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BENI CULTURALI DI TAVERNA RIFERIMENTI DOCUMENTARI PER LA CONOSCENZA DEL PATRIMONIO PERDUTO Giuseppe Valentino 1

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BENI CULTURALI DI TAVERNA

RIFERIMENTI DOCUMENTARI PER LA CONOSCENZA DEL PATRIMONIO PERDUTO

Giuseppe Valentino

1

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COSTRUZIONI DIFENSIVE E DI USO CIVILE DAL SITO MEDIEVALE ALLA CITTÀ QUATTROCENTESCA Castello di Taberna

Costruito tra la fine del X e gli inizi dell’XI secolo dai profughi di Trischene, il castello, o Rocca di S. Martino1, costituì il nucleo centrale per lo sviluppo urbano e la difesa militare di Taverna medievale2. Venne parzialmente distrutto nel 1162 dalle truppe di Gugliemo il Malo, poichè vi si erano rifugiati un gruppo di cospiratori e, in modo definitivo nella prima metà del XV secolo, durante la guerra tra Aragonesi e Angioini, quando venne abbandonato assieme alle abitazioni vicine della città, il cui completo trasferimento nel casale di Bompignano diede origine all’attuale nucleo urbano di Taverna3. Dell’imponente struttura architettonica, che presumibilmente ricalcava una tipologia dettata dagli usi abitativi e difensivi: alloggi signorili e per i soldati, torrette di avvistamento, avamposti, depositi di armi, prigioni, stalle e magazzini, alcuni storici ne riportano addirittura la descrizione, tuttavia non supportata da riferimenti documentari certi4. I ruderi rimasti sono considerevoli, situati alla sommità di un impervio costone roccioso, indicato dal Galas come «Monte Paramite o Consuolo»5 e riportato nella topografia moderna come località Taverna Vecchia, a pochi chilometri dall’abitato di S. Giovanni d’Albi, in una zona alla quale si accede percorrendo i tornanti di una scoscesa mulattiera. È ancora visibile il vasto perimetro del castello, i vani parzialmente interrati e delimitati da muraglie con tracce di intonaco rosso; le possenti fortificazioni che cingono il rilievo alle fondamenta e s’innalzano in alcuni punti, lasciando immaginare la conformazione della costruzione militare. Gran parte del materiale edificatorio (veri e propri massi, misti a pietrame, cocci e malta) è stato utilizzato per i terrazzamenti degli orti attigui che lasciano intravedere nel terreno e tra la vegetazione altri ruderi dell’antico insediamento medievale.

1 Per le notizie storiche sulla città di Taverna, dalla colonia greca alla città medievale è utile confrontare la Cronica di Taverna di Ferrante GALAS, testo tradotto da M.Catizone e T.Danizio, a cura di G.Valentino, Museo Civico di Taverna, 2008. 2 La lettura del manoscritto del Galas, offre una dettagliata descrizione della città medievale, che trova riscontri sull’esistente nucleo urbano e dei comuni vicini, rapportati soprattutto al sito di Taverna Vecchia, ove i ruderi del castello sono effettivamente posti al centro dell’intero territorio. 3 Cfr. D.OLIVO, Briciole di storia inedita, Catanzaro 1987, p. 58. 4 Ivi., pp. 144-146.

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5 F. GALAS, op. cit.

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Torre di guardia

Costruita tra il 1428 e il 1431 a spese comuni dei basiliani di Pesaca e dell’Amministrazione cittadina di Taverna nuova6, chiamata per questo Torrecene, venne posta a guardia dell’importante passo per la Sila che ancora oggi è percorso dai pastori durante gli spostamenti stagionali degli armenti. L’opera militare contava: Un piano parapetto, due baluardi, una torre cilindrica, 42 merli; vi erano 16 soldati di guardia con falconetti ed archibugi, probabilmente dopo ebbe anche qualche pezzo di artiglieria. Gli uomini di servizio, deve credersi che li desse il battaglione di cui dispose sin dal 1700 la città7. In occasione del sisma del 1783 la torre subì gravi danni e divenne, nel XIX secolo, un avamposto per le scorrerie dei briganti, di cui si tramanda a Taverna una viva memoria storica. I ruderi della cinta muraria e della costruzione cilindrica, ancora considerevoli nonostante i continui crolli succedutisi nel corso dei secoli, sono situati sul fianco del costone roccioso di fronte a Pesaca, a circa 3 Km dall’abitato, sono stati consolidati nell’ultimo decennio da un intervento di parziale recupero, promosso dal Comune di Taverna e curato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Calabria.

La Torre di Guardia agli inizi e nell’ultimo decennio del Novecento.

6 Cfr. D. OLIVO, op. cit., pp. 34-35.

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7 Ibid., p. 155.

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Insediamenti sui margini dei fiumi Alli e Litrello Emergono tra le sterpaglie degli scoscesi costoni rocciosi che delimitano i due fiumi di Taverna, l’Alli e il Litrello, numerosi resti di opifici, strade, mulini, che testimoniano l’intensa attività lavorativa che la gente del luogo svolgeva in prossimità dell’acqua, elemento fondamentale per la vita della comunità e per la scelta del territorio che motivò la costruzione della nuova città quattrocentesca. Testimonianza imponente dei tracciati e dei collegamenti che nel corso di oltre un millennio furono costruiti seguendo il naturale percorso dei due fiumi, sono i ruderi di un grande ponte utilizzato per l’attraversamento dell’Alli dal borgo di Taverna. L’impianto architettonico e i materiali edificatori del ponte, strutturato in origine su tre grandi arcate, più che ad una ipotizzata costruzione di epoca romana farebbero pensare invece ad un necessario collegamento con l’ospizio dei frati basiliani di S.Maria di Pesaca 8, edificato nel secolo XII, attorno al quale sorse successivamente l’attuale abitato di Sorbo San Basile.

Resti del ponte sul fiume Alli

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8 Cfr. G.VALENTINO , Taverna città d’Arte, 1994, pp.13-14-15.

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EDIFICI ECCLESIASTICI E MONASTICI DAL X AL XX SECOLO Cattedrale di S. Michele Arcangelo

Un’ipotesi affascinante è l’identificazione di alcuni ruderi situati nella zona di «Taverna Vecchia» nel territorio del Comune di Albi, come appartenenti all’antica chiesa medievale di S. Michele Arcangelo, che sorse con la riedificazione della città di Trischene sul monte Paramite, sul finire del X secolo9. La posizione dei ruderi: un vano rettangolare delimitato da muraglie in pietrame e segnato all’interno da pilastri a sezione quadrata, richiama chiaramente l’impianto ad aula delle chiese medievali, trovando inoltre una precisa rispondenza con le fonti bibliografiche esistenti che hanno descritto in passato la cattedrale vescovile, al centro del tracciato urbano della città, «tra la Rocca e la Torre»10 i cui siti sono riconoscibili proprio nelle due equidistanze. Ulteriore importante riscontro documentario sull’esistenza dell’edificio è una sua inedita descrizione, che annotò Vincenzo Catizzone nel Libro di Carico per le Fabbriche Dirute della Città di Taverna, datato 1790. A pagina 352 del manoscritto è sottolineata «Taverna la Vecchia – Chiesa di S. Michele Arcangelo, nella quale esiste una testa della Maddalena, un altare isolato di creta e la porta»11 . Il riutilizzo dello spazio perimetrale e dei materiali di costruzione e dell’edificio nel corso degli ultimi due secoli, ha in gran parte cancellato e occultato gli originari stilemi architettonici della chiesa, trasformata i casa colonica e rifugio per gli animali, fino all’attualmente abbandono.

Resti di muraglie nel sito di Taverna Vecchia ove sorgeva la Cattedrale di San Michele Arcangelo

9 F. GALAS, op. cit. 10 F. GALAS così descrive nella sua Cronica la fondazione della città medievale: «il Protospata Flagizio [...] pose la prima pietra alla Rocca, dopo caminando per la lunghezza del Monte, quando fu verso il mezzo, ove vi era una piccolissima collina, e piacevole altezza, ordinò al Vescovo di mettere la prima pietra per il suo Vescovato, e così fu eseguito non senza gran devozione per essere la vigilia di S. Michele; e arrivando alla estremità del Monte ordinò al Catapano mettere la prima pietra per la Torre, volendo il pubblico se la custodisse».

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11 V. CATIZZONE, Libro di Carico pel Distretto di Taverna e suoi Casali, Archivio di Stato di Catanzaro, MS; 1790, f. 352.

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el cenobio che «giace quasi

Monastero e Chiesa dei Frati Basiliani di S. Maria di Pesaca

Monastero fondato da jeromanici basiliani, sorse negli ultimi decenni del X secolo, alcune fonti12 indicano il 15 agosto del 970, giorno in cui si scelse l’impervio sperone roccioso di Pesaca come luogo per edificarvi la badia: «si fondò questo sagro cenobio con l’occasione che veggendosi da Taverna, detta la vecchia, alcuni lumi nottetempo sù del luogo, e perciò trattavisi molta gente, vi si ritrovò un Immagine della Vergine, la quale teneva fra le braccia un dolcissimo Bambino13» . Il ritrovamento dell’icona venne ritenuto miracoloso dalla gente di Taverna e dei casali vicini che diede inizio al lavoro di costruzione della chiesa e del monastero. Nel 1100 si costruì l’Ospizio di S. Basilio, ricovero per i monaci più anziani di Pesaca, attorno al quale si sviluppò in seguito l’abitato di Sorbo S. Basile14. Il 31 gennaio 1101 il monastero ricevette la donazione di cinque grandi campi dal Protospata Gregorio Tratamura, in occasione della sua visita imperiale a Trischene il cui governo aggiunse una donazione di terreni sul monte Natacos15. Nel 1162 Guglielmo il Malo assediò Trischene e tutto il clero della città e dei casali vicini trovò rifugio nel monastero di Pesaca16. Nel 1179 in una zona soprastante l’ospizio basiliano sorse un nuovo villaggio, detto di S. Leone o S. Leo17. Dal 1221 al 1328 si ritrovano diversi riscontri documentari dell’amministrazione del cenobio che ne testimoniano la rilevante e crescente importanza nel territorio presilano18. Tra il 1425 e il 1427 l’abbazia rifugiò nuovamente i rappresentanti del clero di Trischene che stava per essere assediata e distrutta definitivamente19. Tra il 1428 e il 1431 si costruì a spese comuni con l’Università Cittadina di Taverna la Torrecene, sul passo per la Sila a guardia dei vasti possedimenti dell’abbazia20. Il 26 gennaio 1458, il monaco Atanasio Chalkeopolus, su incarico di Papa Callisto III visitò la chiesa e il monastero che vennero trovati in buono stato, ricchi di arredi, ma con scarsa attività religiosa21. Il 7 febbraio 1489, su ordine di Re Ferdinando I il possesso dell’abbazia passò al reverendo Luigi Pellizzolo22. Il 19 ottobre 1551, Papa Giulio I ordinò una visita a Pesaca che venne trovata in parziale declino così come in una successiva relazione del vescovo di Catanzaro Nicola D’Orazio, datata 159223. Nel 1607, Gian Lorenzo Anania, denunciò lo stato di effettivo abbandono din rovina»24. Il 13 ottobre 1685 venne redatta una relazione sullo stato del monastero, la descrizione fu dettagliatissima ed è attraverso essa che possiamo oggi rivivere i luoghi di una realtà perduta per sempre: Distante dalla città di Taverna da due miglia verso la montagna, se ritrova al fine una chiesa contigue della quale vi sono più Camere, dove si chiama la Chiesa di S. Maria di Pesaca che prima era abitata dalli P.P. di S. Basilio, et adesso da più e più ottanni in qua per essere stata soppressa dal Papa, in quel tempo si fece Abazia, che si nomina l’Abazia di Peseca, Rettore della quale, ed Abate perpetuo vi è l’Emin.no Cardinal Fabrizio Spada. Si entra in dette camere e Chiesa da una porta grande che guarda all’occidente, per dove prima si entra in un Chiostro scoperto in mezzo del quale vi è un piede di Celso bianco; a destra di detto chiostro vi si trovano due camere con bassi ed alti, dove al fine abita il Romito che serve detta Chiesa, ed alla fine di dette due camere verso la Chiesa vi si trova un Campanile con due Campane piccole. A sinistra dopo di detto chiostro, vi si trovano tre Camere, due con bassi ed alti ed una terza piena e senza basso; di rimpetto a detta porta vi è un’altra per dove si entra ad un Corritore scoperto, alla cui fine vi è una porta che guarda a mezzogiorno, per dove si entra in detta Chiesa, qual’è di grandezza ed altezza ordinaria, con astraco,

12 Galasso e Fiore. 13 P. G. FIORE, Della Calabria Illustrata, Parrino e Musi, Napoli 1691. 14 Cfr. G. D. OLIVO, op. cit., 1691. 15 Promontorio a destra del fiume Alli, dove sorge l’attuale Sorbo S. Basile. 16 G. D. OLIVO, op. cit., p. 26. 17 Cfr. G. D. OLIVO, S. Leo, in «Briciole di storia medita», op. cit., p. 40. 18 Cfr. VENDOLA, Decima dell’anno 1324, Frater Lucas abbas S. Marie de Pesaca tar. decem, 3092, in «Rationes decimarum Italie, Apulia, Lucania, Calabria», op. cit. 19 Cfr. G. D. OLIVO, op. cit., p. 32. 20 Ibid. 21 Cfr. P. F. RAFFAELE, Il Monastero basiliano di S. Maria di Pesaca, in « Taverna patria di Mattia Preti», Catanzaro, 1990, pp. 58-65. 22 Ibid. 23 Cfr. P. SPOSATO, Aspetti e figure delta riforma cattolico-tridentina in Calabria, F. Fiorentino, Napoli, 1964, p. 113. 24 Cfr. G. D. OLIVO, La Badia declina, in «Briciole di storia inedita», op. cit., p. 38.

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tempiata di legno di abete con cornici. Tiene detta Chiesa tre Fenestre che guardano il mezogiorno, e nella fine di essa vi è l’Altare Maggiore con Cappella fatta di tavole pittate, in mezo della quale vi è un quadro

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millennio la vita culturale e religiosa della città di Taverna e dell’intero territorio resilano.

Resti della chiesa e del monastero basiliano di Santa Maria di Pesaca. dov’è dipinta l’immagine della Beata Vergine sotto il titolo della Santissima Assunta il di cui giorno festivo a spese di detto Abate si celebra nella metà di agosto ogni anno; Avanti detto quadro, trovasi una vitriata innanti della quale anche vi è un panno di taffità rosso; dentro detto Altare vi è una Cassetta di legno, dentro di cui vi sono alcune reliquie di Santi; è guarnito poi detto Altare Maggiore con l’avanti altare di pelle adornata, stampata nova, con due tovaglie di seta con le rizze, sotto le quali vi è la Sacra con sci candelieri di legno dorati, carta gloria e Croce; Accanto detto Altare vi sono appesi otto Canoli di cera e dudeci tovaglie piccole di tela, che sono state date da devoti per voto a detta S. Immagine, innanti della quale vi è una Lampada che giornalmente sta accesa in suo onore’ […] ‘A man destra di detta Chiesa vi è un’altra Cappella sfondata, voltata a lamia, dovevi è un Altare con un quadro che stà dipinta l’Immagine di S. Leonardo, ed il detto Altare è anche parato con l’avantialtare di domaschiolo bianco due tovaglie rosse, candelieri, cartagloria e croce; A man destra di detta Chiesa si trova ancora un riposto di legno, dove si custodiscono per servitù di detta Chiesa, due Calici con loro Patene e guarnimenti necessari, due Camisi usati, tre Pianete di più colori, con stole e manipoli, un messale usato, due tovaglie di altare, una Croce di argento mezzana, un avantialtare di damasco bianco, due candelieri di bronzo ed un campanello piccolo; A man destra quando si entra in detta Chiesa, vi è un acquasantaro di porfido con li ferri attorno25. Le notizie su Pesaca diventano meno rilevanti alla fine del XVII secolo e per quasi tutto il Settecento, fino al terremoto del 1783 e a quello successivo del 1791 che causarono la definitiva chiusura del monastero basiliano. Nel XIX secolo i beni di Pesaca passarono al Reale Demanio: è, infatti, del 22 novembre 1884 la data di un Verbale di presa di possesso che firmò l’Ispettore Provinciale Maffei, ove sono elencati 52 fondi nel territorio di nove comuni della provincia di Catanzaro; il documento pubblicato da Domenico Olivo26 è l’atto che segnò la fine storica di S. Maria di Pesaca. A pochi chilometri dopo l’abitato di Albi, in prossimità della strada per la Sila, sul degradare del versante sinistro sono situati i ruderi dell’abbazia: un muro di circa 7 metri di altezza con due finestre dal coronamento romanico assieme ad altri resti della costruzione, i cui materiali edificatori sono stati utilizzati per integrare vecchi recinti di animali. Alcuni interventi di risanamento del sito e integrazione costruttiva della facciata, realizzati dal compianto Direttore del Parco Nazionale della Sila, Antonio Garcea, hanno riacceso negli ultimi anni l’attenzione sull’insediamento basiliano di Santa Maria di Pesaca la cui storia ha segnato per

ltre un op

25 Cfr. Platee della Badia di Pesaca, MSS. 1685, copia 1778, Archivio di Stato di Catanzaro, regg. e fascc. 8. 26 Cfr. G. D. OLIVO, La Cassa Sacra, in «Briciole di storia medita», op. cit., pp. 42-47.

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Pagina del manoscritto “Cronica di Taverna”.

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Chiesa di S. Marco Evangelista

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curato Leonardo Polisella; l’abitato cresciuto attorno

ei miracoli dell’icona di S. Maria

ina»29.

Fondata nel 1102 e dedicata all’Evangelista «per devozione di certo Marco Vainero, titolare di una fabbrica di panni»27, sorse in prossimità dell’attuale abitato di S. Giovanni d’Albi, a sinistra del fiume Litrello. Nel 1416 vi esercitava le funzioni religiose il all’edificio era in quell’anno di 134 anime28. Nel 1638 la chiesa è citata da Padre Fiore nella sua descrizione ddelle Grazie, «temporaneamente esposta nel tabernacolo di S.Marco, poichè la parrocchiale di S. Martino minacciava rovNel 1739 l’edificio venne visitato dal vescovo di Catanzaro, accolto dal «curato Paulus Barberi del casale di Albi»30. Nonostante la pubblicazione e segnalazione da parte di chi scrive dell’insediamento ecclesiastico, nell’ormai lontano 1994, i resti della chiesa di San Marco, ricadenti nel territorio del Comune di Albi, si trovano oggi nel più completo abbandono fino al punto che all’interno del vano si è potuto installare un palo a sostegno di cavi elettrici. Resistono ancora sulla facciata laterale sinistra dell’edificio tracce di antichi affreschi con volute decorative e frammenti di un dipinto raffigurante la Madonna con il Bambino Gesù.

Due immagini della Chiesa di S.Marco Evangelista dal cui confronto si evincono le gravi perdite subite dall’edifico nel secolo scorso.

., S. Marco, p. 58.

tanzaro, ff. 17-39.

27 Cfr. Ibid28 Ibid., 3. 29 Cfr. P. G. FIORE, Dell’Immagine della Madonna della Grazia in Taverna, in «Della Calabria illustra ta», pp. 261-262. 30 Cfr. Verbale di visita pastorale del Vescovo di Catanzaro, Civitas Tabernarum, Archivio Arcivescovile di Ca

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Chiesa Parrocchiale di S. Silvestro

Venne costruita presumibilmente nella prima metà del XV secolo col nuovo insediamento urbano della città. La sua esistenza è documentata dettagliatamente nel XVII secolo, periodo in cui si registrava a Taverna una fiorente attività di artisti e artigiani che operavano in quasi tutti gli edifici ecclesiastici e nei palazzi nobiliari del borgo. Nel 1661 fu fatto «un Crocifisso nuovo da portarsi nelle processioni, di carta pesta, molto ben lavorato; opera di Mico Morrone colle forme di Marcangione»31. Nel 1664 si costruirono due nuove campane che vennero fuse da un «peritissimo maestro siciliano chiamato Girolamo»32. Nel 1667 si progettarono le decorazioni del Coro che vennero eseguite da Diego Jozzi, su disegno di don Filippo Catizzone33. Nel 1668 si costruì il soffitto ligneo che venne decorato «su disegno curioso et vaghissimo dello stesso Don Filippo Catizzone, eseguito da Mico Morrone, pittore operoso nella Parrocchia»34. Per la figurazione centrale del soffitto venne chiamato Giovanni De Simone da Mesoraca che dipinse nello stesso anno la tavola dell’Altare Maggiore con la Vergine circondata da una folla di devoti35. Le preziose ricerche di Alfonso Frangipane, riscontrano nel Libro della Procura di S. Silvestro, il pagamento fatto dal parroco ai maestri muratori: Ciccio Malacari, Peppino Ferro, Ascanio Giglierano, Orazio Durante, Peppi di Tominella e Marcantonio; ai maestri falegnami Teodoro Ferraro, Antonio Durante, Giovan Paolo Malacari, Nunzio Piperi; al De Simone il pagamento per i quadro dell’Altare Maggiore e a Domenico Morrone per le pitture del soffitto. Inoltre: per un S. Francesco su tela, per una statua in legno a un maestro Francesco Caruso, per la tessitura di un damasco in seta a un Filippo Carpanzano; «per suonar l’organo nella notte di Natale, ad un seppullo musico»; a un maestro Fortunato Durante e Domenico Iozzi per dipinture e dorature varie36».

el 21 agosto 1700 la data di compilazione della Bolla controfirmata dal Padre Generale degli gostiniani che diede atto alla fondazione nella Chiesa di San Silvestro di una “Congregazione ella Consolazione”, resa esecutoria dalla Curia Vescovile il 17 settembre dello stesso anno 37

Nel 1790 la chiesa risulta danneggiata. L’ingegnere Claudio Rocchi di Catanzaro redige una relazione per le opere di restauro ove si legge che: Detta Chiesa ha di vano palmi settantaquattro in lunghezza e trentatré in larghezza; le ali in larghezza palmi dodeci ed il Coro di venticinque» - «il muro di prospettiva é lutto lesionato e tramo da non potersi riparare ma assolutamente diroccarsi per farlo di nuovo con maggior grossezza’ -‘L’Arco Maggiore si é aperto in chiave e ne due terzi, necessita perciò diroccarsi e rifarsi con pezzi tagliati a giusta misura’. Nella relazione si indica inoltre il rifacimento del muro di prospettiva con – ‘riccio contornato con fasce di stucco, a tenore di semplice disegno’38. Per tutto il XIX secolo non si hanno notizie sulla Parrocchiale, inserita nel 1933 nell’inventano degli oggetti d’arte del Frangipane con l’elenco delle opere maggiori: cinque paramenti sacri del XVII e XVIII secolo; una copia ottocentesca della Crocifissione dipinta dal Preti per la Chiesa di S. Domenico; il dipinto del De Simone, raffigurante la Madonna della Misericordia; una copia ottocentesca del S. Sebastiano di Preti in S. Domenico; una scultura lignea dello stesso santo protettore di Taverna. La Chiusura al culto coincise con gli anni del dopoguerra fino alla completa demolizione degli anni ’70 che ha cancellato la presenza della chiesa dall’omonimo quartiere di S. Silvestro ove è visibile la cinta muraria dell’antica costruzione che sostiene oggi la pianta di una piazzetta dedicata a papa Giovanni XXIII.

DAd

31 GIPANE, Documenti seicenteschi di Taverna, in «Brutium», 1923.

Ibidem. 37 Cfr. Memoria di alcune Congreghe di Taverna, manoscritto databile post.1776, Archivio Storico, Chiesa di S.Barbara in Taverna. 38 Cfr. Appalto per la ricostruzione della Chiesa di S. Silvestro, MSS. 790 Archivio distato di Catanzaro, ff. 14-16.

A. FRAN32 Ibidem.33 Ibidem. 34 Ibidem

Ibidem. 35

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Due rare imm i della chiesa (appenan a e prima el Novecento.

agin visibile dal lato destro, la facciata con il timpano lobato) e del Quartiere di San Silvestro. Foto seco d metà d

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Chiesa dedicata a S.Maria delle Grazie

Costruita con il convento dei Francescani Osservanti nella seconda metà del XV secolo, venne ampliata sul finire del Seicento, periodo in cui si poteva considerare come il più grande edificio ecclesiastico esistente a Taverna. Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo si registrano le prime importanti commissioni di opere d’arte destinate ad abbellire la chiesa, fra tutte, quella a Fabrizio Santafede per una tavola raffigurante la Madonna delle Grazie43. Il primo di ottobre del 1609, Vincenzo Ricca commissionò all’intagliatore napoletano Marco Santillo, un Sant’Antonio di Padova et Santo Bonaventura, d’altezza palmi due scarzi et doi puttini et la Resurrezione di N.S. di palmi doi circa, ben lavorati et intagliati, che servono per la custodia dell’osservanza della Cina di Taverna44. Il 16 di ottobre del 1615, Cesare Biasco pagò la somma di 25 ducati a Tommaso e Andrea Gatto di Maranise, per un «quadro nella sua Cappella dell’Osservanza di q.ta Città, del SS. Nome di Gesù, seu Circoncisione45». Le commissioni di dipinti, sculture e arredi continuarono per tutto il Seicento; nel 1696 Fra Bonaventura Poerio dettò le iscrizioni che vennero incise da Fra Silvestro da Bologna in uno dei paliotti che ornavano la chiesa riccamente completata. Il XVIII secolo segnò un decadimento comune a tutti gli edifici sacri di Taverna che culminò con le distruzioni del terremoto del 1783, causa iniziale della chiusura di gran parte delle antiche chiese e conventi della città. Nel 1790 Vincenzo Catizzone visita l’edificio in parziale rovina ma che conserva tutto l’arredo e le opere che verranno in seguito disperse in altre sedi, questa la suggestiva descrizione: Porta grande per dove si entra nella Chiesa. di legname di castagna. Vi esiste un rosso catenaccio colle rispettive voccole di ferro, due maniglie di ferro. Nella parte destra di detta Chiesa. vi esisto no otto altari, il primo col quadro di 5. Pietro di Alcantara, senza avantialtare; il secondo col quadro di 5. Francesco, senza avantialtare; il teno col quadro di 5. Antonio coll’avantialtare; il quarto col quadro dl S. Maria delle Grazie, senza avantialtare; il quinto col quadro di S. Biagio. senza avantialtare; il sesto col quadro dell’Assunta, senza avantialtare; il settimo col quadro della Porziuncula, senza avantialtare; l’ottavcol quadro dell’immacolata coll’avantialtare. A man sinistra vi sono altri otto altari. Nel primo la statua di S.

Convento dei Frati Minori Osservanti

Fondato nella seconda metà del XV secolo39 ebbe notevole importanza per la vita religiosa della città. La complessa struttura architettonica originaria contava più di 30 vani, 4 chiostri scoperti, la libreria, il refettorio, la cucina, la camera dell’orologio e vari bassi adibiti a magazzini e stalle40. Nel 1535 il convento contava dieci frati con una rendita di 100 ducati41. Nella seconda metà del XVII secolo, con la nomina ad un’alta carica nell’Ordine dei Minori Osservanti del tavernese fra Bonaventura Poerio, nel convento si registrò la presenza di numerosi monaci artisti: fra Silvestro da Bologna, fra Antonio da Serra, fra Augelli, che lavorarono a opere decorative destinate ad abbellire gli altari della chiesa. Alla fine del XVI secolo il convento venne in gran parte danneggiato dal terremoto dell’83 e nel 1790 elencato tra le «fabbriche dirute [...] il cui soffitto con tre scale di tavole e le rimanenti, si sono tolte per S. Domenico»42. Agli inizi dell’Ottocento risulta già abolito ed è durante questo frangente che gran parte del patrimonio venne assegnato alle parrocchiali di S. Barbara e S. Martino. I resti delle mura perimetrali e gran parte del materiale edificatorio è stato utilizzato per la costruzione del cimitero cittadino ove sono ancora esistenti gli arconi degli altari della chiesa ai quali sono addossate vecchie costruzioni funerarie e alcune strutture portanti dell’edificio conventuale.

o

40 Cfr. V. CATIZZONE, op.cit., ff. 347-350. 41 Cfr. G. D. OLIVO, op. cit., p. 162. (n.p.) 42 V. CATIZZONE, op.cit. 43 Si trova attualmente esposta nella chiesa di S. Barbara.

39 Cfr. P. F. RAFFAELE, op. cit.

44 A. FRANGIPANE, op. cit. 45 Ibidem.

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coi quadro dell’Annunziata, senza avantialtare; il terzo col quadro della

ialtare; e nel medio di rato a forma di

lle chiese di S. Domenico, S. di,

ro, addossate in gran parte lungo le pareti laterali della chiesa, articolate da archi in pietra ove resistono i frammenti dei rivestimenti murali e i colori sbiaditi degli antichi intonaci dipinti a fresco.

Antonio, collavantialtare il secondonascita del Bambino, senza avantialtare; il quarto col quadro della Circoncisione, senza avantialtare; il quinto col Crocifisso, senza avantialtare; il sesto col quadro di S. Lucia, senza avantialtare; il settimo col quadro di S. Pasquale, coll’avantialtare; lottavo col quadro di S. Diego, senza avantdetta Chiesa vi l’altare Maggiore di legname lavorato, e nel meno un pezzo di le namg e indocustodia, e nelle due lati le due statue di S. Bonaventura e S. Francesco. Indetto Altare Maggiore vi esistono due porte, per dove si entra nel Coro, Il pavimento della Chiesa è di calce battuta, la soffitta di tavole pittate; due finestre senza vetri, e nel mezzo, vi esistono gli intieri setti di legname rosso, ed un quadro col SS. Salvatore»46. Agli inizi del XIX secolo, S. Maria delle Grazie è in completo abbandono, «da più anni serrata»47. Il trasferimento di tutta la suppellettile e delle opere d’arte maggiori neMartino e S. Barbara è avvenuto; a quest’ultima passano la gran parte dei dipinti e degli arrecosì pure il Crocifisso ligneo che la memoria storica del luogo racconta sia stato conteso a colpi d’ascia con i parrocchiani di S. Maria Maggiore. La grandiosa navata centrale che un tempo custodiva ben sedici altari, accoglie oggi le cappelle funerarie del vecchio cimite

Resti del convento e della chiesa francescana di S.Maria delle Grazie, attualmente esistenti nel cimitero vecchio di Taverna.

V. CATIZZONE, op. cit., ff. 350-352. G. CORCIONI, Stato nominativo delle Chiese d Taverna, MSS. 1813, Archivio Arcivescovile di Catanzaro, ff. 1-2.

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Convento dei Frati Cappuccini

Fondato nel 158748 era il terzo dei conventi maschili di Taverna e venne dedicato a S. Michele Arcangelo, primo protettore della città. Nel 1735 nel cenobio vivevano dieci frati, «di molta esemplarità e dottrina49». Danneggiato dal terremoto dell’83, nel 1790 è nell’elenco delle «Fabbriche Dirute50». Contava al suo interno più di trenta vani, distribuiti tra il piano superiore ed il piano terra; attorno al chiostro vi erano i dormitori, la cucina, il forno «il molinello per uso di macinare tabacco con la sola pietra», il refettorio, la libreria, «una Cappelluccia di stucco con due Immagini fatte sopra muro, una di S. Giuseppe l’altra di S. Fedele», «due quadri grandi vecchi coll’effigie di S. Francesco e S. Chiara»51. Nel 1813 il convento «venne destinato a luogo di riunione»52. Nel 1866 venne definitivamente soppresso con le leggi governative dell’unificazione italiana.

so al suolo negli anni 0 per la creazione di un area edificabile destinata ad alloggi popolari e alla costruzione ell’attuale poliambulatorio.

Usato come ricovero per gli sfollati durante i due conflitti mondiali è stato ra’7d

Convento e orto dei frati Cappuccini. Foto prima metà del Novecento.

48 Cfr. P. REMIGIO LE PERA, I Cappuccini in Calabria e i loro 80 conventi, Frama, Chiaravalle. 1973, p. 361. 49 Cfr. G. D. OLIVO, op.cit., p. 162.

Ibidem. G. CORCIONI, op. cit.

50 V. CATIZZONE, op. cit. 51 52

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Particolare di una lunetta all’interno del distrutto Convento dei Frati Cappuccini. Foto anni 1960-70

Interno del Convento dei Cappuccini con l’immagine di un dipinto perduto. Foto anni 1960-70

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Chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo

Annessa al convento dei Padri Cappuccini, dopo la prima costruzione si arric chi come gli altri edifici ecclesiastici ed i palazzi nobiliari di Taverna seicentesca di pregevoli opere di arredo: dipinti, sculture, intagli e lavori di decorazione, eseguiti da artisti-artigiani chiamati ad abbellire la città. Del 1612 è la commissione al pittore Francesco Russo per un quadro dell’Immacolata, destinato in origine all’Altare Maggiore della chiesa, oggi presso il Palazzo Vescovile di Catanzaro”53. Degli anni 1656-’61 è invece la commissione a Mattia Preti di tre dipinti: la Madonna degli Angeli, la Madonna del Carmelo ed una Sacra Famiglia con Santi Francescani54. Di questo stesso periodo l’acquisto di altri due dipinti: una Deposizione e un Martirio di S. Lorenzo, opere eseguite nell’ambito del la cerchia di Mattia e Gregorio Preti con i quali Mons. Angelo Veraldi ebbe per le committenze di Taverna continui contatti a Roma e Napoli. Bernardo De Dominici nel 1742 così descrive le opere del Preti nella chiesa dei Cappuccini: Nell’Altare Maggiore dé PP. Cappuccini un gran quadro rappresenta S. Francesco di Assisi, cui apparisce la B. Vergine coi Bambino in una gloria di belli Angioli, e in un lato S. Michele Arcangelo, che calpesta l’Infernal Dragone, vedendosi da lontano il compagno del S. Padre stupefatto dalla gloriosa visione» - «ed a sinistra un altro quadro con la Madonna del Carmelo in gloria, e nel basso S. Lorenzo, e S. Francesco Saverio». In un altra Cappella é rappresentato S. Bonaventura in atto di additare la B. Vergine, che porge il Bambino a S. Antonio di Padova, che con divota umiltà lo riceve; e spettatori di tutta l’azione vi sono ancora S. Anna, S. Giuseppe e S. Giovacchino55. Nel 1783 l’edificio subì gravi danni a causa del disastroso sisma che rovinò gran parte della Calabria, è infatti del 1790 la stilazione di un documento che attesta l’esistenza all’interno della chiesa di arredi e altari comunque in discreto stato: Porta grande per dove si entra nella Chiesa, di legname di castagna. Vi è un catenaccio, due maschetti lunghi di ferro e maniglie di ferro – all’interno della chiesa – vi esistono nove intieri altari colli rispettivi quadri, cioè: S. Michele Arcangelo e San Francesco; il quadro maggiore coll’immagine di Maria Santissima; gli altri di S. Felice, il Carmine, S. Lorenzo, L’immacolata colla statua e quadro; Il Crocifisso di rilievo, S. Antonio, quadro e statua; S. Anna coll’Addolorata. - Vi esistono fuori altri 8 quadri di ordinario pittore. - Vi esiste l’acquasantaro di marmo, il pulpito di legno, tre confessionili, tre cancellate uno stipo colla chiavatura, lastrico battuto e soffitta a lamia finta con sette vetrate56 Agli inizi del XIX secolo, nella chiesa si esercitavano regolarmente le funzioni di culto, «dacché il dicostoro Convento fu destinato per Convento di riunione»57. Con la soppressione del 1866 il dipinto di Mattia Preti, raffigurante la Sacra Famiglia e Santi Francescani, dalla Cappella Padronale passò alla famiglia Veraldi. Nel 1927 venne effettuato da Alfonso Frangipane un primo inventano delle opere di maggiore interesse che si trovavano ancora nella chiesa, fra queste una Custodia lignea intagliata e dorata dell’altare maggiore (m. 0,60 x 1), lavoro di artieri seicenteschi di cui oggi non si riscontra più l’esistenza58. Il 7 novembre del 1935 il Soprintendente Galli venne ufficialmente informato dal Podestà di Taverna dell’avvenuto trasporto di «4 tele pretiane dalla chiesa dei Cappuccini alla chiesa di S. Domenico»59.

53 Cfr. A. FRANGIPANE, op. cit., 30. Il dipinto (cm. 240 x 73) proveniva dal distrutto convento dei Francescani Osservanti. Passò poi nella chiesa di S. Barbara, ove è stato conservato (nella prima cappella laterale sinistra) fino agli anni ‘60 del nostro secolo. 54 Del dipinto da molti anni non si trova riscontro documentario. Passò tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, presso Casa Gironda Veraldi di Catanzaro. Una copia di buona fattura (opera di autore settecentesco) si trova attualmente nel deposito del duomo di

e alla Maestà di Carlo Ernanuel Re di Sardegna», Napoli, 1742-’45. 56 V. CATIZZONE, op. cit., f. 346. 57 G. CORCIONI, op. cit.

Cfr. A. FRANGIPANE, Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, II, «Calabria», La Libreria dello Stato, 1933, anno XI e F., p. 96. E. GALLI, Chiesa dei Cappuccini. «Quadri di Matria Preti», lettera del Soprintendente al Podestà di Taverna, Gregorio Ricca. Prot. 3472,

Archivio Storico, Museo Civico di Taverna.

Catanzaro, proveniente da un altare della chiesa di S. Maria della Stella della stessa città. 55 B. DE DOMINICI, Vita del Cavalier Mattia Preti, in «Vite dé Pittori, Scultori ed Architetti Moderni, scritte e dedicat

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Salita dei Cappuccini e originaria facciata della Chiesa di S.Michele Arcangelo. Foto prima metà del Novecento.

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Durante gli anni del dopoguerra venne operato un sistematico saccheggio di arredi e materiale edificatorio del complesso monastico, fino alla demolizione negli ann ’70 dell’intero complesso architettonico, sulla cui pianta si trova oggi l’edificio del Poliambulatorio e nelle vicinanze un grandioso pino marittimo, testimone silenzioso e secolare di una comunità monastica scomparsa per sempre.

La chiesa e il Convento dei Cappuccini usati come ricovero per gli sfollati . Foto anni 1960

Il complesso monastico in completo abbandono. Foto anni 1970.

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Mattia Pre ve

eti, La Sacra Famiglia con Sant’Anna, San Gioacchino, Sant’Antonio di Padova e San Bonaventura , olio su tela, cm.235x161 – ca.1672. tata : nella Cappella Veraldi della distrutta chiesa di San Michele Arcangelo fino al 1866; a casa Veraldi di nezia nel 1988 come lot.124 nell’asta Semenzato.

La t la nne documenaro nel eCatanz 1926; a V

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nnunziata

le del vescovo di Catanzaro61 e nel 1813 da

nella Chiesa Parrocchiale per qualche incomodo in giorno festivo comecché questo Rion in cui trovasi la Chiesa è distante dalla Chiesa Parrocchiale66. Le vecchie muraglie della chiesa di S. Crispino, esistenti fino alla prima metà del trascorso secolo, sono state anch’esse interessate dalle facili demolizioni degli anni 1960-70. Sullo spazio perimetrale della distrutta chiesa sorge oggi la Casa Canonica.

Monastero e Chiesa delle Suore Domenicane dell’A

Sorti nella prima metà del secolo XVI nell’ambito del quartiere di S. Nicola60. Nel 1739 risultano annotati sul Diario di Visita Pastoramons. Corcioni che descrive la chiesa «entro il recinto della Parrocchia di S. Nicola, chiusa dall’epoca della soppressione del Monastero di Domenicane»62. Dei due edifici non si sono trovati altri riferimenti documentari utili a consentire una possibile descrizione.

Chiesa di S.Crispino

L’esistenza dell’edificio la cui data di costruzione è desumibile dalle cifre leggibili nella piccola campana conservata oggi nella chiesa di S. Maria Maggiore, sulla quale è segnato l’anno 1580, è documentata da Padre Fiore nel XVII secolo63 e da un Diario di Visita Pastorale del vescovo di Catanzaro l’anno 173964. Nel 1790 la chiesa di S. Crispino risulta nell’elenco delle «fabbriche dirute», descritta dal Catizzone come: Chiesa piccola con porta una, finestre tre, due senza vetrate. Altari due, uno di detto Santo e altro della Madonna di Costantinopoli e S. Lorenzo. Uno stipone per uso di sacri arredi, un campanile con una campana65. Nel 1813, Giovanni Corcioni descrivendo lo stato nominativo delle chiese di Taverna, indica «dentro il recinto della Parrocchia di S. Maria Maggiore», l’esistenza della filiale sotto il titolo di S. Crispino: questa è aperta a qualche volta vi fa celebrar la messa qualche divoto che non può andar

L’antico quartiere di San Crispino e la campana della distrutta chiesa datata 1580.

NE, op. cit.

60 P. G. Fiore, op. cit. 61 Ibidem. 62 G. Corcioni, op. cit. 63 P. G. FIORE, op. cit. 64 Ibidem. 65 V. CATIZZO66 G. CORCIONI, op. cit.

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S. Maria della Pietà

sa di S.

o o e

vece danneggiato dal terremoto di sette anni prima e così descritto: Oratorio della ietà nel quale vi esiste una porta con gradini di marmo, un altare indorato con la statua di marmo e due atue indorate sopra le pone della Sacristia e Congregazione con sedili di noce, due Cappelle di stucco con li

tro do S. Tommaso e la Madonna delle Grazie. Un organo, un confessionario,

il

età, posta sull’attuale base, costruita a destra dell’ingresso principale ma fortemente decontestualizzata dall’originario

stigio ligneo che si completava ai lati con le sculture dorate di Santa Maria Maddalena e San iovanni Apostolo, erroneamente adattato nella Cappella dell’Arciconfraternita del SS.Rosario.

Oratorio dei Nobili dedicato a

Fondato dalle famiglie nobili di Taverna67, venne costruito in prossimità della chieDomenico sul finire del XVI e gli inizi del XVII secolo. Al 1603 risalgono le prime fonti documentarie che registrano la commissione di una scultura allstatuario spagnolo Giovan Battista Ortega il quale realizzò nello stesso anno un gruppo marmoreraffigurante la Madonna col Cristo morto, di chiara ispirazione michelangiolesca. La statua venntrasportata da Napoli a Taverna per essere posta sull’Altare Maggiore dell’Oratorio68. Nel 1739 l’edificio venne visitato dal vescovo di Catanzaro che lo trovò in buono stato e ricco diarredi69. Nel 1790 risultò inPstquadri, uno di S. Girolamo, l’alquattro banche un acquastantiera, una campana piccola ed un campanello vicino la Sacristia e nel centro sei medaglioni di stucco nel muro70. Nel 1813 l’oratorio versa già in stato di abbandono: chiuso da molti anni e sprovvisto di luttobisognevole per potersino esercitar le funzioni del Culto, ed esistono le sole fabbriche ed il tetto71; in quell’anno, sostenendo l’attendibilità del documento citato, doveva essere già stata trasferita dall’edificio dei nobili alla vicina chiesa di San Domenico la statua della Pi

faG

di Nobiltà di Taverna nel sec. XVII era composto da 24 famiglie. Padre Giovanni Fiore, op. cit. 7 (n.p.), così le elenca: Anania,

o, Catizzone, Cirillo, Ferrari, Filante, Iozolino, Mandella, Marincola, Masella, Mazza, Madotto, Munizza, icca, Rocca, Rotella, Schipani, Teutonica, Veraldi.

ATIZZONE, op. cit.

67 Il SedileBlaschi, Caraffa, CarpanzanMorrone, Pistoia, Poerio, R68 Cfr. V. C69 Ibidem. 70 Ivi., p. 10. 71 G. CORCIONI, op. cit.

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Chiesa di S.Giovanni Battista

Oratorio della famiglia P ell’ambito del QuartiTra il 1653 e il 1660, Mattia Preti vi inviava la tela del Battesimo di Cristo che nel 1742 Bernardo De Dominici così descriveva all’interno dell’ ella Chiesuola di S. Giò Battista, jus patronato della famiglia Poerio, vi è il q nostro Signore nel Giordano, opera veramente eccellentissima»73. Nel 1813 la chiesa viene documentata dal Corcioni come filiale di S. Barbara e patronale della famig iù anni avendo bisogno di restaurazione»74. Chiesa di S.Antonio Abate

La sua esistenza è documentata nel 173975 e nel 1790, anno in cui viene de scritta tra le «fabbriche dirute» come: Piccola Chiesa di S. Antonio Abate, ove vi esiste uno stipo per uso di suppellettili Sacre, due altari: uno col quadro di d.o Santo e altro con quello di S. Onofrio; la Sacrestia disfatta od una finestra 76. L’ubicazione della chiesa doveva essere nell’antico Quartiere di Bompignano, oggi di S. Maria ed è infatti identificata come «chiesetta filiale, dentro il recinto della Parrocchia di S. Maria Maggiore», nel 1813 dal Corcioni, che la descrive «mezzo diruta e da più anni serrata»77.

Chiesa del SS.Salvatore

Non si hanno notizie sulla fondazione dell’edificio la cui esistenza a Taverna è documentata nel XV secolo78 fino agli inizi del XIX. Nello «Stato nominativo delle Chiese di Taverna», del 1813, il Corcioni la indica «dentro il recinto della Parrocchia di S. Maria Maggiore [...] aperta e patronata della Famiglia Grimaldi di Catanzaro con il Rettore O. Luigi Grimaldi che vi f° celebrar le Messe beneficiali»79.

Monastero di S. Caterina

Costruito nel XV secolo come conservatorio di terziarie francescane, adottò la Regola di S. Chiara. L’11 agosto del 1453, Papa Nicolò V ordinò l’atto di riconoscimento del Monastero e della chiesa che «da circa venti anni gli abitanti di Taverna avevano fondato»80. Le fonti consultate si limitano alla semplice citazione nei secc. XVI e XVII, fino alla preziosa e puntuale descrizione di Vincenzo Catizzone del 1790 che visita il con vento, la sala all’ingresso con «quattro quadri vecchi»; il parlatoio, il coro con due quadri; quattro bassi; undici camere; la cucina; il lanaro; il forno; una baracca di fabbrica e tre casalini nell’orto; «il campanile dove vi sono tre campane: una grande, una mezzana e una piccola»81. Dopo la soppressione avvenuta ancor prima del 1790, le «fabbriche» del monastero passarono ad altri usi, fino all’attuale utilizzo per abitazioni private.

oerio di Taverna, venne costruito nel XVII secolo n

ere di S. Barbara72.

edificio: «Nuadro del battesimo di

lia De Nobili di Catanzaro: «serrata a p

72 Ibidem. 73 B. DE DOMINACI, op. cit., 53. 74 G. CORCIONI, op. cit., 10. 75 Ibidem. 76 V. CATIZZONE, op. cit., 10. 77 G. CORCIONI, op. cit., 45. 78 Ibidem. 79 Ibidem. 80 Cfr. P. F. RAFFAELE, op. cit., p. 28. 81 V. CATIZZONE, op. cit.

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ESTRATTO DAL VOLUME

L’ARTE NELLA CITTA NATALE DI MATTIA PRETI DAL PATRIMONIO SALVATO ALLE NUOVE COLLEZIONI DEL MUSEO CIVICO DI TAVERNA

A CURA DI

GIUSEPPE VALENTINO

MUSEO CIVICO DI TAVERNA EDIZIONI

DICEMBRE 2010