Gli alimenti geneticamente modificati -...
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Gli alimenti geneticamente
modificati - OGM
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errori o inesattezze.
Editor: Roberto Morettini – Valeria Chimenti
Gli alimenti geneticamente
modificati - OGM
Sommario
1. Riferimenti normativi ............................................................................................................... pag. 4
2. La nascita della normativa europea sugli alimenti OGM ......................................................... » 131
3. Sintesi della disciplina attuale .................................................................................................. » 133
4. Questioni relative all‘ambito di applicazione del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n.1829/2003
................................................................................................................................................. » 135
5. L‘immissione sul mercato di alimenti costituiti, contenenti, derivati da ogm ......................... » 137
6. Le regole dell‘etichettatura ….................................................................................................. » 139
6.1. L'etichettatura obbligatoria degli alimenti OGM ….............................................................. » 139
6.2. L'etichettatura volontaria ogm-free …................................................................................... » 141
7. La tracciabilità …...................................................................................................................... » 144
8. La vigilanza e i controlli …...................................................................................................... » 145
9. Le posizioni della dottrina ........................................................................................................ » 147
9.1. Ogm: cambiamento di prospettiva anche in Italia ? (nota a Cons. Stato n.183/2010, di
Miriam Viviana Balossi ........................................................................................................ » 147
9.2. La Corte di giustizia conferma la pronuncia del Tribunale in materia di colture
transgeniche, di Margherita Poto .......................................................................................... » 151
9.3. La difficile coesistenza delle competenze legislative statali e regionali in tema di colture
geneticamente modificate, di Monica Sciarra ...................................................................... » 157
9.4. Nota a Corte giustizia Comunità Europee Sez. II, 26 maggio 2005, n. 132, in materia di
prodotti alimentari destinati a lattanti e a bambini nella prima infanzia ............................... » 163
9.5. Il mais transgenico davanti al T.A.R. del Lazio: storia di una pericolosità ancora tutta
da dimostrare, di Margherita Poto.......................................................................................... » 164
9.6. Mancata indicazione sull‘etichetta che il prodotto alimentare contiene O.g.m.: quale
rilevanza penale?, di Corbetta Stefano ................................................................................. » 169
9.7. Emissione deliberata nell‘ambiente di Ogm: attuazione della Direttiva 2001/18/CE,
di Beltrame Serenella ............................................................................................................ » 170
10. Gli orientamenti della giurisprudenza .................................................................................... » 187
4 1. Riferimenti normativi
1. Riferimenti normativi
Dir. 12 marzo 2001, n. 2001/18/CE
Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio sull'emissione deliberata
nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati e che abroga la direttiva
90/220/CEE del Consiglio
Il Parlamento europeo e il Consiglio
dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione1,
visto il parere del Comitato economico e
sociale2,
deliberando secondo la procedura di cui
all'articolo 251 del trattato3, visto il progetto
comune approvato dal comitato di
conciliazione il 20 dicembre 2000,
considerando quanto segue:
(1) La relazione della Commissione sul
riesame della direttiva 90/220/CEE del
Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'immissione
deliberata nell'ambiente di organismi
geneticamente modificati, adottata il 10
dicembre 1996, ha identificato una serie di
elementi da migliorare.
1 Pubblicata nella G.U.C.E. 4 maggio 1998, n. C 139.
2 Pubblicato nella G.U.C.E. 28 dicembre 1998, n. C
407. 3 Parere del Parlamento europeo dell'11 febbraio 1999
(G.U.C.E. 28 maggio 1999, n. C 150) posizione
comune del Consiglio del 9 dicembre 1999 (G.U.C.E. 6
marzo 2000, n. C 64) e decisione del Parlamento
europeo del 12 aprile 2000 (G.U.C.E. 7 febbraio 2001,
n. C 40). Decisione del Parlamento europeo del 14
febbraio 2001 e decisione del Consiglio del 15 febbraio
2001.
(2) È necessario chiarire l'ambito di
applicazione della direttiva 90/220/CEE e le
sue definizioni.
(3) La direttiva 90/220/CEE ha subito
modifiche; una volta apportate le nuove
modifiche alla suddetta direttiva è opportuno,
per ragioni di chiarezza e di
razionalizzazione, procedere alla rifusione
delle disposizioni in questione.
(4) Gli organismi viventi immessi
nell'ambiente in grandi o piccole quantità per
scopi sperimentali o come prodotti
commerciali possono riprodursi e diffondersi
oltre le frontiere nazionali, interessando così
altri Stati membri; gli effetti di tali emissioni
possono essere irreversibili.
(5) La tutela della salute umana e
dell'ambiente richiede che venga prestata la
debita attenzione al controllo di rischi
derivanti dall'immissione deliberata
nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati (OGM).
(6) In base al trattato, l'azione della Comunità
per la tutela dell'ambiente dovrebbe essere
basata sul principio dell'azione preventiva.
(7) È necessario ravvicinare le legislazioni
degli Stati membri riguardanti l'immissione
deliberata nell'ambiente di OGM ed al fine di
garantire il corretto sviluppo dei prodotti
industriali che utilizzano OGM.
5 1. Riferimenti normativi
(8) Nell'elaborazione della presente direttiva è
stato tenuto conto del principio precauzionale
e di esso va tenuto conto nell'attuazione della
stessa.
(9) Il rispetto dei principi etici riconosciuti in
uno Stato membro è particolarmente
importante. Gli Stati membri possono
prendere in considerazione gli aspetti etici
quando gli OGM siano deliberatamente
emessi o immessi in commercio come tali o
contenuti in prodotti.
(10) Per un quadro legislativo completo e
trasparente, è necessario garantire che il
pubblico sia consultato dalla Commissione o
dagli Stati membri durante l'elaborazione
delle misure, e che sia informato delle misure
adottate durante l'attuazione della presente
direttiva.
(11) L'immissione in commercio comprende
anche l'importazione. I prodotti contenenti o
costituiti da OGM di cui alla presente
direttiva non possono essere importati nella
Comunità se non sono conformi alle sue
disposizioni.
(12) La messa a disposizione di OGM
destinati all'importazione o alla
movimentazione allo stato sfuso, come le
materie prime agricole, va considerata come
immissione in commercio ai fini della
presente direttiva.
(13) Il contenuto della presente direttiva tiene
nel debito conto l'esperienza internazionale in
questo settore e gli impegni commerciali
internazionali e dovrebbe rispettare le
prescrizioni del Protocollo di Cartagena sulla
biosicurezza, della Convenzione sulla
diversità biologica. Non appena possibile, e
prima del luglio 2001, la Commissione
dovrebbe presentare, nel quadro della ratifica
del Protocollo, le proposte appropriate per la
sua attuazione.
(14) Il comitato di regolamentazione
dovrebbe fornire orientamenti
sull'applicazione delle disposizioni relative
alle definizioni sull'immissione in commercio
contenute nella presente direttiva.
(15) Gli esseri umani non dovrebbero essere
considerati organismi ai fini della definizione
di ―organismo geneticamente modificato‖
della presente direttiva.
(16) Le disposizioni della presente direttiva
dovrebbero lasciare impregiudicata la
legislazione nazionale in materia di
responsabilità ambientale, mentre la
normativa comunitaria in tale settore
dovrebbe essere integrata da norme in materia
di responsabilità per diversi tipi di danno
ambientale in tutte le zone dell'Unione
europea. A tal fine la Commissione si è
impegnata a presentare, entro la fine del 2001,
una proposta legislativa sulla responsabilità
ambientale che copra anche i danni derivanti
da OGM.
(17) La presente direttiva non concerne gli
organismi ottenuti attraverso determinate
tecniche di modificazione genetica utilizzate
convenzionalmente in varie applicazioni con
una lunga tradizione di sicurezza.
(18) È necessario stabilire procedure e criteri
armonizzati per la valutazione, caso per caso,
dei rischi potenziali derivanti dall'emissione
deliberata nell'ambiente di OGM.
(19) Prima di ogni immissione è sempre
necessario compiere una valutazione, caso per
caso, del rischio ambientale. La valutazione
dovrebbe tenere in debito conto i potenziali
effetti cumulativi a lungo termine risultanti
dall'interazione con altri OGM e con
l'ambiente.
(20) È necessario stabilire una metodologia
comune per effettuare la valutazione del
rischio ambientale in base a pareri scientifici
indipendenti. È inoltre necessario stabilire
obiettivi comuni, allo scopo di procedere al
monitoraggio degli OGM dopo la loro
emissione deliberata o la loro immissione in
6 1. Riferimenti normativi
commercio come tali o contenuti in prodotti.
Il monitoraggio dei potenziali effetti
cumulativi a lungo termine dovrebbe essere
considerato una parte obbligatoria del piano
di monitoraggio.
(21) Gli Stati membri e la Commissione
dovrebbero assicurare che sia realizzata una
ricerca sistematica e indipendente sui rischi
potenziali inerenti all'emissione deliberata o
all'immissione sul mercato di OGM. Per tale
ricerca gli Stati membri e la Comunità
dovrebbero stanziare le risorse necessarie
secondo rispettive procedure di bilancio e i
ricercatori indipendenti dovrebbero poter
accedere a tutto il materiale pertinente, nel
rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.
(22) È opportuno tener particolarmente conto
della questione dei geni della resistenza agli
antibiotici nell'effettuare la valutazione del
rischio degli OGM contenenti siffatti geni.
(23) L'emissione deliberata di OGM nella fase
di ricerca è in molti casi una tappa
fondamentale nello sviluppo di nuovi prodotti
che derivano da OGM o che ne contengono.
(24) L'introduzione di OGM nell'ambiente
dovrebbe essere effettuata secondo il
principio ―per gradi‖; ciò significa che si
riduce il confinamento di OGM e si aumenta
progressivamente la dimensione di emissione,
per gradi, solo se la valutazione del grado
precedente, in termini di protezione della
salute umana e dell'ambiente, indica che è
possibile passare al grado successivo.
(25) Nessun OGM, come tale o contenuto in
prodotti, e progettato per l'emissione
deliberata dovrebbe essere immesso sul
mercato senza prima essere stato sottoposto,
nella fase di ricerca e di sviluppo, ad idonee
verifiche sul campo negli ecosistemi che
potrebbero essere interessati dal suo utilizzo.
(26) L'attuazione della presente direttiva
dovrebbe aver luogo in stretta relazione con
l'attuazione di altri strumenti pertinenti, come
la direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15
luglio 1991, relativa all'immissione in
commercio dei prodotti fitosanitari. In tale
contesto è opportuno che le autorità
competenti incaricate dell'attuazione della
presente direttiva e dei relativi strumenti,
nell'ambito della Commissione e a livello
nazionale, coordinino il più possibile le loro
azioni.
(27) Per quanto concerne la valutazione del
rischio ambientale di cui alla parte C della
presente direttiva, la gestione del rischio,
l'etichettatura, il monitoraggio, l'informazione
del pubblico e la clausola di salvaguardia,
detta direttiva dovrebbe costituire un punto di
riferimento per gli OGM come tali o contenuti
in prodotti autorizzati da altri atti legislativi
comunitari, che dovrebbero pertanto
prevedere una valutazione del rischio
ambientale specifico effettuata secondo i
principi enunciati nell'allegato II e in base alle
informazioni indicate nell'allegato III, fatti
salvi i requisiti supplementari previsti dall'atto
normativo comunitario in questione, nonché
gli obblighi in materia di gestione del rischio,
etichettatura, eventuale monitoraggio,
informazione del pubblico e clausola di
salvaguardia almeno equivalenti a quelli
definiti nella suddetta direttiva. A tal fine è
necessario prevedere una cooperazione con
gli organismi istituiti dalla Comunità ai sensi
della presente direttiva e dagli Stati membri ai
fini della sua attuazione.
(28) È necessario istituire una procedura
comunitaria di autorizzazione per
l'immissione sul mercato di OGM, qualora
l'uso previsto dei prodotti comporti
l'emissione deliberata dall'organismo o degli
organismi nell'ambiente.
(29) La Commissione è invitata ad effettuare
uno studio che contenga la valutazione di
varie opzioni intese a migliorare la coerenza e
l'efficacia del presente quadro regolamentare,
concentrandosi in particolare su una
procedura centralizzata di autorizzazione
7 1. Riferimenti normativi
all'immissione in commercio di OGM nella
Comunità.
(30) Per la normativa settoriale, può essere
necessario adattare gli obblighi di
monitoraggio al prodotto di cui trattasi.
(31) La parte C della presente direttiva non si
applica ai prodotti contemplati dal
regolamento (CEE) n. 2309/93, del 22 luglio
1993, che stabilisce le procedure comunitarie
per l'autorizzazione e la vigilanza dei
medicinali per uso umano e veterinario e che
istituisce un'agenzia europea di valutazione
dei medicinali, purché sia condotta una
valutazione del rischio ambientale equivalente
a quella prevista dalla presente direttiva.
(32) Qualsiasi persona che intenda effettuare
un'emissione deliberata nell'ambiente di OGM
o immettere sul mercato OGM, qualora l'uso
previsto di tale prodotto ne comporti
l'emissione deliberata nell'ambiente, dovrebbe
presentare una notifica all'autorità nazionale
competente.
(33) La notifica andrebbe corredata di un
fascicolo di informazioni tecniche, ivi
comprese una relazione completa sugli
eventuali rischi ambientali, le opportune
misure di sicurezza e di intervento in caso di
emergenza e, nel caso di prodotti, precise
istruzioni e condizioni per l'uso, nonché di
proposte per l'etichettatura e l'imballaggio.
(34) Dopo la notifica, non devono essere
effettuate emissioni deliberate di OGM senza
il consenso dell'autorità competente.
(35) Il notificante dovrebbe poter ritirare il
suo fascicolo in qualsiasi fase della procedura
amministrativa definita nella presente
direttiva; la procedura amministrativa
dovrebbe essere bloccata all'atto del ritiro del
fascicolo.
(36) Il fatto che una notifica ai fini
dell'immissione in commercio di un OGM
come tale o contenuto in prodotti sia respinta
da un'autorità competente non dovrebbe
pregiudicare la presentazione di una notifica
per lo stesso OGM ad un'altra autorità
competente.
(37) Se non permangono obiezioni, alla fine
del periodo di mediazione dovrebbe essere
raggiunto un accordo.
(38) Il fatto che una notifica sia respinta in
seguito alla conferma di una relazione di
valutazione negativa non dovrebbe
pregiudicare le future decisioni basate sulla
notifica dello stesso OGM ad un'altra autorità
competente.
(39) Ai fini del corretto funzionamento della
presente direttiva gli Stati membri dovrebbero
riuscire ad avvalersi delle varie disposizioni
per lo scambio di informazioni e di esperienze
prima di ricorrere alla sua clausola di
salvaguardia.
(40) Per garantire che la presenza di OGM in
prodotti contenenti o costituiti da organismi
geneticamente modificati venga
adeguatamente identificata, dovrebbe figurare
chiaramente su un'etichetta o un documento di
accompagnamento la dicitura ―Questo
prodotto contiene organismi geneticamente
modificati‖.
(41) È opportuno definire, facendo ricorso
all'opportuna procedura di comitato, un
sistema per l'assegnazione di un identificatore
unico agli OGM, tenendo conto degli sviluppi
pertinenti nelle sedi internazionali.
(42) È necessario assicurare che gli OGM,
come tali o contenuti in prodotti, autorizzati
in virtù della parte C della presente direttiva,
possano essere rintracciati in tutte le fasi
dell'immissione in commercio.
(43) Occorre introdurre nella presente
direttiva l'obbligo di attuare un monitoraggio
per ricercare e identificare qualsiasi effetto
diretto o indiretto, immediato, differito o
imprevisto sulla salute umana e sull'ambiente
8 1. Riferimenti normativi
di OGM come tali o contenuti in prodotti e
osservati dopo la loro immissione in
commercio.
(44) Gli Stati membri dovrebbero potere
adottare ulteriori misure per il monitoraggio e
il controllo, nel rispetto del trattato, degli
OGM immessi in commercio come tali o
contenuti in prodotti, per esempio per mezzo
di servizi ufficiali.
(45) È opportuno ricercare gli strumenti che
diano la possibilità di agevolare il controllo
degli OGM ed il loro recupero in caso di
rischio grave.
(46) È opportuno prendere in considerazione
le osservazioni del pubblico nell'elaborazione
delle misure presentate al comitato di
regolamentazione.
(47) È opportuno che le autorità competenti
diano il proprio consenso soltanto dopo che si
sia accertato che l'emissione non presenterà
rischi per la salute umana e per l'ambiente.
(48) È opportuno che le procedure
amministrative per il rilascio delle
autorizzazioni di immissione in commercio di
OGM come tali o contenuti in prodotti siano
rese più efficaci e trasparenti e che la prima
autorizzazione sia concessa per un periodo
determinato.
(49) È opportuno applicare una procedura
semplificata per il rinnovo dell'autorizzazione
concessa ai prodotti per un periodo
determinato.
(50) Le autorizzazioni esistenti rilasciate in
base alla direttiva 90/220/CEE dovrebbero
essere rinnovate al fine di evitare disparità tra
le autorizzazioni rilasciate in base a detta
direttiva e quelle rilasciate in base alla
presente direttiva e di tener pienamente conto
delle condizioni relative alle autorizzazioni
previste dalla presente direttiva.
(51) Tale rinnovo richiede un periodo
transitorio durante il quale le autorizzazioni
rilasciate in base alla direttiva 90/220/CEE
permangono valide.
(52) Al momento del rinnovo
dell'autorizzazione dovrebbe essere possibile
rivedere tutte le condizioni dell'autorizzazione
originaria, comprese quelle attinenti al
monitoraggio e alla durata dell'autorizzazione.
(53) Dovrebbe essere prevista la possibilità di
consultare il o i comitati scientifici
competenti, istituiti con la decisione
97/579/CE della Commissione, in merito ad
aspetti che potrebbero avere ripercussioni
sulla salute umana e/o sull'ambiente.
(54) Il sistema di scambio di informazioni
contenute nelle notifiche, istituito in base alla
direttiva 90/220/CEE, è stato utile e dovrebbe
proseguire.
(55) È importante seguire attentamente lo
sviluppo e l'uso di OGM.
(56) Se un prodotto comprendente un OGM o
una combinazione di essi è immesso sul
mercato o è stato debitamente autorizzato ai
sensi della presente direttiva, uno Stato
membro non può vietare, limitare o impedire
l'immissione in commercio di OGM, come
tali o contenuti in prodotti, conformi ai
requisiti della presente direttiva. Occorre
prevedere una clausola di salvaguardia in caso
di rischio per la salute umana o per
l'ambiente.
(57) È opportuno consultare il Gruppo
europeo della Commissione per l'etica delle
scienze e delle nuove tecnologie al fine di
ottenere un parere riguardo a problemi etici
generali relativi all'emissione deliberata o
all'immissione in commercio di OGM. Tale
consultazione non dovrebbe pregiudicare la
competenza degli Stati membri in merito alle
questioni etiche.
9 1. Riferimenti normativi
(58) Gli Stati membri dovrebbero poter
consultare qualsiasi comitato da essi istituito
allo scopo di ottenere un parere sulle
implicazioni etiche della biotecnologia.
(59) Le misure necessarie per l'attuazione
della presente direttiva sono adottate secondo
la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del
28 giugno 1999, recante modalità per
l'esercizio delle competenze di esecuzione
conferite alla Commissione.
(60) Lo scambio di informazioni previsto
dalla presente direttiva dovrebbe anche
contemplare l'esperienza acquisita nella
valutazione degli aspetti etici.
(61) Per rendere più efficace l'applicazione
delle disposizioni adottate in base alla
presente direttiva è opportuno prevedere
sanzioni la cui applicazione è demandata agli
Stati membri, anche nel caso di diffusione o
di commercializzazione non conformi alle
disposizioni della presente direttiva, specie
per negligenza.
(62) Una relazione che la Commissione
pubblicherà ogni tre anni, stilata sulla scorta
delle informazioni fornite dagli Stati membri,
dovrebbe contenere un capitolo separato
concernente i vantaggi e gli svantaggi
socioeconomici delle singole categorie di
OGM autorizzate ad essere immesse in
commercio, che tenga in debito conto gli
interessi degli agricoltori e dei consumatori.
(63) È opportuno rivedere il quadro
normativo della biotecnologia al fine di
accertare la possibilità di renderlo ancor più
coerente ed efficace. Potrebbe essere
necessario un adattamento delle procedure per
ottenere un'efficacia ottimale e tutte le opzioni
utili a tal fine dovrebbero essere prese in
considerazione,
hanno adottato la presente direttiva:
Parte A
Disposizioni generali
Articolo 1
Scopo.
Nel rispetto del principio precauzionale, la
presente direttiva mira al ravvicinamento
delle disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative degli Stati membri e alla tutela
della salute umana e dell'ambiente quando:
- si emettono deliberatamente nell'ambiente
organismi geneticamente modificati a scopo
diverso dall'immissione in commercio
all'interno della Comunità,
- si immettono in commercio all'interno della
Comunità organismi geneticamente modificati
come tali o contenuti in prodotti.
Articolo 2
Definizioni.
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) ―organismo‖, qualsiasi entità biologica
capace di riprodursi o di trasferire materiale
genetico;
2) ―organismo geneticamente modificato
(OGM)‖, un organismo, diverso da un essere
umano, il cui materiale genetico è stato
modificato in modo diverso da quanto
avviene in natura con l'accoppiamento e/o la
ricombinazione genetica naturale.
10 1. Riferimenti normativi
Ai fini della presente definizione:
a) una modificazione genetica è ottenuta
almeno mediante l'impiego delle tecniche
elencate nell'allegato I A, parte 1;
b) le tecniche elencate nell'allegato I A, parte
2 non sono considerate tecniche che hanno
per effetto una modificazione genetica;
3) ―emissione deliberata‖, qualsiasi
introduzione intenzionale nell'ambiente di un
OGM o una combinazione di OGM per la
quale non vengono usate misure specifiche di
confinamento, al fine di limitare il contatto
con la popolazione e con l'ambiente e per
garantire un livello elevato di sicurezza per
questi ultimi;
4) ―immissione in commercio‖, la messa a
disposizione di terzi, dietro compenso o
gratuitamente;
Non costituiscono immissione in commercio
le seguenti operazioni:
- la messa a disposizione di microrganismi
geneticamente modificati per attività
disciplinate dalla direttiva 90/219/CEE del
Consiglio, del 23 aprile 1990 sull'impiego
confinato di organismi geneticamente
modificati, comprese le attività che
comportano collezioni di colture,
- la messa a disposizione di OGM diversi dai
microrganismi di cui al primo trattino,
destinati ad essere impiegati unicamente in
attività in cui si attuano misure rigorose e
specifiche di confinamento atte a limitare il
contatto di questi organismi con la
popolazione e con l'ambiente e a garantire un
livello elevato di sicurezza per questi ultimi;
tali misure dovrebbero basarsi sugli stessi
principi di confinamento stabiliti dalla
direttiva 90/219/CE,
- la messa a disposizione di OGM da
utilizzarsi esclusivamente per emissioni
deliberate a norma della parte B della presente
direttiva;
5) ―notifica‖, la presentazione all'autorità
competente di uno Stato membro delle
informazioni prescritte dalla presente
direttiva;
6) ―notificante‖, la persona che presenta la
notifica;
7) ―prodotto‖, un preparato costituito da
OGM o contenente OGM, che viene immesso
sul mercato;
8) ―valutazione del rischio ambientale‖, la
valutazione, condotta a norma dell'allegato II,
dei rischi per la salute umana e per l'ambiente,
diretti o indiretti, immediati o differiti, che
possono essere connessi all'emissione
deliberata o all'immissione in commercio di
OGM.
Articolo 3
Deroghe.
1. La presente direttiva non si applica agli
organismi ottenuti con le tecniche di
modificazione genetica di cui all'allegato I B.
2. La presente direttiva non si applica al
trasporto di organismi geneticamente
modificati per ferrovia, su strada, per vie
navigabili interne, per mare o per via aerea.
11 1. Riferimenti normativi
Articolo 4
Obblighi generali.
1. Gli Stati membri, nel rispetto del principio
precauzionale, provvedono affinché siano
adottate tutte le misure atte ad evitare effetti
negativi sulla salute umana e sull'ambiente
che potrebbero derivare dall'emissione
deliberata o dall'immissione in commercio di
OGM. Gli OGM possono essere
deliberatamente emessi o immessi in
commercio solo a norma, rispettivamente,
della parte B o della parte C.
2. Prima di presentare una notifica ai sensi
della parte B o della parte C, i notificanti
effettuano una valutazione del rischio
ambientale. Le informazioni necessarie
all'esecuzione di tale valutazione figurano
nell'allegato III. Gli Stati membri e la
Commissione si assicurano che gli OGM che
contengono geni che esprimono una
resistenza agli antibiotici utilizzati per
trattamenti medici o veterinari siano presi in
particolare considerazione, al momento della
valutazione del rischio ambientale per
individuare ed eliminare gradualmente negli
OGM i marcatori di resistenza agli antibiotici
che possono avere effetti negativi sulla salute
umana e sull'ambiente. Questa eliminazione
graduale avverrà entro il 31 dicembre 2004
per gli OGM immessi in commercio ai sensi
della parte C, ed entro il 31 dicembre 2008
per gli OGM autorizzati a norma della parte
B.
3. Gli Stati membri e, ove opportuno, la
Commissione assicurano che i potenziali
effetti negativi, sia diretti che indiretti, sulla
salute umana e sull'ambiente, eventualmente
provocati dal trasferimento di un gene
dall'OGM ad un altro organismo, siano
attentamente valutati caso per caso. Tale
valutazione è effettuata a norma dell'allegato
II, tenendo conto dell'impatto ambientale in
funzione del tipo di organismo introdotto e
dell'ambiente ospite.
4. Gli Stati membri designano la o le autorità
competenti responsabili dell'attuazione delle
prescrizioni della presente direttiva. L'autorità
competente esamina le notifiche di cui alle
parti B e C per accertarsi che siano conformi
alla presente direttiva e che la valutazione di
cui al paragrafo 2 sia corretta.
5. Gli Stati membri provvedono affinché
l'autorità competente compia ispezioni ed
eventualmente adotti altre misure di controllo
per garantire l'osservanza della presente
direttiva. Nel caso in cui si verifichino
un'emissione o un'immissione in commercio
di OGM, come tali o contenuti in prodotti, per
le quali non è stata concessa
un'autorizzazione, lo Stato membro
interessato si assicura che siano adottate le
misure necessarie per porvi termine, per
avviare se necessario un'azione correttiva e
per informare il pubblico, la Commissione e
gli altri Stati membri.
[6. Gli Stati membri adottano misure volte a
garantire, nel rispetto dell'allegato IV, la
tracciabilità in tutte le fasi dell'immissione in
commercio di OGM autorizzati a norma della
parte C]4.
Parte B
Emissione deliberata di OGM per qualsiasi
fine diverso dall'immissione in commercio
Articolo 5
1. Gli articoli da 6 a 11 non si applicano alle
sostanze e ai composti medicinali per uso
umano contenenti o consistenti in un OGM o
una combinazione di OGM purché la loro
4 Paragrafo soppresso dall'articolo 7 del regolamento
(CE) n. 1830/2003, con decorrenza indicata nel suo
articolo 13.
12 1. Riferimenti normativi
emissione volontaria a fini diversi dalla
commercializzazione sia autorizzata da una
normativa comunitaria che prevede:
a) una valutazione specifica del rischio
ambientale ai sensi dell'allegato II alla
presente direttiva e sulla base del tipo di
informazione specificata all'allegato III fatti
salvi i requisiti supplementari previsti da detta
legislazione,
b) il consenso esplicito prima dell'emissione,
c) un piano di sorveglianza in conformità
delle parti pertinenti dell'allegato III, allo
scopo di individuare gli effetti dello o degli
OGM sulla salute umana o l'ambiente,
d) in modo adeguato, requisiti relativi al
trattamento delle nuove informazioni,
informazione al pubblico, informazione sui
risultati delle emissioni, scambi di
informazioni come minimo equivalenti a
quelli contenuti nella presente direttiva e nelle
misure adottate in virtù di essa.
2. La valutazione dei rischi per l'ambiente
presentati da tali sostanze e composti sarà
effettuata in coordinamento con le autorità
nazionali e comunitarie istituite ai sensi della
presente direttiva.
3. Le procedure volte a garantire la
conformità della valutazione specifica del
rischio ambientale e l'equivalenza con le
disposizioni della presente direttiva devono
essere previste da detta legislazione, la quale
deve fare riferimento alla presente direttiva.
Articolo 65
Procedura normale di autorizzazione.
1. Senza pregiudizio dell'articolo 5, chiunque
intenda effettuare un'emissione di un OGM o
di una combinazione di OGM è tenuto a
presentare preventivamente una notifica
all'autorità competente dello Stato membro
sul cui territorio avverrà l'emissione.
2. La notifica di cui al paragrafo 1
comprende:
a) un fascicolo tecnico contenente le
informazioni di cui all'allegato III necessarie
per valutare il rischio ambientale connesso
all'emissione deliberata di un OGM o di una
combinazione di OGM, e in particolare:
i) informazioni generali, comprese quelle
relative al personale e alla formazione,
ii) informazioni relative al o agli OGM,
iii) informazioni relative alle condizioni di
emissione e al potenziale ambiente ospite,
iv) informazioni sulle interazioni tra OGM e
ambiente,
v) un piano di monitoraggio conforme alle
pertinenti parti dell'allegato III e diretto a
individuare gli effetti degli OGM sulla salute
umana e sull'ambiente,
vi) informazioni relative ai piani di controllo,
ai metodi di inattivazione, al trattamento dei
rifiuti e ai piani di intervento in caso di
emergenza,
vii) una sintesi del fascicolo,
b) la valutazione del rischio ambientale e le
conclusioni prescritte dall'allegato II, sezione
5 Per il modello per la sintesi delle notifiche pervenute
ai sensi del presente articolo, vedi l'allegato della
decisione 2002/813/CE, in base a quanto disposto dal
suo articolo 1.
13 1. Riferimenti normativi
D, con i riferimenti bibliografici e
l'indicazione dei metodi utilizzati.
3. Il notificante può anche rinviare a dati o
risultati di notifiche già presentate da altri
notificanti o può presentare ulteriori
informazioni a suo avviso pertinenti, a
condizione che tali informazioni, dati e
risultati non siano riservati o che tali
notificanti abbiano dato il loro accordo scritto.
4. L'autorità competente può accettare che le
emissioni dello stesso OGM o combinazione
di OGM in uno stesso luogo o in luoghi
diversi per lo stesso scopo e in un periodo
determinato di tempo possano essere
comunicate con un'unica notifica.
5. L'autorità competente accusa ricevuta della
notifica con relativa data di ricevimento e,
dopo avere esaminato, se del caso, tutte le
osservazioni trasmesse dagli Stati membri a
norma dell'articolo 11, invia al notificante,
entro 90 giorni dal ricevimento della notifica,
una risposta scritta nella quale dichiara:
a) che la notifica è ritenuta conforme alla
presente direttiva e che l'emissione può aver
luogo, oppure
b) che l'emissione non è conforme alle
condizioni stabilite dalla presente direttiva e
che pertanto la notifica è respinta.
6. Per il calcolo del termine di 90 giorni di cui
al paragrafo 5, non sono computati i periodi di
tempo durante i quali l'autorità competente:
a) è in attesa di ulteriori informazioni
eventualmente richieste al notificante, o
b) sta svolgendo un'indagine o una
consultazione pubblica a norma dell'articolo
9. Tale indagine o consultazione pubblica
prolunga il termine di 90 giorni di cui al
paragrafo 5 di non più di 30 giorni.
7. Laddove l'autorità competente esiga nuove
informazioni, essa nel contempo motiva tale
richiesta.
8. Il notificante può procedere all'emissione
solamente dopo l'autorizzazione scritta
dell'autorità competente e rispettando tutte le
condizioni in essa precisate.
9. Gli Stati membri provvedono affinché i
materiali derivati da OGM emessi
deliberatamente a norma della parte B non
siano immessi in commercio se non a norma
della parte C.
Articolo 7
Procedure differenziate.
1. Se si dispone di sufficiente esperienza
riguardo alle emissioni di taluni OGM in
determinati ecosistemi e se gli OGM in
questione soddisfano i criteri enunciati
nell'allegato V, l'autorità competente può
presentare alla Commissione una proposta
motivata di applicazione di procedure
differenziate a tali tipi di OGM.
2. Di propria iniziativa o al più tardi 30 giorni
dopo il ricevimento di una proposta di
un'autorità competente, la Commissione:
a) trasmette la proposta alle autorità
competenti, che possono presentare
osservazioni entro 60 giorni, e nel contempo,
b) rende la proposta accessibile al pubblico,
che può formulare osservazioni entro 60
giorni e
c) consulta il o i pertinenti comitati scientifici
che possono formulare un parere entro 60
giorni.
14 1. Riferimenti normativi
3. Su ciascuna proposta viene adottata una
decisione secondo le procedure dell'articolo
30, paragrafo 2. Tale decisione stabilisce il
minimo di informazioni tecniche tra quelle di
cui all'allegato III che sono necessarie per
valutare tutti i rischi prevedibili
dell'emissione, e in particolare:
a) informazioni relative al o agli OGM,
b) informazioni relative alle condizioni di
emissione e al potenziale ambiente ricevente,
c) informazioni sulle interazioni tra OGM ed
ambiente,
d) valutazione del rischio ambientale.
4. Tale decisione è adottata entro 90 giorni
dalla data della proposta della Commissione o
dal ricevimento della proposta dell'autorità
competente. Per il calcolo del termine di 90
giorni non sono computati i periodi di tempo
durante i quali la Commissione è in attesa
delle osservazioni delle autorità competenti e
del pubblico nonché del parere del comitato
scientifico, di cui al paragrafo 2.
5. La decisione adottata a norma dei paragrafi
3 e 4 prevede che il notificante possa
procedere all'emissione unicamente se in
possesso di autorizzazione scritta dell'autorità
competente. Il notificante procede
all'emissione nel rispetto di tutte le condizioni
previste nell'autorizzazione.
La decisione adottata a norma dei paragrafi 3
e 4 può prevedere che le emissioni di un
OGM o di una combinazione di OGM nello
stesso luogo o in luoghi diversi allo stesso
scopo e in periodo determinato siano
notificate con un'unica notifica.
6. Fermi restando i paragrafi da 1 a 5,
continua ad applicarsi la decisione 94/730/CE
della Commissione, del 4 novembre 1994, che
stabilisce per la prima volta procedure
semplificate concernenti l'immissione
deliberata nell'ambiente di piante
geneticamente modificate ai sensi
dell'articolo 6, paragrafo 5, della direttiva
90/220/CEE del Consiglio.
7. Quando uno Stato membro decide se
avvalersi o no di una procedura istituita in una
decisione adottata a norma dei paragrafi 3 e 4
per emissioni di OGM sul suo territorio, ne
informa la Commissione.
Articolo 8
Trattamento delle modifiche e nuove
informazioni.
1. In caso in cui, dopo l'autorizzazione scritta
dell'autorità competente, si verifichi una
modifica oppure una variazione non
intenzionale dell'emissione deliberata di un
OGM o combinazione di OGM, con possibili
conseguenze sui rischi per la salute umana e
per l'ambiente, o qualora si rendano
disponibili nuove informazioni su detti rischi
mentre l'autorità competente di uno Stato
membro sta esaminando la notifica o ha già
rilasciato l'autorizzazione scritta, il notificante
provvede immediatamente a:
a) adottare le misure necessarie per la tutela
della salute umana e dell'ambiente,
b) informare l'autorità competente prima di
qualsiasi modifica o non appena la variazione
non intenzionale sia nota o le nuove
informazioni siano disponibili,
c) riesaminare le misure specificate nella
notifica.
2. Se informazioni che potrebbero avere
importanti ripercussioni sui rischi per la salute
umana e per l'ambiente o le circostanze di cui
al paragrafo 1 si rendono disponibili per
l'autorità competente, questa le valuta e le
rende accessibili al pubblico. Essa può
15 1. Riferimenti normativi
imporre al notificante di modificare le
modalità dell'emissione deliberata, di
sospenderla o di interromperla
definitivamente informandone il pubblico.
Articolo 9
Consultazione e informazione del pubblico.
1. Fatti salvi gli articoli 7 e 25, gli Stati
membri consultano il pubblico e, se
opportuno, determinati gruppi in merito
all'emissione deliberata proposta. Gli Stati
membri prevedono a tal fine modalità per la
consultazione, compreso un periodo di tempo
ragionevole, per dare al pubblico o ai gruppi
la possibilità di esprimere un parere.
2. Fatto salvo l'articolo 25:
- gli Stati membri rendono accessibili al
pubblico informazioni su tutte le emissioni di
OGM sul loro territorio contemplate nella
parte B,
- la Commissione rende accessibili al
pubblico le informazioni contenute nel
sistema di scambio di informazioni di cui
all'articolo 11.
Articolo 106
Relazione del notificante sull'emissione.
6 Per il modello di presentazione dei risultati
dell'emissione deliberata nell'ambiente di piante
superiori geneticamente modificate in conformità con il
Ad emissione conclusa e, successivamente,
alle scadenze fissate nell'autorizzazione in
base ai risultati della valutazione del rischio
ambientale, il notificante trasmette all'autorità
competente i risultati dell'emissione sui rischi
per la salute umana o l'ambiente, se del caso
con un particolare riferimento agli eventuali
tipi di prodotti che egli intende notificare
successivamente. La forma della
presentazione di tali risultati è stabilita
secondo la procedura di cui all'articolo 30,
paragrafo 2.
Articolo 11
Scambio di informazioni tra le autorità
competenti e la Commissione.
1. La Commissione istituisce un sistema di
scambio delle informazioni contenute nelle
notifiche. Le autorità competenti inviano alla
Commissione, entro 30 giorni dal
ricevimento, una sintesi di ogni notifica loro
presentata a norma dell'articolo 6. La forma
della sintesi è stabilita e, se del caso,
modificata secondo la procedura di cui
all'articolo 30, paragrafo 2.
2. La Commissione provvede, entro 30 giorni
dal ricevimento, a trasmettere queste sintesi
agli altri Stati membri, i quali hanno 30 giorni
per presentare le loro osservazioni
direttamente o tramite la Commissione. Gli
Stati membri sono autorizzati a ricevere, su
richiesta, copia dell'intera notifica dall'autorità
competente dello Stato membro interessato.
3. Le autorità competenti informano gli altri
Stati membri e la Commissione delle
decisioni definitive adottate a norma
presente articolo, vedi l'allegato della decisione
2003/701/CE, in base a quanto disposto dal suo articolo
1.
16 1. Riferimenti normativi
dell'articolo 6, paragrafo 5, comprese
eventualmente le ragioni per le quali una
notifica è stata respinta, nonché dei risultati
delle emissioni loro pervenuti a norma
dell'articolo 10.
4. Per le emissioni di OGM di cui all'articolo
7, una volta all'anno gli Stati membri
trasmettono alla Commissione che li trasmette
alle autorità competenti degli altri Stati
membri un elenco degli OGM che sono stati
emessi nel loro territorio e un elenco delle
notifiche respinte.
Parte C
Immissione in commercio di OGM come tali
o contenuti in prodotti
Articolo 12
Normativa settoriale.
1. Gli articoli da 13 a 24 non si applicano agli
OGM come tali o contenuti in prodotti,
autorizzati da atti comunitari che prescrivono,
da un lato, una valutazione specifica del
rischio ambientale specifico effettuata
secondo i principi stabiliti nell'allegato II e
sulla base delle informazioni di cui
all'allegato III, salvi restando gli altri obblighi
previsti dai suddetti atti, nonché, dall'altro,
obblighi in materia di gestione del rischio
etichettatura, eventuale monitoraggio,
informazione del pubblico e clausole di
salvaguardia almeno equivalenti a quelli
previsti dalla presente direttiva.
2. Gli articoli da 13 a 24 non si applicano agli
OGM come tali o contenuti in prodotti
autorizzati dal regolamento (CEE) n. 2309/93
del Consiglio, a condizione che la valutazione
specifica di rischio ambientale sia compiuta
secondo i principi di cui all'allegato II della
presente direttiva e sulla base del tipo di
informazioni indicate nell'allegato III della
presente direttiva, fatti salvi altri obblighi
pertinenti in materia di valutazione del
rischio, gestione del rischio, etichettatura,
eventuale monitoraggio, informazione del
pubblico e clausola di salvaguardia, previsti
dalla normativa comunitaria relativa ai
medicinali per uso umano e veterinario.
3. Un regolamento del Parlamento europeo e
del Consiglio stabilirà le procedure per
garantire che la valutazione del rischio, gli
obblighi in materia di gestione del rischio,
etichettatura, eventuale monitoraggio,
informazione del pubblico e clausola di
salvaguardia, siano equivalenti a quelli
stabiliti nella presente direttiva. La futura
legislazione settoriale basata sulle
disposizioni di quel regolamento farà
riferimento alla presente direttiva. Fino
all'entrata in vigore del regolamento, gli OGM
come tali o contenuti in prodotti, autorizzati
da altri atti comunitari, possono essere
immessi in commercio solo previa
autorizzazione alla immissione in commercio
ai sensi della presente direttiva.
4. Nel corso della valutazione delle domande
di immissione sul mercato per gli OGM di cui
al paragrafo 1, sono consultati gli organismi
istituiti dalla Comunità in base alla presente
direttiva e dagli Stati membri ai fini della sua
attuazione.
Articolo 12 bis7
Misure transitorie in caso di presenza
accidentale o tecnicamente inevitabile di
7 Articolo inserito dall'articolo 43 del regolamento
(CE) n. 1829/2003, con decorrenza indicata nello
stesso articolo.
17 1. Riferimenti normativi
OGM che sono stati oggetto di una
valutazione del rischio favorevole.
1. Gli articoli da 13 a 21 non si applicano
all'immissione sul mercato di tracce di un
OGM o di una combinazione di OGM nei
prodotti destinati all'uso diretto come alimenti
o come mangimi, oppure alla lavorazione,
purché essi soddisfino le condizioni di cui
all'articolo 47 del regolamento (CE) n.
1829/2003 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli
alimenti e ai mangimi geneticamente
modificati.
2. Il presente articolo è applicabile per un
periodo di 3 anni dalla data di applicazione
del regolamento (CE) n. 1829/2003.
Articolo 13
Procedura di notifica.
1. Prima dell'immissione in commercio di un
OGM o di una combinazione di OGM, come
tali o contenuti in un prodotto, è presentata
una notifica all'autorità competente dello
Stato membro nel quale il prodotto deve
essere messo in commercio per la prima volta.
L'autorità competente accusa ricevuta della
notifica e trasmette immediatamente la sintesi
del fascicolo di cui al paragrafo 2, lettera h),
alle autorità competenti degli altri Stati
membri e alla Commissione.
L'autorità competente verifica
immediatamente se la notifica rispetta i
requisiti previsti dal paragrafo 2 e, se
necessario, chiede al notificante informazioni
supplementari.
Quando la notifica rispetta i requisiti previsti
dal paragrafo 2, e al più tardi quando
trasmette la sua relazione di valutazione a
norma dell'articolo 14, paragrafo 2, l'autorità
competente ne invia copia alla Commissione
che, entro 30 giorni dal ricevimento, la
trasmette alle autorità competenti degli altri
Stati membri.
2. Nella notifica figurano:
a) le informazioni di cui agli allegati III e IV,
le quali tengono conto della diversità dei
luoghi di impiego dell'OGM come tale o
contenuto in un prodotto e riportano dati e
risultati relativi agli effetti sulla salute umana
e sull'ambiente delle emissioni effettuate a
scopo di ricerca e sviluppo;
b) la valutazione dei rischi ambientali e le
conclusioni di cui all'allegato II, sezione D;
c) le condizioni di immissione in commercio
del prodotto, incluse particolari condizioni di
uso e di manipolazione;
d) con riferimento all'articolo 15, paragrafo 4,
una proposta concernente la durata
dell'autorizzazione, di norma non superiore a
10 anni;
e) un piano di monitoraggio nel rispetto
dell'allegato VII, comprendente una proposta
concernente la durata di detto piano, che può
essere diversa da quella dell'autorizzazione;
f) l'etichetta proposta, che deve essere
conforme ai requisiti di cui all'allegato IV.
L'etichetta indica con chiarezza la presenza di
un OGM. La dicitura ―Questo prodotto
contiene organismi geneticamente modificati‖
deve figurare sull'etichetta o in un documento
di accompagnamento;
g) una proposta per l'imballaggio che deve
possedere i requisiti di cui all'allegato IV;
18 1. Riferimenti normativi
h) una sintesi del fascicolo, nella forma
stabilita secondo la procedura di cui
all'articolo 30, paragrafo 28.
Qualora in base ai risultati di un'emissione
notificata a norma della parte B o in base ad
altri fondati motivi scientifici un notificante
ritenga che l'immissione in commercio e l'uso
di un OGM come tale o contenuto in un
prodotto non comportino rischi per la salute
umana e l'ambiente, può chiedere all'autorità
competente di autorizzarlo a non fornire, in
tutto o in parte, le informazioni di cui
all'allegato IV, sezione B.
3. Il notificante include nella notifica
informazioni sui dati o sui risultati delle
emissioni dello stesso OGM o combinazione
di OGM già notificate o in corso di notifica o
effettuate dal notificante nella Comunità o
fuori di essa.
4. Il notificante può anche rinviare a dati o
risultati di notifiche già presentate da altri
notificanti o presentare ulteriori informazioni
a suo avviso pertinenti, a condizione che tali
informazioni, dati e risultati non siano
riservati o che tali notificanti abbiano dato il
loro accordo scritto.
5. Per utilizzare un OGM o una combinazione
di OGM a fini diversi da quelli già indicati in
una notifica, occorre presentare una nuova
notifica.
6. Qualora nuove informazioni sui rischi
dell'OGM per la salute umana o per
l'ambiente si siano rese disponibili prima del
rilascio dell'autorizzazione scritta, il
notificante adotta immediatamente le misure
necessarie per tutelare la salute umana e
l'ambiente e ne informa l'autorità competente.
Inoltre, il notificante modifica le informazioni
e le condizioni precisate nella notifica.
8 Per il modello per la sintesi del fascicolo, a norma
della presente lettera, vedi l'allegato della decisione
2002/812/CE, in base a quanto disposto dal suo articolo
1.
Articolo 14
Relazione di valutazione.
1. L'autorità competente, dopo avere ricevuto
una notifica a norma dell'articolo 13,
paragrafo 2 e averne accusato ricevuta ne
esamina la conformità alla presente direttiva.
2. Entro i 90 giorni successivi alla data di
ricevimento della notifica, l'autorità
competente
- elabora una relazione di valutazione e la
invia al notificante. Un successivo ritiro della
notifica da parte del notificante lascia
impregiudicata un'eventuale ulteriore
presentazione della notifica ad un'altra
autorità competente,
- nel caso di cui al paragrafo 3, lettera a),
l'autorità competente invia detta relazione
unitamente alle informazioni di cui al
paragrafo 4 ed alle eventuali altre
informazioni su cui si basa la sua relazione
alla Commissione che, entro 30 giorni dal
ricevimento, la trasmette alle autorità
competenti degli altri Stati membri.
Nel caso di cui al paragrafo 3, lettera b), non
prima di 15 giorni dalla data in cui ha inviato
al notificante la sua relazione di valutazione e
non oltre 105 giorni dalla data di ricevimento
della notifica, l'autorità competente invia alla
Commissione detta relazione unitamente alle
informazioni di cui al paragrafo 4 ed alle
eventuali altre informazioni su cui si basa la
sua relazione. La Commissione, entro 30
giorni dal ricevimento, trasmette la relazione
alle autorità competenti degli altri Stati
membri.
3. La relazione di valutazione indica:
19 1. Riferimenti normativi
a) che lo o gli OGM in questione possono
essere immessi in commercio e a quali
condizioni; oppure
b) che lo o gli OGM in questione non possono
essere immessi in commercio.
Le relazioni di valutazione sono elaborate in
base agli orientamenti di cui all'allegato VI.
4. Per il calcolo del termine di 90 giorni di cui
al paragrafo 2, non sono computati i periodi di
tempo durante i quali l'autorità competente è
in attesa di ulteriori informazioni
eventualmente richieste al notificante.
L'autorità competente motiva le sue eventuali
richieste di informazioni supplementari.
Articolo 15
Procedura standard.
1. Nei casi di cui all'articolo 14, paragrafo 3,
un'autorità competente oppure la
Commissione possono chiedere ulteriori
informazioni, formulare osservazioni o
sollevare obiezioni motivate in merito
all'immissione in commercio dello o degli
OGM in questione, entro 60 giorni dalla data
di diffusione della relazione di valutazione.
Le osservazioni o obiezioni motivate e le
risposte sono trasmesse alla Commissione che
provvede a trasmetterle senza indugio a tutte
le autorità competenti.
Le autorità competenti e la Commissione
possono discutere di questioni in sospeso allo
scopo di giungere ad un accordo entro 105
giorni dalla data di diffusione della relazione
di valutazione.
Nel termine di 45 giorni previsto per il
raggiungimento di un accordo, non sono
computati i periodi di attesa di ulteriori
informazioni dal notificante. Le eventuali
richieste di ulteriori informazioni devono
essere motivate.
2. Nel caso di cui all'articolo 14, paragrafo 3,
lettera b), se l'autorità competente che ha
elaborato la relazione decide che l'OGM non
deve essere immesso in commercio, la
notifica è respinta. La decisione è motivata.
3. Se l'autorità competente che ha elaborato la
relazione decide che il prodotto può essere
immesso in commercio, in mancanza di
obiezioni motivate di uno Stato membro o
della Commissione entro 60 giorni dalla data
di diffusione della relazione di valutazione di
cui all'articolo 14, paragrafo 3, lettera a) o in
caso di risoluzione di eventuali questioni in
sospeso entro il periodo di 105 giorni di cui al
paragrafo 1, l'autorità competente che ha
elaborato la relazione concede
l'autorizzazione scritta per l'immissione in
commercio, la trasmette al notificante e ne
informa gli altri Stati membri e la
Commissione entro 30 giorni.
4. L'autorizzazione è concessa per un periodo
massimo di 10 anni a partire dalla data di
concessione.
Per approvare un OGM o un derivato di OGM
al semplice scopo di commercializzarne i
semi a norma delle pertinenti disposizioni
comunitarie, il periodo della prima
autorizzazione scade non oltre 10 anni dalla
data della prima inclusione della prima varietà
vegetale contenente l'OGM in un catalogo
nazionale ufficiale di varietà vegetali
conformemente alle direttive del Consiglio
70/457/CEE e 70/458/CEE.
Per i materiali riproduttivi forestali, la validità
della prima autorizzazione scade non oltre 10
anni dalla data della prima inclusione del
materiale base contenente l'OGM in un
catalogo nazionale ufficiale di materiali base
conformemente alla direttiva del Consiglio
1999/105/CE.
20 1. Riferimenti normativi
Articolo 16
Criteri e informazione per determinati OGM.
1. Un'autorità competente o la Commissione,
di propria iniziativa, può proporre criteri e
obblighi di informazione da applicare alle
notifiche, in deroga all'articolo 13, per
l'immissione in commercio di taluni tipi di
OGM come tali o contenuti in prodotti.
2. Sono stabiliti i criteri e gli obblighi di
informazione di cui al paragrafo 1 nonché gli
opportuni requisiti della sintesi del fascicolo.
Tali misure, intese a modificare elementi non
essenziali della presente direttiva
completandola, sono adottate, previa
consultazione del comitato scientifico
competente, secondo la procedura di
regolamentazione con controllo di cui
all‘articolo 30, paragrafo 3. I criteri e gli
obblighi di informazione sono tali da
garantire la sicurezza per la salute umana e
l‘ambiente e si basano sui riscontri scientifici
esistenti circa tale sicurezza e sull‘esperienza
dell‘emissione di OGM paragonabili.
I requisiti stabiliti nell‘articolo 13, paragrafo
2, sono sostituiti da quelli adottati a norma del
primo comma e si applica la procedura di cui
all‘articolo 13, paragrafi 3, 4, 5 e 6, e agli
articoli 14 e 159.
3. Prima dell‘avvio della procedura di
regolamentazione con controllo di cui
all‘articolo 30, paragrafo 3, per l‘adozione di
criteri e requisiti in materia di informazione di
cui al paragrafo 1, la Commissione pubblica
la proposta. Entro sessanta giorni possono
essere presentate osservazioni alla
Commissione. La Commissione inoltra tali
9 Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva
2008/27/CE.
osservazioni, corredate di un‘analisi, al
comitato istituito ai sensi dell‘articolo 3010
.
Articolo 17
Rinnovo dell'autorizzazione.
1. In deroga agli articoli 12, 13 e 14, si
applica la procedura di rinnovo indicata ai
paragrafi da 2 a 9:
a) alle autorizzazioni concesse a norma della
parte C e
b) prima del 17 ottobre 2006 alle
autorizzazioni all'immissione in commercio di
OGM come tali o contenuti in prodotti
concesse a norma della direttiva 90/220/CEE
prima del 17 ottobre 2002.
2. Al più tardi 9 mesi prima della scadenza
dell'autorizzazione per le autorizzazioni di cui
al paragrafo 1, lettera a), prima del 17 ottobre
2006 per le autorizzazioni di cui al paragrafo
1, lettera b), il notificante ai sensi del presente
articolo presenta all'autorità competente
destinataria della notifica originaria una
notifica che contiene:
a) una copia dell'autorizzazione
all'immissione in commercio degli OGM,
b) una relazione sui risultati del monitoraggio
effettuato a norma dell'articolo 20. Nel caso
delle autorizzazioni di cui al paragrafo 1,
lettera b) questa relazione è presentata
allorché sia stato effettuato il monitoraggio,
c) qualsiasi altra nuova informazione resasi
disponibile concernente i rischi per la salute
umana o l'ambiente connessi al prodotto, e
10
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva
2008/27/CE.
21 1. Riferimenti normativi
d) se del caso, una proposta recante modifica
o integrazione delle condizioni
dell'autorizzazione originaria, tra cui quelle
attinenti al futuro monitoraggio e alla durata
di validità dell'autorizzazione.
L'autorità competente accusa ricevuta della
notifica con relativa data di ricevimento e, se
la notifica è conforme al presente paragrafo,
ne invia immediatamente copia con la sua
relazione di valutazione alla Commissione
che, entro 30 giorni dal ricevimento, le
trasmette alle autorità competenti degli altri
Stati membri. L'autorità competente invia
inoltre la relazione di valutazione al
notificante.
3. La relazione di valutazione indica:
a) che lo o gli OGM possono restare in
commercio e a quali condizioni; oppure
b) che lo o gli OGM non possono restare in
commercio.
4. Le altre autorità competenti o la
Commissione possono chiedere ulteriori
informazioni, formulare osservazioni o
presentare obiezioni motivate entro 60 giorni
dalla data di trasmissione della relazione di
valutazione.
5. Tutte le osservazioni e obiezioni motivate e
le risposte sono trasmesse alla Commissione
che le invia senza indugio a tutte le autorità
competenti.
6. Nel caso di cui al paragrafo 3, lettera a), e
qualora né gli Stati membri né la
Commissione abbiano presentato obiezioni
motivate entro 60 giorni dalla trasmissione
della relazione di valutazione, l'autorità
competente che ha elaborato la relazione
trasmette per iscritto al notificante la
decisione finale e informa gli altri Stati
membri e la Commissione entro un termine di
30 giorni. La validità dell'autorizzazione non
dovrebbe, in linea generale, superare i 10 anni
e può essere, se del caso, limitata o prorogata
per motivi specifici.
7. Le autorità competenti e la Commissione
possono discutere sulle questioni in sospeso
allo scopo di giungere ad un accordo entro 75
giorni dalla data di invio della relazione di
valutazione.
8. Se le questioni in sospeso sono risolte entro
il termine di 75 giorni di cui al paragrafo 7,
l'autorità competente che ha elaborato la
relazione trasmette per iscritto al notificante la
sua decisione definitiva e informa gli altri
Stati membri e la Commissione entro 30
giorni. La validità dell'autorizzazione può
essere, se del caso, limitata.
9. Dopo aver presentato una notifica per il
rinnovo di un'autorizzazione a norma del
paragrafo 2, il notificante può continuare a
immettere in commercio gli OGM alle
condizioni indicate in tale autorizzazione in
attesa di una decisione finale in esito alla
notifica.
Articolo 18
Procedura comunitaria per le obiezioni.
1. Qualora un'autorità competente o la
Commissione sollevi e mantenga obiezioni ai
sensi degli articoli 15, 17 e 20 della presente
direttiva, una decisione secondo la procedura
di cui all'articolo 30, paragrafo 2 è adottata e
pubblicata entro 120 giorni. Tale decisione
contiene le stesse informazioni di cui
all'articolo 19, paragrafo 3.
Per il calcolo del termine di 120 giorni, non
sono computati i periodi durante i quali la
Commissione è in attesa di ulteriori
informazioni eventualmente richieste al
notificante oppure del parere del Comitato
22 1. Riferimenti normativi
scientifico da essa consultato a norma
dell'articolo 28. La Commissione motiva le
eventuali richieste di ulteriori informazioni e
informa le autorità competenti della richiesta
inviata al notificante. La Commissione
attende il parere del comitato scientifico per
non oltre 90 giorni.
Non è computato il periodo di tempo
impiegato dal Consiglio per deliberare
secondo la procedura di cui all'articolo 30,
paragrafo 2.
2. Qualora sia adottata una decisione
favorevole, l'autorità competente che ha
redatto la relazione concede l'autorizzazione
scritta all'immissione in commercio o la
rinnova e la trasmette al notificante e informa
gli altri Stati membri e la Commissione, entro
30 giorni dalla pubblicazione o dalla notifica
della decisione.
Articolo 19
Autorizzazione.
1. Fatti salvi gli obblighi previsti da altri atti
comunitari, un OGM come tale o contenuto in
un prodotto può essere utilizzato senza
ulteriori notifiche in tutta la Comunità solo se
è stata rilasciata l'autorizzazione scritta alla
sua immissione sul mercato e rispettando
scrupolosamente le specifiche condizioni di
impiego e le relative restrizioni circa ambienti
e/o aree geografiche.
2. Il notificante può procedere all'immissione
in commercio solamente dopo aver ricevuto
l'autorizzazione scritta dell'autorità
competente a norma degli articoli 15, 17, e 18
e rispettando tutte le condizioni in essa
prescritte.
3. L'autorizzazione scritta di cui agli articoli
15, 17 e 18 indica specificamente in tutti i
casi:
a) la portata dell'autorizzazione, inclusa
l'identità del o degli OGM da immettere in
commercio come tali o contenuti in prodotti,
nonché il loro identificatore unico;
b) il periodo di validità dell'autorizzazione;
c) le condizioni per l'immissione in
commercio del prodotto, incluse le specifiche
condizioni di impiego, di manipolazione e di
imballaggio del o degli OGM come tali o
contenuti in prodotti, e il riferimento a
particolari ecosistemi/ambienti e/o aree
geografiche;
d) l'obbligo per il notificante di mettere a
disposizione dell'autorità competente, su
richiesta, campioni per il controllo, fatto salvo
l'articolo 25;
e) gli obblighi in materia di etichettatura, nel
rispetto dei requisiti di cui all'allegato IV.
Sull'etichetta è indicata con chiarezza la
presenza di un OGM. La dicitura ―questo
prodotto contiene organismi geneticamente
modificati‖ appare sull'etichetta o nel
documento che accompagna il prodotto o altri
prodotti contenenti gli OGM;
f) gli obblighi in materia di monitoraggio di
cui all'allegato VII, nonché l'obbligo di
riferire alla Commissione e alle autorità
competenti la durata del monitoraggio
previsto e gli eventuali obblighi per chiunque
venda o usi il prodotto, compreso, per gli
OGM coltivati, quello di un livello di
informazione individuato come adeguato in
merito alla loro localizzazione.
4. Gli Stati membri adottano le misure
necessarie a garantire l'accesso del pubblico
all'autorizzazione scritta di cui all'articolo 18
e all'eventuale decisione nonché il rispetto
delle condizioni indicate nell'autorizzazione
scritta e nell'eventuale decisione.
23 1. Riferimenti normativi
Articolo 20
Monitoraggio e gestione delle nuove
informazioni.
1. Dopo l'immissione in commercio di un
OGM, come tale o contenuto in prodotti, il
notificante provvede affinché il monitoraggio
e la relativa relazione siano condotti alle
condizioni indicate nell'autorizzazione. Le
relazioni concernenti tale monitoraggio sono
inviate alla Commissione e alle autorità
competenti degli Stati membri. L'autorità
competente prima destinataria della notifica
originaria può adeguare il piano dopo il primo
periodo di monitoraggio, sulla base dei
risultati di dette relazioni, tenendo conto delle
condizioni dell'autorizzazione e nel quadro
del piano di monitoraggio previsto
nell'autorizzazione stessa.
2. Qualora nuove informazioni, da parte di
utenti o di altre fonti, sui rischi dell'OGM per
la salute umana o l'ambiente siano divenute
disponibili dopo il rilascio dell'autorizzazione
scritta, il notificante adotta immediatamente le
misure necessarie per tutelare la salute umana
e l'ambiente e ne informa l'autorità
competente.
Inoltre, il notificante adegua le informazioni e
le condizioni precisate nel fascicolo di
notifica.
3. Nel caso di cui al paragrafo 2 o se l'autorità
competente dispone di informazioni che
potrebbero avere ripercussioni sui rischi
dell'OGM per la salute umana o l'ambiente,
essa trasmette immediatamente le
informazioni alla Commissione e alle autorità
competenti degli altri Stati membri e, se le
informazioni sono divenute disponibili prima
dell'autorizzazione scritta può avvalersi,
secondo i casi, dell'articolo 15, paragrafo 1, o
dell'articolo 17, paragrafo 7.
Se le informazioni sono divenute disponibili
dopo il rilascio dell'autorizzazione, l'autorità
competente, entro 60 giorni dal ricevimento
delle nuove informazioni trasmette alla
Commissione una relazione di valutazione
che indica se e come vadano modificate le
condizioni dell'autorizzazione o se essa vada
revocata. La Commissione, trasmette la
relazione alle autorità competenti degli altri
Stati membri entro 30 giorni dal ricevimento.
Entro 60 giorni dalla diffusione della
relazione di valutazione, le osservazioni o le
obiezioni motivate sull'ulteriore immissione
in commercio dell'OGM o sulla proposta di
modifica delle condizioni dell'autorizzazione
sono trasmesse alla Commissione che le
trasmette immediatamente a tutte le autorità
competenti.
Le autorità competenti e la Commissione
possono discutere di questioni in sospeso allo
scopo di giungere ad un accordo entro 75
giorni dalla diffusione della relazione di
valutazione.
In mancanza di obiezioni motivate di uno
Stato membro o della Commissione entro 60
giorni dalla diffusione delle nuove
informazioni o in caso di risoluzione di
eventuali questioni in sospeso entro 75 giorni,
l'autorità competente che ha redatto la
relazione modifica l'autorizzazione proposta,
trasmette l'autorizzazione modificata al
notificante e ne informa gli altri Stati membri
e la Commissione entro 30 giorni.
4. I risultati del monitoraggio ai sensi della
parte C della direttiva sono resi pubblici in
modo da garantire la trasparenza.
24 1. Riferimenti normativi
Articolo 21
Etichettatura.
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure
necessarie per garantire che, in tutte le fasi
dell'immissione in commercio, l'etichettatura
e l'imballaggio degli OGM come tali o
contenuti in prodotti immessi in commercio
siano conformi ai pertinenti requisiti
specificati nell'autorizzazione scritta di cui
all'articolo 15, paragrafo 3, nell'articolo 17,
paragrafi 5 e 8, nell'articolo 18, paragrafo 2, e
nell'articolo 19, paragrafo 3.
2. Per i prodotti per i quali non possono essere
escluse tracce non intenzionali e tecnicamente
inevitabili di OGM autorizzati può essere
fissata una soglia minima sotto la quale tali
prodotti non devono essere etichettati a norma
del paragrafo 1.
I livelli di soglia sono stabiliti in base al
prodotto in questione. Tali misure, intese a
modificare elementi non essenziali della
presente direttiva completandola, sono
adottate secondo la procedura di
regolamentazione con controllo di cui
all‘articolo 30, paragrafo 311
.
3. Per i prodotti destinati all‘elaborazione
diretta, il paragrafo 1 non si applica alle tracce
di OGM autorizzati in una proporzione non
superiore a una soglia dello 0,9 % o inferiore,
a condizione che queste tracce siano non
intenzionali o tecnicamente inevitabili.
I livelli di soglia a cui si è fatto riferimento
nel primo comma possono essere stabiliti.
Tali misure, intese a modificare elementi non
essenziali della presente direttiva
completandola, sono adottate secondo la
11
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva
2008/27/CE.
procedura di regolamentazione con controllo
di cui all‘articolo 30, paragrafo 312
.
Articolo 22
Libera circolazione.
Fatto salvo l'articolo 23, gli Stati membri non
possono vietare, limitare o impedire
l'immissione in commercio di OGM, come
tali o contenuti in prodotti, conformi ai
requisiti della presente direttiva.
Articolo 23
Clausola di salvaguardia.
1. Qualora uno Stato membro, sulla base di
nuove o ulteriori informazioni divenute
disponibili dopo la data dell'autorizzazione e
che riguardino la valutazione di rischi
ambientali o una nuova valutazione delle
informazioni esistenti basata su nuove o
supplementari conoscenze scientifiche, abbia
fondati motivi di ritenere che un OGM come
tale o contenuto in un prodotto debitamente
notificato e autorizzato per iscritto in base alla
presente direttiva rappresenti un rischio per la
salute umana o l'ambiente, può
temporaneamente limitarne o vietarne l'uso o
la vendita sul proprio territorio.
Lo Stato membro provvede affinché, in caso
di grave rischio, siano attuate misure di
12
Paragrafo aggiunto dall'articolo 7 del regolamento
(CE) n. 1830/2003, con decorrenza indicata nel suo
articolo 13 e successivamente così sostituito
dall'articolo 1 della direttiva 2008/27/CE.
25 1. Riferimenti normativi
emergenza, quali la sospensione o la
cessazione dell'immissione in commercio, e
l'informazione del pubblico.
Lo Stato membro informa immediatamente la
Commissione e gli altri Stati membri circa le
azioni adottate a norma del presente articolo e
motiva la propria decisione, fornendo un
nuovo giudizio sulla valutazione di rischi
ambientali, indicando se e come le condizioni
poste dall'autorizzazione debbano essere
modificate o l'autorizzazione debba essere
revocata e, se necessario, le nuove o ulteriori
informazioni su cui è basata la decisione.
2. Entro sessanta giorni dalla data di
ricevimento delle informazioni comunicate
dallo Stato membro è adottata una decisione
sulla misura adottata da tale Stato membro
secondo la procedura di regolamentazione di
cui all‘articolo 30, paragrafo 2. Per il calcolo
del termine di sessanta giorni non sono
computati i periodi di tempo durante i quali la
Commissione è in attesa di ulteriori
informazioni eventualmente richieste al
notificante oppure è in attesa del parere del
comitato scientifico o dei comitati scientifici
da essa consultati. Il periodo di tempo durante
il quale la Commissione è in attesa del parere
del comitato scientifico o dei comitati
scientifici consultati non supera i sessanta
giorni.
Analogamente, non è computato il tempo
impiegato dal Consiglio per deliberare
secondo la procedura di regolamentazione di
cui all‘articolo 30, paragrafo 213
.
Articolo 24
Informazione del pubblico.
13
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva
2008/27/CE.
1. Fatto salvo l'articolo 25, dopo aver ricevuto
una notifica a norma dell'articolo 13,
paragrafo 1, la Commissione mette
immediatamente a disposizione del pubblico
la sintesi di cui all'articolo 13, paragrafo 2,
lettera h). La Commissione mette altresì a
disposizione del pubblico le relazioni di
valutazione nel caso di cui all'articolo 14,
paragrafo 3, lettera a). Il pubblico ha 30 giorni
di tempo per formulare osservazioni alla
Commissione. La Commissione trasmette
senza indugio tali osservazioni alle autorità
competenti.
2. Fatto salvo l'articolo 25, sono a
disposizione del pubblico le relazioni di
valutazione effettuate per tutti gli OGM cui è
stata concessa o negata un'autorizzazione
scritta all'immissione in commercio come tali
o contenuti in prodotti ai sensi della presente
direttiva, nonché i pareri dei comitati
scientifici consultati. Per ciascun prodotto
sono chiaramente specificati il o gli OGM
contenuti e l'uso o gli usi.
Parte D
Disposizioni finali
Articolo 25
Riservatezza.
1. La Commissione e le autorità competenti
non comunicano a terzi le informazioni
riservate notificate o scambiate in base alla
presente direttiva e tutelano la proprietà
intellettuale dei dati ricevuti.
2. Il notificante può indicare quali siano le
informazioni contenute nella notifica
effettuata in base alla presente direttiva la cui
divulgazione potrebbe pregiudicare la sua
posizione concorrenziale e che quindi
26 1. Riferimenti normativi
dovrebbero essere considerate riservate. In tali
casi deve essere fornita una giustificazione
verificabile.
3. L'autorità competente decide, previa
consultazione del notificante, quali
informazioni saranno tenute riservate e ne
informa il notificante.
4. In nessun caso sono considerate riservate le
seguenti informazioni, se presentate a norma
degli articoli 6, 7, 8, 13, 17, 20 o 23.
- descrizione generale del o degli OGM, nome
e indirizzo del notificante, scopo
dell'emissione, sito dell'emissione e usi
previsti,
- metodi e piani di monitoraggio del o degli
OGM e piani per gli interventi di emergenza,
- valutazione del rischio ambientale.
5. Le autorità competenti e la Commissione
sono tenute a rispettare la riservatezza delle
informazioni fornite anche in caso di ritiro
della notifica da parte del notificante per
qualsiasi motivo.
Articolo 26
Etichettatura degli OGM soggetti a deroghe a
norma dell'articolo 2, punto 4, secondo
comma.
1. Gli OGM da utilizzare per le operazioni di
cui all'articolo 2, punto 4, secondo comma,
sono soggetti ad adeguati requisiti in materia
di etichettatura in base ai pertinenti punti
dell'allegato IV al fine di fornire informazioni
chiare, su un'etichetta o in un documento di
accompagnamento, in merito alla presenza di
organismi geneticamente modificati. A tal
fine la dicitura ―Questo prodotto contiene
organismi geneticamente modificati‖ deve
figurare sull'etichetta o in un documento di
accompagnamento.
2. Sono stabilite le condizioni per l‘attuazione
del paragrafo 1, senza creare duplicazioni o
incoerenze con le disposizioni in materia di
etichettatura stabilite nella legislazione
comunitaria in vigore. Tali misure, intese a
modificare elementi non essenziali della
presente direttiva completandola, sono
adottate secondo la procedura di
regolamentazione con controllo di cui
all‘articolo 30, paragrafo 3. Così facendo, si
dovrebbe tenere conto, se del caso, delle
disposizioni in materia di etichettatura
stabilite dagli Stati membri a norma del diritto
comunitario14
.
Articolo 26 bis15
Misure volte ad evitare la presenza
involontaria di OGM.
1. Gli Stati membri possono adottare tutte le
misure opportune per evitare la presenza
involontaria di OGM in altri prodotti.
2. La Commissione raccoglie e coordina le
informazioni basate su studi condotti a livello
14
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva
2008/27/CE. 15
Articolo inserito dall'articolo 43 del regolamento
(CE) n. 1829/2003, con decorrenza indicata nello
stesso articolo.
27 1. Riferimenti normativi
comunitario e nazionale, osserva gli sviluppi
quanto alla coesistenza negli Stati membri e,
sulla base delle informazioni e delle
osservazioni, sviluppa orientamenti sulla
coesistenza di colture geneticamente
modificate, convenzionali e organiche.
Articolo 2716
Adeguamento degli allegati al progresso
tecnico.
Gli adeguamenti al progresso tecnico delle
sezioni C e D dell‘allegato II, degli allegati da
III a VI e della sezione C dell‘allegato VII,
intesi a modificare elementi non essenziali
della presente direttiva, sono adottati secondo
la procedura di regolamentazione con
controllo di cui all‘articolo 30, paragrafo 3.
Articolo 28
Consultazione di comitati scientifici.
1. Qualora a norma dell'articolo 15, paragrafo
1, dell'articolo 17, paragrafo 4, dell'articolo
20, paragrafo 3 o dell'articolo 23, un'autorità
competente o la Commissione sollevino e
mantengano obiezioni sui rischi di OGM per
la salute umana o per l'ambiente, o qualora la
relazione di valutazione di cui all'articolo 14
indichi che l'OGM non deve essere immesso
in commercio, la Commissione, di propria
iniziativa o su richiesta di uno Stato membro,
consulta sulla obiezione i comitati scientifici
competenti.
16
Articolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva
2008/27/CE.
2. La Commissione può altresì consultare, di
propria iniziativa o su richiesta di uno Stato
membro, i competenti comitati scientifici su
qualsiasi materia oggetto della presente
direttiva che possa avere effetti negativi sulla
salute umana o sull'ambiente.
3. Il paragrafo 2 lascia impregiudicate le
procedure amministrative previste nella
presente direttiva.
Articolo 29
Consultazioni di comitati etici.
1. Fatte salve le competenze degli Stati
membri nelle questioni etiche, la
Commissione, di sua iniziativa o su richiesta
del Parlamento europeo o del Consiglio
consulta, su questioni etiche, qualsiasi
comitato da essa costituito allo scopo di
ottenere un parere sulle implicazioni etiche
della biotecnologia, come il Gruppo europeo
per l'etica delle scienze e delle nuove
tecnologie.
Tale consultazione può anche essere effettuata
su richiesta di uno Stato membro.
2. Tale consultazione è condotta secondo
precise regole di apertura, trasparenza ed
accessibilità al pubblico. Il loro risultato è
accessibile al pubblico.
3. Il paragrafo 1 lascia impregiudicate le
procedure amministrative previste nella
presente direttiva.
28 1. Riferimenti normativi
Articolo 30
Procedura di comitato.
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Quando è fatto riferimento al presente
paragrafo si applicano gli articoli da 5 a 7
della decisione 1999/468/CE del Consiglio,
tenuto conto dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6,
della decisione 1999/468/CE è fissato a tre
mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al
presente paragrafo, si applicano l‘articolo 5
bis, paragrafi da 1 a 4, e l‘articolo 7 della
decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle
disposizioni dell‘articolo 8 della stessa17
.
Articolo 31
Scambio di informazioni e relazioni.
1. Gli Stati membri e la Commissione si
riuniscono regolarmente per uno scambio di
informazioni sull'esperienza acquisita nel
settore della prevenzione dei rischi connessi
all'emissione e l'immissione in commercio di
OGM. Detto scambio di informazioni si
estende all'esperienza acquisita nell'attuazione
dell'articolo 2, paragrafo 4, secondo comma,
nella valutazione dei rischi ambientali, nel
monitoraggio e in materia di consultazione e
informazione del pubblico.
Se necessario, il comitato istituito a norma
dell'articolo 30, paragrafo 1, può fornire
orientamenti sull'applicazione dell'articolo 2,
punto 4, secondo comma.
17
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva
2008/27/CE.
2. La Commissione istituisce uno o più
registri delle informazioni sulle modifiche
genetiche degli OGM indicati nell'allegato IV,
punto A.7. Fatto salvo l'articolo 25, il o i
registri hanno una sezione accessibile al
pubblico. Le modalità di tenuta dei registri
sono decise secondo la procedura di cui
all'articolo 30, paragrafo 218
.
3. Senza pregiudizio dell'articolo 2 e del
punto A.7 dell'allegato IV,
a) gli Stati membri stabiliscono registri
pubblici dove è annotata la localizzazione
degli OGM emessi in virtù della parte B della
presente direttiva,
b) gli Stati membri istituiscono altresì dei
registri intesi ad annotare la localizzazione
degli OGM coltivati in virtù della parte C
della direttiva, in particolare per consentire il
monitoraggio degli eventuali effetti di tali
OGM sull'ambiente, ai sensi dell'articolo 19,
paragrafo 3, lettera f), e dell'articolo 20,
paragrafo 1. Senza pregiudizio degli articoli
19 e 20, tali localizzazioni
- sono notificate alle autorità competenti e
- sono rese pubbliche,
nei modi che le autorità competenti ritengono
opportuni e a norma delle disposizioni
nazionali.
4. Ogni tre anni gli Stati membri inviano alla
Commissione una relazione sulle misure
adottate per l'attuazione della presente
direttiva. Tale relazione include una breve
relazione circostanziata sulla esperienza
acquisita in materia di OGM immessi in
commercio come tali o contenuti in prodotti
in base alla presente direttiva.
18
Per le disposizioni dettagliate per il funzionamento
dei registri di cui al presente paragrafo, vedi la
decisione 2004/204/CE.
29 1. Riferimenti normativi
5. Ogni tre anni la Commissione pubblica un
riepilogo delle relazioni di cui al paragrafo 4.
6. La Commissione sottopone al Parlamento
europeo e al Consiglio, nel 2003 e
successivamente ogni tre anni, una relazione
sulle esperienze acquisite dagli Stati membri
nei cui mercati sono stati immessi OGM a
norma della presente direttiva.
7. In occasione della presentazione di tale
relazione nel 2003, la Commissione presenta
contemporaneamente una relazione specifica
sul funzionamento delle parti B e C, corredata
di una valutazione:
a) di tutte le sue implicazioni, soprattutto per
tener conto delle diversità degli ecosistemi
europei, e della necessità di integrare il
quadro normativo in questo settore;
b) della fattibilità delle varie opzioni relative
al miglioramento della coerenza e
dell'efficacia di tale quadro, incluse una
procedura di autorizzazione centralizzata a
livello comunitario e le modalità per
l'adozione della decisione finale da parte della
Commissione;
c) se l'esperienza accumulata nell'applicazione
delle procedure differenziate di cui alla parte
B, sia sufficiente a giustificare nell'ambito di
tali procedure la previsione di
un'autorizzazione tacita, e se quella
accumulata per la parte C sia sufficiente a
giustificare l'applicazione di procedure
differenziate e
d) le implicazioni socioeconomiche
dell'emissione deliberata e dell'immissione in
commercio di OGM.
8. La Commissione trasmette ogni anno al
Parlamento europeo e al Consiglio una
relazione sugli aspetti etici di cui all'articolo
29, paragrafo 1; tale relazione può essere
corredata, se del caso, di una proposta di
modifica della presente direttiva.
Articolo 32
Attuazione del Protocollo di Cartagena sulla
biosicurezza.
1. La Commissione è invitata a presentare
appena possibile e comunque entro luglio del
2001 una proposta legislativa volta ad attuare
in dettaglio il Protocollo di Cartagena sulla
biosicurezza. La proposta integra e, se
necessario, modifica le disposizioni della
presente direttiva.
2. Questa proposta dovrebbe includere in
particolare opportune misure per attuare la
procedura stabilite dal Protocollo di
Cartagena e, come previsto dallo stesso,
imporre agli esportatori comunitari di
assicurare il pieno rispetto della procedura
dell'accordo informato anticipato (Advance
Informed Agreement Procedure) di cui agli
articoli 7, 8, 9, 10, 12 e 14 del Protocollo.
Articolo 33
Sanzioni.
Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni
applicabili alle violazioni delle disposizioni
nazionali adottate a norma della presente
direttiva. Le sanzioni devono essere efficaci,
proporzionali e dissuasive.
30 1. Riferimenti normativi
Articolo 34
Transposizione.
1. Gli Stati membri mettono in vigore le
disposizioni legislative regolamentari ed
amministrative necessarie per conformarsi
alla presente direttiva entro il 17 ottobre 2002.
Essi ne informano immediatamente la
Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali
disposizioni, queste contengono un
riferimento alla presente direttiva o sono
corredate da un siffatto riferimento all'atto
della pubblicazione ufficiale. Le modalità di
tale riferimento sono decise dagli Stati
membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla
Commissione il testo delle disposizioni
essenziali di diritto interno che essi adottano
nel settore disciplinato dalla presente
direttiva.
Articolo 35
Notifiche pendenti.
1. Le notifiche riguardanti l'immissione in
commercio di organismi geneticamente
modificati come tali o contenuti in prodotti
ricevute ai sensi della direttiva 90/220/CEE
per le quali entro il 17 ottobre 2002 non sono
state completate le procedure previste da tale
direttiva sono disciplinate dalla presente
direttiva.
2. Entro il 17 gennaio 2003 i notificanti
completano la notifica ai sensi della presente
direttiva.
Articolo 36
Abrogazione.
1. La direttiva 90/220/CEE è abrogata il 17
ottobre 2002.
2. I riferimenti fatti alla direttiva abrogata si
intendono fatti alla presente direttiva e vanno
letti seconda la tabella di correlazione
contenuta nell'allegato VIII.
Articolo 37
La presente direttiva entra in vigore il giorno
della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale
delle Comunità europee.
Articolo 38
Gli Stati membri sono destinatari della
presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 12 marzo 2001.
Per il Parlamento europeo
La Presidente
N. Fontaine
Per il Consiglio
Il Presidente
L. Pagrotsky
31 1. Riferimenti normativi
Allegato I A
Tecniche di cui all'articolo 2, paragrafo 2
PARTE 1
Le tecniche di modificazione genetica di cui
all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a),
comprendono tra l'altro:
1) tecniche di ricombinazione dell'acido
nucleico che comportano la formazione di
nuove combinazioni di materiale genetico
mediante inserimento in un virus, un plasmide
batterico o qualsiasi altro vettore, di molecole
di acido nucleico prodotte con qualsiasi
mezzo all'esterno di un organismo, nonché la
loro incorporazione in un organismo ospite
nel quale non compaiono per natura, ma nel
quale possono replicarsi in maniera continua;
2) tecniche che comportano l'introduzione
diretta in un organismo di materiale
ereditabile preparato al suo esterno, tra cui la
microiniezione, la macroiniezione e il
microincapsulamento;
3) fusione cellulare (inclusa la fusione di
protoplasti) o tecniche di ibridazione per la
costruzione di cellule vive, che presentano
nuove combinazioni di materiale genetico
ereditabile, mediante la fusione di due o più
cellule, utilizzando metodi non naturali.
PARTE 2
Tecniche di cui all'articolo 2, paragrafo 2,
lettera b), che non si ritiene producano
modificazioni genetiche, a condizione che non
comportino l'impiego di molecole di acido
nucleico ricombinante o di organismi
geneticamente modificati prodotti con
tecniche o metodi diversi da quelli esclusi
dall'allegato I B:
1) fecondazione in vitro;
2) processi naturali, quali la coniugazione, la
trasduzione e la trasformazione;
3) induzione della poliploidia.
Allegato I B
Tecniche di cui all'articolo 3
Le tecniche o i metodi di modificazione
genetica che implicano l'esclusione degli
organismi dal campo di applicazione della
presente direttiva, a condizione che non
comportino l'impiego di molecole di acido
nucleico ricombinante o di organismi
geneticamente modificati diversi da quelli
prodotti mediante una o più tecniche oppure
uno o più metodi elencati qui di seguito sono:
1. la mutagenesi;
2. la fusione cellulare (inclusa la fusione di
protoplasti) di cellule vegetali di organismi
che possono scambiare materiale genetico
anche con metodi di riproduzione tradizionali.
32 1. Riferimenti normativi
Allegato II19
Principi per la valutazione del rischio
ambientale
Nel presente allegato sono illustrati in termini
generali l‘obiettivo da raggiungere, gli
elementi da considerare e i principi generali e
la metodologia da adottare per eseguire la
valutazione di rischio ambientale (v.r.a.) di
cui agli articoli 4 e 13. Possono essere
elaborate note tecniche orientative secondo la
procedura di regolamentazione di cui
all‘articolo 30, paragrafo 2, al fine di facilitare
l‘attuazione e la spiegazione del presente
allegato20
.
Al fine di contribuire ad un'interpretazione
comune dei termini ―diretti, indiretti,
immediati e differiti‖ al momento
dell'attuazione del presente allegato, fatti salvi
ulteriori orientamenti in proposito, in
particolare per quanto riguarda la misura in
cui si deve o può tener conto degli effetti
indiretti, tali termini sono descritti come
segue:
- ―effetti diretti‖: effetti primari sulla salute
umana o sull'ambiente risultanti dall'OGM
stesso e non dovuti ad una serie causale di
eventi,
- ―effetti indiretti‖: effetti sulla salute umana o
sull'ambiente dovuti ad una serie causale di
eventi mediante meccanismi quali le
interazioni con altri organismi, il
trasferimento di materiale genetico o
variazioni nell'uso e nella gestione.
Le osservazioni degli effetti indiretti possono
essere dilazionate nel tempo,
- ―effetti immediati‖: effetti sulla salute
umana o sull'ambiente osservati durante il
19
Ad integrazione del presente allegato, vedi le note
orientative di cui all'allegato della decisione
2002/623/CE. 20
Capoverso così sostituito dall'articolo 1 della
direttiva 2008/27/CE.
periodo di emissione dell'OGM. Gli effetti
immediati possono essere diretti o indiretti,
- ―effetti differiti‖: effetti sulla salute umana o
sull'ambiente che non possono essere
osservati durante il periodo di emissione
dell'OGM, ma che emergono come effetti
diretti o indiretti in una fase successiva o al
termine dell'emissione.
La valutazione del rischio ambientale deve
altresì includere per principio generale
un'analisi degli ―effetti cumulativi a lungo
termine‖ pertinenti per l'emissione e
l'immissione in commercio. Per ―effetti
cumulativi a lungo termine‖ si intendono tutti
gli effetti che le autorizzazioni hanno,
cumulativamente, sulla salute umana e
sull'ambiente, fra l'altro sulla flora e sulla
fauna, sulla fertilità del suolo, sulla capacità
del suolo di degradare materiale organico,
sulla catena alimentare, animale o umana,
sulla diversità biologica, sulla salute animale
e sui problemi relativi alla resistenza agli
antibiotici.
A. Obiettivo
L'obiettivo di una valutazione del rischio
ambientale è, caso per caso, quello di
individuare e valutare gli effetti
potenzialmente negativi dell'OMG, sia diretti
sia indiretti, immediati o differiti, sulla salute
umana e sull'ambiente, provocati
dall'emissione deliberata o dall'immissione sul
mercato di OGM. La valutazione del rischio
ambientale deve essere effettuata al fine di
determinare se è necessario procedere ad una
gestione del rischio e, in caso affermativo,
reperire i metodi più appropriati da impiegare.
33 1. Riferimenti normativi
B. Principi generali
In base al principio precauzionale, all'atto
della valutazione del rischio ambientale
occorre conformarsi ai seguenti principi
generali:
- le caratteristiche accertate dell'OGM ed il
suo uso, che potenzialmente possono causare
effetti negativi devono essere confrontati con
quelli propri dell'organismo non modificato
da cui l'OGM è stato ricavato e col suo uso in
situazioni corrispondenti,
- la valutazione del rischio ambientale deve
essere effettuata in maniera scientificamente
valida e trasparente, sulla base dei dati
scientifici e tecnici disponibili,
- la valutazione del rischio ambientale deve
essere effettuata caso per caso, nel senso che
le informazioni richieste possono variare a
seconda del tipo di OGM considerato, dell'uso
previsto e dell'ambiente che ne è il potenziale
destinatario, tenendo conto, tra l'altro, degli
OGM già presenti nell'ambiente,
- se diventano disponibili nuove informazioni
sull'OGM e sui suoi effetti sulla salute umana
o sull'ambiente, può essere necessario
riconsiderare la valutazione del rischio
ambientale al fine di:
- determinare se il rischio è cambiato,
- determinare se è necessario modificare di
conseguenza la gestione del rischio.
C. Metodologia
C.1. Caratteristiche degli OGM e delle
emissioni
A seconda dei casi, la valutazione del rischio
ambientale deve tener conto dei dettagli
tecnici e scientifici pertinenti relativi alle
caratteristiche dei seguenti elementi:
- l'organismo o gli organismi
riceventi/parentali,
- le modificazioni genetiche, nel senso di
un'inclusione o di una soppressione di
materiale genetico, e le informazioni
pertinenti sul vettore e sul donatore,
- l'OGM,
- l'emissione o l'uso previsti, inclusa la loro
portata,
- l'ambiente che ne è il potenziale destinatario,
e
- l'interazione tra di essi.
Ai fini della valutazione del rischio possono
risultare utili anche informazioni tratte da
emissioni di organismi analoghi e organismi
con tratti analoghi, nonché alle loro
interazioni con ambienti analoghi.
C.2. Fasi della valutazione del rischio
ambientale
Nell'elaborare le conclusioni relative alla
valutazione del rischio di cui agli articoli 4, 6,
7 e 13 si considerano i seguenti aspetti.
1. Identificazione delle caratteristiche che
possono causare effetti negativi
Sono identificate tutte le caratteristiche degli
OGM connesse alla modificazione genetica
che possono provocare effetti negativi sulla
salute umana o sull'ambiente. Il confronto
delle caratteristiche di uno o più OGM con
quelle dell'organismo non modificato, in
condizioni comparabili di emissioni o uso,
aiuterà ad identificare i potenziali effetti
negativi particolari prodotti dalla
modificazione genetica. Non bisogna
minimizzare un potenziale effetto negativo
perché ritenuto improbabile il suo verificarsi.
I potenziali effetti negativi degli OGM
variano caso per caso e possono comprendere:
34 1. Riferimenti normativi
- affezioni per gli esseri umani, inclusi gli
effetti tossici o allergenici [cfr. ad esempio
punti II.A.11 e II.C.2.i) all'allegato III A e
punto B.7 all'allegato III B],
- malattie per animali o piante, inclusi gli
effetti tossici e, se del caso, gli effetti
allergenici [cfr. ad esempio punti II.A.11 e
II.C.2.i) all'allegato III A e punti B.7 e D.8
all'allegato III B],
- effetti, per le specie, sulla dinamica delle
popolazioni all'interno dell'ambiente ospite e
sulla diversità genetica di ciascuna di tali
popolazioni (cfr. ad esempio punti IV.B.8, 9 e
12 all'allegato III A),
- suscettibilità alterata agli agenti patogeni
tale da facilitare la diffusione di malattie
infettive e/o creare nuovi organismi di riserva
o vettori,
- ripercussioni negative sui trattamenti
profilattici o terapeutici, medici, veterinari o
fitosanitari, per esempio a causa del
trasferimento di geni che conferiscono
resistenza agli antibiotici utilizzati in
medicina e veterinaria [cfr. ad esempio punti
II.A.11.e) e II.C.2.i).iv) all'allegato III A],
- effetti a livello biogeochimico (cicli
biogeochimici), in particolare riciclaggio del
carbonio e dell'azoto mediante cambiamenti
nella decomposizione nel suolo di materia
organico [cfr. ad esempio punti II.A.11.f) e
IV.B.15 all'allegato III A e punto D.11
all'allegato III B].
Effetti negativi possono essere provocati,
direttamente o indirettamente, da meccanismi
quali:
- la diffusione di OGM nell'ambiente,
- il trasferimento del materiale genetico
introdotto ad altri organismi o allo stesso
organismo, geneticamente modificato o meno,
- instabilità fenotipica e genetica,
- interazioni con altri organismi,
- modificazioni nella gestione, fra l'altro, ove
possibile, nelle pratiche agricole.
2. Valutazione delle potenziali conseguenze di
ogni eventuale effetto negativo
Occorre valutare l'entità delle conseguenze di
ogni potenziale effetto negativo. Tale
valutazione dovrebbe presupporre il
verificarsi di un effetto negativo. L'entità delle
conseguenze potrebbe essere influenzata
dall'ambiente in cui si intende emettere
l'OGM o gli OGM e dalle modalità di
emissione.
3. Valutazione della possibilità del verificarsi
di ogni potenziale effetto negativo identificato
Un importante fattore per valutare la
possibilità o la probabilità che si verifichi un
effetto negativo è rappresentato dalle
caratteristiche dell'ambiente in cui si intende
emettere l'OGM o gli OGM e dalle modalità
dell'emissione.
4. Stima del rischio collegato a ciascuna
caratteristica identificata dell'OGM o degli
OGM
Nella misura del possibile, compatibilmente
con le conoscenze scientifiche, occorre
procedere ad una stima del rischio per la
salute umana o per l'ambiente rappresentato
da ogni caratteristica individuata dell'OGM
avente il potenziale di provocare effetti
negativi, combinando la probabilità che esso
si verifichi e l'entità delle eventuali
conseguenze.
5. Applicazione di strategie di gestione dei
rischi derivanti dall'emissione deliberata
nell'ambiente o dalla immissione in
commercio di OGM
La valutazione del rischio può identificare
rischi che necessitano di essere gestiti nonché
la modalità per gestirli nel modo migliore;
35 1. Riferimenti normativi
deve inoltre essere definita una strategia di
gestione del rischio.
6. Determinazione del rischio generale
dell'OGM o degli OGM
Occorre procedere alla valutazione del rischio
generale dell'OGM o degli OGM tenendo
conto delle strategie di gestione del rischio
proposte.
D. Conclusioni sul potenziale impatto
ambientale dell'emissione o dell'immissione
in commercio di OGM
In base ad una valutazione del rischio
ambientale effettuata tenendo conto dei
principi e della metodologia di cui alle parti B
e C dovrebbero essere inserite nelle notifiche,
se del caso, le informazioni previste nei punti
D1 o D2 seguenti allo scopo di contribuire
all'elaborazione di conclusioni sul potenziale
impatto ambientale dell'emissione o
dell'immissione in commercio di OGM:
D.1. In caso di OGM diversi dalle piante
superiori:
1. Probabilità che l'OGM divenga persistente
e invasivo in habitat naturali alle condizioni
dell'emissione proposta/delle emissioni
proposte.
2. Ogni vantaggio o svantaggio selettivo
conferito all'OGM e probabilità che
quest'ultimo venga realizzato alle condizioni
dell'emissione proposta/delle emissioni
proposte.
3. Potenziale di trasferimento del gene ad altre
specie alle condizioni dell'emissione proposta
dell'OGM e ogni vantaggio o svantaggio
selettivo conferito a tali specie.
4. Impatto ambientale immediato e/o differito
delle interazioni dirette e indirette tra OGM e
organismi bersaglio (se del caso).
5. Impatto ambientale immediato e/o differito
delle interazioni dirette e indirette tra OGM e
organismi non bersaglio, compreso l'impatto
sui livelli di popolazione di competitori,
prede, ospiti, simbiotici, predatori, parassiti e
patogeni.
6. Eventuali effetti immediati e/o differiti
sulla salute degli esseri umani risultanti da
potenziali interazioni dirette e indirette fra
OGM e persone che lavorano con
l'emissione/le emissioni di OGM, che
vengono a contatto con tale emissione/tali
emissioni o che si trovano nelle vicinanze di
tale emissione/tali emissioni.
7. Eventuali effetti immediati e/o differiti
sulla salute degli animali e conseguenze per la
catena alimentare risultante dal consumo
dell'OGM e di ogni prodotto da esso derivato
se destinato ad essere impiegato come
alimento per animali.
8. Eventuali effetti immediati e/o differiti su
processi biogeochimici risultanti da potenziali
interazioni dirette e indirette fra l'OGM e
organismi bersaglio e non bersaglio nelle
vicinanze dell'emissione/delle emissioni di
OGM.
9. Eventuali impatti ambientali immediati e/o
differiti, diretti e indiretti delle tecniche
specifiche impiegate per la gestione dell'OGM
se diverse da quelle impiegate per non OGM.
D.2. In caso di piante superiori geneticamente
modificate (PSGM)
1. Probabilità che la PSGM diventi più
persistente delle piante ospiti o progenitrici in
habitat agricoli oppure più invasiva in habitat
naturali.
2. Ogni vantaggio o svantaggio selettivo
conferito alla PSGM.
3. Potenziale del trasferimento del gene ad
altre specie vegetali identiche o sessualmente
compatibili alle condizioni d'impianto della
36 1. Riferimenti normativi
PSGM e ogni vantaggio o svantaggio
selettivo conferito a tali specie vegetali.
4. Potenziale impatto ambientale immediato
e/o differito risultante da interazioni dirette e
indirette fra la PSGM e organismi bersaglio,
quali predatori, parassitoidi e patogeni (se del
caso).
5. Eventuale impatto ambientale immediato
e/o differito risultante da interazioni dirette e
indirette della PSGM con organismi non
bersaglio (anche tenendo conto di organismi
che interagiscono con organismi bersaglio),
compreso l'impatto su livelli di popolazione di
competitori, erbivori, simbiotici (se del caso),
parassiti e patogeni.
6. Eventuali effetti immediati e/o differiti
sulla salute degli esseri umani risultanti da
potenziali interazioni dirette e indirette della
PSGM con persone che lavorano con
l'emissione/le emissioni di PSGM, che
vengono a contatto con tale emissione/tali
emissioni o che si trovano nelle vicinanze di
tale emissione/tali emissioni.
7. Eventuali effetti immediati e/o differiti
sulla salute degli animali e conseguenze per la
catena alimentare risultante dal consumo di
OGM e di ogni prodotto da esse derivato se
destinato ad essere impiegato come alimento
per animali.
8. Eventuali effetti immediati e/o differiti sui
processi biogeochimici risultanti da potenziali
interazioni dirette e indirette dell'OGM con
organismi bersaglio e non bersaglio in
prossimità della o delle emissioni dell'OGM.
9. Eventuali impatti ambientali immediati e/o
differiti, diretti e indiretti delle tecniche
specifiche di coltivazione, gestione e mietitura
impiegate per le PSGM se diverse da quelle
impiegate per non PSGM.
Allegato III
Informazioni obbligatorie per la notifica
La notifica di cui alla parte B o C della
direttiva deve contenere, secondo i casi, le
informazioni specificate nelle sezioni
successive del presente allegato.
Non tutte le informazioni indicate sono
necessariamente richieste per ogni caso. È
possibile che le singole notifiche contengano
soltanto le informazioni relative ad aspetti
specifici in funzione delle singole situazioni.
Le risposte a ciascun gruppo di informazioni
richieste devono essere sufficientemente
particolareggiate in rapporto alla natura e alla
portata dell'emissione proposta.
Ulteriori sviluppi nella modificazione
genetica potrebbero rendere necessario un
adeguamento del presente allegato al
progresso tecnico o l'elaborazione di note
orientative sul presente allegato. Una
differenziazione successiva dei requisiti di
informazione per i vari tipi di OGM, per
esempio organismi monocellulari, pesci o
insetti, o per un uso particolare degli OGM,
come lo sviluppo di vaccini, potrebbe essere
possibile non appena verrà acquisita nella
Comunità sufficiente esperienza con le
notifiche per l'emissione di OGM particolari.
La descrizione dei metodi utilizzati o il
riferimento a metodi normalizzati o
internazionalmente riconosciuti deve
parimenti essere menzionata nel fascicolo,
unitamente al nome dell'organismo o degli
organismi responsabili dell'esecuzione degli
studi.
L'allegato III A si riferisce all'emissione di
tutti i tipi di organismi geneticamente
modificati che non siano piante superiori.
L'allegato III B si riferisce all'emissione di
piante superiori geneticamente modificate.
37 1. Riferimenti normativi
Il termine ―piante superiori‖ indica le piante
appartenenti ai gruppi tassonomici delle
Spermatofite (Gimnosperme e Angiosperme).
Allegato III A
Informazioni obbligatorie per le notifiche
relative all'emissione di organismi
geneticamente modificati che non siano
piante superiori
I. INFORMAZIONI GENERALI
A. Nome e indirizzo del notificante (società o
istituto)
B. Nome, qualifica ed esperienza
professionale del/i ricercatore/i responsabile/i
C. Titolo del progetto
II. INFORMAZIONI SULL'OGM
A. Caratteristiche a) dell'organismo o degli
organismi donatori; b) dell'organismo o
degli organismi ospiti; c) (se del caso)
dell'organismo o degli organismi
progenitori
1. Nome scientifico.
2. Tassonomia.
3. Altri nomi (nome comune, nome del ceppo,
ecc.).
4. Marcatori fenotipici e genetici.
5. Grado di parentela tra donatore e ospite o
tra organismi progenitori.
6. Descrizione delle tecniche di
individuazione e rilevazione.
7. Sensibilità, attendibilità (in termini
quantitativi) e specificità delle tecniche di
rilevazione e individuazione.
8. Descrizione della distribuzione geografica e
dell'habitat naturale dell'organismo, ivi
comprese informazioni sui predatori naturali,
le prede, i parassiti, competitori, simbiotici e
ospiti.
9. Organismi per i quali è noto che il
trasferimento di materiale genetico avviene in
condizioni naturali.
10. Verifica della stabilità genetica degli
organismi e fattori che la influenzano.
11. Caratteristiche patologiche, ecologiche e
fisiologiche:
a) classificazione del rischio secondo le
vigenti norme comunitarie per la tutela della
salute umana e/o dell'ambiente;
b) tempo di generazione negli ecosistemi
naturali, ciclo riproduttivo sessuale e
asessuale;
c) informazioni sulla sopravvivenza,
comprese la stagionalità e la capacità di
formare strutture di sopravvivenza;
d) patogenicità: infettività, tossicità,
virulenza, allergenicità, vettore di agenti
patogeni, vettori e ospiti possibili, ivi
compresi gli organismi non bersaglio;
eventuale attivazione di virus latenti
(provirus); capacità di colonizzare altri
organismi;
e) resistenza agli antibiotici e potenziale uso
di questi antibiotici nell'uomo e negli animali
domestici e allevati a scopi profilattici e
terapeutici;
f) partecipazione a processi ambientali:
produzione primaria, ricambio nutritivo,
decomposizione della materia organica,
respirazione, ecc.
38 1. Riferimenti normativi
12. Natura dei vettori indigeni
a) sequenza;
b) frequenza di mobilizzazione;
c) specificità;
d) presenza di geni conferenti resistenza.
13. Precedenti modificazioni genetiche.
B. Caratteristiche del vettore:
1. Natura e fonte del vettore.
2. Sequenza dei trasposoni, vettori e altri
segmenti di geni non codificanti usati per
costruire l'OGM, formare il vettore introdotto
e inserire funzioni nell'OGM.
3. Frequenza di mobilizzazione del vettore
inserito e/o capacità di trasferimento genetico
e metodi di determinazione.
4. Informazioni circa la misura in cui il
vettore si limita al DNA necessario per
ottenere la funzione desiderata.
C. Caratteristiche dell'organismo
modificato
1. Informazioni relative alla modificazione
genetica:
a) Metodi utilizzati per effettuare la
modificazione.
b) Metodi utilizzati per la costruzione e
introduzione dell'inserto o degli inserti
nell'ospite o per una delezione di sequenza.
c) Descrizione dell'inserto e/o della
costruzione del vettore.
d) Purezza dell'inserto da ogni sequenza
ignota e informazioni sulla misura in cui la
sequenza inserita si limita al DNA necessario
per ottenere la funzione desiderata.
e) Metodi e criteri di selezione utilizzati.
f) Sequenza, identità funzionale e
localizzazione del o dei segmenti di acido
nucleico modificati, inseriti o eliminati, con
particolare riferimento ad eventuali sequenze
notoriamente dannose.
2. Informazioni sull'OGM definitivo:
a) Descrizione dei caratteri genetici o delle
caratteristiche fenotipiche e, in particolare, di
ogni nuovo carattere e caratteristica che può o
non può più esprimersi.
b) Struttura e quantità di ciascun vettore e/o
acido nucleico del donatore che resta nel
costrutto finale dell'organismo modificato.
c) Stabilità dell'organismo in termini di
caratteri genetici.
d) Velocità e grado di espressione del nuovo
materiale genetico. Metodo e sensibilità della
misurazione.
e) Attività della/e proteina/e espressa/e.
f) Descrizione delle tecniche di
identificazione e rilevazione, comprese quelle
per identificare e rivelare le sequenze e i
vettori inseriti.
g) Sensibilità, attendibilità (in termini
quantitativi) e specificità delle tecniche di
rilevazione e identificazione.
h) Precedenti emissioni o utilizzazioni
dell'OGM.
i) Considerazioni per la salute umana e
animale, nonché in materia fitosanitaria:
i) effetti tossici o allergenici di OGM e/o dei
loro prodotti metabolici;
ii) confronto dell'organismo modificato con
l'organismo donatore, ospite o (se del caso)
progenitore, sotto l'aspetto patogeno;
39 1. Riferimenti normativi
iii) capacità di colonizzazione;
iv) se l'organismo è patogeno per esseri umani
immunocompetenti:
- disturbi causati e meccanismo patogeno,
comprese invasività e virulenza,
- trasmissibilità,
- dose infettiva,
- gamma di possibili ospiti, possibilità di
alterazione,
- possibilità di sopravvivenza al di fuori
dell'ospite umano,
- presenza di vettori o mezzi di diffusione,
- stabilità biologica,
- morfologia della resistenza agli antibiotici,
- allergenicità,
- disponibilità di terapie appropriate,
v) altri rischi insiti nel prodotto.
III. INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI
IN CUI AVVIENE L'EMISSIONE
DELIBERATA E SULL'AMBIENTE
OSPITE
A. Informazioni sull'emissione:
1. Descrizione dell'emissione deliberata
proposta, inclusi gli scopi e i prodotti previsti.
2. Date previste per l'emissione e calendario
dell'esperimento, comprese la frequenza e la
durata delle emissioni.
3. Preparazione del sito prima dell'emissione.
4. Dimensione del sito.
5. Metodo o metodi utilizzati per l'emissione.
6. Quantità di OGM da emettere.
7. Elementi di perturbazione del sito (tipo e
metodo di coltivazione, attività minerarie,
irrigazione, altre attività).
8. Misure di protezione degli operatori
durante l'emissione.
9. Trattamento del sito dopo l'emissione.
10. Tecniche previste per eliminare o rendere
inattivi gli OGM a conclusione
dell'esperimento.
11. Informazioni su precedenti emissioni
degli OGM e relativi risultati, specialmente se
effettuate su scale e in ecosistemi differenti.
B. Informazioni sull'ambiente (sito di
emissione e ambiente più vasto):
1. Ubicazione geografica e coordinate del sito
o dei siti (in caso di notifica ai sensi della
parte C, per sito di emissione si intendono le
località previste per l'uso del prodotto).
2. Prossimità fisica o biologica con persone e
altri importanti bioti.
3. Prossimità con biotopi significativi o aree
protette o forniture di acqua potabile.
4. Caratteristiche climatiche della/e regione/i
che potrebbe(ro) essere colpita/e.
5. Caratteristiche geografiche, geologiche e
pedologiche.
6. Flora e fauna, ivi comprese colture,
bestiame d'allevamento e specie migratorie.
7. Descrizione degli ecosistemi bersaglio o
non bersaglio che possono essere colpiti.
8. Confronto dell'habitat naturale
dell'organismo ospite con il/i sito/i proposto/i
per l'emissione.
40 1. Riferimenti normativi
9. Qualsiasi evoluzione o modifica prevista
della destinazione del terreno nella regione
che potrebbero incidere sull'impatto
ambientale dell'emissione.
IV. INFORMAZIONI SULLE
INTERAZIONI TRA GLI OGM E
L'AMBIENTE
A. Caratteristiche che incidono su
sopravvivenza, moltiplicazione e diffusione
1. Peculiarità biologiche che incidono su
sopravvivenza, moltiplicazione e diffusione.
2. Condizioni ambientali note o previste che
possono incidere su sopravvivenza,
moltiplicazione e diffusione (vento, acqua,
suolo, temperatura, pH, ecc.).
3. Sensibilità ad agenti specifici.
B. Interazioni con l'ambiente
1. Prevedibile habitat degli OGM.
2. Studi del comportamento, delle
caratteristiche e dell'impatto ecologico degli
OGM in ambienti naturali simulati, come
microcosmi, laboratori di coltivazione, serre.
3. Capacità di trasferimento genetico:
a) trasferimento, dopo l'emissione, di
materiale genetico dagli OGM ad organismi
negli ecosistemi interessati dall'emissione;
b) trasferimento, dopo l'emissione, di
materiale genetico da organismi indigeni agli
OGM.
4. Probabilità di selezione dopo l'emissione,
con conseguente espressione di caratteri
imprevisti e/o indesiderabili nell'organismo
modificato.
5. Misurazioni applicate per garantire e
verificare la stabilità genetica. Descrizione dei
caratteri genetici che possono prevenire o
ridurre al minimo la diffusione di materiale
genetico. Metodi di verifica della stabilità
genetica.
6. Vie di diffusione biologica, interazioni note
o potenziali con l'agente di diffusione, incluse
inalazione, ingestione, contatto superficiale,
penetrazione, ecc.
7. Descrizione degli ecosistemi in cui gli
OGM potrebbero essere diffusi.
8. Possibilità di incremento eccessivo delle
popolazioni nell'ambiente.
9. Vantaggio competitivo degli OGM rispetto
all'organismo o agli organismi ospiti o
progenitori non modificati.
10. Identificazione e descrizione degli
organismi bersaglio, se del caso.
11. Meccanismo previsto ed effettivamente
osservato di interazione tra gli OGM emessi e
l'organismo o gli organismi bersaglio, se del
caso.
12. Identificazione e descrizione degli
organismi non bersaglio che possono essere
negativamente colpiti dall'emissione
dell'OGM e dei meccanismi previsti di ogni
interazione negativa identificata.
13. Probabilità di variazioni, dopo
l'emissione, delle interazioni biologiche o
della gamma di possibili ospiti.
14. Interazioni note o previste sugli organismi
non bersaglio nell'ambiente, compresi
competitori, prede, ospiti, simbiotici,
predatori, parassiti e patogeni.
15. Coinvolgimento noto o previsto in
processi biogeochimici.
16. Altre potenziali interazioni con l'ambiente.
V. INFORMAZIONI SUI PIANI DI
MONITORAGGIO, DI CONTROLLO E DI
41 1. Riferimenti normativi
TRATTAMENTO DEI RIFIUTI E SUI
PIANI DI INTERVENTO IN CASO DI
EMERGENZA
A. Tecniche di monitoraggio
1. Metodi per rintracciare gli OGM e per
monitorarne gli effetti.
2. Specificità (per individuare gli OGM e
distinguerli dagli organismi donatori, ospiti o,
se del caso, progenitori), sensibilità e
attendibilità delle tecniche di monitoraggio.
3. Tecniche per rilevare il trasferimento del
materiale genetico donato in altri organismi.
4. Durata e frequenza del monitoraggio.
B. Controllo dell'emissione
1. Metodi e procedure per evitare e/o ridurre
al minimo la diffusione degli OGM oltre il
sito d'emissione o dell'area destinata
all'impiego.
2. Metodi e procedure per proteggere il sito
dall'intrusione di soggetti non autorizzati.
3. Metodi e procedure per impedire che altri
organismi penetrino nel sito.
C. Trattamento dei rifiuti
1. Tipo di rifiuti prodotti.
2. Volume di rifiuti previsto.
3. Descrizione del trattamento previsto.
D. Piani di intervento in caso di emergenza
1. Metodi e procedure di controllo degli OGM
in caso di dispersione imprevista.
2. Metodi di decontaminazione delle aree
colpite, per esempio eradicazione degli OGM.
3. Metodi di eliminazione o disinfezione per
piante, animali, suoli, ecc., esposti durante o
dopo la diffusione.
4. Metodi di isolamento della zona interessata
dalla dispersione.
5. Piani per la protezione della salute umana e
dell'ambiente in caso di manifestazione di
effetti non desiderati.
Allegato III B
Informazioni obbligatorie per le notifiche
relative all'emissione di piante superiori
geneticamente modificate (PGM)
(gimnosperme ed angiosperme)
A. INFORMAZIONI GENERALI
1. Nome e indirizzo del notificante (società o
istituto)
2. Nome, qualifica ed esperienza
professionale del/i ricercatore/i responsabile/i
3. Titolo del progetto
B. INFORMAZIONI SULL'ORGANISMO
OSPITE O, SE DEL CASO, SUI
PROGENITORI
1. Nome completo:
a) nome di famiglia,
b) genere,
c) specie,
d) sottospecie,
e) cultivar/linea di riproduzione,
42 1. Riferimenti normativi
f) nome comune.
2. a) Informazioni sulla riproduzione:
i) modalità di riproduzione,
ii) eventuali fattori specifici che influiscono
sulla riproduzione,
iii) tempi generazionali.
b) Compatibilità sessuale con altre specie
vegetali coltivate o selvatiche, compresa la
distribuzione in Europa delle specie
compatibili.
3. Capacità di sopravvivenza:
a) capacità di sviluppare strutture di
sopravvivenza o latenza,
b) eventuali fattori specifici che influiscono
sulla capacità di sopravvivenza.
4. Diffusione:
a) modalità e portata (per esempio stima di
come si riducono con la distanza e polline e/o
i semi vitali) della diffusione;
b) eventuali fattori specifici che influiscono
sulla diffusione.
5. Distribuzione geografica della pianta.
6. In caso di specie vegetali normalmente non
presenti negli Stati membri, descrizione
dell'habitat naturale della pianta, incluse
informazioni su predatori naturali, parassiti,
organismi in competizione e simbiotici.
7. Altre potenziali interazioni, attinenti
all'OGM, della pianta con organismi negli
ecosistemi dove essa cresce normalmente, o
altrove, incluse informazioni sugli effetti
tossici per gli esseri umani, gli animali e altri
organismi.
C. INFORMAZIONI SULLA
MODIFICAZIONE GENETICA
1. Descrizione dei metodi utilizzati per
effettuare la modificazione genetica.
2. Natura e origine del vettore utilizzato.
3. Dimensioni, origine (nome) dell'organismo
o degli organismi donatori e funzioni
desiderate di ciascun frammento della regione
di inserimento prevista.
D. INFORMAZIONI RELATIVE ALLA
PIANTA GENETICAMENTE
MODIFICATA
1. Descrizione del/i tratto/i e delle
caratteristiche introdotte o modificate.
2. Informazioni sulle sequenze effettivamente
inserite o eliminate:
a) dimensioni e struttura dell'inserto e metodi
utilizzati per caratterizzarlo, incluse
informazioni su eventuali parti del vettore
introdotte nella PSGM o qualsiasi altra
sequenza di DNA esogeno che rimane nella
PSGM,
b) in caso di soppressione, dimensioni e
funzioni della/e regione/i eliminata/e,
c) numero di copie dell'inserto,
d) posizione degli inserti nelle cellule della
pianta (integrati nei cromosomi, cloroplasti o
mitocondri, oppure ritenuti in maniera non
integrata) e metodi di determinazione.
3. Informazioni sull'espressione dell'inserto:
a) informazioni sull'espressione evolutiva
dell'inserto durante il ciclo vitale della pianta
e sui metodi utilizzati per la caratterizzazione,
b) parti della pianta nelle quali l'inserto è
espresso (ad esempio radici, fusto, polline,
ecc.).
43 1. Riferimenti normativi
4. Informazioni sulle differenze tra la PSGM
e la pianta ospite, in termini di:
a) modalità e velocità di riproduzione,
b) diffusione,
c) capacità di sopravvivenza.
5. Stabilità genetica dell'inserto e stabilità
fenotipica della PSGM.
6. Eventuali modifiche della capacità della
PSGM di trasferire materiale genetico ad altri
organismi.
7. Informazioni su eventuali effetti tossici,
allergenici o altri effetti nocivi per la salute
umana riconducibili alla modificazione
genetica.
8. Informazioni sulla sicurezza della PSGM
per la salute animale, con particolare riguardo
ad eventuali effetti tossici, allergenici o altri
effetti nocivi riconducibili alla modificazione
genetica se si intende impiegare la PSGM
negli alimenti per animali.
9. Meccanismi di interazione tra le PSGM e
gli organismi bersaglio (se del caso).
10. Potenziali cambiamenti nelle interazioni
della PSGM con organismi non bersaglio
risultanti dalla modificazione genetica.
11. Potenziali interazioni con l'ambiente
abiotico.
12. Descrizione delle tecniche di
identificazione e rilevazione delle PSGM.
13. Informazioni su eventuali precedenti
emissioni della PSGM.
E. INFORMAZIONI SUL SITO DI
EMISSIONE (SOLO PER LE NOTIFICHE
PRESENTATE A NORMA DEGLI
ARTICOLI 6 E 7)
1. Ubicazione e dimensioni del sito o dei siti
di emissione.
2. Descrizione dell'ecosistema locale di
emissione, inclusi clima, flora e fauna.
3. Presenza di individui imparentati, naturali o
coltivati, sessualmente compatibili.
4. Prossimità di biotopi o aree protette
ufficialmente riconosciuti che potrebbero
essere interessati dal fenomeno.
F. INFORMAZIONI CONCERNENTI
L'EMISSIONE (SOLO PER LE NOTIFICHE
PRESENTATE A NORMA DEGLI
ARTICOLI 6 E 7)
1. Scopo dell'emissione.
2. Date e durata previste.
3. Metodo di emissione delle piante
geneticamente modificate.
4. Metodo di preparazione e gestione del sito
di emissione, prima, durante e dopo
l'emissione, comprese pratiche colturali e
modalità di raccolto.
5. Numero approssimativo di piante (o piante
per m2).
G. INFORMAZIONI SUI PIANI DI
MONITORAGGIO, CONTROLLO E
TRATTAMENTO DEL SITO E DEI
RIFIUTI DOPO L'EMISSIONE (SOLO PER
LE NOTIFICHE PRESENTATE A NORMA
DEGLI ARTICOLI 6 E 7)
1. Eventuali misure precauzionali adottate:
a) distanza da altre specie vegetali
sessualmente compatibili, sia quelle
corrispondenti allo stato selvatico che quelle
di coltura,
b) eventuali misure per ridurre al minimo o
impedire la dispersione di organi di
44 1. Riferimenti normativi
riproduzione della PGM (ad esempio polline,
semi, tuberi).
2. Descrizione dei metodi di trattamento del
sito d'emissione ad emissione avvenuta.
3. Descrizione dei metodi di trattamento
successivo all'emissione concernenti il
materiale vegetale geneticamente modificato,
inclusi i rifiuti.
4. Descrizione dei piani di monitoraggio e
relative tecniche.
5. Descrizione di eventuali piani di
emergenza.
6. Metodi e procedimenti di protezione del
sito.
Allegato IV
Informazioni supplementari
Il presente allegato descrive in termini
generali le informazioni supplementari da
fornire in caso di notifica di immissione in
commercio e le informazioni sui requisiti in
materia di etichettatura concernenti gli OMG
in quanto prodotti o contenuti in prodotti da
immettere in commercio e gli OGM soggetti a
deroga a norma dell‘articolo 2, paragrafo 4,
secondo comma. Possono essere elaborate
note tecniche orientative, riguardanti tra
l‘altro le modalità di utilizzazione del
prodotto, secondo la procedura di
regolamentazione di cui all‘articolo 30,
paragrafo 2, al fine di facilitare l‘attuazione e
la spiegazione del presente allegato. I requisiti
in materia di etichettatura degli organismi
soggetti a deroghe a norma dell‘articolo 26
sono soddisfatti fornendo raccomandazioni
appropriate sull‘uso, incluse le restrizioni 21
:
A. Nella notifica relativa all'immissione in
commercio di OGM come tali o contenuti in
prodotti da essi derivati devono figurare le
seguenti informazioni in aggiunta a quelle
specificate nell'allegato III:
1. Le denominazioni commerciali dei prodotti
e i nomi degli OGM ivi contenuti proposti, e
l'eventuale identificazione, nome o codice
specifici utilizzati dal notificatore per
l'identificazione dell'OGM. Dopo
l'autorizzazione, eventuali nuove
denominazioni commerciali dovrebbero
essere fornite all'autorità competente.
2. Nome e indirizzo completo della persona
stabilita nella Comunità responsabile
dell'immissione in commercio, sia essa il
produttore, l'importatore o il distributore.
3. Nome e indirizzo completo del o dei
fornitori dei campioni di controllo.
4. Descrizione delle modalità di uso previste
per il prodotto e per l'OGM in quanto tale o
contenuto nel prodotto. Devono essere
evidenziate le diversità nell'uso e nella
gestione dell'OGM rispetto a prodotti simili
non geneticamente modificati.
5. Descrizione della o delle aree geografiche e
dei tipi di ambiente per cui è previsto l'uso del
prodotto, nell'ambito della Comunità incluse,
ove possibile, le stime sull'entità dell'uso in
ciascuna area.
6. Categorie di utilizzatori cui è destinato il
prodotto, ad esempio: industria, agricoltura,
commercio specializzato, pubblico in generale
in qualità di consumatore.
7. Informazioni sulla modificazione genetica
ai fini dell'inserimento e sulle modificazioni
21
Parte introduttiva così sostituita dall'articolo 1 della
direttiva 2008/27/CE.
45 1. Riferimenti normativi
di organismi in uno o più registri, che possono
essere utilizzati per individuare e identificare
particolari prodotti contenenti OGM; al fine
di agevolare il monitoraggio e il controllo
successivi all'immissione in commercio.
Queste informazioni dovrebbero includere
ove opportuno, il deposito presso l'autorità
competente di campioni dell'OGM o del suo
materiale genetico e dati sulle sequenze
nucleotidiche o di altro tipo necessari per
identificare il prodotto contenente OGM o la
sua discendenza, ad esempio la metodologia
per individuare e identificare il prodotto
contenente OGM, compresi i dati sperimentali
che dimostrano la specificità della
metodologia. Le informazioni che per motivi
di riservatezza, non possono essere inserite
nella parte del registro accessibile al pubblico
dovrebbero essere precisate.
8. Etichettatura proposta su un'etichetta o in
un documento di accompagnamento. Essa
deve contenere, almeno in sintesi, la
designazione commerciale del prodotto, la
dicitura ―Questo prodotto contiene organismi
geneticamente modificati‖, il nome dell'OGM
e le informazioni di cui al punto A.2 e
indicare le modalità di accesso alle
informazioni contenute nella parte del registro
accessibile al pubblico.
B. Le seguenti informazioni devono figurare
nella notifica, se del caso, in aggiunta a quelle
specificate al punto A del presente allegato, a
norma dell'articolo 13 della direttiva:
1. Misure di emergenza in caso di emissione
accidentale o di uso improprio.
2. Istruzioni o raccomandazioni particolari per
immagazzinamento o manipolazione.
3. Istruzioni particolari per effettuare il
monitoraggio e la segnalazione al notificatore
e, se necessario, all'autorità competente,
affinché le autorità competenti possano essere
effettivamente informate di eventuali effetti
negativi. Queste istruzioni devono essere
coerenti con l'allegato VII, punto C.
4. Restrizioni proposte nell'uso approvato
dell'OGM, ad esempio dove e a quali scopi
può essere usato il prodotto.
5. Imballaggio proposto.
6. Volume previsto di produzione e/o
importazione nella Comunità.
7. Etichettatura supplementare proposta.
L'etichetta può contenere, almeno in sintesi, le
informazioni di cui ai punti A.4, A.5, B.1,
B.2, B.3 e B.4.
Allegato V
Criteri di applicazione delle procedure
differenziate (articolo 7)
I criteri di cui all'articolo 7, paragrafo 1, sono
riportati in appresso.
1. La collocazione tassonomica e le
caratteristiche biologiche (ad esempio le
modalità di riproduzione e di impollinazione,
la possibilità di incrocio con specie prossime,
la patogenicità) dell'organismo (ospite) non
modificato devono essere ben note.
2. Gli aspetti concernenti la sicurezza in
relazione alla salute umana e all'ambiente
degli organismi progenitori, se del caso, e
degli organismi riceventi nell'ambiente di
destinazione dell'emissione devono essere
sufficientemente noti.
3. Occorre disporre di informazioni su ogni
interazione particolarmente significativa per
la valutazione del rischio che implica
l'organismo progenitore, se del caso, e
ricevente e altri organismi nell'ecosistema di
emissione sperimentale.
46 1. Riferimenti normativi
4. Occorre disporre di informazioni che
dimostrino il buon livello di caratterizzazione
di tutto il materiale genetico inserito. Devono
essere disponibili informazioni sulla
costruzione di ciascun sistema del vettore o
sequenza di materiale genetico utilizzati con il
DNA del vettore. Se la modificazione
genetica comporta la soppressione di
materiale genetico, deve essere conosciuta
l'entità della soppressione stessa. Occorre
disporre inoltre di informazioni sufficienti
sulla modificazione genetica per consentire
l'identificazione dell'OGM e della sua
discendenza durante l'emissione.
5. Nelle condizioni di emissione sperimentale
l'OGM non deve comportare rischi per la
salute umana o l'ambiente più numerosi o più
rilevanti di quanto avvenga nelle emissioni
dei corrispondenti organismi progenitori, se
del caso, e riceventi. L'eventuale capacità di
diffusione nell'ambiente e di invasione di altri
ecosistemi non collegati così come l'eventuale
capacità di trasferimento del materiale
genetico in altri organismi presenti
nell'ambiente non devono determinare effetti
negativi.
Allegato VI
Istruzioni concernenti le relazioni di
valutazione
Nelle relazioni di valutazione di cui agli
articoli 13, 17, 19 e 20 deve figurare in
particolare quanto segue:
1. Definizione delle caratteristiche
dell'organismo ospite pertinenti per la
valutazione degli/dell'OGM in questione.
Indicazione di eventuali rischi noti per la
salute umana e l'ambiente che potrebbero
derivare dall'emissione nell'ambiente
dell'organismo ospite non modificato.
2. Descrizione del risultato della
modificazione genetica nell'organismo
modificato.
3. Valutazione del livello di caratterizzazione
della modificazione genetica (sufficiente o
insufficiente) ai fini della valutazione di tutti i
possibili rischi per la salute umana e/o
l'ambiente.
4. Identificazione di eventuali nuovi rischi per
la salute umana e l'ambiente che potrebbero
derivare dall'emissione degli/dell'OGM in
questione rispetto all'emissione del/i
corrispondente/i organismo/i non modificato/i
in base alla valutazione del rischio effettuata
in conformità dell'allegato II.
5. Osservazioni conclusive circa l'opportunità
di immettere in commercio gli OGM in
questione come tali o contenuti in un prodotto
e relative condizioni, l'opportunità di non
immettere in commercio gli OGM in
questione o l'eventualità di chiedere i pareri
delle autorità competenti e della Commissione
su punti specifici della valutazione del rischio
ambientale. Detti aspetti dovrebbero essere
specificati. Le osservazioni conclusive
dovrebbero trattare con chiarezza l'uso
proposto, la gestione del rischio e il piano di
monitoraggio proposto. Qualora si sia giunti
alla conclusione che gli OGM non debbano
essere immessi in commercio, l'autorità
competente motiva tale conclusione.
47 1. Riferimenti normativi
Allegato VII 22
Piano di monitoraggio
Il presente allegato descrive in termini
generali l‘obiettivo da raggiungere e i principi
generali da seguire per definire il piano di
monitoraggio di cui all‘articolo 13, paragrafo
2, all‘articolo 19, paragrafo 3, e all‘articolo
20. Possono essere elaborate note tecniche
orientative secondo la procedura di
regolamentazione di cui all‘articolo 30,
paragrafo 2, al fine di facilitare l‘attuazione e
la spiegazione del presente allegato 23
.
A. Obiettivo
L'obiettivo del piano di monitoraggio è:
- confermare che le ipotesi relative al
verificarsi di potenziali effetti negativi
dell'OGM o del suo impiego e al loro impatto,
contenute nella valutazione del rischio
ambientale, sono corrette e
- individuare il verificarsi di effetti negativi
dell'OGM o del suo impiego sulla salute
umana o sull'ambiente che non siano stati
anticipati nella valutazione del rischio
ambientale.
B. Principi generali
Il monitoraggio di cui agli articoli 13, 19 e 20
è effettuato dopo l'approvazione
dell'immissione in commercio dell'OGM.
I dati raccolti con il monitoraggio dovrebbero
essere interpretati in funzione delle altre
condizioni ambientali e delle attività esistenti.
Nel caso in cui si osservino modifiche
dell'ambiente, dovrebbe essere presa in
22
Ad integrazione delle disposizioni del presente
allegato si applicano le note orientative di cui
all'allegato della decisione 2002/811/CE, in base a
quanto disposto dal suo articolo 1. 23
Gli originari primo e secondo capoverso sono stati
così sostituiti dall'articolo 1 della direttiva
2008/27/CE.
considerazione la possibilità di effettuare
un'ulteriore valutazione per stabilire se esse
rappresentino una conseguenza dell'OGM o
del suo impiego, in quanto possono essere
dovute a fattori ambientali diversi
dall'immissione in commercio dell'OGM.
Le esperienze e i dati acquisiti mediante il
monitoraggio di emissioni sperimentali di
OGM possono costituire un ausilio nella
definizione del regime di monitoraggio
posteriore all'immissione in commercio
necessario per l'immissione in commercio
dell'OGM di prodotti o contenuti in prodotti.
C. Progetto di piano di monitoraggio
Il progetto di piano di monitoraggio
dovrebbe:
1. essere dettagliato caso per caso, tenendo
conto della valutazione del rischio
ambientale;
2. tener conto delle caratteristiche dell'OGM,
delle caratteristiche e delle dimensioni
dell'impiego che ne è previsto e della serie di
condizioni ambientali rilevanti nelle quali è
prevista l'emissione dell'OGM;
3. comprendere una sorveglianza di carattere
generale per gli effetti negativi imprevisti e,
se necessario, il controllo specifico
individuale incentrato sugli effetti negativi
identificati nella valutazione del rischio
ambientale
3.1. laddove il monitoraggio specifico
individuale debba essere effettuato per un
periodo di tempo sufficiente a individuare gli
effetti immediati e diretti nonché, se
necessario, differiti e indiretti identificati nella
valutazione del rischio ambientale;
48 1. Riferimenti normativi
3.2. laddove la sorveglianza possa, se
opportuno, avvalersi delle prassi consuete di
sorveglianza riconosciute, quali il
monitoraggio dei cultivar agricoli, dei
prodotti fitosanitari o dei prodotti veterinari e
medicinali. Dovrebbe essere fornita una
illustrazione delle modalità secondo le quali
le informazioni pertinenti raccolte mediante
prassi consuete di sorveglianza riconosciute
saranno messe a disposizione del titolare
dell'autorizzazione;
4. facilitare l'osservazione sistematica
dell'emissione dell'OGM nell'ambiente ospite
e l'interpretazione di tali osservazioni in
relazione alla sicurezza della salute umana o
dell'ambiente;
5. identificare le persone (notificante,
utilizzatori) che svolgeranno i vari compiti
previsti nel piano di monitoraggio e le
persone responsabili per l'accertamento
dell'approntamento e della corretta attuazione
del piano di monitoraggio, nonché garantire
che siano previste le modalità secondo le
quali il titolare dell'autorizzazione e l'autorità
competente saranno informati di eventuali
effetti negativi osservati sulla salute umana e
sull'ambiente. (Sono indicati il calendario e la
periodicità delle relazioni relative ai risultati
del monitoraggio);
6. prendere in considerazione i meccanismi
per l'identificazione e la conferma degli effetti
negativi osservati sulla salute umana e
sull'ambiente e permettere, ove opportuno, al
titolare dell'autorizzazione o all'autorità
competente di adottare le misure necessarie
per proteggere la salute umana e l'ambiente.
49 1. Riferimenti normativi
Allegato VIII
Tabella di corrispondenza
50 1. Riferimenti normativi
Dichiarazione della Commissione
Articolo 32 (emendamento n. 28)
La Commissione prende atto dell'accordo dei
colegislatori sul considerando 13 e
sull'articolo 30 bis, in base agli emendamenti
n. 1 e 28, in particolare per quanto riguarda la
data in cui presentare una proposta in merito
all'attuazione del protocollo di Cartagena e i
contenuti della proposta medesima.
Nel rispetto del diritto di iniziativa che le
compete, la Commissione dichiara di non
poter accettare di essere vincolata dalle
disposizioni di questo articolo né per quanto
riguarda i tempi né per il contenuto della
futura proposta.
La Commissione conferma comunque il
proprio impegno, dopo un esame esauriente di
tutte le potenziali implicazioni, a presentare
una proposta in vista della completa
attuazione del protocollo di Cartagena.
Dichiarazione della Commissione rispetto
all'emendamento n. 35
Per agevolare gli Stati membri, che devono
adottare tutte le misure necessarie per
garantire la tracciabilità e l'etichettatura degli
OGM autorizzati a norma della parte C della
direttiva 90/220/CEE, riesaminata, in tutte le
fasi dell'immissione in commercio, la
Commissione ribadisce l'intenzione di
presentare adeguate proposte in merito nel
corso del 2001.
Al contempo, la Commissione, visti i risultati
della riunione di esperti degli Stati membri
del 29 novembre 2000, afferma inoltre
l'intenzione di presentare proposte destinate a
garantire l'adeguata tracciabilità dei prodotti
derivati da OGM e ad integrare il sistema di
etichettatura ai sensi del Libro bianco sulla
sicurezza alimentare.
Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003
Regolamento del Parlamento europeo e del
Consiglio relativo agli alimenti e ai mangimi
geneticamente modificati
Il Parlamento europeo e il Consiglio
dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare gli articoli 37, 95 e
152, paragrafo 4, lettera b),
vista la proposta della Commissione 24
,
visto il parere del Comitato economico e
sociale europeo 25
,
visto il parere del Comitato delle regioni 26
,
deliberando secondo la procedura di cui
all'articolo 251 del trattato 27
,
considerando quanto segue:
24
Pubblicata nella G.U.C.E. 30 ottobre 2001, n. C 304
E. 25
Pubblicato nella G.U.C.E. 17 settembre 2002, n. C
221. 26
Pubblicato nella G.U.C.E. 14 novembre 2002, n. C
278. 27
Parere 3 luglio 2002 del Parlamento europeo,
posizione comune 17 marzo 2003 del Consiglio
(G.U.U.E. 13 maggio 2003, n. C 113 E), decisione 2
luglio 2003 del Parlamento europeo e decisione 22
luglio 2003 del Consiglio.
51 1. Riferimenti normativi
(1) La libera circolazione degli alimenti e dei
mangimi sicuri e sani costituisce un aspetto
essenziale del mercato interno e contribuisce
in modo significativo alla salute e al
benessere dei cittadini, nonché alla
realizzazione dei loro interessi sociali ed
economici.
(2) Nell'attuazione delle politiche comunitarie
dovrebbe essere garantito un elevato livello di
tutela della vita e della salute umana.
(3) Al fine di proteggere la salute umana e
animale, gli alimenti e i mangimi che
contengono organismi geneticamente
modificati o sono costituiti o prodotti a partire
da tali organismi (qui di seguito denominati
―alimenti e mangimi geneticamente
modificati‖) dovrebbero essere sottoposti a
una valutazione della sicurezza tramite una
procedura comunitaria prima di essere
immessi sul mercato comunitario.
(4) Le differenze fra le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative
nazionali in materia di valutazione e
autorizzazione degli alimenti e mangimi
geneticamente modificati può costituire un
ostacolo alla libera circolazione, creando
condizioni di concorrenza iniqua e disuguale.
(5) Il regolamento (CE) n. 258/97 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 27
gennaio 1997, sui nuovi prodotti e i nuovi
ingredienti alimentari stabilisce una procedura
di autorizzazione, cui partecipano gli Stati
membri e la Commissione, per gli alimenti
geneticamente modificati. Detta procedura
dovrebbe essere resa più snella e trasparente.
(6) Il regolamento (CE) n. 258/97 istituisce
anche una procedura di notifica per i nuovi
prodotti alimentari sostanzialmente
equivalenti a quelli che già esistono. Se
l'equivalenza sostanziale rappresenta un
elemento cardine del processo di valutazione
della sicurezza degli alimenti geneticamente
modificati, essa non costituisce di per sé una
valutazione della sicurezza. Al fine di
garantire chiarezza, trasparenza e un contesto
armonizzato per l'autorizzazione degli
alimenti geneticamente modificati, tale
procedura di notifica dovrebbe essere
abbandonata con riferimento agli alimenti
geneticamente modificati.
(7) I mangimi che contengono OGM o sono
costituiti da siffatti organismi finora sono stati
soggetti alla procedura di autorizzazione di
cui alla direttiva 90/220/CEE del Consiglio, e
alla direttiva 2001/18/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001,
sull'emissione deliberata nell'ambiente di
organismi geneticamente modificati; non
esiste alcuna procedura di autorizzazione per i
mangimi derivati da OGM; occorre dunque
stabilire una procedura comunitaria di
autorizzazione unica, efficiente e trasparente
per i mangimi che contengono OGM o sono
costituiti o prodotti a partire da OGM.
(8) Le disposizioni del presente regolamento
dovrebbero applicarsi anche ai mangimi
destinati ad animali non utilizzati per la
produzione alimentare.
(9) Le nuove procedure di autorizzazione per
gli alimenti e i mangimi geneticamente
modificati dovrebbero comprendere i nuovi
principi contenuti nella direttiva 2001/18/CE.
Esse inoltre dovrebbero ricorrere al nuovo
quadro per la valutazione dei rischi in materia
di sicurezza degli alimenti fissato dal
regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002,
che stabilisce i principi e i requisiti generali
della legislazione alimentare, istituisce
l'Autorità europea per la sicurezza alimentare
e fissa procedure nel campo della sicurezza
alimentare. In tal modo, gli alimenti e i
mangimi geneticamente modificati
52 1. Riferimenti normativi
dovrebbero essere autorizzati ai fini
dell'immissione sul mercato soltanto dopo una
valutazione scientifica del più alto livello
possibile, da effettuarsi sotto la responsabilità
dell'Autorità europea per la sicurezza
alimentare (―Autorità‖), dei rischi che essi
eventualmente presentino per la salute umana
e animale o per l'ambiente. Detta valutazione
scientifica dovrebbe essere seguita da una
decisione relativa alla gestione del rischio
adottata dalla Comunità, mediante una
procedura di regolamentazione che garantisca
una stretta cooperazione tra la Commissione e
gli Stati membri.
(10) L'esperienza ha dimostrato che
l'autorizzazione non dovrebbe essere rilasciata
per un singolo utilizzo qualora un prodotto sia
atto ad essere utilizzato sia per gli alimenti
che per i mangimi; pertanto, tali prodotti
dovrebbero essere autorizzati soltanto nel
caso in cui soddisfino i criteri di
autorizzazione sia per gli alimenti che per i
mangimi.
(11) Ai sensi del presente regolamento può
essere rilasciata un'autorizzazione a un OGM
da impiegare come materiale di base per la
produzione di alimenti o di mangimi o ai
prodotti destinati all'alimentazione umana e/o
animale che contengono un OGM o sono
costituiti o prodotti a partire da un OGM, o ad
alimenti o mangimi prodotti a partire da un
OGM. Pertanto, qualora un OGM utilizzato
per la fabbricazione di un alimento o di un
mangime sia stato autorizzato ai sensi del
presente regolamento, gli alimenti o i
mangimi che contengono tale OGM o sono
costituiti o prodotti a partire da quell'OGM
non necessitano di un'autorizzazione in virtù
del presente regolamento, ma devono
rispondere ai requisiti previsti
nell'autorizzazione rilasciata per quell'OGM.
Inoltre, gli alimenti ammessi in base a
un'autorizzazione rilasciata ai sensi del
presente regolamento sono esenti dalle norme
di cui al regolamento (CE) n. 258/97 tranne il
caso in cui rientrino in una o più delle
categorie di cui all'articolo 1, paragrafo 2,
lettera a), del regolamento (CE) n. 258/97
con riferimento ad una caratteristica che non è
stata considerata ai fini dell'autorizzazione
rilasciata ai sensi del presente regolamento.
(12) La direttiva 89/107/CEE del Consiglio,
del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati Membri
concernenti gli additivi autorizzati nei
prodotti alimentari destinati al consumo
umano, prevede un'autorizzazione per gli
additivi utilizzati nei prodotti alimentari. Oltre
alla suddetta procedura di autorizzazione, gli
additivi alimentari che contengono OGM o
sono costituiti o prodotti a partire da OGM
dovrebbero rientrare anch'essi nel campo
d'applicazione del presente regolamento per
quanto riguarda la valutazione della sicurezza
della modificazione genetica, mentre
l'autorizzazione finale dovrebbe essere
rilasciata ai sensi della procedura stabilita
dalla direttiva 89/107/CEE.
(13) Gli aromi che rientrano nel campo
d'applicazione della direttiva 88/388/CEE del
Consiglio, del 22 giugno 1988, sul
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri nel settore degli aromi destinati ad
essere impiegati nei prodotti alimentari e nei
materiali di base per la loro preparazione che
contengono OGM o sono costituiti o prodotti
a partire da OGM dovrebbero rientrare
anch'essi nel campo d'applicazione del
presente regolamento per quanto riguarda la
valutazione della sicurezza della
modificazione genetica.
(14) La direttiva 82/471/CEE del Consiglio,
del 30 giugno 1982, relativa a taluni prodotti
impiegati nell'alimentazione degli animali,
dispone una procedura di approvazione per le
materie prime per mangimi prodotte secondo
tecnologie differenti che possono costituire un
rischio per la salute umana e animale o per
l'ambiente. Simili materie prime che
contengono OGM o sono costituite o prodotte
a partire da OGM dovrebbero rientrare invece
nel campo di applicazione del presente
regolamento.
53 1. Riferimenti normativi
(15) La direttiva 70/524/CEE del Consiglio,
del 23 novembre 1970, relativa agli additivi
nell'alimentazione degli animali, prevede una
procedura di autorizzazione per l'immissione
sul mercato di additivi utilizzati nei mangimi.
In aggiunta alla suddetta procedura di
autorizzazione, gli additivi per i mangimi che
contengono OGM o sono costituiti o prodotti
a partire da OGM dovrebbero rientrare
anch'essi nel campo di applicazione del
presente regolamento.
(16) Il presente regolamento dovrebbe
disciplinare alimenti e mangimi prodotti ―da‖
un OGM, ma non quelli ―con‖ un OGM. Il
criterio determinante è se materiale derivato
dal materiale di partenza geneticamente
modificato sia presente o meno nell'alimento
o mangime. I coadiuvanti tecnologici
utilizzati solo durante il processo di
produzione degli alimenti e dei mangimi non
rientrano nella definizione di alimento o
mangime e, pertanto, non rientrano
nell'ambito di applicazione del presente
regolamento. Allo stesso modo, non vi
rientrano gli alimenti e i mangimi prodotti con
l'aiuto di un coadiuvante tecnologico
geneticamente modificato. In tal modo, i
prodotti ottenuti da animali nutriti con
mangimi geneticamente modificati o trattati
con medicinali geneticamente modificati non
saranno soggetti né alle norme in materia di
autorizzazione né alle norme in materia di
etichettatura di cui al presente regolamento.
(17) Ai sensi dell'articolo 153 del trattato, la
Comunità contribuisce a promuovere il diritto
dei consumatori all'informazione. In aggiunta
agli altri tipi di informazione al pubblico
previsti dal presente regolamento,
l'etichettatura dei prodotti consente ai
consumatori di operare una scelta
consapevole e promuove la correttezza delle
transazioni fra venditore e acquirente.
(18) L'articolo 2 della direttiva 2000/13/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del
20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri
concernenti l'etichettatura e la presentazione
dei prodotti alimentari, nonché la relativa
pubblicità, dispone che l'etichettatura non
deve essere tale da trarre in inganno
l'acquirente quanto alle caratteristiche
dell'alimento e in particolare per quanto
riguarda natura, identità, qualità,
composizione, modo di produzione e
fabbricazione.
(19) Ulteriori norme in materia di
etichettatura degli alimenti geneticamente
modificati sono stabilite dal regolamento
(CE) n. 258/97 e dal regolamento (CE) n.
1139/98 del Consiglio, del 26 maggio 1998,
concernente l'obbligo di indicare
nell'etichettatura di alcuni prodotti alimentari
derivati da organismi geneticamente
modificati caratteristiche diverse da quelle di
cui alla direttiva 79/112/CEE, e dal
regolamento (CE) n. 50/2000 della
Commissione, del 10 gennaio 2000,
concernente l'etichettatura dei prodotti e
ingredienti alimentari contenenti additivi e
aromi geneticamente modificati o derivati da
organismi geneticamente modificati.
(20) Occorre stabilire norme armonizzate
sull'etichettatura per i mangimi geneticamente
modificati, in modo da fornire agli utenti
finali, in particolare gli allevatori,
informazioni accurate sulla composizione e
sulle proprietà dei mangimi, così che possano
compiere scelte consapevoli.
(21) L'etichettatura dovrebbe contenere
informazioni oggettive indicanti se un
alimento o mangime contiene OGM o è
costituito o prodotto a partire da OGM.
Un'etichettatura chiara, indipendentemente
dall'individuabilità del DNA o di proteine
risultanti da una modificazione genetica nel
54 1. Riferimenti normativi
prodotto finale, risponde alle richieste
espresse in numerosi sondaggi dalla
stragrande maggioranza dei consumatori,
facilita l'adozione di scelte consapevoli e
impedisce che i consumatori siano tratti in
inganno per quanto riguarda i metodi di
fabbricazione o produzione.
(22) Inoltre, l'etichettatura dovrebbe
informare in merito a ogni caratteristica o
proprietà che rende un alimento o mangime
diverso dalla sua versione tradizionale per
quanto riguarda composizione, valore
nutrizionale o effetti nutrizionali, uso cui
l'alimento o mangime è destinato,
conseguenze per la salute di alcuni settori
della popolazione e caratteristiche o proprietà
che possono dar luogo a preoccupazioni di
ordine etico o religioso.
(23) Il regolamento (CE) n. 1830/2003 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 22
settembre 2003, concernente la tracciabilità e
l'etichettatura degli organismi geneticamente
modificati e la tracciabilità di prodotti
alimentari e mangimi derivati da organismi
geneticamente modificati che modifica la
direttiva 2001/18/CE garantisce che
informazioni pertinenti riguardanti qualsiasi
modificazione genetica siano disponibili a
ogni stadio dell'immissione sul mercato degli
OGM e di alimenti e mangimi da questi
derivati; pertanto, il regolamento dovrebbe
facilitare un'etichettatura accurata.
(24) Malgrado gli sforzi di alcuni operatori
per non utilizzare alimenti e mangimi
geneticamente modificati, tracce minime di
tale materiale possono trovarsi negli alimenti
e mangimi tradizionali per via della presenza
accidentale o tecnicamente inevitabile nel
corso della produzione delle sementi, della
coltivazione, del raccolto, del trasporto o della
lavorazione. In tali casi, l'alimento o mangime
non è soggetto alle norme in materia di
etichettatura di cui al presente regolamento.
Per conseguire tale obiettivo occorrerebbe
stabilire una soglia in ordine alla presenza
accidentale o tecnicamente inevitabile di
materiale geneticamente modificato negli
alimenti e nei mangimi sia quando la
commercializzazione di siffatto materiale è
autorizzata nella Comunità sia quando tale
presenza è tollerata a norma del presente
regolamento.
(25) È opportuno prevedere, nei casi in cui il
livello combinato della presenza accidentale o
tecnicamente inevitabile di materiale
geneticamente modificato negli alimenti o nei
mangimi o in uno dei loro componenti sia più
elevato della soglia stabilita, che tale presenza
venga indicata in conformità del presente
regolamento e che siano adottate disposizioni
dettagliate ai fini della sua attuazione.
Occorrerebbe prevedere la possibilità di
stabilire soglie inferiori segnatamente per
alimenti e mangimi che contengono OGM o
sono costituiti da siffatti organismi ovvero per
tener conto dei progressi scientifici e
tecnologici.
(26) È indispensabile che gli operatori si
adoperino per evitare la presenza accidentale
di materiale geneticamente modificato negli
alimenti e nei mangimi non autorizzato dalla
normativa comunitaria. Tuttavia ai fini della
praticabilità e attuabilità del presente
regolamento, occorrerebbe stabilire quale
misura transitoria una soglia specifica, con
possibilità di definire livelli inferiori in
particolare per gli OGM direttamente venduti
al consumatore finale per quanto riguarda le
tracce minime negli alimenti o nei mangimi di
tale materiale geneticamente modificato,
laddove la presenza di siffatto materiale sia
accidentale o tecnicamente inevitabile e
purché siano rispettate tutte le condizioni
specifiche stabilite dal presente regolamento.
La direttiva 2001/18/CE dovrebbe essere
modificata di conseguenza. L'applicazione di
questa disposizione dovrebbe essere verificata
nel contesto del riesame generale relativo
all'attuazione del presente regolamento.
(27) Al fine di stabilire se la presenza del
suddetto materiale sia accidentale o
tecnicamente inevitabile, gli operatori devono
55 1. Riferimenti normativi
essere in grado di dimostrare alle autorità
competenti di aver adottato i provvedimenti
necessari al fine di evitare la presenza di
alimenti o mangimi geneticamente modificati.
(28) Gli operatori dovrebbero evitare la
presenza involontaria di OGM in altri
prodotti. La Commissione dovrebbe
raccogliere informazioni e su questa base
sviluppare orientamenti sulla coesistenza di
colture geneticamente modificate,
convenzionali e organiche. Inoltre la
Commissione è invitata a presentare, non
appena possibile, tutte le proposte
eventualmente necessarie.
(29) La tracciabilità ed etichettatura degli
OGM in tutte le fasi dell'immissione sul
mercato, compresa la possibilità di stabilire
una soglia, sono garantite dalla direttiva
2001/18/CE e dal regolamento (CE)
1830/2003.
(30) È necessario definire procedure
armonizzate efficienti, limitate nel tempo e
trasparenti per la valutazione del rischio e
l'autorizzazione, nonché criteri per la
valutazione dei rischi potenziali derivanti da
alimenti e mangimi geneticamente modificati.
(31) Per garantire una valutazione scientifica
armonizzata degli alimenti e mangimi
geneticamente modificati, tale valutazione
dovrebbe essere effettuata dall'Autorità.
Tuttavia, dato che azioni specifiche od
omissioni da parte dell'Autorità a norma del
presente regolamento potrebbero produrre
effetti giuridici diretti sui richiedenti, è
opportuno prevedere la possibilità di un
riesame amministrativo di tali atti od
omissioni.
(32) È generalmente accettato che la
valutazione scientifica dei rischi da sola non
può, in alcuni casi, fornire tutte le
informazioni sulle quali dovrebbe fondarsi
una decisione in materia di gestione del
rischio, e che si può tenere conto di altri
fattori legittimi pertinenti alla questione in
esame.
(33) Se la domanda riguarda prodotti che
contengono OGM o sono costituiti da siffatti
organismi, il richiedente dovrebbe poter
scegliere tra la possibilità di presentare
un'autorizzazione per l'emissione deliberata
nell'ambiente già ottenuta a norma della parte
C della direttiva 2001/18/CE, salve restando
le condizioni stabilite da tale autorizzazione,
oppure di chiedere che la valutazione dei
rischi ambientali sia effettuata
contestualmente alla valutazione della
sicurezza ai sensi del presente regolamento. In
quest'ultimo caso, è necessario che la
valutazione del rischio ambientale rispetti i
requisiti di cui alla direttiva 2001/18/CE e che
le autorità nazionali competenti designate a tal
fine dagli Stati membri siano consultate
dall'Autorità. È altresì opportuno dare a
quest'ultima la possibilità di chiedere a una
delle suddette autorità competenti di
effettuare la valutazione del rischio
ambientale. Inoltre, conformemente
all'articolo 12, paragrafo 4, della direttiva
2001/18/CE, l'Autorità prima di concludere la
valutazione del rischio ambientale dovrebbe
consultare le autorità nazionali competenti
designate a norma della suddetta direttiva in
tutti i casi riguardanti gli OGM e gli alimenti
e/o i mangimi che contengono un OGM o
sono costituiti da un siffatto organismo.
(34) Nel caso di organismi geneticamente
modificati da impiegare come sementi o altri
materiali di moltiplicazione vegetale che
rientrano nel campo d'applicazione del
presente regolamento, l'Autorità dovrebbe
essere tenuta ad affidare ad un'autorità
nazionale competente il compito di valutare i
rischi ambientali. Tuttavia le autorizzazioni
concesse a norma del presente regolamento
56 1. Riferimenti normativi
dovrebbero lasciare impregiudicate sia le
disposizioni delle direttive 68/193/CEE,
2002/53/CE e 2002/55/CE che stabiliscono
segnatamente le norme e i criteri per
l'ammissione delle varietà e l'accettazione
ufficiale ai fini dell'inclusione nei cataloghi
comuni, sia le disposizioni delle direttive
66/401/CEE, 66/402/CEE, 68/193/CEE,
92/33/CEE, 92/34/CEE, 2002/54/CE,
2002/55/CE, 2002/56/CE e 2002/57/CE che
disciplinano segnatamente la certificazione e
la commercializzazione di sementi e di altri
materiali di moltiplicazione vegetale.
(35) È necessario introdurre, se del caso e
sulla base delle conclusioni della valutazione
dei rischi, requisiti in materia di monitoraggio
successivamente all'immissione sul mercato
per l'impiego di alimenti geneticamente
modificati destinati al consumo umano e di
mangimi geneticamente modificati destinati al
consumo animale. Nel caso degli OGM è
obbligatorio un piano di monitoraggio
dell'impatto ambientale in conformità della
direttiva 2001/18/CE.
(36) Per agevolare i controlli sugli alimenti e i
mangimi geneticamente modificati, i
richiedenti un'autorizzazione dovrebbero
proporre metodi adeguati di campionamento,
individuazione e rilevazione, nonché
depositare campioni degli alimenti e mangimi
geneticamente modificati presso l'Autorità; i
metodi di campionamento e rilevazione
dovrebbero essere convalidati, se del caso, dal
laboratorio comunitario di riferimento.
(37) Nell'applicazione del presente
regolamento occorre tener conto del progresso
tecnologico e scientifico.
(38) Dovrebbe continuare ad essere ammessa
la commercializzazione degli alimenti e dei
mangimi che rientrano nel campo
d'applicazione del presente regolamento e
legalmente immessi sul mercato comunitario
anteriormente alla data di applicazione del
presente regolamento a condizione che gli
operatori trasmettano alla Commissione
informazioni relative alla valutazione dei
rischi e se del caso ai metodi di
campionamento, individuazione e rilevazione,
nonché campioni dell'alimento o mangime e i
relativi campioni di controllo entro sei mesi
dalla data di applicazione del presente
regolamento.
(39) Occorre istituire un registro degli
alimenti e mangimi geneticamente modificati
autorizzati ai sensi del presente regolamento,
comprensivo di informazioni specifiche sul
prodotto, studi che ne dimostrino la sicurezza
anche indipendenti e vagliati ―inter pares‖
qualora disponibili, e indicazione dei metodi
di campionamento, individuazione e
rilevazione. Il pubblico dovrebbe poter
accedere ai dati non riservati.
(40) Per stimolare la ricerca e lo sviluppo in
materia di OGM destinati ad essere impiegati
per alimenti e/o mangimi, è opportuno
proteggere gli investimenti effettuati dagli
innovatori per raccogliere informazioni e dati
a sostegno di una domanda presentata ai sensi
del presente regolamento. La suddetta
protezione però dovrebbe essere limitata nel
tempo, in modo da evitare le inutili ripetizioni
di studi ed esperimenti, ripetizioni che
sarebbero contrarie al pubblico interesse.
(41) Le misure necessarie per l'attuazione del
presente regolamento sono adottate secondo
la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del
28 giugno 1999, recante modalità per
l'esercizio delle competenze di esecuzione
conferite alla Commissione.
(42) Occorrerebbe adottare disposizioni
relative alla consultazione del Gruppo
europeo per l'etica delle scienze e delle nuove
tecnologie istituito con decisione della
Commissione del 16 dicembre 1997, o di altro
organismo appropriato istituito dalla
Commissione al fine di ottenere una
consulenza sui problemi etici connessi con
l'immissione sul mercato di alimenti e
mangimi geneticamente modificati. Dette
consultazioni dovrebbero svolgersi senza
57 1. Riferimenti normativi
ledere la competenza degli Stati membri in
materia di problemi etici.
(43) Al fine di fornire un elevato livello di
tutela della vita e della salute umana, della
salute e del benessere degli animali,
dell'ambiente e degli interessi dei consumatori
in relazione agli alimenti e ai mangimi
geneticamente modificati, è necessario che le
norme derivanti dal presente regolamento si
applichino in modo non discriminatorio ai
prodotti provenienti dalla Comunità e
importati dai paesi terzi, in osservanza dei
principi generali definiti dal regolamento
(CE) n. 178/2002. Il contenuto del presente
regolamento tiene conto degli impegni
internazionali in materia commerciale assunti
dalle Comunità europee e dei requisiti di cui
al protocollo di Cartagena sulla biosicurezza
allegato alla convenzione sulla diversità
biologica per quanto riguarda gli obblighi
degli importatori e le notifiche.
(44) Come conseguenza del presente
regolamento taluni strumenti di diritto
comunitario dovrebbero essere abrogati ed
altri modificati.
(45) L'attuazione del presente regolamento
dovrebbe essere riesaminata alla luce
dell'esperienza acquisita nel breve termine e
gli effetti dell'applicazione del presente
regolamento su salute umana e animale, tutela
dei consumatori, informazione dei
consumatori e funzionamento del mercato
interno dovrebbero formare oggetto di
controllo da parte della Commissione,
hanno adottato il presente regolamento:
Capo I
Obiettivi e definizioni
Articolo 1
Obiettivo.
Conformemente ai principi generali stabiliti
dal regolamento (CE) n. 178/2002, il presente
regolamento si propone i seguenti obiettivi:
a) fornire la base per garantire un elevato
livello di tutela della vita e della salute
umana, della salute e del benessere degli
animali, dell'ambiente e degli interessi dei
consumatori in relazione agli alimenti e
mangimi geneticamente modificati,
garantendo nel contempo l'efficace
funzionamento del mercato interno;
b) istituire procedure comunitarie per
l'autorizzazione e vigilanza degli alimenti e
mangimi geneticamente modificati;
c) stabilire norme per l'etichettatura degli
alimenti e mangimi geneticamente modificati.
Articolo 2
Definizioni.
Ai fini del presente regolamento:
1) si applicano le definizioni di ―alimento‖,
―mangime‖, ―consumatore finale‖, ―impresa
alimentare‖ e ―impresa nel settore dei
mangimi‖, di cui al regolamento (CE) n.
178/2002;
2) si applica la definizione di ―tracciabilità‖,
di cui al regolamento (CE) n. 1830/2003;
3) ―operatore‖ significa la persona fisica o
giuridica responsabile di garantire il rispetto
dei requisiti previsti dal presente regolamento
nell'impresa alimentare o nell'impresa nel
settore dei mangimi posta sotto il suo
controllo;
58 1. Riferimenti normativi
4) si applicano le definizioni di ―organismo‖,
―emissione deliberata‖ e ―valutazione del
rischio ambientale‖ di cui alla direttiva
2001/18/CE;
5) ―organismo geneticamente modificato‖ o
―OGM‖ significa organismo geneticamente
modificato quale definito all'articolo 2, punto
2, della direttiva 2001/18/CE, ad esclusione
degli organismi ottenuti attraverso le tecniche
di modificazione genetica elencate
nell'allegato I B della direttiva 2001/18/CE;
6) ―alimenti geneticamente modificati‖
significa alimenti che contengono, sono
costituiti o prodotti a partire da OGM;
7) ―mangimi geneticamente modificati‖
significa mangimi che contengono, sono
costituiti o prodotti a partire da OGM;
8) ―organismo geneticamente modificato
destinato all'alimentazione umana‖ significa
un OGM che può essere utilizzato come
alimento o come materiale di base per la
produzione di alimenti;
9) ―organismo geneticamente modificato
destinato all'alimentazione degli animali‖
significa un OGM che può essere utilizzato
come mangime o come materiale di base per
la produzione di mangimi;
10) ―prodotto a partire da OGM‖ significa
derivato, in tutto o in parte, da tali organismi,
ma che non li contiene e non ne è costituito;
11) ―campione di controllo‖ significa l'OGM
o il suo materiale genetico (campione
positivo) e l'organismo parentale o il suo
materiale genetico utilizzato ai fini della
modificazione genetica (campione negativo);
12) ―versione tradizionale‖ significa un
alimento o mangime simile prodotto senza
l'aiuto della moderna biotecnologia il cui
impiego sicuro è ben documentato;
13) ―ingrediente‖ significa ―ingrediente‖ ai
sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, della
direttiva 2000/13/CE;
14) ―immissione in commercio‖ significa la
detenzione di alimenti o mangimi a fini di
vendita, compresa l'offerta, o di altre forme di
trasferimento a terzi, a titolo gratuito o
oneroso, nonché la vendita stessa, la
distribuzione e le altre forme di trasferimento
stesse.
15) ―alimento preconfezionato‖ significa
qualunque articolo proposto per la
presentazione, consistente in un alimento e
nell'imballaggio in cui tale alimento è stato
condizionato prima di essere posto in vendita,
contenente l'alimento sia completamente, sia
soltanto in parte, ma comunque in maniera
tale da impedire che il contenuto possa essere
alterato se non aprendo o modificando
l'imballaggio.
16) ―fornitore di alimenti per collettività‖ così
come definito all'articolo 1, paragrafo 2,
della direttiva 2001/13/CE.
Capo II
Alimenti geneticamente modificati
Sezione 1
Autorizzazione e vigilanza
Articolo 3
Campo di applicazione.
1. La presente sezione si applica:
a) agli OGM destinati all'alimentazione
umana;
59 1. Riferimenti normativi
b) agli alimenti che contengono o sono
costituiti da OGM;
c) agli alimenti che sono prodotti a partire da
o che contengono ingredienti prodotti a
partire da OGM.
2. Se del caso, le misure intese a modificare
elementi non essenziali del presente
regolamento, completandolo e determinando
se un tipo di alimento rientri nell‘ambito di
applicazione della presente sezione sono
adottate secondo la procedura di
regolamentazione con controllo di cui
all‘articolo 35, paragrafo 3 28
.
Articolo 4
Requisiti.
1. Gli alimenti di cui all'articolo 3, paragrafo
1, non devono:
a) avere effetti nocivi sulla salute umana, la
salute degli animali o l'ambiente;
b) trarre in inganno i consumatori;
c) differire dagli alimenti che intendono
sostituire in misura tale che il loro consumo
normale sarebbe svantaggioso per i
consumatori sul piano nutrizionale.
2. Nessuno può immettere in commercio un
OGM destinato all'alimentazione umana o un
alimento di cui all'articolo 3, paragrafo 1, a
meno che per esso non sia stata rilasciata
un'autorizzazione conformemente alla
presente sezione e a meno che non vengano
rispettate le relative condizioni
dell'autorizzazione.
28
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del
regolamento (CE) n. 298/2008.
3. Nessun OGM destinato all'alimentazione
umana e nessun alimento di cui all'articolo 3,
paragrafo 1, è autorizzato senza che il
richiedente l'autorizzazione abbia dimostrato,
in modo adeguato e sufficiente, il rispetto dei
requisiti di cui al paragrafo 1 del presente
articolo.
4. L'autorizzazione di cui al paragrafo 2 può
avere ad oggetto:
a) un OGM e gli alimenti che contengono o
sono costituiti da tale OGM, nonché gli
alimenti che sono prodotti a partire da o che
contengono ingredienti derivati da tale OGM;
ovvero
b) l'alimento prodotto a partire da un OGM,
nonché gli alimenti che contengono o sono
prodotti a partire da tale alimento; ovvero
c) un ingrediente prodotto a partire da un
OGM, nonché gli alimenti che contengono
tale ingrediente.
5. L'autorizzazione di cui al paragrafo 2 è
rilasciata, rifiutata, rinnovata, modificata,
sospesa o revocata soltanto per i motivi e
secondo le procedure stabiliti nel presente
regolamento.
6. Il richiedente un'autorizzazione di cui al
paragrafo 2 e, una volta concessa
l'autorizzazione, il titolare della stessa o il suo
rappresentante deve essere stabilito nella
Comunità.
7. Il rilascio di un'autorizzazione ai sensi del
presente regolamento non pregiudica il
disposto delle direttive 2002/53/CE,
2002/55/CE e 68/193/CE.
60 1. Riferimenti normativi
Articolo 5
Domanda di autorizzazione.
1. Per ottenere l'autorizzazione di cui
all'articolo 4, paragrafo 2, deve essere
presentata una domanda in conformità delle
disposizioni che seguono.
2. La domanda è presentata all'autorità
nazionale competente di uno Stato membro.
a) L'autorità nazionale competente:
i) accusa ricevuta della domanda, per iscritto,
al richiedente entro 14 giorni dal ricevimento.
L'accusa di ricevuta menziona la data di
ricevimento della domanda;
ii) informa senza indugio l'Autorità europea
per la sicurezza alimentare, in prosieguo
denominata ―l'Autorità‖; e
iii) mette a disposizione dell'Autorità la
domanda stessa accompagnata da eventuali
informazioni supplementari fornite dal
richiedente.
b) L'Autorità:
i) informa senza indugio gli altri Stati membri
e la Commissione della domanda e mette a
loro disposizione la domanda stessa
accompagnata da eventuali informazioni
supplementari fornite dal richiedente;
ii) mette a disposizione del pubblico la sintesi
del dossier di cui al paragrafo 3, lettera l).
3. La domanda è corredata dei seguenti
elementi:
a) nome e indirizzo del richiedente;
b) denominazione dell'alimento e sua
descrizione, ed eventi di trasformazione;
c) se del caso, informazioni in materia di
rispetto dell'allegato II del protocollo di
Cartagena sulla biosicurezza allegato alla
convenzione sulla diversità biologica (in
prosieguo il ―protocollo di Cartagena‖);
d) se del caso, una descrizione dettagliata del
metodo di produzione e fabbricazione;
e) una copia degli studi effettuati, compresi,
se disponibili, studi indipendenti vagliati
―inter pares‖, e qualsiasi altro materiale
disponibile per dimostrare che l'alimento
soddisfa i criteri di cui all'articolo 4, paragrafo
1;
f) un'analisi, sostenuta da informazioni e dati
adeguati, comprovante che le caratteristiche
dell'alimento non sono differenti da quelle
della sua versione tradizionale, tenuto conto
dei limiti accettati delle variazioni naturali di
tali caratteristiche e dei criteri di cui
all'articolo 13, paragrafo 2, lettera a), o una
proposta per l'etichettatura dell'alimento in
conformità dell'articolo 13, paragrafo 2,
lettera a), e paragrafo 3;
g) una dichiarazione argomentata attestante
che l'alimento non dà luogo a preoccupazioni
di ordine etico o religioso, o una proposta per
la sua etichettatura in conformità dell'articolo
13, paragrafo 2, lettera b);
h) se del caso, le condizioni di immissione in
commercio dell'alimento o degli alimenti da
esso derivati, comprese le condizioni
specifiche di uso e di manipolazione;
i) metodi di rilevazione, campionamento
(inclusi riferimenti a metodi di
campionamento esistenti, ufficiali o
standardizzati) e identificazione dell'evento di
trasformazione e, se del caso, di rilevazione e
identificazione dell'evento di trasformazione
dell'alimento e/o degli alimenti da esso
derivati;
j) campioni dell'alimento e rispettivi campioni
di controllo e informazioni sul luogo in cui il
materiale di riferimento è reso disponibile;
61 1. Riferimenti normativi
k) se del caso, una proposta per il
monitoraggio successivo all'immissione in
commercio in merito all'uso dell'alimento per
il consumo umano;
l) una sintesi del dossier in formato
standardizzato.
4. Nel caso di una domanda relativa a un
OGM destinato all'alimentazione umana, il
termine ―alimento‖ di cui al paragrafo 3 è da
interpretarsi come riferito a un alimento
contenente, costituito o prodotto a partire
dall'OGM per il quale è presentata una
domanda.
5. Per gli OGM e gli alimenti che contengono
o sono costituiti da OGM la domanda deve
essere inoltre corredata:
a) dell'incartamento tecnico completo
contenente le informazioni richieste negli
allegati III e IV della direttiva 2001/18/CE e
le informazioni e conclusioni sulla
valutazione del rischio effettuata
conformemente ai principi di cui all'allegato
II della direttiva 2001/18/CE o, se
l'immissione in commercio dell'OGM è stata
autorizzata a norma della parte C della
direttiva 2001/18/CE, una copia della
decisione di autorizzazione;
b) di un piano di monitoraggio degli effetti
ambientali conformemente all'allegato VII
della direttiva 2001/18/CE, comprendente una
proposta relativa al periodo del piano di
monitoraggio; tale periodo può essere diverso
dal periodo proposto per l'autorizzazione.
In tal caso, gli articoli da 13 a 24 della
direttiva 2001/18/CE non si applicano.
6. Se la domanda riguarda una sostanza il cui
uso e la cui immissione in commercio sono
soggetti, in virtù di altre disposizioni del
diritto comunitario, all'inclusione in un elenco
di sostanze registrate o autorizzate ad
esclusione di altre, ciò deve essere dichiarato
nella domanda e deve essere indicato lo status
della sostanza ai sensi della normativa
pertinente.
7. La Commissione, previa consultazione
dell'Autorità, stabilisce, in conformità della
procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 2,
norme di attuazione per l'applicazione del
presente articolo, incluse norme riguardanti la
preparazione e la presentazione della
domanda.
8. Prima della data di applicazione del
presente regolamento, l'Autorità pubblica
orientamenti dettagliati per assistere il
richiedente nella preparazione e nella
presentazione della domanda.
Articolo 6
Parere dell'Autorità.
1. Nell'esprimere il suo parere, l'Autorità
cerca di rispettare un limite di tempo di 6
mesi dal ricevimento di una domanda valida.
Detto limite di tempo può essere esteso
qualora l'Autorità inviti il richiedente a fornire
informazioni supplementari come previsto nel
paragrafo 2.
2. L'Autorità, o l'autorità nazionale
competente tramite l'Autorità, può, se del
caso, invitare il richiedente a integrare gli
elementi che corredano la domanda entro un
determinato limite di tempo.
3. Per preparare il suo parere, l'Autorità:
a) verifica che gli elementi e i documenti
presentati dal richiedente siano conformi
all'articolo 5 ed esamina se l'alimento
ottempera i criteri fissati all'articolo 4,
paragrafo 1;
62 1. Riferimenti normativi
b) può chiedere all'appropriato ente per la
valutazione degli alimenti di uno Stato
membro di effettuare una valutazione di
sicurezza dell'alimento, in conformità
dell'articolo 36 del regolamento (CE) n.
178/2002;
c) può chiedere a un'autorità competente
individuata in conformità dell'articolo 4 della
direttiva 2001/18/CE di effettuare una
valutazione del rischio ambientale; tuttavia se
la domanda riguarda OGM da utilizzare come
sementi o altri materiali di moltiplicazione
delle piante, l'Autorità chiede all'autorità
nazionale competente di effettuare la
valutazione del rischio ambientale.
d) inoltra al laboratorio comunitario di
riferimento di cui all'articolo 32 gli elementi
di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettere i) e j).
Il laboratorio comunitario di riferimento
verifica e convalida il metodo di rilevazione e
identificazione proposto dal richiedente;
e) esamina, nel verificare l'applicazione
dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera a), le
informazioni e i dati presentati dal richiedente
per dimostrare che le caratteristiche
dell'alimento non differiscono da quelle della
sua versione tradizionale, tenuto conto dei
limiti accettati delle variazioni naturali di tali
caratteristiche.
4. In caso di OGM o di alimenti che
contengono o sono costituiti da OGM, i
requisiti di sicurezza ambientale stabiliti nella
direttiva 2001/18/CE si applicano alla
valutazione per garantire che siano prese tutte
le misure appropriate per prevenire gli effetti
nocivi per la salute umana e animale e per
l'ambiente che potrebbero insorgere in seguito
all'emissione deliberata nell'ambiente di
OGM. All'atto di valutare le domande di
immissione in commercio di prodotti che
contengono o sono costituiti da OGM,
l'Autorità consulta l'autorità nazionale
competente ai sensi della direttiva
2001/18/CE designata da ciascuno Stato
membro a tal fine. Le autorità competenti
dispongono di tre mesi dalla data di
ricevimento della domanda per rendere noto il
loro parere.
5. In caso di parere favorevole
all'autorizzazione dell'alimento, il parere
comprende anche i seguenti elementi:
a) nome e indirizzo del richiedente;
b) denominazione dell'alimento e sua
descrizione;
c) se del caso, le informazioni richieste ai
sensi dell'allegato II del protocollo di
Cartagena;
d) una proposta di etichettatura dell'alimento
e/o degli alimenti prodotti a partire da esso;
e) se del caso, le eventuali condizioni o
restrizioni da imporre all'immissione in
commercio e/o le condizioni specifiche o le
restrizioni all'uso o alla manipolazione,
compresi i requisiti relativi al monitoraggio
successivo all'immissione in commercio sulla
base del risultato della valutazione del rischio
e, nel caso di OGM o di alimenti che
contengono o sono costituiti da OGM, le
condizioni per la tutela di particolari
ecosistemi/ambienti e/o aree geografiche;
f) il metodo convalidato dal laboratorio
comunitario di riferimento per la rilevazione,
compresi il campionamento e l'identificazione
dell'evento di trasformazione e, se del caso,
per la rilevazione e l'identificazione
dell'evento di trasformazione nell'alimento e/o
negli alimenti prodotti a partire da esso;
indicazione del luogo in cui il materiale di
riferimento è reso disponibile;
g) se del caso, il piano di monitoraggio di cui
all'articolo 5, paragrafo 5, lettera b).
6. L'Autorità inoltra il suo parere alla
Commissione, agli Stati membri e al
richiedente allegandovi una relazione in cui
descrive la sua valutazione dell'alimento e
63 1. Riferimenti normativi
comunica i motivi del parere e le informazioni
su cui esso si basa, compresi i pareri delle
autorità competenti consultate conformemente
al paragrafo 4.
7. Conformemente all'articolo 38, paragrafo
1, del regolamento (CE) n. 178/2002
l'Autorità rende pubblico il suo parere, dopo
averne eliminato tutte le informazioni
riservate, conformemente all'articolo 30 del
presente regolamento. Il pubblico può
presentare osservazioni alla Commissione
entro 30 giorni dalla pubblicazione.
Articolo 7
Autorizzazione.
1. Entro 3 mesi dal ricevimento del parere
dell'Autorità, la Commissione sottopone al
comitato di cui all'articolo 35 un progetto di
decisione da prendere in merito alla domanda,
che tiene conto del parere dell'Autorità, della
pertinente normativa comunitaria e di altri
fattori legittimi pertinenti alla questione in
esame. Se la proposta di decisione non è
conforme al parere dell'Autorità, la
Commissione ne spiega le ragioni.
2. Qualsiasi progetto di decisione che preveda
la concessione dell'autorizzazione comprende
gli elementi di cui all'articolo 6, paragrafo 5,
il nome del titolare dell'autorizzazione e, se
del caso, il codice di identificazione unico
attribuito all'OGM, come previsto dal
regolamento (CE) n. 1830/2003.
3. Una decisione finale sulla domanda è
adottata secondo la procedura di cui
all'articolo 35, paragrafo 2.
4. La Commissione informa senza indugio il
richiedente della decisione presa e ne pubblica
i dettagli nella Gazzetta ufficiale dell'Unione
europea.
5. L'autorizzazione concessa secondo la
procedura del presente regolamento è valida
in tutta la Comunità per un periodo di dieci
anni ed è rinnovabile conformemente
all'articolo 11. L'alimento autorizzato è
iscritto nel registro di cui all'articolo 28.
Ciascuna annotazione nel registro menziona
la data dell'autorizzazione e comprende gli
elementi di cui al paragrafo 2.
6. L'autorizzazione di cui alla presente
sezione non pregiudica altre disposizioni del
diritto comunitario che disciplinano l'uso e
l'immissione in commercio di sostanze
utilizzabili soltanto previa inclusione in un
elenco di sostanze registrate o autorizzate a
esclusione di altre.
7. La concessione dell'autorizzazione non
riduce la responsabilità generale in campo
civile e penale di un operatore del settore
alimentare in relazione all'alimento in
questione.
8. I riferimenti fatti nelle parti A e D della
direttiva 2001/18/CE agli OGM autorizzati in
virtù della parte C di detta direttiva si
considerano applicabili anche agli OGM
autorizzati in virtù del presente regolamento.
Articolo 8
Status dei prodotti esistenti.
1. In deroga all'articolo 4, paragrafo 2, i
prodotti che rientrano nel campo
d'applicazione della presente sezione e che
sono stati legalmente immessi sul mercato
comunitario prima della data di applicazione
del presente regolamento, possono rimanere
sul mercato e continuare ad essere utilizzati e
64 1. Riferimenti normativi
lavorati purché siano soddisfatte le seguenti
condizioni:
a) per quanto concerne i prodotti immessi sul
mercato ai sensi della direttiva 90/220/CEE
prima dell'entrata in vigore del regolamento
(CE) n. 258/97 o conformemente alle
disposizioni di cui al regolamento (CE) n.
258/97, gli operatori responsabili della loro
immissione in commercio notificano alla
Commissione la data in cui essi sono stati per
la prima volta immessi sul mercato
comunitario, entro sei mesi dalla data di
applicazione del presente regolamento;
b) per quanto concerne i prodotti che sono
stati legalmente immessi sul mercato
comunitario ma che non rientrano nella lettera
a), gli operatori responsabili della loro
immissione in commercio notificano alla
Commissione che i prodotti sono stati
immessi sul mercato comunitario prima della
data d'applicazione del presente regolamento,
entro sei mesi dalla data di applicazione dello
stesso.
2. La notifica di cui al paragrafo 1 è corredata
degli elementi menzionati all'articolo 5,
paragrafi 3 e 5, a seconda dei casi, che la
Commissione inoltra all'Autorità e agli Stati
membri. L'Autorità inoltra al laboratorio
comunitario di riferimento gli elementi di cui
all'articolo 5, paragrafo 3, lettere i) e j). Il
laboratorio comunitario di riferimento testa e
convalida il metodo di rilevazione e di
identificazione proposto dal richiedente.
3. Entro un anno dalla data di applicazione del
presente regolamento, e dopo avere verificato
che siano state presentate e esaminate tutte le
informazioni richieste, i prodotti in questione
sono iscritti nel registro. Ciascuna
annotazione nel registro comprende gli
opportuni elementi di cui all'articolo 7,
paragrafo 2, e, per quanto concerne i prodotti
di cui al paragrafo 1, lettera a), menziona la
data in cui essi sono stati per la prima volta
immessi sul mercato.
4. Entro nove anni dalla data in cui i prodotti
indicati al paragrafo 1, lettera a), sono stati
immessi per la prima volta sul mercato, e
comunque non prima di tre anni a decorrere
dalla data di applicazione del presente
regolamento, gli operatori responsabili della
loro immissione in commercio presentano una
domanda conformemente all'articolo 11, che
si applica per analogia.
Entro tre anni dalla data di applicazione del
presente regolamento, gli operatori
responsabili dell'immissione in commercio
dei prodotti di cui al paragrafo 1, lettera b),
presentano una domanda conformemente
all'articolo 11, che si applica per analogia.
5. I prodotti di cui al paragrafo 1 e gli alimenti
che li contengono o sono da essi derivati sono
soggetti alle disposizioni del presente
regolamento, in particolare degli articoli 9, 10
e 34, che si applicano per analogia.
6. Qualora la notifica e gli elementi di
accompagnamento di cui ai paragrafi 1 e 2
non siano forniti entro il periodo specificato o
risultino erronei, oppure qualora una domanda
non sia stata presentata secondo le
disposizioni di cui al paragrafo 4 entro il
periodo stabilito, la Commissione, in
conformità della procedura di cui all'articolo
35, paragrafo 2, adotta un provvedimento per
disporre che il prodotto interessato e i suoi
eventuali derivati siano ritirati dal mercato.
Tale provvedimento può stabilire un periodo
di tempo limitato entro il quale sussiste la
possibilità di esaurire le scorte del prodotto.
7. In caso di autorizzazione non rilasciata a un
titolare specifico, l'operatore che importa,
produce o fabbrica i prodotti di cui al presente
articolo presenta l'informazione o la domanda
alla Commissione.
8. Norme dettagliate per l'attuazione del
presente articolo sono adottate secondo la
procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 2.
65 1. Riferimenti normativi
Articolo 9
Vigilanza.
1. Dopo la concessione di un'autorizzazione
conformemente al presente regolamento, il
titolare dell'autorizzazione e le parti
interessate si conformano alle eventuali
condizioni e restrizioni imposte
dall'autorizzazione e in particolare assicurano
che i prodotti che non rientrano
nell'autorizzazione non siano immessi in
commercio come alimenti o mangimi. Se è
stato imposto il monitoraggio successivo
all'immissione in commercio di cui all'articolo
5, paragrafo 3, lettera k), e/o il monitoraggio
di cui all'articolo 5, paragrafo 5, lettera b), al
titolare dell'autorizzazione, questi assicura che
esso venga realizzato e presenta relazioni alla
Commissione conformemente a quanto
indicato nell'autorizzazione. Le relazioni sul
monitoraggio, escluse le informazioni
riservate di cui all'articolo 30, sono rese
accessibili al pubblico.
2. Il titolare dell'autorizzazione, se auspica
una modifica dei termini dell'autorizzazione,
presenta una domanda in conformità
dell'articolo 5 paragrafo 2. Gli articoli 5, 6 e 7
si applicano per analogia.
3. Il titolare dell'autorizzazione informa
immediatamente la Commissione di qualsiasi
nuova informazione scientifica o tecnica
suscettibile di influire sulla valutazione della
sicurezza nell'uso dell'alimento. In particolare,
il titolare dell'autorizzazione informa
immediatamente la Commissione di qualsiasi
proibizione o restrizione imposta dall'autorità
competente di un paese terzo in cui l'alimento
sia immesso in commercio.
4. La Commissione mette senza indugio a
disposizione degli Stati membri e
dell'Autorità qualsiasi informazione fornita
dal richiedente.
Articolo 10
Modifica, sospensione e revoca delle
autorizzazioni.
1. Di propria iniziativa o in seguito alla
richiesta di uno Stato membro o della
Commissione, l'Autorità esprime un parere
sulla questione se un'autorizzazione rilasciata
per un prodotto di cui all'articolo 3, paragrafo
1, continui a soddisfare le condizioni stabilite
dal presente regolamento e trasmette
immediatamente il proprio parere alla
Commissione, al titolare dell'autorizzazione e
agli Stati membri. In conformità dell'articolo
38, paragrafo 1, del regolamento (CE) n.
178/2002 l'Autorità rende pubblico il parere,
dopo aver soppresso qualsiasi informazione
considerata riservata, in conformità
dell'articolo 30 del presente regolamento. Il
pubblico può presentare osservazioni alla
Commissione entro 30 giorni da tale
pubblicazione.
2. La Commissione esamina il parere
dell'Autorità quanto prima. Sono adottate tutte
le misure appropriate conformemente
all'articolo 34. Se del caso, l'autorizzazione è
modificata, sospesa o revocata
conformemente all'articolo 7.
3. Gli articoli 5, paragrafo 2, 6 e 7 si
applicano per analogia.
Articolo 11
Rinnovo delle autorizzazioni.
66 1. Riferimenti normativi
1. Le autorizzazioni ai sensi del presente
regolamento sono rinnovabili per periodi
decennali su presentazione di una domanda
alla Commissione da parte del titolare
dell'autorizzazione almeno un anno prima
della data di scadenza.
2. La domanda è corredata dei seguenti
elementi:
a) una copia dell'autorizzazione di immissione
in commercio dell'alimento;
b) una relazione sui risultati del monitoraggio,
qualora richiesto dall'autorizzazione;
c) qualsiasi altra nuova informazione resasi
disponibile in relazione alla valutazione della
sicurezza nell'uso dell'alimento e ai rischi
dell'alimento per i consumatori o l'ambiente;
d) se del caso, una proposta di modifica o di
integrazione delle condizioni
dell'autorizzazione originale, tra cui le
condizioni relative al monitoraggio futuro.
3. L'articolo 5, paragrafo 2, e gli articoli 6 e 7
si applicano per analogia.
4. Se, per motivi che esulano dal controllo del
titolare dell'autorizzazione, non è presa
nessuna decisione in merito al rinnovo di
un'autorizzazione prima della sua data di
scadenza, il periodo di autorizzazione del
prodotto è esteso automaticamente fino al
momento in cui viene presa una decisione.
5. La Commissione può, previa consultazione
dell'Autorità, stabilire le regole di attuazione
per l'applicazione del presente articolo,
incluse quelle relative alla preparazione e alla
presentazione della domanda, secondo la
procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 2.
6. L'Autorità pubblica orientamenti dettagliati
per aiutare il richiedente nella preparazione e
presentazione della domanda.
Capo II
Alimenti geneticamente modificati
Sezione 2
Etichettatura
Articolo 12
Campo d'applicazione.
1. La presente sezione si applica agli alimenti
destinati in quanto tali al consumatore finale o
ai fornitori di alimenti per collettività nella
Comunità e che:
a) contengono o sono costituiti da OGM o
b) sono prodotti a partire da o contengono
ingredienti prodotti a partire da OGM.
2. La presente sezione non si applica agli
alimenti che contengono materiale che
contiene, è costituito o prodotto a partire da
OGM presenti in proporzione non superiore
allo 0,9% degli ingredienti alimentari
considerati individualmente o degli alimenti
costituiti da un unico ingrediente, purché tale
presenza sia accidentale o tecnicamente
inevitabile.
3. Per stabilire se la presenza di tale materiale
sia accidentale o tecnicamente inevitabile, gli
operatori devono essere in grado di
dimostrare alle autorità competenti di avere
preso tutte le misure appropriate per evitarne
la presenza.
4. Le misure intese a modificare elementi non
essenziali del presente regolamento,
completandolo e fissando soglie inferiori
appropriate, in particolare per quanto riguarda
gli alimenti che contengono o sono costituiti
da OGM, o tenendo conto dei progressi
scientifici e tecnologici, sono adottate
67 1. Riferimenti normativi
secondo la procedura di regolamentazione con
controllo di cui all‘articolo 35, paragrafo 3 29
.
Articolo 13
Requisiti.
1. Fatte salve le altre disposizioni del diritto
comunitario concernenti l'etichettatura dei
prodotti alimentari, gli alimenti che rientrano
nel campo di applicazione della presente
sezione sono soggetti ai seguenti requisiti
specifici in materia di etichettatura:
a) se l'alimento consiste di più di un
ingrediente, la denominazione ―geneticamente
modificato‖ o ―prodotto da [nome
dell'ingrediente] geneticamente modificato‖
appare tra parentesi nell'elenco di ingredienti
di cui all'articolo 6 della direttiva 2000/13/CE
immediatamente dopo l'ingrediente in
questione;
b) se l'ingrediente è designato col nome di una
categoria, la denominazione ―contiene [nome
dell'organismo] geneticamente modificato‖ o
―contiene [nome dell'ingrediente] prodotto da
[nome dell'organismo] geneticamente
modificato ― appare nell'elenco degli
ingredienti;
c) se non vi è un elenco di ingredienti, la
denominazione ―geneticamente modificato‖ o
―prodotto da [nome dell'organismo]
geneticamente modificato‖ appare
chiaramente sull'etichetta;
d) le indicazioni di cui alle lettere a) e b)
possono comparire in una nota a piè di pagina
aggiunta all'elenco degli ingredienti. In tal
caso, esse sono stampate con un carattere
29
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del
regolamento (CE) n. 298/2008.
tipografico avente almeno la stessa grandezza
di quello usato per l'elenco degli ingredienti.
Se non è previsto un elenco di ingredienti,
essi appaiono in modo chiaro sull'etichetta;
e) se l'alimento è offerto in vendita al
consumatore finale come alimento non
preconfezionato o come alimento
preconfezionato in piccoli contenitori la cui
superficie maggiore sia inferiore a 10 cm2,
l'informazione richiesta ai sensi del presente
paragrafo deve comparire in modo visibile e
permanente dove l'alimento è esposto o vicino
ad esso, oppure sull'imballaggio, e deve
essere stampata con un carattere tipografico
sufficientemente grande da poter essere
facilmente individuato e letto.
2. Oltre ai requisiti in materia di etichettatura
di cui al paragrafo 1, l'etichetta menziona
anche le caratteristiche o proprietà, quali
specificate nell'autorizzazione, nei seguenti
casi:
a) se un alimento è diverso dalla versione
tradizionale per quanto concerne le seguenti
caratteristiche o proprietà:
i) composizione;
ii) valore o effetti nutrizionali;
iii) uso previsto dell'alimento;
iv) implicazioni per la salute di certi segmenti
della popolazione;
b) se un alimento può dare luogo a
preoccupazioni di ordine etico o religioso.
68 1. Riferimenti normativi
3. Oltre alle prescrizioni di etichettatura
stabilite al paragrafo 1 e specificate
nell'autorizzazione, le etichette degli alimenti
che rientrano nel campo di applicazione della
presente sezione e per i quali non vi sia una
corrispondente versione tradizionale devono
contenere informazioni appropriate sulla
natura e le caratteristiche degli alimenti in
questione.
Articolo 14 30
Misure di attuazione.
1. La Commissione può adottare le seguenti
misure:
- misure necessarie affinché gli operatori
dimostrino alle autorità competenti quanto
indicato all‘articolo 12, paragrafo 3,
- misure necessarie affinché gli operatori
soddisfino i requisiti in materia di
etichettatura di cui all‘articolo 13,
- disposizioni specifiche relative alle
informazioni che i fornitori di alimenti per
collettività devono comunicare al
consumatore finale. Per tener conto della
situazione specifica dei fornitori di alimenti
per collettività tali disposizioni possono
prevedere un adeguamento dei requisiti
stabiliti all‘articolo 13, paragrafo 1, lettera e).
Tali misure, intese a modificare elementi non
essenziali del presente regolamento, anche
completandolo, sono adottate secondo la
procedura di regolamentazione con controllo
di cui all‘articolo 35, paragrafo 3.
30
Articolo così sostituito dall'articolo 1 del
regolamento (CE) n. 298/2008.
2. Inoltre, possono essere adottate secondo la
procedura di regolamentazione di cui
all‘articolo 35, paragrafo 2, disposizioni
dettagliate volte a facilitare l‘applicazione
uniforme dell‘articolo 13.
Capo III
Mangimi geneticamente modificati
Sezione 1
Autorizzazione e vigilanza
Articolo 15
Campo di applicazione.
1. La presente sezione si applica:
a) agli OGM destinati all'alimentazione degli
animali;
b) ai mangimi che contengono o sono
costituiti da OGM;
c) ai mangimi prodotti a partire da OGM.
2. Se del caso, le misure intese a modificare
elementi non essenziali del presente
regolamento, completandolo e determinando
se un tipo di mangime rientri nell‘ambito di
applicazione della presente sezione sono
adottate secondo la procedura di
regolamentazione con controllo di cui
all‘articolo 35, paragrafo 3 31
.
31
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del
regolamento (CE) n. 298/2008.
69 1. Riferimenti normativi
Articolo 16
Requisiti.
1. I mangimi di cui all'articolo 15, paragrafo
1, non devono:
a) avere effetti nocivi sulla salute umana, la
salute degli animali o l'ambiente;
b) fuorviare l'utilizzatore;
c) danneggiare o fuorviare il consumatore
modificando negativamente le caratteristiche
distintive dei prodotti di origine animale;
d) differire dal mangime che intendono
sostituire in misura tale che il loro consumo
normale sarebbe svantaggioso sul piano
nutrizionale per gli animali o gli esseri umani.
2. Nessuno può immettere in commercio,
usare o modificare un prodotto di cui
all'articolo 15, paragrafo 1, a meno che per
esso non sia stata rilasciata un'autorizzazione
conformemente alla presente sezione e a
meno che non vengano rispettate le pertinenti
condizioni dell'autorizzazione.
3. Nessun prodotto indicato all'articolo 15,
paragrafo 1, è autorizzato senza che il
richiedente l'autorizzazione abbia dimostrato,
in modo adeguato e sufficiente, il rispetto dei
requisiti di cui al paragrafo 1 del presente
articolo.
4. L'autorizzazione di cui al paragrafo 2 può
coprire:
a) un OGM e i mangimi che contengono o
sono costituiti da tale OGM, nonché i
mangimi prodotti a partire da tale OGM,
oppure
b) il mangime prodotto a partire da un OGM e
i mangimi che contengono o sono prodotti a
partire da tale mangime.
5. L'autorizzazione di cui al paragrafo 2 è
rilasciata, rifiutata, rinnovata, modificata,
sospesa o revocata soltanto per i motivi e
secondo le procedure stabiliti nel presente
regolamento.
6. Il richiedente un'autorizzazione di cui al
paragrafo 2 e, una volta concessa
l'autorizzazione, il titolare della stessa o il suo
rappresentante è stabilito nella Comunità.
7. Il rilascio di un'autorizzazione ai sensi del
presente regolamento non pregiudica il
disposto delle direttive 2002/53/CE,
2002/55/CE e 68/193/CEE.
Articolo 17
Domanda di autorizzazione.
1. Per ottenere l'autorizzazione di cui
all'articolo 16, paragrafo 2, è presentata una
domanda in conformità delle disposizioni che
seguono.
2. La domanda è presentata all'autorità
nazionale competente di uno Stato membro.
a) L'autorità nazionale competente:
i) accusa ricevuta della domanda, per iscritto,
al richiedente entro 14 giorni dal ricevimento.
L'accusa di ricevuta menziona la data di
ricevimento della domanda;
ii) informa senza indugio l'Autorità; e
iii) mette a disposizione dell'Autorità la
domanda stessa accompagnata da eventuali
70 1. Riferimenti normativi
informazioni supplementari fornite dal
richiedente.
b) L'Autorità
i) informa senza indugio gli altri Stati membri
e la Commissione della domanda e mette a
loro disposizione la domanda stessa
accompagnata da eventuali informazioni
supplementari fornite dal richiedente;
ii) mette a disposizione del pubblico la sintesi
del dossier di cui al paragrafo 3, lettera l).
3. La domanda è corredata dei seguenti
elementi:
a) nome e indirizzo del richiedente;
b) denominazione del mangime, sua
descrizione ed evento(i) di trasformazione;
c) se del caso, informazioni in materia di
rispetto dell'allegato II del protocollo di
Cartagena;
d) se del caso, una descrizione dettagliata del
metodo di produzione, di fabbricazione e
degli usi a cui è destinato il mangime;
e) copia degli studi effettuati, compresi, se
disponibili, gli eventuali studi indipendenti
vagliati ―inter pares‖ e qualsiasi altro
materiale disponibile per dimostrare che il
mangime soddisfa i criteri stabiliti all'articolo
16, paragrafo 1, e in particolare, per i
mangimi che rientrano nel campo di
applicazione della direttiva 82/471/CEE, le
informazioni richieste in virtù della direttiva
83/228/CEE del Consiglio, del 18 aprile 1983
che stabilisce linee direttrici per la valutazione
di alcuni prodotti utilizzati nell'alimentazione
degli animali;
f) un'analisi, sostenuta da informazioni e dati
adeguati, comprovante che le caratteristiche
del mangime non sono differenti da quelle
della sua versione tradizionale, tenuto conto
dei limiti accettati delle variazioni naturali di
tali caratteristiche e dei criteri di cui
all'articolo 25, paragrafo 2, lettera c), o una
proposta per l'etichettatura del mangime in
conformità dell'articolo 25, paragrafo 2,
lettera c) e paragrafo 3;
g) una dichiarazione argomentata attestante
che il mangime non dà luogo a
preoccupazioni di ordine etico o religioso, o
una proposta per la sua etichettatura in
conformità dell'articolo 25, paragrafo 2,
lettera d);
h) se del caso, le condizioni di immissione in
commercio del mangime comprese le
condizioni specifiche di uso e di
manipolazione;
i) un metodo di rilevazione, campionamento
(inclusi riferimenti a metodi di
campionamento esistenti, ufficiali o
standardizzati) e identificazione dell'evento di
trasformazione e, se del caso, di rilevazione e
identificazione dell'evento di trasformazione
del mangime e/o del mangime da essa
derivato;
j) campioni del mangime e rispettivi campioni
di controllo e informazioni sul luogo in cui il
materiale di riferimento è reso disponibile;
k) se del caso, una proposta per il
monitoraggio successivo all'immissione in
commercio in merito all'uso del mangime per
il consumo animale;
l) una sintesi del dossier in formato
standardizzato.
4. Nel caso di una domanda relativa a un
OGM destinato all'alimentazione degli
animali, il termine ―mangime‖ di cui al
paragrafo 3 è da interpretarsi come riferito a
un mangime contenente, costituito o prodotto
a partire dall'OGM per il quale è presentata
una domanda.
71 1. Riferimenti normativi
5. In caso di OGM o di mangimi contenenti o
costituiti da OGM la domanda è inoltre
corredata:
a) dell'incartamento tecnico completo
contenente le informazioni richieste negli
allegati III e IV della direttiva 2001/18/CE e
le informazioni e conclusioni sulla
valutazione del rischio effettuata
conformemente ai principi di cui all'allegato
II della direttiva 2001/18/CE o, se
l'immissione in commercio dell'OGM è stata
autorizzata a norma della parte C della
direttiva 2001/18/CE, una copia della
decisione di autorizzazione;
b) un piano di monitoraggio degli effetti
ambientali conformemente all'allegato VII
della direttiva 2001/18/CE, comprendente una
proposta relativa al periodo del piano di
monitoraggio; tale periodo può essere diverso
dal periodo proposto per l'autorizzazione.
In tal caso, gli articoli da 13 a 24 della
direttiva 2001/18/CE non si applicano.
6. Se la domanda riguarda una sostanza il cui
uso e la cui immissione in commercio sono
soggetti, in virtù di altre disposizioni del
diritto comunitario, all'inclusione in un elenco
di sostanze registrate o autorizzate ad
esclusione di altre, ciò deve essere dichiarato
nella domanda e deve essere indicato lo status
della sostanza ai sensi della normativa
pertinente.
7. La Commissione, previa consultazione
dell'Autorità, stabilisce, in conformità della
procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 2,
norme di attuazione per l'applicazione del
presente articolo, incluse norme riguardanti la
preparazione e la presentazione della
domanda.
8. Prima della data di applicazione del
presente regolamento, l'Autorità pubblica
orientamenti dettagliati per assistere il
richiedente nella preparazione e nella
presentazione della domanda.
Articolo 18
Parere dell'Autorità.
1. Nell'esprimere il suo parere, l'Autorità
cerca di rispettare un limite di tempo di 6
mesi dal ricevimento di una domanda valida.
Detto limite di tempo può essere esteso
qualora l'Autorità inviti il richiedente a fornire
informazioni supplementari come previsto dal
paragrafo 2.
2. Se del caso, l'Autorità, o un'autorità
nazionale competente per il tramite
dell'Autorità, può invitare il richiedente a
integrare gli elementi che accompagnano la
domanda entro un determinato limite di
tempo.
3. Per preparare il suo parere, l'Autorità:
a) verifica che gli elementi e i documenti
presentati dal richiedente siano conformi
all'articolo 17 ed esamina se il mangime
soddisfa i criteri fissati all'articolo 16,
paragrafo 1;
b) può chiedere all'appropriato ente per la
valutazione dei mangimi di uno Stato membro
di effettuare una valutazione di sicurezza del
mangime conformemente all'articolo 36 del
regolamento (CE) n. 178/2002;
c) può chiedere a un'autorità competente
individuata in conformità dell'articolo 4 della
direttiva 2001/18/CE di effettuare una
valutazione del rischio ambientale; tuttavia, se
la domanda riguarda OGM da utilizzare come
sementi o altri materiali di moltiplicazione
delle piante, l'Autorità chiede ad un'autorità
nazionale competente di effettuare la
valutazione del rischio ambientale;
72 1. Riferimenti normativi
d) inoltra al laboratorio comunitario di
riferimento gli elementi di cui all'articolo 17,
paragrafo 3, lettere i) e j). Il laboratorio
comunitario di riferimento verifica e
convalida il metodo di rilevazione e
identificazione proposto dal richiedente;
e) esamina, nel verificare l'applicazione
dell'articolo 25, paragrafo 2, lettera c), le
informazioni e i dati presentati dal richiedente
per dimostrare che le caratteristiche del
mangime non differiscono da quelle della sua
versione tradizionale, tenuto conto dei limiti
accettati delle variazioni naturali di tali
caratteristiche.
4. In caso di OGM o di mangimi contenenti o
costituiti da OGM, i requisiti di sicurezza
ambientale stabiliti nella direttiva 2001/18/CE
si applicano alla valutazione per garantire che
siano prese tutte le misure appropriate per
prevenire gli effetti nocivi per la salute umana
e animale e per l'ambiente che potrebbero
insorgere in seguito all'emissione deliberata di
OGM. All'atto di valutare le domande di
immissione in commercio di prodotti che
contengono o sono costituiti da OGM,
l'Autorità consulta l'autorità nazionale
competente ai sensi della direttiva
2001/18/CE, designata da ciascuno Stato
membro a tal fine. Le autorità competenti
dispongono di 3 mesi dalla data di
ricevimento della domanda per rendere noto il
loro parere.
5. In caso di parere favorevole
all'autorizzazione del mangime il parere
comprende anche i seguenti elementi:
a) nome e indirizzo del richiedente;
b) denominazione del mangime e sua
descrizione;
c) se applicabile, le informazioni ai sensi
dell'allegato II del protocollo di Cartagena;
d) una proposta di etichettatura del mangime;
e) se applicabile, le eventuali condizioni o
restrizioni da imporre all'immissione in
commercio e/o le condizioni specifiche o le
restrizioni all'uso o alla manipolazione,
compresi i requisiti relativi al monitoraggio
successivo all'immissione in commercio sulla
base del risultato della valutazione del rischio
e, per gli OGM o i mangimi contenenti o
costituiti da OGM, le condizioni per la tutela
di particolari ecosistemi/ambienti e/o aree
geografiche;
f) il metodo, convalidato dal laboratorio
comunitario di riferimento, per la rilevazione,
compresi il campionamento e l'identificazione
dell'evento di trasformazione e, se applicabile,
per la rilevazione e l'identificazione
dell'evento di trasformazione nel mangime e/o
nel mangime da esso derivato; indicazione del
luogo in cui il materiale di riferimento è reso
disponibile;
g) se del caso, il piano di monitoraggio di cui
all'articolo 17, paragrafo 5, lettera b).
6. L'Autorità inoltra il suo parere alla
Commissione, agli Stati membri e al
richiedente, allegandovi una relazione in cui
descrive la sua valutazione del mangime e
comunica i motivi del parere e le informazioni
su cui esso si basa, compreso il parere delle
autorità competenti consultate conformemente
al paragrafo 4.
7. Conformemente all'articolo 38, paragrafo
1, del regolamento (CE) n. 178/2002,
l'Autorità rende pubblico il suo parere, dopo
averne eliminato tutte le informazioni
riservate, conformemente all'articolo 30 del
presente regolamento. Il pubblico può
presentare osservazioni alla Commissione
entro 30 giorni da tale pubblicazione.
73 1. Riferimenti normativi
Articolo 19
Autorizzazione.
1. Entro 3 mesi dal ricevimento del parere
dell'Autorità, la Commissione sottopone al
comitato di cui all'articolo 35 un progetto di
decisione da prendere in merito alla domanda
che tenga conto del parere dell'Autorità, della
pertinente normativa comunitaria e di altri
fattori legittimi pertinenti alla questione in
esame. Se la proposta di decisione non è
conforme al parere dell'Autorità, la
Commissione ne spiega le ragioni.
2. Qualsiasi progetto di decisione che preveda
il rilascio dell'autorizzazione comprende gli
elementi di cui all'articolo 18, paragrafo 5, il
nome del titolare dell'autorizzazione e, se del
caso, il codice di identificazione unico
attribuito all'OGM, come previsto dal
regolamento (CE) n. 1830/2003.
3. Una decisione finale sulla domanda è
adottata secondo la procedura di cui
all'articolo 35, paragrafo 2.
4. La Commissione informa senza indugio il
richiedente della decisione presa e ne pubblica
i dettagli nella Gazzetta ufficiale dell'Unione
europea.
5. L'autorizzazione concessa conformemente
alla procedura del presente regolamento è
valida in tutta la Comunità per un periodo di
dieci anni ed è rinnovabile conformemente
all'articolo 23. Il mangime autorizzato è
iscritto nel Registro di cui all'articolo 28.
Ciascuna annotazione nel Registro menziona
la data di autorizzazione e comprende gli
elementi di cui al paragrafo 2.
6. L'autorizzazione di cui alla presente
sezione non pregiudica altre disposizioni del
diritto comunitario che disciplinano l'uso e
l'immissione in commercio di sostanze
utilizzabili soltanto previa inclusione in un
elenco di sostanze registrate o autorizzate a
esclusione di altre.
7. La concessione dell'autorizzazione non
riduce la responsabilità generale in campo
civile e penale di un operatore del settore dei
mangimi in relazione al mangime in
questione.
8. I riferimenti fatti nelle parti A e D della
direttiva 2001/18/CE agli OGM autorizzati a
norma della parte C di detta direttiva, sono
ritenuti validi anche per gli OGM autorizzati a
norma del presente regolamento.
Articolo 20
Status dei prodotti esistenti.
1. In deroga all'articolo 16, paragrafo 2, i
prodotti che rientrano nel campo
d'applicazione della presente sezione e che
sono stati legalmente immessi sul mercato
comunitario prima della data di applicazione
del presente regolamento, possono rimanere
sul mercato e continuare ad essere utilizzati e
lavorati purché siano soddisfatte le seguenti
condizioni:
a) per quanto concerne i prodotti autorizzati in
virtù delle direttive 90/220/CEE o
2001/18/CE, compreso l'uso quali mangimi,
in virtù della direttiva 82/471/CEE, prodotti a
partire da OGM, o in virtù della direttiva
70/524/CEE, che contengono, sono costituiti
o sono prodotti a partire da OGM, gli
operatori responsabili della loro immissione
in commercio notificano alla Commissione la
data in cui essi sono stati per la prima volta
immessi sul mercato comunitario, entro sei
mesi dalla data di applicazione del presente
regolamento;
b) per quanto concerne i prodotti che sono
stati legalmente immessi sul mercato
comunitario ma che non rientrano nella lettera
a), gli operatori responsabili della loro
74 1. Riferimenti normativi
immissione sul mercato comunitario
notificano alla Commissione che i prodotti
sono stati immessi sul mercato comunitario
prima della data d'applicazione del presente
regolamento, entro sei mesi dalla data di
applicazione dello stesso.
2. La notifica di cui al paragrafo 1 è corredata
degli elementi menzionati all'articolo 17,
paragrafi 3 e 5, a seconda dei casi, che la
Commissione inoltra all'Autorità e agli Stati
membri. L'Autorità inoltra al laboratorio
comunitario di riferimento gli elementi di cui
all'articolo 17, paragrafo 3, lettere i) e j). Il
laboratorio comunitario di riferimento verifica
e convalida il metodo di rilevazione e di
identificazione proposto dal richiedente.
3. Entro un anno dalla data di applicazione del
presente regolamento e previa verifica che
siano state presentate ed esaminate tutte le
informazioni richieste, i prodotti in questione
sono iscritti nel registro. Ciascuna
annotazione nel registro comprende gli
opportuni elementi di cui all'articolo 19,
paragrafo 2 e, per quanto concerne i prodotti
di cui al paragrafo 1, lettera a), menziona la
data in cui essi sono stati per la prima volta
immessi sul mercato.
4. Entro nove anni dalla data in cui i prodotti
indicati al paragrafo 1, lettera a), sono stati
immessi per la prima volta sul mercato, e
comunque non prima di tre anni a decorrere
dalla data di applicazione del presente
regolamento, gli operatori responsabili della
loro immissione in commercio presentano una
domanda conformemente all'articolo 23, che
si applica per analogia.
Entro tre anni dalla data di applicazione del
presente regolamento, gli operatori
responsabili dell'immissione in commercio
dei prodotti di cui al paragrafo 1, lettera b),
presentano una domanda conformemente
all'articolo 23, che si applica per analogia.
5. I prodotti di cui al paragrafo 1 e i mangimi
che li contengono o sono da essi derivati sono
soggetti alle disposizioni del presente
regolamento, in particolare degli articoli 21,
22 e 34, che si applicano per analogia.
6. Qualora la notifica e gli elementi di
accompagnamento di cui ai paragrafi 1 e 2
non siano forniti entro il periodo specificato o
risultino erronei, oppure qualora una domanda
non sia stata presentata secondo le
disposizioni di cui al paragrafo 4 entro il
periodo stabilito, la Commissione, in
conformità della procedura di cui all'articolo
35, paragrafo 2, adotta un provvedimento per
disporre che il prodotto interessato e i suoi
eventuali derivati siano ritirati dal mercato.
Tale provvedimento può stabilire un periodo
di tempo limitato entro il quale sussiste la
possibilità di esaurire le scorte del prodotto.
7. In caso di autorizzazione non rilasciata a un
titolare specifico, l'operatore che importa,
produce o fabbrica i prodotti di cui al presente
articolo presenta l'informazione o la domanda
alla Commissione.
8. Norme dettagliate per l'attuazione del
presente articolo sono adottate secondo la
procedura stabilita all'articolo 35, paragrafo 2.
Articolo 21
Vigilanza.
1. Dopo la concessione di un'autorizzazione
conformemente al presente regolamento, il
titolare dell'autorizzazione e le parti
interessate si conformano alle eventuali
condizioni e restrizioni imposte
dall'autorizzazione e in particolare assicurano
che i prodotti che non sono previsti
nell'autorizzazione non siano immessi in
commercio come alimenti o mangimi. Se è
stato imposto il monitoraggio successivo
all'immissione in commercio di cui all'articolo
75 1. Riferimenti normativi
17, paragrafo 3, lettera k), e/o il monitoraggio
di cui all'articolo 17, paragrafo 5, lettera b), al
titolare dell'autorizzazione, questi assicura che
esso venga realizzato e presenta relazioni alla
Commissione conformemente a quanto
indicato nell'autorizzazione. Le relazioni sul
monitoraggio, escluse le informazioni
riservate di cui all'articolo 30 sono rese
accessibili al pubblico.
2. Il titolare dell'autorizzazione, se auspica
una modificazione dei termini
dell'autorizzazione, presenta domanda
conformemente all'articolo 17, paragrafo 2.
Gli articoli 17, 18 e 19 si applicano per
analogia.
3. Il titolare dell'autorizzazione informa
immediatamente la Commissione di qualsiasi
nuova informazione scientifica o tecnica
suscettibile di influire sulla valutazione della
sicurezza nell'uso del mangime. In particolare,
il titolare dell'autorizzazione informa
immediatamente la Commissione di qualsiasi
proibizione o restrizione imposta dall'autorità
competente di un paese terzo in cui il
mangime sia immesso in commercio.
4. La Commissione mette senza indugio a
disposizione dell'Autorità e degli Stati
membri le informazioni fornite dal
richiedente.
Articolo 22
Modifica, sospensione e revoca di
autorizzazioni.
1. Di propria iniziativa o in seguito alla
richiesta di uno Stato membro o della
Commissione, l'Autorità esprime un parere
sulla questione se un'autorizzazione rilasciata
per un prodotto di cui all'articolo 15,
paragrafo 1, continui a soddisfare le
condizioni stabilite dal presente regolamento
e trasmette immediatamente il proprio parere
alla Commissione, al titolare
dell'autorizzazione e agli Stati membri.
Conformemente all'articolo 38, paragrafo 1,
del regolamento (CE) n. 178/2002, l'Autorità
rende pubblico il suo parere, dopo averne
eliminato qualsiasi informazione considerata
riservata, conformemente all'articolo 30 del
presente regolamento. Il pubblico può
presentare osservazioni alla Commissione
entro 30 giorni dalla pubblicazione.
2. La Commissione esamina il parere
dell'Autorità quanto prima. Le misure
appropriate sono adottate conformemente
all'articolo 34. Se del caso, l'autorizzazione è
modificata, sospesa o revocata secondo la
procedura di cui all'articolo 19. 3. L'articolo
17, paragrafo 2 e gli articoli 18 e 19 si
applicano per analogia.
Articolo 23
Rinnovo delle autorizzazioni.
1. Le autorizzazioni ai sensi del presente
regolamento sono rinnovabili per periodi
decennali su presentazione alla Commissione
di una domanda del titolare
dell'autorizzazione all'autorità che l'ha
rilasciata almeno un anno prima della data di
scadenza.
2. La domanda è corredata dei seguenti
elementi:
a) una copia dell'autorizzazione di immissione
in commercio del mangime;
b) una relazione sui risultati del monitoraggio,
qualora richiesto dall'autorizzazione;
76 1. Riferimenti normativi
c) qualsiasi altra nuova informazione resasi
disponibile in relazione alla valutazione della
sicurezza nell'uso del mangime e ai rischi del
mangime per gli animali, gli esseri umani o
l'ambiente;
d) se del caso, una proposta di modifica o di
integrazione delle condizioni
dell'autorizzazione originale, tra cui le
condizioni relative al monitoraggio futuro.
3. L'articolo 17, paragrafo 2 e gli articoli 18 e
19 si applicano per analogia.
4. Se, per motivi che esulano dal controllo del
titolare dell'autorizzazione, non è presa
nessuna decisione in merito al rinnovo di cui
all'autorizzazione prima della sua data di
scadenza, il periodo di autorizzazione del
prodotto è esteso automaticamente fino al
momento in cui è presa una decisione.
5. Le regole di attuazione per l'applicazione
del presente articolo, incluse quelle relative
alla preparazione e alla presentazione della
domanda, sono stabilite dalla Commissione
previa consultazione dell'Autorità, secondo la
procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 2.
6. L'Autorità pubblica orientamenti dettagliati
per aiutare il richiedente nella preparazione e
presentazione della domanda.
Capo III
Mangimi geneticamente modificati
Sezione 2
Etichettatura
Articolo 24
Campo di applicazione.
1. La presente sezione si applica ai mangimi
di cui all'articolo 15, paragrafo 1.
2. La presente sezione non si applica ai
mangimi che contengono materiali che
contengono, sono costituiti o sono prodotti a
partire da OGM presenti in una proporzione
non superiore allo 0,9% per mangime e per
ciascun mangime di cui esso è composto,
purché tale presenza sia accidentale o
tecnicamente inevitabile.
3. Per stabilire se la presenza di tale materiale
sia accidentale o tecnicamente inevitabile, gli
operatori devono essere in grado di
dimostrare alle autorità competenti di aver
preso tutte le misure appropriate per evitarne
la presenza.
4. Le misure intese a modificare elementi non
essenziali del presente regolamento,
completandolo e fissando soglie inferiori
appropriate, in particolare per quanto riguarda
gli alimenti che contengono o sono costituiti
da OGM, o tenendo conto dei progressi
scientifici e tecnologici sono adottate secondo
la procedura di regolamentazione con
controllo di cui all‘articolo 35, paragrafo 3 32
.
Articolo 25
Requisiti.
1. Fatte salve le altre disposizioni del diritto
comunitario concernenti l'etichettatura dei
mangimi, i mangimi di cui all'articolo 15,
paragrafo 1, sono soggetti ai seguenti requisiti
specifici in materia di etichettatura.
32
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del
regolamento (CE) n. 298/2008.
77 1. Riferimenti normativi
2. Nessuno può immettere sul mercato
mangimi di cui all'articolo 15, paragrafo 1, se
i particolari sotto indicati non compaiono, in
modo chiaramente visibile, leggibile e
indelebile, su un documento di
accompagnamento o, se del caso, sulla
confezione, sul contenitore o su un'etichetta
ad esso attaccata.
Ciascun mangime di cui è composto un
mangime specifico è soggetto alle seguenti
norme:
a) per quelli di cui all'articolo 15, paragrafo 1,
lettere a) e b), la denominazione ―[nome
dell'organismo] geneticamente modificato‖
appare tra parentesi immediatamente dopo la
denominazione specifica del mangime in
questione.
In alternativa tale denominazione può
apparire in una nota in calce all'elenco dei
mangimi. Le dimensioni dei caratteri di
stampa di tale denominazione devono essere
almeno le stesse di quelli dell'elenco dei
mangimi;
b) per quelli di cui all'articolo 15, paragrafo 1,
lettera c), la denominazione ―prodotto da
[nome dell'organismo] geneticamente
modificato‖ appare tra parentesi
immediatamente dopo la denominazione
specifica del mangime.
In alternativa tale denominazione può
apparire in una nota in calce all'elenco dei
mangimi. Le dimensioni dei caratteri di
stampa di tale denominazione devono essere
almeno le stesse di quelli dell'elenco dei
mangimi;
c) come indicato nell'autorizzazione, è
menzionata qualsiasi caratteristica del
mangime di cui all'articolo 15, paragrafo 1,
come quelle indicate qui di seguito, che risulti
essere differente dalla corrispondente versione
tradizionale:
i) composizione,
ii) proprietà nutrizionali,
iii) uso previsto,
iv) implicazioni per la salute di certe specie o
categorie di animali;
d) come indicato nell'autorizzazione, deve
essere menzionata qualsiasi caratteristica o
proprietà per le quali un mangime possa dar
luogo a preoccupazioni di ordine etico o
religioso.
3. Oltre ai requisiti di cui al paragrafo 2,
lettere a) e b), e come specificato
dall'autorizzazione, l'etichettatura o i
documenti di accompagnamento dei mangimi
che rientrano nell'ambito d'applicazione della
presente sezione e per i quali non vi sia una
versione tradizionale devono contenere
informazioni appropriate sulla natura e le
caratteristiche del mangime in questione.
Articolo 26 33
Misure di attuazione.
1. La Commissione può adottare le seguenti
misure:
- misure necessarie affinché gli operatori
dimostrino alle autorità competenti quanto
indicato all‘articolo 24, paragrafo 3,
- misure necessarie affinché gli operatori
soddisfino i requisiti in materia di
etichettatura di cui all‘articolo 25.
33
Articolo così sostituito dall'articolo 1 del
regolamento (CE) n. 298/2008.
78 1. Riferimenti normativi
Tali misure, intese a modificare elementi non
essenziali del presente regolamento, anche
completandolo, sono adottate secondo la
procedura di regolamentazione con controllo
di cui all‘articolo 35, paragrafo 3.
2. Inoltre, possono essere adottate secondo la
procedura di regolamentazione di cui
all‘articolo 35, paragrafo 2, disposizioni
dettagliate volte a facilitare l‘applicazione
uniforme dell‘articolo 25.
Capo IV
Disposizioni comuni
Articolo 27
Prodotti atti ad essere usati in qualità di
alimenti e mangimi.
1. Se un prodotto è atto ad essere usato in
qualità sia di alimento che di mangime, va
presentata un'unica domanda ai sensi degli
articoli 5 e 17, che dà luogo a un unico parere
da parte dell'Autorità e ad un'unica decisione
della Comunità.
2. L'Autorità considera se la domanda di
autorizzazione debba essere presentata sia per
l'alimento che per il mangime.
Articolo 28 34
Registro comunitario.
1. La Commissione istituisce e tiene un
Registro comunitario degli alimenti e dei
mangimi geneticamente modificati, qui di
seguito detto il ―Registro‖.
2. Il Registro è accessibile al pubblico.
Articolo 29
Accesso del pubblico.
1. La domanda di autorizzazione, le
informazioni supplementari fornite dal
richiedente, i pareri delle autorità competenti
designate ai sensi dell'articolo 4 della
direttiva 2001/18/CE, le relazioni di
monitoraggio e le informazioni del titolare
dell'autorizzazione, escluse le informazioni
riservate, sono messi a disposizione del
pubblico.
2. L'Autorità, nel trattare le domande di
accesso a documenti da essa detenuti, applica
i principi del regolamento (CE) n. 1049/2001
del Parlamento europeo e del Consiglio, del
30 maggio 2001, relativo all'accesso del
pubblico ai documenti del Parlamento
europeo, del Consiglio e della Commissione.
3. Gli Stati membri trattano le domande di
accesso ai documenti ricevute a norma del
presente regolamento conformemente
all'articolo 5 del regolamento (CE) n.
1049/2001.
34
Le voci relative al granturco SYN-EV176-9 nel
registro comunitario degli alimenti e dei mangimi
geneticamente modificati, di cui al presente articolo,
sono modificate al fine di tener conto della decisione
2007/304/CE in base a quanto disposto dal suo articolo
3.
79 1. Riferimenti normativi
Articolo 30
Riservatezza.
1. Il richiedente può indicare quali
informazioni presentate ai sensi del presente
regolamento desidera siano trattate in modo
riservato in quanto la loro rivelazione
potrebbe danneggiare significativamente la
sua posizione concorrenziale. In tale caso
deve essere fornita una giustificazione
verificabile.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, la Commissione
determina, previa consultazione del
richiedente, quali informazioni debbano
essere mantenute riservate e informa il
richiedente della sua decisione.
3. Le informazioni concernenti i seguenti
aspetti non sono considerate riservate:
a) denominazione e composizione
dell'organismo, dell'alimento o del mangime
geneticamente modificato di cui all'articolo 3,
paragrafo 1, e all'articolo 15, paragrafo 1,
nonché, se del caso, l'indicazione del
substrato e del microrganismo;
b) descrizione generale dell'OGM e nome e
indirizzo del titolare dell'autorizzazione;
c) caratteristiche fisico-chimiche e biologiche
dell'organismo, dell'alimento o del mangime
geneticamente modificato, di cui all'articolo 3,
paragrafo 1 e all'articolo 15, paragrafo 1;
d) effetti dell'organismo, dell'alimento o del
mangime geneticamente modificato, di cui
all'articolo 3, paragrafo 1 e all'articolo 15,
paragrafo 1, sulla salute umana e animale e
sull'ambiente;
e) effetti dell'organismo, dell'alimento o del
mangime geneticamente modificato di cui
all'articolo 3, paragrafo 1 e all'articolo 15,
paragrafo 1, sulle caratteristiche dei prodotti
animali e le loro proprietà nutrizionali;
f) metodi di rilevazione, compresi il
campionamento e l'identificazione dell'evento
di trasformazione e, se del caso, di rilevazione
e identificazione dell'evento di trasformazione
nell'alimento o nel mangime di cui all'articolo
3, paragrafo 1 e all'articolo 15, paragrafo 1;
g) informazioni sul trattamento dei residui e
interventi in caso di emergenza.
4. Fatto salvo il paragrafo 2, l'Autorità
fornisce, a richiesta, alla Commissione e agli
Stati membri tutte le informazioni in suo
possesso.
5. Il ricorso a metodi di rilevazione e la
riproduzione dei materiali di riferimento di
cui all'articolo 5, paragrafo 3 e all'articolo 17,
paragrafo 3, ai fini dell'applicazione del
presente regolamento agli OGM, alimenti o
mangimi cui si riferisce la domanda, non è
limitato dall'esercizio di diritti di proprietà
intellettuale o in altro modo.
6. La Commissione, l'Autorità e gli Stati
membri adottano le misure necessarie per
garantire un'adeguata riservatezza delle
informazioni da essi ricevute ai sensi del
presente regolamento, fatte salve le
informazioni che devono essere divulgate
laddove le circostanze lo richiedono onde
proteggere la salute umana e animale e
l'ambiente.
7. Se un richiedente ritira o ha ritirato una
domanda, l'Autorità, la Commissione e gli
Stati membri rispettano la riservatezza delle
informazioni commerciali e industriali,
comprese le informazioni in materia di ricerca
e sviluppo e quelle in merito alla cui
riservatezza la Commissione e il richiedente
discordano.
80 1. Riferimenti normativi
Articolo 31
Protezione dei dati.
I dati scientifici e le altre informazioni
contenute nella domanda e richiesti ai sensi
dell'articolo 5, paragrafi 3 e 5, e dell'articolo
17, paragrafi 3 e 5, non possono essere usati a
beneficio di un altro richiedente per un
periodo di dieci anni dalla data
dell'autorizzazione, a meno che l'altro
richiedente non abbia concordato con il
titolare dell'autorizzazione la possibilità di
usare tali informazioni.
Alla scadenza del periodo decennale i risultati
totali o parziali delle valutazioni condotte
sulla base dei dati scientifici o delle
informazioni contenuti nel dossier della
domanda possono essere usati dall'Autorità a
beneficio di un altro richiedente se
quest'ultimo può dimostrare che l'alimento o il
mangime per il quale chiede l'autorizzazione è
essenzialmente simile a un alimento o
mangime già autorizzato ai sensi del presente
regolamento.
Articolo 32 35
Laboratorio comunitario di riferimento.
Il laboratorio comunitario di riferimento, i
suoi compiti e le sue mansioni sono quelli
indicati nell'allegato.
35
Vedi il regolamento (CE) n. 1981/2006 per le regole
dettagliate sull'attuazione del presente articolo.
Possono essere istituiti laboratori nazionali di
riferimento secondo la procedura di cui
all'articolo 35, paragrafo 2.
I richiedenti l'autorizzazione per alimenti o
mangimi geneticamente modificati
contribuiscono a sostenere i costi delle
mansioni del laboratorio comunitario di
riferimento e della Rete europea di laboratori
per gli OGM menzionati nell'allegato.
I contributi versati dai richiedenti
l'autorizzazione non devono essere superiori
ai costi sostenuti per convalidare i metodi di
rilevazione.
Disposizioni dettagliate per l‘attuazione del
presente articolo e dell‘allegato possono
essere adottate secondo la procedura di
regolamentazione di cui all‘articolo 35,
paragrafo 2.
Le misure intese a modificare elementi non
essenziali del presente regolamento e che
adeguano l‘allegato sono adottate secondo la
procedura di regolamentazione con controllo
di cui all‘articolo 35, paragrafo 336
.
Articolo 33
Consultazione del Gruppo europeo per l'etica
delle scienze e delle nuove tecnologie.
1. La Commissione, di sua iniziativa o su
richiesta di uno Stato membro, può consultare
il Gruppo europeo di etica delle scienze e
nuove tecnologie o ogni altro organismo
appropriato che possa istituire, al fine di
ottenere il suo parere su questioni di ordine
etico.
36
L'originario quinto comma è stato così sostituito
dagli attuali quinto e sesto comma in base all'articolo 1
del regolamento (CE) n. 298/2008.
81 1. Riferimenti normativi
2. La Commissione rende accessibili al
pubblico tali pareri.
Articolo 34
Misure d'emergenza.
Quando sia manifesto che prodotti autorizzati
dal presente regolamento o conformemente
allo stesso possono comportare un grave
rischio per la salute umana, per la salute degli
animali o per l'ambiente ovvero qualora, alla
luce di un parere dell'Autorità formulato ai
sensi degli articoli 10 e 22, sorga la necessità
di sospendere o modificare urgentemente
un'autorizzazione, sono adottate misure
conformemente alle procedure previste agli
articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n.
178/2002.
Articolo 35
Procedura di comitato.
1. La Commissione è assistita dal comitato
permanente per la catena alimentare e la
salute degli animali istituito dall'articolo 58
del regolamento (CE) n. 178/2002, in seguito
denominato ―il comitato‖.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al
presente paragrafo, si applicano gli articoli 5
e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo
conto delle disposizioni dell'articolo 8 della
stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6,
della decisione 1999/468/CE è fissato a tre
mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al
presente paragrafo, si applicano l‘articolo 5
bis, paragrafi da 1 a 4, e l‘articolo 7 della
decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle
disposizioni dell‘articolo 8 della stessa 37
.
Articolo 36
Riesame amministrativo.
Le decisioni o le omissioni di azioni in virtù
dei poteri conferiti all'Autorità dal presente
regolamento possono essere riesaminate dalla
Commissione di propria iniziativa o in seguito
a richiesta da parte di uno Stato membro o di
qualsiasi persona direttamente e
individualmente interessata.
Allo scopo è presentata una richiesta alla
Commissione entro due mesi dal giorno in cui
la parte interessata ha avuto conoscenza
dell'atto o dell'omissione in questione.
La Commissione prende una decisione entro
due mesi chiedendo all'Autorità, se del caso,
di ritirare la sua decisione o di rimediare
all'omissione in questione.
Articolo 37
Abrogazioni.
Sono abrogati i seguenti regolamenti, con
effetto a decorrere dalla data di applicazione
del presente regolamento:
37
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del
regolamento (CE) n. 298/2008.
82 1. Riferimenti normativi
- regolamento (CE) n. 1139/98,
- regolamento (CE) n. 49/2000,
- regolamento (CE) n. 50/2000.
Articolo 38
Modifiche del regolamento (CE) n. 258/97.
Il regolamento (CE) n. 258/97 è modificato
nel modo seguente, con effetto a partire dalla
data di applicazione del presente regolamento.
1) Sono abrogate le seguenti disposizioni:
- articolo 1, paragrafo 2, lettere a) e b),
- articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, e
paragrafo 3,
- articolo 8, paragrafo 1, lettera d),
- articolo 9.
2) All'articolo 3, la prima frase del paragrafo
4 è sostituita dal testo seguente:
... 38
.
38
Il testo omesso è riportato in modifica al
regolamento (CE) n. 258/97.
Articolo 39
Modifica della direttiva 82/471/CEE.
Il seguente paragrafo è aggiunto all'articolo 1
della direttiva 82/471/CEE con effetto a
partire dalla data di applicazione del presente
regolamento.
...39
.
Articolo 40
Modifiche della direttiva 2002/53/CE.
La direttiva 2002/53/CE è modificata nel
modo seguente, con effetto a partire dalla data
di applicazione del presente regolamento.
1) All'articolo 4, il paragrafo 5 è sostituito dal
testo seguente:
...40
.
2) All'articolo 7, il paragrafo 5 è sostituito dal
testo seguente:
...41
.
39
Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva
82/471/CEE. 40
Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva
2002/53/CE. 41
Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva
2002/53/CE.
83 1. Riferimenti normativi
Articolo 41
Modifiche della direttiva 2002/55/CE.
La direttiva 2002/55/CE è modificata nel
modo seguente, con effetto a partire dalla data
di applicazione del presente regolamento.
1) All'articolo 4, il paragrafo 3 è sostituito dal
testo seguente:
... 42
.
2) All'articolo 7, il paragrafo 5 è sostituito dal
testo seguente:
...43
.
Articolo 42
Modifiche della direttiva 68/193/CEE.
Nella direttiva 68/193/CEE, all'articolo 5 ter
bis, il paragrafo 3 è sostituito dal testo
seguente, con effetto a partire dalla data di
applicazione del presente regolamento:
... 44
.
42
Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva
2002/55/CE 43
Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva
2002/55/CE. 44
Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva
68/193/CEE.
Articolo 43
Modifiche della direttiva 2001/18/CE.
La direttiva 2001/18/CE è modificata, con
effetto dalla data di entrata in vigore del
presente regolamento, come segue:
1) È inserito il seguente articolo:
...45
.
2) È inserito il seguente articolo:
...46
.
Articolo 44
Informazioni da fornire in conformità del
protocollo di Cartagena.
1. Qualsiasi autorizzazione, rinnovo,
modifica, sospensione o revoca di
autorizzazione di un organismo, alimento o
mangime geneticamente modificato di cui
all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), e/o b) e
all'articolo 15, paragrafo 1, lettere a) e/o b), è
notificato dalla Commissione alle parti del
protocollo di Cartagena per il tramite del
Centro di scambio d'informazioni sulla
biosicurezza conformemente all'articolo 11,
paragrafo 1 o all'articolo 12, paragrafo 1, del
protocollo di Cartagena, a seconda dei casi.
La Commissione fornisce per iscritto copie
delle informazioni al punto focale nazionale
di ciascuna parte che informi previamente il
segretariato di non avere accesso al Centro di
scambio di informazioni sulla biosicurezza.
45
Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva
2001/18/CE. 46
Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva
2001/18/CE.
84 1. Riferimenti normativi
2. La Commissione inoltre tratta le richieste
di informazioni supplementari eventualmente
avanzate dalle parti ai sensi dell'articolo 11,
paragrafo 3, del protocollo di Cartagena e
fornisce copie delle leggi, dei regolamenti e
degli orientamenti in conformità dell'articolo
11, paragrafo 5, di tale protocollo.
Articolo 45
Sanzioni.
Gli Stati membri stabiliscono le norme
relative alle sanzioni applicabili alle infrazioni
al presente regolamento e prendono tutte le
misure necessarie per assicurare la loro
attuazione. Le sanzioni previste devono essere
effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati
membri notificano tali disposizioni alla
Commissione al massimo sei mesi dopo
l'entrata in vigore del presente regolamento e
le notificano immediatamente qualsiasi
successiva modifica ad esse apportata.
Articolo 46
Misure transitorie in materia di domande,
etichettatura e notifiche.
1. Le domande presentate in virtù dell'articolo
4 del regolamento (CE) n. 258/97 prima della
data di applicazione del presente regolamento
sono trasformate in domande ai sensi del capo
II, sezione 1, del presente regolamento
laddove la relazione valutativa iniziale di cui
all'articolo 6, paragrafo 3, del regolamento
(CE) n. 258/97 non sia stata ancora inoltrata
alla Commissione, nonché in tutti i casi in cui
sia richiesta una relazione valutativa
addizionale conformemente all'articolo 6,
paragrafi 3 o 4, del regolamento (CE) n.
258/97. Altre richieste presentate ai sensi
dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 258/97
prima della data di applicazione del presente
regolamento sono trattate ai sensi delle
disposizioni del regolamento (CE) n. 258/97,
nonostante l'articolo 38 del presente
regolamento.
2. I requisiti di etichettatura stabiliti dal
presente regolamento non si applicano ai
prodotti il cui processo di fabbricazione è
cominciato prima della data di applicazione
del presente regolamento, purché essi siano
etichettati conformemente alla normativa loro
applicabile prima della data di applicazione
del presente regolamento.
3. Le notifiche concernenti prodotti che
possono essere utilizzati in qualità di mangimi
presentate ai sensi dell'articolo 13 della
direttiva 2001/18/CE prima della data di
applicazione del presente regolamento sono
trasformate in domande ai sensi del capo III,
sezione 1, del presente regolamento qualora la
relazione valutativa di cui all'articolo 14 della
direttiva 2001/18/CE non sia ancora stata
inviata alla Commissione.
4. Le domande presentate in relazione a
prodotti di cui all'articolo 15, paragrafo 1,
lettera c), del presente regolamento in virtù
dell'articolo 7 della direttiva 82/471/CEE
prima della data di applicazione del presente
regolamento sono trasformate in domande ai
sensi del capo III, sezione 1, del presente
regolamento.
5. Le domande presentate in relazione a
prodotti di cui all'articolo 15, paragrafo 1, del
presente regolamento in virtù dell'articolo 4
della direttiva 70/524/CEE prima della data di
applicazione del presente regolamento sono
integrate da domande ai sensi del capo III,
sezione 1, del presente regolamento.
85 1. Riferimenti normativi
Articolo 47
Misure transitorie in caso di presenza
accidentale o tecnicamente inevitabile di
materiale geneticamente modificato che è
stato oggetto di una valutazione del rischio
favorevole.
1. La presenza negli alimenti o nei mangimi
di materiale che contenga OGM o sia
costituito o derivato da OGM in proporzione
non superiore allo 0,5% non è considerata una
violazione dell'articolo 4, paragrafo 2, né
dell'articolo 16, paragrafo 2, purché:
a) tale presenza sia accidentale o tecnicamente
inevitabile;
b) il materiale geneticamente modificato sia
stato oggetto di una valutazione favorevole da
parte del comitato o dei comitati scientifici
competenti o dell'Autorità prima della data di
applicazione del presente regolamento;
c) la domanda di autorizzazione non sia stata
respinta in conformità alla legislazione
comunitaria pertinente;
d) i metodi di rilevazione siano resi pubblici.
2. Per stabilire se la presenza di tale materiale
sia accidentale o tecnicamente inevitabile, gli
operatori devono essere in grado di
dimostrare alle autorità competenti di aver
preso tutte le misure appropriate per evitarne
la presenza.
3. Le misure intese a modificare elementi non
essenziali del presente regolamento,
completandolo e abbassando le soglie di cui al
paragrafo 1, in particolare per gli OGM
venduti direttamente al consumatore finale,
sono adottate secondo la procedura di
regolamentazione con controllo di cui
all‘articolo 35, paragrafo 3 47
.
4. Le norme dettagliate per l'applicazione del
presente articolo sono adottate secondo la
procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 2.
5. Il presente articolo è applicabile per un
periodo di 3 anni dalla data di applicazione
del presente regolamento.
Articolo 48
Riesame.
1. Entro il 7 novembre 2005 e alla luce delle
esperienze acquisite, la Commissione invia al
Parlamento europeo e al Consiglio una
relazione sull'attuazione del presente
regolamento, in particolare dell'articolo 47,
accompagnata, se del caso, da opportune
proposte. La relazione e le eventuali proposte
sono rese accessibili al pubblico.
2. Fatti salvi i poteri delle autorità nazionali,
la Commissione provvede a monitorare
l'applicazione del presente regolamento e il
suo impatto sulla salute umana e animale,
sulla protezione dei consumatori,
l'informazione agli stessi e il funzionamento
del mercato interno e, se necessario, avanza
proposte nel più breve tempo possibile.
Articolo 49
Entrata in vigore.
47
Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del
regolamento (CE) n. 298/2008.
86 1. Riferimenti normativi
Il presente regolamento entra in vigore il
ventesimo giorno dalla pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento si applica a decorrere
da sei mesi dopo la data di pubblicazione del
presente regolamento.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti
i suoi elementi e direttamente applicabile in
ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 22 settembre 2003.
Per il Parlamento europeo
Il Presidente
P. Cox
Per il Consiglio
Il Presidente
R. Buttiglione
Allegato
Compiti e funzioni del laboratorio
comunitario di riferimento
1. Il laboratorio comunitario di riferimento di
cui all'articolo 32 è il Centro comune di
ricerca della Commissione.
2. Per i compiti e le funzioni descritti nel
presente allegato, il laboratorio comunitario di
riferimento è assistito dai laboratori nazionali
di riferimento di cui all'articolo 32, che sono
di conseguenza considerati membri del
consorzio denominato ―rete europea di
laboratori OGM‖ 48
.
3. Il laboratorio comunitario di riferimento è
in particolare responsabile dei seguenti
aspetti:
a) ricevimento, preparazione, conservazione,
trattamento e distribuzione ai membri della
rete europea di laboratori OGM degli idonei
campioni di controllo positivi e negativi in
subordine alla garanzia, offerta dai membri in
questione, del rispetto della natura riservata
dei dati ricevuti, se del caso;
b) fatte salve le responsabilità dei laboratori
comunitari di riferimento di cui all'articolo 32
del regolamento (CE) n. 882/2004 del
Parlamento europeo e del Consiglio ,
distribuzione ai laboratori nazionali di
riferimento ai sensi dell'articolo 33 di tale
regolamento degli adeguati campioni di
controllo positivi e negativi in subordine alla
garanzia fornita da tali laboratori del rispetto
della natura riservata dei dati ricevuti, se del
caso;
c) valutazione dei dati forniti dal richiedente
per l'autorizzazione a immettere l'alimento o il
mangime sul mercato, onde verificare e
convalidare il metodo di campionamento e di
rilevazione;
d) verifica e validazione del metodo di
rilevazione, compresi il campionamento e
l'identificazione della modificazione e, se del
caso, rilevazione e identificazione della
modificazione nell'alimento o nel mangime;
e) presentazione di relazioni valutative
complete all'Autorità 49
.
4. Il laboratorio comunitario di riferimento
riveste un ruolo essenziale nella composizione
48
Punto così sostituito dall'allegato III del regolamento
(CE) n. 1981/2006. 49
Punto così sostituito dall'allegato III del regolamento
(CE) n. 1981/2006.
87 1. Riferimenti normativi
di controversie riguardanti i risultati dei
compiti di cui al presente allegato, a
prescindere dalle responsabilità dei laboratori
comunitari di riferimento di cui all'articolo 32
del regolamento (CE) n. 882/2004 50
.
Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1830/2003
Regolamento del Parlamento europeo e del
Consiglio concernente la tracciabilità e
l'etichettatura di organismi geneticamente
modificati e la tracciabilità di alimenti e
mangimi ottenuti da organismi geneticamente
modificati, nonché recante modifica della
direttiva 2001/18/CE
Il Parlamento europeo e il Consiglio
dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare l'articolo 95, paragrafo
1,
vista la proposta della Commissione 51
,
visto il parere del Comitato economico e
sociale europeo 52
,
visto il parere del Comitato delle regioni 53
,
deliberando secondo la procedura di cui
all'articolo 251 del trattato 54
,
50
Punto così sostituito dall'allegato III del regolamento
(CE) n. 1981/2006. 51
Pubblicata nella G.U.C.E. 30 ottobre 2001, n. C 304
E e G.U.C.E. 31 dicembre 2002, n. C 331 E. 52
Pubblicato nella G.U.C.E. 27 maggio 2002, n. C 125. 53
Pubblicato nella G.U.C.E. 14 novembre 2002, n. C
278.
considerando quanto segue:
(1) La direttiva 2001/18/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001,
sull'emissione deliberata nell'ambiente di
organismi geneticamente modificati, obbliga
gli Stati membri ad adottare misure per
garantire la tracciabilità e l'etichettatura degli
organismi geneticamente modificati (OGM)
autorizzati, in tutte le fasi della loro
immissione in commercio.
(2) Eventuali differenze tra disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative
nazionali in materia di tracciabilità ed
etichettatura degli OGM in quanto prodotti o
contenuti nei prodotti e in materia di
tracciabilità degli alimenti e dei mangimi
ottenuti da OGM potrebbero ostacolarne la
libera circolazione, creando condizioni di
concorrenza distorta e sleale.
L'armonizzazione del quadro normativo
comunitario in materia di tracciabilità ed
etichettatura degli OGM dovrebbe contribuire
al funzionamento efficace del mercato
interno. La direttiva 2001/18/CE dovrebbe
essere modificata di conseguenza.
(3) L'introduzione di prescrizioni in materia di
tracciabilità degli OGM dovrebbe facilitare
sia il ritiro di prodotti dal mercato, qualora si
constatino imprevisti effetti nocivi per la
salute umana o degli animali oppure per
l'ambiente, compresi gli ecosistemi, sia il
monitoraggio inteso ad esaminare i potenziali
effetti soprattutto sull'ambiente. La
tracciabilità dovrebbe agevolare anche
l'attuazione di misure di gestione del rischio,
conformemente al principio di precauzione.
54
Parere 3 luglio 2002 del Parlamento europeo,
posizione comune 17 marzo 2003 del Consiglio
(G.U.U.E. 13 maggio 2003, n. C 113 E), decisione 2
luglio 2003 del Parlamento europeo e decisione 22
luglio 2003 del Consiglio.
88 1. Riferimenti normativi
(4) È opportuno stabilire requisiti in materia
di tracciabilità degli alimenti e dei mangimi
ottenuti da OGM per agevolarne un'accurata
etichettatura, conformemente al disposto del
regolamento (CE) n. 1829/2003 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 22
settembre 2003, relativo agli alimenti e ai
mangimi geneticamente modificati, in modo
da assicurare ad operatori e consumatori
un'informazione accurata che permetta loro di
esercitare un'effettiva libertà di scelta nonché
il controllo e la verifica delle diciture apposte
sulle etichette. È opportuno prevedere
requisiti simili sia per gli alimenti che per i
mangimi ottenuti da OGM per evitare di
interrompere la continuità delle informazioni
qualora l'uso finale dei prodotti sia
modificato.
(5) La trasmissione e la conservazione
dell'informazione che i prodotti contengono o
sono costituiti da OGM, nonché i codici
esclusivi assegnati a detti OGM, in tutte le
fasi della loro immissione in commercio, sono
fondamentali ai fini della tracciabilità e
dell'etichettatura degli OGM stessi. I codici
possono essere utilizzati per accedere alle
informazioni specifiche sugli OGM contenute
in un registro e per agevolarne
l'identificazione, la rilevazione e il
monitoraggio, in conformità della direttiva
2001/18/CE.
(6) La trasmissione e la conservazione
dell'informazione che determinati alimenti e
mangimi sono stati ottenuti da OGM sono
anche fondamentali ai fini della tracciabilità
di prodotti ottenuti da OGM.
(7) La normativa comunitaria riguardante gli
OGM usati come mangimi o in essi contenuti
dovrebbe applicarsi anche ai mangimi per
animali non destinati alla produzione di
alimenti.
(8) Dovrebbero essere messi a punto
orientamenti sui metodi di campionamento e
di rilevazione per favorire un approccio
coordinato in materia di controlli e di
ispezioni e per garantire agli operatori la
certezza del diritto. Occorrerebbe tener conto
dei registri contenenti le informazioni sulle
modificazioni genetiche negli OGM istituiti
dalla Commissione ai sensi dell'articolo 31,
paragrafo 2, della direttiva 2001/18/CE e
dell'articolo 29 del regolamento (CE) n.
1829/2003.
(9) Gli Stati membri dovrebbero prevedere
norme relative a sanzioni applicabili in caso
di violazione delle disposizioni del presente
regolamento.
(10) La presenza di tracce di OGM nei
prodotti può essere accidentale o
tecnicamente inevitabile. Tale presenza non
dovrebbe pertanto far scattare
automaticamente l'applicazione dei requisiti
in materia di etichettatura e tracciabilità. È
pertanto necessario fissare soglie per la
presenza accidentale o tecnicamente
inevitabile di materiale che sia costituito,
contenga o sia ottenuto da OGM, sia qualora
l'immissione in commercio di siffatti OGM
sia autorizzata nella Comunità, sia qualora la
loro presenza accidentale o tecnicamente
inevitabile sia tollerata ai sensi dell'articolo
47 del regolamento (CE) n. 1829/2003. È
altresì opportuno stabilire che, qualora il
livello combinato della presenza accidentale o
tecnicamente inevitabile del materiale
summenzionato in un alimento o un mangime
o in uno dei loro componenti sia più alto di
tale soglia prevista per l'etichettatura, tale
presenza sia indicata conformemente alle
disposizioni del presente regolamento e siano
adottate norme dettagliate di applicazione
dello stesso.
(11) È necessario garantire che il consumatore
riceva un'informazione completa e attendibile
relativamente agli OGM e ai prodotti, agli
alimenti e ai mangimi da essi ottenuti, onde
consentirgli di operare una scelta informata.
(12) Le misure necessarie per l'applicazione
del presente regolamento sono adottate
secondo la decisione 1999/468/CE del
89 1. Riferimenti normativi
Consiglio, del 28 giugno 1999, recante
modalità per l'esercizio delle competenze di
esecuzione conferite alla Commissione.
(13) Prima di poter applicare le disposizioni
in materia di tracciabilità e di etichettatura
occorrerebbe definire i sistemi di
determinazione e assegnazione degli
identificatori unici degli OGM.
(14) Occorre che la Commissione sottoponga
al Parlamento europeo e al Consiglio una
relazione sull'attuazione del presente
regolamento e, segnatamente, sull'efficacia
delle regole in materia di tracciabilità e di
etichettatura.
(15) Il presente regolamento rispetta i diritti
fondamentali e osserva i principi riconosciuti,
segnatamente, nella Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea,
hanno adottato il presente regolamento:
Articolo 1
Obiettivi.
Il presente regolamento istituisce un quadro
normativo per la tracciabilità dei prodotti
contenenti organismi geneticamente
modificati (OGM) o da essi costituiti e degli
alimenti e mangimi ottenuti da OGM, allo
scopo di facilitare un'accurata etichettatura, il
monitoraggio degli effetti sull'ambiente e, se
del caso, sulla salute, nonché l'attuazione
delle misure adeguate di gestione dei rischi,
compreso, se necessario, il ritiro dei prodotti.
Articolo 2
Campo d'applicazione.
1. Il presente regolamento si applica, in tutte
le fasi della loro immissione in commercio:
a) ai prodotti contenenti OGM o da essi
costituiti, immessi in commercio in
conformità del diritto comunitario;
b) agli alimenti ottenuti da OGM, immessi in
commercio in conformità del diritto
comunitario;
c) ai mangimi ottenuti da OGM, immessi in
commercio in conformità del diritto
comunitario.
2. Il presente regolamento non si applica ai
medicinali per uso umano e veterinario
autorizzati ai sensi del regolamento (CEE) n.
2309/93.
Articolo 3
Definizioni.
Ai fini del presente regolamento si intende
per:
1) ―organismo geneticamente modificato‖ o
―OGM‖, un organismo geneticamente
modificato così come definito all'articolo 2,
paragrafo 2, della direttiva 2001/18/CE, ad
esclusione degli organismi ottenuti mediante
le tecniche di modificazione genetica elencate
nell'allegato IB della stessa direttiva;
2) ―ottenuto da OGM‖, derivato interamente o
parzialmente da OGM, ma non contenente
OGM o da essi costituito;
3) ―tracciabilità‖, la capacità di rintracciare
OGM e prodotti ottenuti da OGM in tutte le
90 1. Riferimenti normativi
fasi dell'immissione in commercio attraverso
la catena di produzione e di distribuzione;
4) ―identificatore unico‖, un semplice codice
numerico o alfanumerico volto a identificare
un OGM, sulla base dell'evento di
trasformazione autorizzato mediante il quale è
stato sviluppato e a permettere il recupero dei
dati specifici pertinenti a quell'OGM;
5) ―operatore‖, la persona fisica o giuridica
che immette in commercio un prodotto,
nonché la persona fisica o giuridica cui è
fornito un prodotto immesso in commercio
nella Comunità, proveniente da uno Stato
membro o da un paese terzo, in qualunque
fase della catena di produzione e
distribuzione, ad esclusione del consumatore
finale;
6) ―consumatore finale‖, il consumatore
ultimo che non utilizza il prodotto come
elemento di una qualsiasi operazione o attività
commerciale;
7) ―alimento‖, un alimento quale definito
all'articolo 2 del regolamento (CE) n.
178/2002;
8) ―ingrediente‖, un ingrediente ai sensi
dell'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva
2000/13/CE;
9) ―mangimi‖, i mangimi quali definiti
all'articolo 3, paragrafo 4, del regolamento
(CE) n. 178/2002;
10) ―immissione in commercio‖, l'immissione
in commercio quale definita nella legislazione
comunitaria specifica in base alla quale il
prodotto è stato autorizzato; in altri casi quale
definita all'articolo 2, paragrafo 4, della
direttiva 2001/18/CE;
11) ―prima fase dell'immissione in commercio
di un prodotto‖, la prima transazione, nella
catena di produzione e distribuzione, a seguito
della quale un prodotto è messo a
disposizione di terzi;
12) ―prodotto preconfezionato‖, ogni singolo
articolo messo in vendita consistente in un
prodotto e nella confezione in cui tale
prodotto è stato condizionato prima di essere
posto in vendita, contenente il prodotto sia
completamente sia soltanto in parte, a
condizione che il contenuto non possa essere
alterato senza aprire o modificare
l'imballaggio.
Articolo 4
Disposizioni in materia di tracciabilità ed
etichettatura dei prodotti contenenti OGM o
da essi costituiti.
A. TRACCIABILITÀ
1. Nella prima fase dell'immissione in
commercio di un prodotto contenente OGM o
da essi costituito, comprese le merci sfuse, gli
operatori assicurano la trasmissione per
iscritto all'operatore che riceve il prodotto
delle seguenti informazioni:
a) indicazione che il prodotto contiene OGM
o è da essi costituito;
b) indicazione degli identificatori unici
assegnati ai sensi dell'articolo 8 a detti OGM.
2. In tutte le fasi successive dell'immissione in
commercio dei prodotti di cui al paragrafo 1,
gli operatori assicurano la trasmissione per
iscritto agli operatori che ricevono detti
prodotti di tutte le informazioni loro
pervenute conformemente al paragrafo 1.
3. Nel caso dei prodotti contenenti miscele di
OGM o da esse costituiti destinati all'uso
diretto ed esclusivo come alimento o
mangime, o destinati alla trasformazione, le
informazioni di cui al paragrafo 1, lettera b),
possono essere sostituite da una dichiarazione
91 1. Riferimenti normativi
relativa all'uso del prodotto da parte
dell'operatore, corredata di un elenco degli
identificatori unici per tutti gli OGM usati per
costituire la miscela.
4. Fatto salvo il disposto dell'articolo 6, gli
operatori predispongono sistemi e procedure
standardizzate che consentano di conservare
le informazioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 e di
identificare, per un periodo di cinque anni
dopo ciascuna transazione, l'operatore che ha
messo a disposizione e quello che ha ricevuto
i prodotti di cui al paragrafo 1.
5. I paragrafi da 1 a 4 lasciano impregiudicati
altri requisiti specifici previsti dalla normativa
comunitaria.
B. ETICHETTATURA
6. Per i prodotti contenenti OGM o da essi
costituiti gli operatori provvedono:
a) per i prodotti preconfezionati contenenti
OGM o da essi costituiti, a far figurare
sull'etichetta la seguente dicitura ―Questo
prodotto contiene organismi geneticamente
modificati‖ o ―Questo prodotto contiene
[nome dell'organismo (degli organismi)]
geneticamente modificato(a)‖.
b) per i prodotti non preconfezionati offerti al
consumatore finale, a far figurare sul
prodotto, o in connessione con l'esposizione
dello stesso, la seguente dicitura: ―Questo
prodotto contiene organismi geneticamente
modificati‖, o ―Questo prodotto contiene
[nome dell'organismo (degli organismi)]
geneticamente modificato(a)‖.
Il presente paragrafo lascia impregiudicati
altri requisiti specifici previsti dalla normativa
comunitaria.
C. DEROGHE
7. I paragrafi da 1 a 6 non si applicano alle
tracce di OGM presenti in prodotti in
proporzione non superiore alle soglie stabilite
in conformità dell'articolo 21, paragrafi 2 o 3,
della direttiva 2001/18/CE e in altra
legislazione comunitaria specifica, purché tali
tracce di OGM siano accidentali o
tecnicamente inevitabili.
8. I paragrafi da 1 a 6 non si applicano alle
tracce di OGM in prodotti destinati all'uso
diretto come alimenti o mangimi, o destinati
alla trasformazione, presenti in proporzione
non superiore alle soglie stabilite per tali
OGM in conformità degli articoli 12, 24 o 47
del regolamento (CE) n. 1829/2003, purché
tali tracce di OGM siano accidentali o
tecnicamente inevitabili.
Articolo 5
Disposizioni in materia di tracciabilità dei
prodotti per alimenti o mangimi ottenuti da
OGM.
1. Gli operatori che immettono in commercio
prodotti ottenuti da OGM sono tenuti a
trasmettere per iscritto all'operatore che li
riceve le seguenti informazioni:
a) indicazione di ciascuno degli ingredienti
dell'alimento ottenuti da OGM;
b) indicazione di ciascuna delle materie prime
o degli additivi del mangime ottenuti da
OGM;
c) nel caso di prodotti privi di elenco degli
ingredienti, indicazione del fatto che il
prodotto è stato ottenuto da OGM.
2. Fatto salvo il disposto dell'articolo 6, gli
operatori predispongono sistemi e procedure
standardizzate che consentano di conservare
le informazioni di cui al paragrafo 1 e di
identificare, per un periodo di cinque anni
dopo ciascuna transazione, gli operatori che
92 1. Riferimenti normativi
hanno messo a disposizione e quelli che
hanno ricevuto i prodotti di cui al paragrafo 1.
3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicati
altri requisiti specifici previsti dalla normativa
comunitaria.
4. I paragrafi 1, 2 e 3 non si applicano alle
tracce di OGM in prodotti per alimenti e
mangimi ottenuti da OGM presenti in
proporzione non superiore alle soglie stabilite
per tali OGM in conformità degli articoli 12,
24 o 47 del regolamento (CE) n. 1829/2003
purché tali tracce di OGM siano accidentali o
tecnicamente inevitabili.
Articolo 6
Deroghe.
1. Nei casi in cui la normativa comunitaria
prevede sistemi particolari di identificazione,
per esempio la numerazione dei lotti o delle
partite dei prodotti preconfezionati, gli
operatori non sono tenuti a conservare le
informazioni di cui all'articolo 4, paragrafi 1,
2 e 3, e all'articolo 5, paragrafo 1, a
condizione che tali informazioni e i numeri
dei lotti e delle partite figurino chiaramente
sulla confezione e che i dati su tali numeri
siano conservati per il periodo indicato
all'articolo 4, paragrafo 4, e all'articolo 5,
paragrafo 2.
2. Il paragrafo 1 non si applica alla prima fase
dell'immissione in commercio di un prodotto
né alla produzione primaria o al
riconfezionamento di un prodotto.
Articolo 7
Modifica della direttiva 2001/18/CE.
La direttiva 2001/18/CE è modificata come
segue:
1) all'articolo 4, il paragrafo 6 è soppresso;
2) all'articolo 21 è aggiunto il seguente
paragrafo:
... 55
.
Articolo 8 56
Identificatori unici.
La Commissione:
a) prima di procedere all‘applicazione degli
articoli da 1 a 7 predispone un sistema di
determinazione e di assegnazione di
identificatori unici per gli OGM;
b) procede, se del caso, ad adeguamenti del
sistema di cui alla lettera a).
Le misure di cui al primo comma, intese a
modificare elementi non essenziali del
presente regolamento completandolo, sono
adottate secondo la procedura di
regolamentazione con controllo di cui
all‘articolo 10, paragrafo 2. In tale contesto si
tiene conto degli sviluppi sopravvenuti nelle
sedi internazionali.
55
Il testo omesso è riportato in modifica alla direttiva
2001/18/CE 56
Articolo così sostituito dall'allegato del regolamento
(CE) n. 1137/2008.
93 1. Riferimenti normativi
Articolo 9
Misure di ispezione e controllo.
1. Gli Stati membri garantiscono che le
ispezioni e altre misure di controllo, compresi
i controlli a campione e le analisi (qualitative
e quantitative) eventualmente necessari, siano
attuate per garantire il rispetto del presente
regolamento. Le misure di ispezione e
controllo possono comprendere altresì
ispezioni e controlli riguardo alla detenzione
di un prodotto.
2. Prima di procedere all'applicazione degli
articoli da 1 a 7, la Commissione, secondo la
procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 3,
elabora e pubblica una serie di orientamenti
tecnici sui metodi di campionamento e di
analisi, al fine di facilitare un approccio
coordinato per l'applicazione del paragrafo 1
del presente articolo. Nell'elaborare i suddetti
orientamenti tecnici la Commissione tiene
conto del lavoro svolto dalle autorità
nazionali competenti, dal comitato di cui
all'articolo 58, paragrafo 1, del regolamento
(CE) n. 178/2002 e dal Laboratorio
comunitario di riferimento istituito ai sensi
del regolamento (CE) n. 1829/2003.
3. Per sostenere gli Stati membri
nell'adempimento dei compiti ad essi
incombenti ai sensi dei paragrafi 1 e 2, la
Commissione assicura che a livello della
Comunità sia istituito un registro centrale
contenente tutte le informazioni sequenziali e
i materiali di riferimento disponibili per gli
OGM che possono essere immessi nella
Comunità. Le autorità competenti degli Stati
membri hanno accesso al registro. Il registro
comprende altresì, se disponibili,
informazioni corrispondenti sugli OGM non
autorizzati nell'Unione europea.
Articolo 10
Comitato.
1. La Commissione è assistita dal comitato
istituito dall'articolo 30 della direttiva
2001/18/CE.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al
presente paragrafo, si applicano l‘articolo 5
bis, paragrafi da 1 a 4, e l‘articolo 7, della
decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle
disposizioni dell‘articolo 8 della stessa 57
.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al
presente paragrafo, si applicano gli articoli 3
e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo
conto delle disposizioni dell'articolo 8 della
stessa.
[4. Il comitato adotta il proprio regolamento
interno.] 58
.
Articolo 11
Sanzioni.
Gli Stati membri determinano le norme
relative alle sanzioni da irrogare in caso di
violazione del presente regolamento e
prendono tutti i provvedimenti necessari per
garantirne l'applicazione. Le sanzioni previste
devono essere effettive, proporzionate e
dissuasive. Gli Stati membri notificano le
57
Paragrafo così sostituito dall'allegato del
regolamento (CE) n. 1137/2008. 58
Paragrafo soppresso dall'allegato del regolamento
(CE) n. 1137/2008.
94 1. Riferimenti normativi
relative disposizioni alla Commissione entro
il 18 aprile 2004 e provvedono poi a
notificare immediatamente le eventuali
modificazioni successive.
Articolo 12
Clausola di revisione.
Entro il 18 ottobre 2005 la Commissione invia
al Parlamento europeo e al Consiglio una
relazione sull'attuazione del presente
regolamento, in particolare riguardo
all'articolo 4, paragrafo 3, e, se del caso,
presenta una proposta.
Articolo 13
Entrata in vigore.
1. Il presente regolamento entra in vigore il
ventesimo giorno successivo alla
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale
dell'Unione europea.
2. Gli articoli da 1 a 7 e l'articolo 9, paragrafo
1, si applicano con efficacia a decorrere dal
novantesimo giorno successivo alla
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale
dell'Unione europea della misura di cui
all'articolo 8, lettera a).
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti
i suoi elementi e direttamente applicabile in
ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 22 settembre 2003.
Per il Parlamento europeo
Il Presidente
P. Cox
Per il Consiglio
Il Presidente
R. Buttiglione
Reg. (CE) 6 aprile 2004, n. 641/2004
Regolamento della Commissione recante
norme attuative del regolamento (CE) n.
1829/2003 del Parlamento europeo e del
Consiglio per quanto riguarda la domanda di
autorizzazione di nuovi alimenti e mangimi
geneticamente modificati, la notifica di
prodotti preesistenti e la presenza accidentale
o tecnicamente inevitabile di materiale
geneticamente modificato che è stato oggetto
di una valutazione del rischio favorevole
La Commissione delle Comunità europee,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea,
visto il regolamento (CE) n. 1829/2003 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 22
settembre 2003, relativo agli alimenti e ai
mangimi geneticamente modificati, in
particolare l'articolo 5, paragrafo 7, l'articolo
8, paragrafo 8, l'articolo 17, paragrafo 7,
l'articolo 20, paragrafo 8, e l'articolo 47,
paragrafo 4,
sentita l'Autorità europea per la sicurezza
alimentare a norma dell'articolo 5, paragrafo
7, e dell'articolo 17, paragrafo 7, del
regolamento (CE) n. 1829/2003,
considerando quanto segue:
95 1. Riferimenti normativi
(1) Il regolamento (CE) n. 1829/2003
stabilisce il procedimento per l'autorizzazione,
il controllo e l'etichettatura degli alimenti e
mangimi geneticamente modificati.
(2) È necessario stabilire le norme
d'attuazione per le autorizzazioni presentate a
norma del regolamento (CE) n. 1829/2003.
(3) Inoltre, il regolamento (CE) n. 1829/2003
prevede che l'Autorità europea per la
sicurezza alimentare (nel prosieguo
«l'Autorità») pubblichi orientamenti
dettagliati per assistere il richiedente nella
preparazione e nella presentazione della
domanda, segnatamente per quanto riguarda
le informazioni e i dati da fornire per
dimostrare che il prodotto risponde ai criteri
di cui all'articolo 4, paragrafo 1, e all'articolo
16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n.
1829/2003.
(4) Per agevolare la transizione al sistema
istituito dal regolamento (CE) n. 1829/2003 è
opportuno adottare disposizioni d'attuazione
riguardanti i provvedimenti transitori stabiliti
dallo stesso regolamento in merito a domande
e notifiche relative a prodotti disciplinati da
altre normative comunitarie.
(5) È altresì necessario stabilire norme
d'attuazione per la redazione e presentazione
delle notifiche trasmesse alla Commissione in
base al regolamento (CE) n. 1829/2003
riguardo a prodotti immessi sul mercato prima
del 18 aprile 2004.
(6) Tali norme devono agevolare i compiti
degli operatori relativi alla predisposizione
delle richieste d'autorizzazione e alla
preparazione delle notifiche per i prodotti
preesistenti e i compiti dell'Autorità relativi
alla valutazione di tali richieste e alla verifica
di tali notifiche.
(7) Il campo d'applicazione del regolamento
(CE) n. 1829/2003 include i prodotti
alimentari costituiti, contenenti o prodotti a
partire da organismi geneticamente modificati
(nel prosieguo «OGM»), come le piante e i
microrganismi geneticamente modificati. A
fini d'omogeneità normativa, il campo
d'applicazione del presente regolamento deve
pertanto comprendere altresì i prodotti
alimentari preesistenti che siano costituiti,
contengano o siano prodotti a partire da piante
e microrganismi geneticamente modificati.
(8) Il campo d'applicazione del regolamento
(CE) n. 1829/2003 include i mangimi, ivi
compresi gli additivi per mangimi, di cui alla
direttiva 70/524/CEE del Consiglio, del 23
novembre 1970, relativa agli additivi
nell'alimentazione degli animali, che siano
costituiti, contengano o siano prodotti a
partire da OGM, come le piante e i
microrganismi geneticamente modificati.
Pertanto il campo d'applicazione del presente
regolamento deve includere anche i mangimi
preesistenti, compresi gli additivi per
mangimi, che siano costituiti, contengano o
siano prodotti a partire da piante o
microrganismi geneticamente modificati.
(9) Il campo d'applicazione del regolamento
(CE) n. 1829/2003 non include né i
coadiuvanti tecnologici né gli enzimi utilizzati
come coadiuvanti tecnologici. Pertanto
l'ambito d'applicazione del presente
regolamento non deve comprendere i
coadiuvanti tecnologici preesistenti.
(10) Il regolamento (CE) n. 1829/2003
prevede l'adozione di norme attuative per
l'applicazione delle misure transitorie
disciplinanti la presenza accidentale o
tecnicamente inevitabile di materiale
geneticamente modificato che è stato oggetto
di una valutazione del rischio favorevole. A
fini di omogeneità normativa tali norme
devono chiarire quale materiale
geneticamente modificato sia oggetto delle
misure transitorie e come vada applicata la
soglia dello 0,5%.
(11) Il presente regolamento deve applicarsi
in via urgente poiché il regolamento (CE) n.
96 1. Riferimenti normativi
1829/2003 è applicabile a decorrere dal 18
aprile 2004.
(12) I provvedimenti previsti dal presente
regolamento sono conformi al parere del
comitato permanente per la catena alimentare
e la salute degli animali,
ha adottato il presente regolamento:
Capo I
Domande di autorizzazione
Articolo 1
Il presente capo prevede norme attuative
riguardo alle domande di autorizzazione
presentate conformemente agli articoli 5 e 17
del regolamento (CE) n. 1829/2003, comprese
le domande presentate in forza di un'altra
normativa comunitaria e trasformate o
integrate conformemente all'articolo 46 di
detto regolamento.
Capo I
Domande di autorizzazione
Sezione 1
Requisiti delle domande d'autorizzazione di
alimenti geneticamente modificati
Articolo 2
1. Salvo quanto prescritto dall'articolo 5,
paragrafi 3 e 5, e dall'articolo 17, paragrafi 3 e
5, del regolamento (CE) n. 1829/2003 e
tenuto conto degli orientamenti dell'Autorità
europea per la sicurezza alimentare (nel
prosieguo «l'Autorità») di cui all'articolo 5,
paragrafo 8, e all'articolo 17, paragrafo 8, di
tale regolamento, le domande di
autorizzazione presentate ai sensi degli
articoli 5 e 17 dello stesso regolamento
devono essere conformi ai paragrafi da 1 a 4
del presente articolo nonché alle disposizioni
degli articoli 3 e 4 del presente regolamento.
2. Nel fornire le informazioni prescritte
dall'articolo 5, paragrafo 3, lettera b), e
dall'articolo 17, paragrafo 3, lettera b), del
regolamento (CE) n. 1829/2003, la domanda
deve indicare chiaramente i prodotti cui si
riferisce conformemente all'articolo 3,
paragrafo 1, e all'articolo 15, paragrafo 1,
dello stesso regolamento. Ove la domanda sia
limitata all'uso come alimento o all'uso come
mangime, il richiedente deve fornire motivi
verificabili per i quali l'autorizzazione non
debba riguardare entrambi gli usi
conformemente all'articolo 27 del
regolamento (CE) n. 1829/2003.
3. La domanda deve indicare chiaramente le
parti del testo considerate riservate e fornire al
riguardo motivi verificabili conformemente
all'articolo 30 del regolamento (CE) n.
1829/2003. Le parti riservate devono essere
presentate in documenti distinti.
4. Nel fornire le informazioni prescritte
dall'articolo 5, paragrafo 3, lettera c), e
dall'articolo 17, paragrafo 3, lettera c), del
regolamento (CE) n. 1829/2003, la domanda
deve indicare se le informazioni in essa
contenute possano essere comunicate così
come sono al Centro di scambio di
informazioni sulla biosicurezza ai sensi del
protocollo di Cartagena sulla biosicurezza
allegato alla convenzione sulla diversità
biologica (nel prosieguo «il protocollo di
Cartagena») approvata con decisione
2002/628/CE del Consiglio.
97 1. Riferimenti normativi
Se non possono essere comunicate così come
sono, le informazioni devono essere fornite in
un documento separato e chiaramente
contraddistinto che sia conforme all'allegato II
del protocollo di Cartagena e che possa essere
comunicato dalla Commissione al Centro di
scambio di informazioni sulla biosicurezza ai
sensi dell'articolo 44 del regolamento (CE) n.
1829/2003.
5. Il paragrafo 4 non si applica alle domande
che riguardino solo alimenti e mangimi
prodotti a partire da OGM o contenenti
ingredienti prodotti a partire da OGM.
Articolo 3
1. La domanda deve includere quanto segue:
a) il piano di monitoraggio di cui all'articolo
5, paragrafo 5, lettera b), e all'articolo 17,
paragrafo 5, lettera b), del regolamento (CE)
n. 1829/2003, redatto tenendo conto della
decisione 2002/811/CE;
b) nel fornire le informazioni prescritte
dall'articolo 5, paragrafo 5, lettera a), e
dall'articolo 17, paragrafo 5, lettera a), del
regolamento (CE) n. 1829/2003: una proposta
di etichettatura conforme all'allegato IV della
direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio;
c) nel fornire le informazioni prescritte
dall'articolo 5, paragrafo 5, lettera a), e
dall'articolo 17, paragrafo 5, lettera a), del
regolamento (CE) n. 1829/2003: una proposta
di identificatore unico per l'OGM in
questione, determinato a norma del
regolamento (CE) n. 65/2004 della
Commissione;
d) ove occorra una proposta di etichettatura
specifica ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3,
lettere f) e g), e dell'articolo 17, paragrafo 3,
lettere f) e g), del regolamento (CE) n.
1829/2003: una proposta di etichettatura in
tutte le lingue comunitarie ufficiali;
e) una descrizione dei metodi di rilevazione,
campionamento e identificazione dell'evento
di trasformazione a norma dell'allegato I del
presente regolamento, in applicazione
dell'articolo 5, paragrafo 3, lettera i), e
dell'articolo 17, paragrafo 3, lettera i), del
regolamento (CE) n. 1829/2003;
f) una proposta relativa al monitoraggio,
successivo all'immissione in commercio, in
merito all'uso dell'alimento per il consumo
umano o del mangime per il consumo
animale, a seconda delle caratteristiche del
prodotto interessato, oppure l'indicazione di
motivi verificabili per i quali tale
monitoraggio non risulta necessario, in
applicazione dell'articolo 5, paragrafo 3,
lettera k), e dell'articolo 17, paragrafo 3,
lettera k), del regolamento (CE) n. 1829/2003.
2. Le lettere a), b) ed e) non si applicano alle
domande che riguardano solo alimenti e
mangimi prodotti a partire da OGM o
contenenti ingredienti prodotti a partire da
OGM.
Articolo 4
1. I campioni degli alimenti e dei mangimi e i
relativi campioni di controllo, da presentare ai
sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, lettera j), e
dell'articolo 17, paragrafo 3, lettera j), del
regolamento (CE) n. 1829/2003, devono
essere conformi agli allegati I e II.
98 1. Riferimenti normativi
Alla domanda devono essere accluse
informazioni sul luogo in cui è reso
disponibile il materiale di riferimento
sviluppato conformemente all'allegato II.
2. La sintesi da fornire conformemente
all'articolo 5, paragrafo 3, lettera l), e
all'articolo 17, paragrafo 3, lettera l), del
regolamento (CE) n. 1829/2003:
a) deve essere presentata in una forma
facilmente comprensibile e leggibile;
b) non deve contenere parti considerate
riservate.
Capo I
Domande di autorizzazione
Sezione 2
Trasformazione di domande e noti fiche in
domande ai sensi del regolamento (CE) n.
1829/2003
Articolo 5
1. Ove una domanda presentata a norma
dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 258/97
del Parlamento europeo e del Consiglio venga
trasformata in una domanda ai sensi del
regolamento (CE) n. 1829/2003
conformemente all'articolo 46, paragrafo 1, di
quest'ultimo, l'autorità competente dello Stato
membro nel quale è stata presentata la
domanda invita senza indugio il richiedente a
presentare una documentazione completa in
conformità dell'articolo 5 del regolamento
(CE) n. 1829/2003.
2. L'autorità nazionale competente:
a) accusa ricevuta delle informazioni fornite
dal richiedente ai sensi del paragrafo 1 entro
14 giorni dal ricevimento. La ricevuta
menziona la data di ricevimento delle
informazioni;
b) informa senza indugio l'Autorità;
c) mette a disposizione dell'Autorità la
domanda e le informazioni fornite dal
richiedente ai sensi del paragrafo 1;
d) se del caso, mette a disposizione
dell'Autorità la relazione di valutazione
iniziale di cui all'articolo 6, paragrafo 3, del
regolamento (CE) n. 258/97 e le osservazioni
o obiezioni eventualmente presentate dagli
Stati membri o dalla Commissione a norma
dell'articolo 6, paragrafo 4, dello stesso
regolamento.
3. L'Autorità:
a) informa senza indugio gli altri Stati membri
e la Commissione del fatto che la domanda
presentata a norma dell'articolo 4 del
regolamento (CE) n. 258/97 è stata
trasformata in una domanda ai sensi del
regolamento (CE) n. 1829/2003 e mette a loro
disposizione la domanda e le informazioni
supplementari fornite dal richiedente;
b) mette a disposizione del pubblico la sintesi
della documentazione prevista dall'articolo 5,
paragrafo 3, lettera l), del regolamento (CE) n.
1829/2003.
4. La data di ricevimento della domanda ai
fini dell'articolo 6, paragrafo 1, del
regolamento (CE) n. 1829/2003 è la data in
cui l'Autorità riceve le informazioni indicate
nel paragrafo 2, lettere c) e d).
5. La domanda trasformata è poi trattata come
qualsiasi altra domanda a norma dell'articolo
5 del regolamento (CE) n. 1829/2003.
99 1. Riferimenti normativi
Articolo 6
1. Ove una notifica concernente un prodotto
utilizzabile come mangime e presentata a
norma dell'articolo 13 della direttiva
2001/18/CE venga trasformata in una
domanda ai sensi del regolamento (CE) n.
1829/2003 conformemente all'articolo 46,
paragrafo 3, di quest'ultimo, l'autorità
nazionale competente, ai sensi della direttiva
2001/18/CE, dello Stato membro nel quale è
stata presentata la notifica invita senza
indugio il notificante a presentare una
documentazione completa in conformità
dell'articolo 17 del regolamento (CE) n.
1829/2003.
2. L'autorità nazionale competente:
a) accusa ricevuta delle informazioni fornite
dal notificante ai sensi del paragrafo 1 entro
14 giorni dal ricevimento. La ricevuta
menziona la data di ricevimento delle
informazioni;
b) informa senza indugio l'Autorità;
c) mette a disposizione dell'Autorità la
notifica e le informazioni fornite dal
notificante ai sensi del paragrafo 1;
d) se del caso, mette a disposizione
dell'Autorità la relazione di valutazione di cui
all'articolo 14, paragrafo 2, della direttiva
2001/18/CE.
3. L'Autorità:
a) informa senza indugio gli altri Stati membri
e la Commissione del fatto che la notifica
presentata a norma dell'articolo 13 della
direttiva 2001/18/CE è stata trasformata in
una domanda ai sensi del regolamento (CE) n.
1829/2003 e mette a loro disposizione la
domanda e le informazioni supplementari
fornite dal notificante;
b) mette a disposizione del pubblico la sintesi
della documentazione prevista dall'articolo
17, paragrafo 3, lettera l), del regolamento
(CE) n. 1829/2003.
4. La data di ricevimento della domanda ai
fini dell'articolo 18, paragrafo 1, del
regolamento (CE) n. 1829/2003 è la data in
cui l'Autorità riceve le informazioni indicate
nel paragrafo 2, lettere c) e d).
5. La domanda trasformata è poi trattata come
qualsiasi altra domanda a norma dell'articolo
17 del regolamento (CE) n. 1829/2003.
Articolo 7
1. Ove una domanda concernente un prodotto
ottenuto a partire da OGM e presentata a
norma dell'articolo 7 della direttiva
82/471/CEE del Consiglio venga trasformata
in una domanda ai sensi del regolamento (CE)
n. 1829/2003 conformemente all'articolo 46,
paragrafo 4, di quest'ultimo, la Commissione
invita senza indugio il richiedente a presentare
una documentazione completa in conformità
dell'articolo 17 del regolamento (CE) n.
1829/2003.
Il richiedente invia la documentazione
completa sia agli Stati membri sia alla
Commissione.
2. La Commissione:
a) accusa ricevuta delle informazioni fornite
dal richiedente ai sensi del paragrafo 1 entro
14 giorni dal ricevimento. La ricevuta
menziona la data di ricevimento delle
informazioni;
100 1. Riferimenti normativi
b) informa senza indugio l'Autorità;
c) mette a disposizione dell'Autorità la
domanda e le informazioni fornite dal
richiedente ai sensi del paragrafo 1;
d) se del caso, mette a disposizione
dell'Autorità la documentazione di cui
all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva
82/471/CEE.
3. L'Autorità:
a) mette a disposizione degli Stati membri e
della Commissione le informazioni
supplementari fornite dal richiedente;
b) mette a disposizione del pubblico la sintesi
della documentazione prevista dall'articolo
17, paragrafo 3, lettera l), del regolamento
(CE) n. 1829/2003.
4. La data di ricevimento della domanda ai
fini dell'articolo 18, paragrafo 1, del
regolamento (CE) n. 1829/2003 è la data in
cui l'Autorità riceve le informazioni indicate
nel paragrafo 2, lettere c) e d), del presente
articolo.
5. La domanda trasformata è poi trattata come
qualsiasi altra domanda a norma dell'articolo
17 del regolamento (CE) n. 1829/2003.
Capo I
Domande di autorizzazione
Sezione 3
Integrazione del le domande ai sensi della
direttiva 70/524/CEE con una domanda ai
sensi del regolamento (CE) n. 1829/2003
Articolo 8
1. Ove una domanda riguardante i prodotti di
cui all'articolo 15, paragrafo 1, del
regolamento (CE) n. 1829/2003, presentata a
norma dell'articolo 4 della direttiva
70/524/CEE, venga integrata da una domanda
ai sensi di detto regolamento in base
all'articolo 46, paragrafo 5, dello stesso, lo
Stato membro relatore invita senza indugio il
richiedente a presentare una distinta domanda
di autorizzazione ai sensi dell'articolo 17 del
regolamento medesimo.
2. La domanda è poi trattata come qualsiasi
altra domanda a norma dell'articolo 17 del
regolamento (CE) n. 1829/2003.
Articolo 9
Il presente capo disciplina la preparazione e la
presentazione delle notifiche di prodotti
preesistenti da trasmettere alla Commissione a
norma degli articoli 8 e 20 del regolamento
(CE) n. 1829/2003 e si applica ai prodotti
rientranti nel campo d'applicazione di detto
regolamento e immessi sul mercato
comunitario prima del 18 aprile 2004.
Capo II
Notifica di prodotti preesistenti
Sezione 1
101 1. Riferimenti normativi
Norme generali per la notifica di taluni
prodotti immessi sul mercato prima del 18
aprile 2004
Articolo 10
1. Tutte le notifiche presentate
conformemente all'articolo 8, paragrafo 1, e
all'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento
(CE) n. 1829/2003 devono:
a) indicare chiaramente i prodotti oggetto
della notifica tenendo conto dell'articolo 3,
paragrafo 1, e dell'articolo 15, paragrafo 1, del
regolamento (CE) n. 1829/2003;
b) contenere informazioni e studi pertinenti,
compresi, ove siano disponibili, studi
indipendenti sottoposti alla verifica di esperti
del settore, da cui risulti che il prodotto
risponde ai requisiti di cui all'articolo articolo
4, paragrafo 1, o all'articolo 16, paragrafo 1,
del regolamento (CE) n. 1829/2003;
c) indicare chiaramente le parti del testo
considerate riservate e fornire al riguardo
motivi verificabili; le parti riservate devono
essere incluse in documenti separati;
d) indicare i metodi di rilevazione,
campionamento e identificazione dell'evento
di trasformazione a norma dell'allegato I;
e) comprendere, in ottemperanza all'articolo
5, paragrafo 3, lettera j), e all'articolo 17,
paragrafo 3, lettera j), del regolamento (CE) n.
1829/2003:
i) campioni degli alimenti e dei mangimi e i
relativi campioni di controllo, a norma
dell'allegato I del presente regolamento;
ii) informazioni sul luogo in cui è reso
disponibile il materiale di riferimento,
sviluppato conformemente all'allegato II del
presente regolamento.
2. Le notifiche di cui al paragrafo 1 sono
presentate alla Commissione prima del 18
ottobre 2004.
Capo II
Notifica di prodotti preesistenti
Sezione 2
Requisiti aggiuntivi per le notifiche di taluni
prodotti immessi sul mercato prima del 18
aprile
2004
Articolo 11
1. In aggiunta ai requisiti prescritti
dall'articolo 10, le notifiche di OGM immessi
sul mercato ai sensi della parte C della
direttiva 90/220/CEE o della parte C della
direttiva 2001/18/CE devono includere copia
dell'autorizzazione rilasciata a norma delle
stesse direttive.
2. La data di pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale dell'Unione europea
dell'autorizzazione a norma della direttiva
90/220/CEE o della direttiva 2001/18/CE si
considera come data in cui il prodotto è stato
immesso sul mercato per la prima volta, a
meno che il notificante fornisca la prova
verificabile del fatto che il prodotto è stato
immesso sul mercato per la prima volta in una
data successiva.
102 1. Riferimenti normativi
Articolo 12
1. In aggiunta ai requisiti di cui all'articolo 10,
le notifiche di alimenti prodotti a partire da
OGM e immessi sul mercato conformemente
all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 258/97
devono includere copia della lettera originale
di notifica alla Commissione.
2. La data della lettera con cui la
Commissione trasmette agli Stati membri la
notifica originale si considera come data in
cui il prodotto è stato immesso sul mercato
per la prima volta, a meno che il notificante
fornisca la prova verificabile del fatto che il
prodotto è stato immesso sul mercato per la
prima volta in una data successiva.
Articolo 13
1. In aggiunta ai requisiti di cui all'articolo 10,
le notifiche di alimenti geneticamente
modificati immessi sul mercato
conformemente agli articoli 6 e 7 del
regolamento (CE) n. 258/97 devono includere
copia dell'autorizzazione degli alimenti.
2. La data da cui ha effetto l'autorizzazione
del prodotto a norma del regolamento (CE) n.
258/97 si considera come data in cui il
prodotto è stato immesso sul mercato per la
prima volta, a meno che il notificante fornisca
la prova verificabile del fatto che il prodotto è
stato immesso sul mercato per la prima volta
in una data successiva.
Articolo 14
1. In aggiunta ai requisiti dell'articolo 10, le
notifiche di mangimi prodotti a partire da
OGM e immessi sul mercato conformemente
agli articoli 3 e 4 della direttiva 82/471/CEE
devono includere copia dell'autorizzazione
comunitaria o, se del caso, dell'autorizzazione
rilasciata da uno Stato membro.
2. La data da cui ha effetto l'autorizzazione
del prodotto a norma della direttiva
82/471/CEE si considera come data in cui il
prodotto è stato immesso sul mercato per la
prima volta, a meno che il notificante fornisca
la prova verificabile del fatto che il prodotto è
stato immesso sul mercato per la prima volta
ad una data successiva.
Articolo 15
1. In aggiunta ai requisiti di cui all'articolo 10,
le notifiche di mangimi contenenti, costituiti o
prodotti a partire da OGM che sono stati
autorizzati conformemente alla direttiva
70/524/CEE devono comprendere:
a) gli elementi d'identificazione degli additivi
per mangimi cui attribuire il numero o il
numero CE, ai sensi dell'articolo 9, lettera l),
della direttiva 70/524/CEE;
b) una copia dell'autorizzazione a livello
comunitario.
2. La data da cui ha effetto l'autorizzazione
del prodotto a norma della direttiva
70/524/CEE si considera come data in cui il
prodotto è stato immesso sul mercato per la
prima volta, a meno che il notificante fornisca
la prova verificabile del fatto che il prodotto è
stato immesso sul mercato per la prima volta
in una data successiva.
103 1. Riferimenti normativi
Articolo 16
In aggiunta ai requisiti di cui all'articolo 10, le
notifiche di mangimi prodotti a partire da
OGM che sono stati legittimamente immessi
sul mercato comunitario, che non rientrano
nell'ambito di applicazione degli articoli 11,
14 e 15 e che sono stati oggetto di una
notifica volta a ottenere l'autorizzazione per
l'uso nei mangimi per animali a norma della
parte C della direttiva 2001/18/CE:
a) devono far riferimento alla notifica in
esame presentata ai sensi dell'articolo 13 della
direttiva 2001/18/CE;
b) devono dichiarare che il prodotto è stato
immesso sul mercato prima del 18 aprile
2004.
Articolo 17
In aggiunta ai requisiti di cui all'articolo 10, le
notifiche di alimenti e di mangimi prodotti a
partire da OGM che sono stati legittimamente
immessi sul mercato comunitario e che non
rientrano nell'ambito di applicazione degli
articoli da 11 a 16 devono contenere una
dichiarazione nel senso che il prodotto è stato
immesso sul mercato prima del 18 aprile
2004.
Capo III
Provvedimenti transitori sulla presenza
accidentale o tecnicamente inevitabile di
materiale geneticamente modificato che è
stato oggetto di una valutazione del rischio
favorevole
Articolo 18
1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 47 del
regolamento (CE) n. 1829/2003, il 18 aprile
2004 la Commissione pubblica un elenco dei
materiali geneticamente modificati che prima
di tale data sono stati oggetto di un parere
favorevole dei comitati scientifici comunitari
o dell'Autorità e per i quali non è stata
respinta la domanda di autorizzazione in base
alla normativa comunitaria.
2. L'elenco distingue tra le categorie seguenti:
a) materiali con riferimento ai quali la
Commissione è stata informata, da qualsiasi
interessato, del fatto che esiste un metodo di
rilevazione a disposizione del pubblico;
occorre indicare in quale luogo il metodo è
stato messo a disposizione del pubblico;
b) materiali per i quali la Commissione non è
stata ancora informata del fatto che esiste un
metodo di rilevazione a disposizione del
pubblico.
Qualsiasi interessato può, in qualunque
momento, informare la Commissione del fatto
che per i materiali di cui alla lettera b) esiste
un metodo di rilevazione a disposizione del
pubblico, indicando in quale luogo il metodo
è stato messo a disposizione del pubblico.
3. L'elenco di cui al paragrafo 1 è aggiornato
dalla Commissione. In particolare, esso viene
modificato:
a) a seguito della concessione o del diniego, ai
sensi della normativa comunitaria,
dell'autorizzazione riguardante materiali
inclusi nell'elenco;
104 1. Riferimenti normativi
b) a seguito della comunicazione alla
Commissione, a norma degli articoli 8 o 20
del regolamento (CE) n. 1829/2003, del fatto
che materiali inclusi nell'elenco sono stati
legittimamente immessi sul mercato
comunitario prima del 18 aprile 2004 oppure
a seguito dell'adozione, da parte della
Commissione, di un provvedimento ai sensi
dell'articolo 8, paragrafo 6, o dell'articolo 20,
paragrafo 6, del regolamento (CE) n.
1829/2003;
c) a seguito della comunicazione alla
Commissione del fatto che per un materiale
incluso nell'elenco esiste un metodo di
rilevazione a disposizione del pubblico.
Un allegato dell'elenco contiene le
informazioni relative alle modifiche apportate
a quest'ultimo.
Articolo 19
1. La soglia dello 0,5% prevista dall'articolo
47, paragrafo 1, del regolamento (CE) n.
1829/2003 si applica ai materiali
geneticamente modificati inclusi nella lettera
a) dell'elenco di cui all'articolo 18, paragrafo
2, del presente regolamento. Nell'elenco deve
essere altresì indicato l'eventuale
abbassamento della soglia ai sensi
dell'articolo 47, paragrafo 3, del regolamento
(CE) n. 1829/2003.
2. Le soglie previste dall'articolo 47 del
regolamento (CE) n. 1829/2003 si applicano a
ciascun ingrediente degli alimenti, agli
alimenti costituiti da un unico ingrediente, ai
mangimi e a ciascun ingrediente dei mangimi.
Capo IV
Disposizione finale
Articolo 20
Il presente regolamento entra in vigore il
giorno della pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale dell'Unione europea.
Esso si applica a partire dal 18 aprile 2004.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti
i suoi elementi e direttamente applicabile in
ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 6 aprile 2004.
Per la Commissione
David BYRNE
Membro della Commissione
Allegato I
Convalida dei metodi
1. INTRODUZIONE
A. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 5,
paragrafo 3, lettera i), e dell'articolo 17,
paragrafo 3, lettera i), del regolamento (CE) n.
1829/2003, il presente allegato contiene
disposizioni tecniche per quanto riguarda le
informazioni sui metodi di rilevazione che il
richiedente deve fornire affinché possano
essere verificati i presupposti dell'idoneità del
metodo. Tali orientamenti riguardano, tra
l'altro, le informazioni sul metodo in quanto
tale e le informazioni sulla verifica del
105 1. Riferimenti normativi
metodo effettuata dal richiedente. Tutti i
documenti di orientamento citati nel presente
allegato o redatti dal laboratorio comunitario
di riferimento (LCR) saranno resi disponibili
dall'LCR.
B. I criteri di accettazione del metodo e i
requisiti di efficienza del metodo sono stati
definiti dalla Rete europea di laboratori per gli
OGM (RELO) in un documento intitolato
«Definition of minimum performance
requirements for analytical methods of GMO
testing» (Definizione di requisiti minimi di
efficienza dei metodi analitici di verifica degli
OGM), che sarà reso disponibile dall'LCR. I
«criteri di accettazione del metodo» sono
criteri che devono essere soddisfatti prima
dell'inizio di una qualsiasi convalida del
metodo da parte dell'LCR. I «requisiti di
efficienza del metodo» sono i criteri minimi
di efficienza che devono risultare soddisfatti
in esito ad uno studio di convalida del metodo
effettuato dall'LCR secondo disposizioni
tecniche accettate a livello internazionale per
certificare che il metodo convalidato è idoneo
ai fini dell'applicazione del regolamento (CE)
n. 1829/2003.
C. L'LCR, istituito a norma del regolamento
(CE) n. 1829/2003 e assistito dalla RELO,
valuta la completezza e l'appropriatezza delle
informazioni tenendo presenti i criteri di
accettazione del metodo raccomandati dalla
RELO (cfr. precedente punto 1. B).
D. Se le informazioni sul metodo sono
considerate adeguate e soddisfano i criteri di
accettazione del metodo, l'LCR avvia il
processo di convalida del metodo.
E. L'LCR svolge il processo di convalida
secondo disposizioni tecniche accettate a
livello internazionale.
F. L'LCR, d'intesa con la RELO, fornisce
ulteriori informazioni sulle procedure
operative del processo di convalida e mette a
disposizione i documenti.
G. L'LCR, assistito dalla RELO, valuta i
risultati dello studio di convalida per quanto
riguarda l'idoneità del metodo allo scopo. A
tal fine, si prendono in considerazione i
requisiti di efficienza del metodo citati sub 1.
B.
2. INFORMAZIONI SUL METODO
A. Per quanto riguarda il metodo, occorre
indicare tutte le fasi metodologiche necessarie
per analizzare il materiale conformemente
all'articolo 5, paragrafo 3, lettera i), e
all'articolo 17, paragrafo 3, lettera i), del
regolamento (CE) n. 1829/2003.
Per ciascun materiale occorre indicare anche i
metodi di estrazione del DNA e la successiva
quantificazione in un sistema di reazione
polimerasica a catena (Polymerase Chain
Reaction o PCR). In tal caso, l'intero
processo, dall'estrazione fino alla tecnica PCR
(o equivalente), costituisce un metodo. Il
richiedente fornisce informazioni sull'intero
metodo.
B. Come risulta dal documento citato sub 1.
B, la RELO riconosce la modularità dei
metodi. Secondo tale principio, per un certo
modulo il richiedente può fare riferimento a
un metodo esistente, in quanto appropriato. Si
potrebbe trattare, per esempio, di un metodo
d'estrazione del DNA da una certa matrice. In
tal caso, il richiedente fornisce i dati
sperimentali di una convalida interna nella
quale il modulo è stato applicato con successo
nel contesto della domanda di autorizzazione.
C. Il richiedente deve dimostrare che il
metodo soddisfa le seguenti condizioni:
1) Il metodo è specifico, vale a dire è
funzionale soltanto con l'OGM o con il
prodotto a base di OGM considerato e non è
funzionale se applicato ad altri eventi già
autorizzati; altrimenti, il metodo non può
essere applicato per rilevazioni,
identificazioni o quantificazioni
inequivocabili. Nel caso delle piante
106 1. Riferimenti normativi
geneticamente modificate, tale prova è fornita
mediante una selezione di eventi transgenici
autorizzati non bersaglio e di omologhi
convenzionali. Tale verifica comprende eventi
strettamente connessi, se necessario, nonché
casi che permettono di verificare realmente i
limiti della rilevazione. Tale principio di
specificità vale anche per i prodotti che
consistono di o contengono OGM diversi
dalle piante.
2) Il metodo è applicabile a campioni degli
alimenti o dei mangimi, ai campioni di
controllo e al materiale di riferimento di cui
all'articolo 5, paragrafo 3, lettera j), e
all'articolo 17, paragrafo 3, lettera j), del
regolamento (CE) n. 1829/2003.
3) Il metodo è stato messo a punto prendendo
in considerazione, in quanto pertinenti, i
seguenti documenti:
- General requirements and definitions: Draft
European standard prEN ISO 24276: 2002,
- Nucleic Acid extraction prEN ISO 21571:
2002,
- Quantitative nucleic acid based methods:
Draft European standard prEN ISO 21570:
2002,
- Protein based methods: Adopted European
standard EN ISO 21572: 2002,
- Qualitative nucleic acid based methods:
Draft European standard prEN ISO 21569:
2002.
D. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 5,
paragrafo 3, lettera i), e dell'articolo 17,
paragrafo 3, lettera i), del regolamento (CE) n.
1829/2003, il richiedente fornisce:
a) ove la domanda di autorizzazione riguardi
un OGM oppure un prodotto contenente,
consistente di o ottenuto a partire da un OGM,
il metodo specifico di rilevazione quantitativa
del materiale geneticamente modificato;
b) inoltre, ove la domanda di autorizzazione
riguardi un prodotto ottenuto a partire da un
OGM in cui il materiale geneticamente
modificato è rilevabile, il metodo specifico di
rilevazione quantitativa negli alimenti o
mangimi prodotti a partire dall'OGM.
E. Il richiedente fornisce una descrizione
completa e dettagliata del metodo. Sono
trattati in modo chiaro i seguenti aspetti:
1) Base scientifica: occorre presentare una
panoramica dei principi di come funziona il
metodo, ad esempio informazioni basate sulla
biologia molecolare del DNA (per esempio
per il PCR in tempo reale). Si raccomanda di
fornire i riferimenti alle pubblicazioni
scientifiche pertinenti.
2) Campo d'applicazione del metodo: occorre
indicare la matrice (per esempio alimenti
trasformati, materie prime), il tipo di
campioni e la gamma di percentuali cui il
metodo può essere applicato.
3) Caratteristiche operative del metodo:
l'attrezzatura richiesta per l'applicazione del
metodo è indicata chiaramente, per quanto
riguarda l'analisi di per sé e la preparazione
del campione. È qui che vanno fornite
ulteriori informazioni su qualsiasi aspetto
specifico cruciale per l'applicazione del
metodo.
4) Protocollo: il richiedente fornisce un
protocollo ottimizzato completo del metodo.
Il protocollo presenta tutti i dettagli necessari
per trasferire il metodo e applicarlo in modo
indipendente in altri laboratori. Si
raccomanda di utilizzare un modello di
protocollo, che può essere chiesto all'LCR. Il
protocollo comprende dettagli per quanto
riguarda:
- l'analita da esaminare,
- le condizioni, le istruzioni e le regole di
lavoro,
107 1. Riferimenti normativi
- tutti i materiali richiesti, inclusa una stima
delle quantità e le istruzioni in materia di
deposito e trattamento,
- tutta l'attrezzatura richiesta, sia l'attrezzatura
principale, come un sistema PCR o una
centrifuga, sia i piccoli strumenti come le
micropipette e le provette per le reazioni, di
cui occorre indicare le dimensioni appropriate
ecc.,
- tutte le fasi del protocollo operativo,
chiaramente descritte,
- le istruzioni in materia di registrazione dei
dati (ad esempio i parametri del programma
da inserire).
5) Il modello di previsione (o modello
analogo) necessario per interpretare i risultati
e realizzare le estrapolazioni deve essere
descritto in dettaglio. Occorre fornire
istruzioni riguardanti la corretta applicazione
del modello.
3. INFORMAZIONI SULLA VERIFICA
DEL METODO EFFETTUATA DAL
RICHIEDENTE
A. Il richiedente fornisce tutti i dati
disponibili e pertinenti sull'ottimizzazione del
metodo e sulla verifica effettuata. Questi dati
e risultati sono presentati, ove possibile e
opportuno, utilizzando i parametri di
efficienza raccomandati dalla RELO (cfr.
precedente punto 1. B). Occorre fornire una
sintesi della verifica effettuata, i risultati
principali e tutti i dati, compresi i valori
erratici. L'LCR, in collaborazione con la
RELO, continuerà a fornire ulteriori
disposizioni tecniche in merito ai formati
adatti per questi dati.
B. Le informazioni fornite devono dimostrare
la robustezza del metodo in termini di
trasferibilità tra laboratori. Ciò significa che il
metodo deve essere stato verificato da almeno
un laboratorio indipendente dal laboratorio
che lo ha messo a punto. Questo è un
presupposto importante per l'esito positivo del
processo di convalida del metodo.
C. Il richiedente fornisce le seguenti
informazioni sulla messa a punto e
sull'ottimizzazione del metodo:
1) Coppia di inneschi verificata (in caso di
test basato su PCR): occorre giustificare come
e perché è stata scelta la coppia di inneschi
proposta.
2) Verifica della stabilità: occorre fornire i
risultati sperimentali dei test cui il metodo è
stato sottoposto con differenti varietà.
3) Specificità: occorre presentare l'intera
sequenza di inserti, insieme alle coppie di basi
delle sequenze fiancheggianti (host flanking
sequences) necessarie per stabilire se il
metodo di rilevazione è specifico all'evento.
L'LCR inserisce questi dati in una base di dati
molecolari. Svolgendo ricerche di omologia,
l'LCR sarà in grado di valutare la specificità
del metodo proposto.
D. Relazione sulla verifica. Oltre ai valori
ottenuti per gli indici di efficienza, occorre
fornire le seguenti informazioni sulla verifica,
in quanto pertinenti:
- laboratori partecipanti, tempo dell'analisi e
definizione del modello sperimentale,
compresi i particolari circa il numero di cicli,
campioni, repliche ecc.,
- descrizione dei campioni di laboratorio (per
esempio dimensioni, qualità, data di
campionamento), controlli positivi e negativi
nonché materiali di riferimento, plasmidi e
simili usati,
- descrizione dei metodi utilizzati per
analizzare i risultati della verifica e i valori
erratici,
- qualsiasi particolarità osservata durante la
verifica,
108 1. Riferimenti normativi
- riferimenti alla letteratura pertinente o alle
disposizioni tecniche seguite nell'effettuare la
verifica.
4. CAMPIONI DEGLI ALIMENTI E DEI
MANGIMI E RELATIVI CAMPIONI DI
CONTROLLO
Ai fini dell'applicazione dell'articolo 5,
paragrafo 3, lettera j), e dell'articolo 17,
paragrafo 3, lettera j), del regolamento (CE) n.
1829/2003, il richiedente fornisce, oltre alle
informazioni indicate nelle sezioni 1, 2 e 3,
del presente allegato i campioni degli alimenti
e dei mangimi e i relativi campioni di
controllo. Il tipo e la quantità di tali campioni
saranno precisati dall'LCR per ciascuna
specifica domanda d'autorizzazione.
Allegato II
Materiale di riferimento
Il materiale di riferimento di cui all'articolo 5,
paragrafo 3, lettera j), e all'articolo 17,
paragrafo 3, lettera j), del regolamento (CE) n.
1829/2003 deve essere prodotto
conformemente a disposizioni tecniche
internazionalmente accettate come le guide
ISO 30-34 (in particolare la guida ISO 34, che
contiene la disciplina generale della
competenza dei produttori di materiale di
riferimento). Il materiale di riferimento è di
preferenza certificato e, in tal caso, la
certificazione dev'essere conforme alla guida
ISO 35.
Per la verifica e per l'attribuzione di valore
deve essere usato un metodo opportunamente
convalidato (cfr. ISO/IEC 17025: 5.4.5). Le
incertezze devono essere valutate secondo la
guida ISO all'espressione dell'incertezza di
misura (GUM: ISO Guide to the Expression
of Uncertainty in Measurement). Le
caratteristiche principali di tali disposizioni
tecniche internazionalmente accettate sono
indicate qui di seguito.
A. Terminologia
Materiale di riferimento (MR): materiale o
sostanza avente uno o più valori di proprietà
sufficientemente omogenei e accertati perché
possano essere usati per tarare uno strumento,
valutare un metodo di misura o assegnare
valori ai materiali.
Materiale di riferimento certificato (MRC):
materiale di riferimento, accompagnato da un
certificato, avente uno o più valori di
proprietà certificati mediante una procedura
che stabilisce la tracciabilità ad una
realizzazione accurata dell'unità nella quale
sono espressi i valori di proprietà; ciascun
valore certificato è accompagnato da
un'incertezza ad un livello di fiducia indicato.
B. Contenitori di MR geneticamente
modificato
- I contenitori di MR geneticamente
modificato (bottiglie, fiale, ampolle ecc.)
devono essere chiusi ermeticamente e
contenere una quantità di materiale almeno
pari a quella indicata,
- i campioni devono essere adeguatamente
omogenei e stabili,
- deve essere assicurata la commutabilità
dell'MR geneticamente modificato,
- l'imballaggio deve essere adatto allo scopo,
- l'etichettatura deve essere di buon aspetto e
qualità.
C. Verifica dell'omogeneità
Deve essere esaminata l'omogeneità tra i
contenitori.
109 1. Riferimenti normativi
Ogni eventuale eterogeneità tra i contenitori
deve essere giustificata nella stima
dell'incertezza globale dell'MR, e ciò anche
quando tra i contenitori non vi sono variazioni
statisticamente significative. In questo caso,
nell'incertezza globale deve essere inclusa la
variazione di metodo o la variazione calcolata
reale tra i contenitori (delle due, va scelta la
variazione superiore).
D. Verifica della stabilità
Per quanto riguarda la stabilità, occorre
dimostrare mediante un'estrapolazione
statistica adeguata che la durata di
conservazione dell'MR geneticamente
modificato si situa nei limiti dell'incertezza
indicata; l'incertezza legata a questa
dimostrazione fa normalmente parte della
stima dell'incertezza dell'MR.
I valori assegnati sono validi solo per un
tempo limitato e devono essere oggetto di un
monitoraggio della stabilità.
E. Caratterizzazione dei gruppi
I metodi impiegati per la verifica e per la
certificazione devono:
- essere applicati in condizioni
metrologicamente valide,
- essere stati debitamente convalidati sul
piano tecnico prima dell'utilizzo,
- presentare una precisione ed un'esattezza
compatibili con l'incertezza obiettivo.
Ogni serie di misurazioni deve essere:
- riconducibile ai riferimenti indicati e
- accompagnata, se possibile, da una
dichiarazione d'incertezza.
I laboratori partecipanti devono:
- possedere la competenza richiesta per
l'esecuzione dei compiti,
- essere in grado di garantire la riconducibilità
ai riferimenti richiesti,
- essere in grado di valutare l'incertezza di
misura,
- disporre di un sistema sufficiente e adatto di
garanzia della qualità.
F. Deposito finale
- Per evitare ogni deterioramento ulteriore, è
preferibile che prima dell'inizio delle
misurazioni tutti i campioni siano conservati
nelle condizioni richieste per il deposito finale
dell'MR geneticamente modificato.
- Altrimenti, i campioni devono essere
trasportati da porta a porta e tenuti sempre in
condizioni di conservazione che risultano non
incidere sui valori assegnati.
G. Certificati relativi a MRC
- Occorre rilasciare un certificato integrato da
una relazione di certificazione e contenente
tutte le informazioni pertinenti e necessarie
per l'utente. Il certificato e la relazione
devono essere messi a disposizione al
momento della distribuzione dell'MRC
geneticamente modificato.
- I valori certificati devono essere
riconducibili ai riferimenti citati e devono
essere accompagnati da una dichiarazione
ampliata d'incertezza valida per tutta la durata
di conservazione dell'MRC geneticamente
modificato.
Reg. (CE) 14 gennaio 2004, n. 65/2004
Regolamento della Commissione che
stabilisce un sistema per la determinazione e
110 1. Riferimenti normativi
l'assegnazione di identificatori unici per gli
organismi geneticamente modificati.
La Commissione delle Comunità europee,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea,
visto il regolamento (CE) n. 1830/2003 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 22
settembre 2003, concernente la tracciabilità e
l'etichettatura di organismi geneticamente
modificati e la tracciabilità di alimenti e
mangimi ottenuti da organismi geneticamente
modificati, nonché recante modifica della
direttiva 2001/18/CE, in particolare l'articolo
8,
considerando quanto segue:
(1) Il regolamento (CE) n. 1830/2003
stabilisce un quadro normativo armonizzato
per assicurare la tracciabilità degli organismi
geneticamente modificati (di seguito «OGM»)
e degli alimenti e dei mangimi ottenuti da
OGM, mediante la trasmissione e la
conservazione, da parte degli operatori, delle
pertinenti informazioni relative a tali prodotti
in tutte le fasi della loro immissione in
commercio.
(2) In virtù di tale regolamento, ciascun
operatore che immette in commercio prodotti
contenenti OGM o costituiti da OGM è tenuto
a includere tra le suddette informazioni
l'identificatore unico assegnato ad ogni OGM
per indicarne la presenza e contraddistinguere
lo specifico evento di trasformazione oggetto
dell'autorizzazione all'immissione in
commercio di tale OGM.
(3) Per garantire la coerenza a livello
comunitario e internazionale, gli identificatori
unici devono essere determinati utilizzando
un particolare formato.
(4) L'autorizzazione all'immissione in
commercio di un determinato OGM rilasciata
a norma della direttiva 2001/18/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 12
marzo 2001, sull'emissione deliberata
nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati e che abroga la direttiva
90/220/CEE del Consiglio o di altri atti
normativi comunitari deve menzionare
l'identificatore unico assegnato a tale OGM.
Inoltre la persona che chiede l'autorizzazione
deve assicurarsi che la domanda indichi il
pertinente identificatore unico.
(5) Nei casi in cui siano state concesse
autorizzazioni all'immissione in commercio di
OGM ai sensi della direttiva 90/220/CEE del
Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'emissione
deliberata nell'ambiente di organismi
geneticamente modificati prima dell'entrata in
vigore del presente regolamento, è necessario
assicurare che, per ciascun OGM oggetto di
tali autorizzazioni, sia stato o sia determinato,
assegnato e opportunamente registrato un
identificatore unico.
(6) Per tenere conto degli sviluppi
sopravvenuti nelle sedi internazionali e
mantenere la necessaria coerenza, è opportuno
fare riferimento ai formati degli identificatori
unici definiti dall'Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico
(OCSE) e utilizzati per la banca dati OCSE
dei prodotti biotecnologici (OECD BioTrack
Product Database) e nell'ambito del centro di
scambio delle informazioni sulla biosicurezza
(Biosafety Clearing House) istituito dal
protocollo di Cartagena sulla biosicurezza
allegato alla convenzione sulla diversità
biologica.
(7) Ai fini della piena applicazione del
regolamento (CE) n. 1830/2003, è essenziale
che il presente regolamento si applichi con la
massima urgenza.
(8) Le disposizioni del presente regolamento
sono conformi al parere del comitato istituito
ai sensi dell'articolo 30 della direttiva
2001/18/CE,
ha adottato il presente regolamento:
111 1. Riferimenti normativi
Capo I
Ambito di applicazione
Articolo 1
1. Il presente regolamento si applica agli
organismi geneticamente modificati (di
seguito «OGM»), che abbiano ottenuto
l'autorizzazione all'immissione in commercio
ai sensi della direttiva 2001/18/CE o di altra
normativa comunitaria e alle domande di
immissione in commercio presentate ai sensi
di tale normativa.
2. Il presente regolamento non si applica ai
medicinali per uso umano e veterinario
autorizzati a norma del regolamento (CEE) n.
2309/93, del Consiglio, né alle domande di
autorizzazione presentate ai sensi di tale
regolamento.
Capo II
Domande di immissione in commercio di
OGM
Articolo 2
1. Le domande di immissione in commercio
di OGM devono contenere un identificatore
unico per ciascun OGM cui si riferiscono.
2. I richiedenti generano l'identificatore unico
di ciascun OGM secondo i formati riportati in
allegato, previa consultazione della banca dati
OCSE dei prodotti biotecnologici e del centro
di scambio delle informazioni sulla
biosicurezza, al fine di accertare se sia già
stato determinato un identificatore unico per
l'OGM in questione secondo tali formati.
Articolo 3
Qualora sia concessa l'autorizzazione
all'immissione in commercio di un OGM:
a) l'autorizzazione deve specificare
l'identificatore unico assegnato a tale OGM;
b) la Commissione, a nome della Comunità,
ovvero, a seconda dei casi, l'autorità
competente che ha preso la decisione finale in
merito alla domanda iniziale di immissione in
commercio provvede affinché l'identificatore
unico dell'OGM in questione sia comunicato
il più presto possibile per iscritto al centro di
scambio delle informazioni sulla
biosicurezza;
c) l'identificatore unico di ciascun OGM
oggetto di autorizzazione è iscritto negli
appositi registri della Commissione.
Capo III
OGM per i quali l'autorizzazione
all'immissione in commercio sia stata
rilasciata prima dell'entrata in vigore del
presente regolamento
Articolo 4
112 1. Riferimenti normativi
1. Sono assegnati identificatori unici a tutti gli
OGM che hanno ottenuto l'autorizzazione
all'immissione in commercio ai sensi della
direttiva 90/220/CEE prima dell'entrata in
vigore del presente regolamento.
2. I titolari delle relative autorizzazioni
ovvero, a seconda dei casi, l'autorità
competente che ha preso la decisione finale in
merito alla domanda iniziale di immissione in
commercio, consultano la banca dati OCSE
dei prodotti biotecnologici e il centro di
scambio delle informazioni sulla biosicurezza
al fine di accertare se sia già stato determinato
un identificatore unico per l'OGM in
questione secondo i formati riportati in
allegato.
Articolo 5
1. Nei casi in cui, prima dell'entrata in vigore
del presente regolamento, sia stata concessa
l'autorizzazione all'immissione in commercio
di un OGM per il quale è già stato
determinato un identificatore unico secondo i
formati riportati in allegato, si applicano i
paragrafi 2, 3 e 4.
2. Entro 90 giorni dalla data di entrata in
vigore del presente regolamento, il titolare
dell'autorizzazione ovvero, a seconda dei casi,
l'autorità competente che ha preso la
decisione finale in merito alla domanda
iniziale di immissione in commercio,
comunica per iscritto alla Commissione:
a) l'avvenuta determinazione
dell'identificatore unico secondo i formati
riportati in allegato;
b) i dati relativi all'identificatore unico.
3. L'identificatore unico di ciascun OGM
oggetto di autorizzazione è iscritto negli
appositi registri della Commissione.
4. La Commissione, a nome della Comunità,
ovvero, a seconda dei casi, l'autorità
competente che ha preso la decisione finale in
merito alla domanda iniziale di immissione in
commercio provvede affinché l'identificatore
unico dell'OGM in questione sia comunicato
il più presto possibile per iscritto al centro di
scambio delle informazioni sulla biosicurezza.
Articolo 6
1. Nei casi in cui, prima dell'entrata in vigore
del presente regolamento, sia stata concessa
l'autorizzazione all'immissione in commercio
di un OGM per il quale non è stato ancora
determinato un identificatore unico secondo i
formati riportati in allegato, si applicano i
paragrafi 2, 3, 4 e 5.
2. Il titolare dell'autorizzazione ovvero, a
seconda dei casi, l'autorità competente che ha
preso la decisione finale in merito alla
domanda iniziale di immissione in commercio
determina un identificatore unico per l'OGM
in questione secondo i formati riportati in
allegato.
3. Entro 90 giorni dalla data di entrata in
vigore del presente regolamento, il titolare
dell'autorizzazione comunica per iscritto i dati
relativi all'identificatore unico all'autorità
competente che ha rilasciato l'autorizzazione,
la quale a sua volta trasmette immediatamente
tali dati alla Commissione.
4. L'identificatore unico di ciascun OGM
oggetto di autorizzazione è iscritto negli
appositi registri della Commissione.
113 1. Riferimenti normativi
5. La Commissione, a nome della Comunità,
ovvero, a seconda dei casi, l'autorità
competente che ha preso la decisione finale in
merito alla domanda iniziale di immissione in
commercio provvede affinché l'identificatore
unico dell'OGM in questione sia comunicato
il più presto possibile per iscritto al centro di
scambio delle informazioni sulla biosicurezza.
Capo IV
Disposizioni finali
Articolo 7
Il presente regolamento entra in vigore il
giorno della pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti
i suoi elementi e direttamente applicabile in
ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 14 gennaio 2004.
Per la Commissione
Margot WALLSTRÖM
Membro della Commissione
Formato degli identificatori unici
Il presente allegato definisce il formato degli
identificatori unici per le piante (sezione A) e
per i microrganismi e gli animali (sezione B).
SEZIONE A
1. formato generale
Il presente allegato descrive il formato da
utilizzare per gli identificatori unici degli
OGM che hanno ottenuto l'autorizzazione
all'immissione in commercio o sono in attesa
di autorizzazione ai sensi della normativa
comunitaria. Tale formato è costituito da tre
componenti, che constano di un determinato
numero di caratteri alfanumerici,
corrispondenti al richiedente/titolare
dell'autorizzazione, all'evento di
trasformazione e a un sistema di controllo.
L'identificatore è composto complessivamente
da 9 caratteri alfanumerici. La prima
componente corrisponde al
richiedente/titolare dell'autorizzazione e
comprende 2 o 3 caratteri alfanumerici. La
seconda componente corrisponde all'evento di
trasformazione e comprende 5 o 6 caratteri
alfanumerici. La terza componente serve a
fini di controllo ed è costituita da un carattere
numerico finale.
Esempio di identificatore unico determinato
utilizzando tale formato:
C E D - A B 8 9 1 - 6
oppure
C E - A B C 8 9 1 - 5
Di seguito sono fornite le indicazioni sulle
modalità di determinazione delle tre diverse
componenti dell'identificatore unico.
2. Prima componente: richiedente/titolare
dell'autorizzazione
I primi 2 o 3 caratteri alfanumerici indicano il
richiedente/titolare dell'autorizzazione (ad
esempio, le prime 2 o 3 lettere del nome
dell'organizzazione richiedente/titolare
dell'autorizzazione) e sono seguiti da un
trattino, come nel seguente esempio:
114 1. Riferimenti normativi
C E D -
oppure
C E -
È possibile che i richiedenti abbiano già
ottenuto l'assegnazione di caratteri
alfanumerici per indicare la loro identità, e
che detti caratteri figurino nella tabella dei
codici dei richiedenti della banca dati OCSE
dei prodotti biotecnologici. In tal caso essi
dovranno continuare ad utilizzare tali
caratteri.
I nuovi richiedenti non ancora identificati
nella banca dati OCSE dei prodotti
biotecnologici non possono utilizzare i codici
già esistenti riportati nella tabella dei codici
dei richiedenti, ma devono informare le
autorità nazionali, che procederanno
all'aggiornamento della banca dati mediante
l'inserimento di un nuovo codice
identificativo nella tabella.
3. Seconda componente: evento di
trasformazione
Il secondo gruppo di 5 o 6 caratteri
alfanumerici rappresenta lo specifico evento
(o gli specifici eventi) di trasformazione
oggetto della domanda di immissione in
commercio e/o dell'autorizzazione, come
nell'esempio che segue:
A B 8 9 1 -
oppure
A B C 8 9 1 -
È evidente che un singolo evento di
trasformazione può avere luogo in diversi
organismi, specie e varietà e che i caratteri
devono essere rappresentativi dello specifico
evento in questione. Ancora una volta, prima
di generare gli identificatori unici i richiedenti
dovranno consultare la banca dati OCSE dei
prodotti biotecnologici per verificare gli
identificatori unici assegnati ad eventi di
trasformazione simili riguardanti lo stesso
organismo o la stessa specie, in modo da
assicurare la coerenza ed evitare duplicazioni.
I richiedenti devono stabilire il proprio
meccanismo interno per evitare di utilizzare la
stessa designazione (ossia gli stessi caratteri)
per un evento di trasformazione riguardante
organismi differenti. Qualora due o più
organizzazioni sviluppino eventi di
trasformazione simili, le «informazioni
relative al richiedente» (cfr. punto 2) devono
consentire a ciascun richiedente di generare
un identificatore unico per il proprio prodotto,
assicurandone l'unicità rispetto agli
identificatori generati da altri richiedenti.
Con riferimento ai nuovi OGM che implicano
più eventi di trasformazione («gene
stacking»), i richiedenti o i titolari delle
autorizzazioni devono generare un nuovo
identificatore unico.
4. Terza componente: carattere di controllo
L'ultimo carattere dell'identificatore unico
serve a fini di controllo ed è separato dagli
altri caratteri da un trattino, come
nell'esempio che segue:
- 6
oppure
- 5
Il carattere di controllo è destinato a ridurre
gli errori garantendo l'integrità del codice
alfanumerico introdotto dagli utenti della
banca dati.
Di seguito è descritta la regola per il calcolo
del carattere di controllo. Il carattere di
controllo è composto da un unico carattere
numerico (ossia un'unica cifra) ed è calcolato
sommando i valori numerici di ciascuno dei
caratteri alfanumerici dell'identificatore unico.
Il valore numerico dei caratteri va da a 9 per i
caratteri numerici da a 9, e da 1 a 26 per i
115 1. Riferimenti normativi
caratteri alfabetici dalla A alla Z (cfr. punti 5
e 6). Qualora il totale sia un numero a più
cifre, il carattere di controllo viene calcolato
sommando più volte tali cifre tra loro secondo
la stessa regola fino ad ottenere un valore
composto da una sola cifra. Ad esempio, il
carattere di controllo per il codice CED-
AB891 è calcolato nel modo seguente:
Prima fase: 3 + 5 + 4 + 1 + 2 + 8 + 9 + 1 = 33;
Seconda fase: 3 + 3 = 6; pertanto il carattere
di controllo è 6.
Di conseguenza l'identificatore unico sarà:
CED-AB891-6.
5. Caratteri numerici da utilizzare
nell'identificatore unico
Ø
1
2
3
4
5
6
7
8
9
6. Caratteri alfabetici da utilizzare e
relativi equivalenti numerici per il calcolo
del carattere di controllo
A = 1
B = 2
C = 3
D = 4
E = 5
F = 6
G = 7
H = 8
I = 9
J = 1Ø
K = 11
L = 12
M = 13
N = 14
O = 15
P = 16
Q = 17
R = 18
S = 19
T = 2Ø
U = 21
V = 22
W = 23
X = 24
Y = 25
Z = 26
Per evitare confusioni con la lettera O, lo zero
deve essere indicato con il simbolo Ø.
SEZIONE B
Le disposizioni della sezione A del presente
allegato si applicano ai microorganismi e agli
animali, a meno che per i relativi identificatori
unici non venga adottato a livello
internazionale e approvato a livello
comunitario un altro formato.
Racc. 4 ottobre 2004, n. 2004/787/CE
Raccomandazione della Commissione relativa
agli orientamenti tecnici sui metodi di
campionamento e di rilevazione degli
organismi geneticamente modificati e dei
materiali ottenuti da organismi geneticamente
modificati come tali o contenuti in prodotti,
nel quadro del regolamento (CE) n.
1830/2003
La Commissione delle Comunità europee,
visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, in particolare l'articolo 211, secondo
trattino,
considerando quando segue:
(1) Il regolamento (CE) n. 1830/2003 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 22
settembre 2003, concernente la tracciabilità e
l'etichettatura di organismi geneticamente
modificati e la tracciabilità di alimenti e
mangimi ottenuti da organismi geneticamente
modificati, nonché recante modifica della
direttiva 2001/18/CE, stabilisce un sistema
116 1. Riferimenti normativi
per la trasmissione reciproca e la
conservazione delle informazioni da parte
degli operatori in ciascuna fase
dell'immissione in commercio di prodotti
contenenti o costituiti da organismi
geneticamente modificati (di seguito
«OGM»), o di alimenti e mangimi ottenuti da
OGM, ma non impone agli operatori di
procedere al campionamento e all'analisi dei
prodotti in ogni fase dell'immissione in
commercio per verificare la presenza di OGM
o di materiali ottenuti da OGM.
(2) Tuttavia, a norma dell'articolo 9,
paragrafo 1, del regolamento (CE) n.
1830/2003, per assicurare il rispetto del
regolamento, gli Stati membri sono tenuti a
provvedere affinché siano attuate ispezioni e
altre misure di controllo, compresi i controlli
a campione e le analisi (qualitative e
quantitative) eventualmente necessari.
(3) Per facilitare l'attuazione coordinata di tali
ispezioni e misure di controllo, l'articolo 9,
paragrafo 2, del suddetto regolamento impone
l'elaborazione di orientamenti tecnici sui
metodi di campionamento e di analisi degli
OGM e dei materiali ottenuti da OGM
presenti negli alimenti e nei mangimi.
(4) I presenti orientamenti dovrebbero
riguardare i prodotti la cui immissione in
commercio è stata autorizzata, ma lasciano
impregiudicate le disposizioni dell'articolo 4,
paragrafo 5, della direttiva 2001/18/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio per
quanto riguarda gli OGM per i quali non è
stata concessa un'autorizzazione nell'Unione
europea.
(5) Il campionamento e la rilevazione devono
essere effettuati seguendo rigorosi protocolli
scientifici e statistici, in modo da rilevare la
presenza di OGM o di materiali ottenuti da
OGM con un adeguato livello di confidenza.
(6) Nell'elaborazione degli orientamenti è
stato consultato il comitato istituito
dall'articolo 30 della direttiva 2001/18/CE e
si è tenuto conto dei lavori delle autorità
nazionali competenti, del comitato
permanente per la catena alimentare e la
salute degli animali e del laboratorio
comunitario di riferimento.
(7) Ove lotti di sementi o di altri materiali di
propagazione vegetale non modificati
geneticamente debbano soddisfare norme
relative alla presenza accidentale o
tecnicamente inevitabile di sementi o altri
materiali di propagazione vegetale
geneticamente modificati, occorre elaborare,
nell'ambito della normativa specifica
riguardante le sementi e gli altri materiali di
propagazione vegetale, un protocollo
giuridicamente vincolante sui metodi di
campionamento e di analisi per rilevare la
presenza di sementi o altri materiali di
propagazione vegetale geneticamente
modificati; ove opportuno, le istruzioni
contenute in tale protocollo devono servire da
base anche per il campionamento e l'analisi di
altre specie vegetali geneticamente modificate
non disciplinate dalla suddetta normativa,
raccomanda:
I. Principi generali
1. Ai fini dell'adempimento degli obblighi di
cui all'articolo 9, paragrafo 1, del
regolamento (CE) n. 1830/2003, è opportuno
che gli Stati membri tengano conto dei
seguenti aspetti:
a) L'osservanza della pertinente normativa
dimostrata in passato dagli operatori;
b) L'affidabilità dei controlli eventualmente
già eseguiti dagli operatori;
c) I casi di sospetta inadempienza;
117 1. Riferimenti normativi
d) L'uso di mezzi proporzionati agli specifici
obiettivi perseguiti, in particolare alla luce
dell'esperienza acquisita;
e) Il grado di eterogeneità e il punto della
filiera in cui sono svolte le analisi.
2. I controlli ufficiali dovrebbero essere
effettuati senza preavviso, tranne nei casi in
cui è necessaria la preventiva comunicazione
all'operatore.
3. I controlli ufficiali dovrebbero essere
effettuati in tutte le fasi della produzione,
della trasformazione, dello stoccaggio e della
distribuzione di prodotti che contengono o
potrebbero contenere OGM o di alimenti e
mangimi ottenuti da OGM, ivi compresa
l'importazione 59
.
4. I controlli ufficiali non dovrebbero operare
distinzioni tra prodotti destinati
all'esportazione al di fuori della Comunità e
prodotti destinati all'immissione in
commercio nella Comunità.
5. Gli operatori i cui prodotti sono oggetto di
campionamento e di analisi dovrebbero avere
il diritto di chiedere un secondo parere. Gli
organismi ufficiali dovrebbero prelevare un
numero sufficiente di controcampioni a fini di
verifica e per dirimere eventuali contestazioni,
onde garantire agli operatori, secondo quanto
disposto dalla normativa nazionale, il diritto
di appello e la possibilità di avere un secondo
parere.
6. È possibile applicare strategie di
campionamento alternative a quelle
raccomandate nei presenti orientamenti.
7. È possibile applicare strategie di analisi
alternative a quelle raccomandate nei presenti
orientamenti, purché tali metodi siano
59
A norma dell'articolo 9, paragrafo 3, del
regolamento (CE) n. 1830/2003, le informazioni sugli
OGM non autorizzati nell'Unione europea, se
disponibili, sono riportate in un registro centrale.
approvati dal laboratorio comunitario di
riferimento istituito dal regolamento (CE) n.
1829/2003.
8. Fatte salve le specifiche disposizioni della
normativa comunitaria in materia di controlli
sugli alimenti, sui mangimi e altri tipi di
controllo, in particolare la direttiva 95/53/CE
che fissa i principi relativi all'organizzazione
dei controlli ufficiali nel settore
dell'alimentazione animale, la direttiva
70/373/CEE relativa all'introduzione di modi
di prelievo di campioni e di metodi di analisi
comunitari per il controllo ufficiale degli
alimenti per animali, la direttiva 89/397/CEE
relativa al controllo ufficiale dei prodotti
alimentari e la direttiva 93/99/CEE
riguardante misure supplementari in merito al
controllo ufficiale dei prodotti alimentari, gli
Stati membri dovrebbero provvedere affinché
i controlli ufficiali siano effettuati in modo da
conseguire gli obiettivi previsti dal
regolamento (CE) n. 1830/2003.
_____
II. Definizioni
a) Lotto: quantitativo distinto e specificato di
materiale.
Le definizioni riportate di seguito tengono
conto del tipo di materiale che costituisce il
lotto e sono coerenti con le norme ISTA
(International Seed Testing Association -
Associazione internazionale per l'analisi delle
sementi), con le norme ISO 6644 e 13690 e
con le norme internazionali FAO per le
misure fitosanitarie:
118 1. Riferimenti normativi
lotto di sementi: quantitativo specificato di
sementi, fisicamente identificabile e uniforme,
non eccedente le dimensioni massime dei lotti
stabilite nelle direttive in materia di sementi e
corrispondente a una partita o a parte di essa;
lotto di altri materiali di propagazione
vegetale: numero di unità di un singolo
prodotto, identificabile ad esempio per la sua
origine o composizione omogenea, non
eccedente le dimensioni massime dei lotti
stabilite nella normativa riguardante gli altri
materiali di propagazione vegetale e
corrispondente a una partita o a parte di essa;
lotto di alimenti e mangimi: quantitativo di
prodotti spediti o ricevuti in una sola volta e
oggetto di un particolare contratto o
documento di spedizione.
b) Campione elementare: piccolo quantitativo
costante di prodotto prelevato da ciascun
punto di campionamento del lotto sull'intero
spessore del medesimo (campionamento
statico) o dal flusso di prodotti in movimento
in un determinato lasso di tempo
(campionamento dinamico).
c) Campione elementare per la
conservazione: campione elementare
conservato per un determinato periodo di
tempo onde essere ulteriormente analizzato.
d) Campione globale: quantità di prodotto
ottenuta combinando e mescolando i
campioni elementari prelevati da un
determinato lotto.
e) Campione di laboratorio: quantitativo di
prodotto prelevato dal campione globale per
l'effettuazione di ispezioni e analisi di
laboratorio.
f) Campione da analizzare: campione di
laboratorio omogeneizzato, costituito
dall'intero campione di laboratorio o da una
sua frazione rappresentativa.
g) Controcampione: campione conservato per
un determinato periodo di tempo a fini di
verifica o per dirimere eventuali
contestazioni.
h) Percentuale di DNA geneticamente
modificato: percentuale delle copie di DNA
geneticamente modificato rispetto alle copie
di DNA specifico del taxon bersaglio,
calcolata in termini di genomi aploidi.
III. Principi applicabili ai protocolli di
campionamento
1. In sede di ispezione e di controllo del
rispetto da parte degli operatori degli articoli
4 e 5 del regolamento (CE) n. 1830/2003, è
opportuno che gli Stati membri tengano conto
degli orientamenti relativi ai protocolli di
campionamento dei prodotti costituiti,
contenenti od ottenuti da OGM.
2. Il laboratorio comunitario di riferimento,
istituito ai sensi del regolamento (CE) n.
1829/2003, e i laboratori designati a livello
nazionale per costituire la Rete europea di
laboratori per gli OGM (European Network of
GMO Laboratories, di seguito denominata
«ENGL») forniranno ulteriori orientamenti e
assistenza sui metodi di campionamento che
rientrano nell'ambito di applicazione della
presente raccomandazione.
3. Per stimare la presenza di OGM è
opportuno seguire procedure di
campionamento armonizzate. Tali procedure
dovrebbero riguardare i lotti di sementi e di
altri materiali di propagazione vegetale, di
alimenti, di mangimi e di prodotti agricoli.
4. Affinché i campioni prelevati e analizzati
siano rappresentativi dei diversi tipi di
prodotti esaminati, sono definite le procedure
119 1. Riferimenti normativi
di campionamento riportate di seguito.
Mentre i protocolli di campionamento per
rilevare la presenza di sementi e altri materiali
di propagazione vegetale geneticamente
modificati nei lotti di sementi dovrebbero
essere elaborati in conformità della normativa
specifica relativa alle sementi e agli altri
materiali di propagazione vegetale, le
strategie di campionamento per i prodotti
sfusi, gli alimenti e i mangimi sono trattate in
sezioni distinte nelle quali si tiene conto delle
caratteristiche specifiche dei diversi prodotti.
IV. Protocolli di campionamento
1. Campionamento dei lotti di sementi e di
altri materiali di propagazione vegetale
La presente sezione riguarda sia la rilevazione
di sementi o altri materiali di propagazione
vegetale geneticamente modificati in lotti di
sementi o di altri materiali di propagazione
vegetale di varietà o cloni non modificati
geneticamente sia la rilevazione di sementi e
altri materiali di propagazione vegetale
geneticamente modificati derivanti da eventi
di trasformazione diversi da quelli previsti per
un lotto di sementi o di altri materiali di
propagazione vegetale di una varietà o clone
geneticamente modificato.
I campioni dovrebbero essere prelevati
secondo i metodi internazionali in uso e, ove
opportuno, da lotti aventi le dimensioni
stabilite dalle direttive 66/401/CEE,
66/402/CEE, 68/193/CEE, 92/34/CEE,
98/56/CEE, 1999/105/CE, 2002/54/CE,
2002/55/CE, 2002/56/CE e 2002/57/CE del
Consiglio. I principi generali e i metodi di
campionamento delle sementi e degli altri
materiali di propagazione vegetale dovrebbero
essere conformi alle norme ISTA e alle
istruzioni del manuale ISTA per il
campionamento delle sementi.
I sistemi di campionamento e di analisi delle
sementi e degli altri materiali di propagazione
vegetale dovrebbero soddisfare le prescrizioni
della normativa specifica riguardante le
sementi e gli altri materiali di propagazione
vegetale per quanto attiene ai rischi statistici.
Il livello di qualità dei lotti di sementi o di
altri materiali di propagazione vegetale e
l'incertezza statistica ad esso associata sono
definiti in relazione alle soglie stabilite per gli
OGM e si riferiscono alla percentuale delle
copie di DNA geneticamente modificato
rispetto alle copie di DNA specifico del taxon
bersaglio, calcolata in termini di genomi
aploidi.
2. Campionamento di prodotti agricoli
sfusi
Il protocollo di campionamento si basa su una
procedura in due fasi che consente, se
necessario, di ottenere una stima dei livelli di
presenza di OGM, insieme alla relativa
incertezza espressa come deviazione standard,
senza dover formulare alcuna supposizione
sulla possibile eterogeneità degli OGM.
Per permettere di stimare la deviazione
standard, occorre anzitutto preparare un
campione globale e procedere all'analisi del
campione da analizzare da esso ricavato onde
accertare la presenza di materiali
geneticamente modificati. Qualora il risultato
dell'analisi si avvicini alla soglia stabilita (±
50% del suo valore), si raccomanda di
analizzare i singoli campioni elementari per la
conservazione onde quantificare l'incertezza
associata.
È opportuno tenere conto dei seguenti
documenti:
a) norma ISO 6644 (2002);
b) norma ISO 13690 (1999);
120 1. Riferimenti normativi
c) norma ISO 5725 (1994);
d) norma ISO 2859 (1985);
e) norma ISO 542 (1990).
2.1. Protocollo per il campionamento di lotti
di prodotti agricoli sfusi
Si raccomanda di fare in modo che il
campionamento dei prodotti sfusi (granelle,
semi oleosi) avvenga secondo i principi
generali e i metodi di campionamento
descritti nelle norme ISO 6644 e 13690. In
caso di flussi di prodotti in movimento, il
periodo di campionamento dovrebbe essere
definito, secondo la norma ISO 6644, nel
modo seguente: tempo totale di
scarico/numero totale di campioni elementari.
In caso di campionamento statico, i campioni
elementari dovrebbero essere prelevati in
specifici punti di campionamento. Tali punti
di campionamento dovrebbero essere
distribuiti uniformemente su tutto il volume
del lotto, secondo i principi descritti nella
norma ISO 13690. Il numero di campioni
elementari o di punti di campionamento (in
cui sono prelevati i campioni elementari che
concorrono a costituire il campione globale e i
campioni elementari per la conservazione) è
definito in base alle dimensioni del lotto come
indicato nella seguente tabella:
Dimensioni del
lotto (tonnellate)
Dimensioni del campione
globale (chilogrammi)
Numero di
campioni
elementari
≤ 50 5 10
100 10 20
250 25 50
≥ 500 50 100
Per i lotti da 50 a 500 tonnellate, le
dimensioni del campione globale dovrebbero
corrispondere allo 0,01% delle dimensioni
totali del lotto. Per i lotti inferiori a 50
tonnellate, il campione globale dovrebbe
essere di 5 chilogrammi. Per i lotti di oltre
500 tonnellate, il campione globale dovrebbe
essere di 50 chilogrammi. Ad ogni intervallo
di campionamento (campionamento
sistematico) o in ciascun punto di
campionamento (campionamento statico)
occorre prelevare un campione elementare di
1 chilogrammo e suddividerlo in due frazioni
di 0,5 chilogrammi, da utilizzare
rispettivamente come campione elementare
per la produzione del campione globale e
come campione elementare per la
conservazione.
Il campionamento di materiali di dimensioni
maggiori rispetto alle granelle (ad esempio
frutti, rizomi e patate) dovrebbe essere
effettuato secondo la norma ISO 2859. Il
campionamento dei semi oleosi dovrebbe
essere effettuato secondo la norma ISO 542.
2.2. Protocollo per la preparazione dei
campioni da analizzare
Si raccomanda un protocollo articolato in più
fasi, per ridurre al minimo i costi e
massimizzare la potenza statistica secondo
livelli di accettazione predefiniti.
Innanzitutto, i campioni elementari prelevati
come indicato al punto 2.1 sono combinati e
mescolati accuratamente, secondo le
procedure descritte nelle norme ISO 13690 e
6644, onde costituire un campione globale.
Il campione globale viene utilizzato per
ottenere un campione da analizzare, secondo
le procedure descritte nelle norme ISO 13690
e 6644, e viene analizzato per accertare la
presenza di OGM in maniera conforme ai
«protocolli analitici/metodi di analisi»
descritti nella sezione V. Se il risultato
dell'analisi si avvicina alla soglia stabilita
(soglia ± 50% del suo valore), può essere
necessaria una stima dell'incertezza associata
(al punto 2.3 è previsto un protocollo per la
stima di tale incertezza).
2.3. Protocollo per la stima dell'incertezza
Se il numero dei campioni elementari per la
conservazione è uguale o inferiore a 20, come
nel caso di lotti di dimensioni più ridotte, è
opportuno analizzare uno per uno tutti i
121 1. Riferimenti normativi
campioni e adottare una decisione riguardo
all'etichettatura.
Se il numero dei campioni elementari per la
conservazione è superiore a 20, è opportuno
selezionare in maniera casuale 20 campioni,
che verranno analizzati uno per uno onde
accertare la presenza di OGM. I risultati
dell'analisi di questi 20 campioni sono
utilizzati per stimare il tenore di OGM del
lotto e l'incertezza ad esso associata, espressa
come deviazione standard. Se l'incertezza
associata all'analisi dei 20 campioni è
accettabile, non occorre analizzare anche gli
altri campioni elementari per la
conservazione. Se invece il livello di
incertezza non è accettabile, è opportuno
analizzare anche gli altri campioni elementari
per la conservazione.
Il numero di campioni supplementari da
analizzare dovrebbe essere stabilito caso per
caso in funzione del livello di incertezza
stimato sulla base dei primi 20 campioni.
Il processo di analisi sequenziale dovrebbe
arrestarsi quando si realizzi almeno una delle
seguenti condizioni:
- il tenore stimato di OGM del lotto (tenore
medio di OGM dei campioni elementari per la
conservazione analizzati) è superiore o
inferiore alla soglia stabilita ± 50% del valore
di questa,
- l'incertezza associata al tenore misurato di
OGM del lotto raggiunge un livello
accettabile (± 50% del risultato analitico
medio).
Ove siano stati analizzati tutti i campioni, è
opportuno adottare una decisione riguardo
all'etichettatura.
2.4. Protocollo per il campionamento di lotti
di alimenti e mangimi
Il campionamento degli alimenti e dei
mangimi preconfezionati dovrebbe essere
svolto secondo le procedure descritte nella
norma ISO 2859.
Il campionamento degli alimenti e dei
mangimi non preconfezionati dovrebbe essere
svolto secondo il protocollo descritto al punto
2.1.
V. Protocolli analitici/metodi di analisi
1. Il laboratorio comunitario di riferimento
istituito ai sensi del regolamento (CE) n.
1829/2003 e i laboratori designati a livello
nazionale per costituire la rete ENGL
forniranno ulteriori orientamenti e assistenza
sui metodi di analisi che rientrano nell'ambito
di applicazione della presente
raccomandazione.
2. Requisiti dei laboratori
I laboratori nazionali che effettuano le analisi
di cui alla presente raccomandazione
dovrebbero essere accreditati secondo la
norma EN ISO/IEC 17025/1999 o certificati
secondo un apposito sistema e dovrebbero
partecipare regolarmente a sistemi di verifica
della competenza tecnica organizzati o
coordinati da laboratori riconosciuti a livello
nazionale o internazionale e/o da
organizzazioni nazionali o internazionali.
I prodotti alimentari sottoposti ad analisi in
virtù della presente raccomandazione
dovrebbero essere trasmessi a laboratori che
soddisfino i criteri previsti all'articolo 3 della
direttiva 93/99/CEE.
L'analisi dei campioni dovrebbe essere
effettuata secondo i requisiti generali di
laboratorio e procedurali previsti dal progetto
di norma europea prEN ISO 24276:2002.
122 1. Riferimenti normativi
3. Preparazione del campione da analizzare
Il prelievo dei campioni è finalizzato a
ottenere un campione di laboratorio
rappresentativo e omogeneo senza introdurre
contaminazioni secondarie. Gli Stati membri
dovrebbero basarsi sui progetti di norma
europea prEN ISO 24276:2002 e prEN ISO
21571:2002, che indicano strategie per
l'omogeneizzazione del campione di
laboratorio, la riduzione del campione di
laboratorio a campione da analizzare, la
preparazione del campione da analizzare e
l'estrazione dell'analita bersaglio.
I campioni di sementi dovrebbero essere
preparati secondo le norme internazionali per
l'analisi delle sementi definite dall'ISTA. I
campioni di materiali di propagazione
vegetale dovrebbero essere preparati secondo
i metodi internazionali in uso, ove tali metodi
esistano.
4. Analisi
Le attuali conoscenze scientifiche non
consentono di rilevare e di quantificare
mediante un unico metodo tutti gli OGM o i
materiali ottenuti da OGM che hanno ottenuto
l'autorizzazione all'immissione in commercio
presenti negli alimenti e nei mangimi.
Esistono vari metodi di analisi in grado di
fornire risultati ugualmente affidabili. Può
trattarsi in particolare di uno dei seguenti
metodi o di una combinazione degli stessi:
a) metodi qualitativi specifici per determinati
eventi di trasformazione, per determinati
costrutti genici o per singoli elementi
genetici;
b) metodi quantitativi specifici per
determinati eventi di trasformazione, per
determinati costrutti genici o per singoli
elementi genetici.
Per rilevare l'eventuale presenza di OGM può
essere opportuno iniziare con un metodo di
screening. Se l'esito è positivo, si dovrebbe
passare quindi a metodi specifici per un
determinato costrutto genico e/o per un
determinato evento di trasformazione. Se
sono presenti sul mercato diversi OGM
contenenti lo stesso costrutto genico, è
vivamente raccomandato l'uso di un metodo
specifico per l'evento di trasformazione in
questione. I risultati dell'analisi quantitativa
dovrebbero essere espressi come percentuale
delle copie di DNA geneticamente modificato
rispetto alle copie di DNA specifico del taxon
bersaglio, calcolata in termini di genomi
aploidi. Ove possibile, i laboratori dovrebbero
utilizzare un metodo convalidato secondo
criteri riconosciuti a livello internazionale (ad
es. ISO 5725/1994 o il protocollo armonizzato
IUPAC) e prevedere l'uso di materiale di
riferimento certificato.
Un elenco aggiornato di metodi convalidati,
compresi i metodi convalidati comunicati al
Codex Alimentarius, è disponibile sul sito
(http://biotech.jrc.it).
5. Assenza di metodi convalidati
In assenza di metodi convalidati, ad esempio
per rilevare l'eventuale presenza di OGM, i
laboratori nazionali dovrebbero procedere a
una convalida interna del metodo secondo
criteri riconosciuti a livello internazionale. In
mancanza di metodi convalidati per la matrice
da analizzare, si raccomanda di scegliere nella
banca dati disponibile sul sito
http://biotech.jrc.it un metodo convalidato per
una matrice o per una materia prima simile.
Prima di adottare tale metodo occorre
verificarne l'efficacia sulla matrice in
questione.
6. Espressione e interpretazione dei
risultati delle analisi
Nei metodi qualitativi, il limite di rilevazione
(limit of detection - LOD) è il livello più
basso dell'analita che è possibile rilevare in
maniera affidabile per un numero definito di
copie del genoma del taxon bersaglio.
123 1. Riferimenti normativi
Nei metodi quantitativi, il limite di
quantificazione (limit of quantification -
LOQ) è il livello più basso dell'analita che è
possibile quantificare in maniera affidabile
per un numero definito di copie del genoma
del taxon bersaglio. I risultati dell'analisi
quantitativa dovrebbero essere espressi come
numero di copie di DNA geneticamente
modificato rispetto al numero di copie di
DNA specifico del taxon bersaglio, calcolato
in termini di genomi aploidi. Se la quantità di
sequenza bersaglio geneticamente modificata
è inferiore al limite di quantificazione,
l'espressione dei risultati sarà soltanto
qualitativa.
Si raccomanda di interpretare i risultati
secondo le istruzioni contenute nel progetto di
norma europea prEN ISO 24276:2002.
VI. Disposizioni finali
La metodologia di campionamento e di
rilevazione, compresi i relativi protocolli e
documenti, dovrebbe continuare a essere
sviluppata e adeguata per tenere conto delle
eventuali modifiche delle soglie e dei valori
soglia stabiliti dagli articoli 12, 24 e 47 del
regolamento (CE) n. 1829/2003, dall'articolo
21, paragrafi 2 e 3 della direttiva 2001/18/CE
e da altri strumenti legislativi comunitari,
della relazione di cui all'articolo 12 del
regolamento (CE) n. 1830/2003
sull'attuazione di tale regolamento, dei
progressi in campo tecnologico e degli
sviluppi sopravvenuti nelle sedi
internazionali.
Fatto a Bruxelles, il 4 ottobre 2004.
Per la Commissione
Margot WALLSTRÖM
Membro della Commissione
D.Lgs. 21 marzo 2005, n. 70
Disposizioni sanzionatorie per le violazioni
del regolamento (CE) n. 1829/2003 e del
regolamento (CE) n. 1830/2003, relativi agli
alimenti ed ai mangimi geneticamente
modificati.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 3 della legge 31 ottobre 2003,
n. 306, recante delega al Governo per la
disciplina sanzionatoria di violazioni di
disposizioni comunitarie;
Visto il regolamento (CE) n. 1829/2003 del
22 settembre 2003, del Parlamento europeo e
del Consiglio, relativo agli alimenti e ai
mangimi geneticamente modificati;
Visto il regolamento (CE) n. 1830/2003 del
22 settembre 2003, del Parlamento europeo e
del Consiglio, concernente la tracciabilità e
l'etichettatura di alimenti e mangimi ottenuti
da organismi geneticamente modificati,
nonché recante modifica della direttiva
2001/18/CE;
Visto il decreto legislativo 8 luglio 2003, n.
224, recante attuazione della direttiva
2001/18/CE, concernente l'emissione
deliberata nell'ambiente di organismi
geneticamente modificati;
Vista la preliminare deliberazione del
Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 16 luglio 2004;
Acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano;
124 1. Riferimenti normativi
Acquisiti i pareri delle competenti
Commissioni della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei
Ministri, adottata nella riunione del 4 marzo
2005;
Sulla proposta dei Ministri per le politiche
comunitarie e della giustizia, di concerto con i
Ministri della salute, dell'ambiente e della
tutela del territorio e delle politiche agricole e
forestali;
Emana il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del
regolamento (CE) n. 1829 del 22 settembre
2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Capo I - Disposizione generale
1. Oggetto e finalità.
1. Le disposizioni del presente titolo dettano
la disciplina sanzionatoria per le violazioni
del regolamento (CE) n. 1829/2003 del 22
settembre 2003, del Parlamento europeo e del
Consiglio, relativo agli alimenti e ai mangimi
geneticamente modificati, di seguito
denominato: «regolamento».
TITOLO I
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del
regolamento (CE) n. 1829 del 22 settembre
2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Capo II - Disciplina sanzionatoria per le
violazioni relative agli alimenti geneticamente
modificati
Sezione I - Disciplina sanzionatoria per le
violazioni relative all'autorizzazione ed alla
vigilanza
2. Disciplina sanzionatoria per le violazioni
previste agli articoli 4, 7, 9, 10 e 11 del
regolamento.
1. Chiunque immette in commercio un OGM
destinato all'alimentazione umana o un
alimento di cui all'articolo 3, paragrafo 1, del
regolamento, senza che per esso sia stata
rilasciata l'autorizzazione ai sensi della
sezione I del capo II del regolamento
medesimo, è punito con l'arresto da sei mesi a
tre anni o con l'ammenda fino ad euro
cinquantunomilasettecento.
2. Se l'immissione in commercio avviene
dopo che l'autorizzazione è stata rifiutata,
revocata o sospesa, si applica l'arresto da uno
a tre anni o l'ammenda fino ad euro
sessantamila.
3. Chiunque, dopo il rilascio
dell'autorizzazione all'immissione in
commercio di un OGM destinato
all'alimentazione umana o di un alimento di
cui all'articolo 3, paragrafo 1, del
regolamento, senza che sia stata presentata, ai
sensi dell'articolo 11 del regolamento, la
domanda di rinnovo dell'autorizzazione,
continua, dopo la scadenza della stessa, ad
immettere sul mercato l'OGM o l'alimento,
ovvero continua ad immettere sul mercato
l'OGM o l'alimento dopo che il rinnovo
dell'autorizzazione è stato rifiutato, revocato o
sospeso, è punito, nel primo caso, con le pene
125 1. Riferimenti normativi
di cui al comma 1, nel secondo caso, con le
pene di cui al comma 2.
4. Chiunque immette in commercio un OGM
destinato all'alimentazione umana o un
alimento di cui all'articolo 3, paragrafo 1, del
regolamento, senza rispettare le condizioni o
le restrizioni stabilite nell'autorizzazione o nel
rinnovo dell'autorizzazione, è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da euro
settemilaottocento ad euro
quarantaseimilacinquecento.
5. Chi, dopo l'immissione in commercio di un
OGM destinato all'alimentazione umana o di
un alimento di cui all'articolo 3, paragrafo 1,
del regolamento, non effettua il monitoraggio
eventualmente imposto dall'autorizzazione, o
non presenta alla Commissione le relative
relazioni, alle condizioni indicate
nell'autorizzazione medesima, è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da euro
settemilaottocento ad euro
venticinquemilanovecento.
6. Chi, dopo l'ottenimento della
autorizzazione all'immissione in commercio
di un OGM destinato all'alimentazione umana
o di un alimento di cui all'articolo 3, paragrafo
1, del regolamento e l'immissione in
commercio degli stessi, disponendo di nuove
informazioni scientifiche o tecniche
suscettibili di influire sulla valutazione della
sicurezza nell'uso dei medesimi, non informa
immediatamente la Commissione, è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro settemilaottocento ad euro
quarantaseimilacinquecento.
3. Disciplina sanzionatoria per le violazioni
previste all'articolo 8 del regolamento.
1. Chiunque non ottempera al provvedimento
adottato dalla Commissione ai sensi
dell'articolo 8, paragrafo 6, del regolamento,
che dispone il ritiro dal mercato di un
prodotto e dei suoi eventuali derivati, è punito
con l'arresto da sei mesi a tre anni o con
l'ammenda fino ad euro
cinquantunomilasettecento.
2. Chiunque mantiene sul mercato un
alimento geneticamente modificato rientrante
nel campo di applicazione della sezione I del
capo II del regolamento, dopo che la domanda
presentata ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 4,
del regolamento medesimo, è stata rigettata, è
punito con l'arresto da uno a tre anni o con
l'ammenda fino ad euro sessantamila.
TITOLO I
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del
regolamento (CE) n. 1829 del 22 settembre
2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Capo II - Disciplina sanzionatoria per le
violazioni relative agli alimenti geneticamente
modificati
Sezione II - Disciplina sanzionatoria per le
violazioni relative all'etichettatura
4. Disciplina sanzionatoria per le violazioni
previste all'articolo 13 del regolamento.
1. Fatte salve le altre disposizioni del diritto
comunitario e del diritto interno in materia di
etichettatura dei prodotti alimentari, chiunque
immette in commercio un alimento di cui
all'articolo 12, paragrafo 1, del regolamento,
destinato in quanto tale al consumatore finale
od ai fornitori di alimenti per collettività,
senza rispettare i requisiti in materia di
etichettatura di cui all'articolo 13 del
126 1. Riferimenti normativi
regolamento, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro
settemilaottocento ad euro
quarantaseimilacinquecento.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si
applica agli alimenti che contengono
materiale che contiene OGM, o è costituito da
OGM o è prodotto a partire da OGM presenti
in proporzione non superiore allo 0,9 per
cento degli ingredienti alimentari considerati
individualmente o degli alimenti costituiti da
un unico ingrediente, o in proporzione non
superiore alla minor soglia eventualmente
stabilita ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 4,
del regolamento, purché tale presenza sia
accidentale o tecnicamente inevitabile. Al fine
di stabilire se la presenza di tale materiale sia
accidentale o tecnicamente inevitabile, gli
operatori devono essere in grado di
dimostrare di avere preso tutte le misure
appropriate per evitarne la presenza.
TITOLO I
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del
regolamento (CE) n. 1829 del 22 settembre
2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Capo III - Disciplina sanzionatoria per le
violazioni relative ai mangimi geneticamente
modificati
Sezione I - Disciplina sanzionatoria per le
violazioni relative all'autorizzazione ed alla
vigilanza
5. Disciplina sanzionatoria per le violazioni
previste agli articoli 6, 19, 21, 22 e 23 del
regolamento.
1. Chiunque immette in commercio, usa o
modifica un OGM destinato all'alimentazione
degli animali o un mangime di cui all'articolo
15, paragrafo 1, del regolamento, senza che
per esso sia stata rilasciata l'autorizzazione ai
sensi della sezione I del capo III del
regolamento medesimo, è punito con l'arresto
da sei mesi a tre anni o con l'ammenda fino ad
euro cinquantunomilasettecento.
2. Se l'immissione in commercio avviene
dopo che l'autorizzazione è stata rifiutata,
revocata o sospesa, si applica l'arresto da uno
a tre anni o l'ammenda fino ad euro
sessantamila.
3. Chiunque, dopo il rilascio
dell'autorizzazione all'immissione in
commercio di un OGM destinato
all'alimentazione degli animali o di un
mangime di cui all'articolo 15, paragrafo 1,
del regolamento, senza che sia stata
presentata, ai sensi dell'articolo 11 del
regolamento, la domanda di rinnovo
dell'autorizzazione, continua, dopo la
scadenza della stessa, ad immettere sul
mercato, ad usare o modificare l'OGM o il
mangime, ovvero continua ad immettere sul
mercato, ad usare o a modificare l'OGM o il
mangime dopo che il rinnovo
dell'autorizzazione è stato rifiutato, revocato o
sospeso, è punito, nel primo caso, con le pene
di cui al comma 1, nel secondo caso, con le
pene di cui al comma 2.
4. Chiunque immette in commercio, usa o
modifica un OGM destinato all'alimentazione
degli animali o un mangime di cui all'articolo
15, paragrafo 1, del regolamento, senza
rispettare le condizioni o le restrizioni
stabilite nell'autorizzazione o nel rinnovo
dell'autorizzazione, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro
settemilaottocento ad euro
quarantaseimilacinquecento.
5. Chi, dopo l'immissione in commercio di un
OGM destinato all'alimentazione degli
animali o di un mangime di cui all'articolo 15,
paragrafo 1, del regolamento, non effettua il
monitoraggio eventualmente imposto
127 1. Riferimenti normativi
dall'autorizzazione, o non presenta alla
Commissione le relative relazioni, alle
condizioni indicate nell'autorizzazione
medesima, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro
settemilaottocento ad euro
venticinquemilanovecento.
6. Chi, dopo l'ottenimento dell'autorizzazione
all'immissione in commercio di un OGM
destinato all'alimentazione degli animali o di
un mangime di cui all'articolo 15, paragrafo 1,
del regolamento e l'immissione in commercio
degli stessi, disponendo di nuove
informazioni scientifiche o tecniche
suscettibili di influire sulla valutazione della
sicurezza nell'uso dei medesimi, non informa
immediatamente la Commissione, è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro settemilaottocento ad euro
quarantaseimilacinquecento.
6. Disciplina sanzionatoria per le violazioni
previste all'articolo 20 del regolamento.
1. Chiunque non ottempera al provvedimento
adottato dalla Commissione ai sensi
dell'articolo 20, paragrafo 6, del regolamento,
che dispone il ritiro dal mercato di un
prodotto e dei suoi eventuali derivati, è punito
con l'arresto da sei mesi a tre anni o con
l'ammenda fino ad euro
cinquantunomilasettecento.
2. Chiunque mantiene sul mercato un
mangime geneticamente modificato rientrante
nel campo di applicazione della sezione 1 del
capo III del regolamento, dopo che la
domanda presentata ai sensi dell'articolo 20,
paragrafo 4, del regolamento medesimo, è
stata rigettata, è punito con l'arresto da uno a
tre anni o con l'ammenda fino ad euro
sessantamila.
TITOLO I
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del
regolamento (CE) n. 1829 del 22 settembre
2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Capo III - Disciplina sanzionatoria per le
violazioni relative ai mangimi geneticamente
modificati
Sezione II - Disciplina sanzionatoria per le
violazioni relative all'etichettatura
7. Disciplina sanzionatoria per le violazioni
previste all'articolo 25 del regolamento.
1. Fatte salve le altre disposizioni del diritto
comunitario e del diritto interno in materia di
etichettatura dei mangimi, chiunque immette
sul mercato un mangime di cui all'articolo 24,
paragrafo 1, del regolamento, senza rispettare
i requisiti in materia di etichettatura di cui
all'articolo 25 del regolamento, è punito con
la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
settemilaottocento ad euro
quarantaseimilacinquecento.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si
applica ai mangimi che contengono materiale
che contiene OGM, o è costituito da OGM o è
prodotto a partire da OGM presenti in
proporzione non superiore allo 0,9 per cento
per mangime e per ciascun mangime di cui
esso è composto o in proporzione non
superiore alla minor soglia eventualmente
stabilita ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 4,
del regolamento, purché tale presenza sia
accidentale o tecnicamente inevitabile. Al fine
di stabilire se la presenza di tale materiale sia
accidentale o tecnicamente inevitabile, gli
operatori devono essere in grado di
dimostrare di avere preso tutte le misure
appropriate per evitarne la presenza.
128 1. Riferimenti normativi
TITOLO I
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del
regolamento (CE) n. 1829 del 22 settembre
2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Capo IV - Relazione con il decreto legislativo
8 luglio 2003, n. 224
8. Relazione con gli articoli 30, comma 2 e
35, comma 10 e con l'articolo 36 del decreto
legislativo 8 luglio 2003, n. 224.
1. Le disposizioni degli articoli 30, comma 2
e 35, comma 10, del decreto legislativo n. 224
del 2003, si applicano anche nel caso di
coltivazione di OGM autorizzati ai sensi del
regolamento.
2. Fatte salve le disposizioni previste negli
articoli 2, 3, 5 e 6, le disposizioni dell'articolo
36 del decreto legislativo n. 224 del 2003 si
applicano anche nel caso di danni provocati
dalla immissione in commercio di OGM
destinati all'alimentazione umana o degli
animali o di alimenti o mangimi che
contengono o sono costituiti da OGM,
rientranti nel campo di applicazione del
regolamento.
TITOLO I
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del
regolamento (CE) n. 1829 del 22 settembre
2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Capo V - Disposizione transitoria
9. Disposizione transitoria in caso di presenza
accidentale o tecnicamente inevitabile di
materiale geneticamente modificato che è
stato oggetto di una valutazione del rischio
favorevole.
1. Per un periodo di tre anni dalla data di
applicazione del regolamento, e sempre che
ricorrano le condizioni di cui all'articolo 47,
paragrafi 1 e 2 dello stesso, la presenza negli
alimenti o nei mangimi di materiale che
contiene OGM od è costituito o derivato da
OGM in proporzione non superiore allo 0,5
per cento, o in proporzione non superiore alla
minor soglia eventualmente stabilita ai sensi
dell'articolo 47, paragrafo 3, del regolamento,
non costituisce violazione degli articoli 2 e 5.
TITOLO II
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del
regolamento (CE) n. 1830 del 22 settembre
2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Capo I - Disposizione generale
10. Oggetto e finalità.
1. Le disposizioni del presente titolo dettano
la disciplina sanzionatoria per le violazioni
del regolamento (CE) n. 1830/2003 del 22
settembre 2003, del Parlamento europeo e del
Consiglio, concernente la tracciabilità e
l'etichettatura di organismi geneticamente
modificati e la tracciabilità di alimenti e
mangimi ottenuti da organismi geneticamente
modificati, nonché recante modifica della
direttiva 2001/18/CE, di seguito denominato:
«regolamento».
129 1. Riferimenti normativi
TITOLO II
Disciplina sanzionatoria per le violazioni del
regolamento (CE) n. 1830 del 22 settembre
2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Capo II - Disciplina sanzionatoria per le
violazioni relative alla tracciabilità ed
etichettatura dei prodotti contenenti OGM o
da essi costituiti e per le violazioni relative
alla tracciabilità dei prodotti per alimenti o
mangimi ottenuti da OGM
11. Disciplina sanzionatoria per le violazioni
previste all'articolo 4 del regolamento.
1. Chiunque, nella prima fase di immissione
in commercio di un prodotto contenente
OGM o da essi costituito, comprese le merci
sfuse, o nelle fasi successive dell'immissione
in commercio di tali prodotti, non assicura la
trasmissione per iscritto all'operatore che
riceve il prodotto delle informazioni di cui
all'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), del
regolamento, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro diecimila
ad euro sessantamila. Nel caso dei prodotti
contenenti miscele di OGM o da esse
costituiti, destinati all'uso diretto ed esclusivo
come alimento o mangime, o destinati alla
trasformazione, le informazioni di cui
all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del
regolamento, possono essere sostituite dalla
dichiarazione, corredata dall'elenco, prevista
dall'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento
medesimo.
2. Chiunque, operando in qualunque fase
della catena di produzione e di distribuzione
dei prodotti contenenti OGM o da essi
costituiti, in qualità di soggetto che immette
in commercio o riceve gli stessi prodotti, ad
esclusione del consumatore finale, non
predispone i sistemi e le procedure
standardizzate di cui all'articolo 4, paragrafo
4, del regolamento, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro ottomila ad
euro cinquantamila. La disposizione non si
applica nelle ipotesi ed alle condizioni di cui
all'articolo 6 del regolamento.
3. Chiunque viola le disposizioni in materia di
etichettatura dei prodotti contenenti OGM o
da essi costituiti, di cui all'articolo 4,
paragrafo 6, del regolamento, è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da euro
settemilaottocento ad euro
quarantaseimilacinquecento.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non
si applicano nelle ipotesi di presenza
accidentale o tecnicamente inevitabile di
tracce di OGM indicate all'articolo 4,
paragrafi 7 e 8, del regolamento.
12. Disciplina sanzionatoria per le violazioni
previste all'articolo 5 del regolamento.
1. Chiunque immette in commercio un
prodotto per alimenti o mangimi ottenuto da
OGM, senza assicurare la trasmissione per
iscritto all'operatore che lo riceve delle
informazioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1,
del regolamento, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro diecimila
ad euro sessantamila.
2. Chiunque, operando in qualunque fase
della catena di produzione e di distribuzione
dei prodotti per alimenti o mangimi ottenuti
da OGM, in qualità di soggetto che immette
in commercio o riceve gli stessi prodotti o
mangimi, ad esclusione del consumatore
finale, non predispone i sistemi e le procedure
standardizzate di cui all'articolo 5, paragrafo
2, del regolamento, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro ottomila ad
euro cinquantamila. La disposizione non si
applica nelle ipotesi ed alle condizioni di cui
all'articolo 6 del regolamento.
130 1. Riferimenti normativi
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si
applicano nelle ipotesi di presenza accidentale
o tecnicamente inevitabile di tracce di OGM
in prodotti per alimenti o mangimi ottenuti da
OGM indicate all'articolo 5, paragrafo 4, del
regolamento.
TITOLO III
Applicazione delle sanzioni amministrative
pecuniarie.
13. Autorità competente.
1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio provvede, nell'àmbito delle attività
previste dalle norme vigenti, all'irrogazione
delle sanzioni amministrative pecuniarie
previste dagli articoli 2, 3, 5 e 6 nei casi di
violazioni relative alle fattispecie di cui
all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), ed
all'articolo 15, paragrafo 1, lettere a) e b), del
regolamento (CE) n. 1829 del 2003.
Provvede, altresì, all'irrogazione delle
sanzioni previste dall'articolo 11, commi 1 e
2.
2. Le regioni e le province autonome
provvedono all'irrogazione delle altre sanzioni
amministrative pecuniarie previste dal
presente decreto legislativo nei casi di
violazioni relative ad alimenti e mangimi
immessi in commercio, così come definiti
dalla vigente legislazione comunitaria.
131 2. La nascita della normativa europea sugli alimenti OGM
2. La nascita della normativa europea sugli alimenti OGM
Con l'espressione ―Alimenti geneticamente modificati‖ si deve fare riferimento alle categorie
indicate dall‘art. 2 del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 sugli alimenti e mangimi
geneticamente modificati, ovvero agli alimenti che contengono, sono costituiti o sono prodotti a
partire da OGM.
Per quanto riguarda invece il termine ―alimenti‖ occorre guardare alla corrispondente definizione
del Reg. (CE) 28 gennaio 2002, n. 178/2002 (art. 2), ovvero qualsiasi sostanza o prodotto
trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si
prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani. 60
Possiamo, pertanto, affermare che per organismo geneticamente modificato (OGM) si intende un
organismo, diverso da un essere umano, in cui il materiale genetico (DNA) è stato modificato in un
modo differente da quanto avviene in natura, con l‘accoppiamento e la ricombinazione genetica
naturale.
Gli OGM attualmente sviluppati, autorizzati e commercializzati sono piante, (mais, soia, colza e
cotone), modificate geneticamente per conferire loro caratteristiche che non hanno, come la
resistenza a certi insetti o la tolleranza ad alcuni erbicidi.
Un OGM o un suo prodotto derivato può essere immesso sul mercato europeo solo dopo che sia
stato autorizzato sulla base di una procedura complessa, che comprende una valutazione del rischio
per la salute umana e per l‘ambiente.
La necessità di destinare una normativa specifica alla produzione e alla commercializzazione di
alimenti geneticamente modificati si è posta nell'Unione europea verso la metà degli anni ‗90, dopo
che l'intervento delle Dir. 23 aprile 1990, n. 90/219/CEE e Dir. 23 aprile 1990, n. 90/220/CEE (poi,
rispettivamente, modificata e abrogata con la Dir. 26 ottobre 1998, n. 98/81/CE e ora rifusa nella
Dir. 6 maggio 2009, n. 2009/41/CE e Dir. 12 marzo 2001, n. 2001/18/CE) avevano già regolato gli
aspetti dell'impiego in ambiente confinato di microrganismi geneticamente modificati,
dell'emissione in ambiente a fini sperimentali e dell'immissione in commercio di prodotti gm e in
corrispondenza con l'emergere presso l'opinione pubblica europea, in seguito a noti scandali
alimentari, di preoccupazioni legate alla produzione di alimenti e di un diffuso atteggiamento di
sfiducia nei confronti delle istituzioni scientifiche e di governo coinvolte nei controlli sulla filiera
alimentare.
Nel 1997 il legislatore comunitario intervenne con una normativa che affrontava in generale il tema
dei nuovi alimenti fra i quali figuravano le categorie dei ―prodotti e ingredienti alimentari contenenti
o costituiti da organismi geneticamente modificati ai sensi della Dir. 23 aprile 1990, n.
90/220/CEE― e dei ― prodotti e ingredienti alimentari prodotti a partire da organismi geneticamente
modificati, ma che non li contengono‖; dall'ambito del regolamento erano esclusi additivi, aromi e
solventi61
.
Con il Reg. (CE) 27 gennaio 1997, n. 258/97 vennero regolati gli aspetti dell'autorizzazione
preventiva all'immissione sul mercato comunitario e dell'etichettatura degli alimenti gm sia al fine
di tutelare la salute dei consumatori e il diritto ad un'adeguata informazione sia per evitare che
l'adozione di singole legislazioni nazionali si traducesse in un danno per il mercato unico.
Quanto all'etichettatura supplementare rispetto a quella che deve obbligatoriamente accompagnare
qualsiasi prodotto alimentare nei termini previsti dalla disciplina vigente62
, il Reg. (CE) 27 gennaio
60
Cfr. la voce ―Alimenti OGM‖, di E. Sirsi, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it,
Leggi d‘Italia professionale. 61
Cfr. le voci ―Novel Foods‖, di S. Rizzioli, e ―Additivi, aromi, integratori alimentari, coloranti, coadiuvanti tecnologici
ed enzimi‖, di I.Trapè – P. Lattanzi in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi
d‘Italia professionale 62
Cfr. la voce ―Etichettatura dei prodotti alimentari‖, di F. Albisinni, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza,
www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi d‘Italia professionale.
132 2. La nascita della normativa europea sugli alimenti OGM
1997, n. 258/97 prevedeva l'obbligo di segnalare la presenza di un ogm nell'alimento o
nell'ingrediente alimentare e anche le caratteristiche – fra le quali composizione, valore nutritivo o
effetti nutritivi, uso al quale il prodotto è destinato - che rendessero il prodotto non equivalente al
corrispondente prodotto tradizionale, e/o che potessero avere ripercussioni sulla salute di
determinati gruppi di consumatori o determinare preoccupazioni di tipo etico. Per quanto riguarda la
categoria dei prodotti derivati da ogm ma che non ne contenevano, l'etichettatura sarebbe stata da
considerare obbligatoria solo in presenza di elementi di non equivalenza e diversità dai
corrispondenti prodotti convenzionali. In presenza di aspetti di non equivalenza nei termini indicati
si richiedeva l'indicazione del metodo di produzione.
Nel sottoporre all'etichettatura supplementare obbligatoria i prodotti alimentari indicati perché non
―equivalenti‖ , il Reg. (CE) 26 maggio 1998, n. 1139/98 prevedeva che l'elemento indicativo della
presenza di ogm fosse imprescindibile e che esso dovesse consistere nella presenza di ―proteine o
DNA derivati da modificazioni genetiche‖.
Come annunciato nei considerando del Reg. (CE) 26 maggio 1998, n. 1139/98, il legislatore
comunitario intervenne nuovamente nel 2000 con il Reg. (CE) 10 gennaio 2000, n. 49/2000 per
tenere conto dei casi in cui la presenza delle proteine o DNA derivati da modificazioni genetiche
fosse di minima entità e dovuta ad una contaminazione accidentale intervenuta durante una delle
fasi di produzione: coltivazione, raccolto, trasporto, conservazione, lavorazione. Venne quindi
fissato – tenendo conto delle esigenze di stabilire un livello di tolleranza basso e nel contempo di
garantire la possibilità di rispettarlo lungo la catena di produzione – il valore soglia dell'1% di
proteine o DNA derivati da modificazioni genetiche nel singolo ingrediente o nel prodotto costituito
da un unico ingrediente: in questi casi sarebbe stato possibile non etichettare il prodotto come
derivato da OGM sempre che l'operatore fosse stato in grado di provare di aver preso ―opportune
misure per evitare di utilizzare come base di partenza gli organismi geneticamente modificati (o
prodotti da essi derivati)‖. La regola della soglia di tolleranza veniva estesa a tutti prodotti ogm.
L‘applicazione della normativa sui novel food ha presto rivelato limiti e contraddizioni.
Dalla data della entrata in vigore del regolamento nessun prodotto costituito da o contenente OGM
è stato autorizzato sulla base della procedura ordinaria e sono stati immessi sul mercato solo
prodotti sostanzialmente equivalenti per i quali è stata attivata la procedura semplificata. Per taluni
di questi prodotti, quelli a base di mais e colza (ovvero 10 sui 13 allora immessi in commercio),
numerosi Paesi europei, fra i quali l'Italia, hanno attivato la clausola di salvaguardia, prevista
dall'art. 12, Reg. (CE) 27 gennaio 1997, n. 258/97, per sospenderne provvisoriamente la
commercializzazione e l'utilizzazione; il D.M. 30 agosto 2000 di ―sospensione cautelativa della
commercializzazione e dell'utilizzazione‖ di quattro varietà di mais transgenico immesse, sulla base
di una valutazione di sostanziale equivalenza, con la procedura semplificata dell'art. 5, Reg. (CE)
27 gennaio 1997, n. 258/97, è stato oggetto di una controversia giunta davanti alla Corte di
Giustizia CE, 9 settembre 2003, C-236/01 per una questione pregiudiziale e conclusa con la
sentenza T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 29 novembre 2004, n. 14477 ha posto fine alla sospensione
della commercializzazione dei prodotti oggetto della controversia.
133 3. Sintesi della disciplina attuale
3. Sintesi della disciplina attuale
Alla disciplina attuale degli alimenti gm concorre una pluralità di fonti: la circostanza che le
tecniche della modificazione genetica siano state impiegate prevalentemente con riferimento alle
più importanti commodities giustifica l'interesse dei centri di normazione di rilievo internazionale e
spiega il dibattito che ha circondato la stipula di alcuni Trattati internazionali. Il contesto normativo
più significativo al livello internazionale è rappresentato dagli Accordi SPS (Sanitary and
PhytoSanitary) e TBT (Technical Barriers to Trade) nell'ambito del WTO e dalle norme del Codex
alimentarius che rappresenta, com'è noto, un punto di riferimento per valutare la legittimità, con
riferimento alle regole del commercio mondiale, delle normative nazionali 63
: nell'ambito del Codex
sono dedicati agli alimenti gm due gruppi di lavoro (Ad Hoc Intergovernmental Task Force on
Food Derived from Biotechnology; Codex Committee on Food Labelling (CCFL): l'accordo si
limita per ora esclusivamente alle regole per la valutazione del rischio (―Codex principles and
guidelines on foods derived from biotechnology‖) mentre non si è raggiunta un'intesa con
riferimento all'etichettatura ed alla tracciabilità che sono oggetto di posizioni assai diverse.
Sul piano internazionale riveste importanza nella disciplina degli OGM anche il Protocollo di
Cartagena (Si veda Dec. 25 giugno 2002, n. 2002/628/CE) che tuttavia riguarda esclusivamente gli
LMO (living modified organism) e non i prodotti trasformati fra i quali gli alimenti; può comunque
ricordarsi che, con riferimento agli LMO destinati all'uso diretto nell'alimentazione umana e
animale ed alla lavorazione, il Protocollo ha previsto che essi , nei movimenti transfrontalieri ,
debbano essere accompagnati dall'indicazione ―possono contenere‖ (LMO) e da altre indicazioni
che avrebbero dovuto essere definite dalla Conferenza delle Parti: malgrado ripetute riunioni e la
nomina di un gruppo ad hoc non vi è tuttavia ancora una chiara indicazione circa i documenti di
accompagnamento di questi prodotti.
Al livello comunitario la disciplina vigente in materia di immissione in commercio di alimenti gm è
contenuta nei Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 e Reg. (CE) 22 settembre 2003, n.
1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio e in alcuni provvedimenti applicativi (Reg. (CE)
6 aprile 2004, n. 641/2004; Reg. (CE) 14 gennaio 2004, n. 65/2004; Racc. 4 ottobre 2004, n.
2004/787/CE): questo complesso normativo deve essere letto - oltre che tenendo conto delle altre
norme in materia di ogm e in specie delle regole generali in materia di immissione in commercio e
della disciplina della coesistenza fra coltivazioni transgeniche, convenzionali e biologiche, nonché
dei precedenti interventi legislativi in materia di alimenti gm e della giurisprudenza in materia - alla
luce dei principi e delle regole introdotti dal Reg. (CE) 28 gennaio 2002, n. 178/2002 che stabilisce
i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la
sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare64
: si pensi in particolare
al rilievo del principio di precauzione, dell‘analisi del rischio, della necessità di una visione
integrata e completa del ciclo di produzione dell'alimento (c.d.‖dal campo alla mensa‖); grazie
all‘istituzione dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare si è poi individuato, come si vedrà,
uno snodo fondamentale della procedura di immissione in commercio e un punto di riferimento per
l'analisi del rischio e in particolare per la fase della valutazione. Altre normative di contesto sono
quelle sull'etichettatura, la presentazione e la pubblicità degli alimenti - Dir. 20 marzo 2000, n.
2000/13/CE , alla quale occorre affiancare la disciplina del Reg. (CE) 20 dicembre 2006, n.
1924/2006 relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, quella
63
Cfr. le voci ―WTO e Trattati Internazionali‖ e ―Codex Alimentarius‖, di P. Borghi, in Diritto Alimentare - Mercato e
Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi d‘Italia professionale 64
Cfr. la voce ―Autorità Europea per la sicurezza alimentare‖, di F. Adornato, in Diritto Alimentare - Mercato e
Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi d‘Italia professionale.
134 3. Sintesi della disciplina attuale
della Dir. 10 novembre 2003, n. 2003/89/CE sull'indicazione degli allergeni quella in materia di
controlli ufficiali sulla conformità alla normativa in materia di mangimi e alimenti di cui al Reg.
(CE) 29 aprile 2004, n. 882/2004, quella relativa all‘immissione sul mercato ed uso dei mangimi
(Reg. (CE) 13 luglio 2009, n. 767/2009).65
65
Cfr. le voci ―Pubblicità‖ di S. Masini, ―Indicazioni nutrizionali ed healthy claims‖ e ―Allergeni‖ di A. Di Lauro, e
―Pacchetto Igiene‖ di C. Losavio, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi
d‘Italia professionale
135 4. Questioni relative all‘ambito di applicazione del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n.1829/2003
4. Questioni relative all’ambito di applicazione del Reg. (CE) 22 settembre 2003,
n.1829/2003
L'ambito di applicazione del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 è definito con riferimento
alla procedura di autorizzazione ed alla vigilanza – OGM destinati all'alimentazione umana;
alimenti che contengono o sono costituiti da OGM; alimenti che sono prodotti a partire da o che
contengono ingredienti prodotti a partire da OGM – e con riferimento alle regole di etichettatura –
alimenti destinati in quanto tali al consumatore finale o ai fornitori di alimenti per collettività che
contengono o sono costituiti da OGM o sono prodotti a partire da o contengono ingredienti prodotti
a partire da OGM.
Sono oggetto di una specifica segnalazione e meritano di essere ricordate: a) le relazioni con la
normativa generale sull'immissione sul mercato di ogm - Dir. 12 marzo 2001, n. 2001/18/CE; b) la
questione relativa alla materia dei mangimi destinati all'alimentazione animale; c) la relazione con
le normative specifiche in materia di additivi, aromi, prodotti e additivi impiegati nell'alimentazione
animale; d) l'esclusione di alcuni prodotti.
a) Per evitare sovrapposizioni di procedure ed un inutile appesantimento burocratico e
coerentemente con il principio affermato in questa materia c.d. ―one door, one key‖, gli ogm da
impiegare nella produzione di alimenti che siano stati notificati e approvati a norma del Reg. (CE)
22 settembre 2003, n. 1829/2003 (―OGM destinati all'alimentazione umana‖) non necessitano anche
di una autorizzazione a norma della Dir. 12 marzo 2001, n. 2001/18/CE, purché venga effettuata
anche una valutazione dei rischi ambientali conformemente alle regole previste dalla citata direttiva
(considerando 33; art. 5.5; art. 6.4).
b) Il Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 regola anche i mangimi geneticamente modificati –
per i quali non esisteva una precedente normativa, rientrando essi nell'ambito di applicazione della
Dir. 12 marzo 2001, n. 2001/18/CE - prevedendo una procedura e regole di etichettatura del tutto
analoghe a quelle previste per gli alimenti; se un Ogm è atto ad essere usato sia come alimento che
come mangime è necessario che vi sia un'unica domanda, un unico parere, un'unica decisione,
mentre se la domanda riguarda l'uso esclusivo come alimento o come mangime, il richiedente dovrà
fornire delle giustificazioni (Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003, art. 27; Reg. (CE) 6 aprile
2004, n. 641/2004, art. 2, co. 2). Con riferimento alla considerazione dei mangimi occorre
osservare: che la disciplina di questi prodotti accanto, e con regole del tutto simili, a quella agli
alimenti è segno della ormai acquisita consapevolezza dell'unicità del ciclo di produzione
dell'alimento ai fini della tutela della sicurezza, secondo i principi individuati dal Reg. (CE) 28
gennaio 2002, n. 178/2002 e ribaditi dal Reg. (CE) 13 luglio 2009, n. 767/2009. A questo proposito
appare singolare, anche di fronte ad una realtà di forte prevalenza dei mangimi fra i prodotti
composti, contenenti o derivati da OGM, la considerazione dei mangimi alla stregua di coadiuvanti
di produzione nel caso di alimenti di origine animale (Si veda la Voce Mangimi).
c) Nell'ambito di applicazione del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 sono inclusi, come
già detto, i prodotti alimentari e gli ingredienti ottenuti ―a partire da OGM‖: sono invece esclusi gli
alimenti e i mangimi prodotti ―con‖ un OGM, ovvero i casi nei quali l'OGM entra nel processo di
produzione esclusivamente con il ruolo di coadiuvante tecnologico. Fra i coadiuvanti tecnologici
usati nella produzione del latte o del prosciutto o di altri prodotti di origine animale rientrano, oltre
ai farmaci usati per curare gli animali, anche i mangimi con i quali gli animali siano stati alimentati,
quindi i prodotti che provengono da animali nutriti con mangimi gm o curati con farmaci gm non
saranno di per se stessi oggetto di autorizzazione preventiva né soggetti alle regole di etichettatura
obbligatoria. Per i prodotti di origine vegetale sono coadiuvanti tecnologici alcuni enzimi usati nelle
fasi di trasformazione industriale.
d) La valutazione di sicurezza degli additivi, aromi, materie prime per mangimi, additivi dei
mangimi, ed ora anche degli enzimi, è oggetto di specifiche discipline che non prevedono un
autonomo trattamento per il caso che i prodotti siano costituiti o derivati da ogm; il legislatore
136 4. Questioni relative all‘ambito di applicazione del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n.1829/2003
comunitario afferma anche in questi casi la necessità di una valutazione di sicurezza della
modificazione genetica secondo le regole del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 ma adotta
soluzioni differenziate di coordinamento con la disciplina settoriale. Dall'ambito di applicazione del
Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 sono esclusi i coadiuvanti tecnologici e gli enzimi usati
come coadiuvanti tecnologici66
.
66
Cfr. la Voce ―Additivi, aromi, integratori alimentari, coloranti, coadiuvanti tecnologici ed enzimi‖, di I. Trapè - P.
Lattanzi, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi d‘Italia professionale
137 5. L‘immissione sul mercato di alimenti costituiti, contenenti, derivati da ogm
5. L’immissione sul mercato di alimenti costituiti, contenenti, derivati da ogm
La tutela dei consumatori nei confronti degli alimenti gm è attuata sottoponendo gli alimenti gm
(OGM destinati all'alimentazione umana; alimenti che contengono o sono costituiti da OGM;
alimenti che sono prodotti a partire da o che contengono ingredienti prodotti a partire da OGM) ad
una specifica procedura di autorizzazione per l‘immissione sul mercato, ossia vietandone la
commercializzazione in assenza di un'autorizzazione rilasciata secondo le regole previste dal Reg.
(CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 o a condizioni diverse da quelle previste nel provvedimento
di autorizzazione. La tutela deve essere tale da evitare che gli alimenti abbiano effetti nocivi per la
salute umana, animale e per l'ambiente, che traggano in inganno i consumatori e che differiscano
dagli alimenti che intendono sostituire in misura tale che il loro consumo normale sarebbe
svantaggioso per i consumatori sul piano nutrizionale (Si veda la Voce Tutela del consumatore di
alimenti).
L'immissione in commercio di alimenti gm - disciplinata con i Reg. (CE) 22 settembre 2003, n.
1829/2003 e Reg. (CE) 6 aprile 2004, n. 641/2004 – si svolge attraverso una fase di valutazione
scientifica del rischio per la salute umana e l'ambiente effettuata sotto la responsabilità dell'Autorità
europea per la sicurezza alimentare ed una fase di gestione del rischio che prevede una decisione
adottata in sede comunitaria mediante una procedura (di comitato) ―di regolamentazione‖ che
garantisce una stretta cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri. Più specificamente la
procedura prende avvio con la domanda, redatta dal richiedente secondo i criteri indicati dalla
normativa (Reg. (CE) 6 aprile 2004, n. 641/2004 della Commissione), inoltrata all'autorità
nazionale competente di uno Stato membro (in Italia il Ministero della Salute) che la trasmette
all'Autorità europea per la sicurezza alimentare; quest'ultima informa gli altri Stati membri e la
Commissione e procede alla valutazione dei dati presenti nella domanda al fine di emanare un
parere, anch'esso comprensivo di una serie di elementi indicati nella normativa, che viene messo a
disposizione del pubblico per osservazioni ed inoltrato alla Commissione la quale, tenendo conto
del parere della Autorità e di ―altri fattori legittimi pertinenti‖- conseguenze economiche, sociali,
valutazioni etiche – formula un progetto di decisione che sottopone al Comitato permanente per la
catena alimentare e la salute degli animali; se il parere del Comitato è favorevole al progetto di
decisione della Commissione, questo viene adottato; se il parere non viene emanato nei tempi
previsti o è difforme, la Commissione sottopone al Consiglio una proposta in merito alle misure da
prendere e ne informa il Parlamento europeo; se entro il termine massimo di tre mesi il Consiglio
manifesta a maggioranza qualificata la sua opposizione alla proposta, la Commissione la riesamina;
se allo scadere di tale termine il Consiglio non ha adottato l'atto di esecuzione proposto ovvero non
ha manifestato la sua opposizione alla proposta relativa alle misure di esecuzione, la Commissione
adotta l'atto di esecuzione proposto (procedura di regolamentazione ex art. 5, Dec. 28 giugno 1999,
n. 1999/468/CE).
Il provvedimento di autorizzazione ha la durata di dieci anni ed è rinnovabile con la procedura
prevista negli artt. 11 e 23, Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003; una volta autorizzato,
l'alimento viene iscritto nel Registro istituito dall'art. 28. Attualmente risultano iscritti nel registro
27 eventi di trasformazione (con riferimento a mais, cotone, soia, colza, barbabietola e alcuni
microorganismi per l'ottenimento di lieviti e enzimi) ai quali corrispondono più prodotti destinati
all'uso nel settore alimentare e dei mangimi. Taluni di questi prodotti sono soggetti alla procedura
prevista per i prodotti preesistenti dagli artt. 8 e 20, Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003.
E‘comune in dottrina il rilievo relativo alla maggiore centralizzazione della procedura rispetto alla
Dir. 12 marzo 2001, n. 2001/18/CE, maggiormente caratterizzata dalla coamministrazione ovvero
da un ruolo più significativo delle amministrazioni degli Stati membri ai quali è affidata la selezione
iniziale delle notifiche e il provvedimento finale di autorizzazione, mentre con riferimento agli
alimenti gm gli Stati membri si limiterebbero a trasmettere le notifiche all'EFSA che provvede ad
emettere il parere lasciando alla Commissione il compito di emettere il provvedimento (decisione)
138 5. L‘immissione sul mercato di alimenti costituiti, contenenti, derivati da ogm
finale. Queste considerazioni rinviano alla valutazione del ruolo e del funzionamento dell'EFSA e
ad alcuni elementi di criticità del processo comunitario di approvazione dei prodotti ogm: occorre
sottolineare come i dubbi sull'operato del Gruppo di esperti scientifici sugli OGM dell'EFSA
abbiano determinato una progressiva apertura della procedura di adozione dei pareri alla
partecipazione delle autorità competenti degli Stati membri ed anche l'elaborazione di documenti
scientifici (linee-guida) volti (anche) a sottolineare il ruolo meramente consultivo dell'Agenzia;
questo dato non ha evitato che i procedimenti di autorizzazione di alimenti gm continuino ad essere
ostacolati da una parte degli Stati membri con il risultato che le procedure di autorizzazione si
concludano in tempi lunghi e con l'adozione, da parte della Commissione, di decisioni non avallate
– ma nemmeno respinte - dalla maggioranza dei rappresentanti degli Stati membri. La situazione
descritta appare preoccupante anche in considerazione dell'esito della controversia internazionale
fra Stati Uniti, Canada e Argentina e Unione Europea con riferimento alla c.d. moratoria generale
(id est: la sospensione delle procedure di esame delle notifiche e del rilascio di autorizzazioni
all'impiego di prodotti biotech a norma della disciplina vigente in materia nell'Unione europea); alla
c.d. moratoria specifica (id est: mancato esame delle domande di autorizzazione per una serie
individuata di prodotti); alle misure nazionali di divieto di importazione e commercializzazione di
prodotti approvati ai sensi della Dir. 23 aprile 1990, n. 90/220/CEE e del Reg. (CE) 27 gennaio
1997, n. 258/97. I Paesi ricorrenti hanno ritenuto che queste misure siano state assunte in violazione
di norme dell'Accordo SPS (Agreement on the application of Sanitary and Fitosanitary Measures)
(art. 8 e Allegato C, art. 7 e Allegato B, art. 2. 2, art. 2. 3, art. 5.1, Allegato A, art. 5.5, art. 5. 6) ,
dell'Accordo TBT (Agreement on Technical Barrier to Trade) (art. 2.1, art. 2.2, art.2.9, art. 5.1.2,
art. 5.2.1, first part) e del GATT 1994 (art. III: 4, art. XI: 1). In conformità con il parere del Panel,
l'Organo di risoluzione delle controversie ha riconosciuto che vi è stato un ―ritardo ingiustificato‖
nel completare le procedure europee per l'approvazione degli OGM, in violazione dell'Accordo
sulle Misure Sanitarie e Fitosanitarie67
e che gli Stati membri hanno proceduto alle sospensioni
dell'impiego senza un'adeguata procedura di analisi del rischio.
67
Cfr. l‘Accordo sulle Misure Sanitarie e Fitosanitarie (SPS) pubblicato nella sezione Documentazione – Trattati e
Accordi Internazionali, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi d‘Italia
professionale
139 6. Le regole dell‘etichettatura
6. Le regole dell’etichettatura
Le regole dell'etichettatura degli alimenti geneticamente modificati sono state oggetto, fin dalla loro
comparsa sul mercato alla metà degli anni '90, di politiche contrastanti, come è dimostrato dalle
differenti scelte compiute dagli ordinamenti nazionali e in particolare dalla contrapposizione fra UE
e Stati Uniti: la disciplina dell'etichettatura degli alimenti statunitense, gestita dalla Food and drug
administration (FDA), prevede che debba essere indicata la differenza nella composizione fra un
prodotto nuovo ed uno convenzionale e, quindi, che non vi sia obbligo di etichettatura per alimenti
sostanzialmente equivalenti ai corrispondenti convenzionali come vengono il più delle volte
considerati gli alimenti OGM; la UE sostiene e tutela il diritto di informazione del consumatore che
si estende ai metodi di produzione anche in assenza di differenze sostanziali, rilevabili nell'analisi di
prodotto, rispetto ai prodotti convenzionali68
.
6.1 L'etichettatura obbligatoria degli alimenti OGM
La disciplina dell'etichettatura degli alimenti OGM è contenuta principalmente nei Reg. (CE) 22
settembre 2003, n. 1829/2003 e Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1830/2003: si tratta di
un'etichettatura obbligatoria e positiva la cui operatività è stata estesa rispetto alla normativa
precedente, riguardando sia il processo che il prodotto, e che è accompagnata da strumenti che ne
favoriscono l'attendibilità.
A norma degli artt. 12 - 14 (e artt. 24 - 26 per i mangimi) l'etichettatura è obbligatoria per gli
alimenti - destinati in modo diretto ai consumatori finali o a coloro che forniscono alimenti alle
collettività - che sono costituiti da ogm o che li contengono, e per gli alimenti che derivano da ogm
o che contengono ingredienti derivati da ogm, indipendentemente dal fatto che questi siano
rilevabili: la circostanza di aver utilizzato come materiale di partenza un OGM fa nascere di per se
stessa l'obbligo di informare il consumatore. Le diciture da utilizzare e il modo di collocarle in
etichetta - a seconda che l'alimento sia o meno composto da più di un ingrediente; che quest'ultimo
sia indicato col nome di una categoria; che non si tratti di alimento preconfezionato o che la
confezione consista in contenitori di superficie inferiore a 10 cm² - sono specificate nell'art. 13 (art.
25 per i mangimi) del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 e consistono nell'indicazione che
il prodotto è geneticamente modificato o che deriva da un prodotto geneticamente modificato; le
indicazioni che devono figurare in etichetta nel caso di prodotti - preconfezionati e non - contenenti
OGM o da essi costituiti sono previste dall'art. 4, co. 6, Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1830/2003.
A queste deve accompagnarsi, secondo quanto prescritto nel documento di autorizzazione
all'immissione in commercio, anche la menzione delle caratteristiche o proprietà – composizione,
valore o effetti nutrizionali, uso previsto dell'alimento, implicazioni per la salute di certi segmenti
della popolazione - che rendono l'alimento diverso dalla versione tradizionale (id est:
convenzionale) o che potrebbero dare luogo a preoccupazioni di ordine etico o religioso. Le
indicazioni delle caratteristiche degli alimenti OGM devono in ogni caso accompagnare gli alimenti
per i quali non vi sia un corrispondente tradizionale.
Alle severe regole di etichettatura sfuggono, come già detto, gli alimenti che sono stati ottenuti con
l'ausilio di OGM; altra deroga riguarda le tracce di ogm autorizzati presenti in prodotti
68
Cfr. la Voce ―Alimenti OGM‖, di E.Sirsi, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it,
Leggi d‘Italia professionale
140 6. Le regole dell‘etichettatura
convenzionali: in questo caso il legislatore comunitario ha inteso mediare le esigenze di tutela del
diritto all'informazione dei consumatori con la protezione degli operatori che, avendo scelto una
produzione convenzionale, subiscono una contaminazione accidentale o tecnicamente inevitabile in
una o più fasi del processo di produzione, ed ha stabilito che, quando la presenza dell'OGM rimane
entro lo 0,9% ―degli ingredienti alimentari considerati individualmente o degli alimenti costituiti da
un unico ingrediente‖, non vi è obbligo di etichettatura; sugli operatori incombe l'onere di provare
di aver preso tutte le misure appropriate per evitare la presenza del materiale gm.
Un'analoga esenzione dalla segnalazione di materiale OGM riguarda gli alimenti biologici per i
quali il Reg. (CE) 28 giugno 2007, n. 834/2007 non ha previsto soglie diverse (considerando 10:
―L'obiettivo perseguito è quello di limitare per quanto possibile la presenza di OGM nei prodotti
biologici. Le soglie di etichettatura esistenti rappresentano massimali legati esclusivamente alla
presenza accidentale e tecnicamente inevitabile di OGM‖)69
.
Il Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 contiene anche una norma transitoria (art. 47) che
esime dall'obbligo di etichettatura e di autorizzazione gli alimenti e mangimi in cui siano presenti in
misura inferiore allo 0,5% OGM (materiale che contiene OGM o che sia costituito o derivato da
OGM) non autorizzati, sempre che si tratti di una presenza accidentale e tecnicamente inevitabile70
;
che il materiale geneticamente modificato sia stato oggetto di una valutazione favorevole da parte
del comitato o dei comitati scientifici competenti o dell'Autorità prima della data di applicazione del
regolamento; che la domanda di autorizzazione non sia stata respinta in conformità alla legislazione
comunitaria pertinente; che i metodi di rilevazione siano resi pubblici. Con il Reg. (CE) 6 aprile
2004, n. 641/2004 questi casi sono stati ulteriormente regolati con la previsione della pubblicazione
di un elenco degli OGM in possesso dei requisiti previsti. Il problema di bassi livelli di presenza di
materiali OGM non autorizzati nei prodotti circolanti nel mercato è oggetto di analisi presso le
istituzioni comunitarie: la politica della tolleranza zero si deve confrontare infatti con le necessità
del settore mangimistico, fortemente dipendente dalle importazioni di soia da Paesi caratterizzati
dalla significativa presenza di coltivazioni gm.
La discussione che ha accompagnato le scelte del legislatore comunitario riguardo all'etichettatura
degli alimenti OGM ha avuto per oggetto principalmente l'obbligo di etichettatura di prodotti
derivati da OGM ma che non ne contengono ma anche l'esclusione di tale obbligo per i prodotti
ottenuti ―con‖ ogm e per le presenze accidentali oltre la soglia dello 0,9%. Con riferimento alla
prima scelta le obiezioni hanno fatto leva sulla inopportunità di un'indicazione di procedimento non
accompagnata da una differenza del prodotto finale, anche in ragione delle difficoltà della prova e
del rischio di comportamenti fraudolenti; la regola sarebbe poi illogica se confrontata con le
esenzioni: in primo luogo non si ritiene possa stabilirsi una differenza a seconda che un prodotto sia
ottenuto ―da‖ Ogm o ―con‖ Ogm , in considerazione che in ambedue i casi il prodotto può non
conservare traccia del materiale ―estraneo‖; in secondo luogo appare singolare che si informi il
consumatore quando il prodotto è privo di OGM e non lo si informi quando l'OGM è presente. Forti
critiche, e proposte di revisione normativa sia al livello nazionale sia al livello comunitario,
69
Cfr. la Voce ―Prodotti biologici‖, di I. Canfora, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza,
www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi d‘Italia professionale 70
Cfr. la Voce ―Mangimi‖, di S. Masini, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it,
Leggi d‘Italia professionale
141 6. Le regole dell‘etichettatura
accompagnano poi la regola dell'esenzione dall'obbligo di etichettatura per i prodotti derivati da
animali nutriti con mangime OGM (considerato coadiuvante tecnologico)71
.
La discussione è, infine, accesa con riferimento al problema della prova dell'accidentalità e della
inevitabilità tecnica della contaminazione: se la prova dell'accidentalità si potrebbe trarre dalla
utilizzazione di prodotti di base non etichettati come OGM ai sensi della disciplina vigente (così
prevede il regolamento sull'agricoltura biologica), più complesso è provare l'inevitabilità tecnica:
dal momento che la contaminazione è evitabile sol che non siano presenti ogm sul territorio, di
inevitabilità tecnica si dovrebbe parlare quando siano comunque presenti coltivazioni ogm e si
adottino adeguate misure di coesistenza secondo le indicazioni della Racc. 23 luglio 2003, n.
2003/556/CE, ed è quindi su queste misure e sulla conformità ad esse che la valutazione
dell'inevitabilità tecnica deve appuntarsi.
6.2 L'etichettatura volontaria ogm-free
Si è detto che dalla previsione degli artt. 13 e 25, Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 di un
obbligo generalizzato di etichettatura per gli alimenti ed i mangimi che contengono, sono costituiti
o sono prodotti a partire da ogm rimangono esentati: a) gli alimenti caratterizzati dalla presenza
accidentale o tecnicamente inevitabile di tracce di DNA geneticamente modificato nella misura, a
seconda dei casi, dello 0,9% o dello 0,5 %; e b) i prodotti nel cui procedimento di produzione è
stato impiegato materiale gm nel ruolo di ―coadiuvante tecnologico‖ sicchè – si dice, ovvero dice il
legislatore comunitario - si tratta non di alimenti prodotti ―da‖ bensì di alimenti prodotti ―con‖.
Il tema delle esenzioni dall'obbligo di etichettatura si collega alla questione dell'etichettatura
negativa. Una delle questioni che non sono state affrontate dalla normativa sugli alimenti ogm è
difatti quella dell'etichettatura volontaria, ovvero delle dichiarazioni che i produttori o i
commercializzatori possono apporre sull'etichetta di un alimento per segnalare al consumatore
caratteristiche diverse da quelle per le quali esiste un obbligo legale; in specie non è stata regolata
l'etichettatura negativa, attestante l'assenza di ogm. A fronte della mancata regolazione si è assistito
ad un ampio ricorso a questo tipo di indicazioni in etichetta e contemporaneamente ad un
incremento delle richieste, da parte dei vari operatori delle filiere agroalimentari ai fornitori, di
materiale certificato NON-OGM o OGM-FREE. L'interesse per questo tipo di etichettatura inoltre
non è limitato ai soggetti privati, come dimostrano alcune normative regionali che hanno istituito
contrassegni per prodotti non geneticamente modificati.
L'introduzione di una linea di prodotti ―senza ogm‖ fu presa in considerazione nell'ambito di un
documento di lavoro dei servizi della Commissione come una delle opzioni per la futura
regolamentazione degli ogm e dei prodotti da essi derivati. Un assetto della materia, che vedesse
l'istituzione di una linea di produzione ―senza OGM‖, che si sarebbe affiancata a quella dei prodotti
derivanti da agricoltura biologica (di per sé caratterizzati per un ampio divieto dell'uso di qualsiasi
materiale OGM nel processo produttivo ) e avrebbe reso necessaria l'istituzione di un sistema di
certificazione e di controlli lungo la filiera, veniva considerata vantaggiosa per i produttori ma non
per i consumatori, in ragione della complessiva minore trasparenza del sistema di etichettatura degli
alimenti. La scelta di un ampio obbligo di etichettatura apparve preferibile e alternativo. Malgrado
l'intenzione dichiarata nel Libro bianco sulla sicurezza alimentare (COM (1999) 719 def.) di
introdurre con regolamento una disciplina per l'etichettatura degli alimenti e degli ingredienti
alimentari prodotti senza ricorrere alle tecniche dell'ingegneria genetica, e anche se nei
71
Cfr. la Voce ―Alimenti OGM‖, di E.Sirsi, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it,
Leggi d‘Italia professionale
142 6. Le regole dell‘etichettatura
considerando dei precedenti Reg. (CE) 27 gennaio 1997, n. 258/97 e Reg. (CE) 26 maggio 1998, n.
1139/98 vi era menzione della possibilità per i produttori di fare ricorso a forme di etichettatura
volontaria e nella specie anche all'etichettatura negativa, nella nuova disciplina non ci sono accenni
espliciti a questa prospettiva: ci si limita a richiamare, nel considerando il cons. 18 del Reg. (CE) 22
settembre 2003, n. 1829/2003, la regola generale dell'art. 2, Dir. 20 marzo 2000, n. 2000/13/CE
secondo la quale l'etichettatura ―non deve essere tale da trarre in inganno l'acquirente quanto alle
caratteristiche dell'alimento e in particolare per quanto riguarda natura, identità, qualità,
composizione, modo di produzione e fabbricazione‖.
Di fronte alla crescente presenza sul mercato di etichette negative, ovvero che dichiarano l'alimento
non-ogm o ogm-free, o usano altre dizioni di simile significato, ci si chiede se le regole generali
siano sufficienti a garantire i consumatori e i produttori: l'assenza di un adeguato apparato di
certificazione consente il proliferare di dichiarazioni prive di riscontri; la mancanza di indicazioni
normative specifiche favorisce l'uso di indicazioni sulle quali appare difficile, per gli organi di
controllo e giurisdizionali, esprimere una valutazione di legittimità.
Come si è detto, l'apposizione di etichette negative si lega alla individuazione delle situazioni di
esenzione dall'obbligo di etichettatura previste dal legislatore nel Reg. (CE) 22 settembre 2003, n.
1829/2003, che hanno creato uno spazio privo di regole nel quale gli operatori hanno individuato la
possibilità di un vantaggio competitivo. L'esenzione per gli alimenti caratterizzati da una
contaminazione da materiale OGM entro la soglia dello 0,9%, invece che tradursi in un'assenza di
etichetta positiva, ha dato luogo ad etichette negative che pongono il problema della legittimità di
fronte ad una contaminazione presente ma inferiore al limite di legge, nella misura in cui
attribuiscono al prodotto ―proprietà che non possiede‖, e suggeriscono che il prodotto alimentare
possiede caratteristiche particolari, quando molti prodotti alimentari analoghi, privi di qualsivoglia
indicazione in etichetta, possiedono caratteristiche identiche (art. 2, Dir. 20 marzo 2000, n.
2000/13/CE ). Quanto alla possibilità, sulla base dei Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 e
Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1830/2003, di non indicare l'utilizzo di mangimi OGM
nell'alimentazione degli animali dai quali deriva il prodotto – carne, latte, uova – , questa ha
determinato la comparsa di etichette che dichiarano l'utilizzo di mangime non-ogm o ogm-free o
che fanno più generico riferimento alla caratteristica NON-OGM o OGM-Free del prodotto finale, e
per le quali si pongono i medesimi dubbi di legittimità già indicati72
.
Occorre dire che nel settore dei prodotti derivati da animali esistono maggiori garanzie per il
consumatore e i produttori: la circolare del Mipaf n.1 del 9 aprile 2003, recante ―Ulteriori
chiarimenti sulle modalità applicative previste dal D. M. 30 agosto 2000 . Reg. (CE) 17 luglio 2000,
n. 1760/2000, Titolo II etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine‖
interviene sulla materia dell'etichettatura facoltativa delle carni bovine prevedendo la
predisposizione, da parte dell'operatore che intenda fornire indicazioni facoltative, di un disciplinare
di produzione approvato dagli organi ministeriali al quale potranno aggiungersi forme di
certificazione volontaria . Nella stessa direzione si muovono altre normative nazionali come quelle
sulla commercializzazione delle uova (D. M. 4 marzo 2005) e sulla carne di pollame (D. M. 29
luglio 2004). L'interesse della circolare sulle carni bovine è legato però anche, se non soprattutto,
alla esplicita considerazione delle indicazioni OGM- FREE /NON OGM delle quali si fornisce una
interpretazione: la locuzione OGM-FREE avrebbe il ruolo di indicare prevalentemente una
caratteristica del prodotto, mentre l'atra espressione – NON-OGM - farebbe riferimento per lo più al
72
Cfr. le Voci ―Carni‖, di N. Lucifero, ―Uova‖ di L. Russo e S. Rizzioli, ―Latte‖ di P. Colaneri, in Diritto Alimentare -
Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi d‘Italia professionale
143 6. Le regole dell‘etichettatura
processo di produzione; la prima integrerebbe un concetto ―assoluto‖ che rimanda necessariamente
alla non contaminazione del territorio-agroecosistema, della filiera, del prodotto, del processo e
delle sementi, ovvero dell'intero percorso del prodotto con l'individuazione dell'origine nelle
sementi e nel territorio in cui le sementi vengono collocate e fruttificano; per qualificare un prodotto
finito, ma anche una fase della produzione, o la filiera, come OGM-FREE, è necessario che il
sistema di rilevazione strumentale che riflette lo stato dell'arte in tema di tecnologie di rilevazione
non riscontri la presenza di OGM. La seconda indicazione – NON-OGM – rimanderebbe ad un
concetto ―relativo‖ secondo il quale il prodotto, il processo o la filiera non contengono ogm nella
misura in cui nessun prodotto gm è entrato nel processo di produzione sotto forma di materia prima,
semilavorato o microrganismo: appare quindi fondamentale accedere ad un meccanismo di
tracciabilità sulla base di una serie di procedure che il ministero stesso individua in modo
dettagliato. La peculiarità di questo tipo di indicazione rispetto al precedente si evidenzia però
soprattutto in ragione del fatto che viene considerata non-ogm l'alimentazione dell'animale nella
quale si faccia uso di prodotti che possono rivelare una presenza di materiale gm entro il limite
stabilito dalla normativa comunitaria, ovvero di prodotti (mangimi) che rientrano fra quelli per i
quali il legislatore ha previsto l'assenza di indicazioni in etichetta. Oggi gli organismi di
certificazione adottano una regola analoga per i prodotti destinati all'alimentazione animale
ritenendo che il valore aggiunto risieda in questo caso nella provenienza della certificazione da un
ente terzo indipendente.
Come NON-OGM può essere qualificata anche, secondo gli stessi enti di certificazione, anche la
produzione che non utilizza materie prime gm e i prodotti nei quali la presenza involontaria di ogm
è al di sotto del limite dello 0,9%, ovvero si attesta sullo 0,1%: in questo caso la certificazione di
prodotto accompagna quella di processo richiedendo condizioni più severe rispetto a quelle previste
dalla normativa vigente73
.
73
Cfr. la Voce ―Alimenti OGM‖, di E.Sirsi, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it,
Leggi d‘Italia professionale
144 7. La tracciabilità
7. La tracciabilità
La realizzabilità di forme di etichettatura di procedimento deve fare affidamento su un sistema di
verifica che prescinda dalle analisi strumentali, e nella gestione del rischio si deve poter contare su
un insieme di prescrizioni che consentano di intervenire efficacemente nella fase in cui si genera la
situazione di pericolo: a queste esigenze risponde la previsione dell'obbligo di tracciabilità per i
prodotti immessi in commercio a norma del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/200374
.
Si tratta di un obbligo che si affianca a quello previsto per tutti i prodotti alimentari dall'art. 18,
Reg. (CE) 28 gennaio 2002, n. 178/2002 e che è finalizzato a trasmettere nella filiera l'informazione
relativa alla caratteristica specifica della natura OGM del prodotto.
Per garantire la tracciabilità le disposizioni del Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1830/2003
impongono agli operatori di trasmettere e conservare informazioni dettagliate sui prodotti
contenenti o costituiti da OGM in ogni fase della loro immissione in commercio.
In particolare:
- gli operatori devono predisporre sistemi e procedure che consentano di identificare l'operatore che
ha messo a disposizione e quello che ha ricevuto i prodotti;
- per gli OGM destinati all'alimentazione umana o animale o alla trasformazione, gli operatori
possono trasmettere le informazioni sull'identità (identificatore unico) dei vari OGM contenuti in un
prodotto o trasmettere una dichiarazione attestante che il prodotto è destinato ad essere utilizzato
soltanto per l'alimentazione umana o animale o per la trasformazione, con l'identificazione degli
OGM che sono stati utilizzati per costituire la miscela;
- per gli alimenti e i mangimi ottenuti da OGM, gli operatori sono tenuti a informare l'operatore che
lo riceve che il prodotto è stato ottenuto da OGM;
- gli operatori sono tenuti a conservare le informazioni per un periodo di cinque anni e a metterle a
disposizione delle autorità competenti su richiesta.
Anche ai fini della tracciabilità è stata stabilite soglie (quelle previste dal Reg. (CE) 22 settembre
2003, n. 1829/2003) al di sotto delle quali non è necessario tracciare o etichettare la presenza
accidentale o involontaria di tracce di alcuni OGM o di materiale geneticamente modificato in
alimenti, mangimi o prodotti di trasformazione.
Fra le informazioni che devono essere trasmesse e conservate da parte degli operatori, in tutte le fasi
della loro immissione in commercio, figura, come si è visto, l'identificatore unico che viene
assegnato ad ogni OGM e che contraddistingue l'evento di trasformazione che è oggetto
dell'autorizzazione all'immissione in commercio. Gli identificatori unici , precedentemente
individuati dall'OCSE per la banca dati dei prodotti biotecnologici e utilizzati nella Biosafety
clearing house istituita dal Protocollo di Cartagena, sono regolati – quanto al modo di assegnazione
ed al formato - dal Reg. (CE) 14 gennaio 2004, n. 65/2004 della Commissione, accompagnano
l'OGM dal momento della domanda di immissione in commercio e sono trascritti nei registri della
Commissione.
74
Cfr. la Voce ―Tracciabilità‖ di C. Losavio, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza, www.entilocali.leggiditalia.it,
Leggi d‘Italia professionale
145 8. La vigilanza e i controlli
8. La vigilanza e i controlli
Il Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 assegna al titolare dell'autorizzazione e alle ―parti
interessate‖ il compito di vigilare sul rispetto dell'autorizzazione e sulla realizzazione del
monitoraggio ove previsto; rientra nella vigilanza anche la segnalazione degli elementi, scientifici o
tecnici, che possano rendere opportuno un ripensamento sulla valutazione dei rischi e una modifica
dei termini dell'autorizzazione; un obbligo di vigilanza incombe anche sulle autorità nazionali, sulla
Commissione e sull'EFSA che, nel caso ritengano necessario introdurre modifiche
all'autorizzazione, una sospensione o una revoca, devono procedere secondo le regole previste dagli
artt. 53 e 54, Reg. (CE) 28 gennaio 2002, n. 178/2002 che regolano l'intervento della Commissione
e degli Stati membri in situazioni di emergenza (RASFF). 75
Si possono segnalare in proposito, a
titolo di esempio, le misure di emergenza adottate per il riso gm non autorizzato LLRICE601 in
seguito alla segnalazione delle Autorità degli Stati Uniti della presenza, in riso normalmente
commercializzato negli USA come alimento o mangime, di tracce di un evento geneticamente
modificato denominato LLRICE601 e non ancora accettato dalle Autorità americane. La
Commissione è intervenuta con una serie di decisioni (Dec. 23 agosto 2006, n. 2006/578/CE; Dec.
5 settembre 2006, n. 2006/601/CE; Dec. 6 novembre 2006, n. 2006/754/CE). Un'altra decisione
(Dec. 3 aprile 2008, n. 2008/289/CE) ha riguardato l'organismo geneticamente modificato non
autorizzato Bt 63 nei prodotti a base di riso. Altro caso è quello del mais della linea BT10 non
autorizzata, commercializzato erroneamente a mòdella linea approvata Bt11, che ha condotto alla
Dec. 18 aprile 2005, n. 2005/317/CE. L 'analisi delle notifiche pervenute al sistema Rasff consente
di procedere in modo più consapevole alla programmazione dei controlli.
Le ispezioni e le altre misure di controllo sono di competenza degli Stati membri a norma dell'art.
9, Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1830/2003. Per garantire l'uniformità nelle procedure la
Commissione ha elaborato orientamenti tecnici sui metodi di campionamento e di rilevazione degli
OGM e dei materiali ottenuti da OGM , come tali o contenuti in prodotti, con Racc. 4 ottobre 2004,
n. 2004/787/CE; la consapevolezza della possibilità di continue evoluzioni scientifiche e tecniche fa
sottolineare peraltro come le indicazioni della Raccomandazione lascino spazio all‘elaborazione di
metodi alternativi che siano adeguati a raggiungere gli obiettivi indicati dal legislatore comunitario.
Nel programmare ed eseguire i controlli - disciplinati in termini generali dal Reg. (CE) 29 aprile
2004, n. 882/2004 - gli Stati membri dovrebbero tener conto di alcuni principi generali
relativamente al tempo di esecuzione delle ispezioni; alle attività da sottoporre a controllo con
riferimento a tutte le fasi della produzione, della trasformazione, dello stoccaggio e d ella
distribuzione; all'attenzione per i prodotti importati; alla necessità di sottoporre ai medesimi
controlli prodotti destinati all'esportazione e prodotti destinati a circolare sul mercato comunitario;
al diritto di sottoporre i campioni ad un secondo parere76
.
Con il Piano nazionale di controllo ufficiale sulla presenza di organismi geneticamente modificati
(OGM) negli alimenti relativamente al triennio 2006-2008, in Italia si è realizzata per la prima volta
una pianificazione unitaria dei controlli per questo specifico settore. Anche per il triennio 2009-
2011 è stato elaborato un piano nazionale di controllo ufficiale allo scopo di facilitare la
programmazione e di uniformare le attività svolte sul territorio dalle Autorità sanitarie regionali e
provinciali e all'importazione e i piani regionali di controllo ufficiale .
75
Cfr. la Voce ―Il Sistema di allarme rapido‖ di L. Petrelli, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza,
www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi d‘Italia professionale 76
Cfr. la Voce ―Certificazione, controllo e vigilanza‖ di P. Altili, in Diritto Alimentare - Mercato e Sicurezza,
www.entilocali.leggiditalia.it, Leggi d‘Italia professionale
146 8. La vigilanza e i controlli
Sul piano sanzionatorio occorre segnalare l'intervento del D.Lgs. 21 marzo 2005, n. 70, con il quale
sono state introdotte disposizioni sanzionatorie per le violazioni delle norme comunitarie in materia
di OGM di cui ai Reg. (CE) 22 settembre 2003, n. 1829/2003 e Reg. (CE) 22 settembre 2003, n.
1830/2003.
147 9. Le posizioni della dottrina
9. Le posizioni della dottrina
9.1 Ogm: cambiamento di prospettiva anche in Italia ? (nota a Cons. Stato n.183/2010, di
Miriam Viviana Balossi
Cons. Stato Sez. VI Sent., 19 gennaio 2010, n. 183
Dir. 06-05-2009, n. 2009/41/CE
Reg. (CE) 22-09-2003, n. 1829/2003
D.L. 22-11-2004, n. 279
L. 28-01-2005, n. 5
Fonte: Ambiente e sviluppo, 2010, 5, 451, Sviluppo sostenibile - Biodiversità
SOMMARIO: Premessa - La fattispecie - La normativa comunitaria e nazionale - Conclusioni
Premessa
La tematica degli organismi geneticamente modificati (Ogm) riveste da alcuni a anni a questa parte
una non sempre condivisa popolarità, ciò in quanto l'uso integrato di nuove tecniche scientifiche e
la possibilità di modificare il patrimonio genetico di microorganismi vegetali e animali non sono
stati accolti con unanime favore.
In questo panorama si inseriscono la sentenza qui in commento, con il conseguente clamore che ha
suscitato nell'opinione pubblica, e i recenti interventi dell'Unione Europea che hanno autorizzato
l'immissione in commercio di prodotti geneticamente modificati (la cd. patata Amflora).
La fattispecie
Nel caso qui in questione, l'Azienda agricola appellante aveva chiesto al Ministero delle politiche
agricole, alimentari e forestali l'autorizzazione alla coltivazione di varietà di mais geneticamente
modificate iscritte nel catalogo comune europeo.
Poiché l'Amministrazione rimaneva inerte, senza fornire risposta alcuna, l'Azienda le notificava un
atto di diffida e messa in mora.
Successivamente, il Ministero comunicava di ―non poter procedere all'istruttoria della richiesta di
autorizzazione nelle more dell'adozione, da parte delle regioni, delle norme idonee a garantire la
coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e transgeniche (piani regionali) ―.
Con il ricorso di primo grado avanti al TAR Lazio è stata impugnata questa comunicazione, ma i
giudici, con sentenza n. 2893 del 7 aprile 2008 hanno dichiarato il ricorso inammissibile per
mancata notificazione ad almeno un controinteressato, dovendosi intendere per tali le Regioni (che
non hanno adottato i piani di coesistenza).
In appello è stata contestata la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado, ed il
mezzo di appello è stato ritenuto fondato. Posto che il procedimento autorizzatorio è di esclusiva
148 9. Le posizioni della dottrina
competenza statale, i giudici hanno sentenziato che non si possono qualificare le Regioni come
controinteressate in base all'assunto che avrebbero interesse al mancato rilascio delle autorizzazioni
alla coltivazione di Ogm nelle more dell'adozione dei piani di coesistenza, perché si tratterebbe di
un interesse illegittimo, in contrasto con le direttive comunitarie in materia, e dunque di un interesse
di mero fatto che non le fa assurgere al rango di controinteressati.
Chiarito ciò, il Consiglio di Stato si è soffermato sulla questione, assai più rilevante, se la mancata
adozione dei piani regionali di coesistenza possa costituire un ostacolo al rilascio
dell'autorizzazione domandata, nella fattispecie, dall'Azienda agricola. In considerazione che tali
piani devono regolare profili prettamente economici e che gli sono estranei a quelli ambientali e
sanitari, il rilascio dell'autorizzazione alla coltivazione non può essere condizionato alla previa
adozione dei piani di coesistenza. In attesa di tali piani non viene, comunque, meno l'obbligo di
istruzione e conclusione dei procedimenti autorizzatori: infatti, un blocco generalizzato di questi
procedimenti esporrebbe lo Stato italiano a responsabilità sul piano comunitario, perché renderebbe
di fatto inapplicabile nell'ordinamento nazionale il principio comunitario ―costituito dalla facoltà di
impiego di Ogm in agricoltura, purché autorizzati ―.
A conclusione della pronuncia, il Consiglio di Stato accoglie, quindi, l'appello dell'Azienda agricola
e dichiara l'obbligo dell'Amministrazione ministeriale di provvedere sull'istanza di autorizzazione.
La normativa comunitaria e nazionale
Uno dei primi interventi dell'Unione Europea nel campo della regolamentazione delle biotecnologie
e dell'ingegneria genetica è stato fatto nel 1982, con l'emanazione da parte del Consiglio della
Raccomandazione n. 82/472 del 30 giugno 198277
sui rischi connessi alle ricerche con il DNA
ricombinante78
. Nel 1984 il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa adottò la seconda
Raccomandazione (84/16), analoga alla precedente, considerandola una
―buona base per l'armonizzazione delle regole per la disciplina dei lavori implicanti il DNA
ricombinante ì‖.
Dopo diverse altre proposte di direttive rimaste senza seguito, si giunse alle due fondamentali
Direttive del 23 aprile 1990, la n. 90/21979
e la n. 90/22080
del Consiglio, che regolano, la prima,
l'impiego ―confinato ― di microrganismi geneticamente modificati e, la seconda, l'emissione
deliberata di OGM nell'ambiente. Tali direttive, però, non potevano tenere conto del ―principio di
precauzione ―, adottato dalla legislazione comunitaria solo col Trattato di Maastricht del 1992, per
cui sono state sottoposte a revisione 81
.
Di sicuro rilievo nella materia in questione è, inoltre, il Regolamento n. 97/258 82
del Parlamento
Europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 1997, avente per oggetto l'immissione sul mercato
comunitario di nuovi prodotti e nuovi ingredienti alimentari, non ancora utilizzati in misura
significativa per il consumo umano, che espressamente disciplina anche quelli
77
Pubblicata in G.U.C.E. L 213 del 21 luglio 1982. 78
Per un'ampia disamina, si veda:
A. Medici, C. M. Grillo, G. Bernacchia, Organismi geneticamente modificati. Etica, tecnica, norme, Piacenza, 2003. 79
Pubblicata in G.U.C.E. L 117 del 8 maggio 1990. 80
Pubblicata in G.U.C.E. L 117 del 8 maggio 1990. 81
In argomento, si veda:
- S. Maglia, Diritto ambientale, Ipsoa - Gruppo Wolters Kluwer, 2009, pag. 356 e segg. 82
Pubblicato in G.U.C.E. L 043 del 14 febbraio 1997.
149 9. Le posizioni della dottrina
―contenenti o costituiti da organismi geneticamente modificati ai sensi della Direttiva n. 90/220/Cee
― e quelli ―prodotti a partire da organismi geneticamente modificati, ma che non li contengono ―
(art. 1, c. 2, lett. a e b).
La Direttiva n. 90/219/Cee è stata modificata a più riprese da atti che si sono susseguiti negli anni,
tra cui la Direttiva n. 98/81/Ce, fino ad essere abrogata dalla recente Direttiva n. 2009/41/CE83
del
Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009, in vigore dal 10 giugno 2009; la seconda,
dopo due interventi adeguativi, è stata abrogata e sostituita dalla Direttiva n. 2001/18/CE84
del
Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001, che costituisce il testo normativo
fondamentale, in tema sia di ―immissione in commercio ― di Ogm, sia di ―emissione deliberata ― di
Ogm nell'ambiente.
Le originarie disposizioni in tema di coltivazione degli Ogm sono state poi meglio specificate dalla
Decisione della Commissione n. 2002/623/CE del 24 luglio 200285
(recante note orientative ad
integrazione dell'Allegato II della Direttiva n. 2001/18/CE), che ha ulteriormente arricchito i criteri
cui attenersi per la valutazione del rischio ambientale.
Sulla base di tali presupposti, il Regolamento n. 1829/2003 del 22 settembre 200386
(Regolamento
del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli aliemnti ed ai mangimi geneticamente
modificati), disciplinando con analoghe forme di tutela il regime degli alimenti geneticamente
modificati, ha introdotto nella Direttiva n. 2001/18/CE l'art. 26 bis, secondo il quale
―gli Stati membri possono adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di
Ogm in altri prodotti ― (si fa notare che tale disposizione si riferisce espressamente anche alla
coesistenza tra culture transgeniche, convenzionali ed organiche, rilevante nel caso di specie).
Da ultimo, in ambito europeo, non si può non menzionare i recenti atti della Commissione Europea
che hanno suscitato la reazione dell'opinione pubblica: ci si riferisce, in particolare, alla Decisione
del 2 marzo 2010, relativa all'immissione in commercio, a norma della Direttiva n. 2001/18/Ce del
parlamento Europeo e del Consiglio, di una patata (solanum tuberosum L. linea EH92-527-1)
geneticamente modificata per aumentare il tenore di amilopectina nell'amido87
e la Decisione del 2
marzo 2010, che autorizza l'immissione in commercio di mangimi ottenuti dalla patata
geneticamente modificata EH92-527-1 (BPS-25271-9) e la presenza accidentale o tecnicamente
inevitabile di tale patata in prodotti alimentati e in altri mangimi conformemente al Reg. (CE) n.
1829/200388
.
A questi atti si aggiungono altre tre Decisioni del 2 marzo 2010 che autorizzano l'immissione in
commercio di prodotti contenenti mais geneticamente modificato, o da esso costituiti o ottenuti, a
norma del Regolamento (Ce) n. 1829/200389
. Al riguardo, si rammenta che con il D.P.C.M. 4
agosto 2000 era stata sospesa, a titolo cautelativo, la commercializzazione e l'utilizzazione proprio
di alcuni tipi di mais geneticamente modificato, in considerazione del fatto che all'epoca
83
Pubblicata in G.U.U.E. L 125 del 21 maggio 2009. 84
Pubblicata in G.U.C.E. L 106 del 17 aprile 2001. 85
Pubblicato in G.U.C.E. L 268 del 18 ottobre 2003. 86
Pubblicato in G.U.C.E. L 268 del 18 ottobre 2003. 87
Sul fatto che la patata sia destinata ad usi industriali e non alimentari, si vedano:
- L. Chiarello, Crolla il muro europeo anti-ogm, in Italia Oggi, 3 marzo 2010, pag. 29;
- E. Diffidenti, Zaia ferma al confine gli Ogm, in Il Sole 24 Ore, 4 marzo 2010, pag. 27;
- A. Marocco, La patata Ogm non è in tavola, serve per la carta, in Libertà, 11 marzo 2010, pagg. 1 e 13. 88
Entrambe le Decisioni sono pubblicate nella G.U.U.E. L 53 del 4 marzo 2010. 89
Tutte e tre le Decisioni sono pubblicate nella G.U.U.E. L 55 del 5 marzo 2010.
150 9. Le posizioni della dottrina
emergevano ―carenze nella procedura di accertamento dell'assenza di rischi per la salute dei
consumatori‖90
.
A livello nazionale, delle due direttive comunitarie prima menzionate (la n. 98/81/Ce di modifica
della Direttiva n. 90/219/Ce e la n. 2001/18/Ce), la prima ha ricevuto attuazione, anche se in ritardo,
con il D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 206 91
(attualmente, però, poiché la Direttiva n. 90/219/Ce è stata
abrogata dalla Direttiva n. 2009/41/Ce, si attende un nuovo atto di recepimento); la seconda è stata
recepita nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 224 (Attuazione della Direttiva n.
2001/18/Ce concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati)92
, il quale pone un'analitica e complessa disciplina di tutela allo specifico fine di
―proteggere la salute umana, animale e l'ambiente relativamente alle attività di rilascio di organismi
geneticamente modificati ― (art. 1, comma 1).
In merito alla fattispecie concreta, si segnala che in G.U. n. 22 del 28 gennaio 2005 è stato
pubblicato il testo coordinato del D.L. 22 novembre 2004, n. 279 poi convertito in L. 28 gennaio
2005, n. 5 e recante ―disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura
transgenica, convenzionale e biologica‖.
Siffatte colture, infatti, devono essere praticate senza che l'esercizio di una di esse possa
compromettere lo svolgimento delle altre (art. 2, comma 1): ciò al fine di tutelare le peculiarità e le
specificità produttive ed evitare ogni forma di commistione tra le sementi transgeniche e quelle
convenzionali e biologiche (art. 2, comma 2). In particolare, l'introduzione di colture transgeniche
deve avvenire senza alcun pregiudizio per le attività agricole preesistenti e senza comportare per
esse l'obbligo di modificare o adeguare le normali tecniche di coltivazione e allevamento (art. 2,
comma 2 bis)93
.
L'intervento del Legislatore italiano ha fatto seguito alla Raccomandazione della Commissione
europea del 23 luglio 2003 n. 2003/556, nella quale vengono formulati gli orientamenti (non
vincolanti) concernenti gli aspetti più strettamente economici della coesistenza.
Secondo la Commissione
―gli agricoltori dovrebbero poter scegliere liberamente quale tipo di coltura praticare,
convenzionale, transgenica o biologica e nessuna di queste forme di agricoltura dovrebbe essere
esclusa nell'Unione europea.... La coesistenza si riferisce alla possibilità per i conduttori agricoli di
praticare una scelta tra colture geneticamente modificate, produzione convenzionale e biologica, nel
rispetto degli obblighi regolamentari in materia di etichettatura o di standard di purezza‖ (all. par.
1.1).
Recentemente è stato elaborato dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali il
Piano nazionale di controllo ufficiale sulla presenza di organismi geneticamente modificati
negli aliemnti per il triennio 2009-2011.
90
C.M. Grillo, in OGM e biodiversità, come riportato in S. Maglia, Codice dell'Ambiente, Piacenza, 2009, pag. 1588. 91
Pubblicata in G.U. n. 133 del 1 giugno 2001. 92
Pubblicata in G.U. n. 194 del 22 agosto 2003, s.o. n. 138. 93
Si veda altresì:
- L. Marini, Ogm, precauzione e coesistenza: verso un approccio (bio)politicamente corretto?, in Rivista Giuridica
dell'Ambiente, Milano, 2007, 1.
151 9. Le posizioni della dottrina
Tale Piano ha la finalità di programmare e coordinare, attraverso criteri uniformi le attività di
verifica di conformità degli alimenti ai requisiti richiesti dalla normativa, nazionale e comunitaria,
in materia di Ogm e la sua attuazione rappresenta un utile strumento per il raggiungimento degli
obiettivi in materia di sicurezza alimentare.
Il precedente Piano, ovvero quello del triennio 2006-2008 aveva fatto emergere alcune
problematiche, generali e specifiche, in relazione al Piano stesso, nonché alcune criticità relative
all'acquisizione ed elaborazione dei dati sui controlli94
.
Conclusioni
Da ultimo, si fa notare come la portata della presente pronuncia si sia già riverberata su casi simili
successivi. In particolare, si segnala che la sentenza del TAR Lazio 17 febbraio 2010, n. 2378 (in
cui si conclude che ―il Collegio è dell'avviso che la motivazione contenuta nella nota impugnata sia
illegittima nella parte in cui nega il rilascio dell'autorizzazione alla messa in coltura, ex D.Lgs n.
212/2001, di ibridi di mais denominati provvisoriamente DKC4442YG, DKC5768YG
EDKC6041YG ―) richiama espressamente quella qui in commento del Consiglio di Stato95
.
Infatti, in considerazione delle conclusioni alle quali sono prevenuti i giudici di Palazzo Spada,
secondo il TAR Lazio,
―ciò non significa che il Ministero resistente debba pronunciarsi sulle istanze della ricorrente
prescindendo, attesa l'inerzia delle Regioni, dall'attuazione del principio di coesistenza, bensì il
citato Dicastero deve farsi carico del rispetto della disposizione contenuta nell'art. 2 del D.L. n.
279/2004 disciplinando, anche in via diretta, le modalità con cui garantire la compresenza delle
diverse colture in uno stesso territorio, in forza del potere sostitutivo ancora riconosciuto allo Stato
dall'art. 117, comma 5, della Cost.... in caso di mancata attuazione degli obblighi comunitari (cfr
ancora cit. Cons. Stato, sez. VI, n. 183/2010), riguardanti non solo la necessità di evitare limitazioni
nella utilizzazione e nella circolazione di OGM ma anche di salvaguardare la biodiversità
dell'ambiente naturale, garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei
consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare nazionale‖.
9.2 La Corte di giustizia conferma la pronuncia del Tribunale in materia di colture
transgeniche, di Margherita Poto
Corte giustizia comunitàEuropee Sez. III, 13 settembre 2007, n. 439
FONTE: Giur. It., 2008, 2
SOMMARIO: Premessa ed antefatti. - L‘assetto normativo. - Lo svolgimento della causa e
l‘intervento dell‘Autorità garante per la sicurezza alimentare. - Una ulteriore conferma del ruolo
dell‘AESA non solo nell‘ambito della tutela della sicurezza alimentare ma anche nell‘attuazione
delle politiche ambientali: il caso OGM.
94
In argomento, si veda:
- S. Maglia, Diritto ambientale, op. cit., pag. 359. 95
A che risulti, inedita (al riguardo, si veda www.giustizia-amministrativa.it).
Per un commento, si veda:
- L. Chiarello, Il blocco degli Ogm è al capolinea, in Italia Oggi, 23 febbraio 2010, pag. 34.
152 9. Le posizioni della dottrina
Premessa ed antefatti.
Nella sentenza in commento, la Corte di giustizia della Comunità europea conferma la decisione del
Tribunale di I grado della Comunità europea, Sez. IV del 5 ottobre 2005 (Cause riunite T-366/04 e
T-235/04)96
, sulla richiesta del Land Oberösterreich e della Repubblica d‘Austria di annullamento
di una decisione della Commissione del 2 settembre 2003, 2003/653/CE, relativamente alle
disposizioni nazionali contenenti il divieto di impiego di organismi geneticamente modificati
nell‘Austria superiore.
In particolare, l‘oggetto in contestazione era rappresentato dal contenuto di un progetto di legge del
Land Oberösterreich, sottoposto alla Commissione dalla Repubblica d‘Austria, sul divieto di
utilizzo delle tecniche di ingegneria genetica.
La misura contestata poneva un veto generalizzato alla coltura di piante o semi geneticamente
modificati, nonché alla riproduzione e all‘emissione nell‘ambiente di animali transgenici.
Nelle conclusioni presentate il 15 maggio 2007, l‘Avvocato generale ricordava che, ai sensi della
Direttiva 2001/18 97
, l‘emissione o l‘immissione in commercio di OGM è soggetta ad un regime di
autorizzazione che richiede una valutazione effettuata caso per caso dei rischi sulla salute o
sull‘ambiente. Il progetto di legge veniva pertanto notificato alla Commissione, allo scopo di
ottenere una deroga dei requisiti della direttiva, ai sensi dell‘art. 95, nn. 5 e 6, CE, fondata su
«nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell‘ambiente o dell‘ambiente di lavoro,
giustificate da un problema specifico a detto Stato membro, insorto dopo l‘adozione della misura di
armonizzazione». La Commissione, ritenendo che non fossero state apportate le suddette prove,
respinse la richiesta di approvazione del progetto di legge.
96
La sentenza è disponibile in Racc., 2005, II, 4005, commentata da Ohler, in Zeitschrift für das gesamte
Lebensmittelrecht 2005, 732; Bouveresse: Mesures nationales dérogatoires, in Europe 2005 Décembre n. 409 Comm.
p. 17; Hamer: GMO-freie Zone Oberösterreich?, Zeit. für europ. Umwelt-und Planungsrecht, 2005, 252; 2005; Jans, in
Milieu en recht, 2006, 101; Poto, La cooperazione scientifica diventa la rete di contenimento degli allarmismi
alimentari, in Giur. It., 2006, 168; Palme, Bans on the Use of Genetically Modified Organisms (GMOs) - the Case of
Upper Austria, in Journal for European Environmental & Planning Law, 2006 vol. 3, 22; Stefanini, Regioni OGM
-free: ma è davvero possibile? Prime note sulla coesistenza tra colture transgeniche, tradizionali e biologiche, in Dir.
pubblico comparato ed europeo, 2006, 496. 97
Direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001 sull‘emissione deliberata
nell‘ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, pubblicata in
G.U.C.E. del 17 aprile 2001, L 106/01. Alla direttiva è stata data attuazione, nel nostro ordinamento, con il D. Lgs. 8
luglio 2003, n. 224, in suppl. ord. Gazz. Uff., 22 agosto 2003, n. 194. Cfr. Beltrame, Emissione deliberata di OGM
: attuazione della direttiva 2001/18/CE, in Ambiente, 2003, 1121; Gradoni, La nuova direttiva comunitaria sugli
organismi geneticamente modificati, in Riv. Dir. Agr., 2001, 427; Dabrowska, The division of powers between the EU
and the Member States with regard to deliberate release of GMOs (the new Directive 2001/18), in German Law
Journal, vol. 3, n. 5, 2002; Tsioumani, Genetically Modified Organisms in the EU: Public Attitudes and Regulatory
Developments, in RECIEL, 13, 3, 2004, 279, in part. p. 285: «the process for placing a GMO on the European market
involves steps at both national and Community levels. It can be described along the very general lines. First, the GMO
needs to be approved by the competent authority of the Member State in the market of which GMO is to placed for the
firs time. The competent authority shall prepare an assessment report to indicate whether the GMO in question should
be placed on the market or not. In case of a favourable report, Member States may present reasoned objections within
60 days from the circulation of the assessment report. An attempt to reach agreement must be made within 105 days
and, if an objection is maintained, a decision shall be adopted by a regulatory committee. [...]»; McNelis, EU
Communication on the Precautionary principle, in Journal of International Economic Law, 2000, 545; sulle
problematiche connesse alla tracciabilità degli alimenti, Corte giust. CE, 26 maggio 2005, II Sez., Ministero della Salute
contro Coordinamento delle associazioni per la difesa dell‘ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori
(Codacons) e Federconsumatori (causa C 132-03).
153 9. Le posizioni della dottrina
Come anticipato, tale decisione venne impugnata davanti al Tribunale di primo grado, sia dal Land
Oberösterreich, sia dalla Repubblica d‘Austria. Avverso la sentenza che respingeva l‘istanza dei
ricorrenti, si propose ricorso dinnanzi alla Corte di giustizia, contestando al Tribunale di non aver
tenuto conto del fatto che l‘Austria non aveva avuto modo di esprimersi sul parere dell‘Autorità
europea per la sicurezza alimentare, in violazione del suo diritto ad essere sentita; di non aver tenuto
in debito conto la specificità del problema esistente nell‘Austria superiore e, quindi, di non aver
adeguatamente motivato la sua decisione ed, infine, di non aver attribuito il giusto rilievo al
principio di precauzione.
L’assetto normativo.
Il quadro normativo di riferimento è costituito innanzitutto dall‘art. 95, nn. 4, 5 e 6 del Trattato della
Comunità europea, che disciplinano l‘obbligo di notifica, in capo agli Stati membri e nei confronti
della Commissione, di disposizioni nazionali relative alla tutela dell‘ambiente, che lo Stato membro
ritenga opportuno introdurre, a seguito dell‘adozione, da parte del Consiglio o della Commissione,
di una misura di armonizzazione98
.
Le disposizioni nazionali mediante le quali lo Stato intende evidentemente discostarsi dalla misura
adottata a livello comunitario debbono - per ciò stesso - presentare la caratteristica di essere fondate
su prove scientifiche relative alla protezione ambientale, giustificate da un problema specifico a
detto Stato, insorto dopo l‘adozione della misura di armonizzazione.
La procedura di cui all‘art. 95 TCE prevede quindi un intervento della Commissione, che, entro sei
mesi dalla notifica, approva o respinge le disposizioni nazionali in questione, dopo aver verificato
se esse costituiscano uno strumento di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel
commercio tra gli Stati membri e se rappresentino un ostacolo al funzionamento del mercato
interno.
Né va sottaciuta l‘importanza degli artt. 174 e 176 TCE, in cui si stabiliscono gli standards che la
Comunità è tenuta a far rispettare in materia di politica ambientale. In particolare, tra le politiche
comunitarie in materia ambientale enumerate nel 1° comma dell‘art. 174, compare al secondo
posto, dopo la salvaguardia, la tutela ed il miglioramento della qualità dell‘ambiente, la protezione
della salute umana. Ai sensi dell‘art. 176, poi, «I provvedimenti di protezione adottati in virtù
dell‘articolo 175, non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e prendere provvedimenti
per una protezione ancora maggiore [...]». Resta salva la valutazione di compatibilità di tali
provvedimenti con il Trattato.
98
In base all‘art. 95, nn. 4, 5 e 6 TCE: «4. Allorché, dopo l‘adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una
misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario mantenere disposizioni nazionali giustificate da
esigenze importanti di cui all‘art. 30 o relative alla protezione dell‘ambiente o dell‘ambiente di lavoro, esso notifica tali
disposizioni alla Commissione precisando i motivi del mantenimento delle stesse. 5. Inoltre, fatto salvo il paragrafo 4,
allorché, dopo l‘adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato
membro ritenga necessario introdurre disposizioni nazionali fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione
dell‘ambiente o dell‘ambiente di lavoro, giustificate da un problema specifico a detto Stato membro insorto dopo
l‘adozione della misura di armonizzazione, esso notifica le disposizioni previste alla Commissione precisando i motivi
dell‘introduzione delle stesse. 6. La Commissione, entro sei mesi dalle notifiche di cui ai paragrafi 4 e 5, approva o
respinge le disposizioni nazionali in questione dopo aver verificato se esse costituiscano o no uno strumento di
discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio tra gli Stati membri e se rappresentino o no un
ostacolo al funzionamento del mercato interno». In dottrina si veda, di recente, Losavio, Alimenti non sicuri e tutela
della salute: il potere residuale degli Stati membri tra libera circolazione delle merci (artt. 28 e 30) e armonizzazione
(art. 95), in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, 2007, 369.
154 9. Le posizioni della dottrina
Infine, ed è forse questo l‘aspetto più interessante, entrano in gioco le disposizioni contenute nella
Direttiva 2001/18, in materia di emissione deliberata nell‘ambiente di organismi geneticamente
modificati. Tale emissione deliberata, come anche l‘immissione in commercio di OGM, sono
subordinate ad un regime di autorizzazione. Tra le disposizioni generali, è da segnalare l‘art. 4,
secondo cui: 1) gli Stati membri, nel rispetto del principio di precauzione, provvedono perché siano
adottate tutte le misure atte ad evitare effetti negativi sulla salute umana e sull‘ambiente che
potrebbero derivare dall‘emissione di OGM; 2) gli interessati debbono effettuare, prima di
notificare all‘Autorità competente dello Stato membro nel quale l‘OGM deve essere immesso in
commercio, una valutazione del rischio ambientale; 3) gli Stati membri e la Commissione debbono
assicurarsi che gli OGM che contengono geni resistenti agli antibiotici siano presi in particolare
considerazione; 4) gli Stati membri e, ove opportuno, la Commissione assicurano che i potenziali
effetti negativi sulla salute umana e sull‘ambiente siano valutati caso per caso; 5) gli Stati membri
designano un‘Autorità competente che esamini le notifiche ed accerti se la valutazione del rischio
ambientale sia stata compiuta correttamente; 6) gli Stati membri provvedono affinché l‘Autorità
competente compia ispezioni ed eventualmente adotti altre misure di controllo.
Per completare il quadro, meritano una menzione i cosiddetti «orientamenti per la coesistenza»99
: in
particolare, una raccomandazione adottata dalla Commissione in pendenza di causa, e precisamente
il 23 luglio 2003, sugli orientamenti per garantire la coesistenza tra colture transgeniche e di altri
generi; e gli orientamenti che affrontano gli aspetti economici della coesistenza, e che possono
comportare perdite di reddito e/o incrementi di spese per i coltivatori che vogliano evitare
commistioni di OGM, e che sono diretti ad aiutare gli Stati membri nello sviluppo di strategie
nazionali e di politiche intese a minimizzare i rischi100
.
Lo svolgimento della causa e l’intervento dell’Autorità garante per la sicurezza alimentare.
Il progetto di legge introdotto nell‘Austria superiore venne presentato al fine di tutelare l‘agricoltura
biologica e le produzioni vegetali e animali ottenute con metodi convenzionali dalla contaminazione
da OGM (ibridazione). In ossequio alle disposizioni comunitarie, il progetto di legge veniva
notificato alla Commissione, la quale chiedeva all‘Autorità europea per la Sicurezza alimentare
(AESA di qui in avanti) un parere scientifico per stabilire se il rapporto presentato dall‘Austria (c.d.
rapporto Müller) fornisse prove scientifiche, in termini di rischi per la salute umana e per
l‘ambiente, che potessero giustificare l‘introduzione di un divieto delle coltivazioni OGM
autorizzate dalla Direttiva 2001/18, e se le informazioni scientifiche contenute nel rapporto
fornissero nuovi dati tali da inficiare la validità delle disposizioni relative alla valutazione del
rischio ambientale.
Nel parere presentato il 4 luglio 2003101
, il gruppo di esperti dell‘AESA dichiarò quanto segue: «Le
prove presentate costituiscono per lo più una rassegna delle comuni conoscenze relative ai flussi di
materiale genetico da una coltivazione all‘altra e da una coltivazione alle varietà selvatiche di alcuni
tipi colture, con limitati riferimenti agli studi sui flussi di materiale genetico in Austria. [...] Non
sono state presentate prove scientifiche per dimostrare che il flusso di materiale genetico da
organismi transgenici sia di per sé diverso da quello attivato a partire da organismi a crescita
convenzionale o biologica. Né sono stati presentati studi su coltivazioni o su animali geneticamente
modificati in Austria che indichino conseguenze negative dei flussi di materiale genetico. [...] Il
rapporto non contiene alcuna prova che dimostri che la coesistenza rappresenta un rischio per
99
Vedi conclusioni dell‘Avvocato generale Sharpston del 15 maggio 2007, in Racc., 2007, punti 18 e 19. 100
Sulla coltivazione biologica si veda Tortolini, Appunti per uno studio sui prodotti agricoli e agroalimentari, parte II,
in Nuovo Dir. Agr., 2000, 79; Cristiani, La disciplina dell’agricoltura biologica fra tutela dell’ambiente e sicurezza
alimentare, Torino, 2004. 101
Disponibile sul sito http://www.efsa.europa.eu/en/science/ gmo/gmo_opinions/178.html.
155 9. Le posizioni della dottrina
l‘ambiente o per la salute umana»: sicché, concludeva l‘AESA, «le informazioni scientifiche
contenute nel rapporto non forniscono nuovi dati che possano inficiare la validità delle disposizioni
relative alla valutazione del rischio ambientale». La Commissione seguí tale parere e cosí pure il
Tribunale di primo grado, aggiungendo che da parte dei ricorrenti non è stata invocata la presenza
di elementi nuovi volti a confutare le conclusioni dell‘AESA.
La Corte di giustizia ha avallato tale decisione, affermando che «non risulta che il Tribunale sia
incorso in un errore di diritto laddove ha ricordato che le conclusioni dell‘AESA relative all‘assenza
di prove scientifiche che dimostrassero l‘esistenza di un problema specifico erano state prese in
considerazione dalla Commissione».
Il muro portante dell‘intera costruzione è quindi il parere dell‘Autorità, che sorregge la decisione
della Commissione, ma anche le sentenze del Tribunale e della Corte di giustizia.
Tale particolare era peraltro già in risalto nella pronuncia in primo grado, in cui uno degli aspetti
salienti dell‘intera questione era proprio rappresentato dal coinvolgimento nella vicenda
dell‘Autorità europea per la sicurezza alimentare, istituita con regolamento Ce del 28 gennaio 2002,
n. 178102
.
Una ulteriore conferma del ruolo dell’AESA non solo nell’ambito della tutela della sicurezza
alimentare ma anche nell’attuazione delle politiche ambientali: il caso OGM.
La sentenza in commento rappresenta una ulteriore conferma del ruolo dell‘AESA, quale collante
tra Commissione e Stati membri, riflettendo la più volte segnalata positiva tendenza ad una
collaborazione reciproca tra la prima ed i secondi103
.
Del resto, non è una novità il crescente coinvolgimento dell‘Autorità nella predisposizione di pareri
e consulenza tecniche in materia di organismi geneticamente modificati: il caso Monsanto, le cui
molteplici diramazioni hanno coinvolto Corti nazionali e comunitarie, ne è l‘esempio104
. A tale
riguardo, merita un cenno il parere che, proprio sulla questione relativa alla coltura di mais
102
Regolamento che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l‘Autorità europea
per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (AESA, nella versione inglese EFSA,
European Food Safety Authority), pubblicato in G.U.C.E., 1° febbraio 2002, L 31/1. Si veda anche il Regolamento Ce
n. 2230/2004 della Commissione del 23 dicembre 2004 recante modalità di applicazione del Regolamento Ce n.
178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne la rete di organismi operanti nell‘ambito
dell‘Autorità europea per la sicurezza alimentare, in G.U.C.E., 24 dicembre 2004, L. 379/64. Di recente è stata anche
approvata la Direttiva 2004/35/Ce, in G.U.C.E. L 143, 30 aprile 2004. Si veda, al riguardo, Bianchi, La responsabilità
ambientale e la guerra degli OGM , in Ambiente, 2004, 931; sui riflessi della direttiva negli ordinamenti della
Comunità, in particolar modo nel sistema tedesco, v. Röttgen, Direttiva 2004/35/CE: gli effetti sul diritto ambientale
tedesco, ibidem, 935; per ulteriori riferimenti bibliografici, sia consentito rinviare a Poto, Il principio di precauzione
quale baluardo della sicurezza alimentare: spunti problematici sul coordinamento tra l’attività della Commissione e gli
obblighi della Autorità nazionali, in Resp. Civ. e Prev., 2005, 365; Id., Il mais transgenico davanti al T.A.R. del Lazio:
storia di una pericolosità ancora tutta da dimostrare, in Giur. It., 2005, 1311. 103
Si veda, in particolare, sulla collaborazione tra organismi degli Stati membri ed Autorità, il Regolamento Ce n. 2230/
2004 cit., che, al 1° ed al 2° considerando afferma quanto segue: «1) Il funzionamento in rate tra l‘Autorità europea per
la sicurezza alimentare [...] e gli organismi degli Stati membri operanti negli ambiti di competenza dell‘Autorità è uno
dei principi basilari per il funzionamento della stessa; [...] 2) Alcuni organismi degli Stati membri espletano a livello
nazionale compiti analoghi a quelli dell‘Autorità. Il funzionamento in rete deve consentire di promuovere un quadro di
cooperazione scientifica che consenta di condividere le informazioni e le conoscenze, identificare le mansioni comuni e
ottimizzare l‘uso delle risorse e del patrimonio di esperienza. È quindi importante facilitare a livello comunitario la
sintesi dei dati raccolti da tali organismi in materia di sicurezza dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali». 104
Sul punto sia consentito rinviare a Poto, I traguardi in tema di sicurezza alimentare tra ordinamento comunitario ed
ordinamenti interni, in Poto, Rolando, Rossi, La sicurezza alimentare tra Unione Europea, Stato e Regioni dopo la
riforma del Titolo V della Costituzione, Torino, 2006, 40 e segg.
156 9. Le posizioni della dottrina
transgenico, l‘Autorità ha reso di recente. Si legge nella valutazione del rischio richiesta dalla
Commissione: «L‘EFSA ha intrapreso una serie di azioni per fornire alla Commissione europea una
risposta ponderata al riguardo: 1. è stato chiesto agli Stati membri di fornire tutte le analisi ed i
commenti atti a contribuire alla valutazione della questione; 2. l‘EFSA ha creato una task force di
esperti statistici interni ed esterni per contribuire alla valutazione della metodologia statistica
applicata dagli autori della pubblicazione nella loro rianalisi dei dati originali derivanti dallo studio
fatto alimentando ratti per 90 giorni e per esaminare i contributi inviati dagli Stati membri. Parte
integrante del lavoro è stata l‘organizzazione di una riunione con gli autori della pubblicazione. 3. Il
gruppo GMO dell‘EFSA ha esaminato tutte le informazioni disponibili»105
.
Al termine di questo lavoro, l‘EFSA ha risposto alla Commissione, ha pubblicato una relazione
statistica e ha rilasciato una dichiarazione scientifica proveniente dal suo gruppo GMO106
.
L‘esempio qui portato mostra come in materia di OGM l‘Autorità affermi la loro non dimostrata
nocività per la salute umana e per l‘ambiente. È già stata sottolineata in passato l‘importanza di un
organo tecnico che fornisce pareri imparziali, in grado di arginare gli allarmismi alimentari e di
limitare la strumentalizzazione di aspetti delicati che interessano la salute umana e la sicurezza
dell‘ambiente107
. Non resta che constatare, quindi, l‘importanza, per gli operatori del diritto, di fare
riferimento a tale organo, quale interlocutore indispensabile a decrittografare le informazioni in
materia di sicurezza alimentare ed ambientale108
.
105
La lettera alla Commissione, la dichiarazione del gruppo GMO e l‘analisi statistica dei dati della Monsanto effettuata
dall‘EFSA sono disponibili sul sito web dell‘EFSA ai seguenti indirizzi:
http://www.efsa.europa.eu/en/about_efsa/structure/who_is_who/home_cgl/correspondence.html; http://www.
efsa.europa.eu/en/science/gmo/statements0/gmo_statement_ mon863_ratfeeding.html;
http://www.efsa.europa.eu/en/science/scientific_reports/statistical_analyses_MON863. 106
Sull‘importanza di intensificare la cooperazione tra organismi preposti alla sicurezza alimentare si vedano il 1° e il
2° Considerando del Regolamento CE n. 2230/2004: «Il funzionamento in rete tra l‘Autorità europea per la sicurezza
alimentare [...] e gli organismi degli Stati membri operanti negli ambiti di competenza dell‘Autorità è uno dei principi
basilari per il funzionamento della stessa; [...] 2) Alcuni organismi degli Stati membri espletano a livello nazionale
compiti analoghi a quelli dell‘Autorità. Il funzionamento in rete deve consentire di promuovere un quadro di
cooperazione scientifica che consenta di condividere le informazioni e le conoscenze, identificare le mansioni comuni e
ottimizzare l‘uso delle risorse e del patrimonio di esperienza. È quindi importante facilitare a livello comunitario la
sintesi dei dati raccolti da tali organismi in materia di sicurezza dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali». 107
Poto, I traguardi in tema di sicurezza alimentare tra ordinamento comunitario ed ordinamenti interni, cit., 46. Si
vedano di recente Antonioli, Precauzionalità, gestione del rischio e azione amministrativa, in Riv. It. Dir. Pubbl.
Comun., 2007, 73; Travi, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche: formule nuove e vecchie
soluzioni, in Dir. Pubbl., 2004, 439. 108
Nella interazione tra Autorità ed organismi competenti a garantire un elevato livello di standards in materia di
sicurezza alimentare, alla prima spetta il compito di determinare i criteri di qualità cui questi ultimi debbono attenersi
per l‘esecuzione di compiti ad essi affidati. Tra gli altri, il citato Regolamento CE n. 2230/2004, all‘art. 4, individua: 1) i
criteri tali da assicurare l‘esecuzione dei compiti con un livello elevato di qualità scientifica e tecnica, in particolare per
quanto concerne le qualifiche scientifiche e tecniche del personale assegnato al compito; i criteri relativi alle risorse e ai
mezzi che possono essere consacrati alla realizzazione di tali compiti, con la previsione di scadenze predeterminate; 3) i
criteri legati all‘esistenza di regole o di procedure che assicurano l‘espletamento di tali compiti, secondo i principi di
indipendenza e di integrità e nel rispetto della riservatezza. All‘Autorità spetta il compito di predisporre un programma
coordinato di controlli sui prodotti alimentari, alla ricerca di un punto di equilibrio tra l‘esigenza di preservare la
sicurezza nel consumo di prodotti alimentari e quella di non ostacolare la libera circolazione degli stessi.
157 9. Le posizioni della dottrina
9.3 La difficile coesistenza delle competenze legislative statali e regionali in tema di colture
geneticamente modificate, di Monica Sciarra
Corte cost. Sent., 17 marzo 2006, n. 116
FONTE: Giur. It., 2007, 6
Il giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 3° e 4° comma, 6, 7 e 8 del D. L. 22
novembre 2004, n. 279 (Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura
transgenica, convenzionale e biologica), nel testo convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio
2005, n. 5, è stato promosso con ricorso della Regione Marche, notificato il 22 marzo 2005,
depositato in cancelleria il 30 marzo 2005 ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2005.
La decisione presenta numerosi profili di rilevante interesse, anche di carattere processuale: la Corte
costituzionale, richiamando i suoi precedenti in materia109
dichiara in primis l‘inammissibilità
dell‘intervento dell‘Associazione Sementieri Mediterranei (AS.SE.ME).
Come chiarito già nella sentenza n. 150 del 2005 — la prima emanata sotto la vigenza delle
«Modificazioni alle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale» introdotte con
deliberazione della Corte costituzionale del 10 giugno 2004, in Gazz.Uff., I Serie speciale, 30
giugno 2004, n. 151 e concernente il giudizio di costituzionalità delle leggi promosso in via di
azione ai sensi dell‘art. 127 Cost. e degli artt. 31 e segg. della L. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) — è inammissibile l‘intervento «di
soggetti diversi da quelli titolari delle attribuzioni legislative in contestazione, ancorché destinatari
attuali o potenziali delle discipline normative contenute nelle leggi impugnate. D‘altra parte, questi
soggetti dispongono di mezzi di tutela delle loro posizioni soggettive, anche costituzionali, dinanzi
ad altre istanze giurisdizionali ed eventualmente anche di fronte a questa Corte in via incidentale»
(punto 4 del considerato in diritto). Questo orientamento giurisprudenziale sembra, pertanto,
ridimensionare la portata innovativa della nuova formulazione dell‘art. 4, 3° comma, delle nuove
Norme Integrative rubricato «Interventi in giudizio», il quale dispone che oltre all‘intervento del
Presidente del Consiglio dei Ministri e delle Giunte regionali, anche altri soggetti possono
intervenire con le stesse modalità previste per i primi, pur restando «ferma la competenza della
Corte a decidere sulla loro ammissibilità». Occorre notare che nella vecchia formulazione questo
articolo, riguardante esclusivamente il giudizio in via incidentale, disciplinava le modalità di
intervento dello Stato e delle Regioni non disponendo alcunché riguardo ad altre tipologie di
intervento, ora, invece, il vigente art. 25 prevede, fra le norme procedurali del giudizio incidentale
applicabili al giudizio in via principale, anche l‘art. 4 nella nuova formulazione.
Tuttavia la Corte costituzionale nella ordinanza n. 20 del 2005 ha considerato inammissibili gli
interventi in giudizio di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il ricorso ed a resistervi,
«non essendo stati addotti argomenti che inducano questa Corte ad abbandonare il proprio
109
Cfr. Corte cost., 10 febbraio 2006, n. 51 in Gazz. Uff., I Serie speciale, 15 febbraio 2006, n. 7, Id., 14 ottobre 2005, n.
383, in Giur. Cost., 2005, 3640, Id., 27 luglio 2005, n. 336, ibidem, 3165; Id.,12 aprile 2005, n. 150, ibidem, 1227; Id.,
28 giugno 2004, n. 196, ivi, 2004, 1930; Id., 14 novembre 2003, n. 338, ivi, 2003, 3547 e segg.; Id., 7 ottobre 2003, n.
307, ibidem, 2841 e segg.; Id., 13 febbraio 2003, n. 49, ibidem, 353 e segg., da ultimo Id., 17 dicembre 1987, n. 517, ivi,
1987, 3351 e segg.
158 9. Le posizioni della dottrina
precedente indirizzo», lasciando quindi trapelare la possibilità di un cambiamento di orientamento
qualora emergessero nuovi argomenti capaci di farle cambiare idea110
.
Inammissibile è anche la censura sollevata dalla Regione Marche relativa alla mancata
consultazione delle popolazioni interessate prima di adottare le norme impugnate, dato che le
Regioni non sono legittimate a far valere nei ricorsi in via principale vizi riguardanti la legge statale
se non «quando essi si risolvano in violazioni o menomazioni delle competenze» regionali,
risultando altrimenti leso l‘art. 127, 2° comma, Cost.
La Corte costituzionale rileva, inoltre, identici profili di inammissibilità delle censure sollevate dalla
ricorrente prendendo come parametro l‘art. 117, 2° comma, lettera s), Cost. in relazione agli artt. 9,
32 e 33 Cost. «Ciò non significa», come rilevato ampiamente dai giudici costituzionali nel punto 3
del considerato in diritto della sentenza 28 gennaio 2005, n. 50, che le Regioni possono invocare
solo i parametri previsti dagli «articoli 117, 118 e 119 Cost., bensí che il contrasto con norme
costituzionali diverse può essere efficacemente addotto soltanto se esso si risolva in una esclusione
o limitazione dei poteri regionali. È soltanto sotto questo profilo — e ciò concerne anche tutte le
altre censure — che in questa sede la legittimità costituzionale delle norme denunciate va accertata,
senza che possano aver rilievo denunce di illogicità o di violazione di principi costituzionali che
non ridondino in lesioni delle sfere di competenza regionale»111
.
Nella pronuncia in esame è interessante altresí rilevare l‘utilizzazione della tecnica argomentativa
con la quale, prima di passare ad affrontare nel merito la questione di legittimità costituzionale
sollevata, i giudici costituzionali ritengono opportuno premettere alcune riflessioni di carattere
generale connesse alla particolare complessità del quadro normativo nel quale si inserisce la materia
oggetto di giudizio112
.
La materia degli organismi geneticamente modificati (in seguito OGM) presenta un quadro
normativo particolarmente complesso stante la varietà degli interessi coinvolti, nonché la
disomogeneità e confliggenza dei valori bisognosi di tutela113
.
Non bisogna inoltre trascurare che il panorama è ulteriormente complicato dalla rapidità di
evoluzione della materia, che poggia su un grado di conoscenza ancora debole e particolarmente
mutevole a cui si contrappone la necessità di elaborare regole certe, tali da poter essere conosciute e
110
Cfr. Corte cost., 14 gennaio 2005, n. 20, in Giur. Cost., 2005, 89 e segg.; in dottrina, Cerri, Corso di giustizia
costituzionale, Milano, 2001, 290 e segg.; Ruggeri-Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, 2003, 218 e
segg.; A. Celotto, ma resta aperto il problema della presenza degli enti locali nel processo costituzionale, in Giust.
Amm. on-line, n. 7/2004 (www. giust.amm.it); Calzolaio, La Corte dice «no» all’allargamento del giudizio in via
principale, nota alla sentenza della Corte costituzionale 12 aprile 2005, n. 150 in Forum di Quaderni Costituzionali on-
line. 111
Cfr. Corte cost., 28 gennaio 2005, n. 50, in Giur. It., 2006, 3 e segg. con osservazioni di Talienti a cui si rinvia; Id.,
28 giugno 2004, n. 196, cit., Id., 18 novembre 2000, n. 503, ivi, 3891 e segg.; Id., 24 luglio 2003, n. 274, ivi, 2238 e
segg., con osservazioni di Anzon, I limiti attuali della potestà esclusiva delle Regioni (e Province) ad autonomia
speciale e i vizi denunciabili dallo Stato ex art. 127 Cost.: due importanti punti fermi nella giurisprudenza della Corte,
p. 2256 e segg.; Gemma, Vizi di leggi regionali ed impugnativa statale: la Corte ha sentenziato, e correttamente, 2260;
Dickmann, Gli organi dello Stato sono chiamati a garantire le istanze unitarie della Repubblica, 2269 e segg. 112
Cfr. a tal proposito Id., 7 ottobre 2003, n. 307, cit., Id., 1° ottobre 2003, n. 303, in Giur. Cost., 2003, 2675 e segg. 113
Cfr. Amedei, L’innovazione transgenetica in agricoltura: vantaggi economici, in Riv. Dir. Agr., 1998, I, 357 e segg.;
Costanzo, Organismi geneticamente modificati e novel foods, ivi, 1997, I, 137 e segg.; Caravita, Interessi in cerca di
soggetto: posizioni giuridiche e ambiente, in Ferrara e Marino (a cura di), Gli organismi geneticamente modificati,
sicurezza alimentare e tutela dell’ambiente, Padova, 2003, 333 e segg.; per una analisi etica in tema di OGM si veda
Kaufmann, Riflessioni giuridiche e filosofiche su biotecnologia e bioetica alla soglia del terzo millennio, in Riv. Dir.
Civ., 1988, I, 205 e segg.
159 9. Le posizioni della dottrina
applicate da chi opera nel settore114
. Le prime istituzioni che hanno preso atto della dimensione
economicamente strategica della ricerca biotecnologia, nonché della capacità degli OGM a
diffondersi oltre le frontiere e quindi degli effetti a lungo raggio da essi prodotti, in grado di
incidere in maniera irreversibile sull‘ambiente, sono state quelle internazionali, basti ricordare che
la FAO, l‘OMS, l‘OCSE, l‘ONU posero in atto, sin dalla nascita di questa nuova disciplina, regole
volte a contemperare i vari interesse in gioco115
. Di particolare importanza è la normativa
comunitaria, che merita qualche breve cenno data la sua rilevante incidenza sulla disciplina
nazionale in questo settore. L‘approccio comunitario si basa sulla negazione, a differenza di quello
statunitense, della sostanziale equivalenza del prodotto che presenta componenti geneticamente
modificate a quello naturale. Da qui la necessità di contemperare due profili: da un lato quello di
favorire lo sviluppo e l‘introduzione di tali organismi, poiché attraverso la ricerca genetica possono
essere ottenuti prodotti più vicini ai gusti dei consumatori oltre che più resistenti agli attacchi di
parassiti ed insetti; dall‘altro lato i timori che simili prodotti possano produrre danni alla
biodiversità nonché alla salute umana116
.
Possiamo suddividere la normativa comunitaria in tema di OGM in quattro categorie ognuna
concernente un profilo particolarmente rilevante: il primo gruppo di norme disciplina gli
esperimenti di biogenetica in luoghi chiusi su microrganismi geneticamente modificati, essi sono
regolati dalla direttiva 23 aprile 1990, n. 90/219 resa attuativa con la L. 19 febbraio 1992, n. 142 e
modificata dalla direttiva del 26 ottobre 1998 n. 98/81 attuata dalla L. 21 dicembre 1999, n. 526 e
dal D. Lgs. 12 aprile 2001, n. 206117
. Altro profilo riguarda gli esperimenti genetici in luoghi aperti
e la conseguente commercializzazione dei prodotti ottenuti, i quali sono attualmente disciplinati
dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001, n. 2001/18 che si
presenta come una codificazione della originaria disciplina contenuta nella direttiva n. 90/220 del
23 aprile 1990, resa esecutiva in Italia con il decreto legislativo n. 92 del 3 marzo 1993118
. Terzo
profilo è quello relativo all‘etichettatura dei nuovi aliemnti anch‘esso attualmente regolato dalla
direttiva del 12 marzo 2001, n. 2001/18, che modifica la direttiva n. 90/220 a sua volta modificata
dal regolamento del Parlamento e del Consiglio 27 gennaio 1997, n. 258/97 e da quello della
Commissione del 26 maggio 1998, n. 1139/98119
.
114
Cfr. Calzolai-Immordino, Organismi geneticamente modificati ed incertezza scientifica. Una prospettiva
internazionale, in Mercato concorrenza e regole, 2001, 309 e segg. 115
Cfr. Salvadori, Il diritto internazionale rilevante per la disciplina degli organismi geneticamente modificati, in Gli
organismi geneticamente modificati, Sicurezza alimentare e tutela dell’ambiente, cit., 41 e segg.; Borghi, Biotecnologie,
tutela dell’ambiente e tutela del consumatore nel quadro normativo internazionale e nel diritto comunitario, ivi, 2001,
I, 365 e segg.; Shenkelears, Immissione nell’ambiente di organismi geneticamente modificati, in Riv. Giur. Ambiente,
1990, 46 e segg. 116
Cfr. Benozzo, Stati Uniti e biotecnologie in agricoltura: un nuovo approccio al problema, in Agricoltura istituzioni
mercati, 2004, 129 e segg.; Traisci, La disciplina di origine comunitaria in materia di OGM. I frutti della bioingegneria
fra regole proprietarie e tutela del consumatore, in Riv. Dir. Agr., 2005, I, 212 e segg.; Gratani, Disciplina comunitaria
e internazionale a confronto sulle biotecnologie, in Ambiente, 2001, 569 e segg., per un approfondimento della figura
del consumatore si veda Alpa, voce «Consumatore», in Enc. Giur. Treccani, III, Roma, 1995; Chinè, Il consumatore, in
Trattato di diritto privato europeo (a cura di) Lipari, I, Padova, 2003, 435 e segg. 117
Cfr. Oddenino, La disciplina degli organismi geneticamente modificati. Il quadro di diritto comunitario, in Gli
organismi geneticamente modificati, Sicurezza alimentare e tutela dell’ambiente, cit., 87. 118
Cfr. Gradoni, La nuova direttiva comunitaria sugli organismi geneticamente modificati, in Riv. Dir. Agr., 2001, I,
427 e segg.; Oddenino, La disciplina degli organismi geneticamente modificati. Il quadro di diritto comunitario, cit., 90
e segg. 119
Cfr. Costanzo, Ennesima normativa in tema di etichettaggio di OGM, in Riv. Dir. Agr., 1998, I, 311 e segg.; infine la
disciplina della brevettabilità degli OGM è disciplinata dalla direttiva del 6 luglio 1998, n. 98/44 (cfr. Zagato, La tutela
giuridica delle invenzioni biotecnologiche: la direttiva 98/84 del 6 luglio 1998, ivi, 1999, I, 424 segg.).
160 9. Le posizioni della dottrina
Concentrando la nostra attenzione sulla coltivazione degli OGM oggetto del giudizio costituzionale,
la direttiva 2001/18/CE ha cercato di risolvere i molteplici problemi riguardanti la tutela della salute
umana, la sicurezza dei consumatori e l‘ambiente, attraverso la previsione di parametri e controlli
dei suddetti rischi, proponendo un ravvicinamento delle legislazioni nazionali in tale settore. Questa
direttiva attua una distinzione tra «emissione deliberata», nel quale occorre verificare il requisito
dell‘intenzionalità (poiché l‘emissione potrebbe essere anche involontaria), dalla «immissione in
commercio», per la quale la intenzionalità è in re ipsa, in modo tale da abbracciare ogni fase
dell‘impiego degli OGM in agricoltura. Inoltre, in applicazione del principio di precauzione cui
questa direttiva fa espresso richiamo (art. 174 TCE), la Comunità europea non consente ad alcuno
di introdurre nell‘ambiente OGM senza a ciò essere espressamente autorizzato a seguito di una
complessa procedura. Il principio di precauzione, infatti, opera laddove la scienza non è ancora in
grado di valutare con certezza la pericolosità di determinate azioni per l‘ambiente e la salute umana,
imponendo di intervenire quando esistano ragionevoli motivi di ritenere che gli effetti
potenzialmente pericolosi sull‘ambiente possano risultare incompatibili con il livello di protezione
prescelto120
. Il regolamento n. 1829/2003 del 18 ottobre 2003 assegna, inoltre, alla Commissione il
compito di concedere le autorizzazioni, in modo che alle autorità comunitarie venga affidata anche
la gestione del rischio, oltre che la sua individuazione. Infine con la raccomandazione 2003/556/CE
del 23 luglio 2003 viene ribadito il principio di coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e
che si avvalgono di OGM; precisamente, nel terzo considerando della raccomandazione, si chiarisce
che la coesistenza attiene alla capacità degli agricoltori, connessa alla loro libertà di iniziativa
economica, di operare una libera scelta tra i diversi tipi di coltivazioni nel rispetto degli obblighi
legali in materia di etichettatura e di norme di purezza121
.
Sul piano interno la direttiva 2001/18/CE è stata recepita con D. Lgs. 8 luglio 2003, n. 224 che, nel
pieno rispetto del principio di precauzione, disciplina le misure volte alla tutela dell‘ambiente, della
salute umana e animale, relativamente alle attività di rilascio di organismi geneticamente modificati.
Chiunque, pertanto, voglia effettuare una emissione di tali organismi deve ottenere una preventiva
autorizzazione del Ministero dell‘ambiente, autorizzazione che può essere rilasciata solo dopo una
previa valutazione degli effetti che essi possono produrre sulla salute umana e sull‘equilibrio degli
ecosistemi naturali (art. 2). La previsione di un‘apposita autorizzazione da parte del Ministero
dell‘Ambiente evidenzia, come rilevato dalla Corte costituzionale, la prevalenza della tutela
dell‘ambiente rispetto alla tutela della salute umana. Successivamente è stato approvato il D. L. 22
novembre 2004, n. 279, oggetto del giudizio di costituzionalità che si annota, convertito con
notevoli modificazioni nella L. 28 gennaio 2005, n. 5, che attua la raccomandazione 2003/556/CE.
In detta legge viene assegnato al Ministero delle politiche agricole e forestali il potere, d‘intesa con
la Conferenza permanente dei rapporti tra Stato-Regioni, di definire le norme quadro per la
coesistenza dei vari tipi di colture, mentre alle Regioni spetta il compito di approvare i propri piani
di coesistenza «prevedendo strumenti che garantiscono la collaborazione degli enti territoriali locali,
sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza» (art. 4.1). Alle Regioni è
anche affidato il compito di istituire un fondo finalizzato a consentire il ripristino delle condizioni
agronomiche preesistenti agli eventi dannosi che possono verificarsi a seguito dell‘inosservanza del
piano di coesistenza (art. 4.3 bis). Fino all‘adozione dei singoli piani, inoltre, non è consentita la
coltivazione di prodotti geneticamente modificati.
120
Cfr. Bruno, Principio di precauzione e organismi geneticamente modificati, ivi, II, 223 e segg. 121
Cfr. Germanò, Sulla coesistenza tra coltivazioni transegenetiche e coltivazioni convenzionali: profili giuridici, ivi,
2005, I, 371 e segg.
161 9. Le posizioni della dottrina
Infine il decreto legge individua le diverse tipologie di risarcimento dei danni derivanti
dall‘inosservanza dei piani regionali di coesistenza e dei piani di gestione aziendale, definendo le
modalità di accesso degli agricoltori danneggiati al Fondo di solidarietà nazionale.
Per quanto concerne la posizione assunta dalle Regioni in tema di OGM, si deve osservare il
passaggio da una politica di prudente finanziamento della ricerca nel settore delle biotecnologie ad
una chiusura nei riguardi di tale settore, accompagnata spesso ad una esaltazione dell‘agricoltura
biologica122
. A tal proposito occorre precisare che nella decisione 2003/653/CE della Commissione
europea del 2 settembre 2003 «si è affermato che, in presenza delle disposizioni comunitarie in
materia miranti a ―ravvicinare la legislazione degli Stati membri‖, questi ultimi non possono
impedire la coltivazione delle sementi OGM autorizzate, ma semmai eventualmente utilizzare la
apposita ―clausola di salvaguardia‖ di cui all‘art. 23 della medesima direttiva, peraltro sempre in
riferimento all‘impiego di singoli OGM» (punto 4.1 del considerato in diritto).
Passando ad analizzare i profili sostanziali della questione di legittimità costituzionale sollevata, va
detto anzitutto che la Regione ricorrente dubitava dell‘esistenza dei presupposti di straordinaria
necessità ed urgenza richiesti per l‘emanazione del decreto legge, riproponendo in tal modo una
delle questioni più dibattute nell‘ambito della giurisprudenza costituzionale. Infatti preme ricordare,
seppur brevemente, che in una fase iniziale la Corte aveva ritenuto di non poter sindacare la
sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, dato il carattere essenzialmente
politico che sottostava alla emanazione del decreto legge123
. Con la sentenza n. 29 del 1995,
capovolgendo il proprio precedente orientamento, i giudici costituzionali hanno ammesso la
possibilità di verificare la sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza almeno
nei casi di evidente mancanza di questi.
In tal modo il sindacato della Corte, come chiarito in questa pronuncia, non si sovrappone a quello
politico spettante al Parlamento, poiché i requisiti richiesti dall‘art. 77 Cost. costituiscono il
presupposto per la validità costituzionale del decreto legge, pertanto la loro mancanza non può che
comportarne l‘illegittimità costituzionale. Questo vizio formale del decreto legge, inoltre, non può
essere sanato nemmeno dalla legge di conversione, la cui validità resta inficiata per vizio in
procedendo, avendo convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di
conversione124
.
Nel caso di specie, tuttavia, la Corte ha ritenuto non fondata la censura di evidente mancanza dei
requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, data «la necessità di superare con immediatezza la
situazione prodotta dalla vigenza di diverse leggi regionali che prescrivevano, in termini più o meno
rigorosi, il divieto di impiego, ovvero l‘obbligo di attenersi a particolari limitazioni di impiego,
degli OGM autorizzati dalla Comunità europea, mentre la raccomandazione 2003/ 556/CE muove
dal presupposto che sia lecito nel diritto comunitario l‘impiego nella produzione agricola di OGM,
purché autorizzati» (punto 5 del considerato in diritto)125
.
Altre censure sollevate dalla Regione Marche riguardano la violazione dell‘art. 117 Cost.
relativamente al riparto di competenze legislative, dato che D.L. 22 novembre 2004, n. 279 e la sua
122
Cfr. Desideri, Oltre l’agricoltura: segnali dalle Regioni, in Agricoltura istituzioni mercati, 2004, 113 e segg. 123
Cfr. Corte cost., 3 giugno 1983, n. 148, in Giur. Cost., 1983, 846 e segg. 124
Cfr. Id., 27 gennaio 1995, n. 29, in Giur. Cost., 1995, 278 e segg.; questo orientamento è attualmente rimasto
invariato cfr. tra le molte la recente sentenza 29 gennaio 2005, n. 62, in Giur. It., 2006, 14 e segg., con nota di Di
Giannatale, Solidarietà ambientale e tutela uniforme del diritto alla salute nel riparto di competenza Stato-Regioni. 125
In dottrina sul tema cfr. Celotto, La storia infinita: ondivaghi e contraddittori orientamenti sul controllo dei
presupposti del decreto-legge, in Giur. Cost., 2002, 133 e segg.
162 9. Le posizioni della dottrina
legge di conversione disciplinerebbero gli ambiti rientranti nella materia «agricoltura» riservata in
via esclusiva alle Regioni, inoltre quand‘anche lo Stato avesse proceduto ad attuare la normativa
comunitaria ciò gli sarebbe precluso al di fuori delle materie di sua competenza.
La Corte costituzionale, tuttavia, ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionali
relative agli artt. 1 e 2 della L. 28 gennaio 2005, n. 5, nei quali viene accolto il principio di
coesistenza tra colture OGM, colture biologiche e colture tradizionali, avendo il legislatore statale
esercitato la propria competenza esclusiva in tema di tutela dell‘ambiente (art. 117, secondo
comma, lettera s, Cost.), nonché quella concorrente in tema di tutela della salute (art. 117, terzo
comma, Cost.). A prevalere, spiega la Corte, sono in questo caso le esigenze di una uniforme
regolamentazione sull‘intero territorio nazionale, infatti, solo lo Stato può individuare il punto di
equilibrio tra la libertà di iniziativa economica dell‘imprenditore agricolo e la tutela dell‘ambiente e
della salute umana.
Questo discorso si inserisce all‘interno dell‘ampia casistica giurisprudenziale in tema di ambiente
che abbraccia, sia il tema del riparto di competenze tra Stato e Regioni, sia le problematiche
connesse al bilanciamento tra interessi e valori costituzionali protetti. Già prima della riforma del
Titolo V della Costituzione, infatti, i giudici costituzionali hanno evidenziato il carattere «atecnico»
e «trasversale» della materia ambiente, mentre nelle pronunce successive a tale riforma, emerge con
maggiore chiarezza che nel riparto di competenze tra Stato e Regioni si deve tener conto anche
degli interessi funzionalmente collegati alla tutela dell‘ambiente e la loro incidenza sul territorio126
.
È noto inoltre che, sia la dottrina, sia la Corte costituzionale hanno evidenziato l‘esistenza negli
elenchi del 2° e 3° comma dell‘art. 117 della Costituzione di alcune materie c.d. trasversali, tra cui
rientrerebbe anche l‘ambiente, che sembrano finalizzate alla realizzazione di uno scopo piuttosto
che volte a circoscrivere un dato settore della legislazione127
. Ne consegue che il limite tra
competenza statale e quella regionale risulta costituito dall‘interesse che prevale in relazione alla
singola attività che di volta in volta viene disciplinata. Qualora nel bilanciamento di interessi
prevalgano esigenze di carattere unitario, non suscettibili di essere derogate neppure in meglio, se
ne deve dedurre — seguendo il ragionamento della Corte costituzionale — che la competenza a
legiferare in tale materia non possa che essere statale. Risulta in tal modo superato il rigido sistema
della enumerazione delle materie per lasciare spazio ad un giudizio di bilanciamento degli interessi
contrapposti128
.
126
Cfr. Corte cost., 18 marzo 2005, n. 108, in Giur. Cost., 2005, 977 e segg.; Id., 15 luglio 1994, n. 302, ivi, 1994, 2590;
Id., sentenza del n. 127 del 1990, ivi, 1990, 1466 e segg.; Id., sentenza del 15 novembre 1988, n. 1029, ivi., 1988, 4935
e segg.; Id., sentenza del 30 dicembre del 1987 n. 641, ivi, 1987, 3788 e segg.; Id., sentenza del 28 maggio 1987 n. 210,
ibidem, 1577 e segg.; Id., sentenza del 15 maggio 1987, n. 167, ibidem, 1212 e segg.; Id., sentenza del 3 marzo 1986 n.
39, ivi, 1986, 317 e segg.; Cecchetti, Legislazione Statale e legislazione regionale per la tutela dell’ambiente: niente di
nuovo dopo la riforma del Titolo V, Regioni, 2003, 320 e segg.; Id., Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente,
Milano, 2000, 6 e segg.; Lucarelli, Il diritto all’ambiente nella riforma costituzionale tra unità e pluralismo, in Diritto e
Gestione dell’Amb., 2002, 333 e segg. 127
Cfr. Corte cost., 26 luglio 2002, n. 407, ivi, 2002, 2940 e segg., con note di Marini, La Corte costituzionale nel
labirinto delle materie «trasversali»: dalla sent. 282 alla 407 del 2002, e di Paganetto, Potestà legislativa regionale e
«limiti» alle competenze esclusive, ibidem, 3347 e segg.; Id., 7 ottobre 2003, n. 307, con nota di Scaccia, Competenze
legislative sussidiarie e concorrenti, in Dir. Pubbl., 2/2004, 461 e segg.; D‘Atena, Materie legislative e tipologia delle
competenze, in Quaderni costituzionali, 2003, 21 e segg.; Ferrara, La «materia ambiente» nel testo di riforma del Titolo
V, in AA.VV., Problemi dei federalismo, Milano, 2001, 185 e segg. 128
Cfr. Corte Cost., sentenza 20 dicembre 2002, n. 536, in Giur. It., 2004, 12 e segg. con nota di Lobello, Caccia e
ambiente: una problematica non ancora risolta; Id., 4 luglio 2003, nn. 226-227, in Giur. Cost., 1913 e segg.; Id., 7
ottobre 2003, n. 307, in Regioni, 2004, 603 e segg. con nota di Carmelengo, Il nuovo assetto costituzionale delle
funzioni legislative tra equilibri intangibili e legalità sostanziale; Desideri, Interessi ambientali, Costituzione e Regioni,
163 9. Le posizioni della dottrina
Infine, di segno diverso, è il giudizio della Corte sull‘ultimo profilo di costituzionalità sollevato,
riguardante quelle norme della legge (gli articoli 3, 4, 5, 3° e 4° comma, 6, 7, 8) che disciplinano la
coltivazione a fini produttivi e che pertanto costituiscono il «nocciolo duro della materia
agricoltura». Spetta in questo caso alle Regioni, nell‘esercizio del proprio potere legislativo,
disciplinare le modalità di applicazione del piano di coesistenza date le numerose differenze
morfologiche dei vari territori, nonché disciplinare le relative sanzioni amministrative in caso di
inosservanza dei detti piani129
.
9.4 Nota a Corte giustizia Comunità Europee Sez. II, 26 maggio 2005, n. 132, in materia di
prodotti alimentari destinati a lattanti e a bambini nella prima infanzia
Corte giustizia comunitàEuropee Sez. II, 26 maggio 2005, n. 132
FONTE: Giur. It., 2005, 11
La domanda di pronuncia pregiudiziale rivolta, nel caso di specie, dal Consiglio di Stato alla Corte
di giustizia della Comunità europea e proposta nell‘ambito di una controversia tra il Coordinamento
delle associazioni per la difesa dell‘ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori ed il
Ministero della salute, verteva sull‘interpretazione dell‘art. 2, n. 2, lett. b), del Regolamento CE del
Consiglio del 26 maggio 1998, n. 1130, concernente l‘obbligo di indicare nell‘etichettatura di alcuni
prodotti alimentari derivati da organismi geneticamente modificati (La sentenza è pubblicata, per
estratto, in Giur. It., 2005, nella Sezione «Recentissime della Corte di Giustizia», 226).
In particolare, la controversia instaurata dinanzi al Consiglio di Stato aveva ad oggetto
l‘impugnativa di un decreto del Ministero della salute del 31 maggio 2001, n. 371, recante norme
per l‘attuazione della direttiva 99/50/CE della Commissione, del 25 maggio 1999, che modificava la
direttiva 91/321/CEE sugli alimenti per lattanti ed alimenti di proseguimento. Dall‘impugnato
decreto risultava infatti che la presenza di organismi geneticamente modificati, in proporzione non
superiore all‘1% degli ingredienti impiegati negli alimenti per lattanti, provocata da una
contaminazione accidentale, non doveva essere menzionata nell‘etichetta di tali prodotti alimentari.
Investito della relativa questione, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio aveva ritenuto
illegittimo siffatto decreto, con sentenza del 14 maggio 2002, affermando in particolare che la
deroga all‘obbligo di etichettatura è contraria all‘art. 3, secondo comma, del decreto n. 128/1999 e
che essa non si giustifica in forza del Regolamento Ce n. 49/2000, dal momento che quest‘ultimo
non è applicabile agli alimenti per lattanti e bambini nella prima infanzia (T.A.R. Lazio, Sez. III, 14
maggio 2002, n. 4233, in Rass. Dir. Farm., 2003, 83). Secondo il giudice amministrativo di primo
grado, infatti, la direttiva n. 91/321 ha istituito una disciplina speciale per quanto riguarda
l‘etichettatura degli alimenti per lattanti e bambini nella prima infanzia, nel senso che «essa
imporrebbe obblighi più severi rispetto al principio generale di una completa e corretta
informazione del consumatore». Il 25 giugno del 2002, il Ministero della salute ha interposto
appello al Consiglio di Stato avverso la summenzionata sentenza, chiedendone l‘annullamento nella
parte in cui dichiara illegittimo il decreto n. 371 del 2001, deducendo come motivo principale la
circostanza secondo cui nessuna direttiva specifica in materia di prodotti alimentari destinata ai
lattanti ed ai bambini nella prima infanzia contiene norme relative all‘indicazione nell‘etichetta
in Diritto e Gestione dell’Amb., 2002, 379 e segg.; Colavecchio, La tutela dell’ambiente tra Stato e Regioni: l’ordine
delle competenze nel prisma della giurisprudenza costituzionale, in Gabriele-Nico (a cura di), La tutela multilivello
dell’ambiente, Bari, 2005, 23 e segg. 129
Cfr. sul punto Corte cost., 13 gennaio 2004, n. 12, in Giur. Cost., 2004, 206 e segg.
164 9. Le posizioni della dottrina
della presenza accidentale di materiale derivante da OGM in siffatti prodotti alimentari. Di qui, il
rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato in ordine alla corretta interpretazione dell‘art. 2, n. 2, lett.
b) del Regolamento n. 1139/98. La Corte di giustizia, investita della relativa questione, incardina
l‘iter motivazionale della decisione sull‘esame del duplice obiettivo che il regolamento n. 1139/98
intende perseguire, e che si sostanzia nella volontà in primo luogo di «eliminare gli ostacoli
potenziali alla libera circolazione dei prodotti contenenti soia e granoturco geneticamente modificati
e, in secondo luogo, [di] informare il consumatore finale» (punto 58 della motivazione). Al
riguardo, la Corte richiama un precedente del 12 giugno 2003, relativo alla pretesa di estendere la
direttiva 90/313/CEE sulla libertà di accesso alle informazioni ambientali alle notizie relative alla
corretta applicazione della normativa sull‘etichettatura obbligatoria dei prodotti derivati da OGM, in
conformità del regolamento del Consiglio n. 1139 del 1998, come modificato dal regolamento n. 49
del 2000 (Causa C-316/01, Glawischnig c. Bundesminister für soziale, in Racc., 2003, I-5995, punti
30 e 31, e in Ragiusan 2003, f. 233-4, 261: nel caso concreto, la Corte aveva escluso che
l‘informazione ambientale si estendesse anche alle informazioni in materia di etichettatura dei
prodotti alimentari, lasciando tuttavia intendere che, se si fosse applicata la nuova direttiva in
materia — 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull‘accesso
del pubblico all‘informazione ambientale — questa, contenendo una nozione più ampia di
«informazione ambientale» avrebbe permesso di farvi rientrare anche le notizie richieste nel caso di
specie dalla ricorrente). Né vale a scalfire tale impianto il richiamo al principio di precauzione,
giacché quest‘ultimo presuppone che «sussistano incertezze in merito all‘esistenza o alla portata di
rischi per la salute delle persone» [punto 61 della motivazione: v. in tal senso sentenza del 9
settembre 2003, causa C-236/01, Monsanto Agricoltura Italia e al. C. presidenza del Consiglio dei
Ministri, in Dir. e Giust., 2004, f. 4, 112 (s.m.), in Ragiusan, 2004, f. 237-8, 178, in Foro It., 2004,
IV, 254, con nota di Barone, Organismi geneticamente modificati (Ogm) e precauzione: il «rischio»
alimentare tra diritto comunitario e diritto interno; per un commento alla sentenza si veda anche
Dabrowska, GM Foods, Precaution and Internal Market: Did Both Sides Win the Day in the Recent
Judgement of European Court of Justice?, in www.germanlawjournal.co, n. 2, 2004. Per ulteriori
richiami bibliografici sia consentito rinviare a M. Poto, Il mais transgenico davanti al T.A.R. del
Lazio: storia di una pericolosità ancora tutta da dimostrare, nota a T.A.R. Lazio, I Sez., 27 ottobre
2004, n. 1447, in Giur. It., 2005, 1307]. Sul punto, infatti, la Corte precisa che l‘immissione in
commercio di organismi geneticamente modificati può avvenire solo nel caso di preventiva
autorizzazione a seguito di una valutazione dei rischi volta a garantire che questi non comportino
pericoli per i consumatori, valutazione che costituisce appunto una concreta applicazione del
principio di precauzione.
9.5 Il mais transgenico davanti al T.A.R. del Lazio: storia di una pericolosità ancora tutta da
dimostrare, di Margherita Poto
T.A.R. Lazio Sez. I, 27 ottobre 2004, n. 14477
FONTE: Giur. It., 2005, 6
SOMMARIO: Premessa. - Gli antefatti. - Il principio di precauzione secondo il giudice
amministrativo
Premessa.
165 9. Le posizioni della dottrina
Con la sentenza che si annota, il T.A.R. del Lazio si pronuncia sulla dibattuta questione relativa alla
legittimità del decreto del Consiglio dei Ministri, con il quale era stata disposta la sospensione della
vendita e dell‘utilizzazione di mais transgenico, decidendo di annullarlo, sulla base della
considerazione per cui l‘amministrazione statale avrebbe potuto sospendere la vendita del mais solo
se, alla luce delle considerazioni scientifiche di allora, fosse risultato che i derivati degli OGM
avessero comportato dei rischi per la salute umana.
Infatti, in base alla normativa comunitaria, uno Stato può sospendere la vendita di un alimento se
risulta dannoso per gli uomini o per gli animali sulla base di comprovati risultati scientifici e non
già sulla base di semplici supposizioni non confermate scientificamente130
.
Gli antefatti.
La vicenda relativa al mais transgenico diffuso e commercializzato da varie società, tra le quali la
Monsanto S.p.a., prende le mosse da un provvedimento adottato dal Governo italiano nell‘agosto
del 2000, allorquando, a seguito di numerosi esposti presentati da associazioni ambientaliste e di
vari pareri di autorità sanitarie nazionali, venne disposta la sospensione della vendita dei prodotti
alimentari derivati da quattro varietà di mais transgenico resistente agli insetti ed agli erbicidi131
.
Tale provvedimento si fondava sulla clausola di salvaguardia prevista dall‘art. 12 del Regolamento
n. 258/97, in base a cui «qualora a seguito di nuove informazioni o di una nuova valutazione di
informazioni già esistenti, uno Stato membro abbia fondati motivi per ritenere che l‘utilizzazione di
un prodotto o ingrediente alimentare [...] presenti rischi per la salute umana o per l‘ambiente, tale
Stato membro può limitare temporaneamente o sospendere la commercializzazione e l‘utilizzazione
sul proprio territorio del prodotto o ingrediente alimentare in questione».
130
Si legge, all‘art. 12, 1° comma, del Regolamento C.E. n. 258/97 sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari:
«Qualora a seguito di nuove informazioni o di una nuova valutazione di informazioni già esistenti, uno Stato membro
abbia motivi fondati per ritenere che l‘utilizzazione di un prodotto o ingrediente alimentare conforme al presente
regolamento presenti rischi per la salute umana o per l‘ambiente, tale Stato membro può limitare temporaneamente o
sospendere la commercializzazione e l‘utilizzazione sul proprio territorio del prodotto o ingrediente alimentare in
questione. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione precisando i motivi della propria
decisione». 131
Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 4 agosto 2000, in Gazz. Uff. 8 agosto 2000, n. 184. Per un ampio
commento dell‘intera questione si rinvia a Pavoni, Biodiversità e biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario,
Milano, 2004, 436. La letteratura delle problematiche relative alla sicurezza alimentare è vastissima. Per un
inquadramento generale si rinvia ai contributi di Ferrara-Marino, Gli organismi geneticamente modificati, Padova,
2003; Albisinni, voce «Sistema agroalimentare», in Digesto civ., Torino, 2003, 1244; Id., Nuove regole di impresa nel
sistema europeo di diritto alimentare, in Riv. Dir. Agr., 2004; Gorny, L’autorità per la sicurezza alimentare, ibidem;
Costato (dir. da), Trattato di diritto agrario nazionale e comunitario,Padova, 2003; Id., Dal mutuo riconoscimento al
sistema europeo di diritto alimentare: il regolamento 178/2002 come regola e come programma, in Riv. Dir. Agr.,
2003, I, 289; Id., Compendio di diritto alimentare, Padova, 2002; Vitolo, Il diritto alimentare nell’ordinamento interno
e comunitario, Napoli, 2003; Marini, Principio di precauzione, sicurezza alimentare e organismi geneticamente
modificati nel diritto comunitario, in Diritto Un. Europea, 2004, 16; Barone, Organismi geneticamente modificati
(Ogm) e precauzione: il «rischio» alimentare tra diritto comunitario e diritto interno, in Foro It., 2004, IV, 246; ai
commenti di Rook Basile-Germanò, Commento all’art. 3, in La sicurezza alimentare nell’Unione europea (commento
al reg. 178/2002), a cura dell‘Istituto di Diritto Agrario Internazionale e Comparato - IDAIC, in Leggi civ. comm., 157;
Rook Basile, La sicurezza alimentare ed il principio di libera concorrenza, in Riv. Dir. Agr., 2004, I, 308; Macrí, Tutela
dei prodotti agricoli e libera circolazione delle merci nella giurisprudenza comunitaria, in Diritto Un. Europea, 2003,
cui si rinvia per ulteriori ampi richiami bibliografici; Lubrano, L’attività dell’Autorità per la Sicurezza Alimentare, in
Riv. Dir. Agr., 2004, I, 345; Rubino, La giurisprudenza della Corte di Giustizia CE fra «precauzione» e
«proporzionalità»: note a margine della sentenza F.lli Bellio, in Dir. Comunitario e Scambi Internaz., 2004, 507;
Mandeville, L’Autorité européenne de sécurité des aliments: un élément clef de la nouvelle législation alimentaire
européenne, in Riv. Dir. Agr., 2004, I, 142; Snyder e Azoulay, in AA. VV., La securité alimentaire dans l’Union
européenne, Bruxelles, 2003, 7, 45.
166 9. Le posizioni della dottrina
La discussione sulla necessità di ricorrere a siffatta clausola di salvaguardia si sviluppa nell‘ambito
di un iter procedurale di immissione di prodotti alimentari alternativo a quello ordinario (c.d.
procedura abbreviata), le cui modalità di svolgimento sono contenute nell‘art. 5 dello stesso
Regolamento, e che in sostanza prevede l‘obbligo in capo al richiedente di notificare alla
Commissione l‘immissione dei prodotti alimentari sul mercato132
.
Tanto il ricorso alla procedura semplificata quanto la decisione successiva del Governo italiano di
sospendere la diffusione del prodotto si fondavano sul presupposto che il prodotto in questione
presentasse delle caratteristiche tali da giustificare un giudizio positivo, nel primo caso, negativo nel
secondo, circa la «equivalenza sostanziale» del medesimo rispetto ad altri prodotti già presenti sul
mercato, dei quali non fosse posta in discussione la conformità a parametri di sicurezza.
Si legge al riguardo, nell‘allegato alla Raccomandazione della Commissione n. 97/618, Parte I,
punto 3.3: «l‘equivalenza sostanziale consiste nell‘utilizzare organismi esistenti, che sono già usati
come alimenti o da cui si derivano aliemnti, come pietra di paragone per valutare se un prodotto o
un ingrediente nuovo o modificato ponga problemi di sicurezza per il consumo umano».
E proprio sul canone della equivalenza sostanziale si articolava il provvedimento del quale la
società responsabile dell‘immissione sul mercato del granoturco contestava la legittimità; sicché il
T.A.R., investito della questione, ha sollevato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, al fine di
acquisire una interpretazione conforme ai principi del Trattato.
Nella pronuncia del 9 settembre 2003, la Corte di giustizia, dopo aver nitidamente individuato la
duplice finalità che sorregge il regolamento (tutela della salute e libera circolazione dei prodotti
alimentari), accoglieva una interpretazione estensiva dell‘equivalenza sostanziale, ricomprendendo
nel sintagma anche i «nuovi prodotti alimentari che presentano differenze di composizione prive di
effetti sulla salute pubblica» (punti 74 e 82 della decisione)133
.
Di tal che «la mera presenza all‘interno di nuovi prodotti alimentari, di residui di proteine
transgeniche a determinati livelli non osta a che tali prodotti alimentari siano considerati come
sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti e, pertanto, non osta al ricorso alla
procedura semplificata per l‘immissione sul mercato di detti nuovi prodotti alimentari»134
.
La ricostruzione ermeneutica attuata costituisce solo un‘indicazione di massima, giacché essa non
vale «qualora le conoscenze scientifiche disponibili all‘epoca della valutazione iniziale permettano
di individuare l‘esistenza di una pericolosità anche solo potenziale per la salute umana». In questo
modo, la Corte affidava alla competenza del giudice nazionale l‘accertamento della sostanziale
equivalenza dei prodotti.
132
Art. 5 Reg. CE n. 258/97: «Nel caso dei prodotti o ingredienti alimentari di cui all‘articolo 3, paragrafo 4, il
richiedente notifica l‘immissione sul mercato alla Commissione. Tale notifica è corredata delle informazioni pertinenti
di cui all‘articolo 3, paragrafo 4. La Commissione trasmette agli Stati membri copia di detta notifica entro un termine di
sessanta giorni, nonché, a richiesta di uno Stato membro, copia di tali informazioni». 133
Sentenza Corte giust. CE, 9 settembre 2003, n. 236, causa C-236-01, Società Monsanto Agr. It. c. Presidenza del
Consiglio dei Ministri, in Dir. e Giust., 2004, f. 4, 112 (s. m.), in Ragiusan, 2004, f. 237-8, 178, in Foro It., 2004, IV,
254, con nota di Barone, Organismi geneticamente modificati (Ogm) e precauzione: il «rischio» alimentare tra diritto
comunitario e diritto interno; per un commento sulla sentenza si veda anche Dabrowska, GM Foods, Risk, Precaution
and Internal Market: Did Both Sides Win the Day in the Recent Judgement of European Court of Justice?, in
www.germanlawjournal.co, vol. 5, n. 2, 2004. 134
Sentenza Corte giust. CE, 9 settembre 2003, n. 236, cit., punto 84.
167 9. Le posizioni della dottrina
La decisione della Corte, di per sé neutrale, conteneva tuttavia in nuce una serie di interrogativi
sulla effettiva portata del principio di precauzione: 1) innanzitutto, si poneva la questione relativa
alla esatta delimitazione dei confini del concetto, che, se da un lato esprime un «avanzato modello
di protezione di alcuni degli interessi che lo Stato ha il compito di tutelare», d‘altro lato rischia di
comprimere in maniera generalizzata l‘esercizio dei diritti limitati per effetto dell‘azione
precauzionale135
; 2) in secondo luogo, e in certo senso, quale diretta conseguenza della ambivalenza
di significati che necessariamente l‘indeterminatezza del concetto porta con sé, sorgeva la necessità
di determinarne la portata pratica, potendo lo stesso divenire strumento di contrazione della libera
circolazione dei prodotti oppure consentire la diffusione di prodotti nuovi, sostanzialmente
equivalenti a quelli già presenti sul mercato.
Da ultimo, e in prospettiva più generale, si pone il problema del possibile contrasto, da tempo
preconizzato dalla dottrina, tra applicazione del principio ed esigenze di armonizzazione degli
strumenti giuridici all‘interno della comunità: «vero è che il nodo [...] riguarda il baricentro di
applicazione del principio a livello comunitario, vale a dire se tal ordinamento tolleri
un‘applicazione decentrata a livello nazionale del principio, o se [...] le istituzioni della Comunità
possono rivendicare una sorta di monopolio discendente dall‘imperativo dell‘unicità del mercato
interno e dal connesso dovere di leale cooperazione dei Paesi membri»136
.
Il principio di precauzione secondo il giudice amministrativo.
Non è chi non veda, dunque, con quanta delicatezza il T.A.R. del Lazio sia stato chiamato a
comporre le tessere del mosaico, dovendo prospettare una interpretazione del principio di
precauzione che non urti con l‘altrettanto importante principio della libera circolazione dei prodotti
all‘interno della Comunità, e dovendosi al contempo misurare con l‘inevitabile grado di
approssimazione che il concetto di «equivalenza sostanziale» porta con sé137
.
135
Sul punto Gragnani, Il principio di precauzione come modello di tutela dell’ambiente, dell’uomo, delle generazioni
future, in Riv. Dir. Civ., 2003, II, 9. 136
Cosí Pavoni, Biodiversità e biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario, cit., 448; del resto, la Corte di
giustizia Ce aveva già affermato la necessità di una applicazione decentrata del principio nella sentenza del 21 marzo
2000, n. 6, causa C-6-99, Association Greenpeace France e altri c. Ministère de l’Agriculture et de la Pêche e altri, in
Racc., 2000, I-1651, in Corriere Giur., 2000, 1107, in Giur. It., 2000, 2384, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico
Comunitario, 2000, 1121, con nota di Caranta, Coordinamento e divisione dei compiti tra Corte di giustizia delle
comunità europee e giudici nazionali nelle ipotesi di coamministrazione: il caso dei prodotti modificati geneticamente.
Hanno altresí commentato la sentenza Mastromatteo, A Lost Opportunity for European Regulation of Genetically
Modified Organisms, in EL Rev., 2000, 425; Thieffry, Le contentieux naissant des organismes génétiquement modifiés:
précaution et mesures de sauveguard, in RTDE, 1999, 81; Pavoni, Misure unilaterali di precauzione, prove scientifiche
e autorizzazioni comunitarie al commercio di organismi geneticamente modificati: riflessioni in margine al caso
«Greenpeace», in Dir. Comunitario e Scambi Internaz., 2000, 725. In particolare, si legge al punto 44 della
motivazione: «il rispetto del principio di precauzione si traduce, da una parte, nell‘obbligo, imposto al notificante [...] di
comunicare immediatamente all‘autorità competente ogni nuova informazione in merito ai rischi che il prodotto
comporta per la salute e per l‘ambiente, nonché l‘obbligo, imposto all‘autorità competente [...] d‘informarne
immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri e, d‘altra parte, nella facoltà, attribuita ad ogni Stato membro
[...] di limitare o vietare provvisoriamente l‘uso e/o la vendita sul proprio territorio del prodotto per il quale — benché
sia stato oggetto di un consenso — vi sono valide ragioni di ritenere che presenti un rischio per la salute umana». 137
Black, Vagueness, An Exercise in Logical Analysis, in Philosophy of Science, 1937, vol. 4, 427, secondo cui è
paradossale il fatto che le teorie scientifiche più altamente sviluppate e utili siano espresse ostensivamente in termini di
oggetti mai incontrati nell‘esperienza. Cosí si apre uno dei testi fondamentali sul problema della vaghezza: tutte le
costruzioni scientifiche sono ideali, i corpi puntiformi in fisica, i gas perfetti in termodinamica e cosí via rappresentano
delle astrazioni utili per la teoria, ma che impongono una approssimazione dei risultati nel momento del confronto con
la realtà: sul punto, cfr. gli studi di Peirce, voce «Vagueness», in Baldwin, Dictionary of Philosophy and Psycology, II,
748, 1902; Quine, What Price Bivalence, in Journal of Philosophy, 1981, 78, 90.
168 9. Le posizioni della dottrina
In sostanza, al giudice a quo è richiesto di fornire una soluzione alle questioni che investono il
coordinamento tra poteri dello Stato ed attuazione di un livello precauzionale di tutela: «da una
parte, l‘inesistenza di un sapere tecnico relativamente certo come presupposto della disciplina
giuridica valorizza la discrezionalità del legislatore e degli organi amministrativi, secondo le
rispettive sfere di competenza, nella concreta determinazione del livello di rischio giuridicamente
consentito. Dall‘altra la necessità di misure precauzionali per la protezione effettiva di alcune
situazioni soggettive di rilievo costituzionale esige la garanzia di un livello precauzionale di tutela
anche in sede giurisdizionale, tutela che non può ovviamente essere negata per la constatazione di
una situazione di incertezza scientifica»138
.
Per quanto attiene al primo nodo da sciogliere, e cioè a dire alla interpretazione del principio di
precauzione, il T.A.R. sembra piuttosto propenso a «spingere» il ragionamento della Corte di
giustizia nella direzione del riconoscimento della sostanziale equivalenza tra prodotti che
contengano residui di proteine transgeniche e i loro omologhi presenti sul mercato.
Cosí facendo, ad avviso del giudice amministrativo, «è stata inequivocabilmente superata
l‘interpretazione dell‘amministrazione statale che legava, invece, la ―equivalenza sostanziale‖
all‘identità di composizione chimica dei prodotti a confronto» (lett. C della motivazione), con la
dovuta precisazione che siffatta indicazione non vale più, qualora le conoscenze scientifiche
disponibili all‘epoca della valutazione iniziale permettano di individuare l‘esistenza di un rischio di
effetti potenzialmente pericolosi per la salute umana.
In sostanza, la decisione poggia le fondamenta sulla comparazione tra i prodotti ed, in particolare,
sulla prova della loro pericolosità: in una sorta di «limbo» tra i prodotti che non presentano rischi
per la salute e gli organismi geneticamente modificati, si collocano i «prodotti e gli ingredienti
alimentari prodotti a partire da organismi geneticamente modificati, ma che non li contengono».
Se la pubblica amministrazione non fornisce la prova riguardo alla sussunzione di tali prodotti nella
categoria degli OGM, essi non possono che considerarsi «sostanzialmente equivalenti» ai loro
omologhi esistenti sul mercato. Del principio di precauzione, in questo senso, viene esaltata
l‘accezione che privilegia l‘uso parsimonioso delle risorse naturali al fine di garantire uno sviluppo
sostenibile; quello che, nel sistema tedesco, è noto come «Zukunftvorsorge»139
. Stemperata cosí
l‘accezione più rigida del principio di precauzione come «principio di difesa dai pericoli»140
, si
cerca quindi di impedire che l‘incertezza scientifica sulla sicurezza di un prodotto commerciale
diventi un pretesto per dissimulare misure protezionistiche nei rapporti commerciali.
Soluzione, in se stessa, non esecrabile, purché adeguatamente mondata da implicazioni politiche e,
al contrario, orientata ad incentivare un sempre più sistematico ricorso a valutazioni di carattere
tecnico-scientifico.
138
Cosí Gragnani, Il principio di precauzione come modello di tutela dell’ambiente, dell’uomo, delle generazioni
future, cit., 13, cui si rinvia per gli ulteriori richiami bibliografici. 139
Gragnani, Il principio di precauzione come modello di tutela dell’ambiente, dell’uomo, delle generazioni future, cit.,
26. 140
Il c.d. «Gefahrenabwerhrprinzip» del diritto tedesco, in virtù del quale lo Stato ha il potere e il dovere di intervenire,
eventualmente con la limitazione di altre situazioni giuridiche soggettive, per la prevenzione di eventi dannosi in
presenza di una situazione di pericolo. Il termine pericolo (Gefahr), assunto anche nel diritto ambientale secondo
l‘accezione specifica del diritto di polizia, indica una situazione di fatto tale da innescare un processo causale che, salvo
interferenze esterne, conduce, con una sufficiente probabilità, alla produzione di un danno. In generale, sull‘origine
tedesca del principio di precauzione, Jourdan, The Precautionary Principle in the European Union, in Reinterpreting
the precautionary principle, a cura di O‘Jourdan-Cameron-Jourdan, London, 2001.
169 9. Le posizioni della dottrina
Se, infatti, la sentenza della Corte di giustizia del 9 settembre 2003 era priva di riferimento alcuno
alla possibilità per il giudice e per le stesse parti di ricorrere allo strumento della consulenza tecnica
141, il panorama normativo spinge in tutt‘altra direzione, riconoscendo, in particolare, all‘Autorità
garante per la sicurezza alimentare il compito di «formulare pareri scientifici su prodotti diversi
dagli alimenti e dai mangimi riconducibili ad organismi geneticamente modificati»142
.
In altre parole, sembra condivisibile l‘opinione di chi guarda con favore ad incentivare l‘attività
consultiva dell‘Autorità Garante143
, che inizia a fare capolino anche nelle decisioni del giudice
nazionale. Si legge, in un passaggio della sentenza del T.A.R. Lazio, della opportunità, poi
accantonata, di demandare all‘Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare la designazione
dell‘esperto incaricato di effettuare la verificazione tecnica: «Sicché [...] la Sezione stabiliva che la
designazione avrebbe dovuto essere richiesta all‘Autorità europea per la sicurezza Alimentare». E il
riconoscimento di un organo tecnico ed indipendente cui demandare la valutazione sugli effetti
della immissione di nuovi prodotti ed ingredienti alimentari sul mercato costituisce un passo di un
certo rilievo verso una tendenziale armonizzazione degli strumenti di tutela all‘interno della
Comunità144
.
9.6 Mancata indicazione sull’etichetta che il prodotto alimentare contiene O.g.m.: quale
rilevanza penale?, di Corbetta Stefano
Cass. pen. Sez. III, 09 luglio 2003, n. 38577
L. 30-04-1962, n. 283
c.p. art. 515
141
Si veda il commento critico di Dabrowska, GM Foods, Risk, Precaution and the Internal Market, cit., in cui si legge
che: «the Court‘s judgement is open to criticism in that it did not establish more clearly what is to be understood as the
most reliable scientific evidence available or identify the relevant Community scientific evidence available or identify
the relevant Community scientific institution(s), such as the European Food Safety authority. Broader elaboration on the
role of scientific expertise in the present context would be desirable». 142
Considerando n. 38 del Reg. CE n. 178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione
alimentare, istituisce l‘Autorità garante per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza
alimentare, in G.U.C.E., 1° febbraio 2002 L.31/1. Per un commento su questi specifici aspetti, Benozzo, Commento agli
artt. 22-23, in La sicurezza alimentare nell’Unione europea (commento al reg. 178/2002), a cura dell‘Istituto di Diritto
Agrario Internazionale e Comparato - IDAIC, in Leggi civ. comm., 303. 143
Tra gli altri, v. Gorny, The European Food Safety Authority, in Riv. Dir. Agr., 2003, 385: «Though EFSA itself will
not act as risk manager its opinions will be the fundamentals of the measures taken by risk managers. Science can have
the effect of creating obstacles to innovation in the food business as being innovative means taking risks». 144
Cosí contribuendo alla creazione di un sistema articolato in forma di rete, in cui Commissione, Stato ed Autorità
agiscono coordinandosi, per la realizzazione del fine, qual è quello della prevenzione, mediante una divisione del lavoro
in cui l‘ufficio comunitario opera per mezzo di quello nazionale. Più che di coordinamento gerarchico, sembra
opportuno pertanto parlare di sistema reticolare, in cui Commissione, Stato membro ed Autorità dovrebbero agire in
attuazione delle politiche comunitarie di salvaguardia della salute e sicurezza pubblica. Un altro strumento che appare
indispensabile per il raggiungimento di un adeguato livello di coordinamento a livello comunitario, è costituito dalla
creazione di un sistema di cooperazione nazionale, che indubbiamente presuppone l‘approvazione di un‘organica
disciplina normativa, ma che altresí deve essere sostenuta da ulteriori modelli integrativi, quali la stipula di accordi e lo
scambio reciproco di informazioni con le autorità dell‘Unione. Sul punto sia consentito rinviare a Poto, Il principio di
precauzione quale baluardo della sicurezza alimentare: spunti problematici sul coordinamento tra l’attività della
Commissione e gli obblighi delle autorità nazionali, nota a Trib. I grado CE, Sez. II, 10 marzo 2004, n. 177, in Resp.
Civ. e Prev., 2005, 375.
170 9. Le posizioni della dottrina
c.p. art. 516
FONTE: Dir. Pen. e Processo, 2004, 1, 56
Il p.m. disponeva il sequestro probatorio di diverse migliaia di confezioni di prodotti alimentari per
la prima infanzia, contenenti organismi geneticamente modificati derivati dalla soia non indicati
nell'etichetta, ravvisando i reati di cui agli artt. 515, 515 e 5 comma 1 lett. a l. 30 aprile 1962, n.
283. In accoglimento del ricorso promosso dal legale rappresentante della società, la Cassazione ha
escluso che il fatto contestato potesse rivestire penale rilevanza. La Corte ha preso le mosse
dall'ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 5 comma 1 lett. a l. n. 283 del 1963, che, tra l'altro,
incrimina la violazione del divieto di impiegare nella preparazione di alimenti di sostanze
«comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale»: «caratteristica questa
certamente scontata per gli alimenti geneticamente modificati - ha precisato la Corte - tenuto conto
che, a proposito di composizione naturale di un prodotto, il legislatore del '62 ha inteso riferirsi al
concetto di «genuinità naturale», quella cioè presente in natura, in totale assenza di modificazioni».
Sebbene astrattamente ipotizzabile sotto il profilo dell'elemento oggettivo, la Cassazione ha tuttavia
escluso la sussistenza del reato, stante la clausola di salvaguardia di cui all'art. 5 («salvo quanto
disposto da leggi o da regolamenti speciali»), che si riferisce non solo alla disciplina nazionale ma
anche a quella comunitaria. In particolare, il regolamento CE n. 49/2000 del 10 gennaio 2000,
rende obbligatoria l'etichettatura con l'indicazione «contiene OGM» solo per i prodotti i cui
componenti superano dell'1% la presenza di derivati transgenici. «In definitiva - ha precisato la
Corte - la Comunità, riconoscendo sostanzialmente l'attuale inevitabilità di un certo grado di
«contaminazione accidentale» dei prodotti alimentari derivati da soia e mais, è giunta alla
conclusione della non necessità di segnalarla ai consumatori, quanto, oltre ad essere appunto
accidentale, non superi la detta percentuale». La contravvenzione in esame è perciò ipotizzabile
solo se la presenza di OGM supera la soglia di tolleranza, ciò che, nella specie, non era stato
appurato. La Corte ha inoltre escluso, nel caso concreto, la sussistenza dei delitti di cui agli artt. 515
e 516 c.p. per carenza del dolo. La Cassazione ha difatti affermato che il presupposto sia della frode
in commercio (art. 515 c.p.), sia della vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine
(art. 516 c.p.) «è pur sempre la consapevolezza da parte dell'agente, nel primo caso, della diversità
della cosa consegnata da quella dichiarata o pattuita, e, nel secondo caso, della non genuinità della
sostanze alimentare posta in vendita»; consapevolezza che, anche in relazione alla probabile
accidentalità della contaminazione, non era stata oggetto di motivazione da parte del provvedimento
impugnato, che è stato perciò annullato con rinvio.
In dottrina, cfr. L. Conti, voce Frode in commercio e altri attentati alla fiducia commerciale, in
Dig. disc. pen., 1991, V, 313 ss.; C. Correra, La difesa del consumatore dalle frodi in commercio,
Milano, 2002, passim; G. M. Flick, Genuinità e tutela della fiducia nel commercio delle sostanze
alimentari, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1963, 1229 ss.; G. Marinucci, voce Frode in commercio, in
Enc. dir., XVIII, 1969, 135 ss.
9.7 Emissione deliberata nell’ambiente di Ogm: attuazione della Direttiva 2001/18/CE, di
Beltrame Serenella
Dir. 12-03-2001, n. 2001/18/CE
Reg. (CE) 27-01-1997, n. 258/97
171 9. Le posizioni della dottrina
D.Lgs. 08-07-2003, n. 224
D.Lgs. 03-03-1993, n. 92
FONTE: Ambiente e sviluppo, 2003, 12, 1121, D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 224
Campo di applicazione e definizioni
I motivi di discussione cui ha dato luogo l'attuazione della normativa europea sull'emissione
deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (d'ora in poi OGM) e che hanno
suscitato polemiche e reazioni tanto nella comunità scientifica quanto nell'opinione pubblica in
generale, sono ormai ben noti e riconducibili al fatto, come enuncia la direttiva 2001/18/CE, che
―Gli organismi viventi immessi nell'ambiente in grandi o piccole quantità per scopi sperimentali o
come prodotti commerciali possono riprodursi e diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando
così altri Stati membri‖, evidenziando in maniera significativa che ―gli effetti di tali emissioni
possono essere irreversibili‖145
e, pertanto, ―deve essere prestata la debita attenzione al controllo dei
rischi derivanti dall'immissione deliberata nell'ambiente‖ di OGM146
.
Il presente elaborato si propone di esaminare i tratti salienti delle nuove regole con particolare
riferimento alle tematiche attinenti i poteri interdittivi che competono agli Stati membri in ordine ad
emissioni di OGM già autorizzate nonché a quelle relative all'etichettatura e ―rintracciabilità‖ dei
prodotti transgenici.
Il D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 224147
ha recepito la recente direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001
oltre il termine di scadenza previsto per tale adempimento148
ed ha abrogato la normativa pregressa
di cui al D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 92149
.
Relativamente al campo di applicazione della disciplina in esame, nel rispetto del principio di
precauzione il decreto stabilisce ―le misure volte a proteggere la salute umana, animale e l'ambiente
relativamente alle attività di rilascio di organismi geneticamente modificati‖ sia nei confronti
dell'emissione deliberata per scopi diversi dall'immissione sul mercato, sia riguardo all'immissione
sul mercato di OGM come tali o contenuti in prodotti.
Al di fuori delle ipotesi previste dal decreto legislativo è comunque vietata l'emissione deliberata o
l'immissione sul mercato di OGM.
La disciplina reca specifiche definizioni150
, tratte pressoché testualmente dalla normativa
sovranazionale ed utili per l'interpretazione delle nuove disposizioni (Tabella 1).
Ai fini della normativa de qua, i riferimenti agli OGM vanno intesi in senso estensivo
ricomprendente, oltre ai singoli OGM, come tali o contenuti in prodotti, anche le loro combinazioni.
145
V. "considerando" n. 4 della direttiva 2001/18/CE. 146
V. "considerando" n. 5 della direttiva 2001/18/CE. 147
Il D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 224, in suppl. ord. G.U. 22 agosto 2003, n. 194, è entrato in vigore il 6 settembre 2003. 148
Il termine di attuazione della direttiva 2001/18/CE è scaduto il 17 ottobre 2002, ex art. 34 della direttiva citata. 149
Per un commento al D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 92, recante "Attuazione della direttiva 90/220/CEE concernente
l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati", cfr. S. Beltrame, La normativa
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, in Codice dell'Ambiente, 2003, Giuffrè,
(a cura di) S. Nespor e A. De Cesaris. 150
V. art. 3, D.Lgs. n. 224/2003.
172 9. Le posizioni della dottrina
Altre definizioni di rilievo riguardano quella di ―prodotto‖, ovvero ―un preparato costituito da o
contenente OGM, che viene immesso sul mercato‖, e ―valutazione del rischio ambientale‖, ossia ―la
valutazione, effettuata a norma dell'articolo 5, comma 1, dei rischi per la salute umana, animale e
per l'ambiente, diretti o indiretti, immediati o differiti, che possono essere connessi all'emissione
deliberata o all'immissione sul mercato di OGM ―.
Di particolare interesse sotto il profilo della trasparenza delle procedure amministrative appare
l'indicazione relativa alla ―consultazione pubblica‖, che costituisce ―la possibilità offerta a
qualunque persona fisica o giuridica, istituzione, organizzazione o associazione di formulare
osservazioni o fornire informazioni in merito a ciascuna notifica‖.
Al decreto legislativo sono annessi otto allegati che riguardano, nell'ordine, ―Tecniche di
modificazione genetica‖ (all. I), ―Principi per la valutazione del rischio ambientale‖ (all. II),
―Informazione obbligatoria per la notifica‖ (all. III), ―Informazioni supplementari‖ (all. IV), ―Criteri
per l'applicazione delle procedure differenziate‖ (all. V), ―Linee guida per la redazione delle
relazioni di valutazione‖ (all. VI), ―Piani di monitoraggio‖ (all. VII), ―Consultazione pubblica‖ (all.
VIII).
Tabella 1 - Definizioni (Art. 3, D.Lgs. n. 224/2003) a) organismo: un'entità biologica capace di
riprodursi o di trasferire materiale genetico; b) organismo geneticamente modificato (OGM): un
organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo
diverso da quanto si verifica in natura mediante accoppiamento o incrocio o con la ricombinazione
genetica naturale. L'art. 3 D.Lgs. n. 224/2003, precisa che: Nell'ambito di tale definizione: 1) una
modificazione genetica è ottenuta almeno mediante l'impiego delle tecniche elencate nell'allegato I
A, parte 1; 2) le tecniche elencate nell'allegato I A, parte 2, non sono considerate tecniche che
hanno per effetto una modificazione genetica-. Per emissione deliberata- s'intende qualsiasi
introduzione intenzionale nell'ambiente di un OGM per la quale non vengono usate misure
specifiche di confinamento al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l'ambiente e per
garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi-. L'immissione sul mercato- corrisponde
alla messa a disposizione di terzi, dietro compenso o gratuitamente. Non costituiscono immissione
sul mercato le seguenti operazioni: 1) la messa a disposizione di microrganismi geneticamente
modificati per attività disciplinate dal decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206, sull'impiego
confinato di microrganismi geneticamente modificati, ivi comprese le attività che comportano
collezioni di colture; 2) la messa a disposizione di OGM diversi dai microrganismi di cui al punto
1) destinati ad essere impiegati unicamente in attività in cui si attuano misure rigorose e specifiche
di confinamento atte a limitare il contatto di questi organismi con la popolazione e con l'ambiente e
a garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi; tali misure si basano sugli stessi
principi di confinamento stabiliti dal decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206; 3) la messa a
disposizione di OGM da utilizzarsi esclusivamente per emissioni deliberate a norma del Titolo II
del presente decreto.
Procedure amministrative e autorizzazioni
173 9. Le posizioni della dottrina
L'emissione deliberata di OGM nell'ambiente, sia per qualsiasi fine diverso dall'immissione in
commercio151
, sia per l'immissione sul mercato di OGM come tali o contenuti in prodotti152
, è
consentita dopo aver acquisito l'atto di assenso da parte dell'autorità competente, che rappresenta
l'esito positivo di un procedimento amministrativo.
Detto provvedimento viene rilasciato sulla base:
a) delle verifiche effettuate dalla Commissione interministeriale di valutazione per accertare che le
autorizzazioni all'emissione deliberata nell'ambiente a scopo sperimentale e alla immissione sul
mercato siano conformi alle disposizioni del decreto;
b) delle valutazioni di possibili effetti sulla salute umana, animale e sull'ambiente con particolare
attenzione agli ecosistemi naturali;
c) della compatibilità dell'emissione deliberata nell'ambiente o dell'immissione sul mercato con
l'esigenza di tutela dell'agrobiodiversità, dei sistemi agrari e della filiera agroalimentare, con
particolare riferimento ai prodotti tipici, biologici e di qualità153
.
Detto iter inizia su impulso della parte interessata richiedente l'autorizzazione. L'atto introduttivo è
la ―notifica‖ ovvero ―la trasmissione, in quadruplice copia, con l'aggiunta di una copia per ogni
regione e provincia autonoma interessata per le notifiche di cui al Titolo II, delle informazioni
prescritte nel presente decreto‖ al Ministero dell'ambiente ―effettuata con qualsiasi mezzo che lasci,
comunque, traccia scritta, ovvero la trasmissione di informazioni della stessa natura ad una autorità
competente di un altro Stato membro dell'Unione europea‖.
La notifica è diretta al Ministero dell'ambiente, e comprende diverse informazioni e
documentazione tecnica154
tra le quali assume significato preminente la valutazione del rischio per
la salute umana e per l'ambiente.
La valutazione del rischio viene effettuata ―a norma dell'allegato II: tenendo conto dell'impatto
ambientale in funzione del tipo di organismo introdotto e dell'ambiente ospite. I potenziali effetti
negativi, sia diretti che indiretti sulla salute umana, animale e sull'ambiente, compresi quelli
eventualmente provocati dal trasferimento di un gene dall‘OGM ad altri organismi sono
attentamente valutati caso per caso. Le informazioni necessarie all'esecuzione di tale valutazione
figurano nell'allegato III‖.
Rinviando ad altri approfondimenti per quanto riguarda le procedure inerenti l'emissione deliberata
di OGM nell'ambiente per qualsiasi fine diverso dall'immissione in commercio, l'iter delineato per
l'immissione sul mercato di OGM si può suddividere in due fasi di cui la prima si svolge all'interno
dello Stato membro e può concludersi:
a) con il rigetto dell'istanza in quanto l'emissione progettata non è conforme alle disposizioni
vigenti, oppure
151
V. Titolo II, D.Lgs. cit. 152
V. Titolo III, D.Lgs. cit. 153
V. art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 224/2003. 154
V. artt. 8 e 16, D.Lgs. n. 224/2003.
174 9. Le posizioni della dottrina
b) con la trasmissione della notifica e della relazione di valutazione favorevole all'emissione155
alla
Commissione europea nonché di una sintesi delle informazioni predette agli altri Stati membri; nel
caso in cui la Commissione CE o l'autorità competente di un altro Stato membro sollevino obiezioni
motivate le stesse verranno discusse in sede comunitaria156
. Alla Commissione compete la decisione
relativamente a dette obiezioni nonché relativamente all'emissione progettata e, nel caso in cui
quest'ultima sia favorevole, lo Stato membro adotta il provvedimento formale di assenso
all'emissione richiesta.
Ad una prima lettura, il percorso di sicurezza prevede numerosi passaggi che iniziano con la
notifica fatta da chi voglia immettere OGM nell'ambiente. La documentazione della notifica viene
esaminata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, individuato come l'autorità
nazionale competente157
, che si avvale per questo di una Commissione interministeriale di
valutazione158
, che compie l'istruttoria e redige, nei casi prescritti (v. art. 20), la valutazione del
rischio.
Tale Commissione ha il compito di:
―a) verificare che il contenuto di dette notifiche e informazioni sia conforme alle disposizioni del
presente decreto;
b) esaminare qualsiasi osservazione sulle notifiche eventualmente presentata dalle autorità
competenti degli altri Stati membri e dal pubblico;
c) valutare i rischi dell'emissione per la salute umana, animale e per l'ambiente;
d) esaminare le informazioni del notificante di cui agli articoli 8, 11, 16 e 20 e promuovere, ove lo
ritenga necessario, la richiesta di parere al Consiglio superiore di sanità e al Comitato nazionale per
la biosicurezza e le biotecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
e) disporre, se del caso, la consultazione delle parti sociali, del pubblico e di ogni altro soggetto
interessato, ivi compresi eventuali comitati scientifici ed etici, sia nazionali che comunitari;
f) redigere le proprie conclusioni e, nei casi previsti, la relazione di valutazione di cui agli articoli
17 e 20.
Detta Commissione esamina le relazioni di valutazione e le informazioni relative all'emissione
deliberata e all'immissione sul mercato di OGM provenienti dalle autorità competenti degli altri
Stati membri e dalla Commissione europea e trasmesse all'autorità competente ai sensi della
direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001, richiedendo, se
155
La relazione di valutazione è redatta "in base agli orientamenti di cui all'allegato VI, nella quale sono riportate le
esigenze di misure di prevenzione ambientale e di misure di tutela della salute umana, indicate rispettivamente dal
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e dal Ministero della salute, nonché quelle di tutela
dell'agrobiodiversità, dei sistemi agrari e della filiera agroalimentare proposte dal Ministero delle politiche agricole e
forestali". Ricevuta la proposta di relazione dalla Commissione competente (v. art. 6) e sentiti, per quanto di rispettiva
competenza, i Ministeri della salute e delle politiche agricole e forestali, il Ministero dell'ambiente elabora la relazione
di valutazione che indica se l‘OGM può essere immesso o meno sul mercato e, se del caso, a quali condizioni (v. art.
17, D.Lgs. n. 224/2003). 156
V. art. 18, D.Lgs. n. 224/2003. 157
V. art. 2, D.Lgs. n. 224/2003. 158
V. art. 6, D.Lgs. n. 224/2003.
175 9. Le posizioni della dottrina
del caso, ulteriori informazioni ed esprimendo il proprio parere sulla base della valutazione dei
rischi dell'emissione‖.
Nel caso in cui la relazione di valutazione indica che l‘OGM non può essere immesso sul mercato,
il Ministero dell'ambiente la trasmette immediatamente al notificante ed alla Commissione
europea159
.
Nell'ipotesi in cui la relazione di valutazione esprime parere favorevole all'immissione sul mercato
dell‘OGM, il Ministero dell'ambiente la trasmette unitamente alle altre informazioni, come già
detto, alla Commissione europea ed al notificante ed informa il pubblico; se entro i termini prescritti
non pervengono obiezioni motivate da parte di uno Stato membro o della Commissione europea
(oppure se le stesse vengono positivamente risolte ove presentate), il Ministero dell'ambiente
concede l'autorizzazione.
La validità dell'autorizzazione all'immissione sul mercato non è più illimitata, ma la durata
corrisponde ad un periodo massimo di dieci anni dalla data di rilascio dell'atto di assenso, salva la
possibilità di richiederne il rinnovo.
Poteri interdittivi e clausola di salvaguardia
Gli Stati membri dell'Unione Europea possono inibire l'immissione sul mercato dei prodotti
alimentari con residui di proteine transgeniche qualora, in base alle conoscenze scientifiche
disponibili all'epoca della valutazione iniziale, è possibile individuare l'esistenza di un rischio di
effetti potenzialmente pericolosi per la salute umana.
In proposito, la nuova disciplina consente ai Ministeri competenti160
, con provvedimento d'urgenza,
di ―limitare o vietare temporaneamente l'immissione sul mercato, l'uso o la vendita sul territorio
nazionale di un OGM, come tale o contenuto in un prodotto, qualora, dopo la data di autorizzazione,
sulla base di nuove o ulteriori informazioni che riguardano la valutazione dei rischi ambientali o a
seguito di una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata su nuove o supplementari
conoscenze scientifiche, hanno fondati motivi di ritenere che detto OGM possa costituire un rischio
per la salute umana, animale e per l'ambiente. Il provvedimento può indicare le misure ritenute
necessarie per ridurre al minimo il rischio ipotizzato ed è immediatamente comunicato dai Ministeri
della salute e delle politiche agricole all'autorità nazionale competente‖. Quest'ultima dà immediata
comunicazione alla Commissione europea e alle autorità competenti degli altri Stati membri dei
provvedimenti adottati, ―fornendo le relative motivazioni basate su una nuova valutazione dei rischi
e indicando se e come le condizioni poste dall'autorizzazione devono essere modificate o
l'autorizzazione stessa deve essere revocata. Dei predetti provvedimenti l'autorità nazionale
competente dà idonea informazione al pubblico‖.
La Corte di Giustizia delle Comunità Europee161
, interpretando l'art. 3, n. 4, primo comma, del
regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27 gennaio 1997, n. 258 162
, ha stabilito
sulle questioni pregiudiziali interpretative poste dal TAR Lazio (vedere anche Tabella 2) che:
159
V. art. 17, comma 5, lett. b), D.Lgs. n. 224/2003. 160
V. art. 25, D.Lgs. n. 224/2003. 161
V. CGCE, sentenza C-236/01 del 9 settembre 2003, sul sito www. europa.eu.int.
176 9. Le posizioni della dottrina
―1) L'art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27
gennaio 1997, n. 258, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari, dev'essere interpretato nel
senso che la mera presenza, all'interno di nuovi prodotti alimentari, di residui di proteine
transgeniche a determinati livelli non osta a che tali prodotti alimentari siano considerati come
sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti e, pertanto, non osta al ricorso alla
procedura semplificata per l'immissione sul mercato di detti nuovi prodotti alimentari. Ciò tuttavia
non vale qualora le conoscenze scientifiche disponibili all'epoca della valutazione iniziale
permettano di individuare l'esistenza di un rischio di effetti potenzialmente pericolosi per la salute
umana. Spetta al giudice del rinvio verificare se sia soddisfatta tale condizione.
2) In linea di principio, la questione della regolarità del ricorso alla procedura semplificata di
immissione sul mercato di nuovi prodotti alimentari, prevista dall'art. 5 del regolamento n. 258/97,
non incide sul potere degli Stati membri di adottare misure ai sensi dell'art. 12 del citato
regolamento, quale il decreto 4 agosto 2000, di cui trattasi nella causa principale. Poiché la
procedura semplificata non implica alcun consenso, ancorché tacito, della Commissione, uno Stato
membro non è tenuto, al fine di adottare tali misure, a mettere previamente in discussione la
legittimità di tale consenso. Tuttavia, tali misure possono essere adottate solamente se lo Stato
membro ha previamente svolto una valutazione dei rischi quanto più possibile completa, tenuto
conto delle circostanze specifiche del caso di specie, valutazione da cui risulti che, con riferimento
al principio di precauzione, l'attuazione di tali misure è necessaria a garantire, ai sensi dell'art. 3, n.
1, primo trattino, del regolamento n. 258/97, che i nuovi prodotti alimentari non presentano rischi
per il consumatore.
3) L'esame della quarta questione non ha messo in luce alcun elemento atto a inficiare la validità
dell'art. 5 del regolamento n. 258/97, per quanto riguarda in particolare il presupposto applicativo di
tale disposizione relativo all'equivalenza sostanziale, ai sensi dell'art. 3, n. 4, primo comma, di tale
regolamento‖.
Per meglio chiarire i concetti richiamati nella decisione del giudice europeo, va precisato che con il
Regolamento 258/97/CE viene imposto l'obbligo di indicare nell'etichetta la presenza di OGM per i
nuovi prodotti ed i nuovi ingredienti alimentari che rispetto agli alimenti tradizionali presentano
sostanziali differenze nella composizione, nelle caratteristiche nutrizionali o in eventuali rischi per
la salute (escludendo mais e soia già presenti sul mercato). Il Regolamento 1139/98/CE impone
l'obbligo di dichiarare sull'etichetta la dicitura di prodotto da mais e soia geneticamente modificato
esentando, però, da tale adempimento il prodotto derivato da OGM ―sostanzialmente equivalente‖ a
quello naturale; ―è il principio della c.d. ―sostanziale equivalenza‖secondo il quale è inutile mettere
al corrente il consumatore su quale cibo sia transgenico, a meno che le piante o gli animali non
siano stati modificati per renderli esplicitamente diversi dal punto di vista fisiologico o nutrizionale
dalle varietà tradizionali. Quando il prodotto derivato da un organismo geneticamente modificato è
―sostanzialmente equivalente‖ a quello naturale, ossia non contiene la proteina modificata, viene
162
L'art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27 gennaio 1997, n. 258,
prevede che, in deroga alla procedura ordinaria, la procedura semplificata di cui all'art. 5 del regolamento, "si applica ai
prodotti o agli ingredienti alimentari di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettere b), d) ed e) che, sulla base dei dati
scientifici disponibili e universalmente riconosciuti o di un parere emesso da una delle autorità competenti di cui
all'articolo 4, paragrafo 3, sono sostanzialmente equivalenti a prodotti o ingredienti alimentari esistenti per quanto
riguarda la composizione, il valore nutritivo, il metabolismo, l'uso cui sono destinati e il tenore di sostanze
indesiderabili. Se del caso si può decidere, secondo la procedura prevista dall'articolo 13, se un tipo di prodotto o
ingrediente alimentare rientra nel campo di applicazione del presente paragrafo".
177 9. Le posizioni della dottrina
considerato identico a quello naturale e, pertanto, l'apposizione dell'etichetta non risulta più
obbligatoria‖163
.
Relativamente al concetto di ―equivalenza sostanziale‖ la Corte sovranazionale offre importanti
precisazioni che, per la chiarezza con cui vengono formulate, si reputa necessario riportare
integralmente:
―73. Poiché l'equivalenza sostanziale rappresenta una nozione di diritto comunitario non definita
nell'ambito del regolamento n. 258/97, è necessario quindi esaminare il contesto dell'art. 3, n. 4,
primo comma, del regolamento n. 258/97, nonché gli obiettivi perseguiti da quest'ultimo, così da
dare a tale nozione un'interpretazione autonoma e uniforme.
74. La duplice finalità del regolamento n. 258/97, consistente nel garantire il funzionamento del
mercato interno dei nuovi prodotti alimentari (primo considerando di tale regolamento) e nel
tutelare la salute pubblica rispetto ai rischi che questi ultimi possono produrre (secondo
considerando e art. 3, n. 1, primo trattino, del citato regolamento), rappresenta al riguardo un
elemento importante che milita a favore di un'interpretazione secondo cui la nozione di equivalenza
sostanziale non esclude che nuovi prodotti alimentari che presentano differenze di composizione
prive di effetti sulla salute pubblica siano considerati come sostanzialmente equivalenti a prodotti
alimentari esistenti.
75. Per quanto riguarda il contesto della nozione di equivalenza sostanziale, essa dev'essere
collocata nell'ambito dei lavori delle istituzioni scientifiche internazionali nelle quali essa è stata
elaborata, come enunciati in particolare nella raccomandazione 97/618.
76. È vero che dal fondamento normativo di tale raccomandazione, cioè l'art. 4, n. 4, del
regolamento n. 258/97, risulta che essa è stata adottata al fine di chiarire la procedura normale. Ciò
spiega, del resto, la ragione per la quale l'esigenza di una valutazione tossicologica classica di cui
alla parte I, capitolo 5, punto IV, dell'allegato della raccomandazione 97/618 (letto in combinato
disposto con i punti 3.3 e 3.7 del capitolo 3 di quest'ultima), cui fa riferimento il giudice del rinvio,
non è pertinente nella fattispecie. Si tratta, in tal caso, dell'utilizzazione della nozione di equivalenza
sostanziale nell'ambito specifico di un'analisi dei rischi, come quella prevista nell'ambito della
procedura normale.
77. Tale raccomandazione è tuttavia utile per la definizione della nozione di equivalenza
sostanziale, quale risulta dall'art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97. Emerge infatti
dalla parte I, capitolo 3, punto 3.3, primo e secondo comma, del citato allegato che tale nozione non
comporta, di per sé, una valutazione dei rischi, ma rappresenta un approccio volto a confrontare il
nuovo prodotto alimentare con il suo equivalente tradizionale, al fine di verificare se esso debba
essere sottoposto a una valutazione dei rischi per quanto concerne in particolare la sua
composizione e le sue proprietà specifiche. Ne discende, inoltre, che l'assenza di equivalenza
sostanziale non implica necessariamente che l'alimento in questione sia pericoloso, ma
semplicemente che esso dev'essere sottoposto a una valutazione dei rischi che esso potrebbe
cagionare.
78. Al fine di circoscrivere ulteriormente la nozione di equivalenza sostanziale, quest'ultima
dev'essere inoltre inserita nel contesto del processo dell'analisi dei rischi, quale comunemente
163
V.F. Cottone, Organismi geneticamente modificati e tutela del consumatore, in questa Rivista, 2000, n. 8, p. 725,
nota al Regolamento (CE) della Commissione 10 gennaio 2000, n. 50/2000.
178 9. Le posizioni della dottrina
definito a livello internazionale e comunitario. Si tratta infatti di una nozione applicata, come nel
caso di specie, da organismi scientifici specializzati e incaricati della valutazione dei rischi connessi
ai nuovi prodotti alimentari.
79. Tale nozione dev'essere intesa, più precisamente, come un metodo specifico in materia di nuovi
prodotti alimentari, avente ad oggetto l'identificazione dei pericoli, che rappresenta la prima fase
della parte relativa alla valutazione scientifica dei rischi, cioè l'identificazione degli agenti biologici,
chimici e fisici atti a provocare effetti negativi sulla salute che possono essere presenti in un
determinato alimento ovvero in un gruppo di alimenti e che necessitano di una valutazione
scientifica al fine di consentirne una migliore valutazione ...
80. Poiché la tutela della salute pubblica è un obiettivo essenziale del regolamento n. 258/97, la
nozione di equivalenza sostanziale non può essere interpretata nel senso che la procedura
semplificata, la quale, ai sensi stessi dell'art. 3, n. 4, primo comma, del citato regolamento, presenta
un carattere derogatorio, si traduca nel rendere meno rigorosi i criteri di sicurezza che devono essere
rispettati dai nuovi prodotti alimentari ...‖.
Tabella 2 - Domanda pregiudiziale proposta da TAR Lazio connessa al ricorso volto
all'annullamento del D.P.C.M. 4 agosto 2000
Il TAR Lazio è stato adito da alcune società con ricorso volto all'annullamento del D.P.C.M. 4
agosto 2000 - nella parte in cui sospende provvisoriamente la commercializzazione e
l'utilizzazione nel territorio italiano dei nuovi prodotti alimentari transgenici Mais Bt-11, Mais
MON 810, Mais MON 809 - e di ogni atto o comportamento preordinato, consequenziale o
connesso, espressamente contemplato da tale decreto. Nell'ambito di tale procedimento il TAR ha
proposto domanda pregiudiziale che verte sulle seguenti questioni: 1) Se l'art. 3, n. 4, primo
comma, del regolamento n. 258/97 debba essere interpretato nel senso che i prodotti e gli
ingredienti alimentari contemplati all'art. 1, n. 2, lett. b), del citato regolamento possano essere
considerati sostanzialmente equivalenti a prodotti o a ingredienti alimentari esistenti e possano
conseguentemente essere immessi sul mercato in base alla procedura semplificata per effetto di
una notifica anche nell'ipotesi in cui in tali prodotti e ingredienti alimentari siano presenti residui di
proteine transgeniche. 2) In caso di soluzione negativa della prima questione e, quindi, di
illegittima applicazione, nel caso di specie, della procedura semplificata, quali conseguenze
derivino in particolare in relazione: - al potere degli Stati membri di adottare, in forza del principio
della precauzione - di cui l'art. 12 del regolamento n. 258/97 costituisce una specifica applicazione
- misure come il decreto 4 agosto 2000; - alla distribuzione dell'onere della prova dei rischi per la
salute umana e per l'ambiente che il nuovo prodotto comporta. 3) Se una soluzione affermativa del
problema se la natura della procedura semplificata implichi un consenso tacito della Commissione
all'immissione sul mercato dei prodotti che ne costituiscono oggetto incida sulla soluzione della
seconda questione nel senso che lo Stato membro considerato deve previamente mettere in
discussione la legittimità di tale consenso tacito. 4) In caso di soluzione affermativa della prima
questione, se l'art. 5 del regolamento n. 258/97 sia compatibile con gli artt. 153 CE e 174 CE,
nonché con il principio della precauzione e con i principi di proporzionalità e di ragionevolezza,
nonostante che: - esso non richieda una valutazione completa della sicurezza dei prodotti e degli
ingredienti alimentari in relazione ai rischi per la salute umana e per l'ambiente e non garantisca
l'informazione e la partecipazione degli Stati membri e dei loro enti scientifici, benché tale
intervento risulti irrinunciabile per tutelare i predetti beni, come sta a dimostrare la procedura
ordinaria prevista agli artt. 6 e segg. del citato regolamento; - siffatta procedura semplificata possa
179 9. Le posizioni della dottrina
essere applicata, per semplici ragioni di celerità e di semplificazione dell'azione amministrativa,
all'immissione sul mercato di prodotti e ingredienti alimentari rispetto ai quali, attesa la presenza in
essi di residui di proteine transgeniche, non si dispone di informazioni complete su tutti i loro
effetti sulla salute dei consumatori, sul consumo umano e sull'ambiente, come può desumersi, in
via generale, dalla raccomandazione 97/618/CE.
Etichettatura e imballaggio
Il successivo Regolamento 49/2000/CE che modifica il n. 1139/98/CE stabilisce che i prodotti
derivanti da mais o soia transgenici devono riportare sull'etichetta l'indicazione ―contiene organismi
geneticamente modificati‖ quando gli OGM sono presenti in concentrazione superiore alla
percentuale dell'1%. Tale adempimento è stato esteso anche ai prodotti e ingredienti alimentari
contenenti additivi e aromi geneticamente modificati o derivati da OGM dal Regolamento
50/2000/CE.
De jure condendo, la Commissione europea ha proposto, mediante un Regolamento164
che nel
momento in cui si scrive non risulta aver esaurito l'iter legislativo comunitario, l'obbligo di indicare
in etichetta la presenza di OGM superiore allo 0,9 % sia su prodotti alimentari che su mangimi165
.
La direttiva 2001/18/CE stabilisce in linea generale e che ―Per garantire che la presenza di OGM in
prodotti contenenti o costituiti da organismi geneticamente modificati venga adeguatamente
identificata, dovrebbe figurare chiaramente su un'etichetta o un documento di accompagnamento la
dicitura ―Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati‖166
.
La normativa nazionale ha recepito le indicazioni del legislatore sovranazionale imponendo tra i
requisiti della notifica ―l'etichetta proposta, che deve essere conforme ai requisiti di cui all'allegato
IV e che deve riportare, in ogni caso, la dicitura ―questo prodotto contiene organismi geneticamente
modificatì'―, nonché ―la proposta di imballaggio di cui all'allegato IV‖ al decreto legislativo167
.
Sempre per quanto riguarda gli obblighi di etichettatura, agli organi di vigilanza viene imposto di
verificare che ―in tutte le fasi dell'immissione sul mercato, l'etichettatura e l'imballaggio degli OGM
immessi sul mercato siano conformi alle specifiche indicate nelle relative autorizzazioni.
164
V. Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio concernente la tracciabilità e l'etichettatura
degli organismi geneticamente modificati, la tracciabilità di prodotti alimentari e mangimi prodotti a partire da
organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE. 165
V. A.M. Angelone, OGM, la UE scende in campo, in Il Sole-24Ore, 18 agosto 2003, p. 4; v. Sei cibi su dieci hanno
ingredienti modificati, id., p. 4, in cui viene precisato che "Oggi, la presenza di OGM negli alimenti tradizionali non
deve essere etichettata se si trova al di sotto dell'1% e se ne può dimostrare la natura accidentale e tecnicamente
inevitabilè'. Con il nuovo provvedimento la soglia limite è fissata allo 0,9%: oltre questa percentuale la loro presenza
andrà obbligatoriamente indicata in etichetta, e questo si estenderà anche a prodotti attualmente esclusi come olio di
mais, soia o colza modificati, additivi e aromatizzanti per alimenti prodotti da OGM (come appunto la lecitina di soia),
ingredienti alimentari contenenti OGM come semola glutinata di mais e farina di soia, additivi prodotti da OGM come
la vitamina B2 riboflavina". 166
V. "considerando" n. 40 e art. 21 della direttiva 2001/18/CE. Tale indicazione è stata recepita dall'art. 16, comma 3,
lett. g), D.Lgs. n. 224/2003. 167
V. art. 16, comma 3, lett. g) ed h), D.Lgs. n. 224/2003.
180 9. Le posizioni della dottrina
Per i prodotti per i quali non possono essere escluse tracce non intenzionali e tecnicamente
inevitabili di OGM autorizzati può essere fissata, in conformità alla normativa comunitaria, una
soglia minima al di sotto della quale tali prodotti non devono essere etichettati a norma del comma
1, fatta salva la disciplina in materia di sementi. In ogni caso, la prova della non intenzionalità e
dell'inevitabilità tecnica di tale presenza deve essere dimostrata dal produttore‖168
.
In una recentissima decisione la Corte di Cassazione169
rileva che ―la Comunità europea ha preso
atto dell'impossibilità di escludere una contaminazione accidentale di prodotti alimentari mediante
Dna o proteine derivati da modificazioni genetiche, e pertanto ha reso obbligatoria l'etichettatura
(cioè l'indicazione ―contiene OGM‖) esclusivamente per i prodotti i cui componenti superano
dell'1% la presenza di derivati transgenici‖. Secondo i giudici, Bruxelles ―riconoscendo
sostanzialmente l'attuale inevitabilità di un certo grado di ―contaminazione accidentale‖ dei prodotti
alimentari derivati da soia e mais, è giunta alla conclusione della non necessità di segnalarla ai
consumatori quando, oltre ad essere appunto accidentale, non superi la detta percentuale‖. Quindi,
anche se sono ―in itinere iniziative normative, sia a livello comunitario che nazionale, volte a
ridurre ulteriormente la indicata soglia di tolleranza dell'1%‖, non si può ipotizzare alcuna
contravvenzione nei confronti di chi non supera la barriera dell'1%, ―beninteso‖ nel solo caso in cui
la contaminazione con gli OGM sia casuale. Per quanto riguarda la normativa comunitaria, la
Cassazione osserva che la scelta di non etichettare gli alimenti con soglie minime e casuali di OGM
―deriva evidentemente dalla scelta politica di non vietare del tutto l'immissione sul mercato di
determinati prodotti modificati geneticamente e, nel contempo, dall'esigenza di avvertire gli
acquirenti della loro presenza, per evitare problemi (di salute o etici) a determinate categorie di
consumatori‖.
Al fine di assicurare al consumatore la possibilità di riconoscere i prodotti transgenici e, quindi, di
poter effettuare la scelta dell'acquisto nel modo più consapevole e più libero, lo strumento meglio
indicato è la c.d. etichetta di filiera, ovvero un'etichettatura di processo che indichi il luogo di
produzione, i componenti, i trattamenti e le trasformazioni subite dal prodotto.
L'art. 4, comma 6, della direttiva 2001/18/CE, impone agli Stati membri di garantire la tracciabilità
in tutte le fasi dell'immissione in commercio degli OGM, senza tuttavia fornire una definizione
specifica di tale concetto.
Secondo il regolamento 178/2002/CE per ―rintracciabilità‖ s'intende ―la possibilità di ricostruire e
seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione
alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime
attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione‖ (v. art. 3, n. 15).
La tracciabilità riferita agli OGM è stata definita dalla Commissione CE come ―la capacità di
rintracciare gli OGM e i prodotti ottenuti a partire da OGM in tutte le fasi del processo di
immissione in commercio, lungo l'intera catena di produzione e distribuzione, con la possibilità di
effettuare controlli di qualità ed eventualmente ritirare i prodotti dal mercato. Un aspetto importante
della tracciabilità è la garanzia di una ―rete di sicurezza‖ ogni qualvolta si accerti la presenza di un
effetto avverso imprevisto. La ricostruzione a ritroso dei passaggi compiuti da OGM e prodotti
ottenuti a partire da OGM lungo la catena di produzione e distribuzione verrà agevolata grazie alle
prescrizioni in materia di tracciabilità basate sull'obbligo di trasmettere e conservare le informazioni
168
V. art. 24, D.Lgs. n. 224/2003. 169
Nel momento in cui si scrive non si ha la disponibilità della sentenza Cass. pen., Sez. III, n. 38577 e la notizia è stata
estratta da Il Sole24 Ore, 10 ottobre 2003, p. 29.
181 9. Le posizioni della dottrina
più importanti relative a tali prodotti in tutte le fasi della loro immissione in commercio. Questo
sistema di tracciabilità riduce il rischio di discontinuità del flusso di informazioni lungo la catena e
pertanto facilita:
- il ritiro dal mercato di un prodotto, qualora si accerti la presenza di rischi imprevisti per la salute
umana o per l'ambiente;
- il monitoraggio dei potenziali effetti sulla salute umana o sull'ambiente, in funzione dei casi;
- il controllo e la verifica delle diciture apposte sull'etichetta‖170
.
Nell'ambito della procedura di assenso assume particolare significato la disciplina relativa
all'informazione pubblica (vedere Tabella 3) da porsi in correlazione a quella sulla riservatezza171
.
La direttiva 2001/18/CE dedica una specifica disposizione alla ―Consultazione e informazione del
pubblico‖ e stabilisce, salve alcune ipotesi specifiche172
, che ―gli Stati membri consultano il
pubblico e, se opportuno, determinati gruppi in merito all'emissione deliberata proposta. Gli Stati
membri prevedono a tal fine modalità per la consultazione, compreso un periodo di tempo
ragionevole, per dare al pubblico o ai gruppi la possibilità di esprimere un parere‖. Ad eccezione
delle informazioni ―riservate‖, gli Stati membri hanno l'obbligo di rendere ―accessibili al pubblico
informazioni su tutte le emissioni di OGM sul loro territorio‖ per fine diverso dall'immissione in
commercio; viene altresì imposto alla Commissione, che ha il compito di istituire un sistema di
scambio delle informazioni contenute nelle notifiche tra le autorità competenti e la Commissione, di
rendere accessibili al pubblico dette notizie.
Sul punto, va evidenziato che la normativa nazionale sull'iter amministrativo non prevede un
periodo di tempo per dare al pubblico o ai gruppi la possibilità di esprimere un parere.
La Corte di Giustizia (vedere Tabella 4), pronunciandosi su questione pregiudiziale interpretativa
sorta da una controversia originata da una richiesta di informazioni relative ai provvedimenti
amministrativi di controllo dei prodotti derivati da soia e da granturco geneticamente modificati, ha
dichiarato:
―L'art. 2, lett. a), della direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di
accesso all'informazione in materia di ambiente, dev'essere interpretato nel senso che non
costituiscono informazioni relative all'ambiente, ai sensi di tale disposizione, il nome del produttore
e la denominazione dei prodotti alimentari che siano stati oggetto di controlli amministrativi volti a
verificare l'osservanza del regolamento (CE) del Consiglio 26 maggio 1998, n. 1139, concernente
l'obbligo di indicare nell'etichettatura di alcuni prodotti alimentari derivati da organismi
geneticamente modificati caratteristiche diverse da quelle di cui alla direttiva 79/112/CEE, come
modificato dal regolamento (CE) della Commissione 10 gennaio 2000, n. 49, né il numero di
sanzioni amministrative inflitte a seguito di tali controlli, né, infine, i produttori e i prodotti cui le
dette sanzioni si riferiscono‖.
170
V. Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio concernente la tracciabilità e l'etichettatura
degli organismi geneticamente modificati, la tracciabilità di prodotti alimentari e mangimi prodotti a partire da
organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE. 171
V. art. 27, D.Lgs. n. 224/2003. 172
V. artt. 7 e 25, direttiva 2001/18/CE.
182 9. Le posizioni della dottrina
La disciplina de qua prevede anche l'elaborazione di piani di monitoraggio diretti ad individuare gli
effetti degli OGM sulla salute e sull'ambiente e a questo fine stabilisce l'istituzione di un Pubblico
Registro che indichi le localizzazioni degli OGM coltivati; introduce, altresì, specifiche misure per i
piani di controllo, i metodi di bonifica e di trattamento dei rifiuti ed i piani di intervento in caso di
emergenza.
Tabella 3 - Art. 26, D.Lgs. n. 224/2003 Fatto salvo l'articolo 27, l'autorità nazionale competente
mette a disposizione del pubblico, non appena ne entra in possesso, e secondo le modalità indicate
nell'allegato VIII, le relazioni di valutazione di cui agli articoli 17, comma 2, e 20, comma 4,
nonché quelle elaborate dalle autorità competenti degli altri Stati membri e trasmesse dalla
Commissione dell'Unione europea. 2. Per tutti gli OGM sono messi a disposizione del pubblico:
a) una sintesi del fascicolo di cui all'articolo 16, comma 3, lettera i), o la sintesi del fascicolo
trasmesso dalla Commissione europea; b) le relazioni di valutazione di cui al comma 1; c) i pareri
dei comitati scientifici consultati; d) i risultati del monitoraggio di cui all'articolo 22; e) i
provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 5, comma 4; f) i provvedimenti di cui all'articolo 18,
commi 1 e 3, e all'articolo 20, commi 6 e 7, ovvero i documenti equipollenti rilasciati dalle
autorità competenti degli altri Stati membri; g) l'elenco aggiornato annualmente degli organismi
geneticamente modificati di cui all'articolo 14, comma 4; h) ogni nuova informazione disponibile
di cui all'articolo 23; i) i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 25-.
Tabella 4 - Corte di Giustizia, (V Sezione), 12 giugno 2003, causa C-316/01 Corte di Giustizia,
(Quinta Sezione), 12 giugno 2003, Causa C-316/01, Eva Glawischnig contro Bundesminister für
soziale Sicherheit und Generationen, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dall'Unabhängiger Verwaltungssenat Wien
(Austria), domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 2, lett. a), della direttiva del Consiglio 7
giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di
ambiente (G.U. L 158, pag. 56). Dalla motivazione si evince che Il 13 gennaio 2000 la sig.ra
Glawischnig, deputata al Nationalrat (Parlamento federale della Repubblica d'Austria) ha chiesto
al ministro federale allora competente in materia un serie d'informazioni in merito ai
provvedimenti amministrativi di controllo dei prodotti derivati da soia e da granturco
geneticamente modificati. Tale domanda si fondava, da un lato, sull'UIG e, dall'altro,
sull'Auskunftspflichtgesetz (legge sul dovere dell'amministrazione di fornire informazioni, BGBl.
I, 1997/287; in prosieguo: ―l'APG''). 10 Le questioni da essa sollevate erano le seguenti: ―In
applicazione dell'APG e dell'UIG chiedo comunicazione dei dati seguenti, relativi al periodo
compreso tra il 1ø agosto e il 31 dicembre 1999: 1. Nel detto periodo, quanti prodotti contenenti
soia e granturco geneticamente modificati sono stati sottoposti ad un controllo volto ad accertare
la correttezza dell'etichettatura ai sensi del regolamento (CE) n. 1139/98? 2. Con quale frequenza
sono state sollevate contestazioni in merito alla correttezza dell'etichettatura? 3. Di quali prodotti
si trattava? Chiedo che siano resi noti i nomi dei prodotti e dei produttori. 4. Con quale frequenza
sono state irrogate ammende amministrative? A quali produttori e per quali prodotti sono state
irrogate le dette ammende? 5. A quanto ammontavano l'ammenda massima e l'ammenda minima
irrogate per difetto di etichettatura a) nel periodo compreso tra il 1ø agosto 1999 e il 31 dicembre
1999 e b) prima di tale periodo?''. 11 Il cancelliere federale, divenuto competente per l'esecuzione
183 9. Le posizioni della dottrina
del regolamento n. 1139/98, ha risposto alla prima e alla seconda questione ma, con decisione 10
febbraio 2000, ha rifiutato di rispondere alle altre tre questioni, ritenendo che le informazioni ivi
richieste non costituissero dati relativi all'ambiente ai sensi dell'art. 2 dell'UIG. 12 Avverso tale
decisione la sig.ra Glawischnig ha proposto ricorso dinanzi all'Unabhängiger Verwaltungssenat
Wien, affermando che l'immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti organismi
geneticamente modificati (in prosieguo: gli ―OGM‖) o derivati da tali organismi rientra senz'altro
nella nozione di ―attività che comportano o possono comportare pericoli per l'uomo o che recano
o possono recare danno all'ambiente‖ai sensi dell'art. 2, n. 2, dell'UIG. Essa ritiene che il
consumo di questo tipo di prodotti alimentari possa avere ripercussioni sulla salute e
sull'ambiente. 13 L'Unabhängiger Verwaltungssenat Wien ritiene che le informazioni richieste
dalla sig.ra Glawischnig non siano né ―dati relativi all'ambiente‖ai sensi dell'art. 2 dell'UIG né
―informazioni relative all'ambiente‖ai sensi dell'art. 2, lett. a), della direttiva 90/313. Tuttavia, alla
luce dell'interpretazione estensiva che la Corte ha dato di quest'ultima disposizione della sentenza
17 giugno 1998, causa C-321/96, Mecklenburg (Racc. pag. I-3809), tale giudice ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: ―1) Se il
nome del produttore e la denominazione di prodotti alimentari, contro i quali sono state sollevate
contestazioni nell'ambito di un controllo amministrativo volto ad accertare un difetto di
etichettatura ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 26 maggio 1998, n. 1139, concernente
l'obbligo di indicare nell'etichettatura di alcuni prodotti alimentari derivati da organismi
geneticamente modificati caratteristiche diverse da quelle di cui alla direttiva 79/112/CEE,
possano essere considerati ―informazioni relative all'ambiente‖ai sensi dell'art. 2, lett. a), della
direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso
all'informazione in materia di ambiente. 2) Se documenti amministrativi da cui risulta con quale
frequenza sono state irrogate ammende amministrative per violazioni del regolamento (CE) n.
1139/98 possano essere considerati ―informazioni relative all'ambiente‖ai sensi dell'art. 2, lett. a),
della direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso
all'informazione in materia di ambiente. 3) Se documenti amministrativi da cui risulta a quali
produttori e per quali prodotti sono state irrogate ammende amministrative per violazione del
regolamento (CE) n. 1139/98 possano essere considerati ―informazioni relative all'ambiente‖ai
sensi dell'art. 2, lett. a), della direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la
libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente-.
Il sistema sanzionatorio
La disciplina comunitaria si preoccupa di garantire il rispetto delle regole sugli OGM e stabilisce
che ―Per rendere più efficace l'applicazione delle disposizioni adottate in base alla presente direttiva
è opportuno prevedere sanzioni la cui applicazione è demandata agli Stati membri, anche nel caso di
diffusione o di commercializzazione non conformi alle disposizione della presente direttiva, specie
per negligenza‖173
. L'art. 33, che immuta sul piano normativo detti concetti, precisa che ―Le
sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive‖.
Il sistema sanzionatorio di cui al D.Lgs. n. 224/2003 (artt. 34, 35 e 36) riguarda secondo il regime
c.d. del doppio binario, previsioni di natura sia amministrativa che penale, queste ultime tutte punite
con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda.
173
V. "considerando" n. 61 della direttiva 2001/18/CE.
184 9. Le posizioni della dottrina
Per quanto riguarda le misure a tutela dell'immissione sul mercato di OGM come tali o contenuti in
prodotti (Titolo III, D.Lgs. cit.), l'osservanza degli obblighi di notifica e di autorizzazione è tutelata
penalmente mediante la previsione di differenziate ipotesi contravvenzionali (art. 35, commi 1, 2, 3
e 4, D.Lgs. cit.); l'inottemperanza alle prescrizioni stabilite nel provvedimento di assenso o di
rinnovo dell'autorizzazione è sanzionata in via amministrativa (art. 35, comma 5). L'omessa
adozione delle misure necessarie al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente nel caso in cui
siano resi noti nuovi rischi, mentre è in corso l'esame della notifica o dopo l'atto di assenso, è punita
con pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda (art. 35, comma 6); nel caso in cui non vengano
comunicate all'autorità nazionale competente le informazioni predette e le misure adottate è prevista
l'applicazione di una sanzione amministrativa; sempre con pena alternativa è sanzionata
l'inottemperanza ai provvedimenti della P.A. di sospensione o cessazione dell'emissione o che
prescrivono modifiche alle condizioni dell'emissione (art. 35, comma 9).
Viene sanzionata in via amministrativa l'omissione degli obblighi di monitoraggio nonché di
informazione relativi alla localizzazione delle coltivazioni degli OGM o di non conservazione per
dieci anni delle informazioni relative agli OGM coltivati ed alla relativa localizzazione (art. 35,
commi 8 e 10).
Il D.Lgs. n. 224/2003 dedica l'art. 36 alle ―Sanzioni per danni provocati alla salute umana e
all'ambiente, bonifica e ripristino ambientale e risarcimento del danno ambientale‖ prevedendo
all'art. 36, comma 1, una fattispecie contravvenzionale omologa a quella di cui al comma 1, dell'art.
22, D.Lgs. n. 206/2001174
, e segnatamente ―Fatte salve le disposizioni previste negli articoli 34 e 35
e sempre che il fatto non costituisca più grave reato, chi, nell'effettuazione di un'emissione
deliberata nell'ambiente di un OGM ovvero nell'immissione sul mercato di un OGM cagiona
pericolo per la salute pubblica ovvero pericolo di degradazione rilevante e persistente delle risorse
naturali biotiche o abiotiche è punito con l'arresto sino a tre anni o con l'ammenda sino ad euro
51.700‖.
Le successive disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell'art. 36 (Tabella 5) ripropongono senza
apportare alcuna modifica al dato testuale (con l'unica eccezione nel comma 5 dell'ultimo periodo
ove si fa richiamo al D.Lgs. n. 152/1999) la disciplina del danno ambientale e della bonifica dei siti
inquinati di cui all'art. 58, D.Lgs. n. 152/1999.
La fattispecie di cui all'art. 36, comma 2, impone a carico di ―chiunque, con il proprio
comportamento omissivo o commissivo, in violazione delle disposizioni del presente decreto,
provoca un danno alle acque, al suolo, al sottosuolo od alle altre risorse ambientali, ovvero
determina un pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale, è tenuto a procedere a
proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree
inquinate: e degli impianti dai quali è derivato il danno ovvero deriva il pericolo di inquinamento, ai
sensi e secondo il procedimento di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22‖.
L'inosservanza di tale obbligo è sanzionata penalmente dal comma 6, dello stesso articolo, e dal
dato testuale di quest'ultima norma non pare sussistano dubbi in ordine alla configurabilità di tale
illecito come reato omissivo.
Va rilevato, che per quanto riguarda il riferimento al ―pericolo concreto ed attuale di inquinamento
ambientale‖ contenuto nel comma 2, lo stesso pare differenziarsi rispetto alla configurazione del
174
Il D.Lgs. n. 206/2001 riguarda l'"Attuazione della direttiva 98/81/CE che modifica la direttiva 0/219/CE,
concernente l'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati" (G.U. 1° giugno 2001, n. 126, suppl. ord.).
185 9. Le posizioni della dottrina
―pericolo‖ contenuta nel comma 1, in quanto quest'ultimo include anche la probabilità del
verificarsi dell'evento di danno anche futuro e non chiaramente determinato.
La fattispecie de qua configura la condotta causale, ovvero ―il comportamento omissivo o
commissivo di chi in violazione delle disposizioni del presente decreto provoca un danno (ovvero
un pericolo concreto ed attuale di inquinamento), alle acque, al suolo, al sottosuolo e alle altre
risorse ambientali‖ come presupposto del reato originante gli obblighi di bonifica. Tale disposto va
coordinato con il criterio di imputazione della responsabilità di cui all'art. 5, comma 1, che impone
al notificante, in sede di valutazione del rischio, di valutare attentamente caso per caso ―i potenziali
effetti negativi, sia diretti che indiretti sulla salute umana, animale e sull'ambiente, compresi quelli
eventualmente provocati dal trasferimento di un gene dall'OGM ad altri organismi‖.
In carenza di altri specifici parametri di imputazione della responsabilità si farà riferimento ai criteri
generali della responsabilità per colpa elaborati dalla giurisprudenza in materia di tutela della salute
e dell'ambiente, tenuto conto della peculiarità e dei rischi dell'attività posta in essere sotto il profilo
tecnico - scientifico.
Per quanto riguarda i criteri di imputazione della responsabilità penale in capo al proprietario del
sito inquinato, la Cassazione175
evidenzia, relativamente all'omologa ipotesi di cui all'art. 51 bis,
D.Lgs. n. 22/1997, che quest'ultimo non risponde di tale reato nel caso in cui non abbia ―posto in
essere alcuna condotta incidente sul pericolo di inquinamento del sito‖ o sull'inquinamento del sito.
Nell'ipotesi in cui il proprietario non abbia realizzato tale comportamento ―può applicarsi
esclusivamente la responsabilità solidale in sede amministrativa e civile per l'onere reale derivante
dai commi decimo ed undicesimo dell'art. 17, D.Lgs. cit.‖.
In riferimento ai criteri utilizzabili ai fini della valutazione della sussistenza del pericolo concreto e
attuale di inquinamento, la sentenza afferma che ―sarà possibile utilizzare il canone della comune
diligenza tutte le volte in cui sia riscontrabile la conoscenza e conoscibilità di detta possibilità
secondo l'id quod plerumque accidit tramite il ricorso ad attività conoscitive pregresse o ad altri
indizi quali la natura delle produzioni industriali svolte, in quanto, in caso contrario, bisognerà
accertare la presenza di valori di concentrazione prossimi a quelli limite in modo da escludere ogni
dubbio circa la latitudine del precetto, ancorandolo a dati tecnicamente e scientificamente certi.
Infine, nonostante il regolamento di cui al D.M. n. 471/1999 preveda, in conformità all'art. 17,
primo comma, lettera b), D.Lgs. n. 22/1997 e successive modificazioni, tutto un sistema di metodi
di prelevamento e campionamento e di analisi, la violazione di dette procedure comporterà soltanto
l'obbligo di una più puntuale motivazione sull'affidabilità dei risultati così ottenuti, ma non
determinerà alcuna nullità da escludersi per il principio di tassatività e neppure l'impossibilità di
ritenere dimostrati i presupposti del reato costituenti l'inquinamento ovvero il pericolo concreto ed
attuale di inquinamento oppure l'insussistenza di un obbligo di bonifica secondo le cadenze
procedimentalizzate dall'art. 17, secondo comma, D.Lgs. cit.‖
175
Cfr. Cass., Sez. III, 7 giugno 2000 (28 aprile 2000), ric. Pizzuti, in questa Rivista 2000, n. 11, p. 1041, con nota di L.
Prati, Il reato di omessa bonifica: primi rilievi della Cassazione; v. amplius in tema, per tutti, F. Giampietro (a cura di),
La bonifica dei siti contaminati, Milano, 2001.
186 9. Le posizioni della dottrina
Tabella 5 - D.Lgs. n. 224/2003, art. 36, commi 3, 4, 5 e 6 3. Ai sensi dell'articolo 18 della legge 8
luglio 1986, n. 349, è fatto salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno non eliminabile con
la bonifica ed il ripristino ambientale di cui al comma 2. 4. Nel caso in cui non sia possibile una
precisa quantificazione del danno di cui al comma 3, lo stesso si presume, salvo prova contraria, di
ammontare non inferiore alla somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa
ovvero alla sanzione penale, in concreto applicata. Nel caso in cui sia stata irrogata una pena
detentiva, solo al fine della quantificazione del danno di cui al presente comma, il ragguaglio fra la
stessa e la pena pecuniaria ha luogo calcolando duecentosei euro per un giorno di pena detentiva. 5.
In caso di condanna penale o di emanazione del provvedimento di cui all'articolo 444 del codice di
procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato il provvedimento trasmette copia dello
stesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Gli enti di cui al comma 1 dell'articolo
56 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, come modificato dall'articolo 22 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 258, danno prontamente notizia dell'avvenuta erogazione delle
sanzioni amministrative al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al fine del recupero
del danno ambientale. 6. Chiunque non ottempera alle prescrizioni di cui al comma 2 è punito con
l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da euro 2.600 ad euro 25.900-.
187 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Cons. Stato Sez. VI Sent., 19 gennaio 2010, n. 183
La mancata adozione dei piani regionali di coesistenza non può costituire ostacolo al rilascio delle
autorizzazioni alla coltivazione di OGM
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'Azienda agricola odierna appellante chiedeva al Ministero delle politiche agricole, alimentari e
forestali l'autorizzazione alla messa in coltura di varietà di mais geneticamente modificate iscritte
nel catalogo comune europeo.
Stante l'inerzia dell'Amministrazione, l'Azienda con nota del 10 marzo 2007 notificava atto di
diffida e messa in mora.
Con la nota 18 aprile 2007 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in persona del
capo del dipartimento delle politiche di sviluppo, ha comunicato di ―non poter procedere
all'istruttoria della richiesta di autorizzazione nelle more dell'adozione, da parte delle regioni, delle
norme idonee a garantire la coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e transgeniche (piani
regionali), come previsto anche dalla circolare MiPAAF del 31/03/2006‖.
2. Con il ricorso di primo grado è stata impugnata detta nota, nonché tutti gli atti prodromici ivi
compresa la circolare ministeriale del 31 marzo 2006.
Si lamentava:
1) illegittimità del provvedimento di diniego e a monte della disciplina legislativa nazionale, nella
parte in cui subordina ad autorizzazione l'utilizzo di sementi geneticamente modificate che sono già
state autorizzate a livello comunitario e iscritte nel catalogo comune;
2) illegittimità del provvedimento e della disciplina legislativa nazionale, nella parte in cui estende
agli aspetti sanitari e ambientali le valutazioni relative all'autorizzazione all'immissione in
commercio di sementi geneticamente modificate, che attengono alla materia della coesistenza;
3) violazione del diritto comunitario sotto il profilo che vi sarebbe nell'ordinamento italiano un
divieto di utilizzo di OGM assunto in violazione degli obblighi comunitari, non essendo stato
previamente notificato alla Commissione CE;
4) illegittimità del diniego di autorizzazione nella parte in cui si subordina il rilascio
dell'autorizzazione alla previa adozione dei piani regionali di coesistenza; solo poche Regioni hanno
avviato l'iter di approvazione delle norme di attuazione del principio di coesistenza, restando le altre
inerti; alcune leggi regionali reiterano divieti assoluti di impiego di OGM in agricoltura in contrasto
con il diritto comunitario; tali leggi mal interpretano il principio di coesistenza che atterrebbe ad
aspetti economici e non a quelli sociosanitari.
188 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Il ricorso di primo grado si conclude con la richiesta di annullamento dell'atto impugnato e di
risarcimento del danno per non aver potuto coltivare sementi geneticamente modificate nell'anno
2007.
3. Il Tar adito (Tar Lazio - Roma, sez. IIter), con la sentenza 7 aprile 2008 n. 2893 ha dichiarato il
ricorso inammissibile per mancata notificazione ad almeno un controinteressato, dovendosi
intendere per tali le Regioni a cui si imputa di non aver adottato i piani di coesistenza.
4. Ha proposto appello l'originaria ricorrente, osservando che le Regioni non possono essere
considerate controinteressate, perché non si può ipotizzare che una pubblica Amministrazione abbia
un legittimo interesse alla mancata attuazione di norme comunitarie. Inoltre il procedimento
autorizzatorio è di esclusiva competenza statale, in quanto il principio di coesistenza attiene ad
aspetti esclusivamente commerciali.
Nel merito, vengono riproposte le censure di cui al ricorso di primo grado.
5. Il Consiglio di Stato, con ordinanza 18 novembre 2008 n. 6132, ha chiesto chiarimenti al
Ministero, forniti con nota depositata il 2 gennaio 2009.
6. Il mezzo di appello con cui si contesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo
grado è fondato.
Il procedimento autorizzatorio è di esclusiva competenza statale, e le Regioni non intervengono in
esso né come amministrazioni competenti, né come destinatarie di comunicazioni o informative.
Le Regioni non possono pertanto essere considerate né nella veste di amministrazioni resistenti né
nella veste di controinteressati.
Né si possono qualificare le Regioni come controinteressate in base all'assunto che avrebbero
interesse al mancato rilascio delle autorizzazioni alla coltivazione di OGM nelle more dell'adozione
dei piani di coesistenza, perché si tratterebbe di un interesse illegittimo, in contrasto con le direttive
comunitarie in materia, e dunque di un interesse di mero fatto che non le fa assurgere al rango di
controinteressati.
7. Occorre pertanto passare all'esame nel merito del ricorso di primo grado.
Giova in diritto considerare che la direttiva 2001/18/CE costituisce il testo normativo fondamentale,
in punto sia di ―immissione in commercio‖ di OGM (tale essendo, ai sensi dell'art. 2, comma 1,
numero 2, di detta direttiva ―un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è
stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l'accoppiamento e/o la
ricombinazione genetica naturale‖), sia di ―emissione deliberata‖ di OGM nell'ambiente.
Tali nozioni, benché distinte e fondate su separate previsioni normative sono nel loro insieme
sufficientemente ampie per ricomprendervi ogni fase dell'impiego di OGM in agricoltura, una volta
superate le complesse fasi di autorizzazione previste dalla medesima direttiva: tali procedure
comportano una penetrante valutazione, caso per caso, degli eventuali rischi per l'ambiente e la
salute umana, connessi all'immissione in commercio, ovvero anche all'emissione di ciascun OGM ai
fini dell'uso agricolo.
189 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Le originarie disposizioni in tema di coltivazione degli OGM sono state specificate dalla decisione
della Commissione n. 2002/623/CE del 24 luglio 2002 (recante note orientative ad integrazione
dell'Allegato II della direttiva 2001/18/CE) che ha ulteriormente arricchito i criteri cui attenersi per
la valutazione del rischio ambientale, anche con particolare ed espresso riferimento alle ―pratiche
agricole‖.
Sulla base di tali presupposti, il regolamento n. 1829/2003 del 22 settembre 2003 (Regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli alimenti ed ai mangimi geneticamente modificati),
disciplinando con analoghe forme di tutela il regime degli alimenti geneticamente modificati, ha
chiarito (art. 7, comma 5) che ―l'autorizzazione concessa secondo la procedura (...) è valida in tutta
la Comunità‖, ed ha introdotto nel corpo della direttiva 2001/18/CE l'art. 26 bis, secondo il quale
―gli Stati membri possono adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di
OGM in altri prodotti‖. Questa stessa disposizione si riferisce espressamente anche alla
―coesistenza tra culture transgeniche, convenzionali ed organiche‖.
Con ciò si viene a completare il quadro di tutela approntato dalla normativa comunitaria in tema di
OGM a presidio dell'ambiente e della salute.
Su un piano connesso, ma distinto, la raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003
(Raccomandazione della Commissione recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e
migliori pratiche per garantire la coesistenza tra culture transgeniche, convenzionali e biologiche)
disciplina in modo espresso ed analitico la coesistenza tra culture transgeniche, convenzionali e
biologiche nell'ambito della produzione agricola, ponendo inoltre come sua esplicita premessa il
principio che ―nell'Unione europea non deve essere esclusa alcuna forma di agricoltura,
convenzionale, biologica e che si avvale di OGM‖ (primo ―considerando‖).
Tale raccomandazione, muovendo dalla premessa secondo cui ―gli aspetti ambientali e sanitari‖
connessi alla coltivazione di OGM sono affrontati e risolti esaustivamente alla luce del regime
autorizzatorio disciplinato dalla direttiva 2001/18/CE, circoscrive espressamente il proprio campo
applicativo ai soli ―aspetti economici connessi alla commistione tra culture transgeniche e non
transgeniche‖, in relazione alle ―implicazioni‖ che l'impiego di OGM può comportare sulla
―organizzazione della produzione agricola‖ (introduzione, paragrafo 1.1).
Si tratta di ―orientamenti, sotto forma di raccomandazioni non vincolanti rivolte agli Stati membri‖,
il cui campo di applicazione si estende dalla produzione agricola a livello dell'azienda al primo
punto di vendita, ossia ―dal seme al silo‖ (punto 1.5).
Il fatto che l'impiego di OGM autorizzati in agricoltura sia garantito dalla normativa comunitaria ha
trovato ulteriore conferma nella decisione 2003/653/CE della Commissione europea del 2 settembre
2003 (relativa alle disposizioni nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente
modificati nell'Austria superiore, notificate dalla Repubblica d'Austria a norma dell'art. 95, par. 5,
del Trattato CE), con cui, ai sensi dell'art. 95 del Trattato, è stato respinto un progetto di legge del
Land dell'Austria superiore, inteso a vietare in via generale sul proprio territorio l'utilizzo di OGM,
al fine di proteggere i sistemi di produzione agricola tradizionali. In questa decisione si è affermato
che, in presenza delle disposizioni comunitarie in materia miranti a ―ravvicinare la legislazione
degli Stati membri‖, questi ultimi non possono impedire la coltivazione delle sementi OGM
autorizzate, ma semmai eventualmente utilizzare la apposita ―clausola di salvaguardia‖ di cui all'art.
23 della medesima direttiva, peraltro sempre in riferimento all'impiego di singoli OGM.
190 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Per ciò che riguarda la normativa italiana in questa materia, il decreto legislativo 8 luglio 2003 n.
224, recependo la direttiva 2001/18/CE, pone un'analitica e complessa disciplina di tutela allo
specifico fine di ―proteggere la salute umana, animale e l'ambiente relativamente alle attività di
rilascio di organismi geneticamente modificati‖ (art. 1, co. 1).
In tale contesto è stato approvato il d.l. n. 279/2004, conv. in l. n. 5/2005, testo normativo che
esplicitamente si dichiara attuativo della raccomandazione 2003/556/CE, al fine di disciplinare il
―quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, e quelle convenzionali e
biologiche‖ ed esclude, invece, dalla propria area di competenza le colture per fini di ricerca e
sperimentazione autorizzate ai sensi del d.m. 19 gennaio 2005.
Tale decreto legge, come convertito, con modificazioni, dalla legge n.5/2005, detta una disciplina
volta ad assicurare la ―coesistenza‖ tra colture ―transgeniche‖ (art. 1, comma 1: ―escluse quelle per
fini di ricerca e sperimentazione, autorizzate ai sensi del decreto del ministro delle politiche agricole
e forestali adottato, d'intesa con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, in base all'art.
8, co. 6, d.lgs. 8 luglio 2003 n. 224‖), ―biologiche‖ (che, ai sensi dell'art. 1, comma 2, lett. b,
―adottano metodi di produzione di cui al regolamento (Cee) n. 2092/91 del consiglio, del 24 giugno
1991‖) e ―convenzionali‖ (―che non rientrano in quelle definite alle lett. a e b‖). Siffatte colture,
infatti, devono essere ―praticate senza che l'esercizio di una di esse possa compromettere lo
svolgimento delle altre‖ (art. 2, comma 1). Ciò al fine di tutelare le peculiarità e le specificità
produttive ed evitare ogni forma di commistione tra le sementi transgeniche e quelle convenzionali
e biologiche (art. 2, comma 2). In particolare, l'introduzione di colture transgeniche (che, ex art. 1,
comma 2, lett. a, ―fanno uso di organismi geneticamente modificati, secondo la definizione di cui
all'art. 3, d.lgs. 8 luglio 2003 n. 224‖) deve avvenire ―senza alcun pregiudizio per le attività agricole
preesistenti e senza comportare per esse l'obbligo di modificare o adeguare le normali tecniche di
coltivazione e allevamento‖ (art. 2, comma 2 bis).
L'intervento del legislatore italiano fa seguito alla raccomandazione della Commissione europea del
23 luglio 2003 2003/556, nella quale vengono formulati gli orientamenti (non vincolanti)
concernenti gli aspetti più strettamente economici della coesistenza. Secondo la Commissione, ―gli
agricoltori dovrebbero poter scegliere liberamente quale tipo di coltura praticare, convenzionale,
transgenica o biologica e nessuna di queste forme di agricoltura dovrebbe essere esclusa nell'Unione
europea. (...) La coesistenza si riferisce alla possibilità per i conduttori agricoli di praticare una
scelta tra colture geneticamente modificate, produzione convenzionale e biologica, nel rispetto degli
obblighi regolamentari in materia di etichettatura o di standard di purezza‖ (all. raccomandazione
2003/556 Ce, par. 1.1).
Il d.l. n. 279/2004 è stato espressamente adottato ―in attuazione della raccomandazione della
Commissione 2003/556/CE del 23 luglio 2003‖ (art. 1), atto comunitario che disciplina
―(l')organizzazione della produzione agricola‖ per gli aspetti ―economici‖ conseguenti all'utilizzo in
agricoltura di OGM ed, invece, estraneo a profili ―ambientali e sanitari‖. Si tratta di un atto
comunitario che si inserisce in un preesistente quadro normativo vincolante, relativo alla
prevenzione di potenziali pregiudizi per l'ambiente e la salute umana legati all'impiego di OGM.
Inoltre, nel formulare tale raccomandazione, la Commissione europea muove dal presupposto,
ormai non più controverso nel diritto comunitario, costituito dalla facoltà di impiego di OGM in
agricoltura, purché autorizzati (Corte cost. n. 116/2006).
Per la parte, quindi, che si riferisce al principio di coesistenza e che implicitamente ribadisce la
liceità dell'utilizzazione in agricoltura degli OGM autorizzati a livello comunitario, il legislatore
191 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
statale con l'adozione del citato d.l. ha esercitato la competenza legislativa esclusiva dello Stato in
tema di tutela dell'ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, della Costituzione), nonché quella
concorrente in tema di tutela della salute (art. 117, terzo comma, della Costituzione), con ciò anche
determinando l'abrogazione per incompatibilità dei divieti e delle limitazioni in tema di coltivazione
di OGM che erano contenuti in alcune legislazioni regionali.
Infatti, la formulazione e specificazione del principio di coesistenza tra colture transgeniche,
biologiche e convenzionali, rappresenta il punto di sintesi fra i divergenti interessi, di rilievo
costituzionale, costituiti da un lato dalla libertà di iniziativa economica dell'imprenditore agricolo e
dall'altro lato dall‘esigenza che tale libertà non sia esercitata in contrasto con l'utilità sociale, ed in
particolare recando danni sproporzionati all'ambiente e alla salute.
Con la sentenza della Corte costituzionale n. 116/2006 è stata dichiarata l'incostituzionalità degli
artt. 3, 4, 5, commi 3 e 4, 6, commi 1 e 2, 7 e 8, del citato d.l., in quanto ritenuti irrispettosi della
competenza legislativa regionale in materia di agricoltura, atteso che disciplinavano l'adozione da
parte delle Regioni di piani di coesistenza, anziché lasciare alle Regioni la competenza a
disciplinare con proprie leggi tali piani. Più in particolare, ad avviso della Consulta, spetta alle
Regioni disciplinare la produzione agricola in presenza anche di colture transgeniche, e
segnatamente ―le modalità di applicazione del principio di coesistenza nei diversi territori regionali,
notoriamente molto differenziati dal punto di vista morfologico e produttivo‖ (C. cost. n. 116/2006).
Giova sottolineare che la declaratoria di incostituzionalità ha riguardato anche l'art. 8 del citato d.l.,
che in via transitoria vietava le coltivazioni transgeniche a fini commerciali nelle more
dell'adozione dei piani di coesistenza.
8. Ciò premesso in diritto, in punto di fatto si deve osservare che dalle stesse deduzioni depositate
dall'Amministrazione emerge che non è contestato che le varietà di mais geneticamente modificate
per le quali è stata richiesta l'autorizzazione alla messa a coltura sono già iscritte nel catalogo
comune europeo, e dunque non vi sono ostacoli di carattere sanitario o ambientale che ai sensi
dell'art. 23, direttiva 18/2001, giustifichino un intervento precauzionale dello Stato membro in
termini di divieto o di limitazione della coltivazione.
Non è dunque contestato che la richiesta di autorizzazione è in astratto accoglibile.
Sotto tale profilo, non possono trovare accoglimento le censure secondo cui si sarebbe introdotta
una deroga ai sensi dell'art. 23, direttiva 18/2001, come tale necessitante di notifica agli organi
comunitari.
9. Invece, da parte appellata viene opposto l'ostacolo della mancata adozione dei piani regionali di
coesistenza.
La questione di diritto è dunque se la mancata adozione di tali piani possa costituire ostacolo al
rilascio dell'autorizzazione.
Considerati i profili prettamente economici che devono essere regolamentati dai piani di
coesistenza, e considerato che a tali piani sono estranei i profili ambientali e sanitari, e il principio
comunitario della coltivabilità degli OGM se autorizzati, il rilascio dell'autorizzazione alla
coltivazione non può essere condizionato alla previa adozione dei piani di coesistenza.
192 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Pertanto, non si può ritenere che in attesa dei c.d. piani di coesistenza regionali, venga meno
l'obbligo di istruzione e conclusione dei procedimenti autorizzatori disciplinati, con disposizioni
specifiche non toccate, neppure indirettamente, dalla declaratoria di incostituzionalità, da fonti
legislative (e regolamentari) diverse dal d.l. n. 279/2004. Tanto più che, per stessa affermazione
della Consulta, non è più discutibile il principio comunitario, ormai recepito nell'ordinamento
nazionale, ―costituito dalla facoltà di impiego di OGM in agricoltura, purché autorizzati‖. Ne
discende, con tutta evidenza, che il blocco generalizzato dei procedimenti di autorizzazione in attesa
dei c.d. piani di coesistenza regionali, esporrebbe lo Stato italiano a responsabilità sul piano
comunitario, rendendo di fatto inapplicabile nell'ordinamento nazionale quello che è un principio
imposto dal diritto comunitario.
A ciò può essere aggiunto che anche il richiamo al principio di precauzione, a sostegno
dell'impossibilità per l'Amministrazione di istruire e concludere i procedimenti autorizzativi, si
palesa nella specie inconferente, non avendo l'Amministrazione indicato specifici studi scientifici ai
quali potrebbe essere eventualmente ricondotto un rischio per la salute umana, o altri beni o diritti
fondamentali, derivante dalla conclusione positiva dei medesimi procedimenti.
10. Per quanto esposto, l'appello va accolto e per l'effetto vanno annullati gli atti impugnati e va
dichiarato l'obbligo dell'Amministrazione di provvedere sull'istanza di autorizzazione, entro un
termine di novanta giorni decorrente dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della
sentenza. Resta fermo il potere dell'Amministrazione statale di avviare i procedimenti sostitutivi che
l'ordinamento appresta per il caso di inerzia delle Regioni nel dare attuazione a obblighi comunitari.
11. Va invece respinta, per difetto di prova, che era onere di parte appellante fornire, la domanda di
risarcimento del danno.
12. La novità e complessità delle questioni giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul
ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto:
a) annulla i provvedimenti impugnati;
b) ordina all'Amministrazione di concludere il procedimento autorizzatorio nei sensi e termini di cui
in motivazione;
c) respinge la domanda di risarcimento del danno.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2009 con l'intervento dei
Signori:
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Roberto Garofoli, Consigliere
193 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Manfredo Atzeni, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Corte giustizia comunitàEuropee Sez. III, 13 settembre 2007, n. 439
Applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 95, n. 5, del Trattato Ce nel caso di impatto
sull’ambiente o sulla salute umana di colture o animali geneticamente modificati
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1 Con i presenti ricorsi, il Land Oberösterreich e la Repubblica d‘Austria chiedono l‘annullamento
della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 5 ottobre 2005, cause riunite T-
366/03 e T-235/04, Land Oberösterreich e Repubblica d‘Austria/Commissione (Racc. pag. II-4005;
in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui sono stati respinti i loro ricorsi diretti
all‘annullamento della decisione della Commissione 2 settembre 2003, 2003/653/CE, relativa alle
disposizioni nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente modificati nell‘Austria
Superiore, notificate dalla Repubblica d‘Austria a norma dell‘articolo 95, paragrafo 5, del Trattato
CE (GU L 230, pag. 34; in prosieguo: la «decisione controversa»).
Il contesto normativo
2 Il trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, ha modificato sostanzialmente l‘art.
100 A del Trattato CE attribuendogli la nuova numerazione di art. 95 CE. L‘art. 95, nn. 4-6, così
recita:
«4. Allorché, dopo l‘adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di
armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario mantenere disposizioni nazionali giustificate
da esigenze importanti di cui all‘articolo 30 o relative alla protezione dell‘ambiente o dell‘ambiente
di lavoro, esso notifica tali disposizioni alla Commissione precisando i motivi del mantenimento
delle stesse.
5. Inoltre, fatto salvo il paragrafo 4, allorché, dopo l‘adozione da parte del Consiglio o della
Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario introdurre
disposizioni nazionali fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell‘ambiente o
dell‘ambiente di lavoro, giustificate da un problema specifico a detto Stato membro insorto dopo
l‘adozione della misura di armonizzazione, esso notifica le disposizioni previste alla Commissione
precisando i motivi dell‘introduzione delle stesse.
6. La Commissione, entro sei mesi dalle notifiche di cui ai paragrafi 4 e 5, approva o respinge le
disposizioni nazionali in questione dopo aver verificato se esse costituiscano o no uno strumento di
discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio tra gli Stati membri e se
rappresentino o no un ostacolo al funzionamento del mercato interno.
In mancanza di decisione della Commissione entro detto periodo, le disposizioni nazionali di cui ai
paragrafi 4 e 5 sono considerate approvate.
194 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Se giustificato dalla complessità della questione e in assenza di pericolo per la salute umana, la
Commissione può notificare allo Stato membro interessato che il periodo di cui al presente
paragrafo può essere prolungato per un ulteriore periodo di massimo sei mesi».
3 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/18/CE, sull‘emissione
deliberata nell‘ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva
90/220/CEE (GU L 106, pag. 1), è stata emanata sulla base dell‘art. 95 CE. Essa mira, a termini del
suo art. 1, al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli
Stati membri e alla tutela della salute umana e dell‘ambiente, da un lato, quando vengono
deliberatamente emessi nell‘ambiente organismi geneticamente modificati (in prosieguo: gli
«OGM») a scopo diverso dall‘immissione in commercio all‘interno della Comunità europea e,
dall‘altro, quando vengono immessi in commercio all‘interno della Comunità OGM come tali o
contenuti in prodotti.
4 La detta direttiva istituisce un regime di notificazioni e di autorizzazioni, precedute, a termini
dell‘art. 4, n. 3, della medesima, da una valutazione, caso per caso, dei potenziali effetti negativi, sia
diretti che indiretti, sulla salute umana e sull‘ambiente, eventualmente provocati dal trasferimento di
un gene dall‘OGM ad un altro organismo.
5 Le autorizzazioni concesse, anteriormente al 17 ottobre 2002, sulla base della direttiva del
Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CE, sull‘emissione deliberata nell‘ambiente di organismi
geneticamente modificati (GU L 117, pag. 15), ai fini dell‘immissione in commercio di OGM come
tali o contenuti in prodotti possono essere rinnovate, prima del 17 ottobre 2006, in base alla
procedura semplificata di cui all‘art. 17, nn. 2-9, della direttiva 2001/18.
Fatti
6 Il 13 marzo 2003 la Repubblica d‘Austria notificava alla Commissione un progetto di legge del
2002 del Land Oberösterreich sul divieto di utilizzo delle tecniche di ingegneria genetica
(Oberösterreichisches Gentechnik-Verbotsgesetz; in prosieguo: la «misura notificata»). Tale
progetto di legge mirava a vietare la coltivazione di sementi e di materiale di propagazione
contenenti OGM o costituiti da essi nonché la riproduzione e l‘emissione nell‘ambiente di animali
transgenici a fini di caccia o pesca. La notifica era volta alla concessione di una deroga ex art. 95, n.
5, CE alle disposizioni della direttiva 2001/18. Essa si fondava su una relazione intitolata «GVO-
freie Bewirtschaftungsgebiete: Konzeption und Analyse von Szenarien und Umsetzungsschritten»
(Zone agricole esenti da OGM: concezione e analisi degli scenari e delle fasi di realizzazione),
redatta dal sig. W. Müller (in prosieguo: la «relazione Müller»).
7 L‘autorità europea per la sicurezza alimentare (in prosieguo: l‘«EFSA»), cui la Commissione
aveva chiesto di esaminare il carattere probatorio degli elementi scientifici prodotti dalla
Repubblica d‘Austria, emanava in data 4 luglio 2003 un parere nel quale giungeva alla conclusione,
sostanzialmente, che tali elementi non racchiudevano alcuna nuova prova scientifica idonea a
giustificare il divieto di OGM nel Land Oberösterreich.
8 Ciò premesso, la Commissione emanava la decisione controversa, ai sensi della quale la
Repubblica d‘Austria non ha fornito nuove prove scientifiche né ha dimostrato che, nel Land
Oberösterreich, si fosse posto un problema specifico, sorto successivamente all‘adozione della
direttiva 2001/18, che rendesse necessaria l‘introduzione della misura notificata. Ritenendo non
soddisfatti i requisiti prescritti dall‘art. 95, n. 5, CE, la Commissione respingeva la domanda di
deroga presentata dalla Repubblica d‘Austria.
195 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata
9 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 novembre 2003, il Land
Oberösterreich proponeva ricorso diretto all‘annullamento della decisione controversa. Tale ricorso
veniva registrato con il numero di ruolo T-366/03.
10 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 13 novembre seguente, la
Repubblica d‘Austria proponeva ricorso parimenti diretto all‘annullamento della decisione
controversa. Tale ricorso veniva registrato con il numero di ruolo C-492/03.
11 Con ordinanza della Corte 8 giugno 2004, la causa C-492/03 veniva rinviata dinanzi al
Tribunale, presso il quale veniva registrata con il numero di ruolo T-235/04.
12 Con decisione del presidente della Quarta Sezione del Tribunale 22 febbraio 2005, sentite le
parti, le cause T-366/03 e T-235/04 venivano riunite ai fini della fase orale e della sentenza,
conformemente all‘art. 50 del regolamento di procedura del Tribunale.
13 Con la sentenza impugnata il Tribunale ha, in primo luogo, considerato ricevibile il ricorso
proposto dal Land Oberösterreich, ritenendo che il detto Land fosse individualmente interessato
dalla decisione controversa, atteso che questa pregiudicava un atto che promanava dal Land stesso,
impedendo al medesimo di esercitare a sua discrezione le competenze proprie attribuitegli
dall‘ordinamento costituzionale austriaco. Il Tribunale affermava parimenti che il Land
Oberösterreich era direttamente interessato dalla decisione controversa, sulla base del rilievo che,
sebbene la decisione stessa fosse stata indirizzata alla Repubblica d‘Austria, lo Stato membro
medesimo non aveva esercitato alcun potere discrezionale al momento della sua comunicazione al
Land medesimo.
14 In secondo luogo, il Tribunale respingeva i quattro motivi dedotti dai ricorrenti sulla base del
seguente ragionamento.
15 Quanto al primo motivo, relativo alla violazione del principio del contraddittorio, il Tribunale ha
ritenuto, segnatamente, che il ragionamento accolto dalla Corte nella sentenza 20 marzo 2003, causa
C-3/00, Danimarca/Commissione (Racc. pag. I-2643), per giustificare la mancata applicazione del
principio del contraddittorio alla procedura prevista dall‘art. 95, n. 4, CE, potesse essere trasposto
alla procedura di cui al n. 5 del medesimo articolo. Il Tribunale ha affermato che quest‘ultima
procedura è parimenti applicabile alla domanda di uno Stato membro diretta all‘approvazione di
disposizioni nazionali di deroga a una misura di armonizzazione adottata a livello comunitario. Il
Tribunale ha aggiunto che le due procedure previste all‘art. 95, nn. 4 e 5, CE vengono avviate dallo
Stato membro notificante, che ha libertà di esprimersi sulla decisione di cui richieda l‘adozione, e
che le procedure medesime devono essere concluse rapidamente, nell‘interesse sia dello Stato
membro notificante sia del buon funzionamento del mercato interno.
16 Ai punti 41-44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato quanto segue:
«41 Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il fatto che la procedura di cui all‘art. 95, n. 5,
CE riguardi misure nazionali ancora allo stadio di progetto non consente di differenziarla dalla
procedura prevista dal n. 4 dello stesso articolo al punto di considerare ad essa applicabile il
principio del contraddittorio. Al riguardo, i ricorrenti non possono validamente sostenere che le
esigenze imperative di celerità sarebbero minori nel caso di esame di una misura nazionale non
196 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
ancora entrata in vigore, dimodoché la Commissione possa agevolmente prorogare il termine di sei
mesi previsto dall‘art. 95, n. 6, CE al fine di procedere ad un contraddittorio.
42 Innanzi tutto, tale argomento contrasta con la lettera dell‘art. 95, n. 6, CE. Da un lato, questo si
applica indistintamente alle domande di deroga relative a misure nazionali vigenti, previste dall‘art.
95, n. 4, CE, e alle domande relative a misure allo stadio di progetto, alle quali si applica l‘art. 95, n.
5, CE. Dall‘altro, la facoltà di prorogare il termine semestrale per la decisione previsto dal n. 3 di
tale disposizione può essere esercitata dalla Commissione solo se richiesto dalla complessità della
questione sottoposta e in assenza di pericolo per la salute umana. Risulta quindi che l‘art. 95, n. 6,
terzo comma, CE non consente alla Commissione di prorogare il termine semestrale per la
decisione al solo scopo di poter sentire lo Stato membro che l‘ha investita di una domanda di deroga
ai sensi dell‘art. 95, n. 5, CE.
43 In secondo luogo, l‘argomento dei ricorrenti non è conforme alla ratio dell‘art. 95, n. 5, CE. La
circostanza che tale disposizione riguardi una misura nazionale non ancora in vigore non diminuisce
l‘interesse a che la Commissione statuisca rapidamente sulla domanda di deroga di cui è stata
investita. Infatti, la rapida conclusione di tale procedimento è stata voluta dagli autori del Trattato al
fine di tutelare l‘interesse dello Stato membro richiedente all‘individuazione delle norme ad esso
applicabili nonché nell‘interesse del buon funzionamento del mercato interno.
44 Relativamente a quest‘ultimo punto, occorre sottolineare che, per evitare di pregiudicare il
carattere vincolante e l‘applicazione uniforme del diritto comunitario, le procedure di cui all‘art. 95,
nn. 4 e 5, CE sono entrambe intese a garantire che nessuno Stato membro applichi una normativa
nazionale che deroga alle regole armonizzate senza avere ottenuto la previa autorizzazione della
Commissione. Ora, da tale punto di vista, il regime applicabile alle misure nazionali notificate ai
sensi dell‘art. 95, n. 4, CE non si differenzia significativamente da quello applicabile alle misure
nazionali ancora allo stadio di progetto e notificate ai sensi dell‘art. 95, n. 5, CE. In entrambe le
procedure, infatti, le misure in questione sono inapplicabili fintantoché la Commissione non ha
adottato la sua decisione relativamente alla concessione di una deroga. Nell‘ambito dell‘art. 95, n.
5, CE, tale situazione deriva dalla natura stessa delle misure di cui trattasi, ancora allo stadio di
progetto. Per quanto riguarda l‘art. 95, n. 4, CE, tale situazione deriva dall‘oggetto della procedura
da esso prevista. Infatti, la Corte ha ricordato che le misure relative al ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri finalizzate
all‘instaurazione e al funzionamento del mercato interno verrebbero rese inoperanti se gli Stati
membri conservassero la facoltà di applicare unilateralmente una disciplina nazionale derogatoria.
Pertanto, uno Stato membro è autorizzato ad applicare le disposizioni nazionali notificate ai sensi
dell‘art. 95, n. 4, CE solo dopo aver ottenuto una decisione di approvazione da parte della
Commissione (v., per analogia con la procedura di cui all‘art. 100 A, n. 4, del Trattato CE, sentenze
della Corte 17 maggio 1994, causa C-41/93, Francia/Commissione, Racc. pag. I-1829, punti 29 e
30, e 1° giugno 1999, causa C-319/97, Kortas, Racc. pag. I-3143, punto 28)».
17 Per quanto attiene al secondo motivo, relativo alla violazione dell‘obbligo di motivazione, il
Tribunale ha rilevato, in particolare, che la Commissione aveva sviluppato il proprio ragionamento
in maniera particolareggiata e circostanziata, consentendo al destinatario della decisione
controversa di prendere conoscenza della sua motivazione in fatto e in diritto e al Tribunale di
esercitare il suo sindacato di legittimità.
18 A tal riguardo, al punto 56 della sentenza impugnata, il Tribunale ha aggiunto quanto segue:
197 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
«56 Infatti, la Commissione si è fondata su tre elementi principali per respingere la domanda della
Repubblica d‘Austria. Innanzi tutto, essa ha dichiarato che tale Stato membro non aveva dimostrato
che la misura notificata era giustificata alla luce di nuove prove scientifiche inerenti alla protezione
dell‘ambiente (‗considerandò63-68 della decisione [controversa]). Inoltre, la Commissione ha
ritenuto che la misura notificata non fosse giustificata da un problema specifico alla Repubblica
d‘Austria (‗considerandò70 e 71 della decisione [controversa]. Infine, la Commissione ha respinto
le argomentazioni delle autorità austriache dirette a giustificare le misure nazionali tramite il ricorso
al principio di precauzione, ritenendole troppo generiche e prive di consistenza (‗considerandò72 e
73 della decisione [controversa])».
19 Per quanto attiene al terzo motivo, relativo alla violazione dell‘art. 95, n. 5, CE, ai punti 65-67
della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato quanto segue:
«65 Nella decisione [controversa], la Commissione ha respinto gli argomenti addotti dalla
Repubblica d‘Austria diretti a provare l‘esistenza di un problema specifico, ai sensi dell‘art. 95, n.
5, CE, in quanto dalla notifica emergeva chiaramente che le piccole dimensioni delle aziende
agricole, lungi dall‘essere specifiche al Land Oberösterreich, erano una caratteristica comune,
presente in tutti gli Stati membri. La Commissione ha anche fatto proprie le conclusioni dell‘AESA,
in particolare quelle secondo cui, da un lato, ―le prove scientifiche presentate non contengono
informazioni scientifiche nuove o di carattere specificamente locale riguardanti l‘impatto
sull‘ambiente o sulla salute umana di colture o animali geneticamente modificati già esistenti o che
potranno esistere in futuro‖, e, dall‘altro, non sono state fornite ―prove scientifiche che dimostrino
che questa zona dell‘Austria [presentasse] ecosistemi particolari o eccezionali, tali da richiedere
un‘apposita valutazione dei rischi, distinta da quella effettuata per l‘Austria nel suo insieme o per
altre analoghe regioni europee‖ (‗considerandò70 e 71 della decisione [controversa]).
66 È giocoforza constatare che i ricorrenti non hanno prodotto elementi probatori che consentano di
dubitare della fondatezza di tali valutazioni relative all‘esistenza di un problema specifico, ma si
sono limitati a sottolineare le piccoli dimensioni delle aziende agricole e l‘importanza
dell‘agricoltura biologica nel Land Oberösterreich.
67 In particolare, i ricorrenti non hanno addotto elementi diretti a confutare le conclusioni
dell‘AESA secondo le quali la Repubblica d‘Austria non ha provato che il territorio del Land
Oberösterreich contiene ecosistemi particolari o eccezionali, tali da richiedere un‘apposita
valutazione dei rischi, distinta da quella effettuata per l‘Austria nel suo insieme o per altre analoghe
regioni europee. I ricorrenti, invitati in udienza a pronunciarsi sulla portata del problema posto dagli
OGM nel territorio del Land Oberösterreich, non sono stati neppure in grado di affermare se la
presenza di tali organismi fosse stata quanto meno rilevata. Il Land Oberösterreich ha precisato che
l‘adozione della misura notificata era dovuta al timore di dover subire la presenza di OGM a causa
dell‘annunciata scadenza di un accordo in forza del quale gli Stati membri si erano
temporaneamente impegnati a non concedere più autorizzazioni relative a tali organismi. Tali
considerazioni, a causa del loro carattere di ordine generale, non sono idonee a infirmare le
valutazioni concrete figuranti nella decisione [controversa]».
20 Al successivo punto 69 della sentenza impugnata il Tribunale ha precisato quanto segue:
«69 Essendo le condizioni previste dall‘art. 95, n. 5, CE cumulative, basta che una sola di esse non
sia soddisfatta perché la domanda di deroga sia respinta (…). Poiché i ricorrenti non sono riusciti a
provare la sussistenza di uno dei presupposti prescritti dall‘art. 95, n. 5, CE, si deve respingere il
terzo motivo, senza che occorra statuire sulle altre censure e sugli ulteriori argomenti».
198 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
21 Per quanto attiene al quarto motivo, relativo alla violazione del principio di precauzione, il
Tribunale ha rilevato che tale motivo era ininfluente, atteso che la Commissione era stata adita con
domanda ex art. 95, n. 5, CE e aveva ritenuto che non sussistessero i requisiti necessari ai fini
dell‘applicazione di tale disposizione. Il Tribunale, avendo rilevato, in esito all‘esame del terzo
motivo, che la decisione controversa non era viziata da errori, ha quindi ritenuto, al punto 71 della
sentenza impugnata, che la Commissione non potesse che respingere la domanda di cui era stata
investita.
Sulle impugnazioni
22 Con ordinanza del presidente della Corte 29 giugno 2006, i due ricorsi sono stati riuniti ai fini
della fase orale del procedimento e della sentenza.
23 A sostegno dei ricorsi, il Land Oberösterreich e la Repubblica d‘Austria deducono due motivi di
annullamento attinenti, sostanzialmente, l‘uno al mancato rispetto del principio del contraddittorio
e, l‘altro, alla violazione dell‘art. 95, n. 5, CE.
Sul motivo relativo alla portata del principio del contraddittorio
Argomenti delle parti
24 I ricorrenti contestano al Tribunale di aver ripreso la soluzione accolta dalla Corte nella sentenza
Danimarca/Commissione, cit. supra, con riguardo all‘art. 95, n. 4, CE, secondo la quale non si
applica il principio del contraddittorio, laddove la controversia in esame riguarderebbe, invece, il n.
5 di tale articolo. Vi sarebbe una differenza tra una disposizione nazionale per la quale venga
richiesta una deroga ai sensi del n. 4 del detto articolo - disposizione già in vigore e, quindi,
quantomeno potenzialmente, pregiudizievole per il mercato interno - e quella ancora allo stadio di
progetto, per la quale venga richiesta una deroga ai sensi del successivo n. 5.
25 Da un lato, i ricorrenti osservano che, al punto 44 della sentenza impugnata, il Tribunale rinvia a
una giurisprudenza riguardante l‘art. 100 A del Trattato CE. Essi precisano che tale norma non
opererava distinzioni tra il mantenimento di disposizioni nazionali esistenti e l‘adozione di
disposizioni nazionali nuove, laddove una siffatta distinzione viene ormai operata ai nn. 4 e 5
dell‘art. 95 CE.
26 I ricorrenti sottolineano, d‘altro canto, che la fattispecie contemplata dall‘art. 95, n. 5, CE
differisce da quella oggetto del precedente n. 4, considerato che, trattandosi di una misura nazionale
allo stato di progetto, l‘interesse al buon funzionamento del mercato interno non richiederebbe
alcuna rapidità particolare del procedimento, ragion per cui la Commissione potrebbe agevolmente
prorogare il termine di sei mesi previsto dall‘art. 95, n. 6, CE e procedere ad un dibattito in
contraddittorio.
27 La Commissione replica che, con il rinvio alla giurisprudenza indicata al punto 44 della sentenza
impugnata, il Tribunale ha solamente richiamato un aspetto di tale giurisprudenza, riguardante i nn.
4 e 5 dell‘art. 95 CE, vale a dire che, nei due casi ivi contemplati, uno Stato membro non può
derogare a una misura di armonizzazione senza previa autorizzazione della Commissione. Inoltre, la
Commissione ritiene che, anche quando una legge non abbia oltrepassato lo stadio di progetto,
possa sussistere un interesse a che un chiarimento intervenga il più rapidamente possibile.
Giudizio della Corte
199 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
28 A termini dell‘art. 95 CE, successivamente all‘adozione di misure di ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri, questi hanno l‘obbligo di notificare alla Commissione le
disposizioni nazionali derogatorie alle misure medesime ai fini della loro approvazione. Il n. 4 del
detto articolo contempla l‘ipotesi del mantenimento di disposizioni nazionali preesistenti alle
misure di armonizzazione e il successivo n. 5, l‘ipotesi di disposizioni nazionali derogatorie che lo
Stato membro intenda adottare.
29 Le procedure previste al detto articolo s‘iniziano con la notifica da parte dello Stato membro alla
Commissione delle disposizioni nazionali derogatorie, continuano con una fase nel corso della
quale la Commissione procede ad una valutazione degli elementi del fascicolo destinata ad
accertare se siano soddisfatte le condizioni richieste e si concludono con la decisione finale che
autorizza o vieta le dette disposizioni nazionali. La Commissione ha il compito di decidere solo
dopo aver verificato che le disposizioni nazionali non costituiscano uno strumento di
discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata del commercio tra Stati membri (v. sentenza
21 gennaio 2003, causa C-512/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I-845, punto 44).
30 Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, alla luce delle specificità della procedura
prevista dall‘art. 95, n. 4, CE, il principio del contraddittorio non si applica alla medesima (v.
sentenza Danimarca/Commissione, cit. punto 50).
31 Per quanto attiene alla procedura prevista al n. 5 del medesimo articolo, l‘introduzione di
disposizioni nazionali nuove deve essere fondata su nuove prove scientifiche inerenti alla
protezione dell‘ambiente o dell‘ambiente di lavoro, giustificate da un problema specifico a detto
Stato membro sorto dopo l‘adozione della misura di armonizzazione (v., in tal senso, sentenza
Danimarca/Commissione, cit., punto 57).
32 L‘esigenza di apportare nuove prove scientifiche a sostegno della domanda può
conseguentemente indurre la Commissione, nell‘ambito della valutazione della fondatezza della
domanda stessa, a ricorrere a periti esterni al fine di raccogliere il loro parere in ordine a tali prove,
parere che costituirà il fondamento della decisione finale.
33 In tal senso, la Commissione stessa ha riconosciuto di non essere stata in grado, nella specie, di
procedere da sola alla valutazione degli elementi scientifici contenuti nella relazione Müller e ha
fatto presente di aver dovuto conseguentemente richiede un parere all‘EFSA prima di poter decidere
ai sensi dell‘art. 95, n. 5, CE.
34 Orbene, occorre verificare se, in un caso di tal genere, il principio del contraddittorio avrebbe
dovuto essere applicato, come sostengono i ricorrenti, ovvero se, come affermato nella citata
sentenza Danimarca/Commissione, con riguardo all‘art. 95, n. 4, CE, il principio del contraddittorio
non trovasse applicazione.
35 A tal proposito, il principio del contraddittorio, di cui la Corte garantisce il rispetto, impone
all‘autorità pubblica di sentire gli interessati prima dell‘adozione di una decisione che li riguarda
(sentenze 10 luglio 2001, causa C-315/99 P, Ismeri Europa/Corte dei conti, Racc. pag. I-5281,
punto 28, e Danimarca Commissione, cit., punto 45).
36 Secondo la giurisprudenza della Corte, il principio del rispetto del diritto di difesa, al quale il
principio del contraddittorio è strettamente connesso, si applica non soltanto agli amministrati, ma
anche agli Stati membri. Per quanto riguarda questi ultimi, il detto principio è stato riconosciuto
nell‘ambito di procedimenti avviati da un‘istituzione comunitaria avverso lo Stato membro
200 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
interessato (v., segnatamente, sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 46). È stato affermato
che il rispetto del diritto di difesa, in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona
e che possa sfociare in un atto per essa lesivo, costituisce un principio fondamentale del diritto
comunitario e dev‘essere garantito anche in mancanza di una specifica normativa (v., segnatamente,
sentenze 12 febbraio 1992, cause riunite C-48/90 e C-66/90, Paesi Bassi e a./Commissione, Racc.
pag. I-565, punto 44; 5 ottobre 2000, causa C-288/96, Germania/Commissione, Racc. pag. I-8237,
punto 99, e 9 giugno 2005, causa C-287/02, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-5093, punto 37).
37 Tuttavia, dal tenore dell‘art. 95, n. 5, CE non emerge, anzitutto, che la Commissione sia tenuta a
sentire lo Stato membro notificante prima di decidere in merito all‘approvazione o al rigetto delle
disposizioni nazionali di cui trattasi. Alla luce delle peculiarità di tale procedura, il legislatore
comunitario ha solamente indicato, all‘art. 95 CE, i requisiti necessari per ottenere una decisione
della Commissione, i termini entro i quali l‘istituzione deve emanare la propria decisione di
approvazione o di rigetto nonché le eventuali proroghe dei termini.
38 Inoltre, la procedura prevista all‘art. 95, n. 5, CE, al pari d‘altronde di quella prevista al
precedente n. 4, viene avviata, come già esposto supra al punto 29, non da un‘istituzione
comunitaria o nazionale, bensì da uno Stato membro, ove la decisione della Commissione viene
adottata solamente a fronte di tale iniziativa. Con la sua domanda lo Stato membro ha piena facoltà
di esprimere la propria posizione in ordine alle disposizioni nazionali di cui chiede l‘introduzione,
come emerge espressamente dall‘art. 95, n. 5, CE, che obbliga lo Stato membro a indicare i motivi
che giustificano la sua domanda.
39 Inoltre, la Commissione dev‘essere in grado, nei termini che le sono impartiti, di ottenere le
informazioni che si rivelino necessarie, senza essere obbligata a interpellare, prima di adottare la
propria decisione, lo Stato membro notificante (v., per quanto riguarda la procedura prevista
dall‘art. 95, n. 4, CE, soggetta agli stessi termini applicabili alla procedura di cui al n. 5 del
medesimo articolo, sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 48).
40 Si deve sottolineare che, a termini dell‘art. 95, n. 6, secondo comma, CE, in mancanza di
decisione della Commissione entro un determinato termine, le disposizioni nazionali derogatorie si
considerano approvate. Inoltre, ai sensi del successivo terzo comma, la proroga di tale termine resta
esclusa qualora la questione non sia complessa e in caso di pericolo per la salute umana.
41 Il legislatore del Trattato ha voluto che, tanto nell‘interesse dello Stato membro notificante
quanto nell‘interesse del buon funzionamento del mercato interno, la procedura prevista dal detto
articolo venga conclusa rapidamente. Tale obiettivo sarebbe difficilmente conciliabile con un
obbligo di scambio prolungato di tesi e di informazioni.
42 Si deve infine aggiungere che il Tribunale, laddove al punto 44 della sentenza impugnata ha
menzionato la giurisprudenza relativa alla procedura ex art. 100 A, n. 4, del Trattato CE, ha
solamente inteso porre l‘accento sull‘esistenza del requisito incombente sullo Stato membro per
poter derogare a una misura di armonizzazione adottata a livello comunitario, vale a dire l‘obbligo
di ottenere la previa approvazione della Commissione. Tale requisito permane nell‘ambito delle
disposizioni dell‘art. 95, nn. 4 e 5, CE, in quanto grava tanto sullo Stato membro che notifichi una
normativa già in vigore ai sensi dell‘art. 95, n. 4, CE quanto su quello che notifichi un progetto di
legge ai sensi del n. 5 del medesimo articolo. Le misure contemplate dalle due dette disposizioni
sono quindi disciplinate, sotto tale profilo, dagli stessi principi, come rilevato dall‘avvocato
generale al paragrafo 85 delle proprie conclusioni.
201 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
43 In definitiva, tenuto conto delle peculiarità della procedura prevista dall‘art. 95, n. 5, CE, delle
analogie tra tale procedura e quella contemplata dal precedente n. 4, nonché dello scopo comune
delle due disposizioni, consistente nel consentire agli Stati membri di ottenere deroghe alle misure
di armonizzazione, non vi è motivo per accogliere una soluzione differente da quella già accolta con
riguardo all‘art. 95, n. 4, CE. Pertanto, la Commissione non è tenuta a rispettare il principio del
contraddittorio prima di adottare la propria decisione ai sensi dell‘art. 95, n. 5, CE (v. in tal senso,
per quanto attiene all‘art. 95, n. 4, CE, sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 50).
44 Correttamente il Tribunale ha quindi ritenuto che il principio del contraddittorio non dovesse
trovare applicazione alla procedura prevista dall‘art. 95, n. 5, CE.
45 Il motivo relativo al mancato rispetto del principio del contraddittorio dev‘essere
conseguentemente respinto.
Sul motivo relativo alla violazione dell’art. 95, n. 5, CE
Argomenti delle parti
46 I ricorrenti deducono, anzitutto, che nella sentenza impugnata non sarebbe stato esaminato il
motivo relativo alla violazione del Trattato se non sotto il profilo della verifica del requisito
attinente alla sussistenza di un problema specifico e che, conseguentemente, il Tribunale avrebbe
violato il loro diritto di essere sentiti.
47 La Repubblica d‘Austria aggiunge che le nuove prove scientifiche costituiscono un elemento
centrale dell‘art. 95, n. 5, CE e che, anche nell‘ambito della valutazione del requisito relativo alla
sussistenza di un problema specifico dello Stato membro, la questione della coesistenza di
coltivazioni geneticamente modificate e di coltivazioni naturali, l‘insufficienza della valutazione dei
rischi nonché il principio di precauzione non avrebbero dovuto essere ignorati dal Tribunale. A suo
parere, la Commissione non avrebbe proceduto a un‘analisi scientifica completa dei rischi, né
avrebbe tenuto conto del diritto di audizione né, infine, avrebbe assolto il proprio obbligo di
motivazione.
48 I ricorrenti censurano, inoltre, il punto 67 della sentenza impugnata nella parte in cui fonda
l‘insussistenza, nella specie, di problemi specifici ai sensi dell‘art. 95, n. 5, CE sul fatto che non sia
stata fornita la prova che sul territorio del Land Oberösterreich fossero presenti OGM. La sentenza
impugnata si porrebbe a tal riguardo in contraddizione con l‘obbligo di attenersi ad un livello di
protezione elevato nell‘emanazione, sulla base del detto art. 95, di disposizioni in materia di salute,
di sicurezza, di tutela dell‘ambiente e di protezione dei consumatori.
49 La Repubblica d‘Austria aggiunge che, interpretando in modo troppo restrittivo i requisiti
relativi alla sussistenza di un problema specifico, valutando in misura insufficiente i rischi nonché
le nuove prove scientifiche e non tenendo conto del principio di precauzione, la Commissione e il
Tribunale avrebbero inciso in modo determinante sulla soluzione della controversia e leso i suoi
interessi.
50 La Commissione replica che con la questione se il Tribunale abbia proceduto a una congrua
valutazione della presente controversia si intende accertare se esso sia incorso in una violazione del
diritto comunitario e non in un‘irregolarità procedurale per insufficiente motivazione.
202 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
51 La Commissione precisa che la sussistenza di nuove prove scientifiche e la protezione
dell‘ambiente non integrano gli estremi di un problema specifico bensì sono collocate su un piano
di parità con il medesimo, atteso che tutti i requisiti previsti dall‘art. 95, n. 5, CE sono cumulativi.
Pertanto, correttamente il Tribunale avrebbe respinto il ricorso dopo aver rilevato che il requisito
relativo alla sussistenza di un problema specifico non ricorreva.
52 Per quanto attiene al principio di precauzione, la Commissione sostiene che, al punto 71 della
sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente esposto le ragioni alla base del rigetto del motivo
relativo alla violazione del detto principio e che la Repubblica d‘Austria non ha contestato tale
profilo della sentenza, quanto meno in termini espliciti e dettagliati.
53 Sempre secondo la Commissione, le considerazioni relative alle sue pretese omissioni nel
procedimento di esame della domanda nonché gli argomenti afferenti al principio del rispetto del
diritto di difesa non risultano utili ai fini della soluzione della questione se la sentenza impugnata
sia viziata da un errore di diritto. Per quanto attiene al rispetto del diritto di difesa, l‘argomento
sviluppato al riguardo sarebbe irricevibile in quanto non comprovato e, in ogni caso,
manifestamente infondato considerato che il diritto di difesa della Repubblica d‘Austria non sarebbe
stato minimamente leso nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale.
54 I ricorrenti deducono, infine, che il vizio procedurale da essi invocato si fonda su un‘erronea
valutazione e costituisce pertanto parimenti un motivo relativo alla violazione del diritto
comunitario. A loro parere, il termine «specifico» non potrebbe essere considerato sinonimo di
«unico». I problemi di cui parla l‘art. 95, n. 5, CE dovrebbero essere intesi quali problemi
particolari ma in nessun caso quali problemi unici, propri ad un solo Stato membro o a una sola
regione. I ricorrenti ritengono che, non interpretando correttamente il significato del termine
«specifico», il Tribunale avrebbe illegittimamente omesso di esaminare gli altri requisiti fissati
dall‘art. 95, n. 5, CE violando conseguentemente il diritto comunitario.
55 La Commissione replica che il Tribunale non era minimamente tenuto a esaminare in dettaglio il
requisito relativo alla sussistenza di un problema specifico e ritiene che i ricorrenti non abbiano
adempiuto l‘onere probatorio loro incombente ai sensi dell‘art. 95, n. 5, CE, considerato che essi si
sono limitati a fondare il loro ragionamento sulle piccole dimensioni delle aziende agricole e
sull‘importanza dell‘agricoltura biologica. A parere della Commissione, la deroga alla direttiva
2001/18 è giustificata, nell‘ambito di un problema specifico, dall‘esistenza di un ecosistema
particolare o eccezionale che renda necessaria una valutazione dei rischi distinta da quella condotta
ai sensi della direttiva medesima. Orbene, la Commissione rileva che i ricorrenti non hanno fornito
la prova necessaria al riguardo.
Giudizio della Corte
56 Si deve anzitutto rilevare che la legittimità delle misure nazionali notificate ex art. 95, n. 5, CE è
strettamente connessa alla valutazione delle prove scientifiche dedotte dallo Stato membro
notificante.
57 La detta disposizione esige, in effetti, che l‘introduzione di disposizioni nazionali in deroga a
una misura di armonizzazione sia basata su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione
dell‘ambiente o dell‘ambiente di lavoro, a causa di un problema specifico di detto Stato membro
insorto dopo l‘adozione della misura di armonizzazione, e che le disposizioni previste nonché i
motivi della loro adozione siano notificati alla Commissione (sentenza della Corte 21 gennaio 2003,
causa C-12/99, Germania/Commissione, cit., punto 80).
203 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
58 Trattandosi di requisiti cumulativi, essi devono essere tutti soddisfatti a pena di rigetto delle
disposizioni nazionali derogatorie da parte della Commissione (v. sentenza 21 gennaio 2003,
Germania/Commissione, cit., punto 81).
59 Si deve rilevare, a tal riguardo, che il carattere cumulativo non è stato contestato dalle parti nella
specie.
60 Inoltre, nei rispettivi ricorsi i ricorrenti hanno contestato la sentenza impugnata segnatamente
nella parte in cui il Tribunale ha rigettato i loro argomenti relativi alle valutazioni espresse dalla
Commissione circa il requisito dell‘esistenza di un problema specifico dello Stato membro
notificante.
61 Ai punti 66 e 67 della sentenza impugnata, il Tribunale ha infatti ritenuto che i ricorrenti non
avessero fornito elementi probatori che consentissero di dubitare della fondatezza di tali valutazioni,
essendosi limitati a sottolineare le piccole dimensioni delle aziende agricole nonché l‘importanza
dell‘agricoltura biologica nel Land Oberösterreich. Il Tribunale ha aggiunto, in particolare, che i
ricorrenti non hanno invocato elementi volti a confutare le conclusioni dell‘EFSA, secondo cui la
Repubblica d‘Austria non avrebbe dimostrato che il territorio del Land Oberösterreich contenesse
ecosistemi particolari o eccezionali, che necessitassero di una valutazione dei rischi distinta da
quelle condotte per l‘Austria complessivamente o per altre simili regioni europee. A parere del
Tribunale, le considerazioni svolte dai ricorrenti non erano idonee, in considerazione della loro
genericità, ad inficiare le valutazioni concrete contenute nella decisione controversa.
62 Nella detta decisione la Commissione ha ritenuto che la Repubblica d‘Austria non avesse
dimostrato la sussistenza, per il territorio del Land Oberösterreich, di un problema specifico ai sensi
dell‘art. 95, n. 5, CE, sorto successivamente all‘adozione della direttiva 2001/18.
63 Tale decisione faceva seguito al parere dell‘EFSA, in cui era stata constatata l‘assenza di prove
scientifiche che dimostrassero l‘esistenza di un problema specifico. L‘EFSA aveva rilevato che non
era stato dedotto alcun elemento scientifico idoneo a comprovare l‘esistenza di ecosistemi
particolari o eccezionali che necessitassero di una valutazione dei rischi distinta da quelle condotte
per l‘Austria complessivamente o per altre regioni europee simili. La detta autorità ha concluso che
la relazione Müller non forniva alcuna nuova informazione idonea a inficiare le disposizioni della
direttiva 2001/18.
64 A tal riguardo, non risulta che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto laddove ha ricordato
che le conclusioni dell‘EFSA relative all‘assenza di prove scientifiche che dimostrassero l‘esistenza
di un problema specifico erano state prese in considerazione dalla Commissione.
65 Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il Tribunale non ha erroneamente
interpretato il significato del termine «specifico» di cui all‘art. 95, n. 5, CE, in quanto esso non ha
affermato che, affinché siano soddisfatti i requisiti fissati da tale disposizione, dovesse essere
dimostrata solamente l‘esistenza di un problema «unico», nozione più restrittiva di quella di
problema «specifico».
66 A tal riguardo, nella sentenza impugnata il Tribunale ha ripreso le conclusioni della
Commissione nonché quelle dell‘EFSA per rilevare che la Repubblica d‘Austria non aveva fornito
alcun elemento scientifico che dimostrasse, segnatamente, l‘esistenza di ecosistemi «particolari».
204 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
67 Nel testo tedesco della decisione controversa, che fa fede, viene fatto riferimento ad un
«ungewöhnliches Ökosystem» e, nel parere dell‘EFSA, redatto in lingua inglese, a «unusual
ecosystems», il che esclude qualsivoglia carattere significativo nell‘utilizzazione dei termini
«einzigartiges» e «unique» rispettivamente nel testo tedesco della decisione controversa e nel parere
dell‘EFSA.
68 Si deve aggiungere che, ritenendo che i ricorrenti non avessero fornito elementi probatori che
consentissero di dubitare della fondatezza delle valutazioni relative all‘assenza di prove scientifiche
idonee a dimostrare l‘esistenza di un problema specifico e ritenendo, quindi, che non ricorresse uno
dei requisiti previsti dall‘art. 95, n. 5, CE, non risulta neppure che il Tribunale sia incorso in un
errore di diritto al riguardo.
69 Infine, dalla giurisprudenza emerge che, in considerazione del loro carattere cumulativo, non
occorre esaminare tutti i requisiti previsti dall‘art. 95, n. 5, CE qualora si rilevi che uno di essi non è
soddisfatto (v., in tal senso, sentenza 21 gennaio 2003, Germania/Commissione, cit., punto 88).
70 Correttamente il Tribunale ha quindi respinto il ricorso - dopo aver rilevato che il requisito
relativo all‘esistenza di un problema specifico nello Stato membro non era soddisfatto - senza
accertare se sussistessero gli altri requisiti.
71 Conseguentemente, gli argomenti dedotti dai ricorrenti in ordine al fatto che il Tribunale si
sarebbe limitato ad analizzare il requisito relativo all‘esistenza di un problema specifico dello Stato
membro, nonché quelli attinenti al diritto di essere sentiti, all‘obbligo di motivazione nonché al
diritto di difesa, non sono fondati.
72 Ciò premesso, si deve ritenere che, respingendo il ricorso, il Tribunale non ha violato l‘art. 95, n.
5, CE.
73 Conseguentemente, il secondo motivo dedotto dai ricorrenti non è fondato e i ricorsi devono
essere respinti.
Sulle spese
74 A termini dell‘art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di
impugnazione per effetto dell‘art. 118 del regolamento medesimo, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Land Oberösterreich e la Repubblica d‘Austria,
rimasti soccombenti, devono essere pertanto condannati alle spese, conformemente alla domanda
della Commissione.
P.Q.M.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) I ricorsi sono respinti.
2) Il Land Oberösterreich e la Repubblica d‘Austria sono condannati alle spese.
205 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Corte Costituzionale. sentenza del 17 marzo 2006, n. 116
Illegittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 6, comma 1, e 7 del D.L. 22 novembre 2004, n. 279,
convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2005, n. 5 disciplinante la produzione
agricola in presenza anche di colture transgeniche.
Svolgimento del processo
SENTENZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, commi 3 e 4, 6, 7 e 8 del
decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279 (Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le
forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica), convertito, con modificazioni, in legge
28 gennaio 2005, n. 5, promosso con ricorso della Regione Marche notificato il 22 marzo 2005,
depositato in cancelleria il 30 marzo 2005 ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2005.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri nonché l'atto di intervento della
AS.SE.ME Associazione Sementieri Mediterranei;
udito nell'udienza pubblica del 7 febbraio 2006 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi l'avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche e l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. - Con ricorso notificato il 22 marzo 2005 e depositato il 30 marzo 2005, la Regione Marche, in
persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, ha promosso in via principale questioni
di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, commi 3 e 4, 6, 7 e 8 del decreto-legge 22
novembre 2004, n. 279 (Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura
transgenica, convenzionale e biologica), nel testo convertito, con modificazioni, dalla legge 28
gennaio 2005, n. 5, per violazione degli artt. 117, commi primo, secondo, lettera s), terzo, quarto,
quinto e sesto, e 118 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 9, 32, 33, 72, 76 e 77 della
Costituzione.
2. - La Regione ricorrente sostiene, in primo luogo, che il procedimento legislativo di conversione
del decreto-legge n. 279 del 2004 sarebbe viziato, stante la «assenza palese dei presupposti di
straordinaria necessità ed urgenza» richiesti dall'art. 77 della Costituzione, ciò che ridonderebbe
nella lesione dell'autonomia legislativa regionale, in quanto essa verrebbe ad essere compressa nella
materia oggetto di decretazione d'urgenza.
Erroneamente il legislatore statale, infatti, avrebbe stimato di essere obbligato a conferire attuazione
alla raccomandazione della Commissione 2003/556/CE del 23 luglio 2003 (recante orientamenti per
lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture
transgeniche, convenzionali e biologiche), trattandosi di atto privo di contenuto vincolante; al
contrario, si sarebbe ricorsi alla decretazione d'urgenza, nonostante il carattere «estremamente
delicato e rischioso» della materia, e nonostante «le regole relative alla coesistenza delle colture [...]
«siano rinviate all'adozione di un provvedimento successivo, di livello regolamentare» da adottarsi
«per di più [...] in termini ampi e inammissibili (anche in violazione dell'art. 76 Cost.)».
206 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Sarebbe stato invece necessario realizzare forme di «consultazione e di dibattito ampio e
condiviso», in sé incompatibili con la natura del decreto-legge, anche in attuazione di quanto
previsto dagli artt. 9 e 32 della Costituzione, nonché dal decimo ―considerando‖ della direttiva
2001/18/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'emissione deliberata
nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del
Consiglio), e dal protocollo di Cartagena, reso esecutivo con la legge 15 gennaio 2004, n. 27
(Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici
relativo alla Convenzione sulla diversità biologica, con Allegati, fatto a Montreal il 29 gennaio
2000).
Da ciò la dedotta lesione dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, con riferimento
agli artt. 72, 76, 77 e 117, primo comma, della Costituzione.
In secondo luogo, le norme impugnate violerebbero l'art. 117, commi secondo, terzo, quarto e
quinto della Costituzione, con riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, poiché,
fondandosi sull'«erroneo presupposto di fatto», secondo cui gli organismi geneticamente modificati
(OGM) non comporterebbero irreversibili danni all'ambiente, all'agricoltura e alla salute (in difetto
di una preventiva «valutazione dell'impatto ambientale, economico e agronomico»), verrebbero ad
impedire alla legge regionale la tutela «della salute umana, animale e vegetale» secondo «i principi
della prevenzione e della precauzione», tramite, in particolare, l'individuazione di «criteri di
esclusione delle colture transgeniche, in considerazione delle particolari condizioni del territorio
regionale».
La Regione sarebbe perciò legittimata a denunciare anche la violazione dell'art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione, in forza del «diritto-dovere e, quindi, dell'interesse ad
intervenire, nel caso di inadempimento statale, a tutela della popolazione di cui la stessa è
espressione».
In terzo luogo, le norme impugnate verterebbero nella materia «agricoltura» (come individuabile
anche alla luce dell'art. 32 del Trattato CE e dell'art. 2135 del codice civile), oggetto di potestà
legislativa residuale della Regione, sicché lo Stato, legiferando, avrebbe violato l'art. 117, quarto
comma, della Costituzione; sarebbe, infatti, «evidente che solo le Regioni possono adottare le
misure necessarie ad assicurare la coesistenza tra forme di agricoltura transgenica, convenzionale e
biologica, stabilendo le aree ―OGM free‖, le quote di colture OGM, il numero ed il tipo di varietà
vegetali che devono coesistere, le distanze tra le aree a coltivazione transgenica e quelle a
coltivazione convenzionale, le pratiche regionali di gestione delle imprese agricole».
In quarto luogo, quand'anche lo Stato avesse proceduto ad attuare la normativa comunitaria, ciò
dovrebbe ritenersi precluso al di fuori delle materie attribuite in via esclusiva dall'art. 117, secondo
comma, della Costituzione, sicché la legge impugnata violerebbe anche l'art. 117, quinto comma,
della Costituzione.
In quinto luogo, gli artt. 2, 3, 4, 5, commi 3 e 4, e l'art. 8 del decreto-legge n. 279 del 2004, nel testo
risultante a seguito della conversione in legge, avrebbero altresì carattere dettagliato, in violazione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, al pari dell'art. 7, che, nell'attribuire ad un comitato
in cui sarebbe privilegiata la rappresentanza di membri statali il compito di proporre linee guida per
la coesistenza, opererebbe una «palese sottrazione alle Regioni (titolari della competenza legislativa
esclusiva nella materia ―agricoltura‖ e di competenza legislativa concorrente nell'―alimentazione‖),
del controllo del settore, riservando agli organi regionali solo un ruolo esecutivo marginale nella
regolazione degli OGM».
207 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Con specifico riguardo agli artt. 2, comma 2, 3, comma 2, 5, commi 3 e 4, 7, comma 4, e all'art. 8,
la Regione ricorrente ribadisce il carattere dettagliato di tali previsioni, con conseguente violazione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione alla materia «tutela della salute».
Inoltre, l'art. 1 non terrebbe conto del «valore fondamentale della ricerca scientifica» quale
strumento preliminare di valutazione dell'impatto ambientale, con ciò ledendo il valore
costituzionalmente protetto dell'ambiente, alla cui tutela non può ritenersi estranea la legislazione
regionale.
Gli artt. 1, 2, comma 2, 3, comma 2, 5, commi 3 e 4, 7, comma 4, e l'art. 8 si porrebbero perciò in
contrasto con l'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione «anche in relazione all'art. 117,
secondo comma, lettera s), e agli artt. 9, 32 e 33» della Costituzione.
In sesto luogo, l'art. 3, comma 1 (che affida ad un decreto ministeriale «non regolamentare»,
adottato a seguito di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano, la definizione delle «norme quadro per la coesistenza»),
l'art. 4, comma 3-bis, (che demanda al predetto decreto la determinazione delle modalità di
funzionamento del fondo di ripristino dei danni conseguenti all'inosservanza del piano di
coesistenza) e l'art. 7, comma 2, (che attribuisce ad un decreto ministeriale, adottato anch'esso a
seguito di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano, l'organizzazione e le modalità di funzionamento del comitato di cui
alla stessa disposizione) e comma 4 (che prevede il ricorso alle modalità di cui all'art. 3, comma 1,
in ordine alle misure concernenti l'omogeneizzazione delle modalità di controllo) violerebbero l'art.
117, sesto comma, della Costituzione, «dovendosi escludere la possibilità per lo Stato di intervenire
nella materia oggetto di intervento (agricoltura) con atti normativi di rango sublegislativo», cui le
Regioni non soggiacciono nell'ambito della propria competenza legislativa.
In particolare, premessa l'irrilevanza della qualificazione legislativa dell'atto quale «non
regolamentare», la Regione ricorrente evidenzia che esso non si limita ad esprimere un mero
«coordinamento tecnico», poiché pone in essere «norme quadro» per la coesistenza, benché lo
stesso art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento
dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), escluda il ricorso
da parte dello Stato agli atti di indirizzo e coordinamento, nelle materie di cui all'art. 117, terzo e
quarto comma, della Costituzione.
Ove, invece, si ritenesse che il Governo intenda «autodelegare se stesso» in deroga all'art. 15,
comma 2, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), sarebbe leso l'art. 76 della Costituzione,
che impone il ricorso alla legge in ordine all'atto di conferimento della delega legislativa.
In settimo luogo, anche l'art. 5, commi 3 e 4, (in relazione all'obbligo di conservare registri
aziendali sulle modalità di gestione adottate da chi mette a coltura OGM e di definire, da parte di
Regioni e Province autonome, modalità e procedure per la raccolta dei dati) e l'art. 7 (che istituisce
il Comitato consultivo presso il Ministero delle politiche agricole e forestali) sarebbero illegittimi,
per violazione dell'art. 117, sesto comma, e 118 della Costituzione, poiché disciplinerebbero
«funzioni amministrative relative ad una materia di competenza legislativa regionale», senza che
sussista alcuna ragione giustificatrice per la sottrazione delle stesse al livello regionale.
In ottavo luogo, l'invocata competenza legislativa regionale in materia di «agricoltura» imporrebbe,
in forza del principio del parallelismo, che la disciplina dell'illecito amministrativo spetti anch'essa
208 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
alla Regione, sicché sarebbe illegittimo l'art. 6 del decreto-legge impugnato, mediante il quale lo
Stato, al comma 1, ha introdotto sanzioni amministrative pecuniarie, in caso di violazione del piano
di coesistenza.
Infine, la ricorrente, con riguardo all'art. 3 e all'art. 4 del decreto legge impugnato, lamenta che
l'adozione del piano di coesistenza da parte della Regione stessa debba avvenire attraverso
l'adozione di un «provvedimento», e non tramite l'utilizzo della fonte ritenuta discrezionalmente più
idonea nel rispetto dei principi internazionali e comunitari, quali potrebbe essere anche la legge
regionale.
3. - Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, a mezzo dell'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa erariale contesta, anzitutto, la riconducibilità delle norme impugnate alla materia
«agricoltura».
Esse, infatti, si inserirebbero «nell'ambito di una produzione normativa, a livello europeo e
nazionale, finalizzata, da un lato, a non vietare l'immissione in commercio di organismi
geneticamente modificati, in coerenza con il principio di libertà di iniziativa economica, e dall'altro
a circoscrivere tale facoltà mediante l'adozione di precauzioni tecniche idonee a contenere il rischio
di impatto ambientale e di danno alla salute».
In particolare, l'Avvocatura dello Stato fa presente che nella direttiva 2001/18 CE e nel decreto
legislativo 8 luglio 2003, n. 224 (Attuazione della direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione
deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati), che le ha conferito attuazione, al
principio di libera circolazione degli OGM si accompagnano misure precauzionali che, anche in
relazione al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, impongono «una valutazione preventiva del
―rischio ambientale‖, nell'ambito della quale prevede vengano considerati anche i potenziali danni
alla salute umana e animale».
In tale contesto, e a fronte di iniziative legislative regionali intese a vietare la produzione e la
coltivazione di specie che contengano OGM sull'intero territorio regionale - lo Stato rammenta in
proposito proprio la legge della Regione Marche 3 marzo 2004, n. 5 (Disposizioni in materia di
salvaguardia delle produzioni agricole, tipiche, di qualità e biologiche), impugnata innanzi a questa
Corte -, le norme impugnate avrebbero lo scopo precipuo di «tutelare l'ambiente dai rischi di
commistione delle diverse colture», come reso esplicito in particolare dagli artt. 1, 2 e 3 del
decreto-legge n. 279 del 2004.
La stessa ricorrente, aggiunge lo Stato, riconosce che sarebbe invocabile la potestà legislativa
esclusiva di cui all'art. 117, primo comma, lettere e) e s), della Costituzione, sicché il decreto-legge
n. 279 del 2004 non avrebbe affatto invaso la sfera di competenza legislativa regionale.
Quand'anche fosse richiamabile la potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute e
degli alimenti, infatti, dovrebbe ritenersi che le norme impugnate si limitino a determinare i principi
fondamentali, «rinviando alle Regioni la definizione dei piani per un'effettiva coesistenza»; quanto
al decreto ministeriale di cui all'art. 3 del decreto-legge n. 279 del 2004, esso «dovrebbe avere
natura di atto di coordinamento tecnico», in quanto «finalizzato a raccordare le numerose e diverse
normative di carattere tecnico che le Regioni dovranno emanare con l'adozione dei piani di
coesistenza».
209 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Né si potrebbe contestare al legislatore statale di avere trascurato i profili legati alla ricerca
scientifica preliminare, che, estranei alle norme impugnate, trovano tuttavia disciplina nel decreto
ministeriale 19 gennaio 2005, n. 72 (Prescrizioni per la valutazione del rischio per
l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare, relativamente alle attività di rilascio
deliberato nell'ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato), in
attuazione dell'art. 8, comma 6, del d.lgs. n. 224 del 2003 in punto di «valutazione del rischio per
l'agrobiodiversità». Vengono per tale via disciplinati, in particolare, i protocolli tecnici per la
gestione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare in caso di
emissione deliberata nell'ambiente di OGM, ed è inoltre garantita la consultazione ed informazione
pubblica di cui all'art. 12 del d.lgs. n. 224 del 2003. Le Regioni, cui sarebbe precluso inibire
sull'intero proprio territorio le coltivazioni di OGM in base alla decisione della Commissione
2003/653/CE del 2 settembre 2003 (relativa alle disposizioni nazionali sul divieto di impiego di
organismi geneticamente modificati nell'Austria superiore, notificate dalla Repubblica d'Austria a
norma dell'art. 95, paragrafo 5, del trattato CE), potrebbero in ogni caso delimitare, sulla base del
piano di coesistenza, aree ―OGM free‖.
Infine, lo Stato reputa conforme a Costituzione il ricorso alla decretazione d'urgenza. Per un verso,
posto che le norme impugnate esulerebbero dalla sfera di competenza legislativa regionale, la
censura fondata sulla violazione dell'art. 77 della Costituzione sarebbe inammissibile. Per altro
verso, dovrebbe escludersi la evidente mancanza dei presupposti di straordinaria necessità ed
urgenza, alla luce della necessità di prevenire l'introduzione da parte di leggi regionali di divieti
all'utilizzo di OGM, in contrasto con la normativa comunitaria (la Commissione CE, osserva la
parte resistente, avrebbe già autorizzato la commercializzazione e la coltivazione nel territorio
comunitario di 17 varietà geneticamente modificate), e nel contempo della necessità di «evitare il
rischio che l'assenza di alcuna regolamentazione al riguardo consentisse liberamente l'utilizzo di
colture transgeniche senza l'adozione delle necessarie cautele».
Rileva, pertanto, il Presidente del Consiglio dei ministri, che il decreto-legge in questione e la
conseguente intesa in Conferenza Stato-Regioni del 3 febbraio 2005 permetterebbero «di differire la
coltivazione di colture OGM fino al luglio 2006, in attesa dei piani di coesistenza regionali».
Inoltre, la decretazione d'urgenza poggerebbe sulla necessità di conferire tempestiva attuazione alla
raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003 (Raccomandazione della Commissione recante
orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra
colture transgeniche, convenzionali e biologiche), la quale, a propria volta, si sarebbe «resa
necessaria» in forza dell'art. 43 del regolamento CE n. 1829/2003 del 22 settembre 2003
(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli alimenti e ai mangimi
geneticamente modificati), che ha introdotto l'art. 26-bis nella direttiva 2001/18/CE, il quale
impegna gli Stati membri ad adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria
di OGM in altri prodotti.
Infine, l'invocato obbligo di consultazione del pubblico sarebbe già stato assolto sulla base delle
procedure previste dalla direttiva 2001/18/CE, posto che la raccomandazione 2003/556/CE avrebbe
ad oggetto i soli prodotti OGM già autorizzati sulla base di tale normativa comunitaria.
4. - È intervenuta in giudizio l'Associazione Sementieri Mediterranei (AS.SE.ME), «che rappresenta
statutariamente gli interessi delle industrie sementiere nazionali», concludendo per l'accoglimento
del ricorso.
210 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
In via preliminare, l'Associazione ritiene di poter fondare l'ammissibilità del proprio intervento sulla
circostanza per cui il ricorso alla decretazione d'urgenza avrebbe impedito lo svolgimento delle
consultazioni con la cittadinanza, imposte dal Protocollo di Cartagena, recepito dall'art. 23 della
direttiva 2001/18/CE, sicché l'intervento in giudizio costituirebbe «il solo strumento offerto
dall'ordinamento per reagire contro la lesione del proprio diritto di partecipare al processo
decisionale relativo agli organismi viventi modificati».
Nel merito, l'interveniente sottolinea il carattere irreversibile dei danni a salute ed ambiente che la
coltivazione di OGM «a cielo aperto» potrebbe comportare, invitando questa Corte a disporre
istruttoria sul punto.
In ragione di tali premesse, l'interveniente sottolinea come la Regione Marche abbia vietato, con la
citata legge regionale n. 5 del 2004, la coltivazione di OGM sul proprio territorio; posto che il
ricorso dello Stato avverso tale legge è stato dichiarato inammissibile da questa Corte con la
sentenza n. 150 del 2005, «dovrebbe concludersi nel senso della radicale inapplicabilità della
disciplina statale introdotta dal decreto legge impugnato», poiché la Regione avrebbe già esercitato
la propria potestà legislativa nella materia «agricoltura».
5. - Nell'imminenza dell'udienza, la Regione Marche ha depositato memoria, insistendo per
l'accoglimento del ricorso.
Dopo avere replicato alle deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, la ricorrente ribadisce che «la
immissione nella specificità territoriale della coltura e delle tecniche di produzione transgeniche»
non potrebbe «non essere classificata all'interno della materia ―agricoltura‖», oggetto di potestà
legislativa residuale della Regione, tenendo conto della «specificità territoriale» e corrispondendo ai
«differenti bisogni delle agricolture nazionali».
Viene altresì sostenuto nuovamente che l'intervento legislativo statale porrebbe norme di dettaglio
in materia oggetto di competenza concorrente (tutela della salute), precludendo alla Regione la
individuazione di uno standard di tutela più rigoroso, anche a presidio dell'ambiente.
Tale potestà regionale sarebbe inoltre conseguente al principio comunitario di precauzione, il quale
comporterebbe «l'illegittimità di una normativa comunitaria che imponga ai singoli Stati il divieto
di misure precauzionali più rigide» e la garanzia che «le finalità ambientali possono essere
realizzate dalla normativa regionale in materia di competenza propria o concorrente proprio al fine
di una maggiore protezione dell'ambiente».
In attuazione di tale principio, prosegue la Regione Marche, sono intervenute numerose leggi
regionali, non impugnate dallo Stato.
La ricorrente insiste anche sulla già denunciata violazione dell'art. 117, sesto comma, della
Costituzione, poiché lo Stato, tramite gli artt. 3, comma 1, 4, comma 3-bis, 7, comma 2, 7, comma
4, dell'impugnato decreto-legge n. 279 del 2004, avrebbe inteso disciplinare materia di competenza
regionale, mediante un atto normativo «di rango sublegislativo», seppure artatamente qualificato
quale «non regolamentare», allo scopo di eludere la previsione costituzionale.
In conclusione, la Regione Marche insiste nelle censure già svolte e conclude nuovamente affinché
le norme impugnate siano dichiarate costituzionalmente illegittime.
211 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Motivi della decisione
1. - La Regione Marche ha impugnato gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, commi 3 e 4, 6, 7 e 8 del decreto-
legge 22 novembre 2004, n. 279 (Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di
agricoltura transgenica, convenzionale e biologica), nel testo convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 gennaio 2005, n. 5, per violazione degli artt. 117, commi primo, secondo, lettera s), terzo,
quarto, quinto e sesto, e 118 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 9, 32, 33, 72, 76 e 77
della Costituzione.
La ricorrente afferma, anzitutto, la «assenza palese dei presupposti di straordinaria necessità ed
urgenza» richiesti dall'art. 77 della Costituzione, posto il carattere non vincolante della
raccomandazione 2003/556/CE e la necessità, invece, sulla base della normativa comunitaria ed
internazionale, di realizzare in materia forme di «consultazione e di dibattito ampio e condiviso»: da
ciò la violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, con riferimento agli
artt. 72, 76, 77 e 117, primo comma, della Costituzione.
Tutte le norme impugnate sarebbero altresì in contrasto con l'art. 117, commi secondo, lettera s),
terzo, quarto e quinto della Costituzione, con riferimento all'art. 117, primo comma, della
Costituzione, poiché pregiudicherebbero interventi regionali a tutela dell'ambiente e della salute
umana, animale e vegetale, secondo i principi di prevenzione e precauzione.
Inoltre, tutte le norme censurate violerebbero l'art. 117, quarto comma, della Costituzione, giacché
recherebbero una disciplina vertente nella materia ―agricoltura‖, oggetto di potestà legislativa
residuale: la minuziosa disciplina contenuta, in particolare, negli articoli 2, 3, 4, 5, commi 3 e 4, 7 e
8 del decreto-legge impugnato, sottrarrebbe in modo palese alle Regioni il controllo del settore
agricolo relativo agli OGM.
La natura dettagliata di tali norme le renderebbe anche illegittime con riferimento alle materie
oggetto di potestà legislativa concorrente dell‘―alimentazione‖ e della ―tutela della salute‖.
Né lo Stato potrebbe appellarsi ad obblighi di attuazione della normativa comunitaria al di fuori
delle materie indicate dall'art. 117, secondo comma, della Costituzione, se non violando anche l'art.
117, quinto comma, della Costituzione.
Inoltre, premesso che la tutela dell'ambiente non potrebbe essere prerogativa esclusiva dello Stato,
laddove incida su interessi di competenza regionale, le disposizioni impugnate lederebbero l'articolo
117, terzo e quarto comma, della Costituzione ―anche in relazione all'art. 117, secondo comma,
lettera s), e agli artt. 9, 32 e 33 della Costituzione”.
Gli articoli 3, comma 1, 4, comma 3-bis, e 7, commi 2 e 4, del decreto-legge impugnato
violerebbero anche il sesto comma dell'art. 117 della Costituzione, poiché tali disposizioni
disciplinerebbero l'adozione di ―atti normativi di rango sublegislativo‖ in una materia che è oggetto
di potestà legislativa residuale della Regione. Qualora, invece, si ritenesse che tali atti abbiano
carattere primario, sarebbe leso l'art. 76 della Costituzione.
Gli artt. 5, commi 3 e 4, e 7 del decreto-legge impugnato violerebbero anche gli articoli 117, sesto
comma, e 118 della Costituzione, poiché disciplinerebbero funzioni amministrative di spettanza
regionale, in difetto dei presupposti per allocare tali competenze a livello centrale.
212 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
L'art. 6 del decreto-legge impugnato, a sua volta, violerebbe il principio del parallelismo tra
competenza a disciplinare una determinata materia ed introduzione di sanzioni amministrative
pecuniarie vertenti sulla medesima.
Infine, illegittimamente gli articoli 3 e 4 del decreto-legge impugnato imporrebbero l'adozione dei
piani di coesistenza mediante ―provvedimento‖, anziché mediante legge regionale.
2. - Preliminarmente va dichiarata la inammissibilità dell'intervento dell'Associazione Sementieri
Mediterranei (AS.SE.ME), dal momento che il giudizio in via principale si svolge di norma
esclusivamente fra i titolari delle competenze legislative in contestazione, secondo quanto questa
Corte ha già più volte affermato (fra le molte, le sentenze n. 51 del 2006, n. 383, n. 336 e n. 150 del
2005, n. 196 del 2004).
3. - Inammissibile è la censura sollevata dalla Regione ricorrente in riferimento alla mancata
consultazione delle popolazioni interessate prima di adottare le norme impugnate, secondo quanto
prescriverebbe la normativa comunitaria ed internazionale: anche volendosi prescindere dalla
dubbia riferibilità delle disposizioni comunitarie e internazionali richiamate ai procedimenti
legislativi, le Regioni non sono legittimate a far valere nei ricorsi in via principale gli ipotetici vizi
nella formazione di una fonte primaria statale, se non «quando essi si risolvano in violazioni o
menomazioni delle competenze» regionali (in particolare le sentenze n. 398 del 1998; fra le molte
analoghe anche le sentenze n. 383 e n. 50 del 2005).
Del pari inammissibili sono le censure che la ricorrente svolge, evocando a parametro l'art. 117,
secondo comma, lettera s), anche in relazione agli artt. 9, 32 e 33 della Costituzione.
I suddetti parametri, secondo la ricorrente, sarebbero invocabili in forza del ―diritto-dovere‖ della
Regione «ad intervenire nel caso di inadempimento statale, a tutela della popolazione di cui la
stessa è espressione in ordine a materie e valori costituzionalmente garantiti». Al riguardo, tuttavia,
va osservato che il perimetro, entro il quale assumono rilievo gli interessi al cui perseguimento è
tesa l'attività legislativa, risulta rigorosamente conformato dalle norme costituzionali attributive di
competenza, sicché non è concesso alla Regione di dedurre, a fondamento di un proprio ipotetico
titolo di intervento, una competenza primaria riservata in via esclusiva allo Stato, neppure quando
essa si intreccia con distinte competenze di sicura appartenenza regionale: saranno, semmai, queste
ultime a poter essere dedotte a fondamento di un ricorso di legittimità costituzionale in via
principale promosso da una Regione.
Quanto agli artt. 9, 32 e 33 della Costituzione, fermo quanto appena precisato circa l'ambito entro
cui interessi, principi e valori costituzionali assumono rilievo ai fini del giudizio in via principale
delle leggi promosso dalle Regioni, non può che ribadirsi che queste possono far valere il contrasto
con norme costituzionali diverse da quelle attributive di competenza legislativa soltanto se esso si
risolva in una esclusione o limitazione dei poteri regionali, senza che possano avere rilievo denunce
di illogicità o di violazione di principi costituzionali che non ridondino in lesione delle sfere di
competenza regionale (tra le molte, sentenze n. 383 e n. 50 del 2005; n. 287 del 2004).
4. - L'esame nel merito delle questioni di costituzionalità poste alla Corte esige un previo
chiarimento del quadro normativo comunitario e nazionale in tema di organismi geneticamente
modificati (OGM).
4.1. - La direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, che abroga la
213 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
direttiva 90/220/CEE del Consiglio) costituisce il testo normativo fondamentale, in punto sia di
―immissione in commercio‖ di OGM (tale essendo, ai sensi dell'art. 2, comma 1, numero 2, di detta
direttiva «un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in
modo diverso da quanto avviene in natura con l'accoppiamento e/o la ricombinazione genetica
naturale»), sia di ―emissione deliberata‖ di OGM nell'ambiente.
Tali nozioni, benché distinte e fondate su separate previsioni normative (sentenza n. 150 del 2005),
sono nel loro insieme sufficientemente ampie per ricomprendervi ogni fase dell'impiego di OGM in
agricoltura, una volta superate le complesse fasi di autorizzazione previste dalla medesima direttiva:
tali procedure comportano una penetrante valutazione, caso per caso, degli eventuali rischi per
l'ambiente e la salute umana, connessi all'immissione in commercio, ovvero anche all'emissione di
ciascun OGM ai fini dell'uso agricolo.
Le originarie disposizioni in tema di coltivazione degli OGM sono state specificate dalla decisione
della Commissione n. 2002/623/CE del 24 luglio 2002 (recante note orientative ad integrazione
dell'Allegato II della direttiva 2001/18/CE) che ha ulteriormente arricchito i criteri cui attenersi per
la valutazione del rischio ambientale, anche con particolare ed espresso riferimento alle ―pratiche
agricole‖.
Sulla base di tali presupposti, il regolamento n. 1829/2003 del 22 settembre 2003 (Regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli alimenti ed ai mangimi geneticamente modificati),
disciplinando con analoghe forme di tutela il regime degli alimenti geneticamente modificati, ha
chiarito (art. 7, comma 5) che «l'autorizzazione concessa secondo la procedura [...] è valida in tutta
la Comunità», ed ha introdotto nel corpo della direttiva 2001/18/CE l'art. 26 bis, secondo il quale
«gli Stati membri possono adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di
OGM in altri prodotti». Questa stessa disposizione si riferisc espressamente anche alla «coesistenza
tra culture transgeniche, convenzionali ed organiche».
Con ciò si viene a completare il quadro di tutela approntato dalla normativa comunitaria in tema di
OGM a presidio dell'ambiente e della salute.
Su un piano connesso, ma distinto, la raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003
(Raccomandazione della Commissione recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e
migliori pratiche per garantire la coesistenza tra culture transgeniche, convenzionali e biologiche)
disciplina in modo espresso ed analitico la coesistenza tra culture transgeniche, convenzionali e
biologiche nell'ambito della produzione agricola, ponendo inoltre come sua esplicita premessa il
principio che «nell'Unione europea non deve essere esclusa alcuna forma di agricoltura,
convenzionale, biologica e che si avvale di OGM» (primo ―considerando‖).
Al riguardo, deve essere evidenziato che tale raccomandazione, muovendo dalla premessa secondo
cui ―gli aspetti ambientali e sanitari‖ connessi alla coltivazione di OGM sono affrontati e risolti
esaustivamente alla luce del regime autorizzatorio disciplinato dalla direttiva 2001/18/CE,
circoscrive espressamente il proprio campo applicativo ai soli ―aspetti economici connessi alla
commistione tra culture transgeniche e non transgeniche‖, in relazione alle ―implicazioni‖ che
l'impiego di OGM può comportare sulla ―organizzazione della produzione agricola‖ (introduzione,
paragrafo 1.1).
Si tratta di «orientamenti, sotto forma di raccomandazioni non vincolanti rivolte agli Stati membri»,
il cui campo di applicazione si estende dalla produzione agricola a livello dell'azienda al primo
punto di vendita, ossia ―dal seme al silo‖ (punto 1.5).
214 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Il fatto che l'impiego di OGM autorizzati in agricoltura sia garantito dalla normativa comunitaria ha
trovato ulteriore conferma nella decisione 2003/653/CE della Commissione europea del 2 settembre
2003 (relativa alle disposizioni nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente
modificati nell'Austria superiore, notificate dalla Repubblica d'Austria a norma dell'art. 95, par. 5,
del Trattato CE), con cui, ai sensi dell'art. 95 del Trattato, è stato respinto un progetto di legge del
Land dell'Austria superiore, inteso a vietare in via generale sul proprio territorio l'utilizzo di OGM,
al fine di proteggere i sistemi di produzione agricola tradizionali. In questa decisione si è affermato
che, in presenza delle disposizioni comunitarie in materia miranti a ―ravvicinare la legislazione
degli Stati membri‖, questi ultimi non possono impedire la coltivazione delle sementi OGM
autorizzate, ma semmai eventualmente utilizzare la apposita ―clausola di salvaguardia‖ di cui all'art.
23 della medesima direttiva, peraltro sempre in riferimento all'impiego di singoli OGM.
4.2. - Per ciò che riguarda la normativa italiana in questa materia, il decreto legislativo 8 luglio
2003 n. 224 (Attuazione della direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione deliberata
nell'ambiente di organismi geneticamente modificati), recependo la direttiva 2001/18/CE, pone
un'analitica e complessa disciplina di tutela allo specifico fine di «proteggere la salute umana,
animale e l'ambiente relativamente alle attività di rilascio di organismi geneticamente modificati»
(art. 1, comma 1).
Con specifico riguardo all'impiego di OGM in agricoltura, l'art. 8, comma 2, lettera c), del
medesimo d.lgs. n. 224 del 2003 impone che la notifica preliminare all'emissione nell'ambiente di
OGM, necessaria ai fini dell'autorizzazione da parte dell'autorità nazionale competente, contenga la
«valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare, in
conformità alle prescrizioni stabilite dal decreto» di cui al successivo comma 6.
E‘palese la strumentalità della disciplina così approntata rispetto a finalità di tutela dell'ambiente e
della salute: il Ministro dell'ambiente è individuato come ―autorità nazionale competente‖ (art. 2);
presso il Ministero dell'ambiente viene costituita una ―Commissione interministeriale di
valutazione‖ (con una presenza solo minoritaria di rappresentanti regionali) (art. 6); si regolano
analiticamente procedure di autorizzazione, controllo, vigilanza, sanzionate anche penalmente, e si
introduce l'obbligo di risarcimento per chi provochi, in violazione delle disposizioni del decreto
legislativo stesso, danni ―alle acque, al suolo, al sottosuolo e ad altre risorse ambientali‖ che non
siano eliminabili ―con la bonifica ed il ripristino ambientale‖ (art. 36).
Il decreto interministeriale previsto dall'art. 8, comma 6, del d.lgs. n. 224 del 2003 è stato adottato
in data 19 gennaio 2005 (Prescrizioni per la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi
agrari e la filiera agroalimentare relativamente alle attività di rilascio deliberato nell'ambiente di
OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato): questo testo normativo reca
dettagliate previsioni concernenti il ―rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera
agroalimentare‖, attribuendo ad un decreto interministeriale il potere di definire ―i protocolli tecnici
operativi per la gestione del rischio delle singole specie GM‖ (art. 1, comma 2). Al tempo stesso,
alcune funzioni vengono attribuite alle Regioni e queste compongono in maggioranza il Comitato
tecnico di coordinamento, che opera presso il Ministero delle politiche agricole e forestali.
In particolare, si prevede che la emissione degli OGM nell'ambiente, per qualsiasi fine diverso dalla
immissione sul mercato, debba avvenire in appositi ―siti‖ - e cioè terreni di proprietà o gestiti ―da
istituti di ricerca pubblici, università, enti di sviluppo agricolo, sistema delle agenzie per la
protezione dell'ambiente (APAT/ARPA), regioni e province autonome, enti locali‖ - individuati
dalle Regioni interessate (art. 3).
215 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
4.3 - In tale contesto è stato approvato il testo normativo oggetto del presente giudizio e cioè il
decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279 (Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le
forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica), successivamente convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5: testo normativo che esplicitamente si dichiara
attuativo della raccomandazione 2003/556/CE, al fine di disciplinare il «quadro normativo minimo
per la coesistenza tra le colture transgeniche, e quelle convenzionali e biologiche» ed esclude,
invece, dalla propria area di competenza le colture per fini di ricerca e sperimentazione autorizzate
ai sensi del d.m. 19 gennaio 2005.
Gli artt. 1 e 2 del decreto-legge impugnato muovono dalla sussistenza del principio, di derivazione
comunitaria, di coesistenza tra le colture transgeniche e quelle convenzionali e biologiche, per poi
articolarlo in alcune regole generali.
L'adozione delle ―misure di coesistenza‖ necessarie per dare ulteriore attuazione a tale principio è,
peraltro, affidata dall'art. 3 del decreto-legge n. 279 del 2004 ad un decreto ―di natura non
regolamentare‖ del Ministro per le politiche agricole e forestali, ―adottato d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, emanato previo parere delle competenti Commissioni parlamentari‖. A questo atto è
attribuito il potere di definire ―le norme quadro per la coesistenza‖, in coerenza con le quali le
Regioni approveranno i propri piani di coesistenza, adottando appositi ―provvedimenti‖ (artt. 3 e 4);
questo stesso atto statale individua ―le diverse tipologie di risarcimento dei danni‖ per inosservanza
delle misure del piano di coesistenza e definisce ―le modalità di accesso del conduttore agricolo
danneggiato al Fondo di solidarietà nazionale‖; esso disciplina inoltre le forme di utilizzo ―di
specifici strumenti assicurativi da parte dei conduttori agricoli‖ (art. 5, comma 1-ter) e definisce ―le
modalità di accesso del conduttore agricolo danneggiato al Fondo di solidarietà‖ (art. 4, comma 3-
bis); infine, con un atto analogo si deliberano le norme sulle ―modalità di controllo‖ (art. 7, comma
4).
In questo contesto, il piano di coesistenza è adottato con ―provvedimento‖ di ciascuna Regione e
Provincia autonoma e «contiene le regole tecniche per realizzare la coesistenza, prevedendo
strumenti che garantiscono la collaborazione degli enti territoriali locali, sulla base dei principi di
sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza» (art. 4.1).
Fino all'adozione dei singoli piani di coesistenza, «le colture transgeniche, ad eccezione di quelle
autorizzate per fini di ricerca e di sperimentazione, non sono consentite» (art. 8).
Infine l'art. 7 prevede un altro organo consultivo nazionale, il ―Comitato consultivo in materia di
coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche‖, a composizione mista e con una
presenza minoritaria di esperti designati dalla Conferenza permanente Stato-Regioni.
5 - Alla luce del quadro normativo appena indicato è possibile affrontare il merito delle questioni
poste dalla Regione ricorrente.
Infondata è anzitutto la censura relativa alla lesione dell'art. 77 della Costituzione sulla base della
asserita palese carenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, anche a volerla
considerare ammissibile in quanto intesa a far valere in via indiretta una lesione delle competenze
regionali.
Premesso che, rispetto alla sussistenza dei presupposti di cui all'art. 77 della Costituzione, il
sindacato di questa Corte è circoscritto a verificare l'eventuale carattere ―evidente‖ della loro
216 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
supposta carenza (tra le molte, le sentenze n. 272 del 2005 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2003), vi è da
considerare nel caso in questione la necessità di superare con immediatezza la situazione prodotta
dalla vigenza di diverse leggi regionali che prescrivevano, in termini più o meno rigorosi, il divieto
di impiego, ovvero l'obbligo di attenersi a particolari limitazioni di impiego, degli OGM autorizzati
dalla Comunità europea, mentre la raccomandazione 2003/556/CE muove dal presupposto che sia
lecito nel diritto comunitario l'impiego nella produzione agricola di OGM, purché autorizzati.
Specie dopo la decisione 2003/653/CE della Commissione europea, può essere pacificamente
escluso l'asserito manifesto difetto di una situazione di straordinaria necessità ed urgenza ai fini
dell'adozione di un testo normativo che eliminasse o riducesse una situazione di evidente contrasto
con il diritto comunitario, e consentisse di avviare, pur nel doveroso rispetto delle competenze
regionali, un procedimento di attuazione del principio di coesistenza tra colture, con la celerità
imposta dall‘―imminente approvvigionamento delle sementi per la prossima campagna di semina‖.
6 - Per risolvere le ulteriori questioni poste dal ricorso della Regione ricorrente, occorre confrontare
il complesso quadro normativo in tema di organismi geneticamente modificati con la ripartizione
delle competenze che è contenuta nel Titolo V della Costituzione.
Non vi sono dubbi che il d.lgs. 8 luglio 2003 n. 224, di ricezione della direttiva 2001/18/CE, ed il
d.m. 19 gennaio 2005, che ad esso ha dato attuazione, operano in un'area normativa riconducibile in
via primaria alla tutela dell'ambiente, e solo in via secondaria alla tutela della salute e della ricerca
scientifica. D'altronde appare significativo del condiviso primato in materia dello Stato, pur in
presenza di alcune competenze regionali, sia il riconoscimento in esse di un ruolo sostanzialmente
secondario delle Regioni, sia la stessa mancata impugnativa di questi atti normativi statali da parte
delle Regioni.
Diverso è l'esito del processo di individuazione della materia entro cui ricondurre la coltivazione
degli organismi geneticamente modificati a fini produttivi. Il decreto-legge n. 279 del 2004, oggetto
di ricorso, è stato espressamente adottato «in attuazione della raccomandazione della Commissione
2003/556/CE del 23 luglio 2003» (art. 1), atto comunitario che disciplina l‘―organizzazione della
produzione agricola‖ per gli aspetti ―economici‖ conseguenti all'utilizzo in agricoltura di OGM ed,
invece, estraneo a profili ―ambientali e sanitari‖. Si tratta di un atto comunitario che si inserisce in
un preesistente quadro normativo vincolante, relativo alla prevenzione di potenziali pregiudizi per
l'ambiente e la salute umana legati all'impiego di OGM. Inoltre, nel formulare tale
raccomandazione, la Commissione europea muove dal presupposto, ormai non più controverso nel
diritto comunitario, costituito dalla facoltà di impiego di OGM in agricoltura, purché autorizzati.
Per la parte, quindi, che si riferisce al principio di coesistenza e che implicitamente ribadisce la
liceità dell'utilizzazione in agricoltura degli OGM autorizzati a livello comunitario, il legislatore
statale con l'adozione del decreto-legge n. 279 del 2004 ha esercitato la competenza legislativa
esclusiva dello Stato in tema di tutela dell'ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, della
Costituzione), nonché quella concorrente in tema di tutela della salute (art. 117, terzo comma, della
Costituzione), con ciò anche determinando l'abrogazione per incompatibilità dei divieti e delle
limitazioni in tema di coltivazione di OGM che erano contenuti in alcune legislazioni regionali.
Infatti, la formulazione e specificazione del principio di coesistenza tra colture transgeniche,
biologiche e convenzionali, rappresenta il punto di sintesi fra i divergenti interessi, di rilievo
costituzionale, costituiti da un lato dalla libertà di iniziativa economica dell'imprenditore agricolo e
dall'altro lato dall‘esigenza che tale libertà non sia esercitata in contrasto con l'utilità sociale, ed in
particolare recando danni sproporzionati all'ambiente e alla salute.
217 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Va aggiunto che l'imposizione di limiti all'esercizio della libertà di iniziativa economica, sulla base
dei principi di prevenzione e precauzione nell'interesse dell'ambiente e della salute umana, può
essere giustificata costituzionalmente solo sulla base di «indirizzi fondati sulla verifica dello stato
delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi,
di norma nazionali o sovranazionali, a ciò deputati, dato l'essenziale rilievo che, a questi fini,
rivestono gli organi tecnico scientifici» (sentenza n. 282 del 2002).
Inoltre, l'elaborazione di tali indirizzi non può che spettare alla legge dello Stato, chiamata ad
individuare il «punto di equilibrio fra esigenze contrapposte» (sentenza n. 307 del 2003), che si
imponga, in termini non derogabili da parte della legislazione regionale, uniformemente sull'intero
territorio nazionale (sentenza n. 338 del 2003).
Sulla base di tali premesse, sono da ritenersi non fondate le censure rivolte avverso gli artt. 1 e 2 del
decreto-legge n. 279 del 2004, giacché tali disposizioni, nel fornire una definizione di colture
transgeniche, biologiche e convenzionali (art. 1), e nell'affermare il principio di coesistenza di tali
colture, in forme tali da ―tutelarne le peculiarità e le specificità produttive‖, sono espressive della
competenza esclusiva dello Stato nella materia ―tutela dell'ambiente‖, e della competenza
concorrente nella materia ―tutela della salute‖.
7. - Venendo all'esame delle questioni poste sulle ulteriori disposizioni impugnate, la Corte osserva
che, mentre il rispetto del principio di coesistenza delle colture transgeniche con le forme di
agricoltura convenzionale e biologica inerisce ai principi di tutela ambientale elaborati dalla
normativa comunitaria e dalla legislazione statale, invece la coltivazione a fini produttivi riguarda
chiaramente il «nocciolo duro della materia agricoltura, che ha a che fare con la produzione di
vegetali ed animali destinati all'alimentazione» (come si esprime la sentenza di questa Corte n. 12
del 2004). Infatti, il decreto-legge n. 279 del 2004, mentre esclude in modo espresso dalla sua area
di efficacia proprio le colture transgeniche realizzate sulla base del d.m. 19 gennaio 2005, atto di
attuazione del d.lgs. 8 luglio 2003 n. 224 (che, a sua volta, recepisce la direttiva 2001/18/CE), mira
palesemente a disciplinare la produzione agricola in presenza anche di colture transgeniche.
Ciò non toglie che questa disciplina, pur essenzialmente riferita alla materia agricoltura, di
competenza delle Regioni ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost. (sentenze n. 282 e n. 12 del
2004), debba o possa essere accompagnata dal parallelo esercizio della legislazione statale in ambiti
di esclusiva competenza dello Stato (come, ad esempio, per quanto attiene alla disciplina dei profili
della responsabilità dei produttori agricoli) o in ambiti di determinazione dei principi fondamentali,
ove vengano in gioco materie legislative di tipo concorrente.
Tale non è tuttavia il caso degli artt. 3, 4 e 7 del decreto-legge n. 279 del 2004, quali convertiti dalla
legge n. 5 del 2005.
In queste norme anzitutto si stabiliscono le modalità per adottare le ―norme quadro per la
coesistenza‖ (art. 3), prevedendo un atto statale dalla indefinibile natura giuridica (cui peraltro si
attribuisce la disciplina di materie che necessiterebbero di una regolamentazione tramite fonti
primarie). In secondo luogo, si prevede lo sviluppo ulteriore di queste ―norme quadro‖ tramite piani
regionali di natura amministrativa (art. 4). Scelte del genere sono peraltro lesive della competenza
legislativa delle Regioni nella materia agricoltura, dal momento che non può essere negato, in tale
ambito, l'esercizio del potere legislativo da parte delle Regioni per disciplinare le modalità di
applicazione del principio di coesistenza nei diversi territori regionali, notoriamente molto
differenziati dal punto di vista morfologico e produttivo. Infine, neppure appare giustificabile la
218 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
creazione di un nuovo organo consultivo statale, strettamente strumentale all'esercizio dei poteri
ministeriali di cui all'art. 3 (art. 7).
Tali disposizioni devono pertanto essere dichiarate costituzionalmente illegittime.
Del pari, va dichiarata la illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 6 del decreto-legge
n. 279 del 2004, quale convertito dalla legge n. 5 del 2005, dal momento che la regolamentazione
delle sanzioni amministrative spetta al soggetto nella cui sfera di competenza rientra la disciplina
della materia la cui inosservanza è in tal modo sanzionata (fra le molte, le sentenze n. 63 del 2006;
n. 384 e n. 50 del 2005).
Quanto agli artt. 5, commi 3 e 4, ed 8, prescindendosi in questa sede dalle censure avanzate dalla
ricorrente, appare sufficiente per la loro dichiarazione di illegittimità costituzionale la constatazione
che le loro discipline si pongono in nesso inscindibile con le norme che questa Corte ha appena
ritenuto illegittime, con particolare riferimento alle ―norme quadro‖ statali di cui all'art. 3 del
decreto-legge n. 279 del 2004 ed ai piani di coesistenza regionali di cui all‘art. 4 del medesimo testo
normativo.
Del pari va dichiarato illegittimo l'art. 6, comma 2, recante sanzioni penali in caso di inosservanza
del divieto posto dall'art. 8, a causa del suo stretto rapporto con quanto disciplinato in tale ultima
disposizione.
P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l'intervento in giudizio dell'Associazione Sementieri Mediterranei;
dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 3, 4, 6, comma 1, e 7 del decreto-legge 22
novembre 2004, n. 279 (Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura
transgenica, convenzionale e biologica), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28
gennaio 2005, n. 5 ;
dichiara la conseguente illegittimità costituzionale degli articoli 5, commi 3 e 4, 6, comma 2, e 8 del
decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28
gennaio 2005, n. 5;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, commi 3 e 4,
6, 7 e 8 del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, convertito in legge, con modificazioni, dalla
legge 28 gennaio 2005, n. 5, sollevata dalla Regione Marche in relazione agli articoli 9, 32, 33 e
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 del decreto-legge n.
279 del 2004, convertito in legge con modificazioni dalla legge n. 5 del 2005, sollevate dalla
Regione Marche in relazione agli articoli 72, 76, 77, 117, commi primo, terzo, quarto e quinto della
Costituzione.
219 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 2006.
Corte di Giustizia CE, Sez. II, 26 maggio 2005, C-132/03
Gli ogm negli alimenti per lattanti
L'art. 2, n. 2, lett. b) del Regolamento n. 1139 del 1998 deve essere interpretato nel senso che
l'esenzione che esso prevede dall'obbligo, stabilito dall'art. 2, nn. 1 e 3, del medesimo regolamento,
di un'indicazione, nell'etichetta di prodotti alimentari, della presenza di materiale derivato da taluni
OGM, nel caso in cui tale presenza derivi da una contaminazione accidentale e non superi un livello
dell'1%, si applica ai prodotti alimentari destinati all'alimentazione dei lattanti e dei bambini nella
prima infanzia.
Cass. Pen., Sez. III, 8 gennaio 2004, n. 32
Natura degli alimenti OGM e prova della accidentalità
Svolgimento del processo
A seguito di una segnalazione dell'ASL di Terni, in data 6/11/2002, secondo cui un campione di
proseguimento liquido a base di proteine isolate di soia (alimento per la prima infanzia), prodotto
dalla Milupa s.p.a. con sede in Lainate, conteneva organismi geneticamente modificati (OGM) non
indicati nell'etichetta, il P.M. presso il Tribunale di Milano, con provvedimento 21/1/2003
disponeva la perquisizione dei locali della menzionata ditta per accertare la presenza di confezioni
del tipo di quelle segnalate ed il conseguente sequestro di esse (nonchèdi tutte le cose utili e
pertinenti alle indagini), quali corpo di reato in relazione ai delitti di cui agli artt. 515 e 516 c.p. ed
alla contravvenzione di cui all'art. 5, comma 1 lett. a), L. n. 283/1962.
Il provvedimento, eseguito in data 10/2/2003, portava al sequestro probatorio di n. 24.006
confezioni di alimento liquido e di nn. 4.141 e 16.2 96 di alimento in polvere.
L'amministratore della menzionata società, (omissis) chiedeva il riesame di tale provvedimento,
deducendone l'illegittimitàper assoluta carenza di motivazione, nonchèl'insussistenza del reato
ipotizzato, essendo il prodotto conforme alla normativa comunitaria; il Tribunale di Milano, con
l'ordinanza 27/2/2003, rigettava la richiesta, quanto all'alimento liquido, ravvisando il fumus dei
reati ipotizzati e considerando i prodotti sequestrati come corpo di reato o comunque come cose
utili alle indagini. Con lo stesso provvedimento il Tribunale, per quanto concerne invece il prodotto
alimentare in polvere rinvenuto dalla p.g. nel corso della perquisizione, riteneva trattarsi di
sequestro di iniziativa, non essendo lo stesso compreso nel provvedimento di perquisizione e
sequestro del P.M., per cui riteneva inammissibile la richiesta di riesame, essendo la merce
restituibile dall'A.G. procedente, giacchèil sequestro di iniziativa della p.g. non era stato convalidato
nei termini di legge.
220 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Con decreto 4/4/2003, il P.M. disponeva, pertanto, il sequestro delle confezioni di alimento per la
prima infanzia ―SOM2 MILUPA‖ in polvere quale corpo di reato, o comunque cose pertinenti al
reato di cui all'art. 5 lett. a) L. n. 283/1962, perchècontenenti tracce di OGM che ne alterano la
composizione naturale.
Anche di tale provvedimento la difesa chiedeva il riesame, per motivi analoghi a quelli proposti allo
stesso Tribunale, e cioèdeducendo sostanzialmente la non ipotizzabilitàdella contravvenzione de
qua, in quanto il prodotto doveva ritenersi conforme alla normativa CEE, avendo le analisi rilevato
la presenza di minime percentuali di OGM; inoltre evidenziava la difesa che la normativa
applicabile nel caso di specie èl'art. 9 D.Lgs. n. 11/1992 e non il D.P.R. n. 128/1999. Il Tribunale
del riesame, con il provvedimento indicato in premessa, confermava il decreto di sequestro del PM,
ritenendo sussistente il fumus commissi delicti, giacchèla riscontrata presenza di OGM nel prodotto
alimentare, peraltro neppure indicata in etichetta, determina ovviamente una variazione della
composizione naturale dello stesso.
Ricorre per cassazione il (omissis) deducendo: 1) violazione e falsa interpretazione ed applicazione
della legge penale e delle norme di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale,
avendo il Tribunale ritenuto di non effettuare alcuna indagine in ordine alla riconducibilitàdei fatti
de quibus ad una fattispecie penalmente rilevante, e quindi avendo omesso di verificare l'ipotetica
antigiuridicitàdi essi; in particolare, non ipotizzabilitàdella contravvenzione di cui all'art. 5 lett. a)
L. n. 283/1962, in quanto il prodotto rispetta la normativa sulla etichettatura stabilita dal
regolamento CE n. 49/2000, che implicitamente esonera dall'indicazione in etichetta di derivati
transgenici se la loro presenza sia casuale o accidentale ed in misura non superiore all'1% del
prodotto totale, e rispetta altresìil disposto dell'art. 1 lett. b) del D.M. n. 371/2001 (Sanità),
contenente il regolamento di attuazione della direttiva 99/50/CE sugli alimenti per lattanti ed
alimenti di proseguimento, che vieta l'uso di materiale derivato da o.g.m., oltre la tolleranza prevista
dal menzionato regolamento CE n. 49/2000; neppure puòipotizzarsi la violazione dell'art. 3, comma
2, D.P.R. n. 128/1999 perchègli alimenti sequestrati rientrano tra quelli ―per lattanti di
proseguimento‖, disciplinati da ultimo dal menzionato D.M. n. 371/2001; 2) mancanza e/o
manifesta illogicitàdella motivazione in ordine alla denunziata eccessiva afflittivitàdel sequestro,
tenuto conto del prezzo della merce sequestrata (euro 283.301,55) e del rischio di scadenza della
stessa nelle more del procedimento, sol perchè―potrebbero essere necessari accertamenti tecnici‖.
All'odierna udienza camerale, il P.G. e la difesa concludono come sopra riportato.
Motivi della decisione
Il ricorso merita accoglimento, essendo fondato il primo motivo dal quale l'altro rimane assorbito.
Deve premettersi, infatti, che questo ricorso non differisce sostanzialmente da quello proposto
avverso la prima decisione del Tribunale del riesame di Milano (del 27/2/2003), sopra ricordata, e
deciso da questa Sezione con sentenza 9/7/2003.
Infatti l'ordinanza impugnata si rifàespressamente a quella del 27/2/2003, percorrendo l'identico iter
motivazionale, ragione per cui la motivazione della presente decisione non puòdiscostarsi di molto
da quella precedente.
221 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Posto che nel caso di specie trattasi di sequestro probatorio e non preventivo, il giudice del riesame
deve controllare semplicemente se il reato ipotizzato sia astrattamente configurabile, sebbene
sempre con riferimento ad elementi processuali giàacquisiti (alla luce della decisione delle Sezioni
Unite 29 gennaio 1997 n. 23, Bassi), e se il sequestro sia o meno giustificato ai sensi dell'art. 253
c.p.p. (Cass. Sez. 2°, 9 dicembre 1999, n. 6149, Marini e altro), senza dover verificare in concreto la
fondatezza della tesi accusatoria.
Ciòpremesso, per quanto concerne la astratta configurabilitàdel reato, rileva il Collegio che il
provvedimento impugnato fa riferimento - a differenza di quello precedentemente esaminato da
questa Corte, che ipotizzava la violazione anche degli artt. 515 e 516 c.p. - solo alla
contravvenzione prevista dall'art. 5, comma 1 lett. a), L. n. 283/1962, fondata sul presupposto
dell'utilizzazione, da parte della Milupa s.p.a., di organismi geneticamente modificati (OGM) e sulla
mancata indicazione di essi nell'etichetta dei prodotti sequestrati. Per quanto concerne l'indicata
norma, dettata in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze
alimentari e delle bevande, si ricorda che essa vieta - tra l'altro - l'impiego nella preparazione di
alimenti o bevande (nonchèla vendita, la detenzione per vendere, la somministrazione ai propri
dipendenti, o la distribuzione per il consumo) di sostanze alimentari ―comunque trattate in modo da
variarne la composizione naturale‖, caratteristica questa certamente scontata per gli alimenti
geneticamente modificati, tenuto conto che, a proposito di composizione naturale di un prodotto, il
legislatore del '62 ha inteso riferirsi al concetto di ―genuinitànaturale‖, quella cioèpresente in natura,
in totale assenza di modificazioni - per intervento umano - della struttura biochimica dello stesso.
Quindi, sotto il profilo della sussistenza dell'elemento materiale, essendo stata accertata la presenza
di OGM nei prodotti in sequestro ed essendo pacifico che la stessa non era indicata in etichetta, la
contravvenzione de qua sarebbe astrattamente ipotizzabile. Sennonchèla norma in esame pone un
limite al ricordato divieto di carattere generale, aggiungendo la frase ―salvo quanto disposto da
leggi o da regolamenti speciali‖, la cui ampia formulazione deve sicuramente ritenersi comprensiva
anche della disciplina, sia comunitaria che nazionale, in materia di OGM. In altri termini, pur nel
rispetto del generale divieto - posto dalla Legge n. 283/1962 - di utilizzazione di sostanze alimentari
delle quali sia stata variata la composizione naturale, se la legge consente l'immissione sul mercato,
e quindi al consumo, di alimenti risultanti da determinate manipolazioni genetiche, ritenendole
pertanto legittime, non puòragionevolmente sostenersi, in relazione ad esse, neppure in questa fase,
la ipotizzabilitàdella contravvenzione in questione, la cui sussistenza èproprio subordinata alla
condizione negativa della mancanza di specifiche leggi o regolamenti che consentano la variazione
suddetta.
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre valutare se la normativa comunitaria consenta
l'utilizzazione di OGM nei limiti accertati dall'autoritàinquirente e se risultino violate le prescrizioni
in materia di etichettatura di questo tipo di prodotti, perchèaltrimenti verrebbe meno la
configurabilitàdell'ipotesi contravvenzionale. La necessitàdell'etichettatura, invero, deriva
evidentemente dalla scelta politica di non vietare del tutto l'immissione sul mercato di determinati
prodotti modificati geneticamente e, nel contempo, dall'esigenza di avvertire gli acquirenti della
loro presenza, per evitare problemi (di salute o etici) a determinate categorie di consumatori.
Ma, per affrontare adeguatamente la detta problematica, che presuppone ovviamente
l'individuazione della specifica normativa applicabile, si dovrebbe conoscere con certezza l'esatta
natura e quindi la tipologia del prodotto in sequestro (―SOM 2 Milupa‖). Infatti il ricorrente ritiene
che esso debba inquadrarsi tra quelli disciplinati dal D.Lgs. n. 111/1992 (e non dal D.P.R. n.
128/1999), e quindi che sia disciplinato dal regolamento CE n. 49/2000 della Commissione, del 10
gennaio 2000, modificativo del regolamento CE n. 1139/98.
222 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Se cosìfosse, deve ricordarsi che il richiamato regolamento del 2000, prendendo atto
dell'impossibilitàdi escludere una contaminazione accidentale di prodotti alimentari mediante DNA
o proteine derivati da modificazioni genetiche, rende obbligatoria l'etichettatura (cioèl'indicazione
―contiene OGM‖) esclusivamente per i prodotti i cui componenti superano dell'1% la presenza di
derivati transgenici. In definitiva la Comunità, riconoscendo sostanzialmente l'attuale inevitabilitàdi
un certo grado di ―contaminazione accidentale‖ dei prodotti alimentari derivati da soia e mais,
ègiunta alla conclusione della non necessitàdi segnalarla ai consumatori, quando, oltre ad essere
appunto accidentale, non superi la detta percentuale.
Attualmente, quindi, pur essendo in itinere iniziative normative, sia a livello comunitario che
nazionale, volte a ridurre ulteriormente la indicata soglia di tolleranza dell'1%, la contravvenzione
in questione èipotizzabile - beninteso sempre che la contaminazione sia accidentale - solo in caso di
superamento di tale limite.
Ebbene, gli accertamenti effettuati su campioni dei prodotti in sequestro hanno tutti escluso il
superamento del menzionato limite, constatando peraltro - sempre al di sotto della soglia dell'1%
una presenza di OGM non costante, ma estremamente variabile da un campione all'altro, il che fa
logicamente propendere per l'accidentalitàdella contaminazione. Del resto, contrariamente a quanto
affermato dal Tribunale, ritiene il Collegio che incomba all'accusa la dimostrazione della
volontarietà(o meglio della non casualità) della contaminazione, anche in questa fase, non essendo
suscettibile di dimostrazione l'accidentalitàdi essa da parte dell'indagato, se non nei termini
probabilistici sopra indicati.
Conclusivamente, non essendo stata superata, nel caso in esame, la soglia di tolleranza per l'utilizzo
di OGM, posta dal regolamento CE n. 49/2000, nèessendo minimamente motivata la volontarietà(o
non accidentalità) della contaminazione (anzi vi èsul punto una sostanziale inversione dell'onere
della prova), il fumus della contravvenzione ipotizzata, se il prodotto in sequestro avesse le
caratteristiche indicate dal ricorrente e fosse dunque disciplinato dal D.Lgs. n. 111/1992 e dal detto
regolamento, non sarebbe certamente ravvisabile, con conseguente illegittimitàdel vincolo.
Sennonchèil Tribunale ha omesso di accertare l'esatta natura del ―SOM 2 Milupa‖, giustificando
tale mancato approfondimento con le caratteristiche tipiche del giudizio di riesame, nonchècon le
difficoltàtecniche che l'indagine presenterebbe, incompatibili con le esigenze di sommarietàe
rapiditàdella fase incidentale.
Ritiene peròil Collegio che le esposte argomentazioni non siano condivisibili, in quanto neppure
nella presente fase possono essere eluse questioni di decisiva rilevanza, quali, ad esempio, l'esatta
individuazione e classificazione dei prodotti in sequestro in una o in un'altra categoria di alimenti,
soprattutto quando sia differente il regime giuridico al quale vengono sottoposti. Infatti la tolleranza
per gli OGM sopra indicata non riguarda ogni categoria di prodotti.
L'ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con riferimento alla sussistenza del fumus
della contravvenzione di cui all'art. 5 lett. a) L. n. 283/1962, con rinvio al giudice del merito, che
dovràsvolgere l'accertamento ―in fatto‖ sopra indicato.
P.Q.M.
223 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
la Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano.
Cosìdeciso in Roma, il 12 novembre 2003.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2004
T.A.R. Lazio Roma Sez. I, 29 novembre 2004, n. 14477
La sospensione della commercializzazione di prodotti alimentari contenenti residui di proteine
trasgenetiche ex Reg. (CE) 27 gennaio 1997 n. 258/97
Svolgimento del processo
Con atto notificato in data 13/11/00 e depositato il successivo 22/11 le societàe l'associazione in
epigrafe impugnavano il D.P.C.M. 4 agosto 2000, pubblicato nella G.U.R.I. dell'8/8/00, con il quale
era stata sospesa cautelativamente la commercializzazione dei prodotti transgenici Mais BT 11,
Mais MON 810, Mais MON 809 e Mais T 25.
Esponevano le ricorrenti che Monsanto Services International, per conto di Monsanto Europe S.A.,
Novartis Seeds AG e Pioneer Overseas Corporation, utilizzando la procedura semplificata di cui
all'art. 5 del Regolamento C.E. n. 258/97, aveva provveduto a notificare alla Commissione europea
tra il 1997 ed il 1998 l'immissione in commercio di alimenti o ingredienti alimentari derivanti
rispettivamente dalle linee di granturco MON 810, BT11 e MON 809.
Le ricorrenti lamentavano che, sebbene il parere tecnico in data 28/7/2000 dell'Istituto Superiore di
Sanità, rilevata la presenza, nei loro prodotti, di livelli di proteine derivanti da modificazioni
genetiche compresi tra 0,04 e 30 parti per milione, avesse concluso che ―alla luce delle conoscenze
scientifiche attuali, non risultano esistere rischi per la salute umana ed animale a seguito dei
consumi dei derivati dei predetti O.G.M.‖, con il provvedimento gravato ne era stata sospesa la
commercializzazione, che pure era ormai in atto da oltre due anni senza avere dato adito ad alcuna
segnalazione negativa.
A sostegno del ricorso venivano dedotti i seguenti motivi di diritto : violazione e falsa applicazione
del Regolamento C.E. n. 258/97 del Parlamento e del Consiglio del 27/1/97, con specifico
riferimento all'art. 12, nonchèagli artt. da 1 a 7; violazione e falsa applicazione del ―principio di
precauzione‖, formalizzato dall'art. 15 della Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992,
nonchèdall'art. 174 del Trattato C.E., come interpretato dalla Comunicazione della Commissione
europea del 18/2/2000; violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 9, 10, 11, 32, 41, 97 e 98 della
Cost.; violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3 e 6 della Legge n. 241 del 1990; violazione e
falsa applicazione della direttiva del Consiglio n. 90/220/CEE del 23/4/1990, recepita in Italia con
D.Lgs. n. 92 del 1993; violazione e falsa applicazione della Raccomandazione della Commissione
europea n. 97/618/CE del 29/7/1997; violazione e falsa applicazione delle linee guida OECD -
Safety Evaluetion of Foods Derived by Modernes Biotecnology del 1993; violazione e falsa
applicazione degli artt. 163 e 174 del Trattato C.E.; violazione e falsa applicazione della
Comunicazione della Commissione europea del 18/2/2000; violazione e falsa applicazione del
principio di proporzionalitàdell'azione amministrativa; eccesso di potere per sviamento,
224 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, difetto di motivazione,
illogicità, irragionevolezza, disparitàdi trattamento, contraddittorietà.
Con tali doglianze si assumeva, in sintesi, quanto segue.
Premesso che il Regolamento C.E. n. 258/97 prevede due procedure alternative per l'immissione in
commercio di nuovi alimenti, vale a dire la procedura ordinaria, disciplinata dagli artt. 4, 6 e 7 di
tale fonte, e la procedura c.d. semplificata, cui si èfatto ricorso nel caso di specie, ad avviso dei
ricorrenti appariva illegittimo ed ingiustificato l'esercizio mediante il provvedimento gravato dei
poteri di cui all'art. 12 del predetto Regolamento (che consente la sospensione della
commercializzazione ed utilizzazione dei prodotti allorchè, a seguito di nuove informazioni o di una
nuova valutazione di informazioni giàesistenti, sussista fondato motivo di ritenere che
l'utilizzazione degli stessi presenti rischi per la salute umana o per l'ambiente), in quanto non
sarebbero esistite le condizioni per l'adozione di una simile misura.
Sotto altro profilo, veniva precisato che l'applicazione della procedura semplificata richiede, ai sensi
del predetto regolamento C.E., due presupposti : a) che vengano in rilievo prodotti ed ingredienti
alimentari ricavati a partire da organismi geneticamente modificati, ma che non li contengano; b)
che tali prodotti siano ―sostanzialmente equivalenti‖ ai propri corrispondenti tradizionali, e
ciòvenga certificato da un organismo di uno Stato membro preposto alla valutazione dei prodotti
alimentari. Ebbene, nel caso di specie sarebbero esistiti entrambi tali presupposti, in quanto i
prodotti in questione non contengono OGM (ma evidenziano solo dei livelli di proteine derivanti da
modificazioni genetiche), e, al contempo, la ―sostanziale equivalenza‖ tra essi ed i loro omologhi
tradizionali èstata ufficialmente certificata dall'Ente scientifico del Ministero dell'Agricoltura
britannico (ACNFP).
Nèpotrebbe invocarsi a sostegno del provvedimento impugnato -sempre secondo le ricorrenti- il
principio di precauzione, consacrato in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite
sull'ambiente e lo sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 con l'art. 15 della relativa
Dichiarazione, in quanto a carico dei prodotti in questione non sarebbero mai emerse nèserie
minacce di danni gravi ed irreversibili nèsegnalazioni negative di alcun genere, in oltre due anni di
commercializzazione in tutto il territorio comunitario.
Lo stesso Comitato Scientifico dell'alimentazione umana, interpellato dal Commissario europeo su
sollecitazione del Governo nazionale, nella riunione del 6 - 7/9/2000 aveva evidenziato che il
Consiglio Superiore di Sanitàitaliano, con il suo parere del 16/12/99, non aveva fornito in concreto
nessuna informazione specifica circa i problemi che avrebbero potuto verificarsi con l'uso dei
prodotti in questione, ed aveva concluso che allo stato attuale delle conoscenze scientifiche non
esisteva alcuna prova che il consumo dei derivati degli OGM mettesse a rischio la salute umana,
nèmotivo per ritenere tanto.
Doveva essere infine considerato, secondo le tesi svolte in ricorso, che la sospensione della
commercializzazione dei prodotti per cui ècausa aveva di fatto impedito il loro uso, sia se destinato
all'impiego industriale e all'alimentazione animale, sia ove destinato all'alimentazione umana: il che
avrebbe concretizzato non solo una violazione dell'art. 1 della direttiva 90/220/CEE
(poichèlimitatamente al settore industriale e all'alimentazione animale la circolazione dei prodotti di
cui si tratta doveva ritenersi giàda tempo autorizzata), ma anche una lesione del principio di
proporzionalitàdell'azione amministrativa, il quale impone un bilanciamento fra gli interessi in
giuoco, e comunque un rapporto ragionevole tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito.
225 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Si costituivano in giudizio in resistenza al ricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il
Ministero della Sanità.
Le resistenti con le loro prime tre memorie difensive contestavano, in particolare, che nella vicenda
in esame sussistessero i presupposti per accedere alla procedura semplificata di immissione sul
mercato dei nuovi prodotti alimentari, in quanto, in assenza di ―identitàanalitica‖ (stante la
diversitàdi composizione dei prodotti a confronto), non avrebbe potuto ravvisarsi la ―sostanziale
equivalenza‖ dei nuovi prodotti a quelli preesistenti. In modo del tutto legittimo, conseguentemente,
il Governo italiano aveva fatto ricorso al potere conferitogli dall'art. 12 del Regolamento n. 258/97,
mancando la prova della sicurezza dei nuovi prodotti per la salute umana.
Le ricorrenti, dal canto loro, sviluppavano le loro doglianze con una successiva memoria,
controdeducendo alle difese erariali.
Interveniva, quindi l'ordinanza n. 3769 del 3/5/2001, con la quale la Sezione sospendeva il presente
processo e disponeva un rinvio pregiudiziale, investendo la Corte di Giustizia delle
Comunitàeuropee di diverse questioni di interpretazione e di validitàdi atti comunitari.
La domanda pregiudiziale oggetto del rinvio ex art. 234 (già177) del Trattato C.E., cosìcome
interpretata dalla Corte di Giustizia attraverso la sentenza 9/9/2003 in causa C-236/01, verteva sulle
seguenti questioni :
1) se l'art. 3, n. 4, primo comma, del Regolamento n. 258/97 debba essere interpretato nel senso che
i prodotti e gli ingredienti alimentari contemplati dall'art. 1, n. 2, lett. b) del citato Regolamento (id
est : prodotti e ingredienti alimentari prodotti a partire da organismi geneticamente modificati, ma
che non li contengono) possano essere considerati sostanzialmente equivalenti a prodotti o a
ingredienti alimentari esistenti, e possano conseguentemente essere immessi sul mercato in base alla
procedura semplificata per effetto di una notifica anche nell'ipotesi in cui in tali prodotti e
ingredienti alimentari siano presenti residui di proteine transgeniche;
2) in caso di soluzione negativa della prima questione, e, quindi, di illegittima applicazione, nel
caso di specie, della procedura semplificata, quali conseguenze derivino, in particolare, in relazione
: - al potere degli Stati membri di adottare, in forza del principio della precauzione, di cui l'art. 12
del Regolamento n. 258/97 costituisce una specifica applicazione, misure come il decreto 4/8/2000;
- alla distribuzione dell'onere della prova dei rischi per la salute umana e per l'ambiente che il nuovo
prodotto comporta;
3) se una soluzione affermativa del problema se la natura della procedura semplificata implichi un
consenso tacito della Commissione all'immissione sul mercato dei prodotti che ne costituiscono
oggetto incida sulla soluzione della seconda questione, nel senso che lo Stato membro considerato
debba previamente mettere in discussione la legittimitàdi tale consenso tacito;
4) in caso di soluzione affermativa della prima questione, se l'art. 5 del Regolamento n. 258/97 sia
compatibile con gli artt. 153 C.E. e 174 C.E., nonchècon il principio della precauzione e con i
principi di proporzionalitàe di ragionevolezza, nonostante che : - esso non richieda una valutazione
completa della sicurezza dei prodotti e degli ingredienti alimentari in relazione ai rischi per la salute
umana e per l'ambiente e non garantisca l'informazione e la partecipazione degli Stati membri e dei
loro enti scientifici, benchètale intervento risulti irrinunciabile per tutelare i predetti beni, come sta a
dimostrare la procedura ordinaria prevista dagli artt. 6 e seguenti del citato regolamento; - siffatta
procedura semplificata possa essere applicata, per semplici ragioni di celeritàe di semplificazione
226 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
dell'azione amministrativa, all'immissione sul mercato di prodotti e ingredienti alimentari rispetto ai
quali, attesa la presenza in essi di residui di proteine transgeniche, non si dispone di informazioni
complete su tutti i loro effetti sulla salute dei consumatori, sul consumo umano e sull'ambiente,
come puòdesumersi, in via generale, dalla raccomandazione 97/618/CE.
Ai quesiti cosìposti dal giudice nazionale la Corte di Giustizia dava, con la sentenza 9/8/2003, le
seguenti soluzioni :
1) l'art. 3, n. 4, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27/1/1997, n. 258, sui
nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari, dev'essere interpretato nel senso che la mera
presenza, all'interno di nuovi prodotti alimentari, di residui di proteine transgeniche a determinati
livelli non osta a che tali prodotti alimentari siano considerati come sostanzialmente equivalenti a
prodotti alimentari esistenti, e, pertanto, non osta al ricorso alla procedura semplificata per
l'immissione sul mercato di detti nuovi prodotti alimentari. Ciòtuttavia non vale qualora le
conoscenze scientifiche disponibili all'epoca della valutazione iniziale permettano di individuare
l'esistenza di un rischio di effetti potenzialmente pericolosi per la salute umana. Spetta al giudice
del rinvio verificare se sia soddisfatta tale condizione.
2) In linea di principio, la questione della regolaritàdel ricorso alla procedura semplificata di
immissione sul mercato di nuovi prodotti alimentari, prevista dall'art. 5 del regolamento n. 258/97,
non incide sul potere degli Stati membri di adottare misure ai sensi dell'art. 12 del citato
regolamento, quale il decreto 4/8/2000, di cui trattasi nella causa principale. Poichèla procedura
semplificata non implica alcun consenso, ancorchètacito, della Commissione, uno Stato membro
non ètenuto, al fine di adottare tali misure, a mettere previamente in discussione la legittimitàdi tale
consenso. Tuttavia, tali misure possono essere adottate solamente se lo Stato membro ha
previamente svolto una valutazione dei rischi quanto piùpossibile completa, tenuto conto delle
circostanze specifiche del caso di specie, valutazione da cui risulti che, con riferimento al principio
di precauzione, l'attuazione di tali misure ènecessaria a garantire, ai sensi dell'art. 3, n. 1, primo
trattino, del regolamento n. 258/97, che i nuovi prodotti alimentari non presentano rischi per il
consumatore.
3) L'esame della quarta questione non ha messo in luce alcun elemento atto a inficiare la
validitàdell'art. 5 del regolamento n. 258/97, per quanto riguarda in particolare il presupposto
applicativo di tale disposizione relativo all'equivalenza sostanziale, ai sensi dell'art. 3, n. 4, primo
comma, di tale regolamento.
La Sezione aveva modo di rilevare, dunque, con la propria successiva ordinanza n. 2028 del
3/32004, che dalla sentenza della Corte di Lussemburgo si evinceva che questa aveva ritenuto
regolare il ricorso alla procedura semplificata per l'immissione sul mercato dei prodotti alimentari
contenenti residui di prodotti transgenici, e riconosciuto, al contempo, (sottolineando la
corrispondenza tra i due mezzi) il potere degli Stati membri di adottare misure di salvaguardia ai
sensi dell'art. 12 del Regolamento ove da una valutazione dei rischi quanto piùpossibile completa
fossero emersi motivi fondati per ritenere che un prodotto presentava rischi per la salute umana o
per l'ambiente.
Dopo la decisione della Corte di Giustizia la Sezione riteneva, quindi, che profilo decisivo per le
sorti della controversia fosse quello di verificare se le conoscenze scientifiche disponibili all'epoca
dell'immissione in commercio dei prodotti in esame, come pure al tempo dell'adozione
dell'impugnato D.P.C.M. che aveva sospeso la loro commercializzazione, consentissero (o meno) di
individuare l'esistenza di un rischio di effetti pregiudizievoli per la salute.
227 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
La risoluzione di tale questione veniva reputata essenziale anche in considerazione del fatto che la
Corte di Giustizia aveva affermato expressis verbis (punti nn. 112 e 113 della sentenza) che le
misure di cui all'art. 12 del Regolamento, interpretato alla luce del principio di precauzione,
possono essere adottate anche ove una valutazione scientifica completa dei rischi si riveli
impossibile a causa della limitatezza dei dati disponibili, dovendosi in tale caso ritenere sufficiente
l'esistenza di indizi specifici (alla stregua delle risultanze della ricerca internazionale) della
potenziale pericolositàper la salute umana dei nuovi prodotti.
La Sezione, perciò, con l'ordinanza n. 2028/2004 stabiliva di integrare l'istruttoria con una
verificazione tecnica, affidata al Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, affinchè, in
contraddittorio con un esperto designato dal Consiglio Superiore di Sanità, un esperto designato dal
Comitato Scientifico dell'Alimentazione Umana istituito presso la Commissione dell'Unione
europea, un altro designato dall'Ente Scientifico del Ministero dell'Agricoltura britannico (ACNFP)
ed un ultimo designato dalle ricorrenti, fornisse un motivato parere sul seguente quesito : ―se le
conoscenze scientifiche disponibili all'epoca della adozione dell'impugnato provvedimento, o
successivamente, permettevano o permettono di individuare l'esistenza di un rischio di effetti
potenzialmente pericolosi per la salute umana, connessi all'immissione nel mercato di nuovi
prodotti alimentari contenenti la presenza di proteine transgeniche, in particolare nella misura
compresa tra 0,04 e 30 parti per milione‖.
In seguito, con nota del 27 aprile 2004 il Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, nel far presente
che il Comitato Scientifico dell'Alimentazione Umana presso la Commissione europea non era
piùoperativo, chiedeva di conoscere a quale organo fare riferimento, in sostituzione del suddetto
Comitato, ai fini della designazione dell'esperto che lo stesso avrebbe dovuto esprimere. Sicchècon
ordinanza presidenziale n. 246/2004 e successiva ordinanza collegiale n. 6253/2004 la Sezione
stabiliva che la designazione avrebbe dovuto essere richiesta, in luogo del detto Comitato,
all'AutoritàEuropea per la Sicurezza Alimentare.
Poco dopo, con una nuova nota del Presidente dello stesso Istituto Superiore veniva rappresentata
l'esistenza di ulteriori impedimenti, per cui la Sezione con l'ordinanza n. 379/2004 disponeva che la
verificazione de qua fosse effettuata dal medesimo Presidente esclusivamente con l'esperto
designato dal Consiglio Superiore di Sanitàe con quello scelto dalle ricorrenti, attesa
l'indisponibilitàdegli altri inizialmente previsti.
All'esito, la verifica richiesta veniva depositata.
Nel frattempo, le parti costituite presentavano nuove memorie ad ulteriore illustrazione delle
rispettive ragioni.
Alla pubblica udienza del 27/10/2004, sentiti i legali di parte, la causa èstata conclusivamente
trattenuta in decisione.
Osserva la Sezione che l'impugnativa del provvedimento èfondata; per converso, la domanda di
risarcimento del danno avanzata dalle ricorrenti deve essere respinta.
A)Giova ricordare le ragioni addotte dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri a giustificazione
del decreto oggetto di gravame.
Con il provvedimento vengono espressi, in primo luogo, dei dubbi sulla legittimitàdel ricorso alla
procedura semplificata per l'immissione in commercio dei prodotti di cui si tratta, in relazione alla
228 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
configurabilitàdel presupposto della ―sostanziale equivalenza‖ -degli stessi prodotti rispetto ai loro
omologhi tradizionali- richiesto dall'art. 3, comma 4, del Regolamento; viene altresìsegnalata
l'ambiguitàdella relativa espressione.
Vengono richiamati, inoltre, il parere reso dal Consiglio Superiore di Sanitàil 16/12/1999
(contenente l'auspicio che prima dell'immissione in commercio siano intraprese delle ricerche
mirate ad approfondire la conoscenza delle conseguenze delle modificazioni genetiche), e quello
dell'Istituto Superiore di Sanitàdel 28/7/2000, recante l'avviso che la documentazione tecnica
disponibile non avrebbe permesso di ravvisare una sostanziale identitàdei prodotti in questione
rispetto alle loro controparti tradizionali dal punto di vista delle rispettive composizioni.
In questo quadro, la misura impugnata èstata motivata, segnatamente, con la ―carenza di elementi
informativi richiesti a piùriprese dalle autoritàitaliane‖ alla Commissione europea, e con la
circostanza dell'avvenuta sottoposizione, su iniziativa del competente Commissario, degli elementi
forniti dalle autoritàitaliane sugli effetti degli organismi modificati ad un ulteriore vaglio tecnico da
parte del Comitato scientifico dell'alimentazione umana.
BDetto questo, il Tribunale deve immediatamente disattendere l'eccezione di inammissibilitàdel
ricorso opposta dalla difesa erariale nella sua ultima memoria (pagg. 10-11).
L'eccezione muove dal presupposto che i provvedimenti cautelari del genere di quello impugnato si
trovano inseriti dal Regolamento in un complesso procedimento (avente la finalitàdi tutelare la
salute pubblica e garantire nel contempo la libera circolazione dei prodotti alimentari), nel cui
ambito èprevista una verifica successiva a livello comunitario del buon fondamento della singola
misura adottata (artt. 12 n. 2 e 13 del Regolamento piùvolte citato).
Ora, con riguardo al caso di specie si fa notare che il procedimento inteso alla verifica del D.P.C.M.
in epigrafe non èstato portato a compimento.
Tale circostanza, tuttavia, non potrebbe in alcun modo giustificare la conclusione della difesa
erariale -del resto, da questa in pratica neppure motivata- secondo la quale nella vicenda non vi
sarebbe spazio per un accertamento in via principale dinanzi al giudice nazionale
dell'illegittimità(comunitaria) del decreto.
Una posizione simile porterebbe, infatti, senza ragione, all'inammissibile conseguenza di
disconoscere ogni possibilitàdi accesso alla tutela giurisdizionale alle imprese colpite da
provvedimenti come quello per cui ècausa. Ciòladdove la possibilitàdel giudice statale di esercitare
il proprio sindacato sarebbe suscettibile di discussione, semmai, nell'ipotesi opposta a quella qui
corrente, vale a dire nel caso in cui le Istituzioni comunitarie avessero concluso il procedimento,
data la problematicitàdi un'estensione del controllo giudiziale nazionale, in tale ipotesi, sulla
determinazione conclusiva del relativo iter.
CTanto premesso, il Tribunale ritiene di dovere subito affrontare il controverso tema
dell'applicabilità, nella fattispecie, della procedura semplificata.
Il punto, come si èvisto, ha fornito materia di uno specifico quesito pregiudiziale (riportato nella
precedente pag. 8 al n. 1), alla Corte di Giustizia, la quale ha disatteso, in proposito, la tesi sostenuta
dall'Amministrazione statale.
229 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
La Corte, difatti, ha concluso (con pronuncia che, proprio per il fatto di essere stata resa su un
quesito pregiudiziale sollevato nell'ambito del presente giudizio, èper definizione applicabile, non
disponendo il contrario, alla fattispecie) che le norme comunitarie di settore devono essere
interpretate nel senso che la mera presenza, all'interno di nuovi prodotti alimentari, di residui di
proteine transgeniche a determinati livelli non osta a che tali prodotti siano considerati come
―sostanzialmente equivalenti‖ ai loro omologhi esistenti, e, pertanto, che la circostanza indicata non
impedisce di per sèil ricorso alla procedura semplificata per l'immissione sul mercato di nuovi
prodotti alimentari.
Con questa indicazione, puònotarsi, èstata inequivocabilmente superata l'interpretazione
dell'Amministrazione statale che legava, invece, la ―equivalenza sostanziale‖ all'identitàdi
composizione chimica dei prodotti a confronto.
L'indicazione esposta, peraltro, non vale più, secondo la stessa Corte, qualora le conoscenze
scientifiche disponibili all'epoca della valutazione iniziale permettano di individuare l'esistenza di
un rischio di effetti potenzialmente pericolosi per la salute umana (condizione il cui accertamento
rispetto alla fattispecie èstato rimesso al giudice del rinvio).
Osserva la Sezione, dunque, che soltanto la ricorrenza di quest'ultima condizione potrebbe
permettere di negare la regolaritàdell'applicazione nella presente vicenda della procedura
semplificata (anche perchèla Corte di Lussemburgo, con la propria pronunzia, non ha condiviso le
perplessitàche il Tribunale aveva avanzato, nel suo quesito n. 4, sulla validitàintrinseca della stessa
procedura).
Per il resto, ai fini dell'applicabilitàdella procedura il Regolamento esige che il prodotto non
contenga OGM, dovendo trattarsi solo di ―prodotti e ingredienti alimentari prodotti a partire da
organismi geneticamente modificati, ma che non li contengono‖ (l'art. 3 comma 4 del Regolamento
menziona infatti la lett. b), ma non la a), dell'art. 1 comma 2). Ma nessuna precisa obiezione èstata
mossa all'affermazione delle ricorrenti (che neppure risulta essere stata messa seriamente in dubbio
nei pareri scientifici in atti) che i ―livelli di proteine derivanti da modificazioni genetiche‖
riscontrati nei loro prodotti non costituiscono OGM. Ed èplausibile ritenere, effettivamente, che i
primi non siano suscettibili di integrare la definizione data ai secondi dall'art. 2 n. 1 della direttiva
23/4/1990 n. 90/220 (richiamata dall'art. 1 comma 2 lett. a) del Regolamento), la quale fa
riferimento ad una ―entitàbiologica capace di riprodursi (ad esempio, un seme) o di trasferire
materiale genetico‖, per il fatto di avere perduto la possibilitàdi comportarsi come organismi viventi
e di non possedere le suddette capacitàdi riproduzione o di trasferimento (la posizione di parte
ricorrente ècorroborata anche dalla nota del Ministero dell'Ambiente del 22/12/2000 allegata alla
terza memoria dell'Avvocatura Generale dello Stato, nonchèdal parere del Comitato Nazionale per
la biosicurezza e le biotecnologie dell'8/4/2002 in all. n. 22 al ricorso, al punto 2 delle sue
conclusioni).
DL'indicata condizione dell'individuabilitàdi un rischio per la salute nell'ambito della presente
controversia ha una rilevanza ancora piùcentrale.
Il provvedimento in contestazione dovrebbe rinvenire il proprio fondamento nella previsione
dell'art. 12 del Regolamento.
Questo, come si èvisto, consente la sospensione della commercializzazione ed utilizzazione dei
prodotti allorchè, a seguito di nuove informazioni, oppure di una nuova valutazione di informazioni
230 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
giàesistenti, emergano ―fondati motivi‖ per ritenere che l'utilizzazione dei medesimi presenti rischi
per la salute umana o per l'ambiente.
La Corte di Giustizia ha puntualizzato, peraltro, che una misura siffatta puòessere adottata
solamente se lo Stato membro interessato abbia previamente svolto ―una valutazione dei rischi
quanto piùpossibile completa‖ (la quale possa dimostrare, appunto, la necessitàdella misura), non
potendo essere considerata valida una motivazione di carattere generico, oppure basata su ―un
approccio puramente ipotetico‖ al rischio, fondato su ―semplici supposizioni non ancora accertate
scientificamente‖. La Corte ha ulteriormente precisato che occorre quanto meno il supporto di
―indizi tali da rivelare l'esistenza di un rischio specifico‖, vale a dire di ―indizi specifici i quali,
senza escludere l'incertezza scientifica, permettano ragionevolmente di concludere, sulla base dei
dati scientifici disponibili che risultano maggiormente affidabili e dei risultati piùrecenti della
ricerca internazionale, che l'attuazione di tali misure ènecessaria‖ (parr. nn. 106, 107, 109 e 113
della decisione).
Da quanto esposto si desume, quindi, che la non individuabilità, all'epoca, di un rischio di effetti
potenzialmente pericolosi per la salute, non solo denoterebbe la regolaritàdel ricorso alla procedura
semplificata fatto dalle ricorrenti, ma sancirebbe per ciòstesso anche la carenza dei presupposti per
l'adozione della misure astrattamente consentite dall'art. 12 cit..
ERisulta confermato, pertanto, che il punto decisivo per le sorti della controversia èquello di
stabilire se le conoscenze scientifiche disponibili all'epoca della notifica di immissione in
commercio dei prodotti alimentari in questione, come pure al tempo dell'adozione dell'impugnato
decreto, consentissero o meno di delineare l'esistenza di un rischio di effetti pregiudizievoli per la
salute.
E nel quadro normativo pertinente alla causa il relativo onere probatorio non puòche essere ascritto
all'Amministrazione resistente. Ciònon solo perchèsu questa incombeva la dimostrazione della
consistenza dei dubbi da essa enunciati in ordine alla regolaritàdella procedura semplificata seguita:
ma anche, e soprattutto, perchèla stessa Amministrazione si èavvalsa di una misura, quella
impugnata, la cui adozione postula proprio l'esistenza di rischi per la salute umana o per l'ambiente
(cfr. il n. 108 della decisione della Corte UE).
Del resto, l'opposta convinzione della difesa erariale, incline a ribaltare l'onere probatorio sulle
controparti, trovava il proprio fondamento nel presupposto, il quale èstato ormai superato dalla
Corte di Giustizia, che la diversitàdi composizione dei prodotti in questione rispetto alle loro
controparti tradizionali avrebbe inevitabilmente interdetto loro l'accesso alla procedura semplificata,
ponendoli in una condizione di flagrante irregolarità.
FTutto ciòposto, la Sezione deve osservare che le risultanze processuali non sono suscettibili di
permettere l'individuazione di un rischio -connotato nei termini visti alla lettera D- di effetti
potenzialmente pericolosi.
A parte la circostanza, giànon proprio trascurabile, che negli oltre due anni di commercializzazione
in tutto il territorio comunitario (e sei negli USA) non sono emerse, a carico dei prodotti in discorso,
nèserie minacce di danni gravi ed irreversibili, nèsegnalazioni negative di alcun genere, si deve
notare quanto segue.
231 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Il provvedimento impugnato, come hanno fondatamente lamentato le ricorrenti, non ha evidenziato
alcun preciso profilo di pericolositàricollegabile ai prodotti di cui si tratta, evidenziando, piuttosto,
essenzialmente una carenza di elementi informativi in merito ad essi.
Aspetti di pericolositàdegli stessi prodotti tanto meno potrebbero essere rinvenuti nei pareri
menzionati dal provvedimento.
In realtà, i dati e gli argomenti acquisiti dall'Amministrazione mettevano in luce, ben piùche una
pericolositàdelle sostanze in discorso (adombrata talvolta, ma solo su un piano puramente ipotetico
e teorico), delle perplessitàsull'applicabilitàdella procedura semplificata ai prodotti derivanti da
OGM. Invero l'Istituto Superiore di Sanitàaveva precisato, giàall'epoca, che ―non risultano
sussistere rischi per la salute umana ed animale derivanti dal consumo dei derivati degli O.G.M.
indicati‖.
Se èesatto, quindi, che, come oppone la resistente difesa, non occorre ai fini del provvedere ex art.
12 cit. una prova di dannosità, sufficiente essendo il sospetto di un pericolo di danno, èaltrettanto
sicuro alla luce dei parametri offerti dalla decisione della Corte di Giustizia che questo debba avere
un fondamento oggettivo, concreto e specifico. E da quanto si èesposto risulta che nella vicenda un
simile presupposto fa difetto.
Non solo, infatti, l'Amministrazione non ha ottemperato all'onere probatorio che proprio su di essa,
come si èvisto, gravava: vi sono, al contrario, evidenze documentali di contenuto esattamente
opposto, che depongono appunto per la sicurezza dei prodotti di cui si tratta.
La sicurezza di questi ultimi trova infatti conferma: nelle valutazioni compiute a suo tempo
dall'Ente Scientifico del Ministero dell'Agricoltura britannico (ACNFP); nel giudizio del 28/7/2000
dello stesso Istituto Superiore di Sanità, che ha affermato che ―alla luce delle conoscenze
scientifiche attuali non risultano esistere rischi per la salute umana e animale a seguiti dei consumi
dei derivati dei predetti OGM‖; nell'avviso del Comitato Scientifico dell'Alimentazione Umana,
interpellato dal Commissario europeo Byrne su sollecitazione del Governo italiano, che nel suo
parere del 7/9/2000 ha osservato che dalle informazioni pervenute dalle autoritàitaliane non era
desumibile alcun motivo scientifico per ritenere che l'uso dei prodotti in questione costituisse
ragione di pericolositàper l'uomo; nell'analogo parere del Comitato Nazionale per la biosicurezza e
le biotecnologie dell'8/4/2002 (all. n. 22 al ricorso, punto 3 delle conclusioni); nel parere, infine, del
Consiglio Superiore di Sanitàdel 25/11-5/12/2003, che non solo ha escluso che elementi
comprovanti situazioni di rischio si profilassero all'epoca del provedimento in contestazione, ma ha
altresìrimarcato che dalla letteratura internazionale e dal dibattito scientifico non emergevano nuovi
dati tali da mettere in evidenza danni per la salute umana, nènuove interpretazioni dei dati giànoti
che potessero indurre preoccupazioni.
Il coerente quadro indiziario esposto riceve, infine, una decisiva convalida dagli esiti della
verificazione disposta dal Tribunale, la quale ha attestato la convergenza delle posizioni del
Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, e degli altri esperti espressisi, sulla conclusione che le
conoscenze scientifiche disponibili, sia all'epoca dell'adozione del D.P.C.M. 4 agosto 2000 che
attualmente, indicavano, cosìcome indicano, che non risultano esistere rischi per la salute umana ed
animale ricollegabili ai prodotti cui la controversia si riferisce.
GPer quanto si èfin qui detto, risultano in definitiva fondati gli assorbenti motivi svolti ai nn. 3.1,
3.2, 3.3 e 3.4 del presente ricorso.
232 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Il primo di essi, con il quale èstata dedotta l'erroneitàdell'applicazione della procedura delineata
dall'art. 12 del Regolamento, in quanto -anche a voler ammettere che da parte dell'Esecutivo
nazionale vi sia stata una vera e propria ―nuova valutazione di informazioni giàesistenti‖, in ogni
caso- alla base del provvedimento in contestazione fa difetto l'indispensabile condizione
dell'esistenza di ―motivi fondati per ritenere che l'utilizzazione di un prodotto ... conforme al
presente Regolamento presenti rischi per la salute umana o per l'ambiente‖.
Il secondo, con il quale èstata denunziata una violazione/erronea applicazione del principio di
equivalenza sostanziale, giacchèalla stregua del chiarimento ermeneutico fornito dalla Corte di
Giustizia occorre riconoscere che nella fattispecie sussistevano i presupposti per l'applicazione della
procedura di immissione in commercio semplificata ai sensi dell'art. 5 del Regolamento, atteso che
la mera presenza, all'interno di nuovi prodotti alimentari, di residui di proteine transgeniche a
determinati livelli non osta, come ha indicato appunto la Corte, a che tali prodotti siano considerati
come sostanzialmente equivalenti a quelli giàesistenti, e non èemerso, inoltre, che le conoscenze
scientifiche disponibili all'epoca della valutazione iniziale permettessero di ravvisare l'esistenza di
un rischio di effetti potenzialmente pericolosi per la salute umana.
Il terzo, in ordine alla violazione del principio di precauzione, siccome, giusta quanto si èdetto, non
solo l'equivalenza sostanziale dei prodotti in questione ai loro omologhi tradizionali era stata
riconosciuta dall'autoritàbritannica ACNEFP, ma nella specie non erano neppure emerse delle
effettive minacce di danni che potessero giustificare la misura.
Il quarto, in relazione alle doglianze di difetto di istruttoria e di travisamento dei presupposti di fatto
e di diritto, in quanto anche tali doglianze, in forza di quanto esposto, si appalesano fondate.
HMentre il provvedimento impugnato non puòsfuggire, per le ragioni innanzi illustrate,
all'invalidazione, la pretesa risarcitoria avanzata dalle ricorrenti deve essere invece respinta.
E‘pacifico che l'imputazione di un obbligo risarcitorio a carico di una Pubblica Amministrazione
non rappresenti una conseguenza automatica e costante dell'annullamento di un suo atto in sede
giurisdizionale, e quindi non possa essere mossa sulla base del puro dato oggettivo della riscontrata
illegittimitàdi un provvedimento, ma richieda pur sempre, secondo i principi, la positiva verifica del
concorso di tutte le specifiche condizioni all'uopo previste dalla Legge. Essa presuppone, perciò,
che sia autonomamente accertato l'elemento della colpa, oltre, naturalmente, al danno e alla sua
riconducibilitàcausale all'operato della P.A., pacifico essendo, in particolare, che nèdolo nècolpa
siano passibili di configurazione dove all'Amministrazione non possano essere mosse critiche sul
piano della diligenza e della perizia (per questi principi cfr. ad es. C.d.S., IV, n. 924 del 15/2/2002;
V, n. 1562 del 18/3/2002; VI, n. 4007 del 19/7/2002; C.G.A., n. 202 del 22/4/2002).
Non vi èdubbio, inoltre, sempre secondo le regole generali, che incomba al preteso danneggiato
l'onere della prova circa la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito allegato come
titolo della sua domanda risarcitoria.
Orbene, le ricorrenti non possono dirsi ottemperanti a tale onere.
A carico dell'Amministrazione nazionale non sembra invero possibile, nella fattispecie, nèravvisare
un atteggiamento doloso, nèmuovere addebiti in termini di colpa.
Infatti, come risulta dagli atti di causa, l'Amministrazione ha svolto la propria attivitàistruttoria e
deliberativa dando dimostrazione di agire ipi cfr. di recente.on investe certo
233 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
l'le._________________________________________________________________________in
buona fede a difesa della salute collettiva, e di voler operare nel rispetto della Legge. E se èvero che
l'esercizio delle sue attribuzioni èsfociato, come si èvisto, in una determinazione che deve essere
considerata illegittima, non èmeno vero, però, che, in una materia che conosceva indicazioni
normative solo di larga massima, e decisamente ambigue, e che non poteva contare ancora su
precise indicazioni giurisprudenziali, rimanendo quindi sostanzialmente affidata alla prudenza di
apprezzamento dell'organo pubblico, non potrebbe essere disconosciuto all'iter logico da questo
seguito quel minimum di dignitàlogico-argomentativa che, mentre non impedisce di ritenerlo errato,
non consente di qualificarlo come arbitrario.
Soprattutto, occorre soffermarsi sull'incertezza obiettivamente esistente in ordine al corretto modo
di intendere il presupposto della ―sostanziale equivalenza‖ (richiesto ai fini della procedura
semplificata), e risalente al carattere impreciso e sfuggente della relativa nozione. Incertezza
riconosciuta non solo nel parere del 16/12/1999 del Consiglio Superiore di Sanitàe nella nota
dell'Istituto Superiore di Sanitàdel 28/7/2000, ma pure nella nota del 10/7/2000 del Commissario
europeo (menzionata dal provvedimento in esame), e dissipata solo, sul piano giuridico-formale, dal
successivo intervento della Corte di Giustizia.
Non sembra poi irrilevante aggiungere (anche a conferma di quanto appena detto) che, nel periodo
in cui il provvedimento fu assunto, sia il modo di intendere il concetto di ―equivalenza sostanziale‖,
sia lo stesso atteggiamento degli Stati membri e delle Istituzioni comunitarie in materia, andavano
rapidamente evolvendosi. Gli Stati avevano convenuto, infatti, di non ricorrere più, giàa partire dal
gennaio 1998, alla procedura semplificata per prodotti alimentari quali quelli di cui si tratta. Ed
èpure significativo che la Commissione, nella presente vicenda, si sia astenuta dall'adire il Consiglio
per chiudere il procedimento comunitario assumendo nei confronti del decreto in epigrafe le misure
previste dagli artt. 12 (n. 2) e 13 del Regolamento, a causa delle perplessitàavvertite dagli Stati
membri sulla portata del concetto di equivalenza sostanziale, e, per ragioni analoghe, abbia previsto
nella sua proposta di un nuovo Regolamento della materia la soppressione della procedura
semplificata per i prodotti di cui all'art. 1, n. 2, lett. b), del regolamento n. 258/97 (cfr. i punti nn.
66-67 della sentenza della Corte).
In definitiva ha dunque ragione la difesa erariale quando descrive e qualifica la condizione
antecedente e (almeno immediatamente) successiva all'adozione del decreto impugnato come una
situazione ―di estrema incertezza‖. E ciòrende certamente ragione quanto meno dell'insufficienza di
prove a sostegno di un addebito di elementi di colpa all'Esecutivo nazionale, e comporta il
conseguente rigetto della domanda risarcitoria.
IPer le ragioni esposte, in conclusione, mentre l'impugnativa del provvedimento in epigrafe deve
essere accolta, con l'assorbimento dei motivi di ricorso non espressamente considerati, la domanda
risarcitoria congiuntamente proposta dalle ricorrenti deve essere disattesa.
Si rinvengono ragioni tali da giustificare la compensazione delle spese processuali tra le parti in
causa.
PQM
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I, accoglie l'impugnazione e, per
l'effetto, annulla il provvedimento in epigrafe.
Respinge la domanda di risarcimento del danno.
234 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Spese compensate.
La decisione saràeseguita dall'Autoritàamministrativa.
Cosìdeciso in Roma, Camera di consiglio del 27 ottobre 2004.
Cass. Pen., Sez. III, 9 luglio 2003, n. 38577
Frode in commercio e accidentalità
In materia di organismi geneticamente modificati (Ogm), il regolamento n. 49 del 2000/Ce,
prendendo atto dell'impossibilità di escludere una contaminazione accidentale dei prodotti
alimentari mediante derivati geneticamente modificati, rende obbligatoria l'etichettatura (cioè
l'indicazione «contiene O.G.M.») esclusivamente nel caso in cui la loro misura sia superiore all'1%
del prodotto totale. Ne deriva che, nel caso in cui la contaminazione risulti accidentale e la
percentuale di organismi transgenici non superi la suddetta soglia, deve escludersi la configurabilità
del reato previsto dall'articolo 5, lettera a), della legge 30 aprile 1962 n. 283. Infatti, se è vero che
la citata fattispecie contravvenzionale, dettata in materia di disciplina igienica della produzione e
della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, vieta - tra l'altro - l'impiego nella
preparazione di alimenti e bevande di sostanze alimentari «comunque trattate in modo da variarne la
composizione naturale» (caratteristica, questa, certamente scontata per gli alimenti geneticamente
modificati), pone, peraltro, un limite a detto divieto di carattere generale, essendo aggiunta la frase
«salvo quanto disposto da leggi o da regolamenti speciali», la cui ampia formulazione deve ritenersi
comprensiva anche della disciplina, sia comunitaria che nazionale, in materia di Ogm.
Corte di Giustizia CE, sentenza 9 settembre 2003, C-236/01
Sostanziale equivalenza e valutazione del rischio
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con ordinanza 18 aprile 2001, giunta in cancelleria il 19 giugno seguente, il Tribunale
amministrativo regionale del Lazio ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, quattro
questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione e la validità degli artt. 3, n. 4, primo comma, e 5,
primo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27 gennaio 1997, n.
258, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari (GU L 43, pag. 1), nonché
sull'interpretazione dell'art. 12 di tale regolamento.
2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia che oppone la Monsanto
Agricoltura Italia S.p.A., con sede a Lodi, la Monsanto Europe S.A., con sede a Bruxelles (Belgio),
la Syngenta Seeds S.p.A., ex Novartis Seeds S.p.A., con sede a Origgio, la Syngenta Seeds AG, ex
Novartis Seeds AG, con sede a Basilea (Svizzera), la Pioneer Hi Bred Italia S.p.A., con sede a
Malagnino, la Pioneer Overseas Corporation, con sede a Des Moines (Stati Uniti), società attive nel
235 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
settore della biotecnologia agroalimentare, nonché l'Associazione Nazionale per lo Sviluppo delle
Biotecnologie (Assobiotec), alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero della sanità, al
Consiglio dei Ministri, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministero per le Politiche
comunitarie, all'Istituto superiore di sanità ed al Consiglio superiore di sanità, avente ad oggetto una
misura di sospensione preventiva della commercializzazione e dell'utilizzazione di alcuni prodotti
transgenici in Italia.
Ambito normativo
Disciplina comunitaria
Direttiva 90/220/CEE
3. Ai sensi dell'art. 2, punti 1 e 2, della direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CEE,
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (GU L 117, pag. 15),
per ―organismo‖ si intende un ente biologico capace di riprodursi o di trasferire materiale genetico,
e per ―organismo geneticamente modificato (OGM)‖ un organismo il cui materiale genetico è stato
modificato in modo diverso da quanto si verifica in natura con l'accoppiamento e/o la
ricombinazione genetica naturale.
4. Ai sensi dell'art. 11, n. 5, di tale direttiva, in combinato disposto con il suo n. 1, nessun prodotto
contenente OGM può essere emesso nell'ambiente prima che l'autorità competente dello Stato
membro in cui il prodotto sarà immesso sul mercato per la prima volta abbia dato il proprio
consenso scritto, a seguito della notifica che gli sia stata presentata dal produttore o dall'importatore
nella Comunità.
Regolamento n. 258/97
5. Il secondo considerando del regolamento n. 258/97 dispone: ―considerando che, per tutelare la
salute pubblica, è necessario assicurarsi che i nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari siano
sottoposti ad una valutazione unica della loro innocuità in base ad una procedura comunitaria prima
della loro immissione sul mercato della Comunità; che nel caso di nuovi prodotti o nuovi
ingredienti alimentari sostanzialmente equivalenti a prodotti o ingredienti esistenti è opportuno
prevedere una procedura semplificata‖.
6. L'art. 1, nn. 1 e 2, del regolamento n. 258/97 dispone: ―1. Il presente regolamento ha per oggetto
l'immissione sul mercato comunitario di nuovi prodotti e di nuovi ingredienti alimentari. 2. Il
presente regolamento si applica all'immissione sul mercato della Comunità di prodotti e ingredienti
alimentari non ancora utilizzati in misura significativa per il consumo umano nella Comunità e che
rientrano in una delle seguenti categorie: a) prodotti e ingredienti alimentari contenenti o costituiti
da organismi geneticamente modificati ai sensi della direttiva 90/220/CEE; b) prodotti e ingredienti
alimentari prodotti a partire da organismi geneticamente modificati, ma che non li contengono;
(...)‖.
7. L'art. 3 del regolamento n. 258/97 prevede: ―1. I prodotti o ingredienti alimentari oggetto del
presente regolamento non devono: - presentare rischi per il consumatore; - indurre in errore il
consumatore; - differire dagli altri prodotti o ingredienti alimentari alla cui sostituzione essi sono
destinati, al punto che il loro consumo normale possa comportare svantaggi per il consumatore sotto
il profilo nutrizionale. 2. Ai fini dell'immissione sul mercato della Comunità dei prodotti e
ingredienti alimentari oggetto del presente regolamento si applicano le procedure previste agli
236 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
articoli 4, 6, 7 e 8 (...). (...) 4. In deroga al paragrafo 2, la procedura di cui all'articolo 5 si applica ai
prodotti o agli ingredienti alimentari di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettere b), d) ed e) che, sulla
base dei dati scientifici disponibili e universalmente riconosciuti o di un parere emesso da una delle
autorità competenti di cui all'articolo 4, paragrafo 3, sono sostanzialmente equivalenti a prodotti o
ingredienti alimentari esistenti per quanto riguarda la composizione, il valore nutritivo, il
metabolismo, l'uso cui sono destinati e il tenore di sostanze indesiderabili. Se del caso si può
decidere, secondo la procedura prevista all'articolo 13, se un tipo di prodotto o ingrediente
alimentare rientra nel campo di applicazione del presente paragrafo‖.
8. Ai sensi dell'art. 5 del regolamento n. 258/97: ―Nel caso dei prodotti o ingredienti alimentari di
cui all'articolo 3, paragrafo 4, il richiedente notifica l'immissione sul mercato alla Commissione.
Tale notifica è corredata delle informazioni pertinenti di cui all'articolo 3, paragrafo 4. La
Commissione trasmette agli Stati membri copia di detta notifica entro un termine di sessanta giorni,
nonché, a richiesta di uno Stato membro, copia di tali informazioni. Ogni anno la Commissione
pubblica un riassunto di tali notifiche nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C. Ai
fini dell'etichettatura valgono le disposizioni dell'articolo 8‖.
9. L'art. 8, n. 1, del regolamento n. 258/97 prevede: ―Fatti salvi gli altri requisiti in materia di
etichettatura dei prodotti alimentari previsti dalla legislazione comunitaria, per informare il
consumatore finale si applicano ai prodotti alimentari i seguenti requisiti specifici supplementari in
materia di etichettatura: a) indicazione di qualsiasi caratteristica o proprietà alimentare quali: -
composizione, - valore nutritivo o effetti nutritivi, - uso al quale è destinato il prodotto alimentare,
che rendano il nuovo prodotto o ingrediente alimentare non più equivalente a un prodotto o
ingrediente alimentare esistente. Ai fini del presente articolo, un nuovo alimento o ingrediente
alimentare non è più considerato equivalente qualora una valutazione scientifica basata su un'analisi
appropriata dei dati esistenti possa dimostrare che le caratteristiche valutate sono diverse rispetto ad
un alimento o ingrediente alimentare convenzionale, tenuto conto dei limiti accettati di variazione
naturale di tali caratteristiche. In tal caso, l'etichettatura menziona dette caratteristiche o proprietà
modificate, corredate dell'indicazione del metodo con il quale esse sono state ottenute; b)
indicazione della presenza nel nuovo prodotto o ingrediente alimentare di sostanze che non sono
presenti in un alimento equivalente esistente e che possono avere ripercussioni sulla salute di taluni
gruppi di popolazione; (...)‖.
10. L'art. 11 del regolamento n. 258/97 dispone: ―Il comitato scientifico dell'alimentazione umana è
consultato su ogni questione attinente al presente regolamento che può avere conseguenze per la
salute pubblica‖.
11. L'art. 12 del regolamento n. 258/97 è così formulato: ―1. Qualora a seguito di nuove
informazioni o di una nuova valutazione di informazioni già esistenti, uno Stato membro abbia
motivi fondati per ritenere che l'utilizzazione di un prodotto o ingrediente alimentare conforme al
presente regolamento presenti rischi per la salute umana o per l'ambiente, tale Stato membro può
limitare temporaneamente o sospendere la commercializzazione e l'utilizzazione sul proprio
territorio del prodotto o ingrediente alimentare in questione. Esso ne informa immediatamente gli
altri Stati membri e la Commissione precisando i motivi della propria decisione. 2. La Commissione
esamina quanto prima, nell'ambito del comitato permanente per i prodotti alimentari, i motivi di cui
al paragrafo 1; essa prende le misure necessarie conformemente alla procedura di cui all'articolo 13.
Lo Stato membro che ha adottato la decisione di cui al paragrafo 1 può mantenerla fino all'entrata in
vigore di queste misure‖.
237 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
12. L'art. 13 del regolamento n. 258/97 prevede: ―1. In caso di applicazione della procedura definita
nel presente articolo, la Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari,
in appresso denominato comitato. 2. Il comitato è convocato dal suo presidente, per iniziativa di
quest'ultimo o a richiesta del rappresentante di uno Stato membro. 3. Il rappresentante della
Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo
parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della
questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2
del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della
Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati
membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione. 4.
a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. b) Se le
misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione
sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio
delibera a maggioranza qualificata. Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla
data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte‖.
La raccomandazione 97/618/CE
13. Il 29 luglio 1997 la Commissione ha adottato, ai sensi dell'art. 4, n. 4, del regolamento n.
258/97, la raccomandazione 97/618/CEE relativa agli aspetti scientifici delle informazioni a
sostegno delle domande di autorizzazione all'immissione sul mercato di nuovi prodotti e nuovi
ingredienti alimentari, della presentazione di queste informazioni e della preparazione delle
relazioni di valutazione iniziale, in forza del regolamento (CE) n. 258/97 (GU L 253, pag. 1).
L'allegato a tale raccomandazione, nella sua parte I, relativa alle raccomandazioni concernenti gli
aspetti scientifici delle informazioni necessarie a sostegno delle domande di autorizzazione
all'immissione sul mercato di nuovi prodotti e nuovi ingredienti alimentari, capitolo 3, punto 3.3,
dal titolo ―Equivalenza sostanziale‖, dispone: ―Il concetto di equivalenza sostanziale è stato
introdotto dall'(Organizzazione mondiale della sanità (OMS)) e dall'(Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)) in relazione agli alimenti prodotti con le moderne
biotecnologie. Nell'accezione dell'OCSE l'equivalenza sostanziale consiste nell'utilizzare organismi
esistenti, che sono già usati come alimenti o da cui si derivano alimenti, come pietra di paragone per
valutare se un prodotto o un ingrediente nuovo o modificato ponga problemi di sicurezza per il
consumo umano. Se si riscontra che un prodotto o un ingrediente alimentare nuovo è
sostanzialmente equivalente ad uno esistente, lo si può trattare alla stregua di quest'ultimo in fatto di
sicurezza, pur tenendo presente che il metodo dell'equivalenza sostanziale non corrisponde ad una
valutazione della sicurezza o del valore nutritivo, ma è solo un'analisi comparativa di un potenziale
prodotto nuovo e del suo omologo tradizionale. Il principio di equivalenza sostanziale può essere
esteso all'analisi dei prodotti alimentari derivati da fonti e da processi non convenzionali. In altre
parole i nuovi prodotti sostanzialmente equivalenti sono paragonabili, in termini di sicurezza, ai
loro omologhi convenzionali. Si può riscontrare un'equivalenza sostanziale per l'alimento nel suo
complesso o per l'ingrediente che racchiude la novità introdotta, ovvero per l'alimento o
l'ingrediente eccetto la novità introdotta. Se si riscontra che il nuovo prodotto alimentare non è
sostanzialmente equivalente ad alcun prodotto o ingrediente alimentare, ciò non significa
necessariamente che è dannoso, ma semplicemente che dovranno esserne esaminate le proprietà e la
composizione specifiche. (...)‖
14. Nel medesimo capitolo 3 del detto allegato, punto 3.7, dal titolo ―Requisiti tossicologici‖, si
precisa: ―In linea di principio i requisiti tossicologici dei (nuovi prodotti e dei nuovi ingredienti
alimentari) devono essere analizzati caso per caso; nello stabilire i dati tossicologici di volta in volta
prescritti possono verificarsi tre casi: 1) è possibile stabilire un'equivalenza sostanziale con un
238 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
prodotto o ingrediente alimentare tradizionale o accettato, nel qual caso non sono necessari ulteriori
prove; 2) è possibile stabilire un'equivalenza sostanziale, ad eccezione di alcune caratteristiche
specifiche del nuovo prodotto, nel qual caso le successive analisi devono incentrarsi appunto su tali
caratteristiche; (...)‖.
15. L'allegato della raccomandazione 97/618 contiene, nella sua parte prima, un capitolo 5 che ha
ad oggetto la proposizione di protocolli, a titolo indicativo, atti ad identificare i tipi di informazioni
che saranno probabilmente richieste per stabilire l'innocuità di classi particolari di nuovi prodotti e
di nuovi ingredienti alimentari. Il punto quarto di detto capitolo, intitolato ―Effetti della modifica
genetica sulle proprietà dell'organismo ospite‖, dispone: ―Le informazioni raccolte mediante questo
protocollo sono incentrate sugli effetti della modifica genetica sulle proprietà dell'OGM rispetto a
quelle dell'organismo ospitante. Si distingue fra effetti intenzionali ed involontari. Per quanto
riguarda questi ultimi, particolare attenzione va dedicata agli eventuali impatti nutrizionali,
tossicologici e microbiologici sugli alimenti. Vegetali geneticamente modificati I principi da
applicare alla valutazione dei vegetali GM sono analoghi a quelli validi per i vegetali non
geneticamente modificati e per i loro prodotti. La valutazione della sicurezza di un vegetale
geneticamente modificato può essere più semplice di quella di un nuovo vegetale non
geneticamente modificato, se l'organismo non modificato è un vegetale alimentare tradizionale e la
modifica è avvenuta per mezzo di un processo di alterazione genetica ben definito. In tal caso la
valutazione della sicurezza potrà limitarsi ai risultati della modifica genetica. Se dalla modifica
genetica si ottiene un nuovo fenotipo, devono essere definite e verificate le conseguenze di tale
modifica sulla composizione del prodotto. Se per esempio un vegetale geneticamente modificato è
concepito in modo da esprimere un insetticida naturale codificato da un gene proveniente da un
altro organismo, ed è quindi divenuto resistente ad alcuni insetti, deve essere appurato il profilo
tossicologico del componente insetticida introdotto. La sicurezza di questa modifica della
composizione chimica può essere valutata mediante le normali procedure tossicologiche, e deve
comprendere l'analisi del potenziale allergenico. Vanno inoltre presi in esame gli effetti secondari
(o posizionali) dell'inserzione, in quanto la mutazione per inserzione o il riposizionamento genetico
influenzano l'esito generale della modifica genetica. È essenziale conoscere la normale produzione
di tossine del vegetale e degli effetti che questa subisce a seconda delle diverse condizioni di
crescita e coltura cui il vegetale è soggetto, nonché sapere se il nuovo prodotto genico compaia
nell'alimento finale. Lo stesso vale per le componenti nutrizionali importanti, soprattutto nel caso
degli alimenti prodotti a partire da vegetali. (...)‖.
Disciplina nazionale
16. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 2000, sulla sospensione cautelativa
della commercializzazione e dell'utilizzazione di taluni prodotti transgenici sul territorio nazionale,
a norma dell'art. 12 del regolamento (CE) n. 258/97 (GURI n. 184, 8 agosto 2000, pag. 9; in
prosieguo: il ―decreto 4 agosto 2000‖), dispone: ―1. La commercializzazione e l'utilizzazione dei
prodotti transgenici Mais Bt-11, Mais MON 810, Mais MON 809 (...) sono sospese ai sensi di cui
alle premesse. 2. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana e sarà immediatamente comunicato alla Commissione europea ed agli altri Stati membri‖.
Causa principale e questioni pregiudiziali
17. A seguito delle decisioni della Commissione 22 aprile 1998, 98/292/CEE, concernente
l'immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L. Linea Bt-11), a
norma della direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU L 131, pag. 28), e 22 aprile 1998,
98/294/CEE, concernente l'immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea
239 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
mays L. Linea MON 810), a norma della direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU L 131, pag. 32),
assunte in forza della direttiva indicata, le autorità francesi e del Regno Unito hanno dato il loro
assenso all'immissione sul mercato, ad opera di talune delle società ricorrenti nella causa principale
ovvero ad opera di società collegate a queste ultime, di chicchi di granturco geneticamente
modificato, rispettivamente di linea Bt-11 - modificazione genetica che conferisce al granturco una
resistenza agli insetti - e MON 810 - modificazione genetica che conferisce al granturco una
maggiore tolleranza a un erbicida. Le decisioni 98/292 e 98/294 sancivano espressamente che tali
due Stati membri davano il loro assenso facendo salve altre disposizioni di diritto comunitario, in
particolare quelle di cui al regolamento n. 258/97.
18. Il 10 dicembre 1997, il 30 gennaio e il 14 ottobre 1998 sono state indirizzate alla Commissione,
ad opera o per conto di alcune società ricorrenti nella causa principale, talune notifiche effettuate in
applicazione della procedura semplificata di immissione sul mercato di nuovi prodotti o nuovi
ingredienti alimentari, di cui all'art. 5 del regolamento n. 258/97 (in prosieguo: la ―procedura
semplificata‖). Tali notifiche erano relative all'immissione sul mercato di nuovi prodotti o di nuovi
ingredienti alimentari derivati dalle varietà di granturco Bt-11, MON 810 e MON 809 (in
prosieguo: i ―nuovi prodotti alimentari‖), quali farine di granturco.
19. Le citate notifiche erano corredate di pareri emessi nel settembre 1996 dall'Advisory Committee
on Novel Foods and Processes (comitato consultativo sui nuovi prodotti alimentari e procedure
alimentari; in prosieguo: l'―ACNFP‖), un organismo competente ai sensi degli artt. 3, n. 4, e 4, n. 3,
del regolamento n. 258/97, con sede nel Regno Unito, e trasmessi alle imprese interessate ad opera
delle autorità britanniche con lettera 14 febbraio 1997. In tali pareri, l'ACNFP giungeva in sostanza
alla conclusione che i prodotti derivati di cui si tratta erano sostanzialmente equivalenti a prodotti
derivati da granturco proveniente da raccolte tradizionali e potevano essere utilizzati senza pericolo
negli alimenti (―safe for use in food‖).
20. Tali notifiche sono state poi trasmesse agli Stati membri, rispettivamente il 5 febbraio, 6
febbraio e 23 ottobre 1998. Esse sono state del pari pubblicate, in sintesi, nella Gazzetta ufficiale
delle Comunità europee (GU 1998, C 200, pag. 16, e GU 1999, C 181, pag. 22).
21. A partire dal gennaio 1998, la Commissione e gli Stati membri hanno convenuto, in seno al
comitato, di non continuare a utilizzare la procedura semplificata per i nuovi prodotti alimentari
derivati da OGM contenenti proteine transgeniche.
22. Con lettere 23 novembre 1998, 4 febbraio e 2 aprile 1999, indirizzate alla Commissione, il
Ministro italiano della Sanità (in prosieguo: il ―Ministro‖) ha lamentato l'irregolarità del ricorso alla
procedura semplificata per l'immissione sul mercato di nuovi prodotti o di nuovi ingredienti
alimentari derivati dalle varietà di granturco Bt-11, MON 809 e MON 810. Il Ministro ha chiesto di
consultare la documentazione relativa a tale procedura, nonché le verifiche tossicologiche e
allergeniche effettuate. La Commissione ha trasmesso tali lettere alle imprese interessate, affinché
queste ultime potessero rispondere direttamente alle autorità italiane.
23. Con lettera 23 dicembre 1999, indirizzata al membro della Commissione competente in materia
di salute e di tutela dei consumatori (in prosieguo: il ―commissario competente‖), il Ministro,
facendo riferimento ad una relazione dell'associazione Verde Ambiente e Società e basandosi
inoltre su un parere del Consiglio superiore di sanità 16 dicembre 1999, si è nuovamente opposto
all'utilizzazione, nella fattispecie, della procedura semplificata, in particolare in quanto i nuovi
prodotti alimentari non erano ―sostanzialmente equivalenti‖ ai prodotti alimentari esistenti.
240 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
24. Secondo tale lettera, era necessario adottare misure preventive al fine di garantire la sicurezza
dei nuovi prodotti alimentari e al fine di valutare in maniera rigorosa, prima della loro immissione
sul mercato, i rischi che essi avrebbero potuto comportare per la salute. Il Ministro ha inoltre chiesto
alla Commissione di riconsiderare l'immissione in libera circolazione di tali prodotti alimentari e,
più in generale, l'adeguatezza della procedura semplificata per l'esclusione di ogni rischio per la
salute dei consumatori.
25. Con lettera 10 marzo 2000, il presidente della Commissione ha risposto che, nella fattispecie,
era stato sufficientemente dimostrato che la condizione dell'equivalenza sostanziale era soddisfatta e
che, quindi, il ricorso alla procedura semplificata era giustificato. Egli ha poi aggiunto che la
Commissione era decisa a proporre una revisione della disciplina in questione, al fine di renderla
più chiara e più trasparente.
26. Con lettera 5 giugno 2000, indirizzata al presidente della Commissione e al commissario
competente, il Ministro ha reiterato la sua opposizione al ricorso alla procedura semplificata nella
fattispecie ed ha, inoltre, espresso l'auspicio che tale procedura non fosse più utilizzata per prodotti
alimentari di origine transgenica, data l'ambiguità della nozione di equivalenza sostanziale.
27. In un primo parere, emesso in data 4 luglio 2000, l'Istituto superiore di sanità, dipendente dal
Ministero della Sanità italiano, è giunto alle medesime conclusioni cui era giunto il Consiglio
superiore di sanità nel suo parere 16 dicembre 1999, sul quale si era basato il Ministro.
28. Con lettera 10 luglio 2000, il commissario competente ha risposto alla lettera 5 giugno 2000
affermando che era effettivamente necessario procedere ad un riesame completo del quadro
normativo relativo ai nuovi prodotti alimentari. Egli ha inoltre dichiarato di aver trasmesso i dati
rilevanti al comitato scientifico dell'alimentazione umana affinché quest'ultimo procedesse ad una
completa valutazione.
29. In un secondo parere, emesso in data 28 luglio 2000, l'Istituto superiore di sanità ha rilevato,
negli alimenti di cui trattasi, la presenza di proteine derivanti da modificazioni genetiche a livelli
compresi tra lo 0,04 e 30 parti per milione ed ha rilevato che, in generale, i nuovi prodotti alimentari
presentavano un'identità sostanziale con i loro omologhi tradizionali per quanto riguarda il loro
valore micronutritivo e macronutritivo, pur aggiungendo che, per taluni (micro)componenti, la
documentazione presentata non conteneva dati che confrontassero tali nuovi prodotti alimentari con
i loro omologhi tradizionali.
30. Esso ha concluso che ―alla luce delle conoscenze scientifiche attuali non risultano esistere rischi
per la salute umana ed animale derivanti dal consumo dei derivati degli OGM indicati nella tabella‖.
31. Facendo riferimento alla sua corrispondenza con la Commissione e ai detti pareri scientifici, il
governo italiano ha adottato il decreto 4 agosto 2000, espressamente basato sull'art. 12 del
regolamento n. 258/97.
32. Nel preambolo di tale decreto, il governo italiano rileva in particolare che l'assenza degli
elementi informativi da esso più volte richiesti e la presentazione all'esame del comitato scientifico
dell'alimentazione umana per un riesame degli effetti degli OGM sulla salute dei consumatori e
sull'ambiente costituiscono elementi sufficienti per chiedere la sospensione della
commercializzazione e dell'utilizzazione degli OGM di granturco per i quali era stata rilevata una
persistenza degli elementi modificati negli alimenti, nell'attesa delle necessarie verifiche sulla
composizione dei citati elementi.
241 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
33. In data 7 agosto 2000 il governo italiano, in applicazione dell'art. 12, n. 1, del regolamento n.
258/97, ha notificato una copia del citato decreto alla Commissione e agli altri Stati membri.
34. Come annunciato nella sua lettera 10 luglio 2000, la Commissione ha consultato il comitato
scientifico dell'alimentazione umana, in conformità all'art. 11 del regolamento n. 258/97,
sottoponendogli la questione se i pareri citati 16 dicembre 1999 del Consiglio superiore di sanità e
28 luglio 2000 dell'Istituto superiore di sanità fornissero motivi, più o meno circostanziati, per
ritenere che l'uso dei nuovi prodotti alimentari di cui trattasi rappresenti un pericolo per la salute
umana.
35. Nel suo parere 7 settembre 2000, il citato comitato scientifico ha espresso l'opinione che le
informazioni presentate dalle autorità italiane non forniscono dettagliata motivazione scientifica per
ritenere che l'uso dei nuovi prodotti di cui trattasi rappresenti un pericolo per la salute umana.
36. Alla luce di tale parere, il 18 ottobre 2000 la Commissione, conformemente all'art. 12, n. 2, del
regolamento n. 258/97, ha adito il comitato con un progetto di decisione relativo al decreto 4 agosto
2000.
37. Secondo il resoconto della riunione del comitato, svoltasi il 18 e il 19 ottobre 2000: ―(...) taluni
Stati membri hanno espresso la loro inquietudine circa l'applicazione del procedimento semplificato
a prodotti derivati dagli OGM ed hanno insistito sul fatto che tale problema sia esaminato prima che
possa essere adottata una decisione relativa al decreto italiano (del 4 agosto 2000). A proposito
dell'applicazione dell'equivalenza sostanziale a prodotti derivati geneticamente modificati, come i
prodotti derivati dal mais geneticamente modificato, si rendevano necessarie delle precisazioni e si
è rilevato che questo poteva essere effettuato a norma dell'art. 3, n. 4, del regolamento (n. 258/97)‖.
38. La Commissione ha ritenuto che non fosse necessario invitare tale comitato a formulare
ufficialmente il suo parere.
39. A tutt'oggi, il decreto 4 agosto 2000 non è stato oggetto di alcun provvedimento della
Commissione assunto in applicazione dell'art. 12, n. 2, del regolamento n. 258/97.
40. Il 13 novembre 2000, le ricorrenti nella causa principale hanno proposto dinanzi al Tribunale
amministrativo regionale del Lazio un ricorso contro i convenuti nella causa principale, volto in
sostanza: - all'annullamento del decreto 4 agosto 2000 - nella parte in cui sospende
provvisoriamente la commercializzazione e l'utilizzazione nel territorio italiano dei nuovi prodotti
alimentari - e di ogni atto o comportamento preordinato, consequenziale o connesso, espressamente
contemplato da tale decreto, e - all'integrale risarcimento del danno che esse avrebbero subito, in
forma di un'autorizzazione giudiziaria loro concessa per la commercializzazione dei citati prodotti
alimentari.
41. Alla luce degli argomenti dinanzi ad esso dedotti, il giudice del rinvio ritiene che, nella
fattispecie, il ricorso alla procedura semplificata non appare giustificato in quanto i nuovi prodotti
alimentari non sono sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti.
42. Infatti, secondo tale giudice, dalla raccomandazione 97/618, e più esattamente dalla parte prima,
capitoli 3, punti 3.3 e 3.7, e 5, punto IV, del suo allegato, risulta che dev'essere tenuto in
considerazione l'insieme degli elementi dell'equivalenza. Orbene, esso ritiene che, nella fattispecie,
le ricorrenti nella causa principale non abbiano seriamente messo in discussione il fatto che i nuovi
prodotti alimentari contengono proteine transgeniche che sono l'espressione dei geni introdotti. Ne
242 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
deriverebbe che l'equivalenza sostanziale di tali alimenti non potrebbe essere stabilita, poiché essi
differiscono, nella loro composizione, dagli alimenti esistenti.
43. Il giudice del rinvio ritiene che si debbano esaminare le conseguenze che potrebbero derivare da
tale irregolarità di procedura per quanto riguarda, in particolare, i poteri di cui dispongono gli Stati
membri per adottare misure nei confronti dei prodotti alimentari introdotti nel loro territorio a
seguito di una tale procedura irregolare.
44. Per quanto concerne il ricorso, da parte della Repubblica italiana, all'art. 12 del regolamento n.
258/97, il giudice del rinvio rileva che tale disposizione contiene una clausola di sicurezza che
costituisce una specifica applicazione del principio di precauzione (v., a proposito dell'art. 11 della
direttiva 90/220, sentenza 21 marzo 2000, causa C-6/99, Greenpeace France e a., Racc. pag. I-1651,
punto 44).
45. Tale giudice rileva che, poiché dalla formulazione dell'art. 5 del regolamento n. 258/97 sembra
risultare che il ricorso alla procedura semplificata non implica che la Commissione abbia
autorizzato l'immissione sul mercato dei prodotti alimentari di cui trattasi, lo Stato membro,
conformemente al principio di precauzione, può esercitare il potere derivantegli dall'art. 12 di tale
regolamento, anche se non dispone, o non dispone ancora, di elementi tali da dimostrare che i citati
prodotti alimentari presentano un pericolo per la salute umana e per l'ambiente.
46. Il giudice del rinvio ritiene che, se la procedura semplificata implicasse un tacito assenso della
Commissione all'immissione sul mercato dei prodotti alimentari che sono stati oggetto di notifica, si
porrebbe in tal caso la questione della legittimità dell'assenso della Commissione.
47. Del resto, il giudice del rinvio ritiene che, se il regolamento n. 258/97 dovesse essere
interpretato nel senso che il ricorso alla procedura semplificata era giustificato nel caso di specie, si
porrebbe inoltre la questione della compatibilità di tale regolamento con gli artt. 153 CE e 174 CE,
nonché con il principio di proporzionalità e di ―ragionevolezza‖.
48. In tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte varie questioni pregiudiziali. Tali questioni non sono state
formulate in maniera distinta. Dalla motivazione dell'ordinanza di rinvio può tuttavia dedursi che la
domanda pregiudiziale verte sulle seguenti questioni: 1) Se l'art. 3, n. 4, primo comma, del
regolamento n. 258/97 debba essere interpretato nel senso che i prodotti e gli ingredienti alimentari
contemplati all'art. 1, n. 2, lett. b), del citato regolamento possano essere considerati
sostanzialmente equivalenti a prodotti o a ingredienti alimentari esistenti e possano
conseguentemente essere immessi sul mercato in base alla procedura semplificata per effetto di una
notifica anche nell'ipotesi in cui in tali prodotti e ingredienti alimentari siano presenti residui di
proteine transgeniche. 2) In caso di soluzione negativa della prima questione e, quindi, di illegittima
applicazione, nel caso di specie, della procedura semplificata, quali conseguenze derivino in
particolare in relazione: - al potere degli Stati membri di adottare, in forza del principio della
precauzione - di cui l'art. 12 del regolamento n. 258/97 costituisce una specifica applicazione -
misure come il decreto 4 agosto 2000; - alla distribuzione dell'onere della prova dei rischi per la
salute umana e per l'ambiente che il nuovo prodotto comporta. 3) Se una soluzione affermativa del
problema se la natura della procedura semplificata implichi un consenso tacito della Commissione
all'immissione sul mercato dei prodotti che ne costituiscono oggetto incida sulla soluzione della
seconda questione nel senso che lo Stato membro considerato deve previamente mettere in
discussione la legittimità di tale consenso tacito. 4) In caso di soluzione affermativa della prima
questione, se l'art. 5 del regolamento n. 258/97 sia compatibile con gli artt. 153 CE e 174 CE,
243 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
nonché con il principio della precauzione e con i principi di proporzionalità e di ragionevolezza,
nonostante che: - esso non richieda una valutazione completa della sicurezza dei prodotti e degli
ingredienti alimentari in relazione ai rischi per la salute umana e per l'ambiente e non garantisca
l'informazione e la partecipazione degli Stati membri e dei loro enti scientifici, benché tale
intervento risulti irrinunciabile per tutelare i predetti beni, come sta a dimostrare la procedura
ordinaria prevista agli artt. 6 e segg. del citato regolamento; - siffatta procedura semplificata possa
essere applicata, per semplici ragioni di celerità e di semplificazione dell'azione amministrativa,
all'immissione sul mercato di prodotti e ingredienti alimentari rispetto ai quali, attesa la presenza in
essi di residui di proteine transgeniche, non si dispone di informazioni complete su tutti i loro effetti
sulla salute dei consumatori, sul consumo umano e sull'ambiente, come può desumersi, in via
generale, dalla raccomandazione 97/618/CE.
Sulla prima questione
49. Con la prima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l'art. 3, n. 4, primo comma, del
regolamento n. 258/97 debba essere interpretato nel senso che la presenza, in nuovi prodotti
alimentari, di residui di proteine transgeniche a determinati livelli osti a che tali alimenti siano
considerati sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti e, pertanto, osti al ricorso alla
procedura semplificata per l'immissione sul mercato di tali nuovi prodotti alimentari.
Osservazioni presentate alla Corte
50. Le ricorrenti nella causa principale sostengono che il regolamento n. 258/97 permette che siano
immessi sul mercato nuovi prodotti alimentari secondo la procedura semplificata, se tali prodotti
non contengono OGM e sono sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti.
51. Orbene, gli alimenti di cui alla causa principale non conterrebbero OGM. Sarebbe infatti
pacifico che essi, pur contenendo proteine transgeniche, non potrebbero essere qualificati come
OGM.
52. Il regolamento n. 258/97 avrebbe inoltre delegato completamente la valutazione
dell'equivalenza sostanziale alla comunità scientifica. Tale questione non sarebbe collegata ad una
questione interpretativa del diritto comunitario, ma si riferirebbe esclusivamente alla portata di un
concetto scientifico. Ne conseguirebbe che la Corte non potrebbe pronunciarsi su una tale questione
nell'ambito di una domanda di decisione pregiudiziale.
53. Il governo italiano fa valere che il regolamento n. 258/97 esige che la procedura normale, cui si
riferisce l'art. 3, n. 2, di tale regolamento (in prosieguo: la ―procedura normale‖), sia rispettata
quando risulta necessaria la valutazione del rischio. In assenza di una tale valutazione, il principio
centrale del regolamento n. 258/97, cioè la tutela della salute pubblica, sarebbe violato e gli alimenti
di cui trattasi non si troverebbero legittimamente sul mercato.
54. Tale governo fa riferimento alla parte I, capitolo 3, punto 3.3, dell'allegato alla raccomandazione
97/618, il quale confermerebbe che il concetto di ―equivalenza sostanziale‖ ha un valore
strumentale e relativo. Questo concetto e, di conseguenza, la procedura semplificata si
applicherebbero solamente se l'equivalenza riguarda tutti i profili individuati dal regolamento n.
258/97 (composizione, valore nutrizionale, ecc.).
55. Nella causa principale, l'Istituto superiore di sanità ha rilevato, secondo tale governo, la
presenza di proteine transgeniche quale espressione dei geni immessi e tale presenza non è del resto
244 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
stata contestata. Orbene, la semplice constatazione che, nella fattispecie, non vi è stata valutazione
dell'innocuità di tale presenza nell'ambito della procedura normale instaurata dal regolamento n.
258/97, la quale prevede la partecipazione informata dell'insieme degli Stati membri,
comporterebbe l'inapplicabilità della procedura semplificata.
56. Il governo norvegese sostiene che la presenza nei nuovi prodotti alimentari di proteine estranee
espresse da geni spesso derivati da organismi di un altro regno costituisce, di per sé, un
cambiamento sostanziale della composizione della pianta di cui trattasi.
57. Secondo tale governo, l'esame diretto ad accertare se taluni alimenti possano essere qualificati
come sostanzialmente equivalenti ad altri alimenti deve inoltre prendere in considerazione le
conseguenze che possono derivare dalla modificazione genetica.
58. In particolare, l'inserimento di geni estranei potrebbe avere effetti imprevedibili sulla
composizione della pianta, i quali devono essere oggetto di un esame più approfondito nell'ambito
di una valutazione globale dei rischi. Questi ultimi potrebbero essere cagionati dagli effetti dello
stesso inserimento genetico sui geni già presenti nella pianta, ovvero potrebbero risultare
dall'interazione dei prodotti contenenti un gene estraneo con i composti/processi della linea
parentale.
59. Il governo norvegese afferma che da ciò consegue che la presenza nei nuovi prodotti alimentari
di proteine estranee, come è il caso dei prodotti di cui alla causa principale, osta a che tali alimenti
possano essere considerati come sostanzialmente equivalenti, ai sensi dell'art. 3, n. 4, primo comma,
del regolamento n. 258/97, ai prodotti alimentari esistenti. Inoltre, riconoscere in tali condizioni
l'equivalenza sostanziale avrebbe come conseguenza che, contrariamente all'art. 3, n. 1, del
regolamento n. 258/97, gli alimenti in questione potrebbero essere immessi sul mercato senza che
siano eseguite valutazioni di sicurezza. Pertanto, si dovrebbe rispondere alla prima questione in
senso negativo.
60. Il Parlamento sostiene che spetta al giudice nazionale, trattandosi di questione di fatto, stabilire
se i nuovi prodotti alimentari rientrino in una delle categorie di prodotti alimentari per le quali è
ammesso il ricorso alla procedura semplificata e se essi siano sostanzialmente equivalenti a prodotti
alimentari esistenti. Esso aggiunge che gli appare dubbio che queste due condizioni siano
soddisfatte nella causa principale.
61. La Commissione sostiene che, sul piano formale, non esistono ostacoli giuridici al ricorso alla
procedura semplificata per l'immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari di cui alla causa
principale.
62. Risulterebbe sia dall'art. 3, n. 4, del regolamento n. 258/97, sia dalla raccomandazione 97/618
che, in sede di un esame concreto destinato a verificare, sulla base delle conoscenze scientifiche
attuali, se taluni nuovi prodotti alimentari contenenti proteine transgeniche possano essere
considerati sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari tradizionali che non ne contengono, è
necessario procedere con prudenza, poiché la nozione di equivalenza sostanziale non è univoca e un
siffatto esame implica un confronto difficile tra diversi parametri.
63. La Commissione sostiene che, all'epoca dei fatti di cui alla causa principale - più esattamente al
momento in cui le società ricorrenti nella causa principale hanno intrapreso iniziative tecniche e
scientifiche in vista dell'immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari secondo la procedura
semplificata -, la situazione normativa e lo stato delle conoscenze scientifiche consentivano
245 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
l'utilizzazione della nozione di equivalenza sostanziale e, pertanto, della procedura semplificata per
l'immissione sul mercato di tali prodotti alimentari, nonostante la presenza di residui di proteine
transgeniche in tali ultimi prodotti.
64. Tuttavia, a seguito dei dibattiti all'interno delle istituzioni scientifiche internazionali,
l'importanza della nozione di equivalenza sostanziale sarebbe evoluta in maniera significativa.
65. A seguito di tale riesame critico, la Commissione sarebbe giunta alla conclusione che, allo stato
attuale della ricerca scientifica, risulterebbe che i prodotti alimentari contenenti proteine
transgeniche non possono più essere considerati, in linea di principio, sostanzialmente equivalenti,
ai sensi dell'art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97, a prodotti alimentari esistenti, a
meno che una valutazione completa delle loro caratteristiche non consenta, al di là di ogni
ragionevole dubbio, di garantire che ricorrono tutte le condizioni previste da quest'ultima
disposizione.
66. Tenuto conto di questo nuovo approccio, basato su considerazioni relative alla prudenza e allo
sviluppo delle conoscenze scientifiche, la Commissione e gli Stati membri avrebbero convenuto, a
partire dal gennaio 1998, di non ricorrere più alla procedura semplificata per tali prodotti alimentari.
67. Tale nuova politica spiegherebbe la ragione per la quale, all'art. 38 della sua proposta di
regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/C 304 E/15, relativo agli alimenti e ai
mangimi geneticamente modificati (GU 2001, C 304, pag. 221), presentata il 30 luglio 2001, la
Commissione ha previsto la soppressione del ricorso alla procedura semplificata per i prodotti
alimentari di cui all'art. 1, n. 2, lett. b), del regolamento n. 258/97.
68. Tuttavia, secondo la Commissione, il ricorso alla nozione di equivalenza sostanziale e, quindi,
alla procedura semplificata era giustificato nella causa principale poiché, all'epoca dei fatti, la
Commissione e gli Stati membri non avevano ancora adottato un atteggiamento più restrittivo a
seguito del riesame critico della materia.
69. Un tale approccio sarebbe inoltre conforme a un'interpretazione letterale del regolamento n.
258/97 e tutelerebbe l'affidamento connesso a una lettura obiettiva di quest'ultimo. Inoltre, la
Commissione ricorda che sia l'Istituto superiore di sanità, nel suo parere 28 luglio 2000, sia il
comitato scientifico dell'alimentazione umana, nel suo parere 7 settembre 2000, hanno confermato
che i nuovi prodotti alimentari non presentavano rischi per la salute o per l'ambiente.
Pronuncia della Corte
70. Ai fini della procedura semplificata, la condizione di equivalenza sostanziale di cui all'art. 3, n.
4, primo comma, del regolamento n. 258/97 è valutata sulla base dei dati scientifici disponibili e
generalmente riconosciuti, ovvero, come è avvenuto nella causa principale, ad opera di organismi
scientifici specializzati nella valutazione dei rischi causati dai nuovi prodotti alimentari, cioè gli
organismi competenti degli Stati membri di cui all'art. 4, n. 3, dello stesso regolamento, i quali
intervengono ex ante, cioè prima dell'immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari.
71. Si tratta di un presupposto per l'applicazione di tale procedura che, se risulta soddisfatto e
purché il nuovo prodotto alimentare considerato appartenga a una delle categorie di prodotti
alimentari che possono essere oggetto della procedura citata - il che dev'essere verificato dal giudice
del rinvio per quanto concerne i prodotti alimentari di cui trattasi nella causa principale - implica
che non sia richiesta la valutazione dei rischi prevista nell'ambito della procedura normale.
246 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
72. Dalle esigenze tanto dell'applicazione uniforme del diritto comunitario quanto del principio
d'uguaglianza discende che una disposizione di diritto comunitario, come l'art. 3, n. 4, del
regolamento n. 258/97, nonché la nozione di equivalenza sostanziale ivi contenuta, che non
contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la
determinazione del suo senso e della sua portata, deve di regola dar luogo, nell'intera Comunità, ad
un'interpretazione autonoma ed uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto di tale
disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa considerata (v., in tale senso, in particolare,
sentenza 19 settembre 2000, causa C-287/98, Linster, Racc. pag. I-6917, punto 43).
73. Poiché l'equivalenza sostanziale rappresenta una nozione di diritto comunitario non definita
nell'ambito del regolamento n. 258/97, è necessario quindi esaminare il contesto dell'art. 3, n. 4,
primo comma, del regolamento n. 258/97, nonché gli obiettivi perseguiti da quest'ultimo, così da
dare a tale nozione un'interpretazione autonoma e uniforme.
74. La duplice finalità del regolamento n. 258/97, consistente nel garantire il funzionamento del
mercato interno dei nuovi prodotti alimentari (primo considerando di tale regolamento) e nel
tutelare la salute pubblica rispetto ai rischi che questi ultimi possono produrre (secondo
considerando e art. 3, n. 1, primo trattino, del citato regolamento), rappresenta al riguardo un
elemento importante che milita a favore di un'interpretazione secondo cui la nozione di equivalenza
sostanziale non esclude che nuovi prodotti alimentari che presentano differenze di composizione
prive di effetti sulla salute pubblica siano considerati come sostanzialmente equivalenti a prodotti
alimentari esistenti.
75. Per quanto riguarda il contesto della nozione di equivalenza sostanziale, essa dev'essere
collocata nell'ambito dei lavori delle istituzioni scientifiche internazionali nelle quali essa è stata
elaborata, come enunciati in particolare nella raccomandazione 97/618.
76. E‘vero che dal fondamento normativo di tale raccomandazione, cioè l'art. 4, n. 4, del
regolamento n. 258/97, risulta che essa è stata adottata al fine di chiarire la procedura normale. Ciò
spiega, del resto, la ragione per la quale l'esigenza di una valutazione tossicologica classica di cui
alla parte I, capitolo 5, punto IV, dell'allegato della raccomandazione 97/618 (letto in combinato
disposto con i punti 3.3 e 3.7 del capitolo 3 di quest'ultima), cui fa riferimento il giudice del rinvio,
non è pertinente nella fattispecie. Si tratta, in tal caso, dell'utilizzazione della nozione di equivalenza
sostanziale nell'ambito specifico di un'analisi dei rischi, come quella prevista nell'ambito della
procedura normale.
77. Tale raccomandazione è tuttavia utile per la definizione della nozione di equivalenza
sostanziale, quale risulta dall'art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97. Emerge infatti
dalla parte I, capitolo 3, punto 3.3, primo e secondo comma, del citato allegato che tale nozione non
comporta, di per sé, una valutazione dei rischi, ma rappresenta un approccio volto a confrontare il
nuovo prodotto alimentare con il suo equivalente tradizionale, al fine di verificare se esso debba
essere sottoposto a una valutazione dei rischi per quanto concerne in particolare la sua
composizione e le sue proprietà specifiche. Ne discende, inoltre, che l'assenza di equivalenza
sostanziale non implica necessariamente che l'alimento in questione sia pericoloso, ma
semplicemente che esso dev'essere sottoposto a una valutazione dei rischi che esso potrebbe
cagionare.
78. Al fine di circoscrivere ulteriormente la nozione di equivalenza sostanziale, quest'ultima
dev'essere inoltre inserita nel contesto del processo dell'analisi dei rischi, quale comunemente
definito a livello internazionale e comunitario. Si tratta infatti di una nozione applicata, come nel
247 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
caso di specie, da organismi scientifici specializzati e incaricati della valutazione dei rischi connessi
ai nuovi prodotti alimentari.
79. Tale nozione dev'essere intesa, più precisamente, come un metodo specifico in materia di nuovi
prodotti alimentari, avente ad oggetto l'identificazione dei pericoli, che rappresenta la prima fase
della parte relativa alla valutazione scientifica dei rischi, cioè l'identificazione degli agenti biologici,
chimici e fisici atti a provocare effetti negativi sulla salute che possono essere presenti in un
determinato alimento ovvero in un gruppo di alimenti e che necessitano di una valutazione
scientifica al fine di consentirne una migliore valutazione (v., in tal senso, in particolare, manuale di
procedura della commissione del Codex alimentarius della FAO (Organizzazione delle Nazioni
Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), 12ma edizione, pagg. 51 e 52, nonché l'allegato III della
comunicazione provvisoria della commissione del Codex alimentarius della FAO e dell'OMS, CX
4/10, CL 2000/12 - GP, aprile 2000; art. 3, punti 9-14, del regolamento (CE) del Parlamento
europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della
legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure
nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1), nonché i punti 5.1.1, 5.1.2 e l'allegato III
della comunicazione della Commissione 2 febbraio 2000, COM/2000/1, sul principio di
precauzione; v., inoltre, sentenze del Tribunale 11 settembre 2002, causa T-13/99, Pfizer Animal
Health/Consiglio, Racc. pag. II-3305, punto 156, e causa T-70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag.
II-3495, punto 169).
80. Poiché la tutela della salute pubblica è un obiettivo essenziale del regolamento n. 258/97, la
nozione di equivalenza sostanziale non può essere interpretata nel senso che la procedura
semplificata, la quale, ai sensi stessi dell'art. 3, n. 4, primo comma, del citato regolamento, presenta
un carattere derogatorio, si traduca nel rendere meno rigorosi i criteri di sicurezza che devono essere
rispettati dai nuovi prodotti alimentari (v., in tal senso, nell'ambito delle specialità farmaceutiche,
sentenza 3 dicembre 1998, causa C-368/96, Generics (UK) e a., Racc. pag. I-7967, punto 22).
81. Quanto agli effetti imprevedibili per la salute umana che potrebbero essere cagionati
dall'inserimento di geni estranei, rilevati in particolare dal governo norvegese, va osservato che, se
essi fossero qualificabili come pericoli per la salute umana alla luce delle conoscenze scientifiche
disponibili all'epoca della valutazione iniziale ad opera dell'organismo competente, tali effetti
dovrebbero essere sottoposti a una valutazione dei rischi e, pertanto, osterebbero al riconoscimento
dell'equivalenza sostanziale nel caso di specie.
82. Un altro elemento del contesto normativo della nozione di equivalenza sostanziale di cui all'art.
3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97, che rafforza l'interpretazione secondo cui tale
nozione non osta all'esistenza di differenze di composizione che siano irrilevanti per la salute
pubblica, emerge dalla lettura combinata degli artt. 5, secondo comma, e 8 di tale regolamento.
83. Ne deriva, infatti, che talune differenze, in particolare per quanto concerne la composizione dei
nuovi prodotti alimentari, non impediscono che tali prodotti alimentari siano considerati come
sostanzialmente equivalenti ai sensi dell'art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97,
mentre l'art. 8 del citato regolamento prevede al contrario che tali differenze debbano essere
specificamente menzionate nell'etichettatura.
84. Si deve quindi risolvere la prima questione come segue: l'art. 3, n. 4, primo comma, del
regolamento n. 258/97 dev'essere interpretato nel senso che la mera presenza, all'interno di nuovi
prodotti alimentari, di residui di proteine transgeniche a determinati livelli non osta a che tali
prodotti alimentari siano considerati come sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti
248 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
e, pertanto, non osta al ricorso alla procedura semplificata per l'immissione sul mercato di detti
nuovi prodotti alimentari. Ciò tuttavia non vale qualora le conoscenze scientifiche disponibili
all'epoca della valutazione iniziale permettano di individuare l'esistenza di un rischio di effetti
potenzialmente pericolosi per la salute umana. Spetta al giudice del rinvio verificare se sia
soddisfatta tale condizione.
Sulla seconda e sulla terza questione
85. Con la sua seconda e terza questione, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice
del rinvio chiede in sostanza quale sia l'incidenza della regolarità del ricorso alla procedura
semplificata sul potere degli Stati membri di adottare, in forza del principio di precauzione, e in
particolare dell'art. 12 del regolamento n. 258/97, misure quali il decreto 4 agosto 2000, in
particolare per quanto attiene all'onere della prova dell'innocuità dei nuovi prodotti alimentari e
all'esistenza di un'eventuale condizione relativa alla messa in discussione del consenso tacito della
Commissione, che sarebbe implicito nell'attuazione della procedura semplificata.
Osservazioni presentate alla Corte
86. Secondo le ricorrenti nella causa principale, è evidente che le condizioni applicative dell'art. 12
del regolamento n. 258/97, esplicitamente previste da tale disposizione, non erano soddisfatte nella
causa principale, in quanto il decreto 4 agosto 2000 non ha potuto basarsi su alcuna ragione precisa
per ritenere, sulla base delle informazioni scientifiche disponibili, che i nuovi prodotti alimentari
erano pericolosi per la salute umana o per l'ambiente.
87. Pertanto, con la seconda questione, il giudice del rinvio chiederebbe in sostanza se, in caso
d'illegittimità della disposizione che prevede il ricorso alla procedura semplificata per i nuovi
prodotti alimentari contenenti proteine transgeniche, il diritto comunitario, in particolare il principio
di precauzione, permetta a uno Stato membro di adottare una misura preventiva che sospenda la
commercializzazione di tali alimenti, anche se le condizioni previste dall'art. 12 del regolamento n.
258/97 non sono soddisfatte.
88. A tal proposito, le ricorrenti nella causa principale sostengono che dalla giurisprudenza della
Corte risulta che qualora, come nella causa principale, le condizioni previste dall'art. 12 del
regolamento n. 258/97 non siano soddisfatte, né il principio di precauzione, né un qualsiasi altro
principio di diritto comunitario possono giustificare che uno Stato membro adotti misure preventive
dirette a sospendere la commercializzazione di prodotti posti sul mercato invocando l'invalidità
della disposizione di tale regolamento che istituisce la procedura in forza della quale tale
immissione sul mercato è stata effettuata, fintantoché la citata invalidità non sia stata accertata in
conformità al Trattato CE. Ne conseguirebbe che la seconda questione dovrebbe essere risolta
negativamente.
89. Il governo italiano sostiene che l'art. 12 del regolamento n. 258/97 conferma il valore
strumentale e relativo della nozione di equivalenza sostanziale, come riconosciuta dalla
Commissione nella raccomandazione 97/618.
90. Tale governo sostiene che lo Stato membro che procede alla sospensione dell'autorizzazione di
immissione sul mercato di un nuovo prodotto alimentare deve produrre una valutazione motivata di
quest'ultimo per contestare la valutazione precedente, formulata da un'autorità tecnica diversa da
quella sulla quale tale Stato si basa, e che la Commissione, di concerto con gli Stati membri e
conformemente all'art. 13 del regolamento n. 258/97, valuta a sua volta le conclusioni tecniche
249 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
dell'autorità competente dello Stato membro che ha sospeso la commercializzazione e l'utilizzazione
di tale prodotto alimentare.
91. La procedura semplificata non imporrebbe alla Commissione l'obbligo di verificare la notifica
del nuovo prodotto o del nuovo ingrediente alimentare. Un tale controllo non costituirebbe pertanto
una condizione di validità della notifica, cosicché sembra impossibile ritenere che una tale
procedura possa essere analizzata come un atto complesso ovvero come un atto unilaterale
sottoposto a talune condizioni di applicabilità.
92. Il governo italiano ne conclude che la qualifica della notifica dell'immissione sul mercato di un
nuovo prodotto alimentare è irrilevante ai fini del riconoscimento o meno agli Stati membri del
potere di procedere alla sospensione dell'autorizzazione nell'attesa della verifica dell'innocuità di
tale prodotto alimentare, con la partecipazione informata dell'insieme degli Stati membri,
nell'ambito dell'art. 13 del regolamento n. 258/97.
93. Il governo norvegese sostiene, in primo luogo, che qualora uno Stato membro, come la
Repubblica italiana nella causa principale, si opponga a che taluni nuovi prodotti alimentari siano
considerati sostanzialmente equivalenti, ai sensi dell'art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n.
258/97, a prodotti alimentari esistenti, è necessario che, conformemente al secondo comma di tale
disposizione, la questione sia definita secondo il procedimento previsto dall'art. 13 del medesimo
regolamento. In tali circostanze, ciascuno Stato membro avrebbe la possibilità d'invocare tale
procedura.
94. Uno Stato membro che contesti una decisione relativa all'equivalenza sostanziale, adottata a
seguito di tale procedura, avrebbe la possibilità d'invocare l'art. 12 del regolamento n. 258/97,
sempreché le condizioni richieste da tale articolo siano soddisfatte.
95. Il governo norvegese sostiene, inoltre, che uno Stato membro può legittimamente fare ricorso
all'art. 12 del regolamento n. 258/97 se dispone di indicazioni scientifiche preliminari che gli
forniscano motivi ragionevoli per temere che un nuovo prodotto alimentare sia potenzialmente
pericoloso per la salute umana o per l'ambiente. Secondo tale governo, tale approccio prudente
s'impone a maggior ragione in un settore scientifico relativamente nuovo, nel quale la conoscenza
degli effetti potenziali degli OGM rimane ancora limitata.
96. Tenuto conto della natura delle condizioni e della procedura specifica previste dall'art. 12 del
regolamento n. 258/97, non spetterebbe a un giudice nazionale decidere se sia o meno giustificato il
ricorso, da parte di uno Stato membro, a tale disposizione.
97. Il governo norvegese fa valere, infine, che la mancanza di reazione della Commissione
nell'ambito della procedura semplificata non può essere interpretata nel senso che costituisce un
tacito assenso alla commercializzazione dei nuovi prodotti alimentari, poiché il ruolo della citata
istituzione in tale procedura è limitato al ricevimento, alla trasmissione e alla pubblicazione delle
notifiche dell'immissione sul mercato di tali nuovi prodotti alimentari.
98. Il Consiglio sostiene che la natura giuridica della procedura semplificata è irrilevante ai fini
dell'applicazione della clausola di salvaguardia prevista dall'art. 12 del regolamento n. 258/97,
poiché gli Stati membri, sulla base di tale ultima disposizione, possono, in qualsiasi momento e
indipendentemente dalla procedura in base alla quale è stata autorizzata l'immissione sul mercato
dei nuovi prodotti alimentari, sospendere la commercializzazione di questi ultimi basandosi su
fondati motivi.
250 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Pronuncia della Corte
99. Tali questioni devono essere esaminate prendendo in considerazione il fatto che spetta al
giudice del rinvio, e non alla Corte, stabilire se, nella causa principale, i nuovi prodotti alimentari
siano sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti, facendo riferimento in particolare
agli elementi interpretativi forniti dalla presente sentenza nella soluzione data alla prima questione.
100. Per quanto concerne la natura giuridica della procedura semplificata, l'assenza di reazione della
Commissione in sede di attuazione della citata procedura non può essere qualificata come tacito
assenso di questa istituzione alla commercializzazione dei nuovi prodotti alimentari, in quanto il
ruolo di quest'ultima in tale procedura è limitato al ricevimento, alla trasmissione e alla
pubblicazione delle notifiche relative alla commercializzazione di tali nuovi prodotti alimentari.
Nell'ipotesi di un ricorso ingiustificato alla procedura semplificata a causa dell'assenza di
equivalenza sostanziale tra questi ultimi e prodotti alimentari esistenti, uno Stato membro può
ricorrere alla clausola di salvaguardia di cui all'art. 12, n. 1, del regolamento n. 258/97, sempreché
siano soddisfatti i suoi presupposti di applicazione, senza che esso sia tenuto a mettere in
discussione, preliminarmente, la legittimità di un qualsivoglia consenso, ancorché tacito, della
Commissione.
101. Per quanto concerne la determinazione dell'equivalenza sostanziale nell'ambito della procedura
semplificata, l'art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97 impone che essa sia effettuata
ex ante, cioè prima dell'immissione sul mercato del nuovo prodotto alimentare; tuttavia il secondo
comma di tale disposizione, nonché l'art. 13 del detto regolamento, prevedono una possibilità di
verifica a livello comunitario dell'esistenza di una tale equivalenza sostanziale.
102. E‘pacifico che, nella causa principale, la Repubblica italiana si è avvalsa della clausola di
salvaguardia senza che fosse stata preliminarmente attuata la procedura comunitaria specificamente
intesa a verificare la determinazione ex ante dell'equivalenza sostanziale, di cui agli artt. 3, n. 4,
secondo comma, e 13, del regolamento n. 258/97.
103. Tuttavia, tale fatto non può, di per sé, incidere sulla regolarità del ricorso alla clausola di
salvaguardia. In conformità agli artt. 12, n. 2, e 13, del regolamento n. 258/97, i motivi della misura
assunta dallo Stato membro sulla base della clausola di salvaguardia, ivi compresi quelli relativi alla
regola dell'equivalenza sostanziale, possono infatti essere verificati a livello comunitario, e ciò in
applicazione della stessa procedura cui fa rinvio l'art. 3, n. 4, secondo comma, di tale regolamento,
cioè quella prevista dall'art. 13 dello stesso.
104. L'applicabilità del citato art. 12 non è condizionata né dal tipo di procedura seguita
preliminarmente all'immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari - cioè la procedura
semplificata ovvero la procedura normale - né, in linea di principio, dalla regolarità della procedura
seguita.
105. Tuttavia, nel caso in cui la procedura semplificata sia stata erroneamente applicata, in quanto le
differenze tra la composizione di un nuovo prodotto alimentare e quella del prodotto alimentare
esistente non hanno permesso di concludere nel senso di un'equivalenza sostanziale di tali prodotti
con riferimento ai rischi per la salute pubblica che tali differenze comportano, non può escludersi
che la dimostrazione dell'esistenza di tali rischi possa, eventualmente, giustificare l'adozione di una
misura di salvaguardia sulla base dell'art. 12, n. 1, del regolamento n. 258/97.
251 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
106. Per non vanificare la duplice finalità del regolamento n. 258/97, che consiste nel garantire, da
un lato, il funzionamento del mercato interno dei nuovi prodotti alimentari e, dall'altro, la tutela
della salute pubblica rispetto ai rischi che possono essere generati da tali prodotti alimentari, le
misure di tutela assunte in forza della clausola di salvaguardia non possono essere validamente
motivate con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non
ancora accertate scientificamente (v., in tale senso, in un ambito non armonizzato, sentenza della
Corte EFTA 5 aprile 2001, causa E-3/00, EFTA Surveillance Authority/Norvegia, EFTA Court
Reports 2000-2001, pag. 73, punti 36-38).
107. Siffatte misure di tutela, nonostante il loro carattere provvisorio e ancorché esse rivestano un
carattere preventivo, possono essere assunte solamente se fondate su una valutazione dei rischi
quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, che
dimostrino che tali misure sono necessarie a garantire, ai sensi dell'art. 3, n. 1, primo trattino, del
regolamento n. 258/97, che i nuovi prodotti alimentari non presentano rischi per il consumatore.
108. In ordine all'onere della prova che grava sullo Stato membro interessato ai sensi dell'art. 12, n.
1, del regolamento n. 258/97, va rilevato che tale disposizione richiede che tale Stato abbia ―motivi
fondati‖ per ritenere che l'uso di un nuovo prodotto alimentare presenti rischi per la salute umana o
per l'ambiente.
109. Ne risulta - è vero - che i motivi invocati dallo Stato membro interessato, come emergono da
un'analisi dei rischi, non possono avere carattere generico. Tuttavia, con riferimento alla limitatezza
della valutazione iniziale dell'innocuità dei nuovi prodotti alimentari nell'ambito della procedura
semplificata (v. punto 79 della presente sentenza) e alla natura essenzialmente provvisoria delle
misure basate sulla clausola di salvaguardia, si deve ritenere che lo Stato membro adempie all'onere
della prova ad esso incombente se si basa su indizi tali da rivelare l'esistenza di un rischio specifico
che potrebbe essere generato da tali nuovi prodotti alimentari.
110. Posto inoltre che, come giustamente rilevato dal giudice del rinvio, la clausola di salvaguardia
dev'essere intesa nel senso che rappresenta una specifica applicazione del principio di precauzione
(v., per analogia con l'art. 11 della direttiva 90/220, sentenza Greenpeace France e a., cit., punto 44),
i presupposti applicativi di tale clausola devono essere interpretati tenendo debitamente conto di tale
principio.
111. Secondo la giurisprudenza della Corte, dal principio di precauzione deriva che, quando
sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone,
possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente
dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (v. sentenze 5 maggio 1998, causa C-157/96, National
Farmers‘Union e a., Racc. pag. I-2211, punto 63, e causa C-180/96, Regno Unito/Commissione,
Racc. pag. I-2265, punto 99).
112. Pertanto, possono essere adottate misure di tutela in conformità all'art. 12 del regolamento n.
258/97, interpretato alla luce del principio di precauzione, ancorché la realizzazione di una
valutazione scientifica dei rischi quanto più possibile completa, tenuto conto delle circostanze
specifiche del caso di specie, si riveli impossibile a causa dell'insufficienza dei dati scientifici
disponibili (v., in tal senso, sentenze cit. Pfizer Animal Health/Consiglio, punti 160 e 162, nonché
Alpharma/Consiglio, punti 173 e 175).
113. Tali misure presuppongono in particolare che la valutazione dei rischi di cui dispongono le
autorità nazionali riveli indizi specifici i quali, senza escludere l'incertezza scientifica, permettano
252 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
ragionevolmente di concludere, sulla base dei dati scientifici disponibili che risultano maggiormente
affidabili e dei risultati più recenti della ricerca internazionale, che l'attuazione di tali misure è
necessaria al fine di evitare che siano offerti sul mercato nuovi prodotti alimentari potenzialmente
pericolosi per la salute umana.
114. Alla luce di quanto precede, la seconda e la terza questione devono essere risolte nel senso che,
in linea di principio, la questione della regolarità del ricorso alla procedura semplificata di
immissione sul mercato di nuovi prodotti alimentari, prevista dall'art. 5 del regolamento n. 258/97,
non incide sul potere degli Stati membri di adottare misure ai sensi dell'art. 12 del citato
regolamento, quale il decreto 4 agosto 2000, di cui trattasi nella causa principale. Poiché la
procedura semplificata non implica alcun consenso, ancorché tacito, della Commissione, uno Stato
membro non è tenuto, al fine di adottare tali misure, a mettere previamente in discussione la
legittimità di tale consenso. Tuttavia, tali misure possono essere adottate solamente se lo Stato
membro ha previamente svolto una valutazione dei rischi quanto più possibile completa, tenuto
conto delle circostanze specifiche del caso di specie, valutazione da cui risulti che, con riferimento
al principio di precauzione, l'attuazione di tali misure è necessaria a garantire, ai sensi dell'art. 3, n.
1, primo trattino, del regolamento n. 258/97, che i nuovi prodotti alimentari non presentano rischi
per il consumatore.
Sulla quarta questione
115. Con la quarta questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se, nel caso in cui il ricorso alla
procedura semplificata sia giustificato nonostante la presenza di residui di proteine transgeniche nei
nuovi prodotti alimentari, l'art. 5 del regolamento n. 258/97 sia valido, con particolare riferimento
agli artt. 153 CE e 174 CE, nonché ai principi di precauzione e di proporzionalità.
Osservazioni presentate alla Corte
116. In via preliminare, le ricorrenti nella causa principale, il governo norvegese, il Consiglio e la
Commissione sottolineano che le disposizioni relative alla procedura semplificata rilevanti nella
causa principale implicano valutazioni complesse di natura tecnica e scientifica. Ne conseguirebbe
che, nel settore in cui rientrano tali disposizioni, il legislatore comunitario dispone di un potere
discrezionale circa la fissazione delle basi attuali di un'azione e la definizione degli obiettivi
perseguiti. Di conseguenza, il sindacato da parte della Corte dell'esercizio di tale potere
discrezionale dovrebbe limitarsi a verificare se esso non sia viziato da un errore manifesto o da uno
sviamento di potere o se tale legislatore abbia manifestamente ecceduto i limiti di tale potere
discrezionale.
117. Le ricorrenti nella causa principale fanno valere che la procedura semplificata è compatibile
con gli artt. 153 CE e 174 CE, nonché con i principi di proporzionalità e di ―ragionevolezza‖, e che
il legislatore comunitario non ha in alcun modo ecceduto il limite del potere discrezionale di cui
dispone in materia. Benché motivata da esigenze di celerità e di semplificazione amministrativa, la
procedura semplificata permetterebbe di tener fermi efficacemente gli imperativi di tutela della
salute umana e dell'ambiente.
118. Le ricorrenti nella causa principale sostengono che, contrariamente a quanto suggerito dal
giudice del rinvio, la procedura semplificata garantisce la partecipazione informata degli Stati
membri e dei loro organismi scientifici sia prima che dopo l'immissione sul mercato dei nuovi
prodotti alimentari.
253 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
119. Il governo norvegese sottolinea che l'applicazione della procedura semplificata a nuovi
prodotti alimentari che contengono proteine transgeniche, quali quelli di cui alla causa principale,
implica che questi ultimi possono essere commercializzati nell'intera Comunità senza che vengano
effettuate valutazioni della loro innocuità, e ciò nonostante gli effetti imprevedibili che tali alimenti
possono avere a causa dell'inserimento di un gene estraneo.
120. In tali circostanze, il governo norvegese sostiene che l'applicazione della procedura
semplificata a prodotti alimentari contenenti proteine transgeniche è in contrasto cogli artt. 95, n. 3,
CE, 152, n. 1, CE, 153, n. 1, CE, e 174, n. 2, CE, e che, pertanto, il riferimento all'art. 1, n. 2, lett.
b), del regolamento n. 258/97, contenuto nell'art. 3, n. 4, primo comma, del medesimo regolamento,
è invalido.
121. Il Parlamento, il Consiglio e la Commissione sostengono che un'interpretazione dell'art. 3, n. 4,
primo comma, del regolamento n. 258/97, secondo cui tale disposizione consente di fare ricorso alla
procedura semplificata per autorizzare l'immissione sul mercato di nuovi prodotti alimentari
contenenti proteine transgeniche, non porta a una violazione degli artt. 153 CE e 174 CE, né, in
particolare, del principio di precauzione. Una tale interpretazione non implica pertanto in alcun
modo l'invalidità di tale disposizione nella parte in cui essa autorizza il ricorso alla procedura
semplificata per tali prodotti alimentari.
122. Il regime della procedura semplificata dovrebbe infatti essere considerato valido, sia tenuto
conto delle condizioni restrittive alle quali è sottoposta la sua applicazione, sia alla luce delle
disposizioni del regolamento n. 258/97 che disciplinano la citata procedura, cioè: - il principio
generale previsto dall'art. 3, n. 1, del regolamento n. 258/97, secondo cui i nuovi prodotti alimentari
non debbono presentare rischi per il consumatore (v. anche il secondo considerando di tale
regolamento); - la duplice condizione alla quale l'art. 3, n. 4, primo comma, del medesimo
regolamento subordina l'applicazione della procedura semplificata, cioè che i citati prodotti
alimentari devono rientrare in talune categorie, che non comprendono i prodotti alimentari
contenenti OGM, e che essi devono essere sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari
esistenti; - il requisito secondo cui l'equivalenza sostanziale deve basarsi su un'analisi scientifica
svolta ex ante ad opera di un organismo specializzato; - la possibilità, per ciascuno Stato membro,
in conformità agli artt. 3, n. 4, secondo comma, del regolamento n. 258/97, di sollecitare la verifica,
secondo la procedura prevista dall'art. 13 del medesimo regolamento, dell'esistenza di
un'equivalenza sostanziale tra i nuovi prodotti alimentari e i prodotti alimentari esistenti; - la
clausola di salvaguardia prevista dall'art. 12 del regolamento n. 258/97, di cui dispongono gli Stati
membri per adottare misure nei confronti di nuovi prodotti alimentari la cui immissione sul mercato
è stata autorizzata, ma per i quali risulta che vi sono rischi per la salute pubblica.
123. Il Consiglio sottolinea, in particolare, che l'autorizzazione di immissione sul mercato di un
prodotto alimentare a seguito di una notifica nell'ambito della procedura semplificata non crea, da
un punto di vista giuridico, alcuna presunzione in ordine all'innocuità di tale alimento. Da tale
essenziale rilievo discenderebbe che gli Stati membri dispongono del potere di ritirare in qualsiasi
momento dal mercato i prodotti per i quali sussistono fondati motivi per ritenerli pregiudizievoli per
la salute, ancorché la loro immissione sul mercato sia stata autorizzata in conformità al regolamento
n. 258/97.
124. Esso sostiene inoltre che la clausola di salvaguardia prevista dall'art. 12 del citato regolamento
si applica sia alle decisioni della Commissione che autorizzano l'immissione sul mercato nell'ambito
della procedura normale, sia alle notifiche di immissione sul mercato indirizzate alla Commissione
254 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
nell'ambito della procedura semplificata, e ciò anche quando risulti che non erano soddisfatte le
condizioni per il ricorso a tale ultima procedura.
125. La Commissione sostiene, in particolare, che le disposizioni rilevanti del regolamento n.
258/97 non sono incompatibili col principio di proporzionalità. Essa ritiene che la procedura
semplificata, scelta dal legislatore comunitario tra le varie possibilità che gli si presentavano, offre
contemporaneamente modalità agevolate di immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari e
adeguate garanzie di sicurezza per la salute umana e per l'ambiente, in conformità allo stato delle
conoscenze scientifiche disponibili all'epoca dell'adozione delle disposizioni relative a tale
procedura.
Pronuncia della Corte
126. Anche tale questione dev'essere esaminata prendendo in considerazione il fatto che spetta al
giudice del rinvio, e non alla Corte, decidere se, nella causa principale, i nuovi prodotti alimentari
siano sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti, con riferimento, in particolare, agli
elementi interpretativi forniti dalla presente sentenza nella soluzione data alla prima questione.
127. La quarta questione è relativa alla validità della procedura semplificata con riferimento a uno
dei presupposti applicativi stabiliti dall'art. 5 del regolamento n. 258/97, cioè quello relativo
all'equivalenza sostanziale, ai sensi dell'art. 3, n. 4, primo comma, di tale regolamento, nell'ipotesi
in cui tale presupposto debba essere ritenuto esistente nel caso di specie, ed ha ad oggetto, in tal
senso, le due disposizioni citate.
128. In una tale ipotesi, si pone in particolare la questione se la procedura semplificata, laddove non
esige una valutazione integrale dei rischi, sia dotata di modalità sufficienti a garantire un elevato
livello di tutela della salute umana e dell'ambiente, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 152, n. 1,
CE, nonché 174, n. 2, CE, e a garantire il rispetto dei principi di precauzione e di proporzionalità.
129. Per quanto concerne, in primo luogo, l'argomento secondo cui la procedura semplificata non
richiederebbe una valutazione completa dei rischi dei nuovi prodotti alimentari per semplici
esigenze di celerità e di semplificazione dell'azione amministrativa, si deve ricordare la funzione
essenziale della nozione di equivalenza sostanziale. Quest'ultima rappresenta un metodo specifico
relativo ai nuovi prodotti alimentari, che deve permettere di individuare i pericoli per la salute
umana o per l'ambiente che possono essere cagionati dalle differenze rilevate tra tali prodotti
alimentari e i prodotti alimentari esistenti. Se sono individuabili pericoli di tal genere, la procedura
semplificata non può essere utilizzata, poiché in tal caso sarebbe necessaria un'analisi più completa
dei rischi, da effettuarsi secondo la procedura normale.
130. Quanto poi alla tesi secondo cui la procedura semplificata non garantirebbe la partecipazione
informata degli Stati membri e dei loro organismi scientifici, è pacifico che, nella causa principale,
la valutazione iniziale dell'equivalenza sostanziale è stata condotta da un organismo scientifico di
uno Stato membro.
131. Inoltre, tale esame rappresenta la prima fase di un possibile concatenarsi di procedure nel corso
delle quali il riconoscimento dell'equivalenza sostanziale può essere riesaminato, procedure che
comportano, oltre a un meccanismo di controllo specifico a livello comunitario dell'accertamento
dell'equivalenza sostanziale (artt. 3, n. 4, secondo comma, e 13 del regolamento n. 258/97),
l'eventuale adozione, a livello nazionale, in applicazione della clausola di salvaguardia, di misure di
tutela che siano basate su una valutazione quanto più possibile completa dei rischi, in particolare ad
255 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
opera degli organismi scientifici degli Stati membri (art. 12, n. 1, di tale regolamento) e, infine, la
verifica a livello comunitario del fondamento di tali misure (artt. 12, n. 2, e 13 dello stesso
regolamento).
132. Mediante tali diverse procedure il legislatore comunitario ha instaurato una stretta
cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri, atta a offrire sufficienti possibilità a questi
ultimi, nonché ai relativi organismi scientifici, di partecipare agli esami e agli eventuali riesami
dell'innocuità dei nuovi prodotti alimentari.
133. Per quanto concerne il principio di precauzione, bisogna ricordare (v. punto 110 della presente
sentenza) che la clausola di salvaguardia prevista dall'art. 12 del regolamento n. 258/97 rappresenta
una specifica applicazione di tale principio e che quindi esso deve, eventualmente, far parte
integrante del procedimento decisionale che conduce all'adozione di qualsiasi misura di tutela della
salute umana che sia fondata sugli artt. 12 e 13 di tale regolamento. Del resto, tale principio
dev'essere del pari preso eventualmente in considerazione nell'ambito della procedura normale, in
particolare al fine di decidere se, con riferimento alle conclusioni relative alla valutazione dei rischi,
l'immissione sul mercato possa essere autorizzata senza rischi per il consumatore.
134. Infine, secondo la giurisprudenza della Corte, al fine di stabilire se una norma di diritto
comunitario sia conforme al principio di proporzionalità, si deve accertare se i mezzi da essa
contemplati siano idonei a conseguire lo scopo perseguito e non eccedano quanto necessario a
raggiungere il detto scopo (v., in particolare, nel settore delle specialità farmaceutiche, sentenza
Generics (UK) e a., cit., punto 66).
135. Trattandosi di un settore ove il legislatore comunitario è chiamato a effettuare valutazioni
complesse, il sindacato giurisdizionale dell'esercizio della sua competenza deve limitarsi ad
esaminare se esso non sia inficiato da errore manifesto o sviamento di potere o se il legislatore non
abbia manifestamente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale (sentenza Generics (UK) e
a., cit., punto 67).
136. Orbene, non appare che la procedura semplificata, basata in particolare sul presupposto di
equivalenza sostanziale, sia inadatta al raggiungimento dello scopo di garanzia di funzionamento
del mercato interno dei nuovi prodotti alimentari e dello scopo di tutela della salute umana e
dell'ambiente, intrinseci al regolamento n. 258/97.
137. Si tratta infatti di una procedura avente carattere derogatorio rispetto alla procedura normale,
che è applicabile solamente per taluni tipi di nuovi prodotti alimentari e qualora ricorra la
condizione di equivalenza sostanziale, in quanto quest'ultima non esclude differenze di
composizione tra i nuovi prodotti alimentari e i prodotti alimentari esistenti, se tali differenze non
sono atte a produrre effetti potenzialmente negativi per la salute umana.
138. Date queste premesse, e con riferimento al fatto che il riconoscimento ex ante dell'equivalenza
sostanziale può essere riesaminato mediante varie procedure che si susseguono tanto a livello
nazionale quanto a livello comunitario (v. punto 131 della presente sentenza), la procedura
semplificata dev'essere ritenuta compatibile con il principio di proporzionalità.
139. Alla luce di quanto precede, si deve risolvere la quarta questione nel senso che l'esame della
stessa non ha messo in luce alcun elemento atto a inficiare la validità dell'art. 5 del regolamento n.
258/97, per quanto riguarda in particolare il presupposto applicativo di tale disposizione relativo
all'equivalenza sostanziale, ai sensi dell'art. 3, n. 4, primo comma, di tale regolamento.
256 10. Gli orientamenti della giurisprudenza
Sulle spese
140. Le spese sostenute dai governi italiano e norvegese, nonché dal Parlamento, dal Consiglio e
dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a
rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento costituisce un
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
P.Q.M.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
ordinanza,
dichiara:
1) L'art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27
gennaio 1997, n. 258, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari, dev'essere interpretato nel
senso che la mera presenza, all'interno di nuovi prodotti alimentari, di residui di proteine
transgeniche a determinati livelli non osta a che tali prodotti alimentari siano considerati come
sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti e, pertanto, non osta al ricorso alla
procedura semplificata per l'immissione sul mercato di detti nuovi prodotti alimentari. Ciò tuttavia
non vale qualora le conoscenze scientifiche disponibili all'epoca della valutazione iniziale
permettano di individuare l'esistenza di un rischio di effetti potenzialmente pericolosi per la salute
umana. Spetta al giudice del rinvio verificare se sia soddisfatta tale condizione.
2) In linea di principio, la questione della regolarità del ricorso alla procedura semplificata di
immissione sul mercato di nuovi prodotti alimentari, prevista dall'art. 5 del regolamento n. 258/97,
non incide sul potere degli Stati membri di adottare misure ai sensi dell'art. 12 del citato
regolamento, quale il decreto 4 agosto 2000, di cui trattasi nella causa principale. Poiché la
procedura semplificata non implica alcun consenso, ancorché tacito, della Commissione, uno Stato
membro non è tenuto, al fine di adottare tali misure, a mettere previamente in discussione la
legittimità di tale consenso. Tuttavia, tali misure possono essere adottate solamente se lo Stato
membro ha previamente svolto una valutazione dei rischi quanto più possibile completa, tenuto
conto delle circostanze specifiche del caso di specie, valutazione da cui risulti che, con riferimento
al principio di precauzione, l'attuazione di tali misure è necessaria a garantire, ai sensi dell'art. 3, n.
1, primo trattino, del regolamento n. 258/97, che i nuovi prodotti alimentari non presentano rischi
per il consumatore.
3) L'esame della quarta questione non ha messo in luce alcun elemento atto a inficiare la validità
dell'art. 5 del regolamento n. 258/97, per quanto riguarda in particolare il presupposto applicativo di
tale disposizione relativo all'equivalenza sostanziale, ai sensi dell'art. 3, n. 4, primo comma, di tale
regolamento.