Giulio Di Luzio

69
G I U L I O D I L U Z I O A un passo dal sogno Gli avvenimenti che hanno cambiato la storia dell’immigrazione in Italia Impaginazione Ettore Ronzino Art Director Nino Perrone BESA Editrice via Duca degli Abruzzi, 13/15 73048 Nardò (LE) tel. +39.0833.871608 fax +39 178 277 6708 [email protected] www.besaeditrice.it INDICE PREFAZIONE di Alex Zanotelli INTRODUZIONE A UN PASSO DAL SOGNO 9 15 25 A Jerry Masslo, simbolo della lotta per i diritti civili degli immigrati in Italia. PREFAZIONE Non ero in Italia quando fu ucciso Jerry Masslo. Avevo infatti lasciato il nostro Paese nell’88. Praticamente da quell’anno al 2002 ho vissuto le vicende italiane attraverso gli amici e i giornali. Ritornando in Italia mi sono rituffato nella storia del mio Paese. Mi mancavano però dei pezzi, come la drammatica vicenda di Masslo e quel che ha significato per la storia dell’immigrazione in Italia. Per cui misurarmi con questo pezzo di storia è per me assai significativo. È questo il motivo che mi induce a presentare questo lavoro di ricostruzione storica, ma anche di inchiesta e di documentazione che, con perizia giornalistica e

Transcript of Giulio Di Luzio

Page 1: Giulio Di Luzio

G I U L I O D I L U Z I O

A un passo dal sognoGli avvenimenti che hanno cambiatola storia dell’immigrazione in ItaliaImpaginazione Ettore RonzinoArt Director Nino PerroneBESA Editricevia Duca degli Abruzzi, 13/1573048 Nardò (LE)tel. +39.0833.871608fax +39 178 277 [email protected]

PREFAZIONE di Alex ZanotelliINTRODUZIONE

A UN PASSO DAL SOGNO

91525

A Jerry Masslo,simbolo della lotta per i diritti civilidegli immigrati in Italia.

PREFAZIONE

Non ero in Italia quando fu ucciso Jerry Masslo. Avevoinfatti lasciato il nostro Paese nell’88. Praticamente daquell’anno al 2002 ho vissuto le vicende italiane attraversogli amici e i giornali. Ritornando in Italia mi sono rituffatonella storia del mio Paese. Mi mancavano però deipezzi, come la drammatica vicenda di Masslo e quel che hasignificato per la storia dell’immigrazione in Italia. Per cuimisurarmi con questo pezzo di storia è per me assai significativo.È questo il motivo che mi induce a presentarequesto lavoro di ricostruzione storica, ma anche di inchiestae di documentazione che, con perizia giornalistica epassione civile, Giulio Di Luzio ha portato caparbiamentea termine tra difficoltà oggettive, rimozioni colpose, omissionidei media. Quando sono ritornato, dopo quattordicianni di assenza, ho trovato – questo è il grande passaggioche ho registrato – una scarsa attenzione al tema degliimmigrati, tranne un po’ di missionari che si interessavanoa un fenomeno tutto sommato sommerso e rimosso.Ho trovato un’Italia in cui l’immigrazione era divenuta un“problema”. Non solo, ma scopro un’Italia dove il razzismoè una realtà sempre più tangibile. E non è solo la

Page 2: Giulio Di Luzio

Lega! Quello celebrato è un accresciuto razzismo, una xenofobiache fa rima con paura dell’altro, all’interno diprocessi sostenuti da campagne mediatiche finalizzate allacreazione di nuovi nemici, come succede oggi per i musulmani.Per avere così tante armi, abbiamo bisogno di nemici.Una volta erano i comunisti e ora è l’Islam! Quando9sono tornato in Italia, il dono che mi sono trovato tra lemani è stata la legge Bossi-Fini. Sono stato ospite in Africaper quattordici anni e mi sono sentito accolto e amato.Ritorno in Italia e il mio popolo vara una legge incostituzionalee immorale, perché non riconosce gli immigrati,presenti tra noi, come soggetti di diritto, ma li riconoscefin quando ci servono come manodopera a basso costo,per poi rispedirli al mittente. Questa è una cosa che nonmi sarei mai aspettato da un popolo di migranti comequello italiano, che ha avuto all’estero 60 milioni di suoi concittadini.A Basilea, nell’immediato Dopoguerra, agli italianiera vietato entrare nelle sale d’aspetto …allora gli albanesieravamo noi! Oggi ripetiamo le stesse azioni sui nuovi migranti.C’è qualcosa di malefico nel cuore dell’uomo? Èpossibile non ricordare le nostre sofferenze? Ora siamo noii razzisti, gli xenofobi …E non si tratta solo di abolire laBossi-Fini o la Turco-Napolitano, ma di ripristinare unclima di accettazione dell’altro, un clima di convivenza. DiCpt ne ho visitato tanti. Non avrei mai pensato che saremmoarrivati a rinchiudere gli immigrati nei Cpt, iCentri di Permanenza Temporanea. Ne ho visitati tanti esono rimasto scioccato. Nel Cpt di Torino non ho potutoneanche parlare volto a volto con gli immigrati rinchiusidentro le gabbie. Questo è assurdo. E non solo li costruiamoqui, ma anche all’estero, per esempio a Tripoli.Prendiamo la gente e la risbattiamo direttamente fuori.Eppure lo stesso governo italiano ammette che c’è bisognoin Italia ogni anno di 1milione di nuovi operai. Ma comesi fa a trattare le persone così? Ho visitato vari Cpt.Gradisca è un lager nazista! Ho pregato davanti alle suemura e ho proposto di ungerle con l’olio benedetto, comesi ungono le cattedrali, perché sono queste le “cattedrali”ove mettiamo i nuovi Cristi crocefissi. E ho visto quellestesse mura nel Cpt di Bari nel quartiere San Paolo. C’èqualcosa nell’uomo che non va! Ho vissuto a Korogocho,10questa spaventosa baraccopoli di Nairobi, e ho assistitoagli stessi fenomeni di esclusione: poveri che emarginavanoaltri poveri, la gente delle baracche che emarginavaquella della discarica, che raccoglieva i rifiuti. C’è qualcosadi marcio in ognuno di noi! Ma per noi europei si innescano

Page 3: Giulio Di Luzio

meccanismi atavici. Noi pensiamo di essere il“cuore” del mondo, di possedere la “civiltà”, la “cultura”,la “verità”, e poi alla prima occasione emerge tutto il nostrorifiuto dell’“altro”. L’incontro con l’altro è sempre vistocon difficoltà. Dobbiamo ricordarci che questo retaggiooccidentale ha fatto da supporto alla schiavitù, all’imperialismo,al colonialismo e al neocolonialismo.Dobbiamo ricominciare da un profondo esame di coscienza,noi occidentali. Dobbiamo tenerlo presente. Èuna storia, quella europea, che dobbiamo capire per pentirci,capire il sottofondo razzista che ha animato l’uomobianco. La prima volta che ho celebrato l’eucarestia inAfrica, in una comunità keniana ho subito detto loro chenon potevo celebrare se prima non chiedevo loro perdono.Mi sono messo davanti all’altare con le mani aperte e hoinvitato i presenti a fare il segno della croce sulla mia mano,dicendomi: “Ti perdono, fratello bianco”. È stato moltobello. Deve esserci un cambiamento di mentalità.Dobbiamo aprirci agli altri. È inconcepibile un mondo incui noi, l’Europa, il Nord del mondo pensi di essere la civiltàsuperiore. Dobbiamo cominciare a capire che siamouna delle tante culture, una delle tante civiltà, altrimentici sbraneremo a vicenda. Dunque noi non siamo la “cultura”,la “civiltà”, la “religione”, ma se la nostra cultura ela nostra esperienza occidentale si innestano con altre culture,fiorisce quello che don Tonino Bello chiamava la“convivialità delle differenze”. O il mondo sarà così o nonci sarà, non ci sarà futuro. È importante tener presentetutto questo, proprio facendo memoria della storia diMasslo. Era un sudafricano di colore scappato dal11Sudafrica a causa delle persecuzioni del regime razzista,perchè impegnato contro l’apartheid e ha trovato la mortenell’Italia nata dalla Resistenza. Certo, tutto questo deveindurci a una profonda riflessione, come del resto ci imponequesta storia e la vibrante scrittura di Giulio DiLuzio. Ricordo quando noi lottavamo in quegli anni ottantacontro l’indifferenza della Democrazia Cristiana, chenon voleva saperne di sposare la causa dei neri delSudafrica. Abbiamo pagato sulla nostra pelle l’impegnocontro il Sudafrica dei bianchi in quegli anni. Da quandosono diventato direttore di Nigrizia, è cominciata una duralotta a fianco di Desmond Tutu, oggi Premio Nobel perla pace, allora sconosciuto. Nigrizia è stata una delle rivisteche ha portato avanti la lotta a fianco dei sudafricanineri contro l’apartheid. Le chiese erano in buona parte delsistema. Ecco perché è durato così a lungo l’apartheid. Ilsogno di Masslo ci riporta al termine dell’autobiografia di

Page 4: Giulio Di Luzio

Nelson Mandela, quando egli dice di aver capito che l’uomonero non può essere libero, finché non lo sarà l’uomobianco, che la libertà, o è per tutti o nessuno è libero. Equesta è la grande lotta di oggi, perché nasca un mondo incui, come diceva Don Tonino Bello, trionfi la “convivialitàdelle differenze”. Quando abbiamo fatto i nomi dellebanche italiane che trafficavano col governo sudafricano eabbiamo accusato quello italiano di dare assistenza militareal Sudafrica, in violazione dei patti delle Nazioni Unite,ci fu il putiferio. La Procura della Repubblica di Brescia haaperto un’inchiesta e poi a Verona sono stato interrogatodalla Digos. Volevano sapere chi m’aveva dato le informazionisull’aiuto militare offerto dall’Italia al sistema dell’apartheid…Era difficile allora e oggi è ancora più difficile.Per questo penso sia importante questo libro, che fa memoria.Un libro che, partendo dalla storia consumatasi sul finiredegli Anni ’80 nel casertano, ci racconta gli avveni-12menti successivi alla morte di Jerry Masslo, fatti e circostanzeconcatenati uno all’altro e destinati a cambiare ilcorso della storia dell’immigrazione nel nostro Paese. Maè anche un libro capace di recuperare la memoria di quelperiodo, sottraendola all’oblio. Mi sembra questo uno deimeriti di questo lavoro, quello di aver colmato un grandevuoto di informazione esistente sull’argomento attraversouna scrittura appassionata e coinvolgente, sostenuta peraltroda una cura letteraria suggestiva, che Giulio Di Luzioci offre con la sua penna e la sua denuncia senza compromessi,trascinando il lettore nel pieno di quegli anni. È importantedare speranza e alimentare con la legna il fuocodella resistenza. E la resistenza ha bisogno di figure emblematichecome Masslo, come Desmon Tutu o Mandelao altre ancora. In un momento in cui questo sistema nelNord del mondo ci rende tubi digerenti e ci toglie l’anima,abbiamo bisogno di persone che tengano vivo il sogno,in un momento in cui sembra che questo sogno siasvanito. Alla sinistra chiediamo di abrogare la Bossi-Fini,ma anche la Turco-Napolitano, figlia del centro sinistra,deve essere radicalmente ripensata, altrimenti il razzismo,espresso così bene dalla Lega e dal leghismo, diverrà parteintegrante e strutturale di questo Paese. Chiediamo a granvoce la distruzione di tutti i Cpt, anche fuori dall’Italia.Ne abbiamo costruito finanche uno in Bielorussia e tre aTripoli! Chiediamo il diritto all’asilo politico. LaCostituzione Italiana è stata scritta da padri costituenti inbuona parte esiliati politici e ben due volte la nostra CartaCostituzionale cita il diritto all’asilo politico e tuttavia nonabbiamo ancora una legge in materia in Italia. Sapete cosa

Page 5: Giulio Di Luzio

vuol dire deportare nel loro Paese immigrati fuggiti permotivi politici? Vuol dire farli mettere al muro. Devo ricordare,e bene lo fa Giulio Di Luzio nel suo libro, la figuradei padri comboniani di Castel Volturno, GiorgioPoletti e gli altri, già incatenatisi a Caserta, mentre la po-13lizia arrestava e deportava migranti. Deve ancora nascere lacultura dell’altro, l’accoglienza.Ormai in questo mondo, o riusciremo a incontrarci onon ci sarà futuro, come non c’è futuro nelle parole diquella minoranza sazia, che auspica di non essere disturbatada chicchessia nel godimento della sua ricchezza. Leleggi in Parlamento esprimono in realtà quello che noipensiamo e non possiamo aspettarci chissà quali leggi, seil razzismo e la xenofobia serpeggiano tra di noi. Ancoraun parola sui media e su come questo libro debba essereletto da tanti giornalisti, ma anche studenti e insegnati egiovani e sacerdoti, che intendono conoscere la storia dell’immigrazionenel nostro Paese, ma anche da cosiddettiesperti in tema di immigrazione, appollaiati comodamenteal calduccio delle rassicuranti redazioni. Abbiamo notatoil ruolo dei media, come la stampa e le televisioni italianeed estere hanno trattato le scottanti questioni dellebanlieux di Parigi. Ma sappiamo immaginare veramentecosa avverrà quando scoppieranno le baraccopoli del Suddel mondo? Viviamo in un unico mondo e dobbiamo cominciarea capire che i beni che ci sono, sono per tutti.Dai politici non aspettiamoci nulla. Poverini, hanno anch’essii loro padroni: potentati economici e finanziari.Noi dobbiamo divenire protagonisti: è la società civile chedeve diventare soggetto politico.ALEX ZANOTELLI

14INTRODUZIONE

Forse esistono tanti sud nel nostro Sud. Forse la questionemeridionale – e il suo carattere di emergenza storicapermanente – serve a qualsiasi potere politico. Forse unSud serve in ogni società. Forse è solo questa la verità e chei tanti, che si affannano a cercare soluzioni e vie d’uscita,non siano che i soliti politici estranei a qualsiasi interventostrutturale al Sud. Forse un Sud è utile ovunque. È utileper farci un gran pentolone di dannati, una serra di disperatiche produrrà altri disperati, un’arena di conflitti elotte intestine e grida e cortei, a condizione che non disturbinoi sogni tranquilli del resto del Paese. È utile per tenerciun bel po’ di giovani in attesa di lavoro, che scalpitanocome cavalli in gabbia, sempre pronti e disponibili atutti i lavori possibili e immaginabili, che la società dovesse

Page 6: Giulio Di Luzio

richiedere. È utile per metterci in fila schiere di disoccupatipronti ad accettare qualsiasi lavoro clandestino oentrare nella manovalanza della criminalità e farci quell’economiasommersa che assorbe migliaia di persone. È utileper farci tante guerre tra poveri, che si scannano davantialle telecamere e a un’informazione sempre più supina.È utile per farci sfogare ogni genere di umanità sofferentee disperata, la stessa che ritroviamo nelle pagine che abbiamoinnanzi e nei luoghi della miseria che qui sono descritti:è lo scenario che questo lavoro delinea davanti ainostri occhi e che ho cercato di raccontare e documentarecon rigore storico. Forse oggi è cambiato ben poco in queipaesini abbandonati e anonimi, che hanno segnato così15fortemente l’intera vicenda immigratoria italiana sul finiredegli anni ’80, fino a condizionarne la storia. Forse JerryEssan Masslo non doveva morire così presto, non foss’altroche per non sollevare tutto quel polverone e non disturbarela politica di casa nostra o per lo meno non dovevamorire in Italia, e tutto sarebbe stato rimandato chissàa quando e chissà a dove. Mentre rivedo la stesura definitivadi questo mio nuovo lavoro, penso veramente a qualescenario si sarebbe profilato in Italia senza la morte diMasslo e quale punto di rottura avremmo dovuto raggiungereper aprire gli occhi innanzi agli immigrati, peraltrogià presenti da anni nelle nostre fabbriche nocive a sostenerei lavori più luridi, per poi divenire improvvisamenteinvisibili e anonimi nelle nostre equivoche coscienzedi occidentali. E penso pure che quanto avete innanziin questo momento possa aiutare soprattutto giovani estudenti a comprendere come inizia la storia dell’immigrazioneitaliana. Certo è che la morte del giovane esulesudafricano di colore rappresenta il giro di boa per la visibilitàstessa delle migliaia di immigrati presenti nel nostroPaese a partire dai primi anni ’80. Ma quello spicchio diSud, posto in un mare di sud, poteva giocarsi la scommessadella sua riscossa proprio a partire dalla vicenda di JerryMasslo, delineando addirittura un nuovo orizzonte dellaquestione meridionale. Proprio così: ripartire da quei paesiniabbandonati come luoghi emblematici delMezzogiorno, per porre su un terreno più avanzato e maturola stessa battaglia meridionalista per l’affermazionedei diritti universali di cittadinanza. Una prospettiva cheavrebbe legato agli stessi destini una lotta comune, il dissestosociale del Sud alle condizioni di vita del bracciantatonero. Una miscela esplosiva! Ma nessuno l’ha voluto.Non l’ha voluto la politica, di ieri e di oggi, né un pezzodella società civile, strette entrambe nella morsa tra accoglienza

Page 7: Giulio Di Luzio

e paura, enunciazione di principi e rapporti reali,16proclami populisti e assunzioni di responsabilità e incapace,dunque, di mettersi in gioco fino in fondo. Né il giornalismoe il mondo dell’informazione, genuflessi alle compatibilitàdella politica, le sue omissioni, gli stereotipi culturalisugli immigrati e i copioni mediatici elargiti all’opinionepubblica.E allora ti rendi conto che la crescita del Sud può avvenirealla sola condizione di non essere imposta da altri, daicosiddetti tecnici al servizio della politica, economisti ebanchieri attenti alla competitività dei mercati, alle politicheindustriali e alle programmazioni negoziate, che quasiuniscono destra e sinistra, semmai con un sindacato tuttosommato disponibile ad accordi siglati con poca rappresentatività,come purtroppo succede. Per tutto questo, sidirà, qualche costo necessario per lo sviluppo del Sud bisogneràpure pagarlo, vale a dire devastazione ambientale,inquinamento industriale, azzeramento delle vocazioni delterritorio. È già successo nel Mezzogiorno, basti lanciareuno sguardo alle politiche industriale degli ultimi cinquant’anni.Succede ancora. Succederà! Mezzogiornod’Italia come Obiettivo 1, sento dai vari tiggì, dai megafonidella destra come dalle sirene della sinistra. Parlano delSud come area svantaggiata e di leve fiscali per favorirvi insediamentiindustriali. Parlano di contratti d’area per fardecollare il Sud. Ieri come oggi, oggi come domani! Mi assalela rabbia.Ma chi scrive e canta questo Sud non può cedere al ricatto,a questo gioco al massacro, che ti sfianca e ti allontanadalla partecipazione. La politica parla i linguaggi dellamediazione e dei compromessi, denuncia quando è conveniente,interviene quando è opportuno! La scrittura, no!La scrittura deve stare all’opposizione, sempre. Deve esserecapace di andare oltre l’appartenenza e le proprie barricate,oltre i festosi carri del potere politico, di ogni poterepolitico. Il luogo privilegiato della scrittura è la strada e le17sue storie, le tante strade che raccolgono le mille storie, ivolti, gli sguardi, i gesti di un’umanità che fatica, che cerca,che chiede, che scappa. La scrittura soffre e muorequando è riverita e gradita dal potere mediatico e politico,e con essa muoiono le storie, che non sarà più in grado diraccontare. Forse la storia che troverete in queste paginesta fuori dalle necessità imposte dalla modernità e dai suoivalori, che tutto spazzano via e tutto omologano e dunquefuori – e contro – dal tentativo di sbarazzarsi del ’900 edella sua storiografia, condizione necessaria e ineludibile

Page 8: Giulio Di Luzio

per annullare antagonismi e contraddizioni e soddisfarecosì la sete pacificatrice del revisionismo storico. Chissàpure che questo libro non dia fastidio, o per lo meno neurti la suscettibilità, alle schiere crescenti di quella nuovanomenklatura di politici, intellettuali, giornalisti, sindacalistie sociologi, che storceranno il naso innanzi a questepagine, pur dense di memoria e di interrogativi sulla storiasociale più recente del nostro Paese. Lo faranno soprattuttodi fronte al metodo di lavoro che sta dietro questepagine, la curiosità cioè di conoscere ciò che viceversa sitace, l’istinto di coordinare eventi anche lontani, la capacitàdi ricostruire un quadro d’insieme partendo da fattiapparentemente non organici. Schiere infastidite, presedall’impulso di azzerare e cacciare nell’oblio storie e responsabilità,lotte e memoria storica e quasi unire, in unabbraccio fraterno, carcerieri e carcerati, padroni e schiavi,razzismo e rispetto, segregatori e segregati, poliziotti bianchie loro vittime di colore, nel tentativo di ricompattarele fila di un Paese senza distinzioni di valori e di patrimonistorici, percorsi e provenienze. Ma questo lavoro guardain avanti e ci porta per mano in un’Italia rassicuratadalla sua storia più recente e certa che l’opzione dellaResistenza, quale culla dello Stato repubblicano e delle libertàcivili nel nostro Paese, rappresenti un sicuro antidotoalla deriva razzista e xenofoba, che pure sul finire degli18anni ‘80 fa capolino da nord a sud della penisola. Non saràcosì e non sarà facile, viceversa, per tanti italiani, accettarele diverse espressioni di intolleranza e vedere naufragarele tanto declamate virtù presuntive –popolo di migranti, poeti,eroi, navigatori, santi, ecc. – per poi scoprirsi razzisti, soprattuttodopo la morte di Masslo. Sarà ancora più imbarazzanteritrovarsi da popolo tollerante a popolo invaso daun numero esorbitante di immigrati, grazie anche ai copionimediatici (vedi la semplificazione mediatica“extracomunitario-clandestino-criminale”), ben sostenutida carta stampata e televisione con sistematicità, che coniuganomigrazioni a sicurezza e ordine pubblico, l’immigratocriminale a tutta la comunità di appartenenza e, per estensione,a tutti gli immigrati. Inevitabili i rimedi da proporree sostenere: stati di allerta, militarizzazione delle coste,emergenze varie e soglie di tolleranza, che in realtà hannosolo dimostrato l’assenza di serie politiche sociali.Quell’opzione civile doveva essere una sentinella di democrazia,un vaccino della coscienza collettiva contro il virusdell’intolleranza verso il diverso, ma non sarà sufficientee le cose andranno in un’altra direzione. Ma oggi questaopzione sembra essere stata rimossa di fronte ai tentativi

Page 9: Giulio Di Luzio

continui di attaccarne la legittimità storica e smantellarnele ragioni dall’interno. E allora tutto può essere messoin discussione, perché vengono meno essenziali punti diriferimento, si indebolisce il pensiero civile e… razzismo erispetto rischiano di perdere il loro carattere di opposizione.E chissà pure che tra qualche tempo Jerry Masslo nonvenga descritto come un giovane ribelle del Sudafrica, chevoleva cambiare il mondo…! E la sua morte? Una ragazzatafrutto del disagio…! E il Ghetto di Villa Literno, lavergogna raccapricciante della favelas italiana agli inizi degliAnni ‘90, dove per anni saranno ingabbiati come topicentinaia di immigrati di colore in condizioni disumane?Verrà forse considerata una forma dignitosa di accoglienza19per gente che si accontentava di poco…! Tutto sommato,episodi di periferia del Sud da dimenticare e verosimilmentetutto verrà forse rimosso e cancellato per sempre.Ma la storia di Jerry Masslo apre nuovi orizzonti per comprenderela vicenda immigratoria italiana e pone forti interrogativisul suo svolgersi. È capace anche di raccontarciun pezzo di storia contemporanea attraverso un sogno ecome questa illusione romantica, maturata tra le baracchecadenti di un Sud del mondo, sia poi precipitata nel nostroPaese con una forza impressionante. Ci apre le porteper ripercorrere la storia dei diritti civili degli immigrati inItalia, un percorso difficile che prende il via proprio a partiredal suo sacrificio. E allora Masslo ci è vicino con la suastraordinaria semplicità, capace di mettere in discussionele nostre buone coscienze e quelle dei tanti sinceri democratici,di cui sono lastricate le strade del pregiudizio e delsospetto. Non sarà facile accettarlo per tanti, per molti, pertroppi. Ancor oggi.È il brutale assassinio di Jerry Masslo, maturato in unospicchio abbandonato del nostro Sud, ma soprattutto ilsuo alto profilo politico di esule riconosciuto dall’AltoCommissariato per i Rifugiati dell’ONU, a suscitare emozionee rabbia in tutta Italia, mettendo tutti di fronte auna realtà capace di disegnare una vera e propria mappaitaliana dell’intolleranza. Sì… la mappa dell’apartheidmade in Italy! Sarà la morte violenta di questo giovaneesule, scampato alle carceri razzista del regime di Pretoriae al piombo dei poliziotti bianchi durante le manifestazionicontro il sistema segregazionista, ma trucidatonell’Italia nata dalla Resistenza in quel soffocante agostodell’89, a gelare l’opinione pubblica italiana e mettere inginocchio il mondo della politica del Bel Paese nello scenario europeo.Un’Italia che tutto sommato credeva – sbagliando – in episodimarginali di intolleranza in un Paese civile e vaccinato

Page 10: Giulio Di Luzio

contro il pregiudizio. Ma non sarà così. Saranno solo le20grandi manifestazioni di massa dei migranti e dell’associazionismosolidale, successive alla sua morte, i soggetti delvolontariato civile e politico, le lotte dei braccianti africani,i percorsi di mutualità e solidarietà espressi in quei primianni, le prime forme di accoglienza e soccorso verso ilbracciantato nero al Sud, ma anche le nuove forme di lotteautogestite di realtà ed esperienze politiche di base acondizionare la politica e le istituzioni, a chiederne l’interventoper rimediare ad anni di omissioni e sottovalutazioni,a imporre una sterzata e a chiedere alla politica, all’opinionepubblica e alle forze sociali attenzione e interventirapidi, fino a quel momento negati, di fronte a un fenomenotutt’altro che sconosciuto – in realtà rimosso esottovalutato – e alle mille storie invisibili di migranti emigrazioni. Nuovi soggetti politici capaci di mettersi ingioco e sporcarsi le mani di fronte alla vergogna delle condizionidi vita e di lavoro di migliaia di braccianti africaninel Sud Italia e all’immobilismo dei Palazzi della politica.È utile sottolinearlo per fare tesoro di quegli anni, tra ilgrigiore della politica e l’originalità di quella stagione militanteper centinaia di giovani. Una stagione che indicaancor oggi un viatico da percorrere di fronte alla doppiezzae ai proclami equivoci di parte della sinistra italiana intema di immigrazione e accoglienza. Un’esperienza cioè darecuperare per condizionare, oggi più di ieri, le scelte politichee dare voce a quelle realtà di base della società civileche preferiscono l’azione diretta, la partecipazione dalbasso, l’autonomia delle lotte e delle mobilitazioni.Ma la nostra coscienza civile tanto sbandierata, spessoalibi sotto cui nascondere ogni genere di buchi neri nellenostre relazioni con gli altri e vieppiù coi diversi, come crescequesta coscienza civile? Come cresce, mi chiedo incredulo,se il pensiero che l’alimenta ci rassicura che gli immigratisono pochi – e quindi possono stare – a fronte dichi afferma che sono molti – e quindi devono andar via –21ma entrambi, pur schierati in diverse aree politiche, uniti dallastessa filosofia dell’esclusione, che ritiene l’immigratoqualcosa da amministrare all’interno delle cosiddette sogliedi tolleranza e quote di ingresso, che consentono diacquisirne solo la parte utile per i nostri lavori più sporchi?Naturalmente pochi e molti non significano nulla senza unparametro di riferimento e non hanno nulla di scientifico– viceversa nel reale sociale vale ciò che si fa credere, perchéin gioco non è la credibilità scientifica ma la preziosamerce del consenso – a parte la condivisione dell’idea di

Page 11: Giulio Di Luzio

soggetto estraneo a diritti di cittadinanza, ma la semplificazionegiova a saziare e intercettare il senso comune, arassicurare le nostre ansie e i nostri spazi vitali, a barricarcidietro l’idea, più condivisa di quanto si creda, della scarsità– e dunque dell’indivisibilità – delle risorse disponibili.Come dire, mandiamone via una parte, dopo aver presoquelli che ci servono…! E di colpo la vulgata del pregiudiziosi ricompone! Poco importa se la filosofia dei pochi-moltisottenda la negazione della titolarità dei diritti che, oci sono per tutti o non ci sono. Poco importa se i dirittinon siano rispettati, e anzi calpestati e negati, salvo poi riconoscereall’immigrato alcune concessioni, che in realtàfanno semplicemente proprio il pensiero fondante dellepolitiche sull’immigrazione, a destra come in una partedella sinistra, cioè una filosofia di chiusura, dalla vergognadei centri di detenzione, i cosiddetti Centri di PermanenzaTemporanea ideati da quella sinistra, alla sequela dei provvedimentieccezionali per arginare l’immigrazione clandestina,alle scelte apertamente repressive della destra.Peccato che non siano passati poi molti anni da quandoquella stessa parte della sinistra, che ha istituito i Cpt graziealla cosiddetta legge Turco-Napolitano – e continuaimbarazzata oggi a difenderli – coniugava la parola sicurezzaalle parole lavoro, salute, ambiente, mentre oggi, rincorrendole linee securitarie della destra, preferisce conce-22pirla come sicurezza dal diverso, incarnando in tal modo iluoghi comuni più beceri, anziché combatterli: è la sconfitta della politica!Ma le numerose baraccopoli che brulicano lungo lecinture delle nostre metropoli, nelle aree industriali dimesseda destinare a centri commerciai e direzionali, tragli accenti di nuove generazioni di migranti provenienti daaltre aree del mondo, secondo gli sconvolgimenti storici epolitici in atto, ci ricordano che è ora che le minoranze saziedei Paesi ricchi si rassegnino al monopolio esclusivodella ricchezza, perché presto esse saranno infastidite nelsuo godimento dalle grida di quella maggioranza affamatache scappa dal Sud del mondo. Quando? Quando le periferiedelle metropoli e le baraccopoli dei tanti Sud scoppieranno.Ben presto!G.D.L.23

A UN PASSO DAL SOGNOSONO QUI

Sono quinel cimitero di Villa Literno.

Page 12: Giulio Di Luzio

Quisepolto sotto una croce senza nome.Non vedo,non vedo altro che un cielo di terra,ma sento,sento ancora il mio nome là sopra.“Jerry!” mi chiamava mia madre,tra gli stracci d’una baracca di Soweto,il latrato dei cani poliziotto,le ruspe sulle lamiere del tetto.“Jerry!” mi chiamava mio padree cadeva, la faccia sulla terra,le braccia intorno a quel mio bambino,pallottole dum-dum, fruste dei bianchi.“Jerry!” mi chiamava il padrone.La mattina era chiara sopra i campi del pomodoroe la cassetta pesavacome un’offesa alle mie speranze.“Jerry!” mi chiamava il mio amico,chino su di me sanguinante,mentre un “balordo” fuggivacon le mie poche lire d’immigrato.26Troppo ho usato la testa,troppo ho chiesto di non odiare.Quello che avevo visto al mio paese,non volevo vederlo qui nel vostro:non me l’ha dato un uomo il mio colore.Non me lo toglierete: è una bandiera.Omaggio a Jerry Essan MassloVilla Literno (Caserta), 28 agosto 198927COS’È UN SOGNO?Quando scappi dalla tua terra, che divide gli uomini,ditemi voi… che assistete immobili,cos’è un sogno?Quando il ferro t’imprigiona e il sole non ti riscalda…allora, dimmi tu… che detti la legge,cos’è un sogno?Quando ti batti per un’idea e preghi per quell’idea, ditemivoi… che scrivete supini, cos’è un sogno?Quando muori dentro e altri tuoi fratelli cadono nelle piazzedelle idee… allora, dimmi tu… che sezioni la mia storia,cos’è un sogno?Quando le nostre deboli ed equivoche coscienze preferisconoil silenzio alla denuncia …allora, io vi chiedo…cos’è un sogno?

Page 13: Giulio Di Luzio

Quando i bianchi e i neri sono diversi, allora, ditemivoi… che siete la politica che langue,cos’è un sogno?Quando credi di incontrare la libertà e vi trovi un ghetto…allora, dimmi tu… che educhi alla fede,cos’è un sogno?Quando pensi di dormire ma vegli solo per sopravvivere,ditemi voi… uomini in divisa ma senza grembo,cos’è un sogno?Quando senti, dieci, cento, mille volte… sporco nero…allora, dimmi tu… fratello bianco,cos’è un sogno?Quando sogni la libertà, ditemi voi… che cantate comodila libertà,cos’è un sogno?28Quando hai gli occhi aperti e sogni… allora… io vichiedo…cos’è un sogno?Quando sogni… e altri sognano…e tanti ancora sognano…allora, io vi dico… fratelli,che comincia la libertà!L’Autore29

ARRIVANO…!È l’autunno dell’89 quando la prima ricerca nazionalesul fenomeno immigratorio in Italia, realizzata dall’ISPES– Istituto di studi politici, economici e sociali – stabilisceche la maggioranza degli immigrati di colore giudica l’italiano“indifferente, ostile e razzista”. Si tratterà di una ricercaattendibile e rigorosa condotta su un campione di1.200 persone, che scuoterà la buona coscienza dell’opinionepubblica del Bel Paese di fronte al milione circa diimmigrati stimati all’epoca in Italia. Soprattutto, per spiegarnei risultati, bisognerà fare un coraggioso passo indietroper scoprire gli elementi di un nascente e sommersorazzismo all’italiana, una specie di sveglia improvvisa chesconvolgerà i tranquilli sogni degli italiani, soprattutto diquelli convinti che vivere in una Repubblica nata dallaResistenza rappresenti un valido antidoto alla deriva xenofoba.È uno sfondo triste quello che si presenta innanziagli occhi sul finire di quegli anni ’80: racconta lo stillicidiodi piccoli e grandi episodi di intolleranza e violenzadiffusi un po’ in tutta la penisola ai danni di persone di colorein quel decennio, soprattutto nella sua seconda metà,che poi peserà tanto sulla percezione della reale portata esulle prospettive dell’immigrazione italiana, delineandone i nuovi

Page 14: Giulio Di Luzio

caratteri per gli anni a venire. Proprio in quegli anni si segnalanofatti di insofferenza, discriminazione più o menovelata o aperto razzismo nel fior fiore di grandi e civili cittàitaliane, da Verona a Firenze, da Rimini a Udine, daMilano a Pisa, a Torino. È proprio nel capoluogo piemonteseche si costituisce addirittura una “Lega contro la drogae contro l’emigrazione irregolare del Terzo Mondo”. Le31istanze autonomiste più rozze e apertamente xenofobe comincianoa farsi strada e a coagularsi come grumi propriointorno al fenomeno immigratorio. Sono episodi che riguardanoi vu cumprà della costa adriatica ma anche rapportidi lavoro con immigrati considerati con disprezzo daclienti di bar e aziende, fino a convivenze ritenute difficilitra condomini in presenza di gente di colore. A Palermonel gennaio ’89 viene aggredita la giovane poliziotta somalaDacia Valent, poi divenuta europarlamentare delPCI. Solo quattro anni prima a Udine viene massacratocon sessanta pugnalate suo fratello appena quindicenne dadue compagni di scuola appassionati lettori del testo“Mein Kampf”. Sempre all’inizio dell’89 a Firenze vienepestato a sangue il giovane somalo Osman Ibrahim all’uscitada una discoteca, mentre a Napoli un gruppo di teppistiferisce un etiope. E poi, nella ricca Lombardia, nellaMilano da bere di quegli anni ’80, il trattamento riservatoal giovane senegalese Paap Khouma, picchiato dalla poliziaitaliana. La vulgata razzista non risparmia i “terroni”,esponenti di quella parte del Sud del mondo molto più vicinaa noi: l’8 luglio dello stesso anno a Verona il marescialloAchille Catalani, pugliese di 51 anni, è massacratoe ucciso di botte da due veronesi.È nel biennio 1983-1985 che l’Italia registra un rafforzamentodell’ondata immigratoria, ma è dall’87 e soprattuttodall’anno successivo, forse anche dopo le limitazioniagli ingressi adottate da Francia e Germania, che il fenomenodiviene massiccio, dunque visibile e ingombranteanche agli occhi di chi non vuol guardare. Il Trattato diShengen verrà siglato infatti nell’85 tra Germania,Francia, Lussemburgo, Olanda e Belgio. Al dicembre ’88risultano 600mila gli immigrati censiti dal Viminale inpossesso di permesso di soggiorno, ma il dato ne trascuraaltrettanti irregolari. Ogni etnia prenderà posto in unospicchio ben definito del Paese, i nordafricani, dice32l’ISPES, in Sicilia, le capoverdiane, gli etiopi e i somali aRoma, i senegalesi nelle zone industrializzate del nord, soprattuttonel bresciano. Infine i centroafricani a VillaLiterno, Castel Volturno e lungo il litorale domiziano, nel

Page 15: Giulio Di Luzio

casertano. Sarà proprio Villa Literno l’indicatore più fedeledei diversi episodi in quella triste mappa dell’intolleranzain Italia, ma anche l’epicentro degli avvenimenti destinatia mutare il volto dell’immigrazione nel futuro. Graziea intensi processi di bonifica, che interessano l’intera areapaludare del Volturno, a ridosso di Casal di Principe,Castel Volturno, Villa Literno (qui nasce l’espressionedialettale dei “mazzoni” per indicare quel territorio), ilpaese dà impulso in quegli anni a una ripresa dell’attivitàagricola, divenendo crocevia e punto di smistamento diforza lavoro per l’intero territorio. Il paesaggio agricolo tipicodegli anni ’70 muterà aspetto. Le ricche coltivazionidi piante di pesco, le grandi distese di ortaggi e barbabietolada zucchero dovranno fare i conti rapidamente conl’assenza di impianti di trasformazione del prodotto, mentrela produzione del pomodoro, l’oro rosso, si estende inesorabilmente,forte della presenza di stabilimenti di lavorazionee di un mercato regolamentato dalla Cee e sostenutodai contributi dell’Aima, che pagherà fino a 250 lire ogni chilogrammo di pomodoro raccolto. Il costo dellavoro di un bracciante marocchino, tunisino o sudanesenon supera le 40, 50 lire! La posta in gioco è troppo allettante.Il mercato è altamente competitivo, i braccianti delposto sono insufficienti e nessun giovane dell’aversano,che registra un tasso di disoccupazione tra i più alti dell’interaCampania, si sogna di accettare simili condizionidi sfruttamento. Ai pochi lavoratori locali, dunque, si aggiungono,fino a sostituirli negli anni seguenti, bracciantiimmigrati africani. Il processo è esponenziale anno dopoanno, tanto più che l’agricoltura intensiva, in particolarela raccolta del pomodoro, ha esigenze di manodopera con33punte molto elevate in un ristretto arco di tempo, al massimoun paio di mesi. Sicché la richiesta di braccia per laraccolta divengono urgenti, ma le distanze per il pendolarismobracciantile diventano eccessive e impraticabili.L’unica soluzione è quella di far confluire in loco manodoperaaggiuntiva, in modo da soddisfare le richieste per ilperiodo necessario. Gli immigrati rappresentano la soluzionea portata di mano, tanto più che le decine di proprietaridi seconde e terze case sulla costa domiziana si diconopronti a fittarle agli africani, non foss’altro che persottrarle all’eventualità della requisizione in favore dei senzatettodel terremoto dell’80. Un pericolo, quello della requisizione,che si può scongiurare facendole trovare “occupate”,semmai da chi si potrà cacciare da un giorno all’altro,passata la nottata. Niente di cui meravigliarsi se itanti africani aspiranti braccianti, diretti nel casertano,

Page 16: Giulio Di Luzio

grazie a un efficiente sistema di passa-parola, vi giungerannofin dai primi anni ‘80 con un foglietto ben strettoin mano e su scritto: Castel Volturno. È un andamentoprogressivo quello che porta nell’agro aversano, e lungo illitorale domiziano, Mondragone, Castel Volturno, fino aVilla Literno, migliaia di africani in quegli anni per il lavoronei campi.All’inizio vi giunge un consistente gruppo di ghanesi,che comincia a farsi strada nel mercato delle braccia locali.Sono soprattutto maschi, che troveranno una qualcheoccupazione anche nel settore della ristorazione e nell’edilizia.Dall’84 arrivano anche le donne del Ghana: lavorerannocome colf. Ma è col lavoro stagionale della raccoltadel pomodoro, che la presenza del bracciantato di colorediventa di proporzioni considerevoli, raggiungendo peresempio punte di 4-6.000 immigrati africani nel comunedi Villa Literno, che all’epoca conta già circa 10mila abitanti.A partire dai quei primi anni la presenza di immigratidi colore sul territorio cresce anno dopo anno con rit-34mi esponenziali, fino a porre interrogativi sulla reale tenutae sulle modalità di assorbimento da parte di paesi e diun tessuto sociale che vivono condizioni di disagio strutturali.È lo scenario tipico di questo spicchio arretrato diSud che i nuovi arrivati si trovano di fronte, uno scenariofatto di sistemi fognari da Medioevo, acqua insufficienteerogata col contagocce in poche ore della giornata, chenon giunge neanche ai primi piani dei condomini, assenzadi marciapiedi, servizi sociali inesistenti, nessun presidiosanitario, viabilità del tutto inadeguata se non inesistente,trasporti pubblici e case notevolmente al di sottodelle esigenze dei residenti. Villa Literno e i suoi 10milaabitanti, strangolato dai debiti, dove non esistono elenchidi contribuenti e non esiste traccia di impianti sportivi oluoghi di cultura o cinema – ma trovi viceversa la consuetasala a luci rosse – tranne qualche coraggiosa parrocchiadi frontiera, come quella di San Nicola di Bari a Casal diPrincipe, due passi da Villa Literno, con alla testa il giovaneparroco don Peppe Diana, guarda caso trucidato dallacamorra cinque anni dopo, il 19 marzo del ’94 per essersispinto al di là della catechesi, con la sua denuncia puntualee coraggiosa, che sottrae giovani alla rete soffocante e allamanovalanza della camorra. La presenza silenziosa e invasivadella criminalità organizzata controlla infatti ogniattività in un territorio colonizzato dai clan, in cui il climadi illegalità diffusa e l’assenza del senso dello Stato annullanoi diritti di cittadinanza e ogni speranza nel cambiamento.La politica non dimostra di essere all’altezza delle

Page 17: Giulio Di Luzio

emergenze e delle priorità maturate in decenni di mediocreamministrazione di tanti comuni del casertano. In pochianni il territorio diviene un paradigma attraverso cuileggere l’impennata del fenomeno immigratorio in Italia,ma anche il fronte dei primi conflitti e delle prime contraddizioni.Villa Literno diviene in tal modo la capitalenazionale del bracciantato di colore. Dall’estate dell’85 in35poi la sua presenza cresce a dismisura e contestualmente siregistrano episodi, che dalla semplice insofferenza, comincianoa scivolare nell’intolleranza prima e nella aperta discriminazionepoi. Il quadro si fa grigio. L’incomunicabilitàcomincia a serpeggiare tra gli immigrati e la gente di VillaLiterno. Nelle sue campagne infatti se ne raccolgono acentinaia, fino a punte di cinquemila e oltre tra luglio eagosto durante la raccolta del pomodoro, stipati in casolariabbandonati e fatiscenti, senza acqua, senza servizi igienici,senza luce, in palazzine abusive sotto sequestro o rintanatiin sottani destinati agli animali o in cantieri edilichiusi in agosto, oppure per strada o rannicchiati tra le lamieredi auto da rottamare o raccolti su se stessi tra i cartonisulla piazza del paese durante le poche ore di sonnoche li dividono dall’inizio della giornata di lavoro. È unpugno nello stomaco per la civile Italia. Quella piazza, entratanell’immaginario dei braccianti neri, è la Rotonda diVilla Literno, la cosiddetta piazza degli schiavi, come la ribattezzerannoquei media più attenti alla spettacolarizzazionedegli eventi che non alla reale comprensione del fenomenoe alla ricerca delle vie per uscirne. In realtà dipiazza c’è ben poco e lo spazio esistente è occupato dallasegnaletica stradale, ma l’appellativo dato a quel croceviadi strade deriva dal fatto di essere stato storicamente il luogotradizionale di ritrovo del bracciantato locale, visto cheVilla Literno rappresenta sul territorio un importante snodoviario e ferroviario. Da sempre vi giungono contadinidai paesi limitrofi, per poi dirigersi sui campi di lavoro.Un luogo quindi che si è sempre prestato alla funzione diraccolta delle braccia con la sua posizione strategica capacedi collegare l’entroterra al mare, fino al capoluogo campano.Per questo diverrà il luogo in cui si daranno appuntamentoalle prime ore dell’alba centinaia di immigrati perla conquista della giornata di lavoro sui campi. È il postoda cui si parte notte tempo con furgoni scassati zeppi uo-36mini di colore alla volta dei campi a volte distanti ore diviaggio. È il luogo simbolico del bracciantato africano nelsud. Ma anche l’indicatore delle reali, disumane e inaccettabiliper una società che si dice civile, condizioni di sopravvivenza di

Page 18: Giulio Di Luzio

uomini in carne e ossa, di volti e corpi in cui puoi leggerela speranza, il dolore, l’aspirazione alla dignità e al rispetto,l’anelito a una vita affrancata dal gioco della miseria edalla persecuzione nella propria terra e dalla discriminazionenel nostro Paese. È il luogo in cui concretamente peranni saranno reclutati migliaia di immigrati di colore senzaalcuna garanzie, neanche della stessa paga. Non c’è infattialcuna contrattazione e tutto avviene ala cieca, cosìcome accadeva negli anni ’50 nel sud Italia, in particolarein Puglia, ad opera dei caporali verso i braccianti di Brindisio Lecce. A fine giornata si confida sulla “buona volontà”del caporale, in genere personaggi minacciosi e armati,spesso collusi con la camorra locale, che di fatto autorizza,per così dire, l’attività di reclutamento delle braccia nere.Col passare degli anni tra di loro troveremo anche immigrati.Condizioni di sopravvivenza estreme dunque per ibraccianti africani, che porteranno alcune decine di loro atrovare riparo durante la notte in alcuni loculi del cimiterocomunale. La stampa nostrana starnazza ipocritamenteil clamore della notizia. In realtà la notizia non esiste o perlo meno fa semplicemente il paio con le condizioni bestialidi vita dei braccianti neri, se solo consideriamo che moltigiovani immigrati in quel periodo estivo dormono a terrao sulla piazza di Villa Literno, accartocciati in spezzoni dicartone. La circostanza fa raccapricciare la buona coscienzadell’opinione pubblica, la stessa che preferisce nonguardare in faccia la realtà di fronte al pugno nello stomacorappresentato dalle condizioni del bracciantato di colorenella loro società civile. I carabinieri smentiscono ma ilproblema esiste. Anche gli episodi di intolleranza vengonopuntualmente minimizzati, se non sottovalutati o addirit-37tura negati clamorosamente. Il caso raggiunge visibilitàsulle pagine dei quotidiani nazionali. Intanto i lavoratoriimmigrati si attestano tra le sei e le ottomila unità traCastel Volturno e l’agro aversano, pochi quelli in regola colpermesso di soggiorno. Tra quelli che ne sono in possesso,una parte preferisce continuare il viaggio al nord, per cercarelavoro nelle concerie toscane e venete o nelle fonderiee fabbriche metalmeccaniche lombarde.38LE MORTI NERE

In questo clima di approssimazione, che vede da un latola speculazione mediatica e dall’altro la paralisi dellapolitica e della cosiddetta società civile, capace solo di indignarsi,il 4 dicembre dell’86 la camorra uccide senzatroppi complimenti due giovani immigrati, ThomasQuaye e Gorge Anang, trucidati a Castel Volturno e fatti

Page 19: Giulio Di Luzio

ritrovare cadaveri nel centro del paese come chiaro ammonimento.La polizia parla di omicidi maturati nell’ambientedella tossicodipendenza, ma le circostanze non sonomai state chiarite. I presunti esecutori verranno arrestatiqualche settimana dopo, ma saranno rilasciati per insufficienzadi prove. È il primo fatto di sangue che si verificaai danni di immigrati di colore. Non sarà l’unico.Tanti altri ne seguiranno in un’area, il litorale Domiziano,che negli anni futuri assumerà quei caratteri di terra difrontiera e area di extraterritorialità, impunità e illegalitàdiffuse, lungo quei ventisette chilometri che costeggianola costa, tra i cosiddetti mazzoni e un mare inquinato dagliscarichi dei caseifici di mozzarella di bufala. Benvenutinel cuore della camorra, ove la domiziana non è solo unlunghissimo rettilineo anonimo, ma una città che affiancaCastel Volturno, un sobborgo di Napoli, un enormequartiere dormitorio popolato dalla nuova miseria.Immigrati e non solo, in un pezzo di terra sottratto aqualsiasi regola di convivenza, che non sia quella della camorralocale, che controlla tutto, prostituzione, spacciodi droga, latitanti, immigrati clandestini e tossicodipendentiin quel groviglio di villini a schiera uguali uno all’altro,abitati in estate da gente proveniente dalle perife-39rie di Aversa e Napoli, e camuffati in una grande pineta,che sembra fatta apposta per nascondere quell’umanità infuga dalla miseria e dal dolore e finita lì, forse nell’ultimafermata di quella carovana di dannati.I palazzoni anonimi e indifferenziati del VillaggioCoppola Pinetamare, sulla domiziana, sono il risultatodella feroce speculazione edilizia degli anni ’60 e ’70. Larelazione di quegli anni di Legambiente segnala il complessoedilizio come uno degli eco-mostri italiani. Decinedi attività commerciali, palazzi, ristoranti sono stati costruitisu suoli del demanio pubblico. Il degrado, tra lidibalneari abusivi e case abbandonate, è il termometro concui misurare questa città nella città di Castel Volturno. IlVillaggio Coppola Pinetamare, già occupato dai senza casadi Pozzuoli e Napoli, in seguito al terremoto del 23 novembre1980, dai primi anni ’90 ospiterà, nelle secondecase di casertani e aversani, i primi immigrati che si insedierannoe diverrà anche sicuro luogo in cui nasconderespacciatori e camorristi latitanti, bianchi e neri.Solo otto mesi dopo, nell’agosto dell’87, FouadKhaimarouni, giovane manovale marocchino “cade” dauna palazzina in costruzione a Villa Literno, in cui contutta probabilità trova riparo durante la notte insieme adaltri immigrati. Le circostanze della sua morte non saranno

Page 20: Giulio Di Luzio

mai chiarite. Lo spettro dell’intolleranza si appiattiscecome un’ombra sinistra sul paesino casertano.L’amministrazione locale, una giunta DC-PCI, tenta unavia d’uscita chiedendo aiuto alla politica nazionale ma daRoma non giungono segnali: le vicende di Villa Liternosono percepite nella capitale ancora come deboli segnali dilamento. Una sottovalutazione dolosa che produrrà risultatisconvolgenti, drammaticamente.Intanto nel giugno dell’88 i braccianti immigrati diVilla Literno, Mondragone e Castel Volturno, coscienti delclima che si respira, corrono ai ripari e costituiscono co-40raggiosamente il primo embrione di autorganizzazionesindacale, il Coordinamento delle comunità africane dellazona domiziana. È un momento centrale per la costituzionedel movimento bracciantile nero. Lanciano immediatamenteun appello alla comunità bianca, un urgente messaggio,ma anche una denuncia civile sulle condizioni divita e di lavoro, che chiameranno significativamente maanche profeticamente:“Prima che sia troppo tardi…” un segnale che purtropposarà ignorato:“Noi africani delle comunità dell’area domiziana vogliamorestare per contribuire al futuro del vostro paese,per costruire insieme il vostro e il nostro benessere in unclima di pace, di solidarietà, di uguaglianza, di libertà e digiustizia sociale”.Chiedono l’applicazione della legge 943 dell’86 sullaregolarizzazione dei lavoratori immigrati – di fatto con lalegge 943 si inaugurerà in Italia la stagione delle sanatorie– e invocano i diritti costituzionali in un Paese che scontai ritardi legati all’assenza di una normativa organica in temadi immigrazione, un Paese che scopre in quegli anni intutta la sua portata e profondità il fenomeno, ma non disponedi strumenti con cui intervenire. Chiedono pure subitocase e assistenza sanitaria. Chiedono per esempio l’utilizzodei container fermi nel campo di Capua, gli stessida utilizzare in caso di calamità naturali.“Questo è proprio impossibile -risponderà con solerziail prefetto Agostino Stellato- Se poi, Dio non voglia, cifosse davvero una calamità, i senzatetto dove andrebbero afinire?” Non solo, ma il vice-prefetto Giuseppe Urbanirincara la dose, affermando con toni illuminati:“Se si costruiscono delle strutture c’è anche il rischioche il fenomeno diventi più massiccio”. In fondo, megliofarli morire e crepare come bestie, vien da dire per seguirequel filo logico! Parole sconcertanti in cui senza grande fa-41

Page 21: Giulio Di Luzio

tica è possibile scorgere un chiaro invito istituzionale all’indifferenza,se non all’intolleranza! Risultato? Gli episodidi intimidazione contro gli immigrati si ripetono, ilpaesino casertano fatica a reggere il carico di migliaia digiovani braccianti in un’area che, solo per dare l’idea delvuoto di servizi sanitari, conta 80mila abitanti tra sette comuni,compreso Villa Literno e dove l’Usl 19, competenteall’epoca, non dispone né di ospedale, né di pronto soccorso,né di un telefono per la guardia medica, né di unmedico scolastico, una comunità del Sud dove i poliambulatoriprogettati non sono mai entrati in funzione.Intanto monta, tra spietato cinismo e guerra tra poveri, lacieca speculazione ai danni degli immigrati: dal posto lettoin casolari di fortuna, la cosiddetta cuccia, alla docciaapprontata in alcuni sgabuzzini sgangherati da un rosticcieredi Villa Literno, che raddoppierà il prezzo tra luglioe agosto per gli africani, ma si consolidano anche i luoghicomuni, per esempio sulla loro salute, come l’abitudinedei baristi di fornir loro bevande in bicchieri di plasticaper timore della trasmissioni di malattie o il divieto di ingressoimposto in alcun bar. L’intolleranza diviene ciecaumiliazione, ma anche divertimento. Si diffonde il giocodei “birilli”, cioè l’abitudine di “puntare” i neri sulla stradacon auto lanciate a tutta velocità, per poi colpirli. Intanti finiranno in ospedale. In questo clima il 30 settembre1988 il giovane tanzaniano Juma Iddi Bayar viene trucidatoa Mondragone, sulla costa domiziana. Secondo gliinquirenti si sarebbe trattato di una “lezione”, di un mònitorivolto ad altri immigrati, forse per l’utilizzo abusivodi casali e palazzine dismesse di campagna di proprietà diqualche camorrista. Il messaggio è chiarissimo e non esigecommenti. Il controllo del territorio da parte della camorraè scientifico e capillare. Comincia a serpeggiare un climadi paura, a ragione.Ma l’estate ’89 è alle porte. Si annuncia un raccolto di42proporzioni eccezionali per il cosiddetto oro rosso. Lapressione di immigrati africani è molto forte, non meno dicinquemila braccianti di colore. Anche la stampa gioca unruolo nella vicenda di Villa Literno, ma più nel lanciare allarmie cercare lo spettacolo mediatico per vendere qualchecopia in più o alzare di qualche punto l’audience, chenel condurre inchieste serie e approfondite, in ciò corresponsabilenella definizione di quel clima di intolleranzache si respira a Villa Literno. Solo per dare un’idea dellaqualità del lavoro svolto dai media, basti riflettere su cronacheapprossimative, spesso centrate su domande tantobanali quanto strumentali, rivolte dai tanti cronisti schizzati

Page 22: Giulio Di Luzio

in quei mesi nella cittadina casertana, dopo aver ipocritamenteignorato per anni le deboli voci di denuncia levateda una sua parte irriducibile alla legge della camorra.Domande rivolte alle donne di Villa Literno presenti sullaRotonda, la cosiddetta piazza degli schiavi, domandedel tipo:“…ma lei lascerebbe sposare sua figlia con un immigratonero…?”!!!…dove l’immigrato in questione non è certamentel’uomo d’affari dell’aristocrazia nera americana o il divo dicolore delle cronache patinate o del pettegolezzo televisivo,circostanza che avrebbe portato a ben altre risposte,bensì il povero bracciante che dorme tra i cartoni o nei casolarisudici delle campagne o sulla stessa piazza deglischiavi, senza servizi igienici, luce, acqua, fornelli, nulla…!Le prevedibili risposte verranno poi utilizzate come indicatoridi razzismo con titoli a sei colonne, una vera e propriaoperazione di sottocultura concepita tra copioni mediaticie categorie etnocentriche, che non gioverà al buonnome della stampa e dell’informazione del nostro Paese.L’intera vicenda sarà una brutta pagina per il giornalismoitaliano, più propenso ad agitare le scuri del razzismo chea fare inchiesta su aree degradate sottratte alla legalità e43prive di essenziali servizi sociali, interi paesi con una presenzainvasiva della camorra nel tessuto sociale, dove i giovani“giocano” a impallinare con le loro rivoltelle i segnalistradali, dove alle otto di sera è arduo avventurarsi per lestrade e una rapina è motivo di vanto per i giovani. Il piccolocomune è isolato, molti giornali lo definiranno razzista,ma quella semplificazione non gioverà a nessuno, néalla comprensione del fenomeno e alle sue dinamiche inatto a Villa Literno, né all’ipocrisia di un’opinione pubblicanazionale che rassicurerà i suoi impulsi civili pensandoa un paesino meridionale e arretrato in un’Italia tuttosommato solidale, né alla classe politica romana per cui ilproblema, semplicemente, non esiste. E le migliaia di giovanibraccianti di colore? Ufficialmente non ci sono! VillaLiterno si divide sulle modalità di accoglienza e su quel po’che è possibile fare nel vuoto strutturale di servizi. Nel ritardodi interventi il 6 aprile dell’89 Ben Alì Hassen, giovanetunisino di 26 anni, viene massacrato in un circoloricreativo di Casal di Principe, comune del casertano ad altadensità camorristica. Il movente non sarà mai chiarito.Gli inquirenti parlano di traffico di immigrati.44UNA CONVIVENZA POSSIBILE?Il 29 aprile dell’89 l’Amministrazione comunale di

Page 23: Giulio Di Luzio

Villa Literno organizza un convegno dal tema:L’immigrazione di colore in un comune meridionale conla partecipazioni di esponenti della Caritas, del sindacato,del mondo politico. L’occasione serve per rilanciare l’ideadell’Amministrazione comunale di un progetto di accoglienzaper immigrati, da sostenere grazie all’art. 23 dellafinanziaria. Il progetto, una vera e propria goccia in unmare di bisogni, prevede un centro con tre sale dormitorio,diciotto posti letto, una mensa, uno spazio per le attivitàteatrali, una piazzetta e un campo da gioco con le bocceper una spesa di due miliardi di vecchie lire. L’obiettivoin realtà, al di là pochi posti letto, è quello di rendere visibileall’attenzione della Regione Campania e delle istituzionil’esistenza del problema a Villa Literno. L’idea incontreràuna vasta area di opposizione e porterà il mesesuccessivo a una raccolta di firme dal contenuto chiaramentexenofobo: Via i negri dalle nostre case. Alla testatroviamo i fascisti della sezione “Folgore” del MSI e qualcheesponente locale del PSI, tra cui l’ex sindaco e segretariodella sezione locale del PSI, Vincenzo Tavoletta, lostesso che ritroveremo i primi di febbraio del ’90 sul palcodi una manifestazione del MSI dichiaratamente razzista,indetta con la parola d’ordine: Fuori i neri da VillaLiterno, a tessere le lodi del “camerata Abbatangelo”, cosìdirà, presente alla manifestazione. L’idea del centro di accoglienza,l’albergo dei neri, come verrà subito ribattezzatodai promotori della petizione anti-immigrati, non troveràconsensi e cadrà nel vuoto. Non solo, ma si accentua45il clima da caccia al nero, che porterà in quei mesi diversiimmigrati a scappar via da Villa Literno, mentre i tanti rimastiinvece passeranno notti insonni di fronte all’impennatadi rapine e aggressioni ai loro danni. Un clima chepunterà anche a identificare tout-court la presenza degliimmigrati con lo spaccio di droga e la prostituzione, giungendofinanche a contestare l’azione di accoglienza dellaCaritas di Castel Volturno. Un'operazione di spietataomologazione, che non richiede commenti! Qualche sindacalistaincappa nella vulgata xenofoba, fino a dire, attraversole parole di un esponente della federazione edile:“Qui mancano gli spazi… stiamo male noi, figuriamoci sedobbiamo accogliere anche loro…” subito smentito dallasegreteria di Caserta della Cgil, che condannerà “senza riservela petizione contro gli immigrati come atto di assurdadiscriminazione razziale”.La tensione si taglia a fette in paese. Il 3 giugno dell’89un altro tunisino, il trentunenne Abderrhmann Meftah,viene ucciso in un altro circolo ricreativo, nel vicino comune

Page 24: Giulio Di Luzio

di Cancello Arnone. Si tratterà, lo sostiene anche lamagistratura, di una fatale casualità. Il vero obiettivo deisicari è infatti il gestore del circolo. Morirà anche lui sottoi colpi delle pistole della camorra. Due settimane dopo, il18 giugno, il marocchino Baid Bouchaid, poco più chetrentenne, viene massacrato a fucilate a Casapesenna daun pensionato quasi ottantenne. La “colpa” del marocchinoè di abitare troppo vicino al pensionato!.I primi tre giorni di luglio dell’89 la Cgil organizza unmeeting itinerante sul litorale Domiziano, traCastel Volturno, Villa Literno e Mondragone dal titolo: Icolori della razza umana. Sotto il palco, un grande striscionecon su scritto: I diritti dei lavoratori extracomunitari,sembra proprio un affronto per quella parte del paese, certamenteminoritaria, che ha sostenuto la petizione controi neri. Ma la Cgil ha scelto di fare la sua parte, certa che a46Villa Literno si gioca una partita decisiva sul terreno deidiritti sul lavoro e per di più in un contesto interno e internazionaleche produrrà lacerazioni e strappi sconvolgentisul piano degli equilibri politici. Antonio Pizzinato,segretario nazionale della Cgil fino all’anno precedente eresponsabile nell’89 del Dipartimento Problemi Sociali, èpresente alla tre-giorni: chiederà subito la riforma dellalegge 943, una normativa che riguarda i lavoratori dipendentied estende agli stranieri una serie di diritti relativi ailavoratori italiani, garanzie che però sono assicurate a condizionedi essere in grado di possedere un regolare rapportodi lavoro dipendente, che invece quasi sempre non esiste.La stagione del pomodoro è alle porte, migliaia dibraccianti di colore, non meno di cinquemila, sono prontiper la raccolta di un milione di quintali di pomodoro ela tensione è alta. “L’insofferenza verso di noi è destinata acrescere con l’aumento del flusso stagionale” dichiaraIsidoro Mobey Longo, portavoce della comunità zairese.Poi aggiunge: “Può capitare di tutto, ormai”. Parole chesolo qualche mese dopo troveranno profetiche conferme.Isidoro il “sindacalista” è uno zairese di 34 anni, uno deipiù grandi d’età a Villa Literno. È l’ispiratore delle primeforme di organizzazione sindacale dei braccianti di colore,studente in ingegneria con una borsa di studio a Romaprima, finito poi irrimediabilmente nelle maglie del caporalato controllato dalla camorra.Durante le tre serate sul camper del sindacato, dove si proiettanofilmati e si tengono lezioni di tolleranza e rispetto delledifferenze tra etnie -in collaborazione alla Cgil diModena- saliranno oltre tremila persone. Loro, gli immigrati,si tengono all’inizio alla larga dall’iniziativa. Poi, si

Page 25: Giulio Di Luzio

avvicinano circospetti con passo incerto. Sono stati appenascaricati dai furgoni dei caporali sulla piazza deglischiavi. È già tramonto, un tramonto di un sole rossoarancio, che cattura gli sguardi e li proietta sopra un oriz-47zonte, che sembra a portata di mano ma non lo è. È l’orizzontedel paese abbandonato e della scelta dell’occidentee dei suoi miraggi. È una linea lontana che tiene per manomigliaia di sagome esili e nere, ma oggi è soprattuttoun grande tunnel senza uscita, in cui si frantumano i sognisotto la terra arida e bollente dell’agosto di un Sud delmondo.L’iniziativa porterà all’apertura di un Centro di assistenzae di informazione per gli immigrati di colore e peri lavoratori stranieri nelle sedi Inca di Mondragone, VillaLiterno e Castel Volturno e soprattutto porrà le basi per lacostituzione del Coordinamento degli immigrati di VillaLiterno-Area domitia a cura della Cgil, primo embrione diquella più vasta area di autorganizzazione del bracciantatodi colore. Ne faranno parte Isidoro Mobey Jengo Longo,zairese, vero e proprio leader sindacale, Etienne Kaque eKoutoubou Sambou.Si canterà fino a tarda sera quel 3 luglio dell’89, bianchie neri insieme. Una band africana chiuderà la tre-giorniantirazzista con queste parole: “Questa canzone parla diun ragazzo zairese che è venuto a Villa Literno perché glihanno detto che qui si sta bene, si guadagna e la gente èbuona. Lui canta mentre raccoglie i pomodori e dice cheha trovato una realtà tutta diversa”. A pochi chilometri didistanza, però, sulle piazze di Castel Volturno eMondragone, centinaia di persone manifestano contro ibraccianti neri. È uno scontro di sensibilità, di concezionidell’uomo e della società, della vita e dei suoi modelli.Non sarà che l’inizio.48È TROPPO TARDI

È veramente troppo tardi quando, nella notte di queltragico 24 agosto ’89, in un casolare abbandonato alla periferiadi Villa Literno, durante l’ennesima rapina ai dannidi braccianti africani, viene brutalmente trucidato ilgiovane sudafricano Jerry Essan Masslo.L’episodio segnerà la il punto di non ritorno nella vicendaimmigratoria italiana. Sarà l’inizio degli avvenimentiche cambieranno la storia dell’immigrazione in Italia.L’aggressione viene condotta da quattro balordi in unclima di linciaggio contro i braccianti africani. Partonodalla stazione ferroviaria del paesino con due motorini,luogo di ritrovo di perditempo e “bravi figli di famiglia”.

Page 26: Giulio Di Luzio

Conoscono tutto dei “neri”. Sembra una rapina come tante.Per di più si profila una rapina facile contro persone indifese.Devono far presto, perché la raccolta sta finendo.La baracca si trova in aperta campagna lungo un viottoloche si incunea tra i campi e scivola nell’entroterra su unpercorso tortuoso e poco agevole. L’aria è serena, la temperaturamite, è un fine agosto che annuncia piacevoli brividialle prime ore di ogni giornata, prima che il sole facciasentire la sua calura. Gli extracomunitari presenti nellabaracca, come ogni notte tengono ben stretti i risparmisotto il cuscino insieme al prezioso passaporto. Siamo allafine della stagione di raccolta del pomodoro. E chissà, devonoaver sperato in tanti quella notte, chissà che le rapinecontro di noi siano finalmente terminate anche quest’annoe tra un po’, tra qualche giorno si va tutti via, semmaiin Puglia per la vendemmia o al nord per la raccoltadelle mele, o certamente nelle acciaierie milanesi o del bre-49sciano e nelle fonderie della ricca Lombardia, o nelle concerietoscane per lavori nocivi e umili che non interessanopiù gli italiani e che volentieri cedono a noi, o ancora nellecave, nelle fonderie o nei bitumifici emiliani e veneti inattività insalubri e nocivi, non prima di aver spedito i risparmia casa. E invece no. Il copione si ripete, ma questavolta si ripete drammaticamente, quasi come in un maledettogirone d’inferno, dove ogni volta si paga un pegnosempre maggiore per ripetere il giro. All’interno sono intrenta, stipati su alcune brandine o sacchi a pelo. Gli aggressori,col capo coperto da calze di nylon irrompono alleprime ore dell’alba, gridano come bestie: “Fuori i soldi,sporchi negri”, intimando con le pistole in pugno di consegnarei risparmi del duro lavoro nei campi. Qualcunotenta di fuggire, gli immigrati si svegliano all’improvviso.Il ventinovenne sudanese Bol Janson Ayuel si ritrova lacanna della pistola puntata in faccia, allerta gli altri ma saràcolpito alla testa col calcio dell’arma e derubato dei soldiconservati sotto il cuscino, circa un milione e mezzo dilire. Anche gli altri consegnano il denaro. Qualcuno cominciaa perdere la calma e grida per paura. Dal retro dellabaracca compaiono un’altra ventina di giovani immigrati,zairesi, tanzaniani, senegalesi, sudanesi, kenioti, eritrei,giovani immigrati della Guinea, della Liberia,dell’Uganda. Cercano d’impulso di mandar via gli aggressori,c’è un tentativo di colluttazione, qualcuno riesce afuggire fuori. Jerry si attarda, il suo tentativo è subito frenatodai delinquenti. Il giovane sudafricano cade all’inizioin ginocchio davanti a loro, cerca di muoversi mentre gligridano di consegnare il denaro. Ma le parole si bloccano

Page 27: Giulio Di Luzio

dentro il cappuccio, Jerry non riesce a capirle bene, chiedeil perché di tutto quello che si presenta ai suoi occhi,accenna a un tentativo di discussione e mediazione coi rapinatorima invano, indietreggia e finisce sopra un’altrabrandina. Alza le mani in alto in segno di resa, chiede an-50cora perché in inglese, si blocca davanti alla pistola dei balordiormai in escandescenza e, in un silenzio di gelo, lìviene inchiodato in un lago di sangue da quattro colpi dipistola all’addome. I banditi perdono la calma e comincianoa sparare all’impazzata, ferendo alle gambe il keniotaventiseienne Antony Kjbagu. Poi scappano su alcunimotorini, dopo aver preso tutti i soldi. I due feriti sarannoricoverati nell’ospedale di Aversa. Per il ventinovenneJerry Masslo non c’è nulla da fare. Il suo corpo esanime esanguinante è contorto sul pavimento della baracca col caporeclino in avanti. Non è il primo bracciante di colore aperdere la vita nelle campagne di Villa Literno e della costadomiziana, né sarà l’ultimo. Ma un “dettaglio” sembrafare la differenza. Masslo non è un immigrato qualunque:è infatti un rifugiato politico riconosciuto dall’AltoCommissariato delle Nazioni Unite, fuggito dal regimerazzista di Pretoria e riparato in Italia grazie all’interventodi Amnesty International. La diffusione della notizia dellamorte del giovane esule sudafricano e, soprattutto, del suoalto profilo politico, gela l’opinione pubblica italiana e fatremare l’intera classe politica nei Palazzi romani. Masslonon è uno dei tanti immigrati giunti in Italia e questo peseràsulla ridda di reazioni, commenti e interventi successivialla sua morte. Prenderanno la parola praticamentetutti in un clima di improvvisazione e di generale impreparazione,da politici a politologi, opinionisti e cosiddettiesperti di immigrazione, docenti universitari e sociologi epoi scrittori, studiosi di statistica, giornalisti, preti e sindacalisti.D’un sol colpo tutti si accorgeranno dell’esistenzain Italia di più di un milione di immigrati. In una notte difuoco e nella miseria di una baracca cadente sembra cosìessersi coagulata all’improvviso tutta quella scienza sul fenomenoimmigratorio in Italia nelle teste di intellettuali,giornalisti e opinion-maker. In realtà il problema di migrantie migrazioni e del più generale fenomeno immigra-51torio italiano, e della sua crescita esponenziale, è statosemplicemente rimosso per anni, fino al giorno della mortedi Masslo. La politica è completamente sguarnita difronte all’accaduto. Il mondo dell’informazione è paralizzatodall’imbarazzo. Il Parlamento non dispone di strumentilegislativi adeguati alla gravità della situazione, alla

Page 28: Giulio Di Luzio

profondità e alla radicalità del fenomeno. Nessuno sa chepesci prendere e da dove cominciare! Così è morto JerryMasslo, nato 29 anni fa a Umtata, scampato al piombo diBotha e alle torture nelle carceri razzista di Pretoria, per finireimpallinato da un branco di bianchi nella civile Italiadi un occidente ricco e prosperoso. In quella Italia natadalla Resistenza della lotta antifascista, che in tempi cosìrecenti ha conosciuto i drammi dell’emigrazione sulla pelledei suoi figli. È questa contraddizione che destabilizza ilmondo politico e gela la società civile italiana.Amarezza viene espressa dalla Comunità diSant’Egidio a Roma, che ha ospitato Jerry Masslo nellasua casa di accoglienza La tenda di Abramo aTrastevere. Qui infatti Masslo giunge il 21 marzo dell’88,dopo una breve permanenza ai padri Bresciani e pressoAmnesty International, sempre nella capitale. Nel maggiodello stesso anno partecipa alla sua inaugurazione allapresenza dell’arcivescovo Desmon Tutu, due neri, due sudafricani,due cristiani. Con l’aiuto della sua chitarra canteràCry Freedom, la canzone del film contro l’apartheid.Con sé tiene stretti i sogni per il futuro, ma ancheil dolore per la sua famiglia straziata dalla morte di suopadre e del suo primogenito, Jeremy, di appena sette annidurante una manifestazione antiapartheid alla periferiadi Soweto nel marzo dell’anno precedente. Per questomotivo fugge dal Sud Africa insieme a suo fratello, imbarcandosiclandestinamente a bordo di una nave in partenzada Cape Town. Il resto della sua giovane famiglia, mogliee altri due figli, scappa a Lusaka, in Zambia. Durante52il viaggio suo fratello si ammala. La nave si trova inNigeria. Jerry scende dall’imbarcazione per procurarsi deimedicinali, ma non riuscirà a risalirvi. Solo vendendo alcunioggetti personali, tra cui un orologio e un braccialetto,riuscirà a procurarsi un biglietto d’aereo per l’Italia.Sprovvisto di passaporto, sarà trattenuto mezzo mese nell’aeroportodi Fiumicino e, solo dopo aver accertata la suacondizione di rifugiato politico, verrà rilasciato. Mal’Italia è solo una tappa intermedia del suo progetto migratorio.Il vero obiettivo è il Canada, ove Jerry intenderecarsi appena la campagna della raccolta del pomodorochiuderà le porte e dove è certo del riconoscimento deipieni diritti civili e dell’asilo politico. L’Italia, infatti, all’epocadei fatti, riconosce l’asilo politico solo a richiedentidi paesi comunitari o dell’est. Questo impedirà a Masslodi cercare un lavoro regolare e lo porterà inevitabilmentetra i campi di Villa Literno alla ricerca di quelle duecentomilalire settimanali per 14 ore di lavoro giornaliere.

Page 29: Giulio Di Luzio

Amnesty International, in un duro comunicato, terrà asottolineare che: “Jerry Essan Masslo è stato ucciso da alcunibianchi che riteneva più accoglienti di quelli che avevaimparato a conoscere in Sudafrica”.53LE SUE PAROLE

“Sono fuggito dalla mia terra, il Sud Africa, perché lapersecuzione razziale ha distrutto la mia famiglia, dilaniatoi miei affetti, sconvolto la mia esistenza. Pensavo di trovarein Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà,un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e dicoltivare il sogno di un domani senza barbarie e pregiudizi.E invece sono stato deluso. Questo è un paese in cuiavere la pelle scura è un limite alla convivenza civile. Il razzismoè anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenzequotidiane contro chi non chiede altro che solidarietàe rispetto. Noi immigrati del Terzo Mondo stiamocontribuendo allo sviluppo del vostro Paese, ma sembrache ciò non abbia peso. Prima o poi qualcuno di noi verràammazzato e allora si accorgeranno che esistiamo. Ibianchi ti sfruttano e non ti danno l’acqua per lavarti e titrattano da sporco negro. Nelle campagne si respira un’ariamolto pesante. I padroni sono diventati arroganti, violentie crudeli. Tirano fuori il fucile per nulla. Nei paesisiamo vittime di aggressioni, rapine, episodi di intolleranza.La polizia non ci protegge, anzi guarda ai negri con sospetto.Aiutateci, prima che sia troppo tardi”.Sono le lucide e appassionate, ma anche profetiche, paroleche Jerry pronuncerà alcuni giorni prima di essere assassinatonella sua baracca, raccolto accanto ai suoi compagnidi lavoro. Forse è il suo toccante e profetico testamentospirituale lasciato a tutti noi, un appello idealmenterivolto soprattutto alle nuove generazioni, ma soprattuttouna lezione di civiltà e un atto di accusa contro l’im-54mobilismo della politica e dell’opinione pubblica in quell’agostodel 1989, che segnerà lo snodo storico e simbolicodella vicenda immigratoria italiana, una specie di pietramiliare che orienterà il carattere multietnico della societàitaliana, cosi come si è andata consolidando negli annisuccessivi. Sono parole pronunciate con serenità e senso diresponsabilità, in punta di piedi senza alzare il dito contronessuno, ma con una forza profetica e una capacità di analisiche paralizza per la sua semplicità e profondità. Sonoparole che geleranno la società italiana, la sua cultura e isuoi valori di convivenza, parole su cui in tanti sarannochiamati a riflettere. Quanta lungimiranza possiamo leggereancor oggi in quelle frasi, che ci paiono tanto attuali

Page 30: Giulio Di Luzio

e vicine in un contesto che pure è cambiato in questi annidopo la sua morte. Come ci è vicino questo giovaneesule africano, cristiano battista amante della cultura e seguacedella Bibbia, figlio di genitori contadini nei famigeratiBantustan, i campi di lavoro e segregazione destinatiai neri sudafricani, un giovane capace di alzare la testa e levareil grido della denuncia con rara dignità dalla nicchiainospitale e disumana di una baracca di un Sud tanto vicinoa tutti noi e tuttavia sgradito alle nostre buone coscienze,rimosso e dimenticato perché in grado di scuoterlee incrinarle coi suoi interrogativi pesanti come macigni.Da dove nasce tutta quella forza? Da dove nasce tuttaquella consapevolezza?Jerry Masslo è già conosciuto a Roma durante la permanenzanella casa di accoglienza La tenda di Abramodella Comunità Sant’Egidio. Vive nella stessa camera concinque musulmani provenienti dall’Etiopia, anch’essi rifugiati.È già un personaggio. Così risponderà nel corso diuna breve intervista rilasciata, durante la sua permanenzaromana, alla rubrica del TG2 Nonsolonero:55D. Da dove viene?R. Dal Sudafrica.D. Da quanto tempo è in Italia?R. Da otto mesi.D. Quali sono i suoi problemi in questo paese?R. Il mio problema, il mio vero problema è che quelloche ho sperimentato in Sudafrica non voglio vederlo quiin Italia. C’è proprio qualcosa che sta accadendo qui inItalia. Nessun nero, nessun africano dimentica che cos’è ilrazzismo. E io l’ho sperimentato qui, è una cosa inaccettabile.Se sei in Africa puoi pensare che gli italiani sianomolto buoni, ma se vieni qui in Italia… io ho visto propriocoi miei occhi cose che non dovrebbero accadere quiin Italia.D. Lei è un rifugiato politico. Quali sono le sue speranzein questo paese o in altri paesi?R. In questo paese io non posso avere nessuna speranza,nessun futuro. Per trovare rifugio, devo andare altrove.Voglio andare in qualche paese dove mi sia permesso stabilirmiper poi tornare nel mio paese. Se potessi tornereianche subito, anche perché ho visto che qui le cose nonvanno. Qualsiasi nero, qualsiasi africano non può sopportarequesta situazione. Anche in questo paese io ho visto lepersone con la pelle nera trattate come bestie. Ma noi siamotutti uguali, abbiamo lo stesso cervello, lo stesso sangue,tu hai un naso e io ho un naso, cosa c’è di diverso ionon riesco a capirlo.

Page 31: Giulio Di Luzio

Le reazioni del mondo politico alla notizia della suamorte andranno al di là di ogni previsione. Tutti capisconoche la morte del rifugiato sudafricano apre una fasenuova per la società italiana, un vero e proprio salto diparadigma nell’affrontare storie di migranti e migrazioni,ma anche nel porsi di fronte al fenomeno immigratorio,alla sua estensione, radicalità, ai suoi caratteri strut-56turali. Da quel momento infatti tutto cambierà. E certamenteproveranno un forte senso di inadeguatezza e imbarazzotutti i politici che prenderanno la parola dal giornosuccessivo, al pensiero che nella miseria e nel buio diun tugurio abbandonato nelle campagne di Villa Liternosi sia maturata tutta la loro consapevolezza sulla condizionedi sopravvivenza degli immigrati presenti sul suolo patrio!E tuttavia, nonostante tanto opportunismo e unabuona dose di faccia tosta, indietro non si tornerà più.I partiti della sinistra manifestano lo sdegno perl’omicidio del giovane immigrato. Il PCI e la Cgil chiedonosubito un incontro col ministro dell’Interno, AntonioGava e la convocazione della Consulta per l’immigrazionepresso il Ministero del Lavoro, la revisione della legge 943e l’utilizzo delle strutture della Protezione Civile, già concesseai senza-casa del terremoto dell’80, per accogliere gliimmigrati. Dacia Valente, europarlamentare di colore delPCI, ex poliziotta già vittima di un episodio di discriminazione,attacca frontalmente il governo Andreotti e chiede“una soluzione all’emergenza razzismo”, sollecitando ilgoverno-ombra del suo partito a svolgere “una funzionetrainante”. Anche la Fgci, Amnesty International e i VerdiArcobaleno chiamano direttamente in causa il governo.Denuncerà, tra l’altro, Gianni Cuperlo della Federazionedei giovani comunisti: “Un atto di violenza come quello diVilla Literno nasce in questo clima, che esiste grazie allapiù completa latitanza dello Stato democratico”.Monsignor Antonio Riboldi, vescovo di Acerra, commenteràcon parole di fuoco la proposta lanciata dal ministroper gli Affari Sociali, Rosa Russo Jervolino, e raccolta confavore da quello degli Interni, Antonio Gava e dal responsabiledella Farnesina, De Michelis, di applicare il “numerochiuso” ai flussi immigratori in Italia:“La proposta di istituire il numero chiuso all’immigrazionedegli stranieri in Italia –dirà- è una bestemmia, la57peggiore che si possa pronunciare verso dei fratelli”. In unarticolo apparso sulla rivista Prospettive nel mondo donRiboldi scriverà:“La condizione dei lavoratori di colore impegnati al

Page 32: Giulio Di Luzio

sud nella raccolta di pomodori ricorda drammaticamentelo sfruttamento e la schiavitù che c’erano in America nellepiantagioni di cotone. Queste forme di apartheid sonoil frutto della società consumistica, che non vuole allargarela propria tavola. Mi chiedo con che coraggio si possaancora parlare di un’Europa delle genti, quando è propriol’Italia delle leghe e delle consorterie a offrire vergognosiesempi di divisione, di emarginazione e di intolleranza.Gli abitanti di Villa Literno, città in questi giorni troppovicina a Pretoria, i commercianti di Rimini, che hannocacciato i vu cumprà dalle strade, gli abitanti di Firenze,che non accettano lavoratori di colore, dovrebbero ricordarepiù spesso che noi siamo stati e siamo ancora un popolodi emigrati”.Una posizione coraggiosa che gli procurerà qualcheproblema, feroci attacchi e minacce anonime.Per Laura Balbo e Luigi Manconi di Italia-Razzismo:“Suggerire di chiudere le frontiere è come se, per ridurreil numero dei sequestri di persone o degli omicidi dimafia, si limitassero gli ingressi in Sicilia e in Sardegna”.La Cgil chiederà inoltre i funerali di Stato per JerryMasslo. La segreteria nazionale del Coordinamento dei lavoratoriimmigrati della UIL, anticipando contenuti chesaranno ripresi negli anni futuri, sottolinea la necessità diaffrontare “con chiarezza e coraggio i temi del diritto di votoamministrativo e della concessione della cittadinanza italianaa quanti risiedono regolarmente in Italia”. Intanto siva consolidando l’idea di una grande manifestazione nazionalecontro il razzismo per i primi giorni di ottobre. Unappello lanciato dall’Arci, Nerononsolo, Italia Razzismo,Il Manifesto e dal Coordinamento nazionale antiapartheid.58I giornalisti del Gruppo di Fiesole chiedono che laFederazione nazionale della stampa e gli editori della Fiegpromuovano una giornata nazionale di riflessione sullecondizioni di vita dei lavoratori immigrati. Saranno le primereazioni alla morte di Jerry Masslo.59L’ADDIO

Il giorno dopo Villa Literno è una città fantasma. Ilpaese è deserto. Molti immigrati sono già scappati e intanti se ne stanno rintanati tra le mura cadenti dei casolaridi campagna. In paese ce ne sono un centinaio. Sonoquelli che trascorreranno anche l’inverno, costretti a lavoraretra masserie, distributori di benzina o cucine di ristoranti.Sulla Rotonda non c’è traccia di braccianti neri.Villa Literno viene ritenuta troppo pericolosa dopo l’uccisionedi Jerry Masslo, soprattutto in un clima che registra

Page 33: Giulio Di Luzio

una di forte impennata di intimidazioni. Si fugge dinotte per scomparire per sempre. Costretti a raccattare ipochi averi in uno straccio di borsa, braccati e additati dauna parte ottusa del paese, scappano dopo aver portatobenessere e ricchezza a quella comunità col loro lavoro.Sono sagome fuggenti quelle che vedi scivolare sulla piazzadegli schiavi o lungo i muri di un paese che forse nonli ha mai accettati. Cercano riparo per rendersi ancor piùinvisibili nel buio della notte. Sono ombre leggere e fugacicariche di passato e dolore, che nessuno ha mai volutocapire in un mare di passato e di dolore. Si guardano lespalle. Qualcuno si infila nella caserma dei carabinieri inprima mattina per testimoniare, prima di allontanarsi,tanto più che a due passi da Villa Literno, a Caserta, unvolantino minaccioso sembra cavalcare con baldanza lavulgata antimmigrato: in via Lincoln infatti i carabinieriritrovano un volantino dal contenuto inequivocabile:“È aperta la caccia permanente al nero. Data la ferocia di talibestie” recita lo scritto con penosa ma impressionanteretorica razzista “e poiché scorazzano per il territorio in60branchi, si consiglia di operare battute di caccia in gruppidi almeno tre uomini”.Gli stessi militari dell’Arma, come di consueto, minimizzanola portata dell’evento e invitano per di più i bracciantidi colore ad andar via: la contiguità culturale di queicomportamenti con la deriva xenofoba emerge con chiarezza.Ma a Villa Literno il messaggio viene registrato dagliimmigrati come chiarissimo avvertimento. Molti resterannoper assistere al funerale di Jerry.I funerali del giovane sudafricano diventeranno unevento di portata nazionale. Si terranno a Villa Literno il28 agosto 1989 in un clima di forte emozione. Di fatto sarannofunerali di Stato. Le telecamere del TG2 li riprenderannoin diretta, riproponendo pure l’intervista rilasciatada Masslo qualche tempo prima alla rubricaNonsolonero:“La tragica vicenda di Villa Literno” è il commento delsuo direttore Alberto La Volpe “ha clamorosamente portatoalla luce il problema dell’immigrazione clandestina, ildramma di tanta povera gente che viene nel nostro paesealla ricerca di un lavoro. Il caso di Jerry è emblematico, ladrammatica spia di una situazione molto delicata. Ed è stataper questo significativa la presenza ai funerali di alcunirappresentanti del nostro governo: dimostra la determinazionedello Stato di voler risolvere questo problema”.Pensate, a parlare è il direttore di un telegiornale dellaTv di Stato! Commenti che sembrano usciti dal nulla, che

Page 34: Giulio Di Luzio

ignorano un fenomeno già acuto in Italia in quegli anni,che legittimano pesanti interrogativi sul ruolo dei mezzi diinformazione, una stampa e una televisione che non hannosaputo raccogliere e interpretare, come era loro compito,i primi segnali che delineano i caratteri strutturali dellavicenda immigratoria italiana, anticipando quegli eventi cheinfatti apriranno una fase epocale del fenomeno in tuttaEuropa. L’evento segnerà una brutta pagina per l’informa-61zione in Italia. Se questa è la penosa condizione dei media,la classe politica non naviga in acque migliori. È una societàitaliana che si guarda intorno, quella che vien fuori ed èpossibile fotografare all’indomani dell’uccisione di Masslo,una comunità imbarazzata che si vergogna, che cerca di farei conti con la propria coscienza, che chiede scusa, checorre ai ripari fuori dal pantano in cui s’è cacciata.L’opinione pubblica nazionale percepisce in tutta la suaportata che la morte di un rifugiato politico è uno schiaffoalla credibilità italiana sul piano dei diritti civili. La notiziainfatti sarà riportata dai principali giornali europei, comel’autorevole quotidiano francese Le Monde, che il 27agosto titolerà: En Italie aussi, le racisme. La cosiddetta societàcivile comincia a tirar fuori dalla sabbia la sua testa ea riconsiderare le sue certezze sul proprio Paese come culladella civiltà…! La politica sta tutta dentro questo quadropoco dignitoso per una potenza industriale come l’Italia.A Villa Literno giungeranno un po’ tutti. Per questomotivo si tratterà di fatto di funerali di Stato. In prima filanella chiesetta dell’Assunta di Villa Literno troviamo il Vicepresidentedel Consiglio Claudio Martelli, il presidentedella Commissione antimafia, Gerardo Chiaromonte, il segretarioaggiunto della Cgil, Ottaviano Del Turco. Ci sonoinoltre Piero Fassino della segreteria nazionale del PCI el’eurodeputata comunista Dacia Valent, il sottosegretarioagli Interni Ruffino, il vice segretario della Cisl D’Antoni,il presidente delle Acli, Giovanni Bianchi, il presidentedell’Arci, Rino Serri, il Prefetto di Caserta, il sindaco diNapoli. Presente pure il delegato per l’Italia dell’AltoCommissariato dell’ONU per i rifugiati, l’argentino WaldoLuis Villalpaldo. La sua nota, inviata ai Ministeri degliAffari Sociali e dell’Interno, esprime con poche righe “il vivorammarico” dell’organismo delle Nazioni Unite per lavicenda del rifugiato sudafricano. Dal Vaticano la voce delSanto Padre si leva alta a testimoniare la forte risonanza62dell’evento nella società italiana e nel mondo cristiano, definendoil giovane rifugiato politico sudafricano “una vittimadell’intolleranza”. Anche il Presidente della Repubblica,

Page 35: Giulio Di Luzio

Francesco Cossiga, esprime il suo sdegno per l’accaduto,definendo Jerry Masslo “vittima di spietati criminali nelPaese in cui aveva cercato una dignità che gli era stata negatanella terra d’origine”. Intanto le proposte si accavallano:il ministro del lavoro Carlo Donat Cattin convoca peril 12 settembre la Consulta per i problemi dei lavoratori extracomunitari,come prevede la legge 943 del dicembre’86, mentre il sottosegretario all’Interno, Valdo Spini, proponedi indire una Conferenza nazionale sull’immigrazione.L’esponente del Viminale sottolinea inoltre la necessitàdi una nuova disciplina in materia di ingresso e soggiorno,visto che la normativa in vigore risale addirittura al testounico delle leggi di Pubblica Sicurezza del 1931. Il ministrodel Lavoro e della Previdenza Sociale annuncia inoltre chesarà istituito al più presto il “Servizio per i problemi dei lavoratoriimmigrati e delle loro famiglie”. Il Comune diVilla Literno annuncia che intende sostenere le spese delfunerale, mentre sul piano delle indagini vengono fermatialcuni giovani sospetti, di cui un minorenne. Il delitto diMasslo si va delineando come un episodio di razzismo criminale.In mattinata Fassino tiene una conferenza stampa,in cui chiederà una sanatoria per gli immigrati presenti inItalia, sottolineando la latitanza del governo sui problemidei lavoratori immigrati “che segneranno la vita in Italia neiprossimi decenni. In Italia ci sono seicento mila lavoratoriextracomunitari con permesso di soggiorno e altrettanticlandestini. C’è bisogno al più presto di una sanatoria cheregolarizzi la situazione. L’idea del numero chiuso ha unsottofondo razzista”. La replica di Claudio Martelli non sifa attendere: “Ciò che è accaduto è il risultato di un fenomenonuovo e troppo grande, che si è innescato improvvisamentesu situazioni pregresse di degrado. L’accoglienza63non può avvenire senza controlli o limiti di sorta, altrimentirischiamo di aumentare le difficoltà che questa genteincontra”, attestandosi sulla linea del cosiddetto “numeroprogrammato”. Sottolineerà inoltre che è necessario:“sottrarre la politica dell’immigrazione ai commissariati dipolizia e affidarla a principi di ordine internazionale”.Anche Giorgio Napolitano, ministro degli Esteri del governo-ombra del PCI, interverrà nel dibattito, affidando il suopensiero a un articolo pubblicato su l’Unità:“Doveva quindi accadere il peggio a Villa Literno, dovevanomoltiplicarsi i segnali di allarme, perché un governodi pentapartito si risolvesse a prendere in esame la questionedella crescente immigrazione in Italia, soprattutto dapaesi extracomunitari tra i più poveri e arretrati dell’immensoSud del mondo… Bisogna quindi -dirà tra l’altro-

Page 36: Giulio Di Luzio

impegnarsi a fondo con un vero e proprio piano di regolarizzazione…non potendosi accettare l’impostazioneodiosamente restrittiva sancita nell’accordo di Shengen tracinque paesi membri della Comunità”.Peccato che solo nove anni dopo lo stesso GiorgioNapolitano, insieme a Livia Turco, ora rispettivamente Presidente della Repubblica e Ministro della Salute, sarà l’ispiratore delle legge 40 (la cosiddetta Turco-Napolitano), che istituisce la vergogna dei Centri diPermanenza Temporanea, veri e propri luoghi di detenzioneper migranti sprovvisti di documenti! La parte peggioredella politica di quella sinistra in tema di immigrazione.Tutte le dichiarazioni maturate in quei giorni nel mondopolitico si affrettano a sottolineare la natura strutturalee permanente del fenomeno per gli anni futuri e la consapevolezzadi trovarsi davanti a un bivio comincia a consolidarsi.La bara in mogano viene portata sulle spalle dai compagnidi lavoro di Jerry lungo tutto il percorso effettuato dalcorteo funebre, fin dentro la chiesetta dell’Assunta. I giovaniimmigrati procedono con passo lento e ritmato, qua-64si danzando e intonando le parole di alcune canzoni di preghiera.È una festa d’addio, così come l’avrebbe desiderataMasslo. Ne sarebbe stato certamente contento il giovaneJerry, lui che amava la chitarra e le canzoni della sua terraoffesa dal razzismo, i canti di libertà dei neri nelle infinitegiornate di lavoro sui campi dei Bantustan sudafricani e leserate in compagnia. Una folla immensa seguirà il rito funebre.I presenti applaudono al passaggio del feretro: è untributo al martirio di Jerry e al suo sogno, quel sogno cheha nutrito fin dal giorno della fuga dalla sua terra oppressadal fanatismo e dall’intolleranza. Ma quel sogno non si spegneràcon la sua morte e anzi in tanti, uomini e donne,bianchi e neri, raccoglieranno il testimone ideale del suoinsegnamento e quel sogno diverrà contagioso e segnerà lecoscienze di larga parte dell’opinione pubblica in Italia e inEuropa. È un sogno che vola alto ancor oggi, quello diJerry Essan Masslo, potente e lungimirante, a perenne ammonimentosulle nostre deboli ed equivoche coscienze.Vola alto come un’aquila che scivola immobile tra i montie i suoi silenzi con la sua potenza e la sua lungimiranza,mentre la politica starnazza e tenta di levarsi verso il cielo,naufragando però su stessa. Lungo la strada decine di rivolidi persone si uniscono al serpentone, le saracinesche deinegozi si abbassano al sua passaggio. Il paesino è fortementecoinvolto dall’evento. Le viuzze di Villa Literno sono intasateda centinaia di cittadini, accorsi finanche dai paesinivicini. I funerali sono solenni. I politici calati da Roma siedonoin prima fila, affrancando con la loro presenza il paesino

Page 37: Giulio Di Luzio

meridionale dalla sua invisibilità. Così Villa Liternovivrà i suoi attimi di notorietà e forse così sarà ricordataquando il clamore mediatico e l’eccitazione dell’evento lascerannoil posto alla rassegnazione e all’impotenza di frontea un territorio degradato e tutto ritornerà forse come prima.Verrà ricordato per essere stato il luogo dove è mortoJerry Essan Masslo, ma anche quello in cui sono state gettate le65basi per una nuova coscienza collettiva su migranti e migrazioni.Le facce sono tese, quelle degli africani sono reclinein basso, molti liternesi sono in lacrime e c’è di certouna parte del paesino che vuole chiedere scusa, che rispettaquel dolore e che in quei giovani di colore è capace di riconoscere,in quel tragico momento, storie e vite comuniai propri figli, che intuisce che il loro degrado può finire soloinsieme con quello della propria terra. Forse davanti allasolennità del rito funebre in tanti, bianchi e neri, riesconoa riconoscere che il vero nemico non è il nero ma la piovradella camorra, che impedisce lo sviluppo economico ecivile, colonizza il territorio e depreda le ricchezze di tutti.Forse non sono pochi a pensarlo, ma nessuno ne parlerà ela parola camorra non sarà pronunciata da nessuno. E certonon gioveranno alla riconciliazione le miopi e ipocriteparole del parroco Angelo Corvino, che definirà la mortedi Jerry “una volgare e sciagurata ragazzata”. Poco primadella cerimonia intorno alla bara di Jerry una decina di immigratipiangono a dirotto. Poi intonano sull’altare unacanzone che dice: “Dio è il nostro maestro e non conosceil colore della pelle”. E ancora, con le parole del Padre dellaChiesa battista, che il giovane profugo frequentava aRoma: “Ora Jerry ha vesti bianche e canta in cielo nel coroceleste”. Le anziane donne stanno raccolte sulle panchein legno della vecchia chiesetta dell’Assunta, sgranano concura la coroncina del rosario tra le mani ossute e induritedal lavoro, ripetendo con voce sommessa la litania dei versettial ritmo scandito da una di loro, posta al centro dellachiesa. Il clima è di profonda commozione e di forte coinvolgimentoemotivo. Tutti si rendono conto che non sitratta di un semplice funerale di un povero immigrato. Ledonne di colore vestono i caratteristici abiti dei loro paesid’origine, abiti ben curati, con colori forti, mentre intonanocanti intorno al feretro e un inno funebre sudafricano.Il rito sarà officiato dal vescovo di Aversa, Giovanni Gazza.66Tra fotografi, giornalisti e cameramen, che sgomitano perconquistare le prime posizioni, si fanno strada con passocircospetto altri giovani braccianti di colore, che prenderannoposto a ridosso della bara di Jerry, su cui si trovano

Page 38: Giulio Di Luzio

una sua foto, un fascio di fiori della Caritas e un mazzo diorchidee di famiglie liternesi con su scritto:“Questi fiori siano espressione del nostro più sentitocordoglio”. Intoneranno un canto di preghiera accanto alferetro.Dacia Valent, la ex poliziotta somala divenuta europarlamentaredel PCI, è chiarissima:“Stiamo sotterrando un uomo ucciso da altri uomini. Ilproblema non è Villa Literno o l’Italia, è l’Europa.Dobbiamo meditare sui rapporti tra mondi e culture differentiche vanno a incontrarsi”.Poi le parole di speranza del senegalese Kutubo Sambedanno l’estremo saluto a Jerry:“Ci lasci, ma il tuo pensiero resta con noi. La tua morteci apra la vita a dei contatti con gli italiani” accompagnateda quelle di monsignor Gazza:“Jerry, ti chiediamo perdono, il tuo dramma ci impegnacon più forza a operare perché i fratelli della tua stirpe possanotrovare tra di noi quegli spazi di vita che sono venutia cercare. Siamo solidali con voi, fratelli d’Africa. Le vostrelacrime sono le nostre, non abbiamo bisogno di alzare il tonodella voce per denunciare la crudeltà e la violenza chehai subito. Jerry, ti chiediamo perdono”.Davanti alle più alte cariche dello Stato interverrà pureAkassanè N’diaye, lavoratore senegalese a nome di quelCoordinamento lavoratori immigrati tanto coraggiosamentemesso su tra minacce fisiche e verbali col sostegnodella Cgil di Caserta:“Jerry aveva un sogno…” dice, riecheggiando le paroledi Martin Luther King. “Un mondo senza odi e razzismo,di tolleranza e di pace, di libertà e solidarietà. Un mondo67dove l’uomo vale più di ogni altra cosa, dove la sua libertàè sacra, la sua dignità rispettata, i suoi diritti riconosciuti.Per questo Jerry viveva, sperava, lottava. Con sé portava ilricordo del suo paese oppresso dall’apartheid, il dolore deisuoi cari massacrati. Jerry è morto, ammazzato da balordi,a Villa Literno in una notte d’estate e con lui anche il suosogno è finito. Ma ora il sogno di Jerry appartiene a tuttigli uomini, bianchi o neri, che si battono per una società liberada razzismi e odi, tollerante e solidale, dove siano riconosciutii diritti individuali e collettivi di tutti gli uominie di tutti i popoli della terra. I lavoratori immigrati diVilla Literno iscritti alla Cgil continueranno questa battagliadi civiltà e tolleranza, rifiutando ogni forma di violenzae contrapposizione, alla ricerca del dialogo, della integrazionee della civile convivenza. Chiedono leggi e iniziativea tutela della loro dignità e dei loro diritti. Denunciano

Page 39: Giulio Di Luzio

il ritardo del governo nazionale, il vuoto di iniziative delleistituzioni, regione, provincia, Prefettura”.Con la preghiera di un pastore della Chiesa battista siconclude il rito, mentre fuori il sole lascia il posto a un cieloplumbeo, che fa cadere una fitta pioggerellina e rendepiù cupo lo scenario. L’emozione è al culmine tra le centinaiadi persone stipate in ogni angolo della chiesa e anchefuori. La bara viene ripresa in spalla da altri immigrati e siavvia verso la Rotonda, la piazza degli schiavi di VillaLiterno, ove si terrà il rito islamico organizzato dalla comunitàdi stranieri residente nell’aversano. All’uscita dallaseicentesca chiesetta dell’Assunta un applauso assordantedà l’estremo saluto al giovane profugo sudafricano. Ancheil segretario generale aggiunto della Cgil, Ottaviano DelTurco, si dichiara contrario all’ipotesi avanzata da alcuniesponenti del governo sul numero chiuso e concorda conla proposta di una sanatoria. Poi dichiara con toni forti:“La condizione degli immigrati di colore è stata la stessain cui si è trovata un tempo l’Italia del Sud. È incredibi-68le come un popolo possa rimuovere la propria storia. Nelnostro Sud, per tanti anni protagonista dell’emigrazione, èstata rimossa la coscienza di essere stati ospiti, spesso indesiderati.Tornato a Roma, chiederò a Manca di ritrasmettereil film ‘Pane e cioccolata’, il lavoro di Brusati centratosulle disavventure di un Manfredi in Svizzera, terra di emigrazioneper tanti italiani e sulle loro condizioni di vita”.Lungo il corteo è presente anche l’attore MichelePlacido, che si ritroverà a vivere direttamente e drammaticamentei funerali di Masslo, proprio nei giorni in cui stagirando, esordiendo come regista, il film Pummarò, unapellicola sul dramma del lavoro nero degli immigrati alsud. Le luci si stanno spegnendo sulla giornata più lunga diVilla Literno. Si spengono i riflettori su un evento chescuoterà le coscienze degli italiani e farà sentire il suo pesosulle scelte future in tema di immigrazione. I giornalisti sene vanno dopo aver violentato una piccola comunità conun’informazione spettacolo, che non aiuterà a comprenderel’accaduto in profondità, i politici sfrecciano di già conle loro auto blu sull’asfalto delle autostrade verso la capitalecon tanti interrogativi in testa e soprattutto con quelli sulfuturo di Villa Literno, un paesino del Sud destinato a restaresolo coi suoi problemi. Scappano via perché e ne sonocoscienti. Molti di loro non vi torneranno più. L’unicaloro traccia sarà il nome altisonante apposto sul libro dellefirme, all’entrata della chiesetta di Villa Literno, insieme aitantissimi nomi e alle frasi di commiato. Alla fine dellagiornata se ne troverà una anonima, che colpisce per la sua

Page 40: Giulio Di Luzio

vena profetica: “Il tuo sacrificio –dice- servirà ad aprire ildialogo con gli italiani”. Gli avvenimenti successivi alla suamorte, e soprattutto gli anni futuri, lo dimostreranno intutta la loro portata.69SOLI…!Gli arresti degli assassini di Jerry non allarmano più ditanto la cittadina casertana. I cosiddetti balordi sono iclassici “bravi figli di famiglia” alla ricerca di emozioni seraliforti dopo la giornata di lavoro, figli di piccoli proprietariterrieri del posto. Tre di loro hanno solo vent’anni,un altro è minorenne. Due hanno già confessato e hannofatto i nomi degli altri. Devono rispondere di concorsoin omicidio, tentato omicidio, detenzione e porto abusivod’armi.Il Consiglio comunale di Villa Literno convoca una sedutastraordinaria. Gli arresti? Nessuno ne parla! I cittadinidi Villa Literno? Assenti! I politici calati da Roma sonoandati via alla chetichella e in paese si cerca di fare il puntodella situazione. L’impressione è di ritrovarsi daccaposoli, drammaticamente. La seduta è aperta al sindacato, aivolontari e anche agli immigrati di colore. Ce ne sono unadecina. Sul tavolo dei relatori siede anche lo zaireseIsidoro detto il “sindacalista”, leader dei braccianti e promotoredella loro prima forma di organizzazione sindacale. Il linguaggioè banalmente commemorativo, a tratti ipocrita. Sicerca qualche elemento, che dìa l’idea di una svolta o perlomenodi un cenno di cambiamento. Il tentativo è quellodi capitalizzare la presenza di un pezzo dello Stato scesoa Villa Literno in occasione dei funerali di Masslo, per spuntare qualche risultato dopo le promesse, per esempio l’impegno a fargiungere finanziamenti per la costruzione di un centro diaccoglienza, che sarebbe da intitolare a Masslo, ma anchefondi per risanare il territorio, le fogne, le strade, il siste-70ma idrico, le strutture sanitarie e assistenziali. Le propostesono tante, troppe. Non si quaglierà niente in quell’afosofine agosto. E Jerry Masslo? L’impressione in quella riunioneè che appartenga già al passato!In questo quadro sconsolante, tuttavia, si rafforzano alivello nazionale i segnali di consapevolezza, e contestualmentedi un mea culpa collettivo, sull’entità del fenomenoimmigratorio. A cominciare dalla preparazione della primamanifestazione nazionale contro il razzismo prevista aRoma per sabato 7 ottobre:“È in atto una forte mobilitazione di varie organizzazionisociali, culturali e politiche per fare di quella giornataun momento di svolta ella coscienza nazionale. Il 7 ottobre

Page 41: Giulio Di Luzio

può deve diventare il principale appuntamento dimassa delle prossime settimane e segnare un data, come èstato in altri momenti, per grandi battaglie dei lavoratoriitaliani” dirà Antonio Bassolino in un’intervistasulle colonne de l’Unità.Il PCI intuisce la portata della posta in gioco e decidedi misurarsi col nodo dell’immigrazione, investendo grandienergie e tutto il suo apparato, certo di giocarsi un pezzosignificativo della sua futura credibilità nel pieno delletrasformazioni e degli avvenimenti che scuotono gran partedei regimi comunisti europei. Lo farà con coraggio dalnuovo orizzonte che gli si apre innanzi, quel nuovo corsodel partito con cui verrà battezzato l’avvio di una dura esofferta discussione interna, che porterà alla traumaticascissione del PCI in quel grigio autunno dell’89.L’impegno del partito sarà massiccio e frontale:“Il razzismo in quelle zone -affermerà Isaia Sales, segretariocampano del PCI - è l’altra parte della subcultura camorristica,dell’arricchimento violento. La lotta alla camorrapassa attraverso la lotta per i diritti sindacali, saldandobianchi e neri per sconfiggere fenomeni di sfruttamentoe caporalato”.71Le iniziative per dare visibilità agli immigrati, e soprattuttoper dar loro forza di rappresentanza e potere contrattuale,si susseguono a ritmo crescente, ovunque. Ma siprocede in un clima di approssimazione e senza un coordinamentocentrale. Si registrano tentativi da Nord a Suddi mettere toppe e soluzioni improvvisate a quel gran pentolonebollente, che il caso Masslo ha scoperchiato. A Pisa,per esempio, viene escogitato il criterio del sorteggio perconcedere 56 licenze a venditori ambulanti senegalesi! ANapoli viene proposta la istituzione di un ufficio di assistenzaagli immigrati. A metà settembre il sindacato sostienenel capoluogo campano la costituzione di unCoordinamento degli immigrati extracomunitari dellaCampania in rappresentanza dei centomila presenti nellaregione. È un altro passo per essere presenti sui vari tavoli,che si vanno aprendo un po’ in tutta Italia, a livello perifericoma anche centrale, sul tema dei diritti civili degliimmigrati. Essere presenti per contare, per decidere, perstrappare spazi, opportunità, diritti di cittadinanza. Lamanifestazione del 7 ottobre è ormai vicina. Sarà la primain Italia. Ma è ancora presto.72LO SCIOPERO

Settembre infatti coagulerà presto un evento di portatastorica sul piano sindacale, dei diritti sul lavoro ma soprattutto

Page 42: Giulio Di Luzio

sul piano etico e civile. Villa Literno ritorna sullacronaca dei quotidiani nazionali per il grande corteo dibraccianti di colore del 20 settembre ’89. Incredibile! È ilprimo sciopero organizzato, diretto e portato a termine daimmigrati irregolari di colore. È il bracciantato nero aprendere la parola. È il primo sciopero nero nella storia delmondo del lavoro in Italia e in Europa.È un evento di una portata tanto vasta che ancor oggifatichiamo a tracciarne confini e prospettive, che attraversatrasversalmente il panorama delle lotte sociali in Italia,arricchendolo con nuovi soggetti, ma anche introducendoelementi nuovi e contraddittori nelle forme di lotta e nellerivendicazioni. A prendere la parola infatti sono soggetti,che per lo Stato non esistono. Sono immigrati senzapermesso di soggiorno. Sono clandestini, secondo l’espressione coniata da quella vulgata mediatica intrisa di stereotipi, che accomunerà quasi tutta la stampa italiana.È questa la novità,che all’inizio disorienta il mondo del lavoro e la politica.Chissà che non cominci proprio con quella manifestazioneil sogno di Jerry Masslo, quel sogno stretto gelosamentee conservato fino all’ultimo istante della sua vitanelle buie baracche di Villa Literno, dopo essere fuggito daquelle dei quartieri neri della segregazione razziale del suoPaese. Ma quel sogno non si interrompe con la sua mortee anzi si rafforza e si moltiplica nelle teste e nei corpi diquel “Quarto Stato” di braccianti immigrati scesi in piazzain una giornata di lotta impensabile solo qualche meseprima, lontana anni luce anche dalle previsioni più ottimistichee rivoluzionarie prima del dramma umano e col-73lettivo di Masslo. Sono circa trecento, camminano lentamente,con rispetto per quel paesino del Sud Italia che viceversanon li ama, perché il loro dolore nasce in un maredi dolore ed essi lo comprendono appieno. Vanno verso latomba di Jerry, ancora senza nome e una croce arrugginitasopra. Jerry Essan Masslo, prima irriso dal senso comunee dalla vulgata dell’intolleranza di un razzismo criminale,che ha inquinato l’Italia in quegli anni da Nord aSud, poi celebrato solennemente durante il rito funebre allapresenza delle più alte cariche dello Stato repubblicano,e ora già dimenticato. È una vergogna che giunge fin dentrole stanze romane del Palazzo. E’ un’altra macchia sullamemoria del simbolo della lotta all’apartheid italiano. Inquei volti neri ormai familiari, in quei corpi esili che marcianodalla piazza degli schiavi verso il cimitero, in quegliocchi che spuntano orgogliosamente, eppure intimoritidall’aver osato tanto, scorgo volti, corpi e occhi che miriportano indietro nel tempo, alle lotte dei nostri nonni e

Page 43: Giulio Di Luzio

dei nostri padri, e dei nostri fratelli di un Sud a noi vicino.Lottavano per le stesse conquiste di questi nuovi bracciantidi un Sud a noi più lontano. Sembra di rivedere unvecchio film storico e neorealista. Vedo le loro mani nodosee indurite dal lavoro nei campi, mani disidratate e rugose,capaci di raccontare la storia di ciascuno. Sono le stessemani delle donne meridionali, delle raccoglitrici di olive,quasi mezzo secolo fa, al soldo di caporali e agrari e lo scenariomi sembra lo stesso. Ma riconosco anche le donne reclutate ancor oggi nei furgoni scassati dei caporali nel brindisino per la raccolta di fragole e ortaggi, donne sole, senza tutele e rappresentanza. E un sindacato in ginocchio! E tuttavia donne capaci di scrivere negli anni passati pagine appassionate per la storia del Mezzogiorno d’Italia e per la sua rinascita, come la formidabile esperienza di autogestione del trasporto negli anni ’80, che mise fuori gioco le prevaricazioni dei caporali. Quella è la nostra storia e quei neri non possono essere che nostri fratelli. Sfilano con lo stessoorgoglio, superando timori e riverenze dovute ai padroni,il padrone di ieri, il padrone di oggi. Sono gli stessi,non ho dubbi. Mi sembra di rivedere i nostri braccianti, quarant’annifa, che rinunciano alla giornata di lavoro sui latifondidegli agrari pugliesi per lottare con le coraggiose le-74ghe bracciantili del Sud, che denunciano le condizioni dilavoro disumane e chiedono il contratto e le tutele assistenziali.Sono gli stessi, non dubbi. Sono i braccianti dicolore che fermano i camion dei caporali al soldodella camorra e chiedono ad altri immigrati di scendere eunirsi a loro. È la storia di ieri, è la storia di oggi. Sono icontadini meridionali che occupano le terre e non tolgonopiù la coppola in segno di pio timore davanti ai massarie ai caporali servi degli agrari e che decidono di non recarsipiù sui campi senza aver prima contrattato il salario. Ma nei braccianti immigrati riconosco anche la storia e lalotta delle mondine emiliane nelle migrazioni stagionalisui campi di riso del vercellese dopo la Liberazione, quegliaccordi faticosamente raggiunti dal sindacato su salario,orario di lavoro, pasti e riposo nelle vecchie cascine dormitorioper le raccoglitrici di riso. È lotta per la dignità diuna comunità, ieri come oggi, di un Sud del mondo.Sembra ieri, tanto attuali e vicini sentiamo quei bracciantidi colore alla nostra memoria collettiva e al patrimoniodelle lotte dei lavoratori della terra, alla ricchezza di queidecenni indispensabili alla crescita della coscienza civiledel nostro Paese.In tanti, presunti studiosi di flussi migratori, editorialistiaccomodanti, opinionisti appollaiati nelle rassicurantiredazioni di giornali, si sforzeranno di codificare, di incasellare,ridurre a episodio lo sciopero dei lavoratori di colore.Non ci riusciranno. È uno sciopero storico per la storiadel movimento operaio europeo e non solo.

Page 44: Giulio Di Luzio

Già nella notte precedente il Coordinamento degli extracomunitaridell’area domiziana è in fermento per losciopero. Hanno volantinato durante la notte in tutte lebaracche, per far conoscere l’iniziativa di lotta a tutta lacomunità africana presente sul territorio. Una notte di discussioneper mettere a punto i particolari dello sciopero,per limare i dettagli, per realizzare una grande mobilita-75zione. È una notte per sognare, per non sentirsi soli. È unastrana notte a Villa Literno, perchè non serve nascondersicome topi impauriti o guardarsi le spalle dai “balordi” otemere incursioni della polizia o aggressioni di caporali opicchiatori in odor di camorra. È una notte veramentestrana quella notte, perché in tanti diserteranno la piazzadegli schiavi e anzi quella Rotonda, simbolo di asservimentoe negazione della dignità umana, sembrerà delinearenuove relazioni, nuove opportunità, nuovi orizzonti diconvivenza. Verso le cinque di mattina lo zairese Isidoro,detto il sindacalista, appassionato di filosofia, con un perfettol’italiano e Samir Ghariani, leader dei braccianti tunisini,cacciato da un’abitazione sotto la minaccia di unfucile, già distribuiscono volantini sulla Rotonda. Ma cisono anche Felix, intellettuale capace di discutere per oresu Darhendorf e insostituibile dalla sua bandiera dellaTerza Internazionale. Spiega che in Africa il soggetto diclasse non è l’individuo-citoyen delle società occidentali mail gruppo. Perciò chiede che i vari gruppi di diversa nazionalitàprendano la parola. Ma c’è pure il giovane somaloGabrin e poi Roger, quest’ultimo già nella guardia del corpodel Leopardo, il Presidente Mbutu. E ancora, EtienneKaque e Koutoubou Sambo e il giovane studente zairese inScienze Politiche, Armand. Sono i promotori del grandesciopero. Soprattutto, si cerca di far capire che lo scioperodeve riuscire, pena la perdita di visibilità e di prospettiveper tutti gli immigrati di colore. Quegli stessi che non voglionopiù essere invisibili e perciò richiesti dagli appetitidel caporalato al servizio della camorra. Laddove non esistonodiritti di cittadinanza, laddove ci sono soggetti chenon sono titolari di alcunché, che non possono godere dialcuna garanzia o sovranità personale, ebbene proprio lì lamano lunga della criminalità pesca a piene mani. Ma queigiovani africani non intendono stare più al gioco di essereuccelli di passaggio come i clandestini messicani che cer-76cano di varcare con tutti i mezzi possibili e immaginabiliil confine americano o i disperati albanesi e dell’Est europeostipati sulle carrette del mare, che tenteranno negli annisuccessivi di conquistare le coste pugliesi, calabresi o siciliane,

Page 45: Giulio Di Luzio

a cominciare dal primo drammatico sbarco nelporto di Bari il 6 agosto del 1991.La Rotonda di Villa Literno, la piazza degli schiavi inquel 20 settembre del 1989 riconquista per una giornata ilsuo senso simbolico scolpito nella memoria del movimentooperaio, luogo di condivisione di speranze e rivendicazionedi diritti. I furgoni carichi di immigrati vengono fermatie tutti sono invitati a scendere. Altri immigrati distribuisconovolantini, ci sono gli striscione del sindacato.I cartelloni affissi in piazza, sotto gli sguardi storti dei passanti,gridano le parole d’ordine dello sciopero: sanatoriaper i clandestini e opposizione al numero chiuso, ricongiungimentoalle famiglie e poi casa, salute, istruzione, dirittodi voto amministrativo, abolizione della riserva geograficaper i rifugiati politici, che dal ’52 ne limita l’ingressoa quelli provenienti dall’Est europeo, e investimentisull’immigrazione. Giungono a piccoli gruppi, chi inauto, chi in bici, tanti in autobus dai paesi vicini. Si incontrano,si riconoscono e si abbracciano. È una giornatadi festa, per raccontarsi le proprie storie e per uscire daltunnel dell’invisibilità e della negazione della dignità.Sanno che quella è una giornata decisiva. Caporali e padroncinisi allontanano dalla piazza, sputando a terra e bestemmiandocome animali incattiviti. Minacciano ritorsionise tutto non si risolverà al più presto. Il loro stile nonè cambiato, ma oggi devono fare un passo indietro di frontealla forza dei diritti. Accanto a loro ci sono le delegazionisindacali, c’è Antonio Pizzinato, in quegli anni segretarioconfederale della Cgil e responsabile delDipartimento Territorio sui temi degli immigrati. Da unmegafono viene letto in varie lingue il testo del volantino,77che esordisce con Fratelli, oggi è sciopero… C’è tanta polizia,troppa per quella giornata di autunno che sa di primaveratra i sorrisi dei giovani braccianti africani, che ancoranon credono ai loro occhi e un corteo di circa trecentoimmigrati. Arrivano camion, trattori, altri furgoni. Nescendono tanti di immigrati tra gli applausi generali.Arrivano i pullman organizzati dal sindacato e provenientidalla Caritas di Castel Volturno e da Quagliano. Poiqualcuno porta le trombe e comincia un comizio in piazza.Pizzinato è circondato dagli immigrati. Chiede subitoche, in attesa della nuova legge, si provveda a dar corso allasanatoria per la regolarizzazione degli immigrati presentiin Italia. Il corteo giunge al cimitero per onorare la tombadi Jerry Masslo.“Siamo qui per pregare, non fare discorsi” precisa subitoSebastian, un immigrato angolano, che comincia a leggere

Page 46: Giulio Di Luzio

in francese la preghiera che ha scritto:“Padre, siamo nelle tue mani. Qui, davanti al corpo delnostro amico assassinato, invochiamo il tuo nome. Padre,dacci la forza di vivere… Benedici gli italiani. E noi, popoloafricano”.In tanti non nascondono le lacrime. Davanti a quelmucchio di terra senza nome, il silenzio diventa tagliente.Qualcuno intona una preghiera, seguita in coro dalle paroledella canzone We shall overcome, come quel lontano28 agosto 1963 a Washington verso la Casa Bianca conduecentocinquantamila neri d’America a marciare a fiancodel pastore Battista Martin Luther King contro il sistemasegregazionista e per i diritti civili. E lo scenario e lastoria dei neri americani in lotta per i diritti civili negliStati Uniti sembrano rivivere in quello spicchio di Sud italianoarretrato e dimenticato. E allora quasi senti sullo sfondo i latratidei cani poliziotto lanciati contro gli afroamericani, chemarciano in quel settembre ’62 nell’Alabama durante lapresidenza di F. Kennedy, dove i Democratici bianchi si op-78pongono all’iscrizione di uno studente di colore nell’universitàfrequentata solo da bianchi o il calpestìo silenzioso dellemigliaia di giovani della comunità afroamericana, chesfilano lungo le strade di Lexington durante le marce peri diritti civili tra il ’60 e il ’64 nel Sud degli Stati Uniti.Così come sentiamo vicine le tante canzoni di artisti impegnaticontro la vergogna dell’apartheid, da Biko delsettembre ’80 di Peter Gabriel – una canzone che, partendodal nome di un attivista sudafricano ucciso dai bianchi,diverrà poi un inno di protesta contro la segregazione razziale-a Mandela Day dei Simple Minds dell’89, alla famosaSun city di Little Steven. E allora capisci che lo scioperoper i diritti civili a Villa Literno è tutto dentro la storia delmovimento di colore per i diritti civili, negli Stati Uniticome in Italia. L’intero Paese tremerà davanti a quelle canzoni,che faranno rabbrividire tanti italiani e la loro buona coscienza,fino a ieri al riparo -così sembrava- dall’inciviltàdell’intolleranza razziale. Poi il corteo si muove verso ilMunicipio del paesino in un clima di indifferenza tra cantiafricani e parole d’ordine sui loro diritti. Sono previstigli interventi. Ce ne saranno tanti da parte di bracciantineri di varie nazionalità. Jacob, portavoce degli immigratipresenti nella Caritas di Castel Volturno dirà:“Oggi essere neri è un crimine. Se sei vestito bene, ti diconoche vendi droga. Se sei vestito male, ti dicono che seiubriaco e che devi tornare a casa. Da oggi non vogliamopiù dover essere costretti a dormire con gli occhi aperti”.I rappresentanti del Comune di Villa Literno sono assenti.

Page 47: Giulio Di Luzio

Dacia Valent, europarlamentare comunista, non saràmolto tenera verso di loro:“Dicono che Villa Literno è un paese di uomini d’onore.È passato un mese dall’assassinio di Jerry Masslo manon conta se Jerry è sepolto senza una lapide, tanto gli amministratoridi Villa Literno sono uomini d’onore. Se iclandestini extracomunitari dormono nei casolari abban-79donati, se vengono assassinati, derubati, sfruttati da padronie caporali, non conta perché Villa Literno è un paesedi uomini d’onore”.In quello storico 20 settembre i braccianti clandestinilanceranno un appello ai lavoratori bianchi:“Noi immigrati clandestini siamo venuti in questoPaese non solo spinti dalla miseria ma anche dal desideriodi vivere in un luogo dove i diritti umani e del lavoro sianorispettati. Purtroppo in questa terra la lentezza dei poteripubblici ha reso difficile la realizzazione di questo sogno.L’incomprensione, l’atteggiamento di alcuni nei nostriconfronti ha reso difficile la nostra permanenza qui, inquesto Paese di emigranti che adesso ci accoglie, semprepiù spesso con ostilità se non con odio, anche per il coloredella nostra pelle. La nostra condizione di clandestinipermette a datori di lavoro disonesti e alla criminalità organizzatadi usarci per mettere in pericolo i diritti che, voilavoratori italiani, avete saputo conquistare sin dallaResistenza. Sappiamo che l’ostilità che ci è stata a volte dimostrataè dettata dalla paura e non dalla malvagità. Noi,immigrati clandestini, non siamo perciò disposti a esserestrumenti per far arretrare i vostri diritti. Per questi motivioggi scendiamo in sciopero. Chiediamo di appoggiarcii questa lotta. Lo chiediamo a ognuno di voi, alle vostreorganizzazioni sindacali e di massa, consapevoli che i lavoratoriitaliani hanno una grande tradizione di lotta democraticae di solidarietà.Uniti si vince”.Antonio Pizzinato ricorda a tutti che la storia non siimprovvisa e che “…oggi per la prima volta, scioperandoavete utilizzato un diritto che i lavoratori italiani si sonoconquistati con una guerra di Liberazione …È una giornatache segna un mutamento e le istituzioni devonoprenderne atto…Lo sciopero è una svolta per i lavoratoriimmigrati extracomunitari e impone al sindacato di affrontare,nei rinnovi contrattuali e nel contenuto delle80piattaforme, il problema dei pari diritti e opportunità econdizioni per gli extracomunitari e gli italiani”.Durante la serata dalla Puglia giungono i giovani chehanno allestito il campo di accoglienza “Jerry Masslo” per

Page 48: Giulio Di Luzio

i braccianti di colore a Stornara, nel foggiano, dal 12 al 22settembre. Portano con sé un grande striscione in memoriadel simbolo dell’apartheid italiano.Quei giovani sognatori di colore capiscono di non esserepiù soli e che qualcosa sta cambiando. Non sarà un casose la Fiat comunicherà, proprio in quei giorni, ai primiquattro immigrati di colore nella storia della multinazionaletorinese, due egiziani e due marocchini, l’esito positivodei colloqui per la loro assunzione come tornitori. Unindicatore infallibile del cambiamento in corso!E tuttavia una parte della stampa continua a prestarsi aun gioco che si rivelerà ben presto equivoco, quando nondichiaratamente sporco e allarmistico, agitando temi eproiezioni di quella sociologia del razzismo, che pare esserediventato esercizio preferito di tanti studiosi di immigrazione.Titoli a sei colonne su stime che dipingonoscenari futuri di flussi biblici e invasioni di massa in Italia(venti milioni tra vent’anni), a fronte dei seicentomila regolaristimati al dicembre ’88, giungendo a parlare diadesioni emotive ai problemi degli immigrati.I segnali che si registrano sono, com’era prevedibile,contraddittori. Lo sciopero ha senza dubbio segnato unavittoria per il Coordinamento degli immigrati, ma servedare continuità all’azione. Ogni pausa sembra produrre arretramenti.Nonostante l’imminente prima grande manifestazionenazionale contro il razzismo, costruita a partiredall’assassinio di Jerry Masslo, l’aria non è cambiata. Leminacce piovono sugli organizzatori dello sciopero. La camorraregistra con fastidio i fatti di quei giorni, reagendoa suo modo. Solo qualche giorno dopo alcuni leader delmovimento bracciantile nero saranno avvicinati da giovi-81nastri al soldo dei clan con le parole: “State attenti, vi riempiremodi piombo”, una minaccia firmata dalla camorra,che evidentemente preferisce l’invisibilità dei braccianti,cioè la loro ricattabilità, alla titolarità di diritti che essirivendicano. L’indifferenza cresce. Si ha l’impressione diessere ripiombati nell’anonimato e che le parole abbianolasciato posto al vuoto. I braccianti immigrati si raccolgonointorno a Isidoro Mobey Longo, leader del movimento,che chiede un incontro urgente in Prefettura per affrontarel’emergenza su temi come la casa, la sanità, l’istruzione.Le proposte continuano ad accavallarsi, mapuntualmente non trovano esiti concreti. Il sindacato confederalechiederà al comune di Villa Literno l’acquisizionedi diecimila metri di terreno per costruirvi un centro di accoglienza.In questa direzione alcune chiese stanno tentandodi ricostruire una mappa delle case sfitte e il vicesindaco

Page 49: Giulio Di Luzio

vorrebbe mettere a disposizione dei braccianti unascuola abbandonata situata in un comune vicino. Ma lorocontinuano a vivere tra le lamiere di casolari abbandonatitra le campagne di un Sud, che fatica a far sentire la propriavoce.82TUTTI A ROMA

È la prima grande manifestazione di portata nazionalecontro il razzismo e per i diritti dei migranti nella storiadella vicenda immigratoria italiana, una manifestazionepensata e organizzata da Cism Arci, Italia Razzismo, IlManifesto e l’associazione “Nerononsolo!” di Caserta, a partire dal dramma umano ecollettivo del giovane rifugiato politico sudafricano conla parola d’ordine: Insieme per un futuro senza razzismi.Simbolicamente il corteo dei duecentomila partecipantisarà aperto da una folta presenza di immigrati provenientida Villa Literno e della Campania con uno striscioneche recita “Mai più notti buie come quella di VillaLiterno”.È un popolo che tesse una nuova socialità, che sostieneun’idea possibile di convivenza multietnica, che riconoscele ragioni dei nuovi arrivati e rigetta l’ombra dell’apartheiditaliano. Indietro non si torna, dicono i manifestanti e indietronon si tornerà, si incaricherà di dimostrare la storiadegli anni futuri. Tre ore di marcia da Piazza Esedra fino aPiazza del Popolo nello scenario colorito di una capitaleeuropea, che intende riprendersi il ruolo di culla delle cultureed estenderlo fino al paesino più periferico del Paese,nonostante l’impazzimento di svaccate istanza autonomiste,che proprio nei temi dell’immigrazione sembrano pescaretorbidamente proclami razzisti e campagne discriminatorie.Ci sono tutte le espressioni di quella società civilemessa a nudo dall’assassinio di Jerry Masslo e finita in uncantuccio con la sua credibilità di facciata, ma oggi certadi fare la sua parte e di giocare fino in fondo il suo ruolonegli avvenimenti che in quei mesi apriranno in Italia la85strada a nuove sensibilità e getteranno i semi per una nuovacoscienza civile su un fenomeno fino a qualche giornoprima comodamente rimosso.Il gelo del razzismo all’italiana, quasi un marchio, tra itanti, del Made in Italy, quello dell’intolleranza e del sospetto,che segnerà una pagina grigia per il nostro Paese inquegli anni, si scioglie come neve al sole in quell’ondata irruentadi migliaia di persone e cittadini del mondo, cheraccolgono adesioni a 360 gradi tra associazioni laiche ecattoliche, gruppi politici e di volontariato, sodalizi spontanei,in tutto circa novecento, partiti della sinistra, Verdi,

Page 50: Giulio Di Luzio

il sindacato confederale, associazioni di immigrati,Caritas, Acli, Arci, DP, Siulp, antimilitaristi e tutta la galassiadell’autorganizzazione politica della sinistra di classe,gruppi locali e culturali. Scende in strada l’Italia dellatolleranza e della condivisione, l’Italia dei fratelli immigrati,dei valori di un’idea di convivenza possibile e praticabileal di là delle generiche enunciazioni di principio. Lacondanna del razzismo si legge nei volti di chi lancia gridadi rabbia, ma anche nei silenzi di chi partecipa a testa bassa,nella preghiera come nella denuncia, nella dimensioneorizzontale della lotta, ma anche in quella verticale della fede.Si sente nei passi di chi marcia orgogliosamente, perchénon vuol credere di vivere in un Paese inospitale. Sonopassi di lotta, sono passi di pace. È un’Italia repubblicanae solidale, quella che vien fuori dalla grande manifestazionedel 7 ottobre 1989 a Roma, che si riconosce nel sognodi Jerry Masslo e dell’intera comunità di immigrati presentiin Italia, che vuole lanciare un ponte con quel mondo,che tende una mano verso di loro, che si sforza di lavarsidal fango infamante del razzismo.Da domani sarà un altro giorno e tutto cambierà, pensae immagina quel popolo gioioso giunto a Roma nel sabatopomeriggio di un autunno carico di promesse traPiazza Esedra e Piazza del Popolo. Ma non sarà così faci-86le e quel sogno faticherà a mutarsi in realtà, nella quotidianitàe nell’affermazione di diritti e dignità, perché èforte e vicino il dolore che ciascun migrante porta addosso…il dolore di uno, il dolore di tanti. Lo senti dentro,lo senti sulla pelle. È il dolore per la fuga, l’abbandono delPaese e dei propri cari, la persecuzione, l’odio, la violenza, la prigioniaper un’idea… l’idea di uno, l’idea di tanti. Non basteràla realtà della manifestazione nella capitale di unapotenza industriale come l’Italia ad allontanare lo spettrodel razzismo.Organizzazioni di matrice cattolica marciano a fiancodi gruppi politici di sinistra e le loro sensibilità sulla vicendaimmigratoria italiana si mischiano in un sentimentocomune, una partecipazione collettiva di fronte aldramma umano e politico di chi scappa dalla propria terraper fame e carestie, guerre e conflitti interni, disastriambientali e squilibri demografici, dittature e violazionidei diritti umani, persecuzioni politiche e religiose, di chifugge pensando all’occidente e alle sue lusinghe, che giungonointriganti fin dentro le tribù più lontane e apparentementeirraggiungibili del Terzo Mondo. Dialetti tribali eidiomi metropolitani si accavallano in una babele di lingueche accomunano il senegalese, che lavora nelle fonderie

Page 51: Giulio Di Luzio

di Vicenza, dove guadagna lo stesso stipendio degli italianima con più ore di lavoro, al giovane sudanese, che faticaa trovare una casa nella ricca Modena dell’Emilia rossaperché non vogliono dargliela, dal docente di Fisica delloSri Lanka, scappato dalla guerra e finito a lavare i piattinelle case dei ricchi palermitani, allo studente angolano,ora cameriere in Costa Smeralda. E poi tunisini, somali efilippini, sudafricani e profughi dell’Est europeo, palestinesi,irakeni e iraniani, marocchini, uruguaiani e cileni…!Non siamo che all’inizio di una presa di coscienza collettivarispetto all’impatto traumatico con le storie di migrantie migrazioni e, più in generale, di un fenomeno che87sfugge alle semplificazioni ideologiche, ai proclami dellapolitica e alle speculazioni massmediatiche. Spesso abbiamodi fronte immigrati, come il caso di Villa Literno dimostra,con un livello superiore di istruzione, conoscenzadi due o tre lingue e certamente integrare come braccianteagricolo un docente senegalese di informatica o un ingegneresudanese deve creare più problemi di quanti neabbia posti negli anni Venti inserire un contadino analfabetadel Sud Italia in qualche panetteria di New York o neglianni Sessanta un giovane disoccupato pugliese o calabresenelle grandi fabbriche della Germania o nei cantieriedili di Belgio o Svizzera. Bruno Trentin, segretario generaledella Cgil, chiederà la sanatoria per gli immigrati presentie il diritto di voto amministrativo, l’abolizione dellariserva geografica per i rifugiati politici, la soluzione deidrammi della casa, del lavoro e della salute, mentre la condannadel Trattato di Shengen, che viceversa il Presidentedel Consiglio Andreotti e il Ministro degli Esteri DeMichelis si dicono pronti a sottoscrivere, viene ribaditasenza riserve da tutte le realtà ed esperienze presenti.I Paesi ricchi e annoiati devono dare una risposta aquella parte del mondo: è un dovere civile ed etico, anzichépretendere di non essere disturbati nei loro sonni tranquillitra guanciali freschi di bucato, da quella massa vociantein fuga dal dolore e dalla disperazione. È anche questoil messaggio della grande manifestazione romana.Slogan e parole d’ordine contro l’apartheid e perMandela libero, per il diritto di voto amministrativo agliimmigrati presenti in Italia e un no corale al numero chiuso.Sul palco ci sono un po’ tutte le anime del movimentoantirazzista, da Dacia Valent a Pizzinato a Trentin, daAbba Danna del Coordinamento Immigrati Sud delMondo a Nehhmer Hammad, rappresentantedell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina inItalia e così via. Alla lettura del messaggio inviato da

Page 52: Giulio Di Luzio

88Desmon Tutu la piazza esplode. Si animerà anche alla notiziadella presenza in corteo prima e alla sua vista sul palcopoi, di Tommie Smith, glorioso atleta di colore entratonella leggenda del mondo dello sport per la sua vittorianella gara dei 200 metri piani alle Olimpiadi di Città delMessico nel 1968, ma soprattutto per il coraggio civile epolitico del suo pugno guantato di nero proteso verso l’altoalle prime note dell’inno americano, proprio sul gradinopiù alto del podio olimpionico a denunciare il razzismoe l’apartheid. Un gesto che gli costerà molto negli annisuccessivi nella democratica società americana, con l’espulsionedalla federazione statunitense di atletica leggera e l’emarginazionesancita contro di lui dal patinato mondodello sport americano e dall’opinione pubblica benpensantecome elemento pericoloso e perturbatore, così come diràlo stesso Tommie Smith. Un gesto che però gli aprirà unnuovo percorso di vita e di impegno sociale, portandoloanni dopo alla cattedra di Sociologia dello Sport a SantaMonica in California.Tutto avverrà in un pomeriggio bagnato da un’insistentepioggia romana di un autunno capace di raccontareun altro volto dell’Italia, una nuova geografia della solidarietàsul finire di quegli anni ’80, ma anche un nuovoterreno comune di rivendicazioni e lotta tra i lavoratorieuropei e gli esiliati del Sud del mondo. È una pioggerellinafitta, che fa stare più stretti per sentirsi più forti e piùnumerosi dei duecentomila presenti, mentre il serpentonesfila tra gli edifici romani del centro storico e i Palazzi grigie ipocriti della politica.Quello che verrà ribadito è un passaggio di civiltà urgentee necessario, un vero e proprio salto di paradigmanella concezione stessa della società italiana nel suo rapportocon i nuovi arrivati e nella rivisitazione della categoriastessa di cittadinanza. Il giorno successivo alla grandeiniziativa antirazzista l’entusiasmo è alle stelle nelle stanze89del sindacato, della Fgci, di “Nero e non solo”! e già si pensa auna Convenzione nazionale antirazzista e per i diritti civili.Ma qualcuno ripensa alla giornata appena trascorsa trale paure e le incertezze per quella grande scommessa, quelgrande salto nel vuoto, quel coraggioso slancio senza paracadutein un precipizio, che può rivelarsi fatale e mortaleper tutto il movimento antirazzista italiano in un climadifficile, che mette alla prova il coraggio di migliaia di coscienzeirriducibili all’idea che l’Italia abbia potuto partoriregli aborti del razzismo e dell’intolleranza. Quell’Italiasi troverà di fronte qualcosa di inedito e fino a ieri impensabile:

Page 53: Giulio Di Luzio

sarà la prima grande manifestazione nazionale nelnostro Paese. Ma vincerà quel coraggio e i germi della convivenzacominceranno ad attecchire nella società italiana.La Cgil, attraverso Antonio Pizzinato, si impegnerà ad assumerea tempo pieno sindacalisti immigrati tra gli esponentidi quelle esperienze maggiormente esposte in Italia eil settore immigrazione del sindacato comunista verrà affidatoa Fausto Bertinotti.E tuttavia l’impennata di interesse per l’argomento, chescuote anche il mondo dell’informazione -solo fino a qualchemese prima assente- sforna sondaggi e diagrammi suirimedi da adottare di fronte ai flussi immigratori, da cuiemerge un quadro poco confortante degli italiani, fatto dipregiudizi antichi a morire e luoghi comuni su zingari eimmigrati di colore. Uno scenario che, nonostante la manifestazioneromana, non induce a scatti di ottimismo nelmomento in cui tre italiani su quattro ritengono che glistranieri presenti in Italia siano troppi e due su dieci si diconotranquillizzati all’idea di non avere immigrati in casa,pur in presenza di posti di lavoro a disposizione. Un indicatoreinequivocabile di xenofobia!Il tema della salute resta un nodo centrale per i bracciantidell’area domiziana, che occuperà un posto importantenelle rivendicazioni della manifestazione romana, in90cui sarà sottolineata la mancanza nell’area di Villa Liternodi un centro sanitario e l’assenza di un ospedale in tuttala USL 19 “competente” per otto comuni e ottantamilaabitanti!Proprio nell’ottobre dell’89, per rispondere all’emergenzasanitaria, nasce a Castel Volturno l’Associazione divolontariato medico-sociale “Jerry Masslo”, che raccogliealcuni giovani medici decisi a dare una risposta al dirittoalla salute degli immigrati presenti. L’associazione, ideatadal medico di Casal di Principe, Renato Natale, costituisceun’esperienza di frontiera che si consoliderà negli anni comeun efficiente e coraggioso presidio sanitario per le migliaiadi immigrati che vi transiteranno.Sulla manifestazione romana interverrà Pietro Ingrao,sviluppando una riflessione con le sue lucide e appassionateparole, attraverso un articolo pubblicato su l’Unità:“Cari bianchi, gli invasori siamo noi -dirà in una idealelettera, che ha il sapore di un severo ammonimento versotutti i bianchi.- …io dico che c’è un capovolgimentodella vicenda storica. Non sono loro che ci ‘invadono’.Siamo noi che li abbiamo invasi dai tempi di Colombo.Siamo sbarcati e abbiamo occupato… anche quando è cessatal’occupazione politica di intieri continenti, abbiamo

Page 54: Giulio Di Luzio

per anni rapinato il loto petrolio pressoché a costo zero eoltre a frugare nel loro sottosuolo, abbiamo saccheggiato leloro foreste e abbiamo venduto a loro danaro a strozzo, facendopagare salata la nostra modernizzazione. Tutto questo,bruciando e sradicando costumi, culture, paesaggi.Abbiamo venduto armi a Paesi del Terzo Mondo per attizzareguerre e dividerli e contemporaneamente per guadagnarequattrini sulle guerre…ormai non sta più in piedineppure il discorso della ‘civilizzazione’, cioè della lorolenta e progressiva omologazione al modello di sviluppo diquesta civiltà occidentale”.“Ora -conclude Ingrao- dopo che li abbiamo sradicati,91pensiamo davvero di alzare il ponte levatoio delle nostreciviltà e chiudere le porte? Oppure costruire nuovi ghettio recinzioni speciali? Per quanti di loro? E soprattutto perquanto tempo? Perciò la strada del razzismo, dei ghetti eanche dei numeri chiusi, non solo è immorale e assurda,ma alla fine è impraticabile… bisogna sapere che di fronteall’evento che è iniziato, dovranno cambiare le nostreregole e le nostre forme di aggregazione e quindi noi stessi.Mi sembra evidente che dovrà cambiare il sindacato,non solo aprendo le sue file ma, appunto per questo cambiamento,la trama delle sue rivendicazioni. La stessa questionedei diritti si estende e si complica, perché ci sarà bisognodi mettere in campo nuove parità ma anche nuovedifferenze…e allora se non vogliamo fermarci a qualcheconcessione, o se mai al soccorso e alla carità, dobbiamoriconoscerli, cioè conoscere la loro storia e la ragione profondadel loro sbarcare qui da noi, del loro ‘viaggio’.Diventa davvero soggetto di diritto chi viene riconosciutonella sua storia, nella sua ‘uguaglianza-diversità’, nel suopossibile divenire, perché solo così il diritto non è precariaconcessione e può diventare diritto-potere…”92L’INFORMAZIONE…!Certamente la vicenda che si snoda a Villa Literno e nelcasertano, per giungere alla morte di Jerry Masslo e protrarsinegli anni successivi, costituisce una pagina pococonfortante per l’informazione in Italia. Sarà la prima intema di immigrazione, scritta tra copioni mediatici, stereotipiculturali, sindrome da immigrazione clandestina edetnocentrismo linguistico (extracomunitario, vu’cumpra’…), corresponsabile nella definizione del clima diintolleranza di quella stagione, ieri come oggi. Sarà il primotest di un lungo percorso, che confermerà nel tempoil ruolo determinante dei media nella determinazione dell’immaginariocollettivo negativo, costruito tutt’intorno al

Page 55: Giulio Di Luzio

fenomeno immigratorio. Un ruolo affidato spesso a pennivendolicorteggiati dal potere politico e mediatico, prezzolatial servizio dei nuovi imprenditori del razzismo, dagli opinionmaker della destra, raffinatisi un po’ negli ultimi tempi,ai tanti sinceri democratici di una parte della sinistra,pregni non meno di diffidenza e sospetto verso gli immigratie spesso interfaccia intellettuale della borghesia illuminataincline a un’accoglienza di facciata e ipocrita. Sonoloro a costruire – con semplificazioni artificiose, stereotipiconfezionati e rimodellati a misura dei tempi e delle circostanze,categorie etnocentriche destituite di ogni supportoscientifico – tutta l’architettura mediatica, su cui sifonda il terrore di ipotetiche invasioni, che alludono allariduzione dei nostri spazi vitali, da parte di immigratisempre chiamati clandestini e mai irregolari, come sarebbecorretto dire o scrivere nelle peggiore delle ipotesi. Un terroreinstillato quotidianamente da carta stampata e televi-134sione, capace di condizionare l’orizzonte culturale diognuno di noi, soprattutto in assenza di un retroterra diesperienze e conoscenze dirette in materia. Negli ultimi anni si sono moltiplicaterichieste e appelli rivolti alla FederazioneNazionale della Stampa Italiana e all’Ordine deiGiornalisti sul delicato rapporto tra informazione e immigrazione,nel tentativo di promuovere delle Carte dei principied etica del giornalismo, tra cui la Dichiarazione d’impegnoper un’informazione a colori del ’94, la Carta diErcolano del ’95, le Raccomandazioni per un’informazionenon razzista del ’96. Tutte queste enunciazioni di principiosono rimaste largamente disattese nel mondo dell’informazioneitaliana e, di fatto, non hanno trovato riscontronella pratica quotidiana all’interno delle redazioni! Si invitavanoi cronisti, per esempio, a non alimentare – e anzi acombattere – gli stereotipi culturali, evitando discriminazioninel linguaggio e nella titolazione, ad astenersi da giudiziin assenza di prove, a non utilizzare categorie etnocentrichecon la supposta superiorità del pensiero occidentalee così via. Ma i giornalisti italiani hanno preferitomuoversi in tutt’altra direzione, come confermano i risultatidella ricerca condotta tra il ’98 e il ’99 dal CentroStudi Interculturali dell’Università di Verona, confortatidel resto da successive verifiche effettuate nei primi annidel 2000. Le verifiche dei risultati descrivono uno scenario assai cupo: i media italiani,cioè, tendono alla spettacolarizzazione della notizia, al sensazionalismoe alla drammatizzazione dell’evento quandoparlano di immigrazione, grazie a un sussidio terminologico,che la dice lunga sulla qualità dell’informazione. Unasequela di stereotipi e facili equazioni lessicali che hanno

Page 56: Giulio Di Luzio

contribuito non poco alla percezione collettiva del fenomenoimmigratorio come insieme di fatti con caratteristi-135che negative. È evidente che al di là della realtà scientificae della rigorosa ricerca sul campo, con cui è possibile spiegaredinamiche e caratteristiche del pianeta immigrazione,conta molto più ciò che si fa credere! Non si tratta infattidi acquisire crediti scientifici, ma di condizionare consensisociali ed elettorali. Perciò bisogna confezionare un prodottoben appetibile per l’opinione pubblica sulla basedelle linee politiche adottate in tema di immigrazione, chepoi si traduca in consenso nel segreto delle urne.Naturalmente il tema immigratorio è solo una delle componentiattraverso cui si intercetta la preziosa merce delconsenso! Intanto il buonismo dilaga: entrino pure, dirannoin tanti, perché servono a coprire i lavori più sporchi eindesiderati dagli italiani. L’informazione starà tutta dentroquesto quadro poco confortante per un Paese civile euna potenza industriale come l’Italia, soprattutto nel sostenerele presunte virtù degli italiani come popolo mite eincline all’accoglienza. Certo è che il gioco al massacro sui media si faràsempre più duro negli anni, grazie anche alla miopia delleforze politiche democratiche e di una parte della sinistranel far proprie le ragioni di migranti e migrazioni. Unapolitica che, avendo perso progressivamente per strada gliarnesi di un’analisi di classe, non potrà sottrarsi al gradualeprocesso di affiancamento alla destra nella lettura del fenomenoimmigratorio. Non riuscendo, cioè, a ribaltarequel punto di vista, avendone accettato la filosofia di chiusura,sia pur con differenze poco consistenti, si ritroveràdunque a rincorrerla sul suo terreno, esibendo con l’ipocrisia del suo senso di responsabilità–vedi la stagione del Ministro Enzo Bianco al Viminale nel precedente governo di centro sinistra- i numeri delle espulsioni dei clandestini, quasi facendo a gara nel comune valoredella fermezza e di una visione condivisa, quella dell’esclusione.Questo contesto consentirà a gran parte dellastampa italiana di acquisire un ruolo centrale 136nella definizione di un clima disospetto, quando non addirittura di aperta xenofobia, alimentatasoprattutto da una parte della stampa, quella leghistae dichiaratamente neorazzista in prima linea nel sostenerevere e proprie campagne di pestaggio mediatico.Tanto più che la cultura del primato della sicurezza fa capolinoprima, si afferma poi con decisione tra i leader diuna parte consistente della sinistra storica italiana, divenutanel frattempo anticomunista.La semplificazione mediatica extracomunitario-clandestino-criminale, anche per chiunque non sia in possesso di

Page 57: Giulio Di Luzio

documenti, si spoglia di qualsiasi legame razionale e scientifico.Diverrà un copione mediatico dato in pasto all’opinionepubblica che, a sua volta, si scaglierà contro l’immigrazioneclandestina, ossatura di una vera e propria sindromeda invasione!137