Gli Acquedotti Di Napoli Antica

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1029 GIUSEPPE MARIA MONTUONO L’approvvigionamento idrico della città di Napoli. L’acquedotto del Serino e il Formale Reale in un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Madrid L’approvvigionamento idrico ha sem- pre rappresentato un servizio primario nella gestione dei servizi infrastrutturali urbani; ciò vale anche per le opere di rifornimento idrico che interessano la città di Napoli ed il territorio circostan- te. Allo stato attuale non esiste alcuna certezza dell’antichità del ben noto ac- quedotto della Bolla 1 ma è probabile che già in età greco e romana repubblica- na 2 l’acqua fosse captata dalla falda freatica sottostante la città attraverso un sistema di pozzi o di cisterne capaci di sfruttare il deposito delle acque piovane. I procedimenti citati presentavano l’in- conveniente di dipendere dalla disponi- bilità di acqua in un raggio territoriale immediatamente prossimo a quello di fruizione da cui questa doveva, manual- mente o con l’aiuto di macchine, essere trasportata sul luogo di utilizzazione o diretta verso punti altimetricamente vantaggiosi per essere distribuita sotto pressione; interessanti a tal proposito alcuni esempi di macchine per il solle- vamento idrico riferiti dallo stesso Vitru- vio nel decimo libro del suo trattato 3 : il timpano e la pompa aspirante di Ctesibio. Il timpano - che se non è in grado di portare l’acqua molto in alto, ne tira però rapidamente in gran quantità - è un cilindro cavo, compartimentato al- l’interno di tramezzi di legno formati da piani diametrali; di questa ruota non esistono testimonianze archeologiche e quella di Vitruvio è l’unica descrizione completa. Infine la pompa di Ctesibio 4 l’unica macchina pneumatica di cui si scrive nel Trattato; “con questo siste- ma, installando un serbatoio è possibile pompare l’acqua dal basso in alto”. Ma, a parte gli studi e l’ingegno di- mostrato nel progettare dispositivi idrici efficaci, solo la costruzione di acquedotti alimentati da sorgenti permanenti per- mette di ovviare in via definitiva a tutte le difficoltà di raccolta, di trasporto, di permanenza e di ripartizione dell’acqua in ogni punto della città. A Napoli, nel- l’età di Augusto (63 a.C.-14 d.C.), il pres- sante problema dell’approvvigionamento idrico fu così risolto con la costruzione dell’acquedotto del Serino 5 . L’opera grandiosa, il cui percorso si snodava dalla sorgente del Serino fino alla pisci- na Mirabilis 6 , va inquadrata nell’am- bito di un più ampio programma impe- riale che teneva conto non solo delle esi- genze agricole, artigianali e domestiche di città e paesi alimentati dall’impianto, ma anche e soprattutto delle necessità della Classis Praetoria Misenas 7 isti- tuita nel periodo iniziale dell’età au- gustea.

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L’approvvigionamento idrico della città di Napoli.L’acquedotto del Serino e il Formale Reale in un manoscritto

della Biblioteca Nazionale di Madrid

GIUSEPPE MARIA MONTUONO

L’approvvigionamento idrico della città di Napoli.L’acquedotto del Serino e il Formale Reale in un manoscritto

della Biblioteca Nazionale di Madrid

L’approvvigionamento idrico ha sem-pre rappresentato un servizio primarionella gestione dei servizi infrastrutturaliurbani; ciò vale anche per le opere dirifornimento idrico che interessano lacittà di Napoli ed il territorio circostan-te. Allo stato attuale non esiste alcunacertezza dell’antichità del ben noto ac-quedotto della Bolla1 ma è probabile chegià in età greco e romana repubblica-na2 l’acqua fosse captata dalla faldafreatica sottostante la città attraverso unsistema di pozzi o di cisterne capaci disfruttare il deposito delle acque piovane.I procedimenti citati presentavano l’in-conveniente di dipendere dalla disponi-bilità di acqua in un raggio territorialeimmediatamente prossimo a quello difruizione da cui questa doveva, manual-mente o con l’aiuto di macchine, esseretrasportata sul luogo di utilizzazione odiretta verso punti altimetricamentevantaggiosi per essere distribuita sottopressione; interessanti a tal propositoalcuni esempi di macchine per il solle-vamento idrico riferiti dallo stesso Vitru-vio nel decimo libro del suo trattato3 : iltimpano e la pompa aspirante di Ctesibio.Il timpano - che se non è in grado diportare l’acqua molto in alto, ne tiraperò rapidamente in gran quantità -è un cilindro cavo, compartimentato al-

l’interno di tramezzi di legno formatida piani diametrali; di questa ruota nonesistono testimonianze archeologiche equella di Vitruvio è l’unica descrizionecompleta. Infine la pompa di Ctesibio4

l’unica macchina pneumatica di cui siscrive nel Trattato; “con questo siste-ma, installando un serbatoio è possibilepompare l’acqua dal basso in alto”.

Ma, a parte gli studi e l’ingegno di-mostrato nel progettare dispositivi idriciefficaci, solo la costruzione di acquedottialimentati da sorgenti permanenti per-mette di ovviare in via definitiva a tuttele difficoltà di raccolta, di trasporto, dipermanenza e di ripartizione dell’acquain ogni punto della città. A Napoli, nel-l’età di Augusto (63 a.C.-14 d.C.), il pres-sante problema dell’approvvigionamentoidrico fu così risolto con la costruzionedell’acquedotto del Serino5 . L’operagrandiosa, il cui percorso si snodavadalla sorgente del Serino fino alla pisci-na Mirabilis6 , va inquadrata nell’am-bito di un più ampio programma impe-riale che teneva conto non solo delle esi-genze agricole, artigianali e domestichedi città e paesi alimentati dall’impianto,ma anche e soprattutto delle necessitàdella Classis Praetoria Misenas7 isti-tuita nel periodo iniziale dell’età au-gustea.

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Un’epigrafe8 scolpita su una lastradi marmo cipollino, rinvenuta presso lasorgente Acquaro nella valle del Sabatodà alcuni chiarimenti sull’acquedotto delSerino. Ne riporto il testo:

DD+NN+FL+COSTAN/TINVS+MAX+PIVS+ / FELIX+VICTOR+AVG+ / ET FL IVL CRISPVS ET / FL.CL. COSTANTINVS / NOBB CAESS/ FONTIS AVGVSTEI / AQVAE-DVCTVM / LONGA INCVRIA / ETVETVSTATE CONRVPTVM / PROMAGNIFICENTIA / LIBERALITATISCONSVETAE / SVA. PECVNIA.REFICI IVSSE-RVNT / ET VSVICIVITATIVM INFRA / SCRIPTARVMREDDIDERVNT / DEDICANTECEIONIO IVLIANO VC / CONS.CAMP. CVRANTE / PONTIANO. V.P. PRAEP. EIVSDEM / AQVAE-DVCTVS / NOMINA CIVITATIVM /PVTEOLANA NEAPOLITANA NO-LANA / ATELLANA CVMANAACERRANA / BAIANA MISENVM9

La lettura dell’iscrizione ha suggeri-to alcune ipotesi sia sull’attribuzione, siasulla data del restauro voluto da Costanti-no (280 ca.-337), sia sull’identità deicentri della Campania che in quel tem-po utilizzavano l’acqua del Serino.

La Fontis Augustei Aquaeductumcui l’epigrafe si riferisce s’identifica ve-rosimilmente nella cosiddetta sorgenteAcquaro che in età romana garantival’alimentazione dell’acquedotto. La pa-rola Augustei chiarisce l’attribuzione diquesta mirabile opera ingegneristica adAugusto (63 a.C.-14 d.C.) e non - come

affermava il Pontano (1426-1501)10 edopo di lui altri studiosi, come il Sum-monte ed il Capaccio - all’imperatoreClaudio ( 10 a.C.–54 d.C.). Queste er-rate attribuzioni, fondate sul ritrovamentodi fistule in piombo recanti il nome diClaudio, hanno così voluto riconoscereper molte generazioni l’opera quale Ac-quedotto Claudio. Solo più tardi, dalPaoli11 al Maiuri12 , l’attenta analisi del-le tecniche costruttive impiegate ed al-cune legittime obiezioni relative al teo-rema pontaniano delle fistule marcatehanno suggerito che la costruzione po-tesse invece risalire all’epoca augustea:“questi canali potevano od appartenerea qualche particolare diramazione diacqua, od essere stati sostituiti a vecchigià consumati, od in qualunque manierapotevano essere moderni”13. Peraltro,a conferma di quest’ultima tesi, lo stes-so Augusto ordinò, per rispondere alleesigenze di approvvigionamento idricodella flotta di stanza a Miseno, la realiz-zazione della immane cisterna detta Pi-scina Mirabilis, dove l’acquedotto delSerino termina dopo aver percorso cir-ca 96 chilometri. In ogni caso, a frontedi tutte le contraddizioni relative alla datadella costruzione, si può ipotizzare chel’opera per le sue dimensioni fu realiz-zata in un lungo intervallo di tempo.Pertanto risulta possibile che tra proget-to, costruzione e messa in esercizio ditutti i condotti, anche delle città servite,sia trascorso il tempo che separa gli annidel potere di Augusto e di Claudio.

Un’opera così monumentale neces-sitava di continua assistenza e di fre-quenti riparazioni per essere sempre

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funzionante14 : importanti interventi direstauro si ebbero in età flavia (I sec.d.C.) con la sostituzione di interi tratti dicondotta con altri a questi paralleli, men-tre si deve all’intervento di Costantino(280-337 d.C.) l’imponente ricostruzio-ne del percorso principale dell’acque-dotto sino a Napoli per circa 12 chilo-metri.

È immediato risalire alla data del re-stauro costantiniano a cui l’epigrafe siriferisce per la menzione, insieme conCostantino, dei due Cesari Crispo eCostantino II; “l’incoronazione di questiultimi il I° marzo del 317, e l’uccisionedi Crispo nel 326 rappresentano eventiin grado di collocare la datazione del-l’opera in un intervallo di tempo com-preso tra il 317 e il 326 d.C.; ma per ilfatto stesso - afferma Italo Sgobbo - cheal nome di Costantino seguono soltantoi nomi dei due predetti Cesari Crispo eCostantino II, l’epigrafe e quindi il ripri-stinato acquedotto vanno riferite preci-samente all’anno 323 o al 324, con mag-giore probabilità per il 324. Il cenno nel-la lapide ad un praepositus eiusdemaquaeductus come vir perfectissimuslascia pensare che fosse un praefectusclassis: in tal caso il restauro dell’ac-quedotto sarebbe allora dovuto aiclassiarii della flotta di Miseno”15 .

Per quanto attiene alle popolazionidei siti della Campania antica che utiliz-zavano l’acqua del Serino può accettarsil’indicazione dell’epigrafe che le elencain ordine di importanza: Puteoli, Neapo-lis, Nola, Atella, Cumae, Acerrae, Baiee Misenum16 ; l’ordine del percorso com-piuto dall’acquedotto è invece: Nola,

Acerra, Atella, Napoli, Pozzuoli, Baia,Cuma e Miseno.

La lapide17 fu ritrovata al caputaquae, il sito dove aveva origine l’anti-co acquedotto romano, in occasione deilavori del 1927 destinati ad aumentarela portata di acqua che dal Serino arri-vava alla città di Napoli18 .

Per buona parte del suo percorso,soprattutto nelle aree extra moenia,l’acquedotto non correva in galleria maall’aperto, sulle caratteristiche arcate inlaterizio, delle quali resta traccia a Na-poli, presso l’attuale zona dei Ponti Ros-si19 .

Va ricordato a questo proposito chepresso i Romani l’acquedotto era di re-gola una infrastruttura ipogea; ma neilunghi percorsi a valle che si preferivaabbreviare20 , o nelle regioni caratteriz-zate da forti dislivelli del terreno, la ne-cessaria continuità di pendenza del con-dotto non poteva ottenersi per mezzo deisoli cunicoli sotterranei. Occorreva al-ternare a questi alcuni sostegni, a muropieno o ad arcate, che tenessero alto ilcanale in corrispondenza delle depres-sioni del suolo; i Ponti Rossi costituisco-no il ponte in laterizio per l’accesso set-

Fig.1 - Gli archi in laterizio dei Ponti Rossi

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tentrionale a Napoli della condotta delSerino.

Circa il percorso dell’acquedottoaugusteo, la captazione veniva effettuatain un bacino all’estremità settentrionaledell’altopiano di Serino, da dove si dira-mavano in direzioni opposte un trattoalimentato dalla sorgente bassa (320metri s.l.m.) detta Urciuoli che riforni-va Beneventum21 e l’altro dal gruppodelle sorgenti alte (370 metri s.l.m.) diAcquaro e Pelosi per la Campania. Ilprimo si svolgeva per circa 35 chilome-tri lungo la valle costeggiando il fiumeSabato, attraversando i villaggi di Pratae poi quelli di Altavilla Irpina e Ceppaloniper poi raggiungere la città alla Roccadei Rettori, che ha incorporato un pon-te-canale.

L’altro, seguendo la sponda sinistradel fiume per inoltrarsi nella valle di unsuo affluente proveniente da Contrada,attraversava Monte Castello e la pianadi Forino per discendere in rapida cadu-ta dal valico della Laura a Mercato S.Severino. Successivamente, dopo unaltro tratto nuovamente ipogeo attraver-so il costone fra Castel S. Giorgio eLavorate, lo speco proseguiva lungo ilpendio passando per Terravecchia diSarno22 , e a Monte di Foce, e sbocca-va nella pianura nolana presso Palma23 ,da dove una diramazione secondaria sidirigeva dopo circa 11 chilometri a Nolae a Pompei, qui veniva incanalato peressere distribuito in pressione nel castel-lum aquae presso Porta Vesuvio24 . L’a-cquedotto del Serino da Palma, in loca-lità Tirone, procedeva su un ponte-ca-nale (un opus arcuatum lungo 3500

metri con archi di circa 5 metri) nei pressidell’attuale Pomigliano D’Arco - che daquesti prende nome - e all’altezza diPacchiano (masseria Palmese) prende-va una deviazione che lo portava allamasseria Chiavettieri e di lì raggiunge-va Arcora, l’attuale Casalnuovo.

Nel corso della storia del ducato na-poletano tutti i villaggi che nascevanoerano distinti, a secondo della loro di-sposizione geografica rispetto a Napoli,con le espressioni intus arcora e forisarcora, se si trovavano cioé di qua o dilà dell’Acquedotto Claudio. Dagli ar-chi dell’acquedotto, secondo il Capasso,derivava non solo la possibilità di indivi-duare i luoghi rispetto a Napoli, ma an-che la possibilità di individuare i variinsediamenti che si formavano. Per cui“ Dagli archi in discorso fu detto Arcora[...] un villaggio che sorgeva ai tempidel ducato, dov’è ora Casalnuovo”.Dunque, l’etimologia del villaggio diArcora va ricercata nella scelta che lasua antica comunità fece di insediarsinei pressi dell’acquedotto.

L’acquedotto da Casalnuovo prose-guiva con una diramazione per Acerra,e poi proseguiva con un ponte-canalenella zona detta i cantarelli di San Pie-tro a Patierno e, con un percorso sot-terraneo, attraversava la collina diCapodichino dove s’innestava la dira-mazione per Atella, e giungeva attra-versando il vallone di Miano sui cosid-detti Ponti Rossi25 al territorio di Nea-polis26 . Qui il tracciato si svolgeva allefalde delle colline di Capodimonte, incorrispondenza dello Scudillo laddove unramo dell’acquedotto proseguiva entran-

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do da porta Costantinopoli e l’altro sidirigeva al Vomero; il primo dopo averattraversato piazza Bellini, dove sonostati infatti rinvenuti resti di un edificiotermale, continuava nel luogo dell’attualeS. Pietro a Maiella dove era probabil-mente in funzione una delle sue torri diderivazione. L’abate Romanelli così de-scrive il tracciato “attraversando il lar-go delle Pigne scorrevano a lato del-l’odierna porta Costantinopoli, dove unodi questi acquidotti s’introduceva allemura di Napoli, verso la porta Don-n’Orso presso S. Pietro a Maiella. Quida Summonte se ne videro gli avanzi,che furono rotti nel fondersi il palazzodel principe Conca, e volgeva verso S.Patrizia [...]”27 . Le fortificazioni di piaz-za Bellini che si addossano ad un avan-corpo che potrebbe essere una torre, edil percorso del vico storto S. Pietro aMajella, sul quale ha già richiamato l’at-tenzione Mario Napoli (“Il tratto dimurazione che con andamento non per-fettamente normale rispetto alla cor-tina si diparte proprio agli estremi limitimeridionali del tratto esplorato in Piaz-za Bellini, deve piuttosto essere identifi-cato come elemento di una torre con-nessa ad una porta, che doveva aprirsiproprio sullo sbocco dell’attuale Via S.Pietro a Majella, quasi di fronte aPort’Alba”28 ) fanno ipotizzare l’ubica-zione in quell’area di un castellumaquae, situato, con approssimazione,alla sbocco della plateia dei Tribunali.La torre di cui parla Mario Napoli po-trebbe quindi essere un serbatoio di di-stribuzione, che sarebbe oggi nel luogoin cui sorge il monastero di San Pietro a

Majella, che assicurava alla Neapolisun’alimentazione in pressione come erautilizzata a Pompei. A questo propositoper comprendere il funzionamento di unarete idrica distributiva che utilizzasse uncastellum aquae é necessario affidarsiallo studio di quegli archeologi ed erudi-ti29 che si sono succeduti nello studiodell’antica Pompei: la città sepolta dal-l’eruzione del 79 d. C. è l’unica del mon-do antico in cui è stato possibile studia-re i castellum dividiculum.

Come si è osservato trattando delpercorso dell’acquedotto, questi entra-va a Pompei in corrispondenza della viaStabia tra le regioni V e VI, per alimen-tare il Castellum Aquae, la grande ci-sterna in mattoni posta ad un’altezza dicirca 42 metri, dotata di tre uscite consaracinesca che permettevano di invia-re l’acqua separatamente alle fontanepubbliche, alle abitazioni private e alleterme.

Il Castellum Aquae, a pianta tra-pezoidale, racchiudeva una sala circo-lare a cupola, di 5,7 metri di diametro e4,3 metri di altezza che costituiva la va-sca. L’acqua entrava da una fessura, lacui chiusura era regolabile mediante unasaracinesca, ed entrava nella vasca didecantazione, alta 40 centimetri, ai bor-di della quale si trova un corridoio diservizio. Dopo essere passata tra duefiltri metallici, l’acqua si frangeva con-tro un’altra saracinesca regolabile po-sta al centro della vasca, appoggiata adue muretti spartiacque, e quindi, dopoaver superato una lamina di piombo altacirca 25 centimetri, veniva convogliata,attraverso tre condotti a diverse altez-

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ze, alle tre condutture che costituivano irami principali della rete di distribuzio-ne. Il condotto di uscita dell’acquedottodestinato alle abitazioni private e allefontane pubbliche era il più basso, equello sempre alimentato; il condottoposto a mezza altezza riforniva le termee quello in alto, il primo in cui l’acquaveniva a mancare quando il livello siabbassava, le fontane decorative ed ininfei.

La probabile presenza a Napoli diuna torre nell’area dell’attuale S. Pietroa Majella, suggerisce alcune considera-zioni. Si può ancora aggiungere che ilgià ricordato non perfetto allineamentodel campanile con il muro perimetraledella chiesa, ma soprattutto la presenzaalla base di blocchi di piperno di dimen-sioni non rinvenibili in altre parti dellacostruzione, consentono di ipotizzarel’edificazione del campanile sul luogo diuna torre più antica. La tesi suggestivadi un castellum aquae resta tuttavia didifficile dimostrabilità anche a causa delcompleto stravolgimento dell’orografialocale: attualmente la chiesa di S. Pie-tro a Maiella è posta ad un livello supe-riore rispetto all’antico piano stradale(tratti di lastrico stradale di epoca ro-mana sono stati rinvenuti sotto la quotadi calpestio della chiesa a circa 10 me-tri).

Il secondo ramo, dopo aver costeg-giato l’Orto Botanico, proseguiva inter-rato sotto il colle di S. Erasmo e si diri-geva verso il Vomero, dove sono anco-ra visibili resti dello speco tra il Cavonee Corso Vittorio Emanuele; dove, pres-so l’ex Monastero della Trinità (costru-

ito nel 1608, dal 1806 Ospedale Milita-re), quando vennero create le mura cin-quecentesche, fu distrutto il castello diderivazione per la città. Il condotto, co-steggiando ancora la collina del Vomero,si diramava con un braccio secondarioa Posillipo mentre il principale attraver-sava il lato nord della crypta neapoli-tana30 . Dopo la grotta vi era un’altradiramazione che, passando su un pontecanale sul mare, alimentava l’isolotto diNisida, mentre la condotta continuavaraggiungendo le terme di via Terra-cina31 , per poi seguire il pendio delle al-ture tra Monte Spina, le terme di Agnanoe Monte Olibano, entrando così nel ter-ritorio puteolano. Qui correva nella par-te alta della città, lì riforniva la piscinaCardito32 in prossimità del bagno dettoOrtodonico33 , e la piscina Lusciano34 ,per poi proseguire per la Starza, a suddel lago di Averno; qui è da supporrel’innesto di un braccio con una condottalibera che costeggiando la grotta dellaPace riforniva Cuma, e poi Baia, finoalla piscina Mirabile posta sopra il portodi Miseno.

Nella fase di costruzione originarialo speco, largo in media metri 1,85 esempre rivestito di uno spesso strato dicocciopesto, è -laddove non attraversala roccia calcarea o tufacea- realizzatoin pietra calcarea o tufacea a secondadella convenienza, con paramento inopus incertum voltato a botte su legge-ra risega, con caementa disposti a cu-neo. Nei tratti in cui il percorso si svol-ge fuori terra, come alla Terra, ai murid’Arce a Sarno e nel tratto terminale aBacoli, il paramento è in laterizio o in

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tufelli rettangolari con ricorsi in lateri-zio, e in laterizio è anche l’unico pontecanale attribuito a tale fase, quello deiPonti Rossi a Napoli, dove i cunei delrivestimento degli archi sono costituiti daframmenti di tegole rotte parallelamen-te alle costolature. In tufelli con ricorsiin laterizio è anche costruita la PiscinaMirabile a Bacoli, lungo il cui lato nordsi snoda in arcate il tratto terminale del-l’acquedotto.

Per quel che riguarda Neapolis, unacisterna a due navate con volta a cro-ciera con una concamerazione a volta abotte a nord (rinvenuta nel 1957 lungo illato sud di vico S. Severo e tuttora ingran parte incorporata nel Palazzo S.Severo) è forse in rapporto diretto conil ramo che alimentava la città, anchese non anteriore all’età flavia nelle partifinora conosciute, come è il caso, delresto, delle piscine Cardito e Luscianoa Puteoli.

D’altro canto, proprio all’età flaviavanno datate le massicce riparazioni del-l’acquedotto che hanno portato a sosti-tuire interi tratti con tratti paralleli, do-vute evidentemente alle conseguenze dimovimenti franosi nonché degli eventisismici del 62 a.C. e di poco anteceden-ti o posteriori, nonché quelli relativi al-l’eruzione del 79 d.C. Sono da attribuireprobabilmente all’eruzione del 79 d.C. iltratto nord dei «Ponti Rossi» ed i ponti-canali con tratti adiacenti contraffortatialle mura d’Arce presso Sarno, nonchéun raddoppiamento del ramo per Bene-vento presso la località Pratola-Serra.La struttura di questa fase è infatti ca-ratterizzata dallo speco con copertura

Fig.2 - Il percorso dell’acquedotto del Serino

alla cappuccina e paramenti in laterizio,specchi in opus reticulatum e ricorsi inbipedales, i quali sono usati anche per icunei degli archi. Un ramo secondarioche portava alle terme di Agnano35 ri-sale, come queste, al II sec. d.C. ed hail paramento in tufelli con copertura pia-na in bipedales. Rami secondari ali-mentavano alcune ville, tra cui quella diPollius Felix sita nella zona della Ri-viera di Chiaia.

Poco si sa dell’arco temporale cheva dall’età di Costantino al completo ab-bandono dell’acquedotto del Serino; cer-to è che, a partire dal medio evo, inOccidente si costruirono ex-novo o siricostruirono acquedotti romani in disu-so (l’acquedotto di Segovia venne ripa-rato nel 1481; e nel 1609 Paolo V Bor-ghese, 29.V.1605 - 28.I.1621, riportò aRoma l’acqua Traiana).

Sull’abbandono e sulle vicendefunzionali del Serino significativi si rive-lano due episodi di utilizzo dell’acque-dotto romano da parte degli eserciti as-sedianti per penetrare nelle mura edoccupare la città di Napoli, riferiti unodall’abate Domenico Romanelli (sull’in-vasione nel 537 del generale Belisario)

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e l’altro da Benedetto Croce (sull’in-gresso di Alfonso d’Aragona a Napolinel 1442).

All’inizio dell’età vicereale (1503-1734), l’acquedotto romano di pertinen-za napoletana anche se in disuso dove-va ancora presentarsi in buone condi-zioni, tanto è vero che fu presa in consi-derazione l’idea di restaurarlo.

La notevole espansione demograficaimponeva una urgente alternativa all’or-mai insufficiente acquedotto della Bol-la. Il viceré Don Pedro di Toledo (1532–1553) pensò allora di risolvere il proble-ma dell’acqua emanando il 13 giugno un“banno” (bando) composto di 19 artico-li che proibiva i prelievi abusivi e lemanomissioni ed incaricando nel 1549 iltavolario Pietro Antonio Lettieri(m.1562)36 di redigere una relazionesulle possibilità di ripristino dell’acque-dotto romano. Lettieri indagò, ispezionòe rilevò per quattro anni il canale checonduceva per circa 43 chilometri l’ac-qua dal Serino alla città di Napoli, ma ilprogetto di restauro non fu realizzato siaper l’ingente costo dell’opera (185.000ducati) sia per la sopraggiunta morte delviceré Don Pedro di Toledo37 ed il di-sinteresse del suo successore, PietroAfan de Rivera duca di Alcalà (1553-1571). La relazione38 con la descrizio-ne dell’itinerario dell’acquedotto, fu poipubblicata da Lorenzo Giustiniani agli inizidell’800 con il titolo Discorso dottissi-mo del Magnifico Ms. Pierro Anto-nio dé Lecthiero cittadino, et Tabula-rio Napoletano circa l’antica pianta,et ampliatione dela Città di Nap. Etdel’itinerario del acqua che antica-

mente flueva, et dentro, et fora lapred. Città per aquedocti mjrabiliquale secondo per più raggioni nedimostra, era il Sebbetho celebratodagli antichi auttori39 .

Il Lettieri, su iniziativa promossa dalvicerè d’Alcalà responsabile già dellacostruzione della fontana del Molo, nel1562 diresse i lavori di allacciamentodelle acque sorgenti sotto il mulino diMorrone con il Formale Reale40 .

Ma il problema della carenza d’ac-qua persiste agli sporadici rimedi pro-mossi ed è soprattutto la parte alta dellacittà, costretta ad utilizzare ancora i poz-zi, quella più gravemente penalizzata,come è ben sottolineato da questo bra-no di Giovanni Tarcagnota41 (1490/1500ca. - 1566) da Gaeta:

“[…] Ma ritornando alle acque dico,che la parte superiore della città,percioche non ha potuto l’acqua giun-gere à tanta altezza, ha i suoi pozzi conle sue fresche conserve della medesi-ma acqua delle fontane, che per tuttaquella parte della città per cave sotter-ranee si conduce, perché ogn’un, chene vuole, possa parteciparne”42 .

A conferma dell’abbandono in attoal suo tempo del canale del Serino, l’au-tore segnala come unico acquedotto diNapoli quello della Bolla43 . Sulla pre-senza di pozzi ed acque sorgive JacopoSannazaro (1458-1530) descrive nel-l’ode de fonte Mergellina di “una fon-tana di acqua trasparente e perenne[...]. Quella sgorga nei miei possedimen-ti, unica sorgente in un immenso trattoarido del monte, dalla parte in cuiPosillipo, ricca di viti, si protende in

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mare”44 ; e Luigi Galluccio (1430-1502)che descrive il giardino del Pontano, inuna lirica a lui dedicata, dove “nel mez-zo un pozzo ossia una fonte d’ignotaprovenienza è prodiga della grata bevan-da di acque sorgive é bastevole ad irri-gare gli alberi, né mai si esaurisce per lagente del luogo, data la presenza di moltizampilli sotterranei”45 .

La necessità idrica di una popolazio-ne in aumento rendeva urgente un pro-getto di ripristino dell’acquedotto roma-no che, dopo il tavolario Lettieri, vienepuntualmente affidato ad AscanioCapece ed agli Ingegneri BenvenutoTortelli (1533-1594) e AmbrogioAttendolo (1515-1585), incaricati daAlfonso D’Avalos (1502-1546) di ricon-durre l’acqua del Serino nella città diNapoli, come riportato dal Filangieri :

“Alfonso d’Avalos ordina agli uffi-ciali regii e baronali, ai sindaci ed allepopolazioni dei comuni di Napoli eSerino, di ospitare e assistere AscanioCapece mandato a ritrovare l’acque-dotti per li quali veniva l’acqua dadetta terra in questa città.

Commissione in persona del magni-fico Ascanio Capece, per l’acqua delSerino.

Alfonsus d’Avalos [...] – A tutti etsinguli officiali, magiori et minori, tantoregii come de baroni, sindici, eletti, uni-versità et homini delle città, terre et lochidel presente Regno, dove occorrerà insolidum. Perché lo magnifico AscanioCapece de Napoli se parte da questacittà per andare per servitio della RegiaCorte in diversi parte et lochi convicinida Napoli a Serino per ritrovare l’ac-

quedotti per li quali veneva l’acqua dadetta terra in questa città o in altre par-te, et comple al servitio di Sua Maestàper la facilità et exequtione de le cosepredette, che dove capitarrà sia provvi-sto di stantia, strame et letto per esso etper sua cometiva gratis, et de comitivao compagnia, et delle cose che bisogna-no per esso et detta sua cometiva, iustosalario mediante, per questo con la pre-sente se ordina et comanda a ciaschunoa chi la presente spettarà o sarrà quomo-dolibet presentata, a la pena di onze cen-to, che al detto magnifico Ascanio deb-biano in quello che per esso sarràrecercato obedire, assistere et prestareogni aiuto et favore necessario et opor-tuno et donarli et farli dare stantia, stra-me et letto (per esso) et comitiva, etquello che li bisognarrà ut supra, iustosalario mediante, non fando lo contrariosi amate la gratia de Sua Maestà et sot-to la pena predetta. La presente resti alpresentante.

Datum, (...), die V novembris 1576“

Alcuni anni dopo, il viceré Pedrod’Ossuna (1582-1586) assegna all’ar-chitetto frà Giovanni Vincenzo Casale(1539ca.-1593)46 il compito di condur-re a Napoli le acque del Serino e delSarno; e dà incarico nel 1583 di restau-rare l’acquedotto della Bolla, gravemen-te danneggiato dal terremoto del 158147

come ricorda una lapide posta sulla fon-tana del Formello48 . Anche DomenicoFontana (1543-1607), a Napoli nel 1592,fu responsabile di un progetto di allac-ciamento per diverse acque sorgive inTerra di Lavoro che rinnovava l’antico

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alveo del Clanio, detto volgarmente La-gno; dal Sarno condusse inoltre l’acquaalla Torre della Nunziatella per comodi-tà dei mulini di Napoli49 (sul tema è in-teressante il testo Del modo di condurle acque di Pellegrino Tibaldi, 1527–1596)50 .Nella prima metà del XVII se-colo la città di Napoli vive una nuovafase di esplosione demografica regi-strando un rapidissimo incremento dellapopolazione da circa 270.000 a 450.000abitanti nel 1607. In questo contesto, chevede la capitale del Regno esercitarecon i suoi privilegi di cittadinanza un’at-trazione sempre più considerevole sullepopolazioni delle campagne, si rendenecessario un ulteriore progetto dicanalizzazione delle acque; accantona-to momentaneamente il progetto delSerino, il 9 maggio 1629 Cesare Carmi-gnano ed Alessandro Ciminelli, discepolodi Nicola Antonio Stigliola51 , hanno ilmerito di proporre e di farsi approvaredal viceré duca d’Alba un progetto-con-tratto per la condotta delle acque delFaenza da S. Agata dei Goti a Napoli.

L’architetto Felice Abate52 ha affer-mato che l’acquedotto Claudio ha fun-zionato, seppur in modo limitato, fino alsecolo XII o XIV. Agli inizi del XVIIsecolo l’approvvigionamento idrico diNapoli era garantito, oltre che dalle sor-genti e dal fiume Sebeto, dal solo ac-quedotto della Bolla. Per comprendere

il percorso e la gestione dell’acquedottodella Bolla o Formale Reale a Napoliagli inizi del XVII secolo, nelle pagineseguenti si commenta e si trascrive unainedita lettera, di quattro fogli scritti an-che sul verso (fogli da 112r a 115v), cu-stodita nella Biblioteca Nazionale diMadrid53 (Cfr. Fig.3). La descrizione,contenuta nel ms 9610 (anonima e sen-za data), viene inviata a Roma ad unnon ben specificato cardinale Orsini,e contiene un ‘resoconto’ dell’anticoacquedotto della città di Napoli.

Dalla lettura del documento è statopossibile collocare il manoscritto neglianni intorno al 1610, periodo in cui fucommissario dell’acquedotto della Bol-la il regio consigliere Michele deVillanova54 , menzionato al foglio 114v;inoltre, quale destinatario della descri-zione - si può ipotizzare - il cardinaleAlessandro Orsini (1592-1626). Il car-dinale era interessato in quegli anni alfunzionamento degli acquedotti ed a re-clutare competenti fontanieri per con-durre l’acqua Paola - di cui la famigliaera proprietaria - a Roma dal lago diBracciano55 . Napoli in quell’epoca era,con Roma, una delle poche grandi cittàitaliane abbastanza civili per godere diun acquedotto e l’interesse del cardina-le ne sottolinea lo stato di avanzata in-gegneria idraulica raggiunto. Il condot-to fu chiamato Formale, e più tardi For-

Fig.3 - Incipit del manoscritto conservato a Madrid

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della Biblioteca Nazionale di Madrid

male Reale. La voce formale è ripor-tata per tutti i canali che si riferisconoall’acquedotto della Bolla, dando talvol-ta nome ai luoghi per i quali passavanole diramazioni. La denominazione diFormello- scrive Capasso56 - fu datanon solo alla fontana ora posta alle spalledi Castelcapuano ma anche ad una lo-calità circostante che formava un bor-go e ad un vico al suo interno (l’attualevia Oronzio Costa).

Le acque utilizzate per alimentare laBolla erano quelle affioranti dalle pen-dici del monte Somma, in varie localitàdenominate Benincasa, La Preziosa,Taverna Nuova, nei pressi del comunedi Volla. Sul percorso delle sorgenti checonfluivano nel Formale non sempre ledescrizioni tra gli autori che l’hanno trat-tata coincidono. Fiengo57 fa riferimen-to a quattro cunicoli drenanti: due inmasseria Preziosa, uno in masseriaBenincasa e uno in masseria Grotticella.Seguendo la descrizione di LuigiCangiano58 , architetto commissario delramo delle acque della città di Napoli, ilpiù antico cunicolo, il solo che alimenta-va nei primi secoli l’acquedotto, era de-nominato braccio di Benincasa; succes-sivamente nel 1765 furono collegati adopera di Alessandro Ciminelli altri duecunicoli drenanti: il braccio della Preziosaed il braccio di Taverna Nuova. Le pri-me righe della lettera descrivono l’ori-gine del Formale facendo riferimento ad“un luogho detto la pretiosa dove se sonritrovate fatte le mura antiquissime conl’aperture donde l’acqua scorre”; poitratta l’ingresso dell’acquedotto in città“caminando a livello giusto verso Na-

Fig.4 - Disegno della Venezia a Poggio Reale(Cfr.n.60)

poli alla maggior altura che l’ha potutoportare appresso di poggio reale si spartìet la metà di tutta l’acqua per uso diPoggio reale resta, et perservigio di moltiparticolari che l’han avuta in concessio-ne dali Re antichi per far molina et fon-tane neli lor luoghi. Resta l’altra metàde l’acqua, qual si conduce in Napoli”.I canali si riunivano in un canale princi-pale interamenete intonacato59 nei pres-si della casa dell’Acqua, e proseguivacon il nome di Formale Reale fino allavilla di Poggio Reale; qui si divideva indue porzioni: una ad alimentare la villastessa e l’altra proseguiva entrando inNapoli all’altezza della porta Capuana.

A tal proposito nell’Archivio Storicodel Comune di Napoli è conservato siaun inedito disegno60 della Venezia aPoggio Reale (Cfr. Fig.4) sia un docu-mento datato 1689, dal titolo Note dellefontane di Poggioreale61, in cui si leg-ge:

“All’Illustrissimi sig.ri Deputati delTribunale della Fortificazione Mattonataet Acqua di questa fidelissima Città.

Per obedire come devo à gl’ordini di

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lor sig.ri illustrissimi, che ciasched’unofontanaro facesse fede delle fontanecossì pubbliche, come de particulari delsuo quartiero io soddetto fontanaro delquartiero di Poggio Reale, riferisco, chenella strada principale di esso vi sonosette fontane pubbliche, che piglianol’acqua dal regio Formale, che viene daVolla, ciò è delle tre prime una piglia al-l’incontro la Porta di Poggio Reale det-ta Pitaffio, e l’altre due nominate il Mon-te, et la Vcicogna pigliano l’acqua vici-no alla Cappella sotto al Pitaffio, ciò èla Cicogna piglia l’acqua persa del Mon-te, et l’acqua persa della Cicogna và allaPadula del sig. Cardinale.

L’ultime quattro fontane nominate liCavalli marini, le Tele, la Tassa, et ilSatiro pigliano l’acqua in detto Regioformale dentro la Masseria di CarmenoAtinolfo. Dentro Poggio Reale vi sonole concessioni del molino delBrancacciello, che piglia l’acqua all’in-contro alla Taverna dietro alla Cocinadi Poggio Reale vi è la concessione del-lo Seniello.

Appresso vi sono altri Circoli, cheportano l’acqua al Molino di Monte Oli-veto. Andando poi verso alla Volla den-tro alla Masseria di Pietro delle Donnevi è un bronzo, che porta l’acqua allaPadula del sig. Antonio Pagano. Ritor-nando verso Napoli dentro al Giardinodi Gaetano Gaeta vi è un altro bronzo,che porta l’acqua al Molino delIannazzo, al presente del Sig. Duca diSicignano. Nella Polverera della Mas-seria di Masilio dello Tufo, vi è un puzzope il quale si ponno pigliar l’acqua nellosguazzatoio. Nel sguazzatoio del Duca

vi è una chiave di bronzo pe pigliar l’ac-qua. Nel sguazzatoio appresso vi è unafinestra pe la quale si affaccia al For-male Reale. Nel sguzzatoio vicino GiulioCiano vi è una pietra con cunnolo di fer-ro, appilato con spoccolo di legname.Cheè quanto posso riferire alle loro Illustris-sime [...]

Napoli 18 lug. 1689 Gennaro Rug-giano”.

Quindi, dopo aver servito l’area del-la villa di Poggioreale, l’acquedotto pro-segue e il ‘resoconto’ ne descrive il per-corso in città, anche attraverso i Seg-gi62 : “questo acquedotto maggiore det-to lo reale si conduce per la porta diCapuana et per la strada a direttura di liseggio Capuano prevene a Santo Ste-fano, et dallà a San Lorenzo, si riduce alli seggio di Nido, et dopo a directura diSanta Maria dela Nova discende perl’Incoronata sino avante il Castello Nuo-vo dove è la fontana pubblica et lla sitermina questo acquedotto maggiore”.Il canale principale, dunque, seguendoanche la descrizione del Melisurgo63 ,entra ad una quota di 12 metri sul livellodel mare e procede per porta Capuana,Tribunali, vico Zuroli, S.Biagio dei Li-brai, vico Salvatore, vicoletto Mezzo-cannone, Banchi Nuovi e termina allafontana Medina64 alla quota di circa 9metri s.l.m.; durante il percorso il cana-le principale si frazionava in successivicanali secondari per raggiungere vastearee della città. Infatti l’anonimo croni-sta prosegue la descrizione e, approfon-dendo le diramazioni o bracci, scrive“questo magistrale reale caminando daCapuano si piglia un braccio da questo

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della Biblioteca Nazionale di Madrid

acquedotto reale il quale si estende perla parte superiore di Capuana verso quel-lo braccio et l’Anticaglia, un altro brac-cio se piglia da Santo Stefano caminandoverso San Paulo et Santa Patrizia etverso la torre d’arco saglie a Santo Gaiu-so (Gaudioso), un altro braccio se pigliadal seggio de Nido et camina per SanDomenico verso San Pietro a Maiellaet San Sebastiano et il palazzo del Prin-cipe de Salerno, et Santa Clara”; e, aconferma che la parte alta della città eraservita dai pozzi riforniti dall’acquedot-to, scrive “questi tre bracci principali chese pigliano dal formale reale dando ac-qua a tutte quelle regioni della parte su-periore di Napoli perché da questi brac-ci si conducano l’acque ali puzzi parti-colari et ciascuno secondo che li vienpiù comodo se la può pigliare dal puzzopiù vicino alla sua casa”.

Dopo una interessante e dettagliataesposizione sulla gestione e sull’ammi-nistrazione del Formale e sulle regole perdare la concessione d’uso, la lettera pro-segue registrando alcune fontane ali-mentate dalla Bolla agli inizi del XVIIsecolo65 : “alle fontane della Selleria66

delo mercato67 , de porta nova68 , et deporto69 et dela piazza de S’ulmo70 , deladogana, et del Molo71 ”.

Immediato è il confronto con ciò chescrive Tarcagnota alla fine del XVI se-colo: “ma soprattutto quello, di che habisogno per suo maggiore decoro unacittà, sono le fontane di acqua viva ecorrente: che oltre la comodità che dan-no, che è grandissima et incomparabile,fanno vaga, lieta et quasi viva quella cittàdove sono»- prosegue menzionado al-

cune fontane che ritroviamo anche nel-la lettera della Biblioteca Nazionale diMadrid- «Le pubbliche fontane si tro-vano per tutti i luoghi principali della cit-tà compartite. La piazza dell’Olmo hala sua così commoda e vaga. Ha la suanon men bella la Selleria. Pressol’Annunziata è l’altra così magnifica etcopiosa che pare un fiume. Ha la suabella e schietta il seggio di porto [...]. Amezzo Cannone è l’altra72 ”. L’anonimomittente riferisce che “né se ha potutoancora aver il desegno perché volendosefare come ha con tanti divertimenti chetiene et come che camina per tutta lacittà se ne ricerca un grand fastidio cibisogna tenere più di quelli esperti chel’hano tenuti l’ufficio più anni et chesanno come camina il formale maggio-re et come sono poi pigliati gli acque-dotti parrticolari et come sono poi divisianche l’uno all’altro essendo che Na-poli non ci n’è ancora stato fatti desegnoalcuno”. La mancanza in quegli anni diun rilievo attendibile dell’acquedottodella Bolla è da attribuire all’assenza trail 1593 e il 1613 di un ingegnere stabileaddetto al tribunale delle fortificazio-ni, acqua e mattonata73 e alla ‘gelo-sia’ dei pozzari e dei fontanieri, veriesperrti conoscitori del percorso delFormale. L’inedita lettera, proprio aquesti ultimi si rivolge - nella parte con-clusiva - per raccogliere alcuni consiglisull’acquedotto che a Roma si stava ter-minando74 .

Probabilmente si riferiva alla costru-zione dell’acquedotto Paolino75 volutada Paolo V Borghese (1605-1621) edinaugurata il 25 giugno del 1611.

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AllegatoBiblioteca Nazionale di Madrid, sezio-ne manoscritti “El servicio de aguas enNápoles”, MS9610 (h.112r-115v) - (Cfr.nota n.53)

L’acqua di Napoli si conduce da un luoghodistante da la Città circa miglia cinque, et la suaorigine non si ritrova da chi l’havesse dato princi-pio, ma nasce sottoterra da canne sei più o meno,et ha diverse nascente che ponere in un circuito dipiù di tre miglia cominciando da Arpino casal diNapoli sin ad un luogho detto la pretiosa dove seson ritrovate fatte le mura antiquissime con l’aper-ture donde l’acqua scorre, e se ne son fatte poi ditempo in tempo de le altre cave in quelli circuiticon le mura con l’apertura donde l’acqua potesseuscire, et così uscendo si riduce in un fonte lar-ghissimo dove scorrono tutte le nascenete et daquesta fonte si riducesi in acquedotto fatto conmolta diligentia che l’acqua non si possi perderedi nessun modo, et così caminando a livello giustoverso Napoli alla maggior altura che l’ha potutoportare appresso di poggio reale si spartì et lametà di tutta l’acqua per uso di Poggio reale resta,et perservigio di molti particolari che l’han avutain concessione dali Re antichi per far molina etfontane neli lor luoghi.

Resta l’altra metà de l’acqua, qual si conducein Napoli et li livellata tutta gionta insieme esserequanto cape un baril napoletano entra per la por-ta di Capuana per un formale seu acquedottomaiestrale che si dimanda lo reale perché l’acquaè del Re et questo acquedotto maggiore detto loreale si conduce per la porta di Capuana et per lastrada a direttura di li seggio Capuano prevene aSanto Stefano, et dallà a San Lorenzo, si riduce alli seggio di Nido, et dopo a directura di SantaMaria dela Nova discende per l’Incoronata sinoavante il Castello Nuovo dove è la fontana pubbli-ca et lla si termina questo acquedotto maggiore loquale parimente è fatto co’ grandissima diligenzadi manifattura con toniche et letto suprfini et saldiche di nessun modo l’acqua si può perdere caminasempre sotterranea col suo liviello giustissimo etperché i siti di Napoli no’ è piano né eguale ma unaparte è posta in altura et superiore et altra è piùbassa et inferiore et secondo che sta posto il cami-

no che questo magistrale reale caminando daCapuano si piglia un braccio da questo acquedot-to reale il quale si estende per la parte superiore diCapuana verso quello braccio et l’Anticaglia, unaltro braccio se piglia da Santo Stefano caminandoverso San Paulo et Santa Patrizia et verso la torred’arco saglie a Santo Gaiuso (Gaudioso?), unaltro braccio se piglia dal seggio de Nido (Nilo?)et camina per San Domenico verso San Pietro aMaiella et San Sebastiano et il palazzo del Princi-pe de Salerno, et Santa Clara, et questi tre bracciprincipali che se pigliano dal formale reale dandoacqua a tutte quelle regioni della parte superioredi Napoli perché da questi bracci si conducanol’acque ali puzzi particolari et ciascuno secondoche li vien più comodo se la può pigliare dal puzzopiù vicino alla sua casa l’un dall’altro ovvero daquelli bracci principali secondo che più li vien co-modo et tutta quest’acqua che si distribuisce perquesti tre bracci particolari et principali et che poiserve per le case deli cittadini che abitano in que-sta parte superiore tutta l’acqua medesimamenteritorna nel formale reale poiché hano ricevuti l’ac-qua li puzzi alor bastanza ne se ne può perdereperché tutti l’acquedotti costi delli tre bracci prin-cipali come deli puzzi de particolari son fatti con lamedesima diligenza da li maestri approbati et benprouisti et resistenti. L’acquedotti come li puzziche sian ben curati et bene caricati et fabbricatimodo che l’acqua no si possa perdere et quandose ne venisse a perdere subito si conosce tanto conli acquedotti deli bracci principali come nel forma-le maggiore doveano essere osservati et posti lisegni de l’acqua che quando mancasse se ne verriaa scemare et conoscere da qual termine che deveandare la sua direttura et ultra questo i tre bracciprincipali fra la distanza de l’una l’altra ci sonvari acquedotti che pigliano acqua dal formalereale per le loro case che ereno più propingue alformale maggiore che no alli bracci suddetti, è benvero che nessun può fare il pozzo a venti palmiappresso al formale maggiore, et ciascuno che fail pozzo deve fare il suo fonte più basso almeno dipalmi dieci da l’acquedotto donde entra l’acquanel suo puzzo affinché le bruttezze che cascasseroneli puzzi de’ particolari non potissero pervenirenel formale maggiore né macchiare, né contami-nare quell’acqua, et ritornando dala parte inferio-re de Napoli cominciando dalla porta Capuana

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della Biblioteca Nazionale di Madrid

sino dove finisce il formale maggiore avante ilCastello Nuovo, si ritrovano essere state fatte grannumero di concessioni dali Re et Regine anchepassate a diversi particolari et monastery etecclesie così per molina come ancora per fontane,et parimente se ne pigliano molte fontane pubbli-che et tutte queste acque che pigliano dal formalemaggiore verso la parte inferiore di Napoli ritor-nano più nel acquedotto reale perché hanno ladipendenza verso la marina et se pigliano da l’ac-quedotti reali a misura secondo le concessioni fat-te con candelle di brunzi et pietre de marmo fatte didiametri tonde o quadrate secondo l’acqua con-cessa et che non possa capere più che se contienenela concessione come per exemplio a la Nontiatafò concessa ala misura di un alfonsino, a laDuchesca quanto capisce un carlino, a la fontanade formello et al molino quattro (parola incom-prensibile) di diametri, a la Madalena un armellino,a San Pietro ad Ara un cavalluccio (cavalluccio?)et con questo ordine et misure limitati da acque a limolini depistata et di diversi altri et alle fontanedella Selleria delo mercato, de porta nova, et deporto et dela piazza de S’ulmo, dela dogana, et delMolo, et a li bagni, et a molti particolari che hannole loro fontane in casa, et questi tutti la possonodare l’uso all’altro per compiacimento o venderlaquelli che ne tengono li concessioni, ma quelli chese la pigliano dalli bracci communi per far puzziin loro case o da quella che cade dalle fontanepubbliche se ne possono servire l’un da l’altrosenza compiacimenti ne pagamenti alcuno, et comeè detto tutta questa parte inferiore si serve dell’ac-qua per in tofolatura allacciata et ben fatta.

Cos’è osservato che queste acque che son con-cesse et che se pigliano dal formale maggiore conli brunzi o’ co le pietre questi brunzi et pietre sonposte nela superficie del acquedotto maggiore achi più, a chi meno ma non possono calare piùd’un palmo dentro l’acquedotto maggiore perchès’è osservato et visto per esperienza che mettendoun bronzo de misura de un carlino nela superficiedela acqua et mettendo più basso tanto più receveacqua quando più basso fosse posto.

Il regimento che si tiene et che si osserva difronte in quest’acqua de questi modi, che il Re, ciha deputati perché si dice supremo il suo collate-rale Consiglio et Il vicerè il quale né da poi la curaad un Regente dela Cancelleria et Lui ha da deci-

dere et terminare tutte le differenze et controversieche’ nei occorreno et se ‘nce deputa un consiglieredel sacro consiglio il quale è commissari de tutte lecause a lite che ‘nci occorreno et ha da andare etvedere i luoghi particolari co li esperti li pigliare leinformazioni et formati li processi se ne ha da farerelazione al Regente de Cancellaria Il quale l’hadecidere et terminare, ad esso il Re ci regente etdeputato sopra de questo. Illustrissimo Villanovaconsigliero è il commissario, oltre de questi lacittà ci tiene sei deputati uno per ciascun seggio, etun altro del populo, li quali hano il governo di farnettare il formal maggiore et reale et parimente lefontane pubbliche tre e quattro volte l’anno alme-no, et non si può far puzzo alcuno di nuovo né dànessuna particolare si può pemettere che sia pi-gliata l’acqua dallo pubblico fonte senza espressalicenza delli signori deputati li quali mai la conce-dono se prima non son ben provvisti l’acquedottie le tofolature che sian ben fatte a l’acqua benlacciate et riflette che non si possono di modo alcu-no perdere et a questo li hanno deputato con pro-fusione pubblica alcuni esperti che deveno farequesti fatti e deveno ancora diligentemente guar-dare che l’acqua non sia fraudata dalli particolariche ne’ tenono concessioni con fare limare li giuntio pietre donde se pigliano alché sono imposte gran-dissime pene. Se osservato anco che non si conce-da acqua del formale maggiore dentro di quellisurgenti perché se ne veneria a perdere et se fanobandi regi sotto pene grandissime per laconfermazione de quest’acqua la quale come s’èvisto per lunga esperienza d’ua acqua abon-dantissima a tutta questa città dove sono moltefontane pubbliche et molti molini dentro et for del-la città et poic’è un numero infinito di puzzi perchésolerta che ogni casa lo ha macere foro dentro lamedesima casa qualtro et anco a diversi usi per lastalla, cocina, e per altri servizi, et una bona partede Napoli dala banda inferiore sono fontane pub-bliche et tutte case de primati, et se ne vedonol’acqua per tutto limpie et nette or se ne tiene unbonissimo reggimento perché li deputati sopra diciò se congregano ordinariamente due volte lasettimana dove si ritrovano tutti li ministri et uffi-ciali deputati alla conservazione de detta acqua etquelli esperti et maestri che fano l’acquedotti et letofolature alli quali non si promette se non sonoapprobati, ci sono dele altre avvertenze et consi-

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derazioni che non s’hano potuto ad esso tutteservere, né se ha potuto ancora aver il desegnoperché volendose fare come ha con tanti diverti-menti che tiene et come che camina per tutta la cittàse ne ricerca un grand fastidio ci bisogna tenerepiù di quelli esperti che l’hano tenuti l’ufficio piùanni et che sanno come camina il formale maggio-re et come sono poi pigliati gli acquedottiparrticolari et come sono poi divisi anche l’unoall’altro essendo che Napoli non ci n’è ancorastato fatti desegno alcuno et forse che S.I Re arriadato occasione de farli fare perché esse sian datoco’ ciò questi signori deputati gli esperti, et gli altriufficiali che la governano se son ritrovati mezziapprontati di Napoli disegno né saperlo ancoratutti li particolari di difficili che ci sono accorsi et ledifficoltà che da tempo in tempo han dato diverseforme al regimento de quest’acqua, ma iò in que-sto breve tempo non avendoci sparagnata faticameritrovo così ben informato come ogni altro chelungo tempo l’ha praticata anzi me son informatode tutte le particolari concessioni et si basano difarci qualche avertenza nova et di metterle in opradi desegno avendone parlato con lo P. Abate Fran-cesco Ferro che havesse ancora lui dalla sua par-te fatigati li ho fatto trascorso de tutte queste infor-mazioni che ne ho preso et fatto lì vedere un dise-gno che ne havea Ricciati uno del’esperti che soera ancora consigliero, ne messo da parte com-parere nela (parola incomprensibile) di Vostra Si-gnoria Illustrissima perché non era tirati con lelinee rette et di misura geometrica, me a detti illu-strissimo Pier Francesco che esso di questo brevetempo non ci ha possuto attendere perché have incasa il segretario del cardinale di Trenta che lotiene occupato ma che se podarà de attenderci

come havrà tempo perché questa cosa ricerca dipossersi fare con comodità da quelli che s’hannotitia ma che li pare che con questo discorso chel’ho fatto et mostrati sopra de questo farmi fare daun architetto il disegno, ma io me voglio ancoraaffatigare con questi esperti perché fra gli altri cen’è uno vecchio espertissimo il quale molti anni hatenuto il governo di queste acque de Napoli et tan-to nel regno come di for per Italia et ancora inSpagna è bravo a fare questi effetti, et a capo-sessione ma è di condure et reparare acque etacquedotti, et di campagna et si dimanda mastroIaconi di Noria (?) il quale fo’ pure chiamato inRoma quando serdeve condurre l’acqua di Salaria(?). Ma han detti alcuni di questi esperti chevorriano sapere quanta quantità d’acqua è questache s’è condotta in Roma anche che parte de Romaentra et da quale porta, et si mena sotterranea oper acquedotti altri benché dicono che saria beneche si conducesse quanto più alto si potesse per-ché havendola in alto si possono fare fontane pub-bliche et private et finite et secondi la quantità cheacqua così si potrian fare le concessione et repar-timenti, et quando se concedesse et repartesse àluoghi che non se ne venisse a perdere tanto pui sepotria ampliamente di rendere et concedere per-ché ritornando al formale et acquedotto maggiorequando se ne fossero serviti li particolari non sene venia a diminuirse lì potrea caminare più alungo siccome quella de Napoli che se portata aChiaia dove son fontane pubbliche et private adiversi giardini et questo è quanto per ora io pos-so informarmi.

Illustrissimo signor domine cardinal Orsinomio padrone illustrissimo

1L’acquedotto deve il suo nome dalla pianura da cui ha origine, Bolla o Volla, detta anche Polla. Siritiene anche che il nome nasca dall’effetto che acqua aveva al suo sgorgare, quasi bollisse. Su quest’ul-tima ipotesi ci conforta un altro toponimo, il Balneum Bullae nella località Pisciarelli a Pozzuoli. Cfr.L. Cangiano, Acque pubbliche potabili della città di Napoli e de’ modi di aumentarle, Napoli, Tip.dell’Acquila, 1843, p.3; F.Abate, Intorno alle acque pubbliche di Napoli, Napoli, 1840, p.37; R.D’Ambra, Acque vecchie ed acque nuove della città di Napoli, Napoli, tip. R. Università, 1883, pp.9-11; A.M.A.N. (a cura), Gli acquedotti di Napoli, Napoli, Tip. Gaeta, 1994, pp.36-65; Aa.Vv., Leterme Puteolane e Salerno nei codici miniati di Pietro da Eboli, Napoli, ed. Fausto Fiorentino, 1995,pp.60-61, 114-115; G.M. Montuono, Le terme dei Campi Flegrei. Rapporti tra i documrntiiconografici dal XIII secolo ad oggi, pp.35 ss (Tesi di Laurea A.A. 1994-95); A. Riccio, L’antico

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L’approvvigionamento idrico della città di Napoli.L’acquedotto del Serino e il Formale Reale in un manoscritto

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acquedotto della Bolla, in F. Starace (a cura di), L’acqua e l’architettura. Acquedotti e fontane nelregno di Napoli, Lecce, Del Grifo, 2002 pp.115-179.2 W. Johannowsky, Le opere pubbliche, in Aa. Vv., Napoli Antica, Napoli, Macchiaroli ed., 1985,p.338.3Il Trattato composto da Marco Vitruvio Pollione tra il 27 e il 23 a.C. si compone di X libri e fudedicato all’imperatore Augusto (63 a.C.-14d.C.); il libro X tratta di meccanica civile: macchine disollevamento, principi, apparecchi per tirar su l’acqua, organo idraulico, odometro.; e meccanicamilitare. Di notevole interesse per comprendere le conoscenze idrauliche degli ingegneri romani altempo di Augusto è l’ottavo libro del De Architectura, dove Vitruvio descrive le tecniche adottate perla costruzione degli acquedotti, i metodi per scoprire le sorgenti, le proprietà delle acque, i modi perstimare la loro salubrità.4“Ctesibio, meccanico di Alessandria, vissuto nel III secolo a.C. è menzionato nel De Architecturaaltre sei volte”, Vitruvio, De Architectura, (a cura di) P. Gros, Torino, Einaudi, 1997, vol. I, p.75 nota78.5 Cfr. G.M. Montuono, L’acquedotto romano del Serino e la città di Napoli, in F. Starace (a cura di),L’acqua e l’architettura. Acquedotti e fontane nel regno di Napoli, Lecce, Del Grifo, 2002, pp.75-107(In parte rielaborato per il presente saggio)6 L’imponente cisterna romana, 75 metri per 25 e alta 15 metri, poteva contenere 12000 metri cubid’acqua.7 P. Amalfitano, G. Camodeca, M. Medri (a cura di), I Campi Flegrei, Venezia, Marsilio, 1990, p.242,250.8 “L’epigrafe è incisa su una lastra di marmo cipollino, alta m. 1.86, larga m. 0.86 e spessa 0.17” in I.Sgobbo, L’acquedotto romano della Campania, in “Notizie degli Scavi”, 1938 fasc. 1,2 e3 , p.75.9Già pubblicata da I. Sgobbo, op. cit., p.76, e da W. Johannowsky, op. cit., p.338

“ I nostri principi: Fl.Costan/tino imperatore Pio/ Felice e vittorioso/ Fl. Giulio Crispo e/ Fl. ClaudioCostantino/ nobili cesari/ comandarono che fosse ricostruito/ a loro spese/ colla munifica consuetaliberalità/ l’acquedotto della fonte augustea/ andato in rovina col tempo per la grande incuri/ e lorestituirono all’uso delle città sottoscritte. (Questa lapide) dedica Ceionio Giuliano, vice consolegiurisdicente l’agro pontiano, e preposto all’acquedotto stesso. Nomi delle città/ Pozzuoli – Nola –/ Atella – Napoli – Cuma – Acerra –/ Baia – Miseno”(traduzione del prof. Italo Sgobbo).10 Il Pontano scrive “memoria mea multis in locis inter Baianas et Puteolanas ruinas fistulae plumbeaemirae crassitudinis inventae sunt, in quibus Claudii Augusti nomen scriptum erat;” (de magnif., c.9).11 P. A. Paoli, Antiquitatum Puteolis, Cumis, Baja existentium reliquiae, Napoli, 1768.12 A. Mauiri, I Campi Flegrei, Roma, Ist. Poligrafico e Zecca dello Stato, 1934.13 .P. A. Paoli op. cit., p.36.14“la manutenzione dei singoli acquedotti era normalmente data in affitto, e che ai concessionari erafatto obbligo di avere un numero fisso di schiavi di mestiere per l’efficienza delle condutture [...]”Sesto Giulio Frontino, Gli acquedotti di Roma (a cura di) F. Galli, Lecce, Argo, 1997, p.87.15 I. Sgobbo, op. cit., p.80 nota 216 Pompei che pure utilizzava le acque del Serino non è menzionata nella lapide perché già sepoltadalla lava del Vesuvio nel 79 d.C.

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17 La lapide in marmo cipollino è ancora conservata nel luogo del ritrovamento, la Sorgente Alta.18 Per soddisfare i bisogni idrici della popolazione nel 1885 si convogliarono a Napoli le acque dellasorgente Urcioli (1500 l./sec.) e più tardi nel 1927 si attingerà anche al vicino gruppo di Acquaro-Pelosi (700 l./sec.).19 “E in un censimento del 1591-95 lo trovo chiamato Archi di Mattoni” da G. Doria, Le strade diNapoli, Napoli, R. Ricciardi, 1943, p.379.20 “Ora invece in certi punti, nei distretti in cui il condotto è stato danneggiato dal tempo, il canalesotterraneo che circondava le valli viene abbandonato, e per ridurre il percorso le si attraversa conmuri di sostegno e archi.” S. G. Frontino, op. cit., p.41.21 Lo studioso Francesco Criscitelli ha approfondito tra il XVIII e il XIX lo studio del canale perBenevento.22Cfr. O. Elia, Un tratto dell’Acquedotto detto “Claudio” in territorio di Sarno in “CampaniaRomana”, XVII Napoli, 1938.23 Nel 1983, in occasione del raddoppio della linea ferroviaria Cancello-Avellino, furono ritrovati restidell’acquedotto augusteo in località Ponte Tirone/Masseria Minichini del comune di Palma Campania.24Il dislivello esistente tra la Porta Vesuvio a N-O e la Porta Stabia a S-E è di circa 35 metri.25 “Ces restes d’aquéducs sont situé au pied de la colline de Capodimonte : ce sont des témoinseffrayans de la puissance des Romains, qui triomphaient également de tous les obstacles poursoummettre les nations à leurs lois et la nature à leurs besoin.” in J. Le Riche, Antiquités des environsde Naples, Napoli, Imprimerie Francaise, 1820, p.233.26 W. Johannowsky, op. cit., p.338.27 D. Romanelli, Napoli antica e moderna, Napoli, Tip. A. Trani, 1815, vol.I, p.156.28 M. Napoli, Napoli greco-romana, Napoli, F. Fiorentino, 1959, p.51.29Cfr. A. Maiuri, Introduzione allo studio di Pompei (la città ed i monumenti pubblici) , Napoli, R.Pironti e F., 1949;. J.P. Adam, L’arte di costruire presso i romani, Milano, Longanesi, 1988; A. DeVos-M. De Vos, Pompei Ercolano Stabia, Bari, Laterza, 1982; R. Tolle Kastenbein, L’archeologiadell’acqua, trad. it. Milano, Longanesi, 1993.30 La Crypta Neapolitana, nota anche come Grotta vecchia di Pozzuoli, fu realizzata poco anterior-mente o contemporanea all’Acquedotto Claudio (I secolo a.C.), per collegare rapidamente Napoli ePozzuoli. Attualmente a 50 centimetri dall’attuale piano stradale, è visibile il condotto scavato neltufo.31Cfr. E. Laforgia, Edificio termale romano di Fuorigrotta, in “Accademia di Archeologia, Lettere ebelle Arti, Monumenti” IV, Napoli, 1981.32“ La piscina Cardito nel quartiere orientale della città (Pozzuoli), in prossimità del bagno Ortodonico,è formata di due cisterne; la maggiore di esse (lunghezza m.55, larghezza m.16, altezza m.15 circa), ècostituita da un grandioso ambiente rettangolare a volta, sostenuta da tre serie di pilastri; la seconda,minore, è formata da quattordici piccoli compartimenti rettangolari, che sembra avessero soprattuttola funzione di bacini di sedimentazione per la maggior purezza e leggerezza dell’acqua” A. Maiuri, op.cit., pp.52-53.33“ L’undicesimo è il bagno Ortodonico che è posto sopra Pozzuoli a 30 passi dopo la chiesa di SanGiacomo verso oriente, tra antichi resti di edifici” lo stato dei luoghi è riferito alla descrizione che

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Sebastiano Bartolo riporta nell’ Epitaffio visibile nell’attuale Parco Virgiliano, nei pressi della CryptaNeapolitana. Il nome del bagno è riferito al luogo di proprietà del vescovo di Pozzuoli (hortus domini,ortodomino, ortodonico). R. Giamminelli-R. Di Bonito, Le terme dei Campi Flegrei: topografiastorica, Roma, Jandi Sapi ed., 1992, p.45.34“La piscina di Lusciano (m.35x20) divisa in 21 compartimenti comunicanti, per mezzo di porticinercuate” A. Maiuri, op. cit., p.53.35 Le terme Puteolane e Salerno cit., pp.58-59, 112-113; R. Giamminelli-R. Di Bonito, op. cit., p.19-23.36“(...) et li fu anco dato per Ingegniero ultra il detto quondam Aghilera lo magnifico quondam PietroAntonio Lectiero, con provisione de ducati dieci il mese et servì fino a 25 de decembre 1562 che semorse (...)” – A. S. N., Sommaria, Consulte, vol.9, cc.135-159 in F. Strazzullo, Edilizia e urbanisticaa Napoli dal ‘500 al ‘700, Napoli, A. Berisio ed., 1968, p.73.37 Interessante è la lettera inviata da Bernardo Tasso a Giambattista Peres tra il 1543-45 perdecantare le bellezze di Napoli durante il viceregno di Pedro di Toledo, si legge: “Torto certo fareiall’infinita virtù dell’Eccellentiss. Sig. Don Pietro di Toledo, al presente Vicerè di questo regno, s’ionon dicessi il molto studio e le continue spese fatte per renderla al pari di tutte le altre bella eriguardevole; come le fontane da mastra e d’artificiosa mano di finissimi e di bianchi marmi scolpite,il Parco, le Castella di Capuano e di Sant’Ermo, le strade di Nido, dell’Olmo, della Sellaria, lanuovamente ad onore eterno di Sua Eccellenza nominata di Toledo, e di tutte le altre, per opera sua talirendute, quali si mostrano, del loro obbligo e della sua virtù fede saranno alla posterità”. Cfr. F.Nicolini, Napoli descritta da Bernardo Tasso, in “Napoli Nobilissima”, XIII (1904), pp.172-174.38 “La relazione fu tramandata intorno al XVI sec. da Giambattista Bolvito nel suo manoscrittoVolumen variarum rerum conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli e con molta probabilitàricopiata dal Giustiniani”, in A. Bellucci, Gli archi dell’Acquedotto Claudio ai Ponti Rossi, Napolis.d., p.11, nota 2; F. Strazzullo, op.cit., 1968 pp.73-74 n.3.39 Discorso dottissimo del Magnifico Ms. Pierro Antonio dé Lecthiero cittadino, et Tabulario Napo-letano circa l’antica pianta, et ampliatione dela Città di Nap. Et del’itinerario del acqua che antica-mente flueva, et dentro, et fora la pred. Città per aquedocti mjrabili quale secondo per più raggioni nedimostra, era il Sebbetho celebrato dagli antichi auttori. in L. Giustiniani, Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, tomo VI, Napoli, V. Manfredi, 1803, pp.382-411)40 F. Strazzullo, Edilizia e Urbanistica a napoli dal ‘500 al ‘700, Napoli 1968 p.74.41 “Giovanni Tarcagnota, il cui pseudonimo era Lucio Fauno, era nipote di Michele Marullo Tarcagnota(1454 ca. – 1500) autore delle traduzioni dal latino delle opere di Flavio Biondo, stampate a Veneziada Michele Tramezzino” in F. Starace, La cultura umanistica napoletana e le antichità dei CampFlegrei nei disegni degli architetti del XV e XVI secolo, in G. Alisio (a cura di), Campi Flegrei, Napoli1995 pp.131-162, nota 57; Cfr. A. Altamura F. Sbordone E. Servidio (a cura di), Antologia poetica diumanisti meridionali, Napoli 1975, pp.179-197.42 G. Tarcagnota, Del sito et lodi della città di Napoli, Napoli 1566, ma in anastatica, La città di Napolidopo la rivoluzione urbanistica di Pedro di Toledo, Roma, ed. Benincasa, 1988, p.18 con saggiointroduttivo di F. Strazzullo.43 La condotta della Bolla fu costruita essenzialmente per l’approvvigionamento idrico della città diNapoli; e le sue sorgenti, non lontane, consentivano di ampliarlo e rimpinguarlo continuamente equesti ampliamenti, a seguito della captazione di nuove polle, comportava una continua manutenzio-ne. Molti studiosi ritengono che sia posteriore al Claudio, solo perché ha funzionato in modo conti-

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nuo e con certezza fino al 1885; l’acquedotto romano, invece, avendo due grandi limiti la lunghezza(circa 100 km) ed il fine per cui era stato costruito (la flotta stanziata a Miseno) non fu adeguatamentepreservato.44 A. Altamura, F. Sbordone, E. Servidio (a cura di), Antologia poetica di umanisti meridionali,Napoli, Società Editrice Napoletana, 1975, p.235.45 Ibidem, p.11946 Il Taccuino di disegni del frate servita è conservato nella Biblioteca Nazionale di Madrid, ms. B16-49. Cfr. E. A. Santiago Paez, Dibujos de Arquitectura y Ornamentacion de la Biblioteca Nacional –Siglos XVI y XVII, Madrid, publicaciones COAM, 1991, pp.211-218;47 Cfr. G. Coniglio, I Viceré spagnoli di Napoli, Napoli, F. Fiorentino, 1967, p.142.48 L. Conforti, La fontana di S. Caterina a Formello, in “Napoli Nobilissima”, vol.I, 1892 pp.93-94;G. Ceci, La chiesa e il convento di S. Caterina a Formello, in “Napoli Nobilissima”, voll. IX 1900, X1901.49 F. Milizia, Memorie degli architetti antichi e moderni, Tomo II, Bassano, 1785, p.77 (Ristampaanastatica, Bologna, Forni, 1978).50 G. Simoncini, “L’architettura” di L. B. Alberti nel commento di Pellegrino Tibaldi (1527–1596),Roma, De Luca, 1988, pp.203-205.51 F. Starace, Un disegno appartenuto a Colantonio Stigliola (1546-1623), in “Napoli Nobilissima”,gen.-dic. 1999 p.124 note 38-39.52 Bisogna attendere il 10 maggio 1885 per rivedere nella città di Napoli l’antico acquedotto romano.Alla presenza del re Umberto I e della regina Margherita, la condotta del Serino viene finalmenteinaugurata con uno scenografico evento: la fontana circolare di piazza del Plebiscito con un potentegetto d’acqua annuncia il ritorno dell’acquedotto augusteo. Cfr. F. Abate, Intorno alle acque pubblichedi Napoli, in “Annali Civili del Regno delle Due Sicilie”, fasc.XXXXIII, Napoli 1840; F. Abate, Delleacque pubbliche della città di Napoli, Napoli 1840; F. Abate, Intorno all’acquedotto Claudio, in“Annali Civili del Regno delle Due Sicilie”, fasc.LX, Napoli 1842; F. Abate Sulle acque pubblichedella città di Napoli, Napoli, tip. del Nazionale, 1861; F. Abate, Primi studi sull’acquedotto Claudio,Napoli, stamperia dell’Iride, 1862; F. Abate, Su due progetti per aumentare le acque potabili inNapoli, Napoli 1962; F. Abate, Memoria sulla questione del fornimento di nuove acque potabili allacittà di Napoli, Napoli 1863; F. Abate, Studi sull’acquedotto Claudio e progetto per fornire di acquapotabile la città di Napoli, Napoli, stamperia del Giornale di Napoli, 1864; F. Abate, Cenno storicodella condotta in Napoli delle acque del Serino, Napoli 1885.53 Biblioteca Nazionale di Madrid, sezione manoscritti, El servicio de aguas en Nápoles, MS9610(h.112r-115v). La lettera è trascritta in allegato al presente studio con alcune annotazioni/titoliaggiunte dallo scrivente.54 Nell’Archivio Storico Comunale di Napoli (d’ora in poi A.S.C.N.), Tribunale delle Fortificazioni,Mattonata e Acqua, vol.1858, Banni 1552-1700, è conservato un bando di 25 articoli emanato il 20dicembre 1610 a tutela del Formale Reale da Don Pietro Fernandez de Castro conte di Lemos, vicerèdal 1610 al 1616, in cu è menzionato “Michele de Villanova Regio Cons.ro”55 Sull’utilizzo degli esperti fontanieri della città di Napoli già Sisto V (1585- ) aveva formato il 9maggio 1585 una commissione di esperti per condurre l’acqua Felice (1585-1587) composta daBartolomeo Ammannati, Domenico Fontana, Matteo Bartolani, Raffaello da Sangallo e il napoletanoGiovanni Antonio Nigrone. Cfr.C. D’Onofrio, Storia dell’acqua che fu detta Felice, in Acque e fontane

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di Roma, Pomezia (Roma), Staderini ed., 1977, pp.198-221.56 B. Capasso, Topografia della città di Napoli nell’XI secolo, Napoli, s.n., 1895 pp.9-10.57 Cfr. G. Fiengo, L’acquedotto di Carmignano e lo sviluppo di Napoli in età barocca, Firenze, L.S.Olschki, 1990, pp.60-66.58 Cfr. L. Cangiano, op.cit. , pp.4-5.59 Capaccio nel Forastiero descrive l’intonaco “chiamata anco Pozzuolana la nostra la qual parc’habbia l’istessa perfettione che in mar diventa scoglio. E credo c’habbiate notato la felicità delnostro fabricare, mentre con due pontelle si mantiene una casa in aria fabricandosi sotto senzaimpedimento de gli habitanti; e con quanta piacevolezza di fabrica si fanno cloache, ripari alle risacche,alle lave, s’indirizzi un fiume sotterraneo in tanti pozzi, in tante fontane, in tante commodità che lanatura si è compiacciuta dar a Napolitani”.60 Il disegno a china acquerellato indica nella legenda con la lettera A la “Venezia che si deve cavare”,poi “C – luogho delle spighe che conduce l’acqua a monteoliveto; D - molino entro il recinto di poggioreale; E – camino che dal molino conduce l’acqua a Monte oliveto; G – camino dell’acqua della veneziaconducendola a monteoliveto; H – camino d’ambe le acque della venezia e del molino di poggio reale,che và a monte oliveto”61 A.S.C.N. Tribinale della Fortificazione, Mattonata ed Acqua, Vol.1830, Acque-Relazioni di conces-sione, bronzatura ed altro, anni 1633-1778, fol.82-82v.62 Agli inizi del ‘600 Napoli era divisa in 9 seggi: Montagna (Piazza Capuana, S.Giovanni a Carbonara,Borgo di S. Antonio Abate, la strada di Don Pedro, i fondaci di S.Chiara); Nido (Porta S.Gennaro,Borgo dei Vergini, Strada del Mercato Vecchio, S.Angelo a Segno, S.Maria Maggiore); Portanova(Vicaria Vecchia, S.Gennarello, Strada di Nido, S.Giovanni Maggiore, S.Maria d’Alvina); Porto(S.Giuseppe, Santo Spirito e borghi); Capuana (S.Pietro Martire, Strada di Porto, Rua Catalana);S.Pietro Martire (Strada della Selice, la Sellaria, la Loggia, Porta del Caputo); Mercato (Rua Catalana,gli Armieri, la Scalesia); S.Giovanni a mare (Mercato e borghi, S.Giovanni a Mare, Spiezeria antica);S.Giovanni a Carbonara (Case nuove e l’Orto del Conte, Forcella, Fistola e Baiano).Cfr. F, Strazzullo,Prammatiche per l’edilizia napoltana dal ‘500 al ‘700, in “Ingegneri”, n.37, anno VII 1996 pp.52-53.63 Cfr. G. Melisurgo, Napoli sotterranea, Napoli, ESI, 1997 (1889), p.36. Per il percorso dell’acque-dotto della Bolla Cfr. D. Romanelli, op. cit., pp.158 ss; F. Abate, Intorno alle acque ...cit., p.37, 47;R. Di Stefano, Lineamenti di Storia urbanistica, in Aa.Vv., Il Centro Antico di Napoli, vol.I, Napoli,ESI, 1971 pp.185 ss.64 G. Cantone, Napoli barocca, Roma-Bari, Laterza, 1993 pp.228-231; F. Starace, Da Nettuno aMedina. Una fontana errante nei “larghi” di Napoli, in L’acqua e l’architettura ...cit. pp.253-286.65 Cfr. Per le fontane servite dalla Bolla all’inizio del Seicento Cfr. L. Gasparini, Le antiche fontane diNapoli, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1979; E. Nappi, Documenti su fontane napoletane delSeicento, in “Napoli Nobilissima”, vol.XIX, 1980 pp.216-231; A. De Rose, Le fontane di Napoli,Roma 1994; F. Starace, Studi sulle fontane pubbliche di Napoli nei secoli XV e XVI, in L’acqua el’architettura ...cit. pp.239-248.66 Nella pianta Lafrery (1566) è indicata al n.74. Cfr. L. Gasparini, op. cit., pp.31-33, 59-60; E.Nappi,op. cit., pp.219-220; G. Cantone, op. cit., pp.234-240.67 Nella pianta Lafrery (1566) è indicata al n.73. Cfr. L. Gasparini, op. cit., pp.29-31, 53-54; G.Cantone, op. cit., pp.236-237.

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68 Cfr. L. Gasparini, op. cit., pp.60-62;69 Ivi, pp.63-64.70 Ivi, pp.38-39.71 Nella pianta Lafrery (1566) è indicata al n.69. Cfr. L. Gasparini, op. cit., pp.39-42; E. Nappi, op.cit., p.216.72 G. Tarcagnota, op. cit., pp.16v-16r.73 Cfr. B. Capasso, Catalogo ragionato dei libri, registri e scritture esistenti nella sezione antica oprima serie dell’Archivio Municipale di Napoli (1387-1806), Napoli, Stabilimento Tip. F. Giannini,1876, pp.34-3574 “Roma, città dove si trova un riscontro della nostra canalizzazione della Bolla [...]” in G. Melisurgo,op. cit., p.4175 “Portando quest’acqua il pontefice diede vita al quartiere di Trastevere ai piedi del Gianicolo, tantopiù che gli abitanti di esso erano ancora ridotti a bere l’avqua del Tevere depurata in cisterne” in A. D.Tani, Le acque e le fontane di Roma, Torino, Tip. Ed. Coc. An. l’Argentografica, 1927, p.71; Cfr. C.D’Onofrio, Fontane con acqua Paola e giardini vaticani, in Acque e fontane di Roma, Pomezia(Roma), Staderini ed., 1977, pp.373-395.