (il processo Caruso)Comm. U. Calosso, U. Barbaro, detto daU. Calosso; Mus. di C. Ferri; Fot. DellaValle, De West, Di Venanzo, Jannarelli,Lastricati, Novano, Pucci, Reed, Terzano,Ventimiglia, Werdin, Vittoriano, Manlio,Caloz e tecnici del CLL di Milano;Mont. M. Serandrei, C.A.Chiesa;Pd. F. Ricci (Titanus); Distr. Titanus; Dur. 70’; Proiettato in pubblico per laprima volta nell’ottobre 1945.

Appunti su un fatto di cronaca(1951). Documentario a episodiRe. L. Visconti;Comm. V. Pratolini, detto da G. De Lullo;Mus. F. ManninoProd. M. Ferreri, R. Ghione; Dur. 8’Girato nel 1951, proiettato in pubblico perla prima volta a Parigi nel gennaio 1953.

Alla ricerca di Tadzio (1970)Regia L.ViscontiProdotto dalla Rai-Radiotelevisione ltalia-na per la rubrica "Cinema 70" curata daAlberto Luna, e trasmesso il 7 giugno1970 sul secondo canale TV.

Une partie de campagne (1936)Re. Jean Renoir;Aiuto registi J. Becker, C. Heymann,J. B. Brunius, Y. Allégret,H. Cartier-Bresson e L. ViscontiSc. J. Renoir, dal racconto omonimo diGuy de Maupassant; Mus. J. Kosma,diretta da R. Désormières, e una canzonedi Germaine Montero; Scenogr. R. Gys;Cost. L. Visconti; Fot. C. Renoir;Mont. M. Houle-Renoir e M. Cadix;Int.: S. Bataille, G. Darnoux, J. Borel,J. Marken, Gabriello, P. Temps,J. Renoir;Pd. P. Braunberger per “Les Films duPanthéon”; Distr. Panthéon;Girato nell'estate 1936 e proiettato in pub-blico per la prima volta a Raimu l’8 mag-gio 1946

La Tosca (1940)Re. J. Renoir e C. Koch;Aiuto regista L. Visconti;Sc. L. Visconti, J. Renoir e C. Koch, daldramma di Victorien Sardou;Mus. G. Puccini, dir. F. Previtali;Arr. mus. U. Mancini; Fot. U. Arata;Cant. M. Favero e F. Tagliavini;Mont. G. Bretone;Int. I. Argentina, M. Simon, R. Brazzi, M.Girotti.Pd./Distr. Scalera Film;Girato nell'inverno 1939-1940 e proiettatoin pubblico per la prima volta a Parigi il30 settembre 1942

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Ossessione (1943)Re. L. ViscontiAiuto registi: G. De Santis e A.PietrangeliSc. L. Visconti, M. Alicata, G. De Santis eG. Puccini, liberamente ispirata al roman-zo The Postman Always Rings Twice diJames Cain; Mus. G. Rosati, dir. F. Previtali;Scf. G. Franzi;Cost. M. De Matteis; Fot. A. Tonti, D. Scala;Mont. M. Serandrei; Int. C. Calamai, M. Girotti; J. de Landa,D. Cristiani, E. Marcuzzo, V. Duse,M. RiccardiniPd./Distr. ICI; Dur. 135’Girato nel 1942 e proiettato in pubblicoper la prima volta a Roma nel giugno1943

La terra trema (Episodio del mare)(1948)Re. L. ViscontiAiuto registi F. Rosi e F. Zeffirelli;Scg. L. Visconti, liberamente ispirata alromanzo I Malavoglia di Giovanni VergaComm. A. Pietrangeli, detto da M. PisuMus. scelta e coordinata da L. Visconti eW. Ferrero, dir. W. Ferrero;Scf. le case, le strade, le barche, il maredi Aci Trezza; Fot. G.R. Aldo; Mont. M. SerandreiInt. pescatori e abitanti di Aci Trezza.Pd. S. D'Angelo per la Universalia; Dur. 160’Girato nel 1947-1948 e proiettato in pub-blico per la prima volta al Festival diVenezia 1948

Bellissima (1951)Re. L. ViscontiAiuto registi F. Rosi e F. ZeffirelliScg S. Cecchi d’Amico, F. Rosie L. Visconti, da un’idea di C. ZavattiniMus. F. Mannino, su temi tratti da L’elisird’amore di G. DonizettiScenogr. G. Polidori;Cost. P. Tosi;Fot. P. Portalupi e P. RonaldInt. A. Magnani, W. Chiari, T. Apicella,G. Renzelli, T. ScaranoPd. S. D'Angelo per la Bellissima FilmsDistr. Cei-Incom; Dur. 113’Proiettato in pubblico per la prima voltail 28 dicembre 1951

Siamo donne (1953)Quinto episodio: Anna MagnaniRe. L. Visconti;Aiuto regista: F. MaselliSg. C. Zavattini;Scg. S. Cecchi d’Amico e C. Zavattini;Mus. A. Cicognini; Fot. G. Pogany;Mont. M. Serandrei; Int. A. Magnani;Pd. A. Guarini per la Titanus, FilmCostellazione, Guarini; Dist. TitanusDur. 18’Proiettato in pubblico per la prima voltanell'ottobre 1953

Senso (1954)Re. L.ViscontiAiuto registi F. Rosi e F. ZeffirelliAss. regia A. Trionfo e G. ZagniScg. S. Cecchi d’Amico e L.Visconti,dal racconto omonimo di Camillo Boito;Collab. alla scg. C. Alianello, G. Bassani eG. ProsperiCollab. dialoghi T. Williams e P. Bowles;Mus. Sinfonia n.7 di A. Bruckner,

diretta da F. FerrataScf. O. ScottiArred. G. BrosioCost. M. Escoffiere P. Tosi; Fot. G.R. Aldo e R.Krasker;Mont. M. Serandrei;Int. A. Valli, F. Granger, M. Girotti,H. Moog , R. Morelli, M. Mariani,C. Marquand, T. Selwart, S. FantoniPd./Distr. Lux Film; Dur. 115’Proiettato in pubblico per la prima voltaal Festival di Venezia 1954

Le notti bianche (1957)Re. L. Visconti; Aiuto regista R. Ricci;Ass. regia F. Cicero, A.CoccoScg. S. Cecchi d’Amico, L. Visconti,dal racconto di Fjodor DostoevskijMus. N. Rota, diretta da F. FerraraScf. M. Chiari e M. GarbugliaCost. P. Tosi; Fot. G. RotunnoMont. M. SerandreiInt. M. Schell, M. Mastroianni, J. Marais,C. Calamai, M. Rovena, D. Sanders,M. Zanoli, F. Guerra, L. Montesi,A. Filippini, R. Barbieri; Dur. 107’Pd. F. Cristaldi per la CIAS/Vides, Roma,e Intermondia, Paris;Distr. Dear InternationalProiettato in pubblico per la prima voltaal Festival di Venezia 1957

Rocco e i suoi fratelli (1960)Re. L. ViscontiAiuto regista R. RicciAss. regia J. Macc e L. OrlandiniSg. L. Visconti, V. Pratolini e S. Cecchid’Amico, ispirato al libro Il ponte dellaGhisolfa di G. TestoriScg. L. Visconti, S. Cecchi d’Amico,P. Festa Campanile, M. Franciosa,E. Medioli

Filmografia

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Mus. N.RotaScf. M. GarbugliaCost. P. Tosi;Fot. G. Rotunno;Mont. M. SerandreiInt. A. Delon, R. Salvatori, A. Girardot,K. Paxinou, R. Hanin, P. Stoppa,S. Delair, C. Cardinale, S. Focas,M. Cartier, R. Vidolazzi, C. Pani,A. Panaro, C. Mori e A. Asti.Pd. G. Lombardo per la Titanus, Roma, eLes Films Marceau, Paris; Dur. 180’Proiettato in pubblico per la prima voltaal Festival di Venezia nel 1960

Boccaccio '70 (1962)Terzo episodio: Il lavoroRe. L. ViscontiScg. S. Cecchi d'Amico, L. ViscontiMus. N.Rota; Scf. M. GarbugliaFot. G. Rotunno; Mont. M. SerandreiInt. R. Schneider, T. Milian, R. Valli,P. StoppaPd. C. Ponti, A. Cervi per la ConcordiaCinematografica, Cineriz, Roma, eFrancinex, Gray Films, Paris;Distr. dalla Cineriz; Dur. 46’Proiettato in pubblico per la prima voltanel febbraio 1962

Il Gattopardo (1963)Re. Luchino ViscontiAiuto registi R. Ricci, A. CoccoAss-re F. Massaro, B. FullerScg. S. Cecchi d’Amico, E. Medioli,P. Festa Campanile, M. Franciosae L. Visconti, dal romanzo omonimo diG. Tomasi di LampedusaMus. N.Rota, e un valzer inedito diG. Verdi, diretta da F. FerraraScf. M. GarbugliaCost. P. Tosi

Arred. G. Pes e L. HercolaniFot. G. RotunnoMont. M. SerandreiInt. B. Lancaster, A. Delon, C. Cardinale,P. Stoppa, R. Morelli, S. Reggiani,R. Valli, L. French, I. Garrani, M. Girotti,L. Morlacchi, P. Clementi, G. Gemma,I. Galli, O. Piccolo, C. Valenzano,L. Braccini, H. N. Rubien, A.M. Bottini,M. MasèPd. G/Lombardo per la Titanus, Roma, ela SNPC, SGC, Paris; Distr. Titanus; Dur.205’Proiettato in pubblico per la prima volta aRoma il 27 marzo 1963

Vaghe stelle dell'Orsa (1965)Re. L. ViscontiAiuto regista R. Ricci;Ass-re A. CoccoSg./Scg S. Cecchi d’Amico, E. Mediolie L.ViscontiMus. Preludio, Corale e Fuga di CésarFranck, eseguito da A. D’OttaviScf. M. GarbugliaArred. L. HercolaniCost. B. BrichettoFot. A. NannuzziMont. M. SerandreiInt. C. Cardinale, J. Sorel, M. Craig,M. Bell, R. Ricci, F .Williams, A. TroianiPd. F. Cristaldi per la VidesDistr. Ceiad-Columbia; Dur. 100’Proiettato in pubblico per la prima voltaal Festival di Venezia nel 1965

Le streghe (1967)Primo episodio: La strega bruciata vivaRe. L. ViscontiAiuto regista R. Ricci;Sg./Scg. G. Patroni Griffi,in collaborazione con C. Zavattini

Mus. Piero PiccioniScf. M. Garbuglia, P. PolettoFot. G. RotunnoMont. M. SerandreiInt. S. Mangano, A. Girardot, F. Rabal, M.Girotti, E. Albani, C. Calamai, V. Vendell,L. French, N. Ricci, B. Filippini, D. Mele,M. Tolo; Pd. D. de Laurentiis per la Dinode Laurentiis Cinematografica, Roma, eLes Productions Artistes Associés, ParisDistr. United Artists-Europa; Dur. 37’Proiettato in pubblico per la prima voltanel febbraio 1967

Lo straniero (1967)Re. L. ViscontiAiuto registi R. Ricci e A. CoccoScg. L. Visconti, S. Cecchi d'Amico e G.Conchon, in collaborazione con E. Roblès,dal romanzo omonimo di A. Camus;Mus. P. Piccioni, diretta da B. Nicolai;Scf. M. GarbugliaCost. P. TosiFot. G. RotunnoMont. R. MastroianniInt. M. Mastroianni, A. Karina, G.Wilson, B. Blier, J. Herlin, G. Geret, J.P.Zola, B. Cremer, A. Adam, A. Luce, M.Palmara, V. DusePd. De Laurentiis per la Dino deLaurentiis Cinematografica e la RasterFilm, Roma, e la Marianne Production,Paris, in collaborazione con la CasbahFilm, Algeri; Distr. Euro InternationalFilm; Dur. 110’Proiettato in pubblico per la prima voltaal Festival di Venezia nel 1967

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La caduta degli dei (1969)Re. L. ViscontiAiuto regista: A. Cocco e F. WesslingSg./Scg. N. Badalucco, E. Mediolie L. ViscontiMus. M. JarreScf. P. RomanoArreda. E. Del PratoCost. P. Tosi e V. MarzotFot. A. Nannuzzi e P. De SantisMont. R. MastroianniInt. D. Bogarde, I. Thulin, H. Griem,H. Berger , R. Verley, U. Orsini,R. Koldehoff, A. Schonhals, F. Bolkan,N. Ricci, C. Rampling, H.N. Rubien . Pd. A. Levy e E. Haggiag per laPraesidens Films, Zurich, Pegaso eItalnoleggio, Roma, e Eichberg Film,Munchen;Dist. Italnoleggio; Dur. 150’Proiettato in pubblico per la prima voltanell'ottobre 1969

Morte a Venezia (1971)Re. L. ViscontiAiuto regista: A. CoccoAss-re. P. PietrangeliScg L. Visconti, N. Badalucco, dal raccon-to omonimo di T. MannMus. brani dalla Terza e dalla QuintaSinfonia di G. Mahler, diretta da F.ManninoScf. F. ScarfiottiCost. P. TosiFot. P. De SantisMont. R. MastroianniInt. D. Bogarde, S. Mangano,B. Andresen, R. Valli, N. Ricci, M. Burns,M. Berenson, C. André, L. French,S. Garfagnoli, C. Cristofoletti, A. Apicella,B. Boschetti, F. Fabrizi, D. Darel,M. Predit;

Pd. M. Gallo per la Alfa Cinematografica,Roma, e la Production EditionsCinématografiques Francaises, ParisDistr. Dear International; Dur. 135’Proiettato in pubblico per la prima volta aLondra il 1° marzo 1971

Ludwig (1973)Re. L. ViscontiAiuto regista: A. Cocco;Ass-re G. Ferrara, F. Wessling, L. Gastel,L. VincentSo./Scg. L. Visconti, E. Medioli,in collaborazione con S. Cecchi d’AmicoMus. R. Schumann, R. Wagner,J. Offenbach, diretta da F. ManninoScf. M. Chiari, M. ScisciArred. E. Eusepi, C. Ricercato,G. De DominicisCost. P. Tosi;Fot. A. NannuzziMont. R. Mastroianni;Int. H. Berger, T. Howard, R. Schneider,S. Mangano, G. Frobe, H. Griem,I. Telezynska, U. Orsini, J. M. Brown,S. Petrova, F. Bohnet, H. Moog, A. Asti,M. Porel, N. Ricci, M. Burns, M. BonugliaPd. Mega Film, Roma, Cinétel, Paris,Dieter Geissler Filmproduktion e DivinaFilm, MünchenDistr. Panta Cinematografica; Dur. 264’Proiettato in pubblico per la prima volta aBonn il 18 gennaio 1973

Gruppo di famiglia in un interno(1974)Re. L. Visconti;Aiuto regista: A. CoccoAss-re. L. Vincent, G. Treves, A. GirottiSo. E. MedioliScg. S. Cecchi d’Amico, E. Medioli,L. Visconti

Mus. F. Mannino, con brani da Vorreispiegarvi, oh Dio! e dalla Sinfonia concer-tante K364 di W. A. MozartScf. M. Garbuglia;Cost. V. Marzot, P. TosiFot. P. De Santis;Mont. R. MastroianniPd. G. Bertolucci per la Rusconi Film,Roma, e la Gaumont lnternational, ParisDistr. Cinema International Corporation;Dur. 120’Proiettato in pubblico per la prima voltanel dicembre 1974

L'innocente (1976)Re. L. ViscontiAiuto registi: A. Cocco e G. TrevesAss-re. A.S. CazenaveScg. S. Cecchi d'Amico, E. Medioli,L. Visconti, liberamente tratta dal roman-zo omonimo di G. D'AnnunzioMus. F. Mannino, una berceuse e un val-zer di Chopin, la Marcia Turca di Mozart,Giochi d'acqua a Villa d'Esle di Liszt,Che farò senza Euridice, di GluckScf. M. GarbugliaArred. C. GervasiCost. P. TosiFot. P. De SantisMont. R. MastroianniInt. G. Giannini, L. Antonelli, J. O'Neill,D. Haudepin, R. Morelli, M. Girotti,M. Porel, M. Dubois, C. de Carvalho,R. PaladiniPd. G. Bertolucci per la Rizzoli Film,Roma, Les Films Jacques Letienne, Paris,la Société Imp. Ex. Ci., Nice, FrancorizProduction, Paris; Distr. Cineriz; Dur. 130’Proiettato in pubblico per la prima voltaal Festival di Cannes 1976

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1945I Parenti terribili di J. CocteauQuinta colonna di H. EmingwayLa macchina da scrivere di J. CocteauAntigone di J. AnouilhA porte chiuse di J.P. SartreAdamo di M. AchardLa Via del Tabacco di J. Kirkland

1946Il Matrimonio di Figarodi P.A. Caron de BeaumarchaisDelitto e castigo di G. BatyZoo di vetro di T. Williams

1947Euridice di J. Anouilh

1948Rosalinda o Come vi piacedi W. ShakespeareUn tram che si chiama desideriodi T. WilliamsOreste di V. AlfieriTroilo e Cressida di W. Shakespeare

1951Morte di un commesso viaggiatoredi A. MillerUn tram che si chiama desideriodi T. Williams (2°)Il Seduttore di D. Fabbri

1952La Locandiera di C. GoldoniTre sorelle di A. Cechov

1953Il tabacco fa male di A. CechovMedea di Euripide

1954Come le foglie di G. Giacosa

1955Il Crogiuolo di A. MillerZio Vania di A. Cechov

1957Contessina Giulia di A. StrindbergL’impresario di Smirne di C. Goldoni

1958Uno sguardo dal ponte di A. MillerImmagini e tempi di Eleonora DuseVeglia la mia casa, Angelo di K. FringsDeux sur la Balançoire di W. GibsonI ragazzi della Signora Gibbonsdi W. Glickman e J. Stein

1959Figli d’arte di D. Fabbri

1960L’Arialda di G. Testori

1961Dommage qu’elle soint une p... di J. FordIl tredicesimo albero di A. Gide

1965Après la chute di A. MillerIl giardino dei ciliegi di A. Cechov

1967Egmont di W. GoetheLa monaca di Monza di G. Testori

1969L’inserzione di N. Ginzburg

1973Tanto tempo fa di A. Pinter

Prosa

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1954La Vestale di G. Spontini

1955La Sonnambula di V. BelliniLa Traviata di G. Verdi

1957Anna Bolena di G. DonizettiIfigenia in Tauride di D. Willibald Gluck

1958Don Carlo di G. VerdiMacbeth di G. Verdi

1959Il Duca d’Alba di G. Donizetti

1961Salomé di R. Strauss

1963Il Diavolo in giardinoLa Traviata di G. Verdi (2°)

1964Le nozze di Figaro di W.A. MozartIl Trovatore di G. VerdiIl Trovatore di G. Verdi (2°)

1965Don Carlo di G. Verdi (2°)

1966Falstaff di G. VerdiDer Rosenkavalier di R. Strauss

1967La Traviata di G. Verdi (3°)

1969Simon Boccanegra di G. Verdi

1973Manon Lescaut di G. Puccini

Lirica Collaborazioni

1936Carità Mondana di G.A. TraveriIl Dolce Aloe di J. Mallory

1938Il Viaggio di H. Bernstein

1947Vita col padre di H. Lindsay e R. Crouse

1954Festival di Age, Scarpelli, Verde e Vergani

Balletti

1956Mario e il Mago

1957Maratona di danza

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Prima della morte a Roma. Una biografia

Luchino Visconti nasce a Milano il 2novembre 1906. Suo padre, il ducaGiuseppe Visconti di Modrone, discende dauna facoltosa famiglia aristocratica laica eantiasburgica, mentre sua madre, CarlaErba, è l’erede di una famiglia di piccolicommercianti arricchitisi con l’industriafarmaceutica. Luchino eredita dai suoigenitori la passione per la musica, il teatroed il melodramma. La sua adolescenza èirrequieta; scappa più volte da casa e dalcollegio. A vent’anni viene arruolato nellascuola di cavalleria di Pinerolo. Al suoritorno nella città natale organizza unascuderia modello, coronata da numerosevittorie. A Parigi conosce, tra gli altri, Gidee Cocteau, i cui testi porterà poi sullascena. Si interessa nel frattempo di cine-ma e, dopo qualche esperienza amatoriale,gli viene offerta da Jean Renoir l’assisten-za alla regia nel suo Une partie de campa-gne. E’ uno dei protagonisti, assieme adaltri intellettuali antifascisti, della rivistaCinema, attraverso la quale denuncia intono grottesco la fossilizzazione del cinemaitaliano. Il debutto alla regia avviene nel1943 con Ossessione, liberamente ispiratoal romanzo americano Il postino suonasempre due volte. Gli anni della guerravedono Visconti impegnato nella lotta poli-tica; entra in contatto con i partigiani eaiuta i soldati alleati a sfuggire alla cattu-ra. Rientrato a Roma sotto falso nome,viene arrestato e condotto alla PensioneIaccarino, famigerata per le sevizie degliaguzzini fascisti guidati da Pietro Koch.Fortunosamente riesce a salvarsi. Dal ’45al ’47 Visconti si dedica con febbrile entu-siasmo all’attività teatrale. Dirige, in treanni, undici allestimenti, contribuendo arinnovare l’obsoleto repertorio italiano contesti di autori contemporanei. Nel ’48 gira

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La terra trema, nel ’51 Bellissima conAnna Magnani, ma è con Senso, del ’54,che il suo cinema subisce una svolta deci-siva. L’affresco ottocentesco unisce unimpeccabile gusto figurativo con un torbi-do e fastoso irrazionalismo romantico. Siaccosta intanto all’opera lirica. L’esordioavviene alla Scala con La Vestale, a cuifanno seguito La sonnambula, LaTraviata, Anna Bolena e Ifigenia. Natidall’incontro fortunato con un’interpreted’eccezione come Maria Callas, i cinquespettacoli segnano una svolta nella conce-zione del melodramma, in cui Visconti faprevalere il puntiglio filologico, la robu-stezza realistica e un grande senso dellospettacolo. Prosa, lirica, balletto. E ancoracinema. L’attività di Visconti è inarresta-bile. Con Le notti bianche vince il Leoned’argento al Festival del cinema diVenezia, con Rocco e i suoi fratelli il GranPremio della Giuria. Nel ’63 Il Gattopardoconquista la Palma d’oro al Festival delcinema di Cannes. Il ’65 è ancora un annoimportante. Visconti vince il Leone d’oroper Vaghe stelle dell’Orsa e corona il ven-tennale della sua attività teatrale con unaversione memorabile de Il giardino deiciliegi. Nel ’72, ultimate le riprese diLudwig, viene colpito da una trombosi chelo paralizza parzialmente. Convalescente,si dedica fra le polemiche – poiché finan-ziato dall’editore di destra Edilio Rusconi– a Gruppo di famiglia in un interno. Nel’75 inizia le riprese del suo ultimo film,L’innocente. Muore l’anno successivo, il 17marzo 1976, interrompendo un percorsoumano e artistico che lo aveva visto inprima fila nel clima di rinnovamento cul-turale del dopoguerra e presente, comeprotagonista indiscusso, in tutti i campidello spettacolo.

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