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Auguri Terzo Stormo 81 anni di impegno e lavoro dell’Arma Azzurra Articolo a pag.14 e 15 L’EDITORIALE di Diego Cordioli GIUGNO 2012 Registrazione al Tribunale di Verona n. 1838 NOTIZIARIO DI INFORMAZIONE DEL COMPRENSORIO VILLAFRANCHESE NUOVE MISSIO- NI, NUOVI DE- COLLI Vola ad alta quo- ta questo numero del Giornale di Vil- lafranca. Inizia infatti la nuova colla- borazione con l’Aeronautica militare, che vedrà ogni mese la presenza di una intrepida rubrica curata diretta- mente dal Terzo Stormo. Arruolati tra i nostri fedeli lettori e collabo- ratori, anche i membri delle Forze Armate che planeranno con noi sulle notizie e sui fatti del territorio vil- lafranchese. I “quattro gatti”, così chiamati per il loro stemma che pre- senta due gatti neri su sfondo bianco e due gatti bianchi su sfondo nero, sono presenti, con la denominazio- ne di Terzo stormo, a Villafranca, dal 1954 e forniscono servizi di suppor- to logistico e relativi alla navigazione aerea, occupandosi naturalmente an- che di attività di natura più stretta- mente militare. La loro missione, per il nostro giornale, sarà quella di rac- contare a voi lettori, il loro lavoro e gli eventi a cui prendono parte. Una sinergia, tra il mondo civile e quello militare, resa possibile dagli strumen- ti del comunicare e dalla dedizione di entrambi alla causa comune. Voi che ci leggete, avrete notato che ogni mese cerchiamo di proporvi sem- pre contenuti innovativi e nuovi, che siamo instancabili nel desiderio di in- formarvi e nell’aumentare in qualità e quantità, le rubriche che vi propo- niamo. La partecipazione al nostro giornale del Terzo Stormo non è la sola novità: da questo numero infat- Bar - Pasticceria - Caffetteria C. so Garibaldi, 79 - Villafranca di Verona (VR) tel. 045 2226007 www.pasticcerialadolcevita.com OGNI SABATO MUSICA LIVE CON BUFFET OFFERTO › segue pag. 2 Il gioco delle tre carte, Rif lessioni sull’IMU articolo a pag. 2 PRIMO PIANO Intolleranze alimentari e salute CULTURA dell’ALIMENTAZIONE articolo a pag. 25 Il diritto alla salute nella Costituzione articolo a pag. 17 GIUSTIZIA & LEGALITA’ Terremoto: come reagire alla paura SOCIETÀ & PSICOLOGIA articolo a pag. 13 Violenza e abuso sui minori articolo a pag. 16 SCUOLA & ISTRUZIONE La cocaina e i danni correlati SOCIETÀ & DIPENDENZE articolo a pag. 12 Il Colonnello Roberto Poni GDV GIUGNO 2012.indd 1 25/06/2012 14:04:30

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Auguri Terzo Stormo81 anni di impegno e lavoro dell’Arma Azzurra

Articolo a pag.14 e 15

L’ E D I TO R I A L Edi Diego Cordiol i

GIUGNO 2012Reg is t raz ione a l Tr ibuna le d i Verona n . 1838

N OT I Z I A R I O D I I N F O R M A Z I O N E D E L C O M P R E N S O R I O V I L L A F R A N C H E S E

NUOVE MISSIO-NI, NUOVI DE-COLLI

Vola ad alta quo-ta questo numero del Giornale di Vil-

lafranca. Inizia infatti la nuova colla-borazione con l’Aeronautica militare, che vedrà ogni mese la presenza di una intrepida rubrica curata diretta-mente dal Terzo Stormo. Arruolati tra i nostri fedeli lettori e collabo-ratori, anche i membri delle Forze Armate che planeranno con noi sulle notizie e sui fatti del territorio vil-lafranchese. I “quattro gatti”, così chiamati per il loro stemma che pre-senta due gatti neri su sfondo bianco e due gatti bianchi su sfondo nero, sono presenti, con la denominazio-ne di Terzo stormo, a Villafranca, dal 1954 e forniscono servizi di suppor-to logistico e relativi alla navigazione aerea, occupandosi naturalmente an-che di attività di natura più stretta-mente militare. La loro missione, per il nostro giornale, sarà quella di rac-contare a voi lettori, il loro lavoro e gli eventi a cui prendono parte. Una sinergia, tra il mondo civile e quello militare, resa possibile dagli strumen-ti del comunicare e dalla dedizione di entrambi alla causa comune. Voi che ci leggete, avrete notato che ogni mese cerchiamo di proporvi sem-pre contenuti innovativi e nuovi, che siamo instancabili nel desiderio di in-formarvi e nell’aumentare in qualità e quantità, le rubriche che vi propo-niamo. La partecipazione al nostro giornale del Terzo Stormo non è la sola novità: da questo numero infat-

Bar - Pasticceria - Caffetteria

C. so Garibaldi, 79 - Villafranca di Verona (VR)tel. 045 2226007

www.pasticcerialadolcevita.com

OGNI SABATOMUSICA LIVE

CON BUFFET OFFERTO

› segue pag. 2

Il gioco delle tre carte,Riflessioni sull’IMU

articolo a pag. 2

PRIMO PIANO

Intolleranze alimentarie salute

CULTURA dell’ALIMENTAZIONE

articolo a pag. 25

Il diritto alla salutenella Costituzione

articolo a pag. 17

GIUSTIZIA & LEGALITA’

Terremoto: comereagire alla paura

SOCIETÀ & PSICOLOGIA

articolo a pag. 13

Violenza e abuso sui minori

articolo a pag. 16

SCUOLA & ISTRUZIONE

La cocaina e idanni correlati

SOCIETÀ & DIPENDENZE

articolo a pag. 12

Il Colonnello Roberto Poni

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Primo Piano 06 122

A cura di Diego Cordioli

ti ci occuperemo anche di psicoanalisi. Pronti per co-ricarvi insieme a noi sul let-tino dell’analista? La rubrica dedicata alla psicologia sarà curata dalla psicologa clini-ca e sessuologa, dottores-sa Giuliana Guadagnini. In questo numero si occupa di un tema tragico e delicato che ha scosso l’Italia intera nell’ultimo periodo: quello dei terremoti, analizzando i loro effetti psicologici, la paura, l’ansia, l’attacco di panico che scatenano e le diverse fobie, semplici e complesse, ad essi colle-gate. Tutti noi sentendo la terra tremare siamo stati posti davanti alla nostra vulnerabilità e al fatto di essere inermi di fronte ai movimenti, con conse-guenze spesso terribili, del suolo. Particolari attenzioni durante le scosse sismiche devono essere rivolte ai bambini, per rassicurare le loro angosce. La dottores-sa Giuliana Guadagnini en-tra a far parte del team del giornale e dedicherà la sua rubrica ai fatti d’impatto psicologico più rilevanti del momento. Continuerete a leggere il parere dei nostri esperti di economia, dei nostri dottori, ma anche dell’uomo comune e del lettore, invitato sempre a partecipare attivamente e a sottoporci i fatti che ritiene di maggiore interesse. Pro-segue l’esplorazione nell’al-lucinata e perversa realtà delle droghe, con il profes-sor Giovanni Serpelloni, del Dipartimento per le Poli-tiche Antidroga della Pre-sidenza del Consiglio dei Ministri, continua il nostro impegno nell’ambito del sociale e daremo sempre risalto alle associazioni del territorio e alle loro inizia-tive. Anche il Procuratore Enrico Buttitta, con i suoi racconti e le sue riflessioni sui temi della legalità, conti-nuerà a tenerci compagnia e Anna Lisa Tiberio anime-rà sempre vivacemente il dibattito sul mondo delle scuole e dell’istruzione. La nostra squadra è pron-ta per il decollo: allacciate le cinture e tenete vigili la curiosità e l’attenzione: il viaggio tra le ultime notizie della realtà villafranchese ha inizio! Diego Cordioli

...continua da pag. 1

L’ E D I TO R I A L E

E’ davvero tutto oro quello che luccica? La domanda ci interpel-la da quando il sindaco Faccioli ha comunicato che per il 2012 i cittadini di Villafranca non verse-ranno nemmeno un euro di IMU sulla prima casa. Il tam-tam, av-viato dal primo cittadino duran-te le feste di chiusura dell’anno scolastico alle scuole materne (che abbia confusione sui contri-buenti?), proseguita dall’ambone della chiesa di Rosegaferro (che sia intervenuta una vocazione profetica?) e terminata con im-barazzanti sms informativi inviati direttamente dagli assessori ad alcuni cittadini (per informazio-ni si chieda ad Alpo), ha fatto il giro della piazza e delle frazioni prima di trovare conferma nel-

la conferenza stampa congiunta con molti rappresentanti della maggioranza. Una buona notizia, quindi, che

nel grigiore politico attuale ha ridonato il sorriso a molti che in questo periodo schiumavano rabbia a causa della crisi. La via tracciata da Marano di Valpoli-cella (primo comune del Veneto ad esentare il versamento IMU sull’abitazione principale) è stata seguita dal nostro comune. Tut-tavia il fatto che questa decisio-ne sia stata presa a pochi mesi dalle prossime elezioni ammi-nistrative lascia più di qualche dubbio circa l’autentico spirito dell’iniziativa. Non è che si tratta dell’ennesima trovata pre-elet-torale tipo quella fatta da Berlu-sconi quando tolse l’ICI? Non è forse un altro specchietto per le allodole che dura il tempo di po-chi mesi senza badare alle con-seguenze future? Va ricordato che il governo

Monti ha introdotto l’IMU per evitare il default dell’Italia, cer-cando di reperire ingenti risor-se e far fronte alle pressanti richieste dell’Unione Europea. Anziché agire su una tassa patri-moniale ha optato per gravare gli immobili, imponendo aliquo-te diverse a seconda dei casi. Ha preferito, cioè, non incidere sui redditi delle persone, reintrodu-cendo invece un’imposta che il

Cavaliere aveva troppo veloce-mente (ed elettoralmente) tolto, accelerando la crisi economica del Paese. E per questo motivo il governo centrale (che riceve-rà la metà del gettito IMU, l’altra metà spetta invece ai comuni) attende dal comune di Villafran-ca una certa quantità di denaro, derivante dall’IMU.Se dunque i proprietari di pri-

ma casa non verseranno nulla, come potrà essere garantita a Roma questa somma? E come potrà il comune tenere in equi-librio il bilancio senza ridurre i servizi alla popolazione? E poi: che effetti avrà questa scelta sui prossimi anni? Ma soprattutto: si tratta di una decisione giusta ed equilibrata oppure punisce eccessivamente alcune categorie di persone? La risposta arriverà entro la fine del mese, quando il consiglio comunale dovrà votare il bilancio preventivo dell’Ente per il 2012. Un dato per ora è certo: la

giunta guidata da SuperMario ha stabilito l’incremento (sarebbe meglio dire il raddoppio) dell’ad-dizionale comunale sull’IRPEF, portandola dall’0,4% allo 0,7% (vale a dire un aumento del 75%). Cosa significa questo? Che tutti i proprietari di abitazione princi-pale non verseranno l’IMU 2012 ma tutte le persone percettrici di reddito dovranno versare al

comune quasi il doppio di quan-to sinora pagato. Va sottolineato che il comune non fa alcuna di-stinzione tra chi è proprietario di mega ville o di piccoli appar-tamenti, equiparando situazioni molto diverse tra di loro. Mentre ad essere maggiormente colpiti saranno i titolari di redditi fissi, a cominciare da operai, impiegati e pensionati. Soprattutto se essi vivono in affitto, perché in tal caso non beneficeranno nem-meno dell’esenzione sulla casa di proprietà. Insomma, questa amministra-

zione con una mano dà e con l’altra toglie. Però vuole ancora raccontare che “non mette le mani nelle tasche dei cittadi-ni”, ma in questo caso sembra davvero difficile dimostrarlo. Il nostro sindaco ci ha sin qui abi-tuato a performance eccezionali e se sarà in grado di dare pro-va dell’equità e della giustizia di questa scelta saremo ben lieti di prenderne atto e sostenerla. Diversamente, dovrebbe avere l’onestà di dire ai nostri concit-tadini che si tratta di un artifi-cio contabile, che premia alcuni ma danneggia molti altri. Nel frattempo cercheremo di com-prendere meglio questa misura, cercando di smascherare quella che ha tutto il sapore di essere una regalia pre-elettorale.

Il sindaco SuperMario apre la campagna elettorale per le prossime amministrative cancellando

l’IMU sulla prima casa. Ma allo stesso tempo raddoppia l’IRPEF. Regalo o fregatura?

Il gioco delle tre carteOvvero come raccontarla ai villafranchesi

di Paolo Martari

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Primo Piano 3

A cura di Diego Cordioli

Perché ti vesti di robe altrui?

In questi giorni di notizie ter-ribili dal fronte del terremoto, che sembra distante se visto in Tv, ma che è realmente dietro l’angolo, un annuncio passa in secondo piano. Ritengo im-portante farvi sapere (ancor di più se è rilevante per i nostri cittadini) come mai l’IMU si è volatilizzata. Lo scontro silen-zioso e serrato che si è combat-tuto fra le mura del comune ha ottenuto il primo risultato ec-cellente: niente IMU sulla prima casa. Dopo la presentazione del nostro studio per l’eliminazione dell’IMU sul bilancio comunale alle parti politiche che sosten-gono il sindaco Mario Faccioli, si è creato un pandemonio. Il loro progetto iniziale era: Irpef al 6,5 per mille ed IMU su tut-to. Poi con l’eliminazione dell’I-MU sulla prima casa il Sindaco vuole aumentare l’addizionale al 7-8 per mille. Milioni di euro di tasse in più. Alcuni consiglieri da sempre impegnati contro gli eccessi della tassazione hanno intrapreso un serrato confron-to con il sindaco per rigettare la proposta. Super Mario ha condotto il gioco come sempre: irritato, ha sfidato tutti a con-traddirlo “dopo tutto il tempo e lavoro speso!!!”. Anche altri hanno speso tempo e lavoro, “forse più esperti di lui” han-no studiato il bilancio ed hanno scoperto che sotto varie voci come avanzo dell’ anno passa-

to, oneri di urbanizzazione ecc, c’erano soldi nascosti (quasi un milione di euro) per poter fare un po’ di maquillage alla cittadi-na nell’ ultimo anno da sindaco. E’ stato fatto un gran pressing per evitare che la giunta e il sin-daco trascurassero le difficoltà della gente nel pagare sempre più tasse e sempre più insoste-nibili. Dopo un’animata “discus-sione” si è raggiunto il risulta-to sperato: in soli due giorni è sparito un balzello da oltre un milione di euro. Festeggiamo e ringraziamo chi

ha sfasciato la proposta inac-cettabile di Super Mario che è stata difesa da pochissimi con-siglieri a lui fedelissimi. Il nostro sindaco è sempre più solo in quest’ ultima parte di mandato. Forti di questo risultato per noi tutti, chiediamo ai nostri amici di proseguire l’opera: c’è anco-ra da migliorare, l’ addizionale Irpef era il 2 per mille solo un anno fa. Oggi il sindaco la vor-rebbe all’8 (quattro volte tanto in un anno). Ci auguriamo che venga fatto

tutto il possibile per riqualifica-re la spesa. Niente spese inutili. Niente “marchette pre eletto-rali” tipiche dell’ultimo anno di tanti sindaci. Chiediamo: analisi seria dei costi nascosti che il comune sostiene per l’attività concertistica e le feste di ogni genere. Oggi più che mai, in un periodo di crisi profonda, bisogna abbandonare le spese inutili per far si che queste non ricadano sui nostri concittadini sotto forma di tasse, bisogna garantire la spesa qualificata,la manutenzione del territorio (e non solo delle strade delle fra-zioni che stanno a cuore al sin-daco), la difesa sociale e basta. Abbassiamo il più possibile

l’addizionale Irpef che colpisce i pensionati e dipendenti in busta paga. Chiediamo a consiglieri ed assessori che non si ricono-scono nelle proposte del sinda-co di avere il coraggio di uscire allo scoperto.

di Lino Adamo

1° CASO:

Un artigiano con moglie, due figli a carico e casa di proprietà

Composizione nucleo familiare 4

Di cui figli a carico 2

Numero percettori reddito: 1 artigiano

Reddito lordo imponibile addizionale IRPEF: 20.000,00 euro

Rendita catastale abitazione principale 200 mq: 550,00 euro

Rendita catastale pertinenza principale 80 mq: 200,00 euro

Incremento addizionale comunale IRPEF (+0,3%): 60,00 euro

IMU 1a casa (4 per mille) dei 2 coniugi 204,00 euro

2° CASO:

Un impiegato con moglie e figlio a carico e casa in comodato d’uso

Composizione nucleo familiare 3

Di cui figli a carico: 1

Numero percettori reddito 1 impiegato

Reddito Iordo imponibile addizionale IRPEF: 20.000,00 euro

Rendita catastale abitazione principale 100 mq: 350,00 euro

lncremento addizionale comunale IRPEF comodatari (+0,3%): 60,00 euro

IMU 2a casa (7,6 per mille) del proprietario: 446,00 euro

3° CASO:

Per comprendere meglio gli effetti concreti della mi-sura adottata abbiamo provato a fare un esercizio, delineando tre casi-tipo.

Nel primo abbiamo immaginato una coppia di impiegati con due figli e casa di proprietà, nel secondo una famiglia di un artigiano a basso reddito con moglie, due figli a carico e casa di pro-prietà e infine una famiglia monoreddito di un impiegato con moglie ed un solo figlio che abita l’appartamento dei suoceri in comodato d’uso (seconda casa). I risultati si possono apprezzare nei box qui sotto.

Solo il caso dell’artigiano sembra vantaggioso. Negli altri due, invece, l’addizionale IRPEF è maggiore dell’esenzione IMU (caso 1) oppure (caso 3) si somma all’IMU sulla seconda casa (che i suoceri probabilmente faranno pagare agli inquilini).

Due impiegati con due figli e casa di proprietà

Composizione nucleo familiare 4

Di cui figli a carico 2

Numero percettori reddito 2 impiegati

Reddito lordo imponibile addizionale IRPEF 51.600,00 euro

Rendita catastale abitazione principale 150 mq: 426,00 euro

Rendita catastale pertinenza principale 50 mq: 134,00 euro

Incremento addizionale comunale IRPEF (+0,3%): 155,00 euro

IMU 2012 1a casa (4 per mille) dei 2 coniugi 76,32 euro

Le battaglie per l’eliminazione dell’IMU

sulla prima casa e per far si che l’addi-

zionale IRPEF non salga all’8 per mille

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Cos’è la tua citta? E’ il luogo della convivenza, della promo-zione sociale, dello sviluppo personale. Il luogo dove siamo nati, cresciuti, abbiamo messo su famiglia, il luogo insomma dove si passa la vita quotidiana. For-se non ci abbiamo mai pensato ma la città è il posto in cui si ri-specchia una parola ben definita: “sicurezza”. In casa ci sentiamo “sicuri” e nella nostra città vo-gliamo “sicurezza”. Non sto parlando di extraco-

munitari.Vi faccio un esempio: quando

usciamo di casa e vogliamo an-dare in piazza a fare la spesa, a prendere il giornale, a trovare qualcuno, ci sentiamo a nostro agio? Per muovermi posso pren-dere la bicicletta e vedo che: non posso andare sulla strada perché prima o poi mi “centra” o un’auto o un camion; se in-vece vado con la bici sul mar-ciapiede prima o poi “centro” io un pedone o viceversa. Se arrivo in piazza sono fortunato se ritrovo la bicicletta dopo che l’ho posteggiata e chiusa con le catene. Perfino i vigili ci dicono che “fanno i buoni” perché ci dovrebbero multare dato che un veicolo non può transitare sul marciapiede e la bicicletta è un veicolo. Se andiamo a piedi la situazione è diametralmente opposta con in più il passaggio sulle strisce pedonali che tutti sappiamo quanto è problemati-co. Non parliamo poi di prende-re l’auto perché o per il traffico o per la difficoltà dei parcheggi è ormai un calvario anche solo uscire dal box di casa. Vi ripon-go la domanda: vi sentite “sicuri” quando uscite di casa? Io no di sicuro. Per avere questo senso di sicurezza nella nostra città

cosa manca? Vi metto alla prova con una semplice domanda: “se un amico da fuori città viene a farvi visita, cosa lo portate a ve-dere?”.Vediamo se le risposte sono

imbarazzanti o no.Di sicuro andiamo al castello;

vediamo le nostre mura impo-nenti e sole. La chiesa “dell’ora-torio del Cristo”, che è la chiesa più antica di Villafranca all’in-terno della torre del Castello é chiusa; la stessa torre del castel-lo è chiusa. Il museo del Risorgi-mento è stato spostato a Palaz-zo Bottagisio (o Casa del Trat-tato di Pace del 1859) e anche quello è chiuso per quasi tutta la settimana. Il giardino all’interno, che fino a qualche tempo fa era meraviglioso è anch’esso chiu-so e in degrado. L’obelisco “del Quadrato” del 1880 non si sa quasi nemmeno dove sia finito. Ai giardini del castello è meglio non andarci, e quindi?La chiesa di San Rocco del

1400 è stata sistemata con l’aiu-to del comitato di villafranchesi sorto per il restauro; la chiesa della Disciplina del XV° seco-lo è aperta per modo di dire, dato che il “Mortorio” è chiuso come pure la parte posteriore della chiesa. Il Duomo dei SS. Pietro e Paolo con le pale del Brusasorzi del XVI° secolo se

lo sistema sempre la Parrocchia, e poi cosa rimane? Caspita ne abbiamo parecchia di roba da far vedere per una città al 15° posto (oggi forse al 14°) della regione Veneto. Avrei tenuto per ultimo un

buon argomento per le nuove mamme: care mamme non avete mai pensato che il mal di gola, le bronchiti dei vostri pargoli che portate a fare un giro con le carrozzine per le vie di Villa-franca possano essere dovute a quella camera a gas che sono le nostre strade? Abbiamo già am-piamente documentato questa situazione nei numeri preceden-ti. Da quanto tempo è che non vedete uno strumento di misu-razione di polveri e inquinamen-to dell’aria? Nessuno degli am-ministratori ci ha mai messo al corrente della situazione dell’a-ria a Villafranca.Non vorrei essere proprio io

a ricordarvi che siamo una del-le città più inquinate del Nord Italia. Un tessuto urbano, come si potrebbe definire una città, è composto da spazio edificato e spazio non edificato comunque costruito: strade, piazze e zone verdi che strutturano ed attrez-zano la città, dotandola di luoghi che la caratterizzano in modo specifico rispetto al resto del territorio.

La città è luogo di incontro di persone, di produzione e com-mercio delle merci, di conver-genza di canali e flussi di comu-nicazione. La città è soprattutto costitui-

ta dai suoi abitanti, ed è definita dai segni di coloro che l’hanno abitata precedentemente e che hanno lasciato un patrimonio composto da significati, memo-rie, elementi identitari, tradizio-ni e modi di abitare.Che è rimasto di tutto que-

sto? Niente se non un caos di traffico, nessun ospedale, nessun luogo di incontro come cinema o teatro e niente dal punto di vista di parchi, giardini e verde.Ma la cosa che ci deve preoc-

cupare di più è che all’orizzonte non c’è niente di programmato!Strumento principale per una

pianificazione di uno sviluppo sostenibile è il Piano di Assetto Territoriale o PAT. Dov’è? Dove si trova? Avrebbe dovuto esse-re pronto da qualche anno ep-pure se ne sono perse le tracce. E sì che metodi per program-

mare lo sviluppo sostenibile ce ne sono, dalla “Pianificazione Strategica” alla “Pianificazione Negoziata”. Ma non crediamo che ci sia bisogno di “teste pen-santi” per fare questo tipo di va-lutazione; basta semplicemente capire chi sono i “soggetti” del

nostro paese, singoli o a gruppi (commercianti, industriali, agri-coltori, insomma i cittadini di Villafranca), e agire in modo con-sapevole per conseguire insieme determinati obiettivi; visto che questi obiettivi spesso sono in conflitto tra di loro, non sono necessari attori politici che por-tano in sé idee conflittuali pro-prie dei partiti. Per fare questo è necessaria la partecipazione di noi villafranchesi che abbiamo un solo obiettivo: Villafranca.E’ per questo motivo che sia-

mo nati come associazione Vi-vere a Villafranca, non legata a nessun aspetto politico ma con l’obiettivo di fare politica villa-franchese: dobbiamo ricostruire i nostri valori di fondo e modi-ficare gli atteggiamenti di tipo conflittuale con atteggiamenti di tipo cooperativo. In questo mo-mento questi aspetti che stiamo analizzando non sono nemme-no presi in considerazione. Sta a noi ora, valutare, pensarci, e poi decidere cosa vogliamo fare. Dobbiamo pensare se la nostra

città ci sta a cuore, ma soprat-tutto pensare se ci sta a cuore il futuro dei nostri figli perché non vorremo trovarci fra qual-che anno, e non fra dieci o venti, a dover dire ai nostri figli che non abbiamo fatto niente quan-do era il nostro momento.

06 12Vivere a Villafranca4

Vivere a Villafranca analizza lo stato della nostra città con riflessioni approfondite sul nostro modo di vivere quotidiano. In questo numero parliamo anche di sicurezza

Villafranca, la città mai nata

villafranca®

vivere a

di Giorgio Negrini

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Vivere a Villafranca 5villafranca®

vivere a

Da questo numero apriamo una nuova rubrica che prose-guirà per i prossimi mesi a ve-nire e che cercherà di far luce sull’Odissea del nostro ospe-dale. Cercheremo di partire dai primi anni del 2000 per arrivare all’attuale situazione e cerca-re di capire, come è nel nostro motto, dove si potrebbe andare a finire. Anticipiamo che tutto quello che riguarda l’ospedale è talmente ingarbugliato che facil-mente potremmo scrivere cose non vere, perché solo intraviste e che i legami politici, persona-li, di convenienza e quant’altro sono talmente tanti che l’ inter-pretazione dei fatti sarà riporta-ta solo come un nostro modo di vedere le cose dato da una non attuale (per ora) conoscenza approfondita. Quindi se qualcuno è a cono-

scenza della realtà, con dati di fatto, si faccia avanti e ci correg-ga! Saremo ben felici di pubbli-care la nuda realtà.Partiamo da cosa i nostri agen-

ti segreti , che non sono nient’al-tro che i ricoverati nel nostro ospedale, vedono ogni giorno e ci riferiscono cosa sta succe-

dendo in quello che dovrebbe essere un cantiere aperto da un paio di mesi: niente! Per la verità ogni tanto vedono muoversi una ruspa verde che mette qualche palata di terra su un camion; questo e nient’altro. Le nostre fotografie testimoniano ciò che loro vedono e constatano.Ora vista l’attuale situazione

cosa succederà o potrà succe-dere in futuro? La cosa fondamentale che

oggi giugno 2012 si deve met-tere come pietra miliare è la discussione in Regione Veneto del nuovo Piano Socio-Sanitario del Veneto già presentato dalla Giunta Regionale e in discus-sione in Consiglio Regionale nei giorni 12-13-14 giugno 2012. Cosa dice questo nuovo Piano? Sono 150 pagine circa in cui si dettano le linee guida di quella che sarà la Sanità nel Veneto ne-gli anni 2012-2016. Sono 187 gli emendamenti presentati sia da Destra che dal Centro e dalla Sinistra al piano depositato in Regione identificato come leg-ge 190 della 9^ Legislatura della Regione Veneto.Cosa dicono queste 150 pa-

gine di nuovo? Tutto e niente per quanto riguarda sia noi vil-lafranchesi che tutti i veronesi.

Perché? L’unico dato ben de-finito è che un ospedale dovrà avere come bacino d’utenza dai 200.000 ai 300.000 abitanti che gravitano su di esso. Ora visto che la Provincia di

Verona ha circa 900.000 abitan-ti, vediamo come distribuire gli ospedali riferendoci all’articolo del mese scorso riguardo l’o-spedale che non si farà mai.San Bonifacio è nuovo; pren-

de l’est veronese cioè tutti i paesi verso Vicenza e se ne sono andati 250.000 abitan-ti. Poi arriva Borgo Roma: altri 250.000 abitanti. Poi c’è Legna-go che si prende tutta la bassa: altri 250.000 abitanti e siamo a 750.000. Si devono distribuire circa 150.000 abitanti tra Borgo Trento, Bussolengo e Villafranca; ditemi voi come o cosa si farà.Non è ancora finita! Come si apprende da quoti-

dianosanità.it di mercoledì 13 giugno 2012 l’approvazione del piano rischia di slittare perché l’assessore alla sanità della Re-gione Veneto Luca Coletto ha annunciato un maxi emenda-mento recependo le indicazio-ni del sindaco di Verona Flavio Tosi contrario alla chiusura di un ospedale di Verona e al de-classamento dell’altro ospedale;

il Governatore Luca Zaia ha ri-sposto che il nuovo piano socio-sanitario non si tocca! Addio Villafranca.Ora ripetiamo che quanto

scritto sono solo congetture anche se corredate sia dal testo originale della legge 190 che dal-la matematica di chi ha imparato a far di conto.Ripercorrendo la vicenda del

nostro ospedale bisogna ritor-nare al 2000 quando Flavio Tosi fu eletto Consigliere Regionale a Venezia come capogruppo del-la Lega Nord; ricoprì la carica di Assessore Regionale alla Sanità fino al 2007. In quel periodo Vil-lafranca perse l’occasione di co-struire un ospedale come Polo Unico appena fuori dalle nostre mura; pura fatalità. In questo nuovo viaggio che

stiamo incominciando, sarebbe magari ora che in qualche modo fosse possibile fare luce sull’in-cendio che nel 2003 devastò il nostro ospedale. Lo ripetiamo, fu una pura fatalità quell’incen-dio di cui non si seppero mai né le modalità né le responsabilità ; così, tanto per sapere, dato che sono passati quasi 10 anni.Comunque, ritornando alla

rinascita del nostro ospedale, dall’Arena del 19 luglio del 2008

leggiamo: “La tempesta arriva da Venezia e il fulmine che colpisce in pieno Villafranca è una deli-bera: la 1308 della Giunta Galan che ordina: i 32.000.000 (milio-ni) di Euro per completare l’O-spedale Magalini sono dirottati su Borgo Trento”. Altra batosta e questa non

parrebbe pura fatalità, noi ripor-tiamo quanto scritto su Internet da Luigi Grimaldi.A proposito di Internet: avete

mai provato a cliccare: incendio ospedale Magalini Villafranca?Si presenta un filmato su You-

Tube che è necessario anzi indi-spensabile vedere e far vedere ai propri famigliari. Vi riporto solo i dati: finanzia-

mento 40.000.000 (milioni) di Euro; monoblocco 5 piani, 220 posti letto, piastra chirurgica, rianimazione, sale operatorie, pronto soccorso, mensa logisti-ca, servizi generali, celle mor-tuarie. Inserito il 12/12/2009. La voce del servizio dice: “...tra 3 anni il Magalini sarà un moderno e funzionale ospedale a servizio dei cittadini di Villafranca”. Io sono andato a vedere quello

che c’é, andateci anche voi.Per ora ci fermiamo qui, ci ri-

sentiamo il mese prossimo.

Il nuovo piano socio-sanitario del Veneto in discussione in Regione, gli ostacoli dovuti al bacino d’utenza previsto, l’incendio che devastò l’ospedale nel 2003

L’Odissea dell’ospedale Magalini

di Giorgio Negrini

Foto scattata a fine Maggio 2012

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06 12Attualità6

L’attuale frazione di Villafranca è stata Comune prima della dominazione napoleonica e tra il 1816 e il 1818. Nel 1953 il desiderio di indipendenza, tornato fervente, venne spento da una corrente sviluppatasi nella Democrazia Cristiana.

Dossobuono e l’autonomia perdutaA cura di Diego Cordioli

di Francesco Bommartini

1953), ebbe un ripensamento, conseguente alla pressione fat-ta da esponenti democristiani villafranchesi. “Secondo alcuni”, scrive Rizzi, “le risorse della zona non consentivano di sostenere le spese generali richieste da un Comune”. La raccolta di firme tenutasi in novembre non det-

te quindi più l’adesione massic-cia iniziale. Quella contesa però non fu vana: l’amministrazione villafranchese infatti concesse i finanziamenti necessari per completare le scuole elementari e per costruire le case popolari dette “case Fanfani”.

Perchè Dossobuono non è Co-mune? Se lo domandano ancora in tanti. Le motivazioni, come spesso accade, vanno ricercate nei risvolti storici. E a Dossobuo-no c’è chi di storia se ne intende. Lorenzo Antonini ha scritto un libro esemplificativo a riguardo, intitolato “Aspetti di vita a Dos-sobuono – Dal secolo XI al XIX”. Nel volume, parlando del domi-nio napoleonico, è scritto: “Agli inizi del 1800 Dossobuono ven-ne assegnata al Dipartimento del Mincio, con Mantova capoluogo. Ma il 20 ottobre 1801 il Comu-ne della Torre di Dossobuono perse la sua secolare autono-mia venendo unito al Comune di Sommacampagna assieme a Custoza, Alpo, Cà di Fontana e Ognissanti. Nel 1803 il territorio veronese venne staccato dal Di-

partimento del Mincio e costituì dapprima il Circondario e, nel 1805, il Dipartimento dell’Adige che, nel 1807, fu diviso in quattro distretti: Verona, Villafranca, Loni-go e Legnago. Villafranca venne suddivisa nei cantoni di Isola del-la Scala e di Villafranca, che com-prendeva Alpo, Cà di Fontana con Ognissanti, Custoza, Dosso buono, Ganfardine, Povegliano e Sommacampagna. Quando il 4 febbraio 1814 ai napoleonici su-bentrarono gli austriaci, l’impe-ratore Francesco I costituì una commissione per la riorganizza-zione amministrativa del territo-rio, che avvenne nel 1816. Dos-sobuono tornò quindi ad essere Comune, accorpato con Alpo, Cà di Fontana e Ognissanti. Ma questa suddivisione non piacque a Villafranca che, in più occasioni, richiese tramite il cancelliere di-strettuale e il Podestà, la riannes-sione di Dossobuono. Ciò avven-

ne nel 1818”. Una cinquantina di anni fa Dossobuono ha richiesto nuovamente l’indipendenza da Villafranca, retaggio provenien-te dal periodo pre-napoleonico. “Nel 1953 a Dossobuono sor-se un comitato promotore, ca-peggiato da Augusto Mariotto e dal cavaliere Angelo Marastoni”, scrive Renzo Rizzi nella sua tesi “La ristrutturazione del Comu-ne di Villafranca di Verona”. Rizzi continua: “Mariotto, che

aveva già donato al paese la chie-sa parrocchiale, l’acquedotto e la colonia montana, e l’asilo infanti-le ad Alpo, era disposto a soste-nere l’onere economico dell’isti-tuzione del nuovo Comune che avrebbe avuto come territorio le tre frazioni Dossobuono, Alpo e Rizza”. La sua ambizione era es-serne sindaco. La popolazione, inizialmente favorevole (come confermato in una riunione al cinema Girelli il 20 ottobre

Ho cercato di informarmi con tutti i mezzi a mia disposizione di Destra, di Sinistra o di Centro non importa, per comprendere perché il 25 aprile è una data che fraziona un Paese già diviso.La Resistenza italiana (detta anche

Resistenza partigiana), fu l’insieme dei movimenti politici e militari che in Italia dopo l’8 settembre 1943 si opposero al nazifascismo. Il periodo documentato in cui il movimento fu attivo, comunemen-te indicato come “Resistenza”, termina nei primi giorni del maggio 1945; durò quindi 20 mesi circa. La scelta di ricor-dare il 25 aprile 1945 fa riferimento alla data dell’appello diramato dal CLNAI per l’insurrezione armata nella città di Milano, sede del Comando Partigiano dell’Alta Italia. Invece di unire tutti gli italiani il 25 aprile, inteso come festa della liberazione dal nazifascismo, con-tinua a frazionare. Bisogna prenderne atto, non è diventato solida memoria collettiva dei suoi cittadini. Perché?La festa del 25 aprile fu decisa nel

1946 dal premier democristiano Alcide De Gasperi, dietro la spinta poderosa del comunista Giorgio Amendola, diri-gente PCI e allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.Sono anni che questa data viene bran-

dita come una clava contro “qualcuno” ovvero contro il nemico di turno, che fino a ieri era Berlusconi. La data del 25 aprile, che avrebbe dovuto simbo-leggiare la festa della libertà, è diventata sempre di più una festa di parte e un ulteriore motivo di scontro tra fascisti e antifascisti, comunisti e democristiani: è lo spirito di divisione che ci portiamo dietro da secoli. Le grandi date, quelle che diventano sangue e carne di una nazione, non si possono imporre per decreto, ma si riconoscono dall’emo-zione e dal tormento che evocano. La Francia ha il 14 luglio, l’America il 4 lu-glio, la Spagna il 12 ottobre, sono tutte feste nazionali dove tutti si fermano e le festeggiano uniti sotto le proprie istitu-zioni, nessuno pensa che siano feste di parte o di divisione e nessuno le riven-dica, ma tutti si sentono orgogliosi di far parte delle proprie nazioni in que-sti giorni di festa. In Italia invece da 67 anni il 25 aprile divide le persone, non le unisce. Perche? Il fascismo volendo rafforzare l’identità nazionale inventò la storia della “gloria militare perduta” e riempì il calendario di feste nazionali che però erano tutte feste di regime.Feste che la Repubblica ha abolito sen-

za trovarne una valida per tutti. Nel 25

aprile c’è ancora un sedimento di ide-ologia e retorica. E’ giusto riconoscere alla Resistenza i meriti che ha; ma senza attribuirle quelli che non ha. Il 25 aprile sa ancora di cellula di partito: risente dell’egemonia comunista che servì al PCI per prendere parte alla spartizione del potere finita la guerra. Vorrei ragio-nare con voi sui tanti perché questo 25 aprile divide e non unisce, senza par-lare di partigiani o di fascisti durante la guerra. Non mi interessa quello che hanno fatto i fascisti o i partigiani, non mi interessa perché chi pensa che i fa-scisti siano tutti bravi continuerà a pen-sarlo, chi pensa che siano tutti cattivi continuerà a pensarlo, chi pensa che erano sia buoni che cattivi idem, stessa cosa per i partigiani. Quindi perché il 25 aprile divide e non unisce? A mio avviso è ancora una volta colpa della politica italiana che dal ‘46 ad oggi, con moti-vazioni diverse, ha voluto questo fino a Tangentopoli, correggetemi se sbaglio, il 25 aprile era una festa nazionale che però era snobbata da molti partiti po-litici (DC PRI PLI PSI). Ricordo che da bambino nei cortei del 25 aprile vedevo solo bandiere del PCI , bandiere trico-lore o bandiere di altri partiti politici. Questo ha fatto si che detta festa si al-

terasse in una festa privata e non più nazionale. Prima di Tangentopoli una grossa parte politica italiana non aveva interesse a prendere parte alle celebra-zioni del 25 aprile per motivi loro (giu-sti o sbagliati non lo so). Con Tangento-poli cambia completamente lo scenario politico italiano. La destra, con la Lega e Berlusconi, va al governo e da quel momento, sempre per interesse politi-co si sono accese le polemiche sul 25 aprile. Chi dal 1946 ha sempre festeg-giato detta festa (PCI) non voleva che alla suddetta festa potessero parteci-parvi altri che non fossero loro, specie se facenti parte della Lega, di AN o di FI. Da Tangentopoli ad oggi questo ac-cade ogni anno, con una parte politica che rivendica questa festa, ed un’altra che a seconda della polemica locale o nazionale che si va ad innescare, non la riconosce o si dice vittima e non vuole che presenzi a detta festa. Tutto questo ha portato ad avere gli italiani divisi in 3 gruppi. Ecco la differenza tra il nostro 25 aprile e le feste sopra citate. Le ri-correnze sono un ponte, fra noi, il no-stro passato e la nostra storia. Chi dimentica la propria storia rischia

di ripeterne gli errori.

25 aprile: ricordo di una data che divide un Paese già diviso

PUBLIREDAZIONALE a cura di Lino AdamoDestra In Movimento - Cultura E Politica

Email : [email protected]

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Economia & Finanza 9

La ricetta per uscire dalla crisi: più federalismo, finanza ed equità

La crisi incombente su tutto il mondo occidentale è notorio sia stata causata dalla finanza. O meglio dai regolatori ( hanno un nome e cognome) e da regole etiche inesistenti o inapplicate da parte del mondo della finanza. Il diavolo denaro ha prodotto i suoi effetti e li sta esplicando in svariate forme: tutte ora intolle-rabili. Risalta, in questo contesto, l’incapacità dei Governi, europei e mondiali, di governare la glo-balizzazione. Sono troppi i lega-

mi e troppi gli interessi in ballo che legano gli uomini di potere che non si avvedono delle stra-de di uscita possibili e richiama-no solo grandi principi a cui, nel mondo, nessuno realmente si ap-poggia. In Italia, sospendendo la democrazia parlamentare, sono stati dati pieni poteri al Gover-no Monti. Monti ha subito co-minciato male. Per prima cosa si è sistemato con la carica di senatore a vita, poi è andato in giro dicendo che occorrono sa-crifici equi e promettendo subi-to dopo la crescita. Sembrava la riedizione del governo Berlusco-ni senza il bunga bunga. Le pri-missime intenzioni sono svanite e l’equilibrio immobilizzante con cui ha nominato i suoi ministri ne è stata la prima manifestazio-ne: uno di questo, uno di quel-lo, uno amico di , l’altro imposto da. Messi tutti con il ciuccio in bocca per calmare le voracità dei

partiti, giù con le tasse e i tagli al bersaglio grosso, con l’accet-ta. La professoralità e la parziale irresponsabilità politica del Go-verno, in teoria libero da lacci e lacciuoli partitocratici, non sono riuscite a produrre quasi niente di serio per la crescita. Dopo un primissimo risparmio sugli in-teressi, nulla più. Ha spaventato tutti ma manovre strutturali ( a parte tagliare le pensioni più basse dei lavoratori più anziani) quasi nulla. Ha promesso una fase due, in cui saremo ripartiti, mai arrivata, e ha mancato sui principali temi di equità che il cittadino comune sente. Ora fa il Brontolon, rimprovera, bron-tola, e strombazza i refrain sulla moralità, sull’evasione, sull’unità. Predica il Monti un “volemose ben”, molto patristico, di autore-volezza sistemica, di goldoniana memoria a cui il mondo italiano, però, non crede più. Monti si

è bruciato la voglia di credere e di fidarsi che tanti italiani sa-rebbero stati pronti a dare per l’ennesima volta. Lo Stato, oggi, continua ad usare due pesi e due misure, proprie delle diverse Ita-lie, ma con leggi universali, tanto al nord quanto al sud . La buro-crazia impazza a tutela dell’igna-ro, inconsapevole, beota italiano. Lo Stato, nonostante i cittadini non siano più analfabeti e sud-diti, deve forgiare tutto e tutti, domina una logica imperial-co-munista che ora si chiama pro-gressismo statalista, ma anche al-tro. Solo retorica per proteggere fantomatici o statistici cittadini per poter distribuire prebende dello Stato o tasse occulte ca-ricandole sui consumatori. Ecco perché uno pensa e dice, come secoli fa il Goldoni, al nostro Pa-ron-Governo: “La sarà servida! Ma, per mi, me farò na pignatela a modo mio”. Un recente volu-

me, da cui è stato tratto un film, modernizza il concetto e dice: “Io, speriamo che me la cavo”. Ognuno cerca di salvarsi come

può dato che per primo ci ha pensato chi ci governa! Ora , occorre ripartire dalla finanza che si è sfasciata e che ha por-tato allo sfascio. Il nostro sistema economico,

a meno di ripensarlo completa-mente, ha bisogno della finanza. Lì è iniziato, da lì si deve ripartire. Vanno poste regole, condivise e fatte rispettare, anche dai grandi per ripristinare la fiducia senza la quale la finanza non funziona. E poi, oltre alle regole: l’equità. Oltre l’evasione occorre estir-

pare le amebe appiccicate allo Stato ed allora gli investimen-ti in campi strategici potranno tornare, allora i sacrifici saranno compresi e la gente tornerà a rimboccarsi le maniche. E ad ave-re fiducia nel Bel Paese.

di Maurizio Zumerle

A Villafranca, Sindaco e consiglieri co-munali di maggioranza hanno deciso di non far pagare l’IMU sulla prima casa. Attraverso un aumento della detrazione fiscale che lo Stato consente di portare oltre i 200€ previsti, si è potuto non far pagare l’odioso tributo a tutti i cittadi-ni villafranchesi. Come è noto l’impo-sta in questione prevede che il gettito vada interamente allo Stato centrale. La scelta dell’amministrazione è, quin-di, sicuramente importante dal punto di vista politico, in quanto in tutta Italia Comuni di destra, sinistra o leghisti che siano hanno “sbraitato” contro l’ingiusta tassa dell’IMU, ma non hanno fatto al-cunché per impedire che questa impo-sta colpisse i loro cittadini. Anzi, in molti casi si è portata l’aliquota sulle seconde case, negozi, uffici, capannoni al massimo dell’1,06 contro lo 0,76 previsto dalla legge. A Villafranca, al contrario, anche

in questa situazione si è mantenuta l’ali-quota più bassa. In questo caso il gettito fiscale dell’IMU va per metà allo Stato centrale e per metà agli enti locali. C’è stato qualche Comune che ha pure au-mentato l’IMU sulla prima casa alzando l’aliquota dallo 0,4 allo 0,5 (vedi Napoli). Il Comune di Villafranca ha dovuto, ov-viamente, cercare nel suo bilancio altre risorse per far fronte alla mancata en-trata che comunque è dovuta allo Stato centrale. Si è deciso, quindi, d’innalzare l’addizionale Irpef fino allo 0,7%, ma certamente, avendo l’imposta un carat-tere progressivo, forse è ritenuta più equa. Rimango comunque fermamente convinto che le addizionali sia regiona-li (in Veneto è all’1,23%) che comunali, comincino ad essere troppo pesanti e a costituire un’ulteriore aggravante del carico fiscale su persone ed imprese e resto pure convinto che molto si può

fare nel controllo della spesa da parte degli enti locali. Rimane, quindi, un giudi-zio positivo da parte mia per il tentativo fatto dall’amministrazione villafranchese di farsi carico di questa situazione fiscale tremenda che stiamo vivendo. Infatti re-sta non risolto il problema della crescita economica, che anche in questo primo trimestre 2012 è negativa. Il terremoto in Emilia in uno dei distretti economi-ci più vivaci d’Italia non sta certo aiu-tando la situazione. La disoccupazione soprattutto giovanile sta raggiungendo livelli allarmanti. Oltre a ciò si aggiunge il problema del credit crunch, ossia il mancato apporto delle banche in termi-ni di affidamenti ad imprese e famiglie. Gli istituti finanziari italiani sono stati ben finanziati dalla Banca centrale euro-pea (a tassi direi ridicoli), ma non hanno rimesso sul mercato interno tutta que-sta liquidità. Capisco le sofferenze che

le stesse hanno subito in questi ultimi mesi come pure i requisiti di patrimo-nializzazione che l’Eba (l’istituto euro-peo di controllo sulla stabilità bancaria) impone loro, ma qualcosa per migliora-re la situazione bisogna assolutamente fare. Il ministro Passera ha rassicurato che è pronto un piano per la crescita e che l’intero Governo ci sta mettendo la “faccia”. Vedremo! Nel frattempo il commissario Bondi, chiamato a risolve-re la questione dei tagli agli sprechi nella spesa pubblica, ha concluso il suo lavoro, ma il Governo decisioni in merito non le ha ancora prese. I mercati ci impongo-no di agire con rapidità ed efficienza ma non mi sembra che si stia facendo tutto ciò. Certamente ci si attendeva molto di più dai “famosi” professori. Ed intanto la speculazione continua ad attaccare Italia e Spagna…il “ventre molle” dell’Europa.

IMU, tasse, disoccupazione e credit crunch di Cristiano Tabarelli

AGENZIA PRINCIPALE DI VILLAFRANCA DI VERONA

Rappresentanti Procuratori

dott.ssa Tiziana Di Pace - dott. Cristiano TabarelliPiazza Giovanni XXIII, 5-37069 Villafranca di Verona

Tel. 045.6304066 – Fax 045. 6303988

A cura di Diego Cordioli

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10 Salute & Sanità 06 12

A cura di Diego Cordioli

MEDICINA GERIATRICA a cura del Dott. Garzotti Dirigente Medico I° livello presso 1^ Geriatria O.C.M. Borgo Trento

Responsabile di Struttura Semplice di Malattie Reumatiche dell’Anziano Specialista in Medicina Interna

Cari lettori, con questo terzo articolo si conclude la trilogia dedicata al “problema demenza”. Dopo avere trattato l’aspetto clinico, nel primo articolo e le ripercus-sioni sul “caregiver” (colui che sopporta il carico assistenziale) nel secondo, ora affrontiamo l’ultimo aspetto del proble-ma facendo alcune considerazioni dal punto di vista economico e sui benefici che spettano alla famiglia che accetta di accudire e di farsi carico dell’assistenza di un ammalato affetto da demenza senile. Queste considerazioni avranno sicura-mente poco interesse dal punto di vista clinico ma sono certamente importanti qualora si debba affrontare un problema così grave ed impattante per il caregiver e la sua famiglia. In un momento storico come questo in cui la “sanità” deve sempre più confron-tarsi con la necessità di rivedere la sua organizzazione, nel tentativo di raziona-lizzare la spesa, di ridurne i costi, di indivi-duare le priorità, il “problema demenza”, meriterebbe, a mio avviso, una attenzio-ne particolare sia da parte della “politi-ca” che dell’amministrazione sanitaria. Come detto più volte, l’invecchiamento della popolazione ci impone un ripensa-mento del “Welfare” ponendo la famiglia dell’ammalato al centro degli obiettivi di programmazione della sanità regionale. Non è immaginabile pensare che l’ospe-dale possa rispondere ai bisogni del pa-ziente affetto da demenza. Bisogna sot-tolineare che, spesso, l’ospedalizzazione viene vista dal caregiver come ultima an-cora di salvezza, quando non è possibile trovare nel territorio una idonea risposta ai bisogni dell’ammalato. La mia esperien-za registra un maggior afflusso di malati di questo tipo in PS durante i weekend, proprio perché in quei momenti è più comune il verificarsi di un qualche vuoto

assistenziale.Ma quali sono i costi sociali della de-menza? Sinteticamente possono essere divisi in tre gruppi. Al primo appartengono i co-sti DIRETTI, cioè le spese direttamente monetizzabili per l’acquisto di beni e di servizi come, ad esempio: procedure diagnostiche, visite specialistiche, terapia farmacologica, assistenza in strutture isti-tuzionali, ricoveri ospedalieri, assistenza domiciliare professionale e aiuto dome-stico. Il secondo gruppo sono i costi IN-DIRETTI, e cioè, ad esempio, il mancato reddito e/o la diminuzione di produttività da lavoro riferiti sia alla persona malata, che ai famigliari che si dedicano alla sua assistenza. L’ultimo gruppo si riferisce ai costi INTANGIBILI che esprimono la sof-ferenza fisica e psicologica dell’ammalato e della sua famiglia. Sono quelli di più alta rilevanza sociale, considerando che al di là delle differenze legate alle oggettive con-dizioni del paziente, in media, tre quarti della giornata del caregiver sono assorbi-ti da compiti di cura. Questo comporta un notevole stress fisico e mentale che spesso grava su di un unico famigliare. Nel 2003 si è calcolato che il costo medio an-nuo di un paziente affetto da demenza supera i 41 mila euro.

Quali sono i benefici che la famiglia può richiedere?1) Indennità di accompagnamento (legge 11.2.1980, n. 18) 2) Assegno di cura (Contributo economi-co Regionale (solo con paziente a domi-cilio) 3) Permessi retribuiti in condizione di disabilità grave del paziente (legge 104/1992) 4) Abbattimento delle barriere architet-toniche (legge 12/07/2007 n°16 dgr 509;

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Cosa deve fare la famiglia che desi-dera fruire di tali benefici? Va ricordato che, nel meccanismo di fruizione dei benefici previsti per leg-ge, sono coinvolte due importanti figu-re. E precisamente il medico di medici-na generale(MMG) e l’Unità Valutativa Mutidimensionale(UVMD).L’UVMD è un’equipe multidisciplinare che ha il compito di delineare una valuta-zione globale dell’anziano, attraverso una scheda di valutazione multidimensionale, analizzando le condizioni complessive di salute, identificandone i bisogni e orien-tandolo al servizio più idoneo.L’UVMD è composta da:- Medico geriatra- Assistente sociale - Infermiere professionale- Altre figure specialistiche in funzione del caso clinico

Il primo passo da fare è ottenere il “riconoscimento invalidità civile”. Come fare? 1) Avvio procedura del MMG che invia una relazione medica all’INPS2) Recarsi al Patronato o CAF per com-pletamento domanda(entro tre mesi). Il riconoscimento dell’invalidità da diritto a:–Ausili –Esenzione ticket–Usufruire della Legge 104(permessi re-tribuiti; tre giorni a mese) –Se 100% invalidità grave, ad una INDEN-NITA’ di ACCOMPAGNAMENTO (che è indipendente dal reddito e mantenuta anche se si è ricoverati in struttura)

Come ottenere l’Assegno di cura? (Contributo economico regionale per

non autosufficienti gestiti a domicilio, le-gato al reddito e non al grado di non autosufficienza)1) Richiedere modello ISEE( Indicazione Situazione Economica Equivalente) ai pa-tronati o CAF.2) Inviare domanda ai servizi sociali (co-mune-ULSS) con ISEE

Come usufruire del “Servizio assi-stenza domiciliare - Pasti a domici-lio”? Contattare l’assistente sociale territoria-le (comune; ULSS) che valuterà la situa-zione generale ed organizzerà un proget-to assistenziale adeguato.

Come procedere per l’ inserimen-to del paziente nell’Ospedale di Comunità(Valeggio-Caprino)?1) Medico di base inoltra richiesta al Di-stretto2) Il Distretto attiva UVMD (Unità Valuta-tiva Mutidimensionale)La degenza non prevede spese per l’assi-stito o famigliari.

Come ottenere un ricovero in R.S.A.(Residenza Sanitaria Assisti-ta; Caprino-Negrar)? 1) Il famigliare inoltra la richiesta Assi-stente Sociale del Comune di residenza2) L’accesso viene deciso dalla UVMD di-strettualeCosti: retta giornaliera di circa 48€ al giorno. Stessa procedura per l’inserimen-to in Casa di Riposo (strutture per anzia-ni non autosufficienti)Costi: parte a carico della Regione, parte a carico dell’assistito o famigliari)(Il Comune interviene esclusivamente in caso di persone sole e senza reddito).

Il “Problema demenza”: aspetti pratici che interessano la famiglia

Per porre i vostri quesiti, potete scrivete direttamente al Dott. Garzotti alla mail [email protected] o alla redazione del giornale a [email protected]

UROLOGIA a cura del Dott. Pecoraro Primario di Urologia presso l’Ospedale di Isola della Scala Specialista in Urologia

La differenza tra la laproscopia classica e quella che si fa con il robot è che nel secondo caso il chirurgo sta in una consol lontano dal letto operatorio, dove invece vi sono una ferrista e al-meno un altro medico. Ovviamente è sempre la mano del chirurgo che porta avanti l’intervento e non è, come si può pensare, che sia invece il robot a guidare il chirurgo.

Quindi tutto dipende come sempre da quanto il chirurgo sia bravo o meno.Tutti gli studi internazionali dimostrano che l’una non è più vantaggiosa dell’al-tra e lo dimostrano anche i suoi due amici che entrambi stanno bene. Però il costo del robot è notevole perché oltre al costo iniziale ( circa un milione e mezzo di euro) ha anche un costo di manutenzione di circa 150.000 €

l’anno. In tempi di crisi mi sembra ec-cessivo, visto che gli stessi interventi si possono eseguire in laparoscopia che ha un costo molto ma molto inferiore. E inoltre per certi interventi può esse-re rischioso il fatto che il chirurgo sia lontano dal letto operatorio perché se hai bisogno di aprire subito la pancia del paziente perché magari si è rotto un grosso vaso sanguigno, in laparosco-

pia lo puoi fare immediatamente, con il robot ti devi spostare, lavare, vestirti con teleria sterile e questi tempi po-trebbero essere pericolosi per il pa-ziente. In conclusione le due metodi-che sono completamente equivalenti ma una costa a noi cittadini molto ma molto di più.

Per porre i vostri quesiti, potete scrivere direttamente al Dott. Pecoraro alla mail [email protected] o alla redazione del giornale a [email protected]

Caro Dott. Pecoraro,Ho sentito due miei amici che hanno subito un intervento alla prostata in laparoscopia. Uno da lei e l’altro con il robot in un altro ospedale. Stanno tutti e due bene. Ma le chiedo: quale è più vantaggioso? V.R. di Castel d’Azzano

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A cura di Diego Cordioli

Salute & Sanità

Casa di Cura Pederzoli di Peschiera

Vittorio PederzoliPresidente C.d.A. della Clinica

“Pederzoli” di Peschiera del Garda

Qual è il messaggio che vo-leva trasmettere suo padre istituendo questo luogo di cura? Il messaggio si può sintetizza-

re nella frase riportata nel pro-gramma: “Noi siamo gente che passa. Desideriamo che la gente ci ricordi per quello che abbia-mo fatto.” Vorrei ricordare che dietro ad ogni successo c’è qual-cuno che ha preso una decisione coraggiosa e che ogni decisione coraggiosa deve essere soste-nuta, alimentata. Presuppone sogni, ideali, il desiderio di rag-giungere un fine in cui si crede, un obiettivo di vita per il quale si è disposti a dare tutto il pro-prio entusiasmo. Ci deve essere

una spinta emotiva in grado di animare giorno dopo giorno i nostri comportamenti.

Qual è stata la storia di suo padre, come è arrivato alla creazione della Casa di Cura?Mio padre voleva fare il medico

chirurgo; nato nel 1906 in un pa-esino di campagna nel bresciano da genitori contadini, con gran-di sacrifici (tutti i giorni doveva fare 6 Km in bicicletta sulla stra-da sterrata, non c’erano scuola-bus) prese la maturità classica a Desenzano e poi con borse di studio si laureò a Padova in Me-dicina, nel 1932, a 26 anni. Vinse il concorso di aiuto chirurgo pri-ma a San Candido in Val Pusteria (Bressanone) e poi a Coneglia-no Veneto, fino al 1943. Chia-mato alle armi, venne inviato in Africa (in Algeria) dove, fatto prigioniero dai francesi, vi restò fino al 1945. Tornato dalla guer-ra vide che l’Italia era un Paese completamente distrutto sotto tutti i punti di vista (povertà, di-struzione totale, assenza di pro-spettive economiche, sociali e politiche). La realtà difficilissima di quegli anni portò mio padre a interrogarsi su cosa fare, con l’entusiasmo di chi aveva tanta voglia di lavorare e di esprimersi professionalmente. Il suo sogno era quello di fare il medico (pen-

sava che avrebbe fatto il medico di campagna) e magari avere una piccola Casa di Cura con 30 po-sti letto.

Quando iniziò a prospet-tarsi la possibilità della na-scita della Casa di Cura?Nel 1946 con sua moglie e noi,

tre figli, decise di trasferirsi a Peschiera, un piccolo paese po-sizionato bene sul territorio e snodo importante sotto il profi-lo delle comunicazioni. Prese in affitto un piccolo immobile vici-no alla stazione di Peschiera con pochi posti letto ed iniziò questa avventura. Furono anni difficili ma la tenacia e il lavoro continuo lo portarono a farsi conoscere e ad essere sempre più stimato. La formazione medica era cer-tamente meno settorializzata di quella attuale: oggi c’è l’orto-pedico della mano, del braccio, della spalla, della colonna verte-brale, dell’anca, del ginocchio, del piede… Il medico di allora era certamente più completo: sape-va fare diagnosi, faceva l’oste-trico, il medico generale… Era a disposizione 24 ore al giorno, aiutato da due persone prive di qualifica professionale e da sua moglie che lo supportava in sala operatoria e doveva preoccu-parsi della cucina, della lavande-ria e degli approvvigionamenti. Ed in effetti mia madre ha contri-

buito e partecipato attivamente a questa avventura, non solo con il suo lavoro ma anche con i suoi risparmi. Aveva infatti una piccola campagna, pochi campi, che nel 1950, quando decisero di realizzare il sogno di costruire quella piccola Casa di Cura di 30 Posti letto, mia madre vendette e con 10 cambiali da 1 milione l’una che ottennero dalla banca, iniziarono la costruzione della Casa di Cura che ha rappresen-tato il primo nucleo dell’attuale struttura ospedaliera. La gente ha subito avuto fiducia in lui e lui la ripagava con il massimo della disponibilità e dell’altruismo.

Quali sono state le difficol-tà iniziali e l’evoluzione del-la Casa di Cura nella forma attuale?Le difficoltà erano legate al

tipo di organizzazione sanitaria che era tipica del sistema mu-tualistico. Le difficoltà finanziarie derivavano dal fatto che le mu-tue non pagavano le prestazioni e hanno comportato seri pro-blemi: mio padre aveva rischia-to di dover chiudere l’attività nonostante avesse molti crediti da riscuotere. Nel 1978 partì la riforma del Serv. San. Naz. che riconobbe la Casa di Cura come presidio ospedaliero, che quindi entrò nella programmazione re-gionale a pieno titolo.

Come si configura oggi la vostra struttura?Oggi 800 persone lavorano

nella nostra struttura; gestiamo 22.000 ricoveri all’anno, 15.000 interventi chirurgici, 900 par-ti, 40.000 prestazioni in Pronto Soccorso, 100.000 prestazioni ambulatoriali. Disponiamo dei più importanti reparti (Chirur-gico, Ortopedico, Medico) e dei servizi, compreso il dipartimen-to di urgenza (Rianimazione, uni-tà coronariche, Unità Ictus). Ab-biamo acquisito altre strutture ospedaliere a Rovigo e a Rove-reto e disponiamo delle tecno-logie e dei professionisti migliori.

Risale al 1947 la nascita della Casa di Cura privata “Dott. Pederzoli”, una struttura a vocazione principalmente chirurgica, istituita a Peschiera del Garda dal dottor Piero Pederzoli. Il figlio Vittorio ripercorre la storia che ha portato alla sua fondazione

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12 Società & Dipendenze 06 12

Le problematiche sociali e i disturbi all’apparato cardio-circolatorio e al cervello non sono le uniche controindica-zioni del consumo di cocaina. In campo medico, infatti, vengono riscontrate anche una serie di lesioni, di diversa gravità e tipo-logia, alle fosse nasali, alle strut-ture delle prime vie aeree e al palato, difficili da ricondurre al consumo per via inalatoria di questa sostanza. La diagnosi di queste lesioni e la comprensio-ne della loro origine è dunque fondamentale per i medici, pri-mi fra tutti gli otorinolaringo-iatri, ai quali il Dipartimento Politiche Antidroga ha dedica-to il manuale “Uso di cocaina e lesioni distruttive facciali. Li-nee di indirizzo per specialisti otorinolaringoiatri”. Una pub-blicazione nata con l’obiettivo di sensibilizzare e allertare gli specialisti sulla possibilità che alcune lesioni riscontrate co-munemente possano essere associate all’uso di cocaina. “Il coinvolgimento degli specia-listi – precisa il Capo del Di-partimento Politiche Antidroga, Giovanni Serpelloni - fa parte della strategia generale di pre-venzione delle tossicodipen-denze e di incentivazione del contatto con i centri di cura che il DPA sta portando avanti e che prevede la partecipazio-ne degli specialisti, che spesso entrano in contatto diretto col paziente consumatore di cocai-na per le diverse patologie che questa sostanza è in grado di provocare”.Quanto ai disturbi e alle pa-

tologie provocati dall’inalazio-

ne di cocaina, si tratta di lesioni alla mucosa nasale come la ri-nite crostosa, con conseguenti emorragie e infezioni. Subito dopo l’assunzione della so-stanza, si innesca un effetto di vasodilatazione molto vasta; in alcuni casi, questa vasodila-tazione porta a fuoriuscita di sangue che va a mescolarsi con il muco bloccato nelle fosse nasali. Questo causa la forma-zione di croste voluminose e molto fastidiose che il paziente tenta di rimuovere per respira-re meglio. In questo tentativo, essendo la parte anestetizzata dalla cocaina, vengono provo-cate altre lesioni che il corpo non è in grado di riparare. Se questa situazione si protrae nel tempo, il danno progressi-vo della mucosa e del tessuto pericondrale porta alla necrosi ischemica della cartilagine del setto e, nei casi più estremi, alla sua perforazione. Nei casi più gravi, si può arrivare addirittu-ra alla distruzione delle strut-ture osteocartilaginee del naso, dei seni paranasali e del palato, distruggendo così le struttu-re esterne e interne del volto e provocando danni estetici e funzionali. Esiste inoltre una va-sta serie di disturbi meno gravi ma che alterano comunque la funzionalità dell’apparato re-spiratorio, come congestione nasale frequente, non correlata ad allergie o raffreddore, e diffi-coltà inalatorie per occlusione delle vie aeree superiori.In molti casi, inoltre, i pazien-

ti con questo tipo di problemi negano il consumo di cocaina rendendo la diagnosi più com-plicata perché queste lesioni hanno caratteristiche cliniche analoghe a quelle di altre ma-lattie che provocano alterazio-ni dell’apparato respiratorio, come patologie di natura infet-tiva, neoplastica, traumatica e immunologica.Ampliando l’osservazione dei

sintomi che possono indicare il consumo di cocaina, soprat-tutto nei giovani, i più evidenti sono: alterazioni dell’umore e del ritmo sonno-veglia, peggio-ramento delle perfomance sco-lastiche, frequenza cardiaca ac-celerata, aritmie, crisi di panico.Sebbene le lesioni al naso e al

palato siano estese e, in alcuni casi, molto gravi, i danni causa-ti dalla cocaina al cervello e al sistema nervoso sono di entità superiore. Come psicostimo-lante, infatti, la cocaina agisce proprio sul sistema nervoso centrale (SNC) e attiva, tra i numerosi neurotrasmettitori, la dopamina impendendo però all’organismo di recuperarla nel momento in cui la sua funzione è terminata (reuptake). Il risul-tato di questa azione di blocco del reuptake è un aumento del-le concentrazioni di dopamina libera tra le terminazioni neu-ronali nel cervello. Il neuro-trasmettitore è così ancora in grado di stimolare il cervello e prolungare la sensazione di pia-cere ricercata dagli utilizzatori.Gli effetti del consumo di que-

sta sostanza dipendono dalla dose e dalla frequenza di assun-zione. Per questo, si possono distinguere tra effetti a breve e a lungo termine.L’assunzione di piccole dosi

provoca, quasi immediatamente, euforia, percezione di aumento dell’energia e dello stato di vi-

gilanza mentale oltre che della vista, dell’udito, del tatto e del-la parola, inoltre temporanea alterazione del ritmo sonno/veglia e diminuzione del senso di fame. A livello fisiologico, la singola assunzione può provo-care vasocostrizione, dilatazio-ne delle pupille, aumento della temperatura corporea, del bat-tito cardiaco e della pressione sanguigna.A lungo termine, oltre alla di-

pendenza, l’uso di cocaina può portare invece a irritabilità e disturbi dell’umore, agitazione, attacchi di panico, psicosi pa-ranoide e allucinazioni uditive oltre che a malnutrizione, cau-sata dalla progressiva perdita di appetito. L’approccio a tale so-stanza, infatti, può avvenire con l’intento di ottenere una ridu-zione dello stimolo della fame. Ciò si manifesta soprattutto fra le ragazze, che tendono ad assumere cocaina per ridurre il proprio peso corporeo in breve tempo. L’effetto anores-sizzante, quindi, costituisce una forte attrattiva per le giovani generazioni femminili che emu-

lano modelli di fisicità longilinei, con i quali quotidianamente si raffrontano e ai quali costante-mente si riferiscono. La vastità e la gravità dei disturbi provo-cati dall’assunzione di cocaina sono solo una parte del proble-ma più ampio che è la forte di-pendenza che questa sostanza dà. Una dipendenza tale per cui una volta provata diventa mol-to difficile prevedere o control-lare il comportamento nei con-fronti della sostanza e a causa della quale, anche dopo lunghi periodi di astinenza, il rischio di ricadute rimane molto elevato. Studi recenti sul meccanismo della dipendenza da cocaina rivelano che questa sostanza causa infatti la memorizzazio-ne dell’esperienza nel cervello, anche con forti associazioni a situazioni ed eventi i quali, una volta sperimentati, possono ri-accendere un forte desiderio improvviso nei confronti di questo psicostimolante la cui diffusione è sempre più ampia e trasversale a livello sociale.

La cocaina e i danni correlati

di Fiorella Calò

Prof. Giovanni SerpelloniPresidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento Politiche Antidroga

Le conseguenze negative dell’abuso di cocaina: gravi lesioni alle fosse nasali, alle vie aeree e al palato, disturbi al cervello e al sistema nervoso

A cura della dott.ssa Fiorella Calò

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Elezioni comunali

Società & Psicologia 13

Terremoto: come reagire alla paura

di Giuliana Guadagnini

È facile immaginare che essere travolti da un evento di questo tipo sia un’esperienza che mette a durissima prova le nostre capacità di adattamento e la nostra salute psicologica. Le reazioni di stress vengono con-siderate una reazione normale a eventi non normali, come i terremoti. I rischi sono legati all’insorgere di patologie gravi, conseguenti alla cronicizzazione della paura, che diventa angoscia quando l’evento sismico non si esaurisce in tempi brevi. Generalmente le rea-zioni da stress non diventano problemi cronici e ci si riprende di solito in un arco di tempo compreso fra 6 e 16 mesi. Il terremoto produce nelle persone uno choc emozionale intenso: è utile esplorare il mondo delle emozioni, per essere in grado di fronteggiarle in situazioni di emergenza. La paura è la risposta emoti-va ad una minaccia o ad un pericolo ben riconoscibili e di solito esterni. È caratterizzata dal riconoscimen-to del pericolo presente e dal sufficiente accordo con lo stimolo. Le cause della paura sono extrapsi-chiche, cioè esterne e facilmente individuabili. L’ansia invece è l’apprensione o la spiacevole tensione data dall’intimo presagio di un pericolo imminente e di origine in gran parte sconosciuta. Ciò che si prova è sproporzionato a qualsiasi stimolo noto, alla minaccia o al pericolo che ci sovrasta. Le cause dell’ansia sono intrapsichiche. Un attacco di panico è un attacco di ansia acuta ed improvvisa: si viene colti da uno stato forte di inquietudine, fisicamente ci si sente eccitati e tesi, mentalmente ci si aspetta che stia per accade-re qualcosa, anche se non riusciamo ad individuarlo. Nella nevrosi invece si parla di ansia cronica che può durare anche anni e che manifesta i sintomi quasi di continuo. La fobia è una paura irrazionale generata da un’ansia cronicizzata. Nella fobia la paura non ha

un rapporto con l’oggetto o evento pericoloso, ma è generalizzata a tutti gli aspetti dell’esistenza, oppure è centrata su aspetti non pericolosi, è fluttuante e tende a cronicizzarsi. Le fobie semplici sono carat-terizzate da un solo sintomo, sono abbastanza dif-fuse e non sempre sono l’espressione di tendenze nevrotiche. La persona invece di affrontare l’oggetto o l’evento ansioso, assume un atteggiamento infan-tile: fugge alla ricerca di sollievo. Le fobie complesse diventano tali quando l’angoscia, che ne è alla base, è

suscitata da un insieme di stimoli, come spazi ester-ni, situazioni sociali... In questo caso le situazioni che sono fonte di ansia vengono anticipate mentalmente così da interferire seriamente con la vita quotidiana: la persona non solo cerca di evitare la situazione ma restringe pericolosamente il proprio spazio di vita. La tremofobia è la paura dei terremoti e dei tremori. È definita come una paura persistente, anormale e in-giustificata del tremore. Coloro che soffrono di que-sta fobia sentono paura dinanzi all’idea di poter assi-stere ad un terremoto o soffrire un tremore. Questo sentimento, che in qualsiasi persona è naturale, per i fobici è estremo. L’ansia è un allarme soggettivo che richiede che si

faccia qualcosa: la risposta comportamentale evocata dall’ansia ha lo scopo di ridurre l’ansia stessa, rista-bilendo l’equilibrio dell’individuo. E’ un’emozione a due facce: da un lato può spingere l’individuo al mi-glioramento, dall’altro può limitare la sua esistenza. Esiste un livello ottimale di questa tensione, che può presentarsi in grado più o meno elevato e diversa è la sua capacità di sopportazione che varia da un in-dividuo all’altro. E’ importante imparare a canalizzare gli aspetti positivi dell’ansia per sfruttarla in modo costruttivo piuttosto che subirla passivamente.Per quanto riguarda i bambini, quanto più sono pic-

coli e immaturi, tanto più reagiscono d’impulso con risposte globali, che coinvolgono l’intero organismo, laddove servirebbero una sequenza di comporta-menti coordinati. I bambini sono più esposti alla pau-ra degli adulti ed è in loro che cercano protezione ed indicazioni su come comportarsi. L’indecisione e l’iperprotezione non sono d’aiuto. La maggior parte delle paure infantili ha una giustificazione concreta, pertanto ciò che è necessario non è evitare le dif-ficoltà, ma imparare a fronteggiarle. Molte paure in-fantili scompaiono spontaneamente, anche perché il

bambino possiede la capacità di “curarsi” con il gio-co. Quest’ultimo rappresenta, insieme alla fantasia, la modalità attraverso la quale l’infanzia si rapporta con la realtà e la sperimenta. E’ importante ascoltare il bambino quando parla delle sue paure, spiegargli che non ha nulla da temere, reagendo ai pericoli in modo razionale ed evitando di sottovalutare le paure del bambino. Durante una scossa si devono controllare le nostre reazioni emotive forti, razionalizzare com-portamenti che consentano di salvaguardare l’inco-

Dott.ssa Giuliana Guadagnini

Psicologa clinica – Sessuologa Specializzata in Psicologia Giuridica Civile e PenalePerfezionata in diagnosi e trattamento dei Disturbi

del Comportamento AlimentarePerfezionata in Psicogeriatria e PsicogerontologiaIscrizione Albo Psicologi Veneto N° 3438 sez. A

Iscrizione Albo Federaz. Italiana Sessuologia Scientifica

Per contattare direttamente la Dott.ssa Guadagnini:[email protected]

Le calamità sono eventi che travalicano l’ambito dell’esperienza umana normale e che, dal punto di vista psicologico, sono abbastanza traumatici da indurre stress in chiunque. Vi forniamo qui qualche suggerimento utile per affrontare l’ansia dovuta ai terremoti

lumità di tutti ed evitare di mostrarsi spaventati: per tutti la paura è “contagiosa”, quindi è opportuno contenere le paure dei bambini rassicurandoli. Con gli adolescenti bisogna creare un clima accogliente e

di fiducia che favorisca anche a scuola l’espressione delle emozioni positive e negative. Si devono rispettare i loro tempi e la loro crescita individuale ed è utile proporre lavo-ri di gruppo, discussioni e laboratori centrati sulle emozio-ni che le varie paure suscitano in loro, così che le ansie pos-sano essere rielaborate e non restino inespresse: il disagio potrebbe anche aumentare dando luogo a comportamenti devianti. Particolare attenzione va prestata a chi tende ad isolarsi dal gruppo dei coetanei. Si raccomanda di utilizzare sempre un linguaggio che aderisca il più possibile al princi-pio di realtà, anche quando le paure in oggetto sono quelle della morte o della guerra, tenendo conto dell’età e delle possibilità cognitive degli interlocutori. Dopo la scossa, per riacquistare il normale ritmo di vita,

è bene che bambini e ragazzi tornino a scuola al più presto. E’ opportuno dare ai bambini la possibilità di “agire” le pro-prie paure attraverso attività didattiche. Con i bambini che sono intrappolati in fantasie angoscianti si può, giocando al terremoto, indicare vie d’uscita e soluzioni positive in modo da trasmettere coraggio e fiducia nel futuro. Gli adolescenti vanno subito coinvolti perché, quando

una comunità subisce una ferita di questo tipo, da questa emozione dovrebbe nascere l’opportuntà di trasformare quest’emozione non in qualcosa che separa e distrugge, ma in un vissuto che unisce, come risorsa e opportunità preziosa per renderci capaci di continuare a crescere.

A cura della dott.ssa Giuliana Guadagnini

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14 L’arma Azzurra 06 12

Buon compleanno al Terzo StormoSi accendono 81 candeline per il reparto villafranchese dell’Aeronautica Militare

del Colonnello Roberto Poni

Innanzitutto, anche a nome di tutto il personale dello Stormo, ritengo doveroso ringraziare l’editore Diego Cordioli per averci dato questa inaspettata - e quindi ancora più gradita - opportunità, beneaugurante regalo per l’ottantunesimo compleanno del 3° Stormo.Con quel “pizzico di presunzione” che non guasta mai, sono convinto che la rubrica sia

destinata a suscitare quella giusta curiosità, soprattutto in coloro che solo ora cominciano ad addentrarsi nei temi “tinti d’azzurro”. Il nostro compito consisterà nel mantenere alto l’interesse generale per gli argomenti trattati. Mi rivolgo anche al personale del 3° Stormo S.O. che solo adesso viene coinvolto: “in bocca al lupo ragazzi”, una nuova e stimolante sfida ci attende! Ma non abbiate timore, “le pagine della nostra vita”, i numerosi attuali impegni e quelli che

sicuramente ci attendono in futuro, non potranno che costituire imbarazzo per la scelta del “materiale da trattare”, sia direttamente, che indirettamente e in piena sinergia con la reda-zione stessa. L’ambito obiettivo, è quello di trasmettere quel po’ di sana ammirazione per chi, come me, ha avuto la fortuna di poter conciliare la propria passione con questa partico-lare professione, che mi accompagna e gratifica da più di trent’anni. Peraltro, sono certo che la rubrica “l’Arma Azzurra”, semmai ce ne fosse bisogno, avvicinerà ulteriormente la nostra grande famiglia alla popolazione villafranchese, che ci accoglie dall’ormai lontano 1954 con sincero e incondizionato senso di ospitalità e, alla quale, con l’occasione, rimarco l’affetto e l’amicizia del 3° Stormo Supporto Operativo di cui, credetemi, senza ipocrisia, ho il grande onore e privilegio di essere Comandante. Come facile immaginare non è stato affatto semplice scegliere il titolo de “la prima volta”

ma, per mia fortuna, il ricorso storico mi è venuto in soccorso dandomi, nel contempo, l’e-goistica giustificazione per poterlo dedicare proprio a noi, militari e civili, uomini e donne, personale in congedo e famigliari, ai tanti amici, nostri instancabili e insostituibili sostenitori. Auspicando, sin da ora, una piacevole lettura per tutti, vi lascio con “un minuto di storia” “e uno per dirvi chi siamo”. Viva l’Aeronautica Militare, Viva la Città di Villafranca.

Il Colonnello AAran CSA/DA (Arma Aeronautica ruolo delle armi normale – Controllore Spazio Aereo/Difesa Aerea) Roberto Poni è nato il 24 maggio 1961 a Pisogne, in provincia di Brescia.

Conseguita la Maturità Scientifica, il 3 settembre 1981 si è arruolato in Aeronau-tica Militare con il Corso Aquila IV° come Allievo Ufficiale.

Nell’aprile 1985, terminati gli studi accademici, ha frequentato il 2° Corso Con-trollori Difesa Aerea, per poi essere assegnato al 13° Gruppo Radar dell’Ae-ronautica Militare presso Concordia Sagittaria (Venezia), dove negli anni 1986-1994 ha ricoperto vari incarichi attinenti la specialità Difesa Aerea e altri settori, completando l’iter istruzionale e conseguendo le abilitazioni di Controllore del-la Difesa Aerea, Guidacaccia e Capo Controllore Difesa Aerea.

Dal luglio 1992 al gennaio 1993 ha prestato servizio presso la Base Radar di Lione (Francia) in qualità di Capo del Team italiano responsabile di tutte le at-tività di coordinamento operativo tra l’Aeronautica Militare Italiana e l’Armée de l’Air francese.

Nel novembre 1993 ha iniziato il Corso di Controllore Sorveglianza Aerea presso la Base NATO Airborne Early Warning Force Component di Geilenkir-chen in Germania, dove è stato poi assegnato nel luglio 1994 e [tra il 1994-1998, come componente degli equipaggi di tali velivoli, ha partecipato alle attività con-nesse alla crisi in Bosnia, effettuando nel complesso circa 1.700 ore di volo, conseguendo la qualifica di Controllore Sorveglianza Aerea sul velivolo AWACS, di Istruttore di Specialità, Responsabile delle Prove in Volo dei Velivoli e di Di-rettore Tattico] come responsabile di varie attività di test e prove in volo per il programma di ammodernamento della flotta NATO dei velivoli radar E-3A – AWACS (Airborne Warning And Control System).

Dal 1° agosto 1998 è stato assegnato al 2° Ufficio del 4° Reparto dello Stato Maggiore dell’Aeronautica (Roma), dove dal settembre 1999 ha assunto l’inca-rico di Capo della 4^ Sezione, occupandosi dei programmi per l’acquisizione e l’ammodernamento dei velivoli da trasporto e supporto della Forza Armata.

Nel 2001-2002 presso il CASD (Centro Alti Studi della Difesa) di Roma ha frequentato il 4° Corso ISSMI (Istituto Superiore di Scienze Militari), conse-guendo anche il Master in Studi Internazionali Strategico-Militari.

A luglio 2003 è stato nominato Capo della Rappresentanza Aeronautica Mi-litare Italiana presso gli stabilimenti Boeing di Wichita (USA, Kansas) per il programma del velivolo per il rifornimento in volo e/o il trasporto KC-767°.

Dal 23 giugno 2008 ha ricoperto l’incarico di Capo del 3° Ufficio Operazioni dello Stato Maggiore del Comando Logistico di Roma.

Il 1° settembre 2010 è stato assegnato al 3° Stormo Supporto Operativo e dal 13 dello stesso mese ha assunto il Comando.

Il Colonnello Poni è laureato in Scienze Politiche e in Scienze Aeronautiche, è insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Croce d’Oro con stelletta per anzianità di servizio anni quaranta, Meda-glia Nato per il mantenimento della pace in Bosnia e Medaglia Italiana per ope-razioni di Mantenimento della Pace, nonché dell’attestazione di pubblica bene-merenza del Dipartimento della Protezione Civile per attività svolte nell’ambito dell’Operazione “Strade Pulite” anno 2008 e del “Sisma Abruzzo 2009” - “G8 l’Aquila 2009”.

E’ sposato dal 1986 con la signora Fabia e ha una figlia: Federica.

Conosciamo il Colonnello Roberto Poni

Foto: il Colonnello Poni vicino la gloriosa Bandiera di Guerra del 3° Stormo.

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15L’arma Azzurra

Il Reparto nasce il 1° giugno 1931 a Bresso, nei pressi di Milano, come 3° Stormo Caccia.Nel marzo del 1933 viene trasferito sull’Aeroporto di Mirafiori (Torino).

Il 1° luglio 1944 viene trasferito sull’Aeroporto di Campo Vesuvio (Napoli) come Stormo da Bombardamento e denominato “1° Stormo Baltimore”.

Nel giugno del 1945 lo Stormo viene trasferito prima sull’Aeroporto di Guidonia (Roma) e poi il 1° novembre del 1948 su quello di Bari Palese dove assume la denominazione di 3° Stormo Caccia.

Nel marzo del 1954 lo Stormo inizia il trasferimento sull’Aeroporto di Villafranca dove si insedia ufficialmente dal 1° luglio. Prima della fine dell’anno diviene 3° Stormo Ricognitori.

Il 1° gennaio 1956 il 3° Stormo Ricognitori diviene 3^ Aerobrigata Ricognizione Tattica.

Il 1° settembre 1977 la 3^ Aerobrigata Ricognizione Tattica diviene 3° Stormo.

Il 19 luglio 1999 il 3° Stormo diviene Reparto Mobile di Supporto e, dal 2 maggio 2008, rinominato in 3° Stormo Supporto Operativo.

L’11 settembre 2008, l’Aeroporto di Villafranca è transitato da “Aeroporto Militare aperto al traf-fico civile” ad Aeroporto Civile appartenente allo Stato, aperto al traffico civile”. Lo Stormo è do-tato di Bandiera di Guerra, ricevuta il 3 aprile 1937 all’Altare della Patria, è decorata con due Me-daglie d’Argento al Valor Militare e insignita della Croce di “Cavaliere” dell’Ordine Militare d’Italia.

Dal maggio 1984 lo Stormo è intitolato al Maggiore Carlo Emanuele BUSCAGLIA, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare, alla memoria.

Il 3° Stormo S.O. è posto alle dirette dipendenze del Vice Comandante Logistico dell’Aeronautica Militare.

Il Comando Logistico è uno dei quattro Alti Comandi del-la Forza Armata ed ha sede presso il cosiddetto“Palazzo Aeronautica” in Roma, dove risiede anche lo Stato Mag-giore Aeronautica. Attualmente, ha il compito istituzio-nale di assicurare le capacità di “Sopravvivenza Opera-tiva” e il “Sostegno Logistico” ai Reparti di Volo e alle altre Unità mobili proiettate a operare al di fuori delle proprie sedi stanziali e cura la predisposizione di pro-cedure, metodologie, attrezzature idonee a ottimizzare e razionalizzare l’attività delle dipendenti articolazioni in occasioni di rischieramenti campali, assicurando la manutenzione degli equipaggiamenti e attrezzature in dotazione.

Lo Stormo, inoltre, fornisce all’Aeroporto Civile il ser-vizio della Torre di Controllo. Infine, lo Stormo provve-de al supporto logistico e amministrativo degli altri Enti autonomi dell’Aeronautica Militare che insistono sul se-dime aeroportuale: Infermeria Principale Villafranca, 27° Gruppo Genio Campale e 109° Nucleo Sicurezza.

Il Comandante svolge anche l’incarico di Comandante del Presidio Aeronautico di Verona.

Un minuto di storia... ...e uno per dirvi chi siamo.

La premiazione ufficiale si è tenuta saba-to 26 maggio 2012 alle ore 21.00 presso il Teatro Filarmonico di Verona. Il primo concorso “Premio Beatrice” - una donna scomparsa a soli 40 anni per un tumore - è stato organizzato dal “Il sorriso di Be-atrice – ONLUS” con la collaborazione dell’Ufficio Scolastico n° 12 di Verona e diversi patrocini, tra cui la Provincia e il Comune. L’associazione, con sede a Co-lognola ai Colli (Verona), opera in tutta la Provincia con iniziative a favore degli ammalati oncologici, per sensibilizzare e stimolare i ragazzi alla riflessione sulle te-matiche dell’impegno sociale e del volon-tariato. Ha premiato i tre elaborati scel-ti da un’apposita commissione tra quelli partecipanti alle categorie :“Scatti e video di solidarietà”, “Musica, danza e arte va-ria” e “Premio speciale slogan”. Inoltre, sono stati assegnati anche alcuni “premi – riconoscimento” a personalità che si sono particolarmente distinte per la loro

attività nel campo medico, della solidarietà sociale e dell’impegno civile. Il Direttivo dell’associazione ha approvato all’unani-mità l’inserimento del Comandante del 3° Stormo Supporto Operativo di Villafran-ca Colonnello AAran Roberto Poni tra le otto persone a cui conferire il “Premio Beatrice”: “per la sua attenzione ai valori del territorio in cui opera e alle temati-che della solidarietà sociale e per la sua costante disponibilità ad attivare iniziative in campo umanitario, anche avvalendosi delle proprie competenze professionali”. Le altre personalità premiate sono state: il Procuratore Militare della Repubblica Dottor Enrico Buttitta, il Presidente di Riferimenti, Coordinamento Nazionale Antimafia Adriana Musella, il Responsabile degli interventi educativi presso l’Ufficio Scolastico Provinciale di Verona Dotto-ressa Anna Lisa Tiberio, il Responsabile dell’Unità di Cure Palliative Dipartimen-to Oncologico Ospedali Don Calabria –

Sacro Cuore di Negrar Dottor Roberto Magarotto, il Presidente dell’Associazione Moby Dick Dottor Maurizio Cianfarini, il Segretario Generale UIL Verona Lucia Pe-rina, il Capitano della squadra di pallavolo Marmi Lanza Verona Marco Meoni e, in-fine, la Nazionale Cantanti, rappresentata dai Sonohra. Lo spettacolo, condotto da Francesca Cheyenne di RTL 102.5, ha vi-sto la partecipazione ed esibizione di nu-merosi artisti nazionali e internazionali: i

ragazzi di “Ti lascio una Canzone” (RAI 1), Iskra Menarini (vocalist di Lucio Dalla), Benedetta Caretta (vincitrice di “Io Can-to” – Canale 5), Cecilia Cesario, il Musical Aspettando Broadway, Enzo e Ramon di Colorado Cafè, i ragazzi di Ponte Milvio e gli stessi Sonohra. Il Colonnello Poni era accompagnato dalla consorte Fabia e da una rappresentanza militare del 3° Stor-mo S.O. con alcuni famigliari.

In foto: “La consegna della Bandiera di Guerra al 3° Stormo”.

Riconoscimento al Comandante del 3° Stormo Supporto OperativoAl Colonnello Poni è stato assegnato il “Premio Beatrice” per la solidarietà sociale e l’impegno civile

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Dal “Protocollo d’intesa sul-la prevenzione della violenza e dell’abuso sui minori”, con cir-colare del Ministero dell’Interno del 2000, veniva evidenziata la necessità che la tematica della violenza minorile, dal maltrat-tamento fino alla pedofilia, po-tesse trovare una sede di ana-lisi nell’ambito del Comitato Provinciale della Pubblica Am-ministrazione, ora Conferenza Permanente. Con successive circolari questo proposito è stato ulteriormente ribadito, in un’ottica di prevenzione, basata su azioni comuni e condivise fra i vari attori sociali e istituzionali coinvolti. La violenza sui minori ha spesso connotazioni sotter-ranee che ostacolano un’ azione mirata di prevenzione che possa portare ad interventi correttivi e a tempestive forme di contra-sto. L’ esigenza primaria è quella dell’interesse del minore, che va tenuto presente sia nella fase informativa, sia in quella di de-nuncia, sia in quella degli accer-tamenti, per evitare che la con-dizione del minore possa subire ulteriori influenze negative e sof-ferenze aggiuntive. La crescente presenza di minori stranieri, per quanto riguarda il fenomeno del malessere minorile, richiede una particolare sensibilità, per co-gliere i segnali di disagio e per portare alla luce situazioni di abbandono e di sfruttamento. La maggioranza degli episodi di abu-so e di maltrattamento a danno dei minori avviene in ambito fa-migliare (tra padre e figlio o fi-glia; zio o nonno, con i nipoti) o in contesto para-famigliare (tra il convivente del genitore ed il bambino) o ambientale (coinqui-lino, vicino di casa, amico di fami-glia). Solo raramente si sviluppa in circostanze di relazioni occa-sionali (tra estraneo e minore). Soltanto una percentuale bassis-sima di questi episodi di abuso emerge. Proprio negli ambienti dove il minore dovrebbe sentirsi maggiormente tutelato (famiglia, scuola, parrocchia, piscina, pa-lestra etc.) c’è chi non vede, o non vuole vedere, o fa finta di non vedere. Bisogna sempre se-

gnalare le situazioni di evidente e grave disagio, oltre che di abu-so, subite da un minore anche di altra nazionalità o etnia e anche se l’episodio non riguarda il pro-prio figlio. Farlo rappresenta un obbligo di legge per gli operatori sociosanitari, per tutti i pubblici ufficiali, per gli operatori incari-cati di un pubblico servizio e per l’istituzione scolastica ed è un dovere morale per ogni persona responsabile che venga a cono-scenza di episodi del genere. Se-gnalare non significa accusare o denunciare, ma è espressione di civiltà, senso civico e sensibilità (nel rispetto della legge 3 agosto 1998 n° 269, che tutela i mino-ri contro ogni forma di sfrutta-mento e violenza sessuale, per la salvaguardia del loro svilup-po fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale). Segnalare un presunto abuso non vuol dire violare le norme di tutela della privacy: esse riguardano vita, abi-tudini, costumi, usanze, convin-zioni del singolo individuo, non atti che possono arrecare danno ad altra persona (adulto o mi-nore che sia). Non è compito o dovere del cittadino valutare se i fatti siano veri o meno, se co-stituiscano reato, se siano perse-guibili d’Ufficio o a querela della parte offesa, se consistano nella semplice incuria da parte dei ge-nitori o nella mancanza di pro-tezione e di quelle condizioni af-fettive minime che garantiscano al minore una normale crescita, evoluzione e sviluppo o, ancora, se dimostrino una vera situazio-ne di abbandono. E nemmeno se dipendano dall’ incapacità o dall’ impossibilità oggettiva di gestio-ne dei figli da parte dei genitori o da altro. E non è compito o dovere del cittadino effettuare indagini o accertamenti perso-nali per stabilire come si siano svolti i fatti e chi ne sia responsa-bile . Al contrario interventi del genere sono controproducenti e rendono più difficile l’accer-tamento della verità. Per tutte queste valutazioni esistono isti-tuzioni specifiche a cui spetta il compito di provvedere a queste verifiche. Trattare dei procedi-menti relativi ad abusi sessuali o a comportamenti violenti (siano essi psicologici o fisici) a dan-

no dei minori, esige particola-re professionalità, sensibilità, competenza e preparazione, in considerazione della speciale natura dei soggetti vittime di tali comportamenti ed anche delle conseguenze che di solito ne derivano, nella vita perso-nale e famigliare della vittima e dell’indagato. La segnalazione va effettuata alla Prefettura di Verona: tel. 045 8673411 (atti-vo 24h), Via Santa Maria Antica 1, 37121 Verona, [email protected] (dal lunedì al venerdì dalle ore 08.00 alle ore 14.00). Da parte dell’Ufficio In-terventi Educativi USP Verona sarà importante monitorare e valutare costantemente il pro-getto nella sua complessità, per porre le basi delle azioni da in-traprendere e portarle a cono-scenza del mondo della scuola.

Scuola & Istruzione 06 1216

A cura della Dott.ssa Anna Lisa Tiberio

Violenza e abuso sui minori

di Anna Lisa Tiberio

Alle studentesse e agli studenti della scuola italiana 19 maggio 2012

Care ragazze e ragazzi,

vi scrivo come Ministro, come padre ma soprattutto come italiano a voi che rappre-sentate il futuro del nostro Paese. Oggi siete stati selvaggiamente colpiti, per la prima volta nella nostra pur travagliata storia unitaria e repubblicana, davanti ad un edificio pubblico nel quale vi stavate recando sicuri di essere protetti, per imparare a diventare cittadini. Capisco dunque che dentro ciascuno di voi e tra i vostri amici e compagni di classe possa nascere, assieme al dolore per la morte assurda della vostra compagna, un sentimento di sgomento per essere stati aggrediti lì dove non doveva succedere. Il vostro sgomento è quello di tutti. Colpire da vigliacchi una scuola è infatti colpire l’Italia intera, perché lì si forma il suo futuro. Dovete credermi, sento profondamente questa responsabilità e con me tutto il Governo e l’Italia intera. Faremo di tutto perché una cosa del genere non succeda mai più, affinché voi entrando nella vostra scuola pensiate solo ai compiti e allo studio, alle amicizie e allo sport. Immagino vi siano dentro di voi sentimenti come dolore e rabbia: non abbiate paura di

averli. Oggi sono naturali. Solo vi dico e vi chiedo di non cedere ad essi, pensando di essere soli. Non lo siete. Siete invece la parte più importante di una grande comunità sulla quale potete contare, a partire dai vostri insegnanti e dal personale che lavora nella scuola. Sulla forza e sulla saldezza di questa comunità che ha in voi il suo futuro potrete fare affidamento affinché domani questi sentimenti possano lasciare il posto alla speranza e alla fiducia. Speranza che il Paese nel quale vivete diventi sempre più a vostra misura e sempre meno ceda spazio a illegalità e violenza. Noi sapremo unirci: voi potete contare su di noi. Nelle prossime ore e nei prossimi

giorni lavorerò ad iniziative in questo senso. Vi dimostreremo che i terribili fatti di oggi sono un segno di debolezza e non di forza di chi li ha compiuti. Vedrete che non sarete lasciati soli.

A presto, Francesco Profumo

Per la tutela dei minori, è importante rafforzare gli strumenti di prevenzione e di informazione: è dovere morale di tutti segnalare situazioni che rivelino uno stato di disagio, mentre è di com-petenza degli Organi deputati, effettuare valutazioni e disporre gli accertamenti del caso.

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Le origini dell’assistenza sanitaria in Italia affondano le proprie radici nel fenomeno della c.d. hospitalitas cristiana. Le prime forme di assistenza alle persone malate da parte di un soggetto dotato delle co-noscenze mediche del suo tempo nell’am-bito di un complesso organizzato, iniziano infatti all’interno di strutture religiose già a partire dall’alto Medioevo, soprattut-to per assistere i pellegrini e gli infermi lungo le vie dei pellegrinaggi. In seguito, soprattutto a partire dal XIII secolo, que-ste strutture religiose di accoglienza si moltiplicarono, acquisendo una propria autonomia rispetto all’originario caratte-re di appendice di monasteri o conventi. E presero il nome di ospedali. Fino agli inizi del 1800 le cure offerte in Italia a un malato da parte di strutture sanitarie furono considerate di esclusiva spettanza delle organizzazioni che si occupavano di poveri ed emarginati, religiose e, solo più tardi, laiche. Ed infatti il suddito non pote-va ancora pretendere dallo Stato e dalla collettività un aiuto per i suoi bisogni sa-nitari. In tale contesto l’assistenza al ma-lato era concepita come un atto di carità verso gli ultimi, non configurandosi alcun dovere pubblico di prestare un servizio. Solo a partire dal 1800, l’autorità pubblica iniziò ad interessarsi dello stato di salute degli individui, ma solo nel caso in cui la diffusione delle malattie e le epidemie po-tessero minacciare la collettività.Ma quali erano le condizioni di salute de-gli Italiani all’indomani della conquistata unità nazionale ? Negli anni dal 1880 al 1885 venne pubblicata un’inchiesta par-lamentare affidata al senatore Stefano Jacini, che costituisce un’ottima fonte di informazioni. Sappiate dunque che:-Un bambino su cinque moriva prima di compiere 5 anni. Al Sud uno su 4.-Per chi aveva la fortuna di sopravvivere all’infanzia, la vita media era di 60 anni (ol-tre 20 meno di adesso).-Il Regno d’Italia, da poco costituito, nel 1863 chiamò alle armi 253.000 ventenni della classe 1843 con il proposito di ri-cavare 55.000 abili da arruolare a sorte. Di questi 253.00 ventenni: 12.634 erano già morti; 33.156 vennero subito scarta-ti perché deformi o informi; altri 22.918 vennero scartati perché non raggiungeva-no m. 1,54 di statura.-Sulle condizioni di salute della popola-zione influiva notevolmente anche il fatto che i bambini iniziavano subito a lavorare. Soltanto nel 1886 infatti una legge stabilì l’età minima di nove anni per il lavoro in

fabbriche e miniere e per un massimo di otto ore. Dopo i dodici anni non esisteva alcun limite e nessun limite esisteva per il lavoro nei campi. Nel 1800 si moriva soprattutto per malattie infettive, per mali psichiatrici e del sistema nervoso, tubercolosi, sifilide, colera, rachitismo e, soprattutto, malaria. La puntura della zanzara anofele è stata infatti fin dall’an-tichità la principale causa di morte e nel 19° secolo minacciava un terzo degli ita-liani, soprattutto al Sud. Con la rivoluzio-ne industriale aumentarono poi i fattori di rischio per la salute delle persone e questo portò alla comparsa delle prime forme di previdenza, fino ad arrivare nel 1898 all’introduzione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavo-ro e alla istituzione della Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e vecchiaia degli operai, il primo grande istituto pen-sionistico italiano.Tuttavia, fino all’avvento della Costituzio-ne, la salute dell’individuo continuò ad es-sere considerata solamente in un’ottica di assenza di malattia, con la conseguenza che la tutela della salute scattava solo nel caso di insorgenza di una patologia. Solo con l’avvento della Costituzione nel 1948 tale situazione mutò. L’art. 32 Cost. recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato tratta-mento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.L’art. 32 è l’unico caso nella Carta Costi-tuzionale in cui un diritto viene definito “fondamentale”, proprio a dimostrazione del fatto che la tutela della salute costitu-isce un principio assoluto e incondiziona-to del nostro ordinamento giuridico. In questo articolo si possono distinguere numerosi principi: innanzitutto il diritto dell’individuo a che la Repubblica tuteli la sua salute, poi l’interesse generale a che la Repubblica tuteli la salute collettiva; il di-ritto degli indigenti ad avere cure gratuite; la libertà dell’individuo di non sottoporsi o di rifiutare trattamenti sanitari, tranne i casi di trattamento sanitario obbligatorio che devono però essere previsti da una legge e sempre nel rispetto della persona umana. I principi enunciati dall’art. 32 del-la Costituzione rimasero tuttavia per lun-go tempo inattuati. L’art. 32, infatti, venne inizialmente definita una norma program-matica, la cui attuazione era rimessa cioè al legislatore. La tutela della salute venne quindi ricondotta inizialmente all’art. 38 che, fondandosi sull’obbligatorietà dell’as-

sicurazione sociale contro le malattie in favore dei lavoratori e dei pensionati, ga-rantiva cure appropriate nel caso dell’in-sorgenza di una malattia. Questo sistema garantiva però l’assistenza ai soli iscritti e ai loro famigliari, con esclusione di ogni altro soggetto non ricompreso nelle ca-tegorie suddette. Il sistema inoltre non era equo perché poteva accadere che al-cuni gruppi di lavoratori beneficiassero di una copertura meno estesa e di minori prestazioni rispetto ad altri (ad esempio i lavoratori dell’industria avevano una pro-tezione più ampia rispetto ai coltivatori diretti o agli artigiani). Questo regime, iniziato verso la fine dell’Ottocento, durò fino alla metà degli anni Settanta. Succes-sivamente l’art. 32 venne interpretato non più solo come una norma program-matica bensì come una norma dal conte-nuto precettivo, con la conseguenza che la salute venne considerata finalmente come un diritto assoluto e fondamentale, meritevole di tutela prioritaria con dirit-to a qualsiasi prestazione assistenziale. L’attuazione piena dell’art. 32 venne rea-lizzata con la legge n. 833/1978 che istituì il Servizio Sanitario Nazionale, riordinò l’intera materia sanitaria e affermò i prin-cipi della generalità dei destinatari (tutti i cittadini indistintamente e non più solo lavoratori, pensionati e loro famigliari ed indigenti), della globalità delle prestazioni (prevenzione, cura e riabilitazione) e dell’ uguaglianza di trattamento. Il SSN venne articolato sul territorio in Unità Sanitarie Locali, configurate come struttura opera-tiva dei Comuni e strettamente vincolate ad una gestione tecnico-amministrativa di natura politica. Questo sistema, tuttavia, entrò in crisi e si rivelò presto inefficien-te, rendendosi così necessaria una ulte-riore riforma (D. Lgs. 502/92 e 229/99). Si arrivò così, all’inizio degli anni Novanta, alla aziendalizzazione delle UU.SS.LL., che vennero dotate di autonomia imprendi-toriale e di strumenti operativi mutuati dal settore privato. Le vecchie UU.SS.LL. vennero trasformate in Aziende Sanitarie Locali e gli ospedali di maggiori dimen-sioni vennero scorporati e trasformati in Aziende Ospedaliere. Le funzioni ammini-strative vennero sottratte all’ambito co-munale e ricollocate in capo alle Regioni. Punto cardine del nostro attuale SSN è innanzitutto il principio dell’universalità dei destinatari, in quanto l’art. 32 pre-vede la tutela del diritto della salute per ogni individuo nella sua qualità di persona umana. Quindi la tutela è garantita a tutti gli individui, a prescindere dalle condizio-ni economiche e ovunque si trovino nel territorio nazionale. Questo anche in at-tuazione dell’art. 3 della Cost., che appun-

to ribadisce come tutti gli individui hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge. Il SSN è dunque uno degli stru-menti attraverso i quali la Repubblica “ri-muove gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Un ulteriore principio fondamentale che sta alla base del nostro sistema sanitario è il principio della globalità delle pre-stazioni, comprensive non più solo della cura della malattia ma anche della pro-mozione, mantenimento e recupero della salute intesa in senso ampio, quale stato di completo benessere fisico, mentale e sociale della persona.Fondamentale in questo complesso sistema è anche l’ap-porto delle strutture private, in quanto la tutela della salute del SSN non è un compito esclusivo del sistema pubblico, ma è un obiettivo dell’intera società, cui concorrono quindi soggetti sia pubblici che privati, pur con ruoli diversi. E vorrei evidenziare che, secondo l’ultima ricerca dell’OMS risalente al 2000, l’Italia aveva il secondo sistema sanitario migliore del mondo in termini di efficienza di spesa e accesso alle cure pubbliche per i cittadini, dopo la Francia. Anche nel nostro terri-torio vi sono case di cura private ricono-sciute Presidio Ospedaliero dell’ ASL, che svolgono un ruolo indispensabile nell’as-sistenza sanitaria pubblica sul territorio in termini di pazienti ricoverati, di servizi di pronto soccorso, prestazioni ambu-latoriali, interventi chirurgici e nascite. Queste esperienze possono costituire la realizzazione in perfetta sintonia di due principi costituzionali: il diritto alla salute ed il corrispondente dovere della Repub-blica di cui all’art. 32 Cost., e la libertà di iniziativa economica privata garantita dall’art. 41 Cost. se svolta per fini di utilità sociale e di sicurezza umana.

17Giustizia & Legalità

A cura del Dott. Enrico Buttitta

di Enrico Buttitta

Il diritto alla salute nella CostituzioneDall’assistenza dei religiosi cristiani ai malati, alle condizioni di salute degli italiani dopo l’unità nazionale, dalla tutela del benessere dei cittadini da parte dello Stato, alle ultime novità in materia di sanità pubblica e privata

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Aziende

PUBLIREDAZIONALE

Negli ultimi anni sono sempre più le famiglie che si affidano all’ac-qua potabile che esce dal rubinetto di casa, tanto che noi italiani siamo i primi consumatori al mondo di acqua minerale in bottiglia. Specifico in bottiglia, perché di acqua minerale in Italia se ne può trovare anche negli acquedotti. Un po’ di dati: solo il 13% degli italiani consuma esclusivamente acqua da rubinetto (dati Federcon-sumatori di Pisa). Solo il 24,5% consuma esclusivamente acqua mi-nerale in bottiglia (dati Aqua Italia, istituto indipendente). Possiamo quindi considerare che la stragrande maggioranza ( 62.5%) usa per dissetarsi sia acqua del rubinetto, sia acqua in bottiglia. Premesso che la scelta di affidarsi all’una o all’altra soluzione dipende dalle convinzioni di ogni singolo, il fatto di utilizzare entrambe le “fonti” significa incertezza e diffidenza . E’ vero che se una delle due scelte fosse dannosa alla salute o al portafoglio, sarebbe meglio schierarsi da una parte ben definita del fronte.RUBINETTO O BOTTIGLIA?Analizziamo i pro ed i contro delle due alternative:Acqua del rubinetto:Pro: Più economica; più comoda; più sicura (analisi giornaliere da parte degli enti locali)Contro: sapore talvolta sgradevole a causa di presenza di cloro e minerali o metalli; talvolta elevato contenuto di calcare (a Villafranca soprattutto); presenza di residui di metalli e sabbia che in assenza di filtri specifici, passano dal rubinetto.Acqua da bottiglia:Pro: Gusto gradevole; possibilità di averla frizzante; etichetta che riporta i dati salienti (non si sa di quale campione); provenienza da fonti pure e montane (non sempre).Contro: Costo elevato; mancanza di controlli sullo stato delle botti-glie durante il trasporto e lo stoccaggio (caldo, luce, ecc...); controlli eseguiti a campione; utilizzo di bottiglie spesso senza possibilità di riutilizzo integrale (la plastica viene differenziata ma è sempre un rifiuto); costi accessori per l’approvvigionamento; poca praticità per la fruibilità (continui acquisti o disponibilità di depositi in luoghi freschi e asciutti).•Il mercato delle acque minerali vale 3,2 miliardi di euro.•In 15 anni (1988-2003) il consumo italiano è più che raddoppiato (da 80 a 182 litri), un fenomeno unico al mondo.• Con 182 litri pro capite all’anno, l’Italia è balzata in pochi anni al primo posto nel mondo per consumo di minerale.•Il consumo pro capite di 182 litri l’anno significa consumare 22 litri di petrolio e 108 litri d’acqua (utilizzati per la produzione e il trasporto), oltre all’emissione di 23 kg di CO2.Quanto paga e quanto inquina mediamente in un anno una famiglia di 4 persone che consuma acqua in bottiglie di plastica nella misura di 1 litro a testa al giorno, in Italia?•Costo medio dell’acqua: € 400,00•Consumo di petrolio per fare le bottiglie: litri 32•Consumo di acqua per fare le bottiglie: litri 560•Acqua sprecata nelle varie fasi di lavorazione: litri 3.360•Consumo di carburante per il trasporto delle casse d’acqua: litri 32A tutto questo vanno aggiunti i costi ingenti per lo smaltimento delle bottiglie di plastica e l’inquinamento ambientale, derivante an-che dall’emissione dei gas immessi nell’aria dai veicoli preposti al trasporto dell’acqua (fonte Federconsumatori di Pisa).

L’acqua, risorsa importante e bene comuneBottiglia o rubinetto ? Questo è il dilemma che milioni di italiani si pongono

LA SOLUZIONE A TUTTO ESISTE:C’è un modo per bere sicuro, economico e pratico: purificare l’acqua del rubinetto senza la necessità di allacciarsi alla rete idrica. Risparmio sull’acquisto delle acque minerali. Riduzione dell’inquinamento da trasporto e confezionamento di acque minerali.Evita la scomodità del trasporto delle casse di acqua.

Caratteristiche generali :1. sistema di filtraggio a doppia tecnologia e ad elevatissima durata (fino a 6 mesi) monitorata elettronicamente;2. elevata velocità di filtraggio fino ad 1 litro/min;3. sistema gasatore con bombola CO2 per preparare fino a 80 litri di acqua gassata;4. sistema di bypass per regolare il livello di filtraggio per modificare la durezza dell’acqua e le caratteristiche organolettiche in funzione dell’utilizzatore e del tipo di acqua potabile in ingresso;5. autodiagnosi e supervisione del sistema, con interfaccia utente a LED multicolore che segnala: - erogazione acqua in corso; - gasatura in corso; - esaurimento filtro; - esaurimento bombola CO2; - stato del dispositivo UVc.

Possibilità di funzionamento con batteria ricaricabile (12 ore di ricarica), fino a 20gg di autono-mia. Pratica caraffa “a scomparsa” da 1.8 Lt.-Conforme alla Normativa Europea ed Italiana di settore.Accessori in dotazione:-1 cilindro CO2 per gasatore-2 bottiglie di vetro da 2 litri-2 bottiglie in plastica per bombola CO2-2 cartucce composite filtranti sterilizzate.-1 alimentatore 12 V

Sistema di disinfezione, basato sulla tecnologia UV-c, che può abbattere la carica batterica, ove presente, fino a valori superiori al 99%.Il doppio sistema consente la riduzione degli agenti organici e inorganici (solventi, pesticidi, cloro, piombo, zinco, rame, arsenico, metalli pesanti, calcare, ecc).Assorbimento massimo in fase di erogazione dell’acqua 4.6W

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19Giovani

A cura di Diego Cordioli

Apprendimento e istruzioneLa presentazione dei lavori degli allievi dell’Istituto Carlo Anti, alla presenza delle autorità cittadine e locali e la pubblicazione di un volume su Custoza

Sabato 26 maggio in una ric-ca cornice di pubblico data da genitori ed allievi, le classi del biennio dell’Istituto di scuola su-periore Carlo Anti di Villafranca di Verona, guidato dal preside prof. Claudio Pardini e dal vica-rio prof.ssa Lauretta Zoccatelli, hanno presentato presso l’au-ditorium del comune i lavori di fine anno inerenti le Unità Di-dattiche di Apprendimento. Esse, nell’ambito della riforma

del sistema scolastico decre-tato dalla Legge 53/2003, volta a recepire appieno le direttive europee, costituiscono un pun-to fondamentale del processo educativo; la loro progettuali-tà è caratterizzata da obiettivi formativi adatti e significativi per ogni allievo e sono tese alla trasformazione delle capacità personali in competenze, avva-

lendosi di una strutturazione flessibile, trasversale ad ogni materia d’indirizzo che va da-gli interventi sul gruppo classe a quelli realizzati per gruppi di livello, di compito o elettivi. L’o-biettivo prioritario è quello di offrire strumenti di conoscenza ed occasioni di esperienza an-che applicativa, che consentano a ciascuno di apprendere, conti-nuare ad apprendere, interagire e operare nella società. L’Istitu-to Carlo Anti ha così presenta-to per il secondo anno i lavori ed i più che positivi risultati ottenuti dagli studenti, di tale progetto, afferenti, quest’anno alle seguenti tematiche: i sassi, il moto parabolico, la formazione della Verona medievale e del suo patrimonio artistico, il valore dell’acqua e la storia della vite e del vino nel territorio di Vil-lafranca Custoza. In particolar modo queste due ultime unità, affrontate rispettivamente dalle

classi prime e seconde del bien-nio commerciale sono state oggetto di un ulteriore lavoro di coordinamento seguito dal nostro prof. Umberto Massaro, storico e ricercatore che inse-gna in quel di Verona, culmina-to in un’elegante e completa pubblicazione sostenuta dalla Graphistudio, avente per titolo “Tra storie d’armi, nobili vini e Cristalline fonti: Custoza.” Pre-senti alla manifestazione erano: l’Ing. Luca Zamperini, assessore alle politiche giovanili del comu-ne; il dott. Bruno Minotto, agro-nomo della Cantina Sociale di Custoza; il dott. Stefano Tomez-zoli, presidente del Consorzio di bonifica Adige Garda Tartaro; il dott. Ermanno Murari, direttore di zona dei Vivai Cooperativi di Rauscedo, ai quali è stata dedi-cata una pagina della ricerca; la dott.ssa Anna Lisa Tiberio del Provveditorato scolastico, ed il dott. Gustavo Franchetto, con-

sigliere della Regione Veneto e componente della Commissio-ne Cultura della Regione e già ospite e relatore a Campagna di Maniago, in occasione della pre-sentazione di una pubblicazione sulla comunità sempre sostenu-ta dalla Graphistudio, alla quale Franchetto ha rivolto un sentito ringraziamento per la sensibilità e coerenza da sempre dimo-strate nel sostegno alle iniziative culturali. Tutte le autorità conve-nute hanno espresso i più fer-vidi complimenti agli allievi ed a tutti i docenti interessati, per gli eccellenti lavori e risultati di ri-cerca presentati e per la perfet-ta riuscita dell’incontro. In par-ticolar modo la pubblicazione su Custoza ha dimostrato una profondità di approfondimento degna di una tesina universita-ria con un’esposizione comple-ta, esplicativa ed estremamente chiara. Tutti i convenuti si sono augurati che la crescita di questi

giovani studenti possa portare a seri ed apprezzati professioni-sti del mondo economico, sono risultati essere studenti davve-ro in gamba che hanno saputo apprezzare l’insegnamento dal vivo, quello che la natura, l’ar-te, la storia, il paesaggio offrono agli occhi dei più attenti, avendo compiuto in tal modo il Carlo Anti un percorso di grande ri-lievo educativo, auspicando che questa iniziativa diventi un ap-puntamento fisso di fine anno e si radichi ed espanda nel territo-rio. Un momento di grande par-tecipazione affettiva si è inoltre avuto quando è stato inviato sul palco il veronese Luigi Bertagna, classe 1922 reduce della batta-glia di El Alamein e protagonista assieme al pordenonese Piero Di Giusto di una delle “Serate per non dimenticare” a Rausce-do, la capitale delle barbatelle.

del Prof. Umberto Massaro

SPECIALE ESTATE

Progetto Centri Estivi di Luca Zamperini

L’estate è ormai alle porte e con essa anche l’inizio delle attività rivolte ai più giovani. Anche quest’anno infatti sa-ranno attivati i centri estivi realizzati grazie alla collabora-zione tra Amministrazione comunale, scuole, parrocchie ed associazioni del territorio. Essi sono il risultato di un percorso che in questi anni ha portato alla stesura di una convenzione condivisa che ha lo scopo di garantire la presenza su tutto il territorio co-munale di quelle attività divenute ormai di fondamentale importanza per oltre mille famiglie. Sono stati attivati, nel corso degli anni, nuovi percorsi formativi rivolti agli animatori realizzati in collaborazione con il Servizio Educativo Territoriale e il Polo Emergency e l’Amministrazione in questi anni ha investito maggiori ri-sorse al fine di offrire un servizio di qualità che, pur tenen-do conto delle peculiarità delle diverse realtà territoriali, possa nel complesso rispondere nel miglior modo pos-sibile alle esigenze di genitori e figli. È infatti da due anni attivo, su richiesta di molti genitori, un terzo turno mat-tutino durante il mese di agosto dei centri estivi realizzati in collaborazione con la cooperativa Aribandus e per il quinto anno consecutivo le tariffe sono rimaste invariate.L’obiettivo è quello di mettere al centro dell’agire i bambi-ni e le famiglie e garantire in questo modo un servizio che sia in grado di conciliare al gioco e al divertimento anche una forte valenza educativa.

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A cura di Francesco BommartiniA cura di Diego Cordioli

I Tesori di Villafranca

A cura di Elisa Zanola

Il Castello di VillafrancaIl castello rappresenta forse il monumento più significativo del territorio villafranchese.La sua edificazione risale al 1200 ed è legata alla storia della Signoria scaligera

Un’opera di fortificazione a scopo difensivo: l’area veronese e limitrofa conosce diversi esempi di castel-li risalenti al periodo scaligero, come quelli di: Sirmio-ne, Lazise, Malcesine, Torri del Benaco e Peschiera sul lago di Garda o quelli di Valeggio, Monzambano, Soave e Montagnana. Quello di Villafranca venne concluso nel 1202; trent’anni dopo, venne assediato e incendiato da Ezzelino da Romano; fu ricostruito nel 1242 con l’ag-giunta dei fossati e del mastio. Erano periodi di assedi e guerre frequenti e la costruzione dei castelli scaligeri seguiva schemi per lo più comuni: alla corte d’onore, dove risiedeva il castellano, si affiancava la corte d’ar-mi, lo spazio per i soldati. Questi due ambienti erano spesso separati da un’area intermedia. La corte d’onore in genere prevedeva torri aperte verso il fronte di gola e il mastio, al suo interno, dominava, per la sua altezza, la zona circostante e rappresentava l’ultimo rifugio dei castellani. L’accesso non avveniva da terra ma da porte che si raggiungevano con passerelle levatoie dai cam-mini di ronda. I materiali con cui i castelli venivano co-struiti erano per lo più recuperati in zona e quelli più comuni erano la pietra, i mattoni e i ciottoli di origine morenica. Nel caso specifico del castello villafranchese, c’è stato l’impiego di murature a secco per le cortine

murarie e furono usati ciottoli di origine morenica di-sposti “a spina di pesce”: Il cammino di ronda, protetto da merlature, è alto 16 metri, la pavimentazione è in pietra. I mattoni e le feritoie furono realizzati con la tecnica “a tolos” e ai piedi delle cortine murarie ci sono ripide scarpate che servivano per prevenire gli attacchi con gli arieti. Agli angoli delle cortine ed a queste strut-turalmente indipendenti, a intervalli di circa 40 metri, vi sono le torri, con più piani e sulla sommità, presentano il cammino di ronda con le merlature. In alcuni punti di particolare importanza si trovano nelle cortine degli apparati a sporgere, con delle aperture da cui veniva-no lanciate pietre, acqua bollente, a scopo difensivo. I rivellini (un tipo particolare di fortificazione), ognuno per ciascun accesso, davano su un ponte levatoio ed erano separati dalla corte d’onore da portoni. La corte d’onore veniva difesa anche dalle torri angolari, collega-te alle cortine murarie. Alla torre del mastio si poteva accedere dai cammini di ronda a 16 metri d’altezza. Nel castello di Villafranca la muratura è composta da massi di epoca romana e da mattoni, per uno spessore di cir-ca 2,50 metri che si riduce di un mattone per ciascun piano interno. Questi erano formati da solai in legno; in alto il mastio è chiuso da una volta a botte. La rocca è formata da due rivellini, uno che dà verso la città, l’altro verso la corte d’armi; questi presentavano ponti levatoi, che in seguito vennero rimpiazzati da ponti di muratura.

Tra i rivellini c’è un percorso di attraversamento ai lati del quale, nel XVII e XVVIII secolo, vennero costruiti al piano terra un loggiato e a quello superiore, un vano. Nella stessa epoca, sul lato opposto, vi fu la costruzione della chiesetta del Cristo. Nel 1800 il rivellino verso la corte d’armi venne modificato; vicino ad esso si trova una delle due torri minori del castello che ospitavano le prigioni, mentre il pian terreno serviva come sagrestia della chiesetta del Cristo. Passando per il percorso di attraversamento, si arriva alla corte d’onore all’interno della quale sorge l’imponente mastio. Resta solo un trat-to delle cortine murarie dell’epoca, mentre delle due torri minori, solo quella nella corte d’onore ha lo stesso aspetto originario, perché a quella accanto al rivellino venne aggiunto un vano scala che serra l’apertura sullo spigolo di gola. Da queste torri si possono raggiungere i cammini di ronda con le caratteristiche merlature. Il mastio è rimasto inalterato nel tempo, tranne che per alcune modifiche dovute al collocamento di un orologio nel XIX secolo. Il castello ha subito molti interventi nel corso dei secoli ed è stato interessato da restauri nei periodi 1988-1998 per quanto riguarda la rocca, 1998-2002 per il restauro della porta sud e la costruzione di nuove passerelle, 2006-2007 per gli interventi di si-curezza sulla corte d’armi e per il ripristino dei servizi nella torre mediana ovest. Un patrimonio, il castello, di grande valore, diventato simbolo della stessa Villafranca.

di Elisa Zanola

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Una ricerca materica e ar-tistica che ha come oggetto quest’elemento sfuggente e fondamentale: l’acqua. L’acqua che sa adattarsi a qualsiasi con-tenitore, assumere ogni forma, vincere ogni forza. Tutto diventa liquido, fluido, mutevole. Scultu-re che rappresentano flutti, in-stallazioni che sembrano galleg-giare nell’aria e sono ricolme d’acqua. Forme di plastica do-rata e attorcigliata che si con-torcono su una parete nera. Si ondeggia, si fluttua. Gocce, flussi lavorati utilizzando la plastica, di bottiglie di in un’ estetica del riciclo che diventa un modo di fare del riciclo una nuova este-tica. Acqua come risorsa da difendere per lottare contro il suo spreco ed inquinamento. Acqua come occasione creativa per un’indagine intima e pro-fonda sulla realtà. La plastica, modellata dall’abilità dell’artista, risorge a nuova vita, per diven-tare veicolo di significati che attingono anche all’ecologia. E l’acqua si fa metafora della vita, impreziosita da sfumature oro-argento o lasciata al suo colore trasparente, non dipinta.

Acqua che permette la vita sul-la terra. Acqua celebrata nelle cromie sgargianti o in discrete trasparenze, attraverso un lavo-ro inedito sulla materia plastica. Maria Grazia Cordioli, di arte si occupa da ormai quarant’anni e la sua prima personale risale al 1982. Nel 2006 ha inaugurato a Villafranca OPEN ART, una casa-studio-spazio espositivo perma-nente d’arte contemporanea in via Bixio 272. La mostra di Se-sto Fiorentino recupera l’uso dei rifiuti, caratteristica di al-cune avanguardie artistiche del Novecento, per ridare a quello che comunemente è scartato, un nuovo valore, in una ricer-ca artistica che attinge all’arte povera, a quella minimalista e concettuale e al riciclo che da estetica diventa anche etica. Se la plastica è comunemente gettata come oggetto di rifiuto, l’importanza dell’arte e dell’ac-qua sono universalmente rico-nosciute: ecco allora che un uso sapiente e creativo della plastica di recupero diventa strumento per incarnare il suo contrario, per inglobare un nuovo valore, per farla diventare essa stessa preziosa, come l’oro blu che rappresenta. L’acqua è anche un elemento fondamentale per tutte le religioni e non a caso

un’installazione presente nella mostra si chiama “Il tempio del-la vita”. I contenitori trasparenti traboccanti d’acqua, che la costi-tuiscono, sono oblò di lavatrici installati su una struttura di ac-ciaio. “Il tempio della vita” rap-presenta così il tempio dell’ac-qua, fondamentale per tutte le religioni che in essa vi riscopro-no i significati della purificazio-ne, della rinascita e della guari-gione, nonché una traccia della presenza divina. Acqua è anche il ricordo del grembo materno, simbolo di nascita e rinascita. Metafora del cambiamento e dell’adattabilità a qualsiasi cir-costanza, è essa stessa vita. Du-rante l’esposizione, accanto alle sculture dorate e argentate che rimandavano ai flutti d’acqua “Il tempio della vita” occupava lo spazio centrale sotto la volta del soffitto. All’esterno, nel giar-dino, ombrelli rossi e gialli spar-si ovunque come fossero stati investiti da una folata di vento: usati comunemente per ripa-rarsi dalla pioggia, rimandano al valore dell’acqua piovana che scende dal cielo per fecondare la terra. Insieme agli ombrelli, sempre all’esterno, dei drappi trasparenti di plastica, immense onde d’acqua lucenti. Un’indagi-ne sulla sacralità dell’acqua e sui

suoi usi “profani”: per ribadire il proprio no ad ogni abuso in-discriminato di quest’elemento prezioso che ci compone e di cui necessitiamo per sopravvi-vere: un inno alla vita e alla sua bellezza attraverso quell’ele-mento che scorre, liquido e li-bero, in noi e in tutto quello di vivente che ci circonda.

Allora Maria Grazia, che cosa ci racconti della tua ul-tima personale?Non ho parole , non mi aspet-

tavo un’ accoglienza e un’ ospi-talità così: una valorizzazione, un apprezzamento del mio la-voro che non ho mai avuto. Uno spazio prestigioso, donato

da uno scultore, Antonio Ber-ti, abilissimo e apprezzatissimo artista amico di Manzù, che ha ritratto le persone più in vista del suo tempo, è stato messo a mia disposizione gratuitamente .

Che cosa ti ha colpito che non ti aspettavi? La presenza e gli apprezza-

menti del presidente della Pro-vincia di Firenze, il presidente del Progetto Acque Firenze che proprio durante l’inaugurazione ha detto davanti a tutti che vuo-le essere il mio sponsor ufficiale in tutta Italia... mi confermano

e mi incoraggiano a proseguire e mi ri-compensano della fatica, del lavoro e dell’ indifferenza che ho incontrato in tut-ti questi anni. Non voglio dimenticare il rinfresco offerto da un’ antica cioccola-teria di Firenze... chi se lo aspettava? Non mi era mai successo! Una persona pre-sente ha ripreso l’i-naugurazione che si può vedere sul sito YouTube digitando: “Cordioli acqua“.Secondo te que-

sta esperienza

intensa e soddisfacente po-trebbe avere un seguito? Forse si... il direttore di TV

Toscana Arte è venuto alla fine della mostra, ha fatto un bel fil-mato che ha mandato in onda nella sua trasmissione dedica-ta all’arte contemporanea, si è complimentato con me e ha detto alla curatrice, dott.ssa Francesca Roberti, molto sod-disfatto per quello che aveva visto, che mi deve far conoscere in tutta Italia. Non solo, ma ha fatto un elenco degli spazi nel-le diverse città che secondo lui sono molto adatti a valorizzare questa modalità di fare arte.Speriamo...

Quale è il messaggio che con questa mostra vuoi co-municare? H2O l’oro blu: l’acqua è più

preziosa dell’oro. Se avessimo tutto l’oro del mondo ma non avessimo l’acqua, noi non po-tremmo vivere… Per me l’ac-qua, come la celebra S. France-sco nel Cantico delle Creature, è “utile et umile et pretiosa et casta” ed è anche un program-ma di vita. La nostra vita è un bene prezioso da non sciupare e da vivere in pienezza, in pu-rezza di cuore, con sincerità, le-altà, trasparenza umiltà. Circon-dati da falsità, intrighi, imbrogli, non è facile, ma possibile...

A cura di Diego Cordioli

Arte 06 1222

A cura di Diego Cordioli

L’oro blu: acqua sorgente di vitaAl centro espositivo Antonio Berti di Sesto Fiorentino, dal 25 marzo al 9 aprile è stata allestita la mostra di Maria Grazia Cordioli a cura di Francesca Roberti, dedicata all’acqua.

di Elisa Zanola

Foto in alto: autoritratto dell’artista

Foto a lato: una delle opere esposte nella mostra di Sesto Fiorentino “Flutti d’Acqua”

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Nel salone convegni del Museo Nicolis, af-follato come nelle grandi occasioni (250 pre-senze e tante autorità civili, militari e religiose di Verona) è stato presentato il nuovo libro di Carlo Rigoni:“MEZZO SECOLO fatti e per-sone”, 400 pagine su carta patinata finemente rilegato con copertura in cartone e sopraco-perta chiara...

Nella prefazione Michelangelo Bellinetti, già presidente dell’ordine dei giornalisti del Vene-to, ha scritto e ribadito: “Per oltre cinquant’an-ni, con umiltà e con passione, Carlo Rigoni ha raccontato, giorno dopo giorno, le vicende del proprio paese dalle colonne de L’Arena. Oggi di quel tempo ha raccolto gli articoli più signifi-cativi. Si tratta di una corposa sequenza di sto-rie vissute. Sono le gioie e i dolori che segnano le stagioni della vita di ciascuno, in questo caso di una comunità laboriosa e tenace” e ancora “Ora dalla rinnovata testimonianza di Carlo Rigoni emergono da queste pagine il retag-gio del tempo vissuto, la qualità della parteci-pazione civile, il sapore di una memoria che sarebbe ingiusto perdere”. Molto articolata la presentazione di Gian Paolo Marchi, già ordi-nario di letteratura italiana e preside di facoltà all’Università di Verona. Fatta una premessa di carattere storico circa la nascita e la funzione dei giornali e i personaggi che nel corso della storia hanno dato lustro a Villafranca, Marchi ha ricordato come per evidenti ragioni si capi-sce come «L’Arena» consideri Villafranca tra le località strategiche della provincia e che abbia scelto con particolare attenzione i giornalisti chiamati a registrarne le cronache. Tra questi primeggia Carlo Rigoni che festeggia quest’an-no il cinquantesimo anniversario della sua atti-vità. Quando nel 1968 si iscrisse all’ordine dei giornalisti, Rigoni aveva inoltre al suo attivo la collaborazione al «Corriere del Mattino», avviata fin dal 1955; incontriamo la sua firma anche in altre testate, come la «Gazzetta di Mantova», «Avvenire», «Stadio», «La Gazzet-ta dello Sport», il «Corriere Ortofrutticolo». Accanto ad una intensa presenza giornalistica e con incarichi istituzionali nell’Ordine, Rigoni ha dispiegato la sua attività nell’ambito delle arti e delle lettere con la promozione di ras-segne, mostre e concorsi di pittura, grafica e scultura, a carattere sia provinciale che nazio-nale. Dal 1991 ha allargato la sua attenzione alla letteratura e alla poesia, organizzando concorsi nazionali con commissioni formate da accreditati critici letterari, da docenti uni-versitari e da giornalisti. In queste pagine Rigo-ni ha riprodotto parte dei suoi articoli pubbli-cati nel quotidiano veronese.

Sfogliando il volume, troviamo nelle prime pagine un’insistita attenzione nei confronti delle tematiche connesse con l’insediamento della III Brigata dell’Aeronautica Militare, che contribuì alla prosperità e, in certo senso, alla sprovincializzazione di Villafranca. La quotidia-nità delle corrispondenze impone la rinuncia a ogni prospettiva gerarchica: non può quindi destar meraviglia il fatto che il flauto di Severi-

no Gazzelloni abbia lo stesso rilievo riservato pochi giorni dopo alla foglia di edera (o di rosa, di pioppo o di betulla) che Dario Cordioli tie-ne fra le labbra per eseguire in questo modo canzoni e melodie popolari. Se un qualche spa-zio viene dedicato alla politica locale, Rigoni si sente particolarmente a suo agio allorché pre-senta i casi di cittadini che hanno raggiunto li-velli di eccellenza nelle varie professioni: e si va dal primario ospedaliero al chirurgo di grido, dal campione ciclista all’avvocato rotale (per di più in sottana), fino all’arrotino (il «moléta») che va in pensione «dopo sessant’anni di scin-tille», fino al fornaio rimasto unico dei sette un

tempo attivi a Villafranca, o all’ultimo caldera-io («parolòto») che resiste al banco di lavoro dopo mezzo secolo di attività; senza dimenti-care l’imprenditore di successo che ha dato vita ad un museo in cui sono esposte le più prestigiose vetture d’epoca italiane ed estere. Si capisce che Rigoni è contento allorché può dir bene dei suoi concittadini, a partire dai ne-onati venuti alla luce dopo qualche traversia (casistica rievocata da un’ostetrica bisnonna), per arrivare ai vecchi che, raggiunta la soglia dei cent’anni, non hanno alcuna premura di lasciare questa valle di lagrime. Preti, frati (in particolare i cappuccini) e suore hanno il loro spazio, anche in ragione del loro consolidato radicamento nel territorio e del loro spen-dersi per il benessere spirituale e materiale della popolazione. Non poteva certo mancare la cronaca nera. Così, scorrendo le centina-ia di pagine di questo volume, sembra quasi di guardare il mondo attraverso le lenti di un cannocchiale rovesciato e di poter osservare (e, per quel poco che è possibile, compren-dere) - trasformate in precise miniature - le grandi scene della storia umana.

Numerose le testimonianze agli autorevoli

personaggi della vita pubblica. Guido Papalia , procuratore generale della Corte di Appello di Brescia, intervenuto anche personalmente alla presentazione del volume, definisce Rigo-ni «osservatore acuto e attento e, allo stesso tempo, testimone e, in qualche caso, partecipe delle storie raccontate».

Alessandro Mazzucco, magnifico Rettore dell’Università di Verona, paragona l’emozione che si prova nello scorrere un album fotogra-fico di famiglia a quella che si prova sfogliando «la raccolta degli articoli di Carlo Rigoni, attra-verso la quale si intuisce l’evoluzione dei tem-pi ma anche la visione della professionalità del

giornalista», caratterizzata dalla capacità «di far incontrare , di mettere insieme le persone che hanno qualcosa da dire. Per Dario Bertezzolo, Presidente della sezione penale del Tribunale di Verona, pure presente alla serata, la raccolta degli articoli di Rigoni ci aiuta «a capire, con uno sguardo retrospettivo, quante vicende ab-biamo vissuto in questi cinquanta anni trascor-si così velocemente, e quanto queste vicende abbiano riempito il nostro tempo»,

Gianni Pizzolo, Direttore di Ematologia dell’Università di Verona sostiene che Rigoni «non si è limitato a osservare e a descrivere gli intrecci degli accadimenti delle nostre vite», ma «è stato ed è un paziente e creativo as-sertore di relazioni, che ha creato e crea con inesauribile energia occasioni di incontro tra le persone più diverse che le circostanze del-la vita gli hanno fatto avvicinare». Giuseppe Chiecchi, ordinario di letteratura italiana, an-che lui presente, osserva che «Mezzo secolo di collaborazione con l’Arena è uno spazio im-pressionante, un contenitore nel quale Rigoni -dotato della straordinaria capacità di coinvol-gere persone di merito «nel cerchio rutilante e sincero delle sue amicizie»- «ha riversato

tutta la sua curiositas di uomo radicato nella sua terra lungo il largo tempo che gli è stato e gli viene tuttora concesso».

Michele Tansella, preside di Medicina, pre-sente alla presentazione, osserva che Rigoni è attento a riferire la sostanza degli eventi, a descrivere in modo lucido e critico, senza compiacimenti o inopportuni rimpianti.

Mario Giulio Schinaia, Procuratore capo della Repubblica di Verona, che pure ha preso la parola, ritiene apprezzabile, in un momen-to di crisi di valori e di idee, la pubblicazione di un volume dal quale emerge «lo spirito e l’entusiasmo con il quale il buon Rigoni elar-gisce con tanta disponibilità energie vitali a favore della cultura e dell’arte, specialmente con riferimento al mondo dei giovani”. Fran-cesco Calabrò, Direttore di chirurgia toracica dell’Azienda ospedaliera integrata di Verona, tra i presenti, è convinto che Rigoni imperso-ni esattamente «i valori che sono espressione di questa terra», cui fa riscontro la «generosità nei confronti delle persone che hanno bisogno e per le quali si prodiga sempre in modo effi-cace e puntuale». Francesco Giovannucci, Pre-fetto di Verona dal 2000 al 2006, rileva che «la narrazione è caratterizzata da due elementi: eleganza e sobrietà di esposizione. Qualità che rispecchiano il carattere dell’uomo, sensibile e attento, mai invadente, capace di fornire noti-zia con dovizia di particolari e con lo spirito di chi è profondamente innamorato della sua gente.» Mons. Giancarlo De Grandis, vicario episcopale per la cultura della diocesi di Ve-rona, intervenuto alla serata con altri vicari e sacerdoti, osserva che «la fatica di Carlo Rigo-ni non è autoreferenziale e narcisistica, ma ha valore culturale e educativo». Ilvano Caliaro, docente di letteratura italiana nella facoltà di lettere dell’Università di Udine, osserva che «la specola di Rigoni è sì locale, veronese e particolarmente villafranchese, ma attraverso questa egli ha potuto osservare, cogliere e re-stituire, attraverso molteplici fatti, la profon-da trasformazione che in questi cinquant’anni hanno subito il nostro ambiente e la nostra società».

Paolo Pellegrini, ricercatore di Filologia della letteratura italiana a Verona, constata che gli articoli di Rigoni, «stesi nell’arco di una atti-vità lunga una vita, su tutti i fronti, sono tutti accomunati dalla medesima attenzione alla propria terra ch’è tutt’uno con l’attenzione alla persona e alle persone».

Lorenzo Carpanè, docente di letteratura ita-liana nella facoltà di scienze della formazione di Verona, leggendo gli articoli di Carlo Rigoni conferma che le persone vanno incontrate senza mediazioni, per cogliere relazioni e dare senso agli avvenimenti. Il volume, elegante-mente confezionato, è in vendita presso la libreria R.E.A.D. e nelle edicole di Vil-lafranca e Quaderni. Il ricavato è intera-mente devoluto all’Opera Don Calabria per la ricostruzione della missione nelle Filippine devastata dallo tsunami.

MEZZO SECOLO – fatti e personePresentato al Museo Nicolis il nuovo libro di Carlo Rigoni . Numerose le autorità intervenute e tra queste i Procuratori Papalia e Schinaia. Una corposa sequenza di storie vissute. In vendita per beneficenza

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A cura di Francesco BommartiniA cura di Diego Cordioli

Cultura

A cura di Diego Cordioli

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MUSIC CORNER in collaborazione con www.artcorner.it

23.06 Days Before July + Allborn Piazza Costituzione (San Bonifacio)

26.06 Portishead Castello di Villafranca (Villafranca)

28.06 Chris Cornell Teatro Romano (Verona)

29.06 The Soul Busters Zodiaco (San Vito di Cerea)

1.07 University Big Bang Parco ai Cotoni (San Giovanni Lupatoto)

2.07 Mumford&Sons Teatro Romano (Verona)

3.07 Hevia Parco Villa Balladoro (Povegliano)

7.07 Negrita Castello di Villafranca (Villafranca)

8.07 Erica Mou Piazza Umberto I (San Giovanni Lupatoto)

9.07 Antonello Venditti Arena (Verona)

13.07 Ancher Villa Raimondi (Nogara)

16.07 Duran Duran Arena (Verona)

19.07 Arisa Piazza Carlo Alberto (Valeggio)

20.07 Nutini Castello di Villafranca (Villafranca)

Iniziano i concerti open air di grande livello. Tra artisti internazionali come: Hevia, Chris Cornell, Portishead, Mumford, Duran Duran e compagnia non c’è davvero di che annoiarsi, a Villafranca così come a Verona. Ma non mancheranno anche nomi affermati del panorama nazionale come Venditti e i Negrita, con Arisa e la nuova Erica Mou. Tutti i live segnalati di seguito sono serali.

Benvegnù e Marta sui Tubi battono la pioggiaSabato 9 giugno sera i presenti agli impianti sportivi di Sommacampagna hanno potuto godere di un doppio live di grande livello, che neppure qualche goccia di pioggia ha potuto fermare. E dopo il concerto le band non si sono risparmiate, tra autografi e fotografie

06 1224 Musica

A cura di Francesco Bommartini

Paolo Benvegnù e Marta sui Tubi concludono con il botto la due giorni musicale organizzata da Rocken ed Emporio Malko-vich. Il pubblico presente sabato 9 giugno sera, nell’ordine delle 250 unità, ha tributato il giusto riconoscimento a due realtà di

assoluto valore. Il primo ad esi-birsi, un po’ a sorpresa, è stato Benvegnù. La sua voce calda ha cesellato i brani del nuovo al-bum Hermann e quelli estratti dai lavori precedenti. Benvegnù, accompagnato da Luca Baldini al basso, Guglielmo Ridolfo Gaglia-no alla chitarra solista e Andrea Franchi alla batteria, è parso mol-to concentrato. Questo atteggia-

di Francesco Bommartini

mento ha giovato notevolmente al live, come da lui stesso confermato post concerto. Tra dolci arpeggi e parti decise il cantautore ha mostrato tutta la ri-cercatezza e la classe che contraddistinguono il suo repertorio. Ma Benvegnù è sembrato anche prova-to da una situazione di salute instabile che, e glielo auguriamo di cuore, speriamo si stabilizzi presto. Tra una Love is talking e una versione riarrangiata, e molto plumbea, di La schiena, il cantautore ha ringraziato i presenti cercando però di conclude-re il set senza cincischiare troppo. Nonostante la pioggia che cominciava a cadere dal cielo, i Marta sui Tubi hanno cominciato il loro show, trascinando il pubblico sotto il palco. E hanno convinto. In pie-no. Il quintetto, formato da tre siciliani, un sardo e

un milanese, ha offerto un spettacolo memorabile che sarà ricordato tanto dai numerosi amanti della loro articolata proposta quanto da chi non li cono-sceva. Seguire un loro concerto non può lasciare indifferenti. Carmelo Pipitone si muove sulla sua acustica modificata senza lasciare spazio ad errori, sorretto dalla precisione ritmica di Ivan Paolini. Le importanti sfumature sono opera di Mattia Boschi, al violoncello elettrico e basso fretless, e Paolo Pischedda, tastiera. Su questo coacervo sonoro si muove con sicurezza la voce di Giovanni Gulino. La sua timbrica varia di continuo. Gulino cesella le sue emissioni come vuole, dimostrando una padronan-za del mezzo invidiabile. Una band italiana di livello elevatissimo di cui si parla troppo poco.

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25Cultura dell’Alimentazione

A cura dell’Istituto Alberghiero “A. Berti” di Verona

Nella moderna e aggiornata risto-razione non è più possibile ignora-re le esigenze salutari del cliente. Un occhio di riguardo il cuoco e il ristoratore, a dire il vero, lo hanno sempre avuto, ma la preoccupazio-ne maggiore era quella di una cu-cina gustosa, di personalità e per nulla propensa all’attenzione delle esigenze forzate dovute alla salute di alcuni clienti. In sostanza il cliente doveva al-zarsi da tavola senza eccessivi pesi sullo stomaco ma con la mente e il palato appagati dalle note positi-ve di gusti e sapori di cibi e vini. Si può ben capire con quanti pro-blemi e dubbi l’utenza sofferen-te di diabete o con qualsiasi altra forma di intolleranza alimentare si recasse al ristorante o in qualsiasi esercizio pubblico. E’ logico pensa-

re che si sentisse esposta, che i suoi problemi non erano nè conosciuti nè capiti e risolti a dovere dal per-sonale addetto. Possiamo arrivare alla conclusione che la ristorazione dava poco peso alla questione e le soluzioni erano alquanto approssi-mative e spesso dettate dal cliente di salute cagionevole stesso. Da molti anni nelle scuole alber-ghiere ci si adopera per formare giovani risorse e personale capace; siamo una nazione con larghe e ap-prezzate capacità professionali,su questo non vi è alcun dubbio, ma se tocchiamo il tasto della pre-venzione in merito alle diete e ai prodotti indicati per gli intolleran-ti siamo ancora deficitari. Molto si sta facendo e proprio dalle scuole alberghiere bisogna partire, cioè dai giovani che devono acquisire questa giusta e completa mentalità, ovvero non considerare un cliente con intolleranza alimentare come

un problema o come materia sco-nosciuta ma come un valore ag-giunto al proprio sapere professio-nale. In questo modo, con un giusto percorso e studio, si infonde fiducia all’utenza allargando anche la pos-sibilità di incrementare la clientela e raccogliere di riflesso ampie sod-disfazioni. L’istituto A. Berti di Verona negli ul-timi anni ha attivato più progetti per approfondire la conoscenza specifi-ca del problema , inoltre nella sede stessa vengono svolti numerosi cor-si anche per l’Associazione Diabeti-ci di Verona con risultati interessan-ti, tanto da vedere nascere un libro, un ricettario completo di accorgi-menti, suggerimenti e calcoli calorici di ricette studiate e svolte dentro la scuola. Il cambiamento deve esserci e deve avvenire con la conoscenza e la giusta mentalità, come appunto riporta il titolo di questo libro “In cucina per la salute”.

del Prof. Nello Valbusa

Intolleranze alimentari e saluteIn parallelo alla cura per il gusto e alla prelibatezza dei piatti proposti, nella moderna ristorazione deve trovar spazio l’attenzione verso i problemi alimentari del cliente

Ingredienti per 4 persone200 gr. di bieta 40 gr. parmigiano40 gr. di crescenza o stracchino light 50 gr. di farina 40 gr. di acqua minerale gassata

ProcedimentoPulire la verdura e tagliarla a fette di circa 5 centimetri di lunghezza e di 3 di larghezza, quindi farle bollire in acqua salata per circa 20 minuti, scolare e fare raffreddare. In una ciotola impastiamo insieme la crescenza, il parmigiano grat-tugiato e circa un cucchiaio di farina, ottenendo una crema corposa. Questo ripieno va messo al centro di ogni fetta di bieta che successivamente va chiusa a portafoglio. Poi, sempre in una ciotola a fondo concavo, mettere tutta la farina e l’acqua gassata, un pizzico di sale e mescolare con una frusta ottenendo una pastella liscia e piuttosto densa. Intingere in questa pastella le forme di bieta ripiena, sistemarle su una placca possibilmente con carta da forno e mettere in forno a 200 gradi per circa quindici minuti. Se necessario, girarle per farle dorare da ambo i lati .

Accorgimenti e suggerimentiIn questo modo possiamo fare tutte le verdure di una certa consistenza, per esempio il cardo o le foglie di verza. Insieme al parmigiano e alla crescenza se si desidera ci stanno molto bene dei pistacchi oppure qualche pezzo di uvetta ammollata. Se vogliamo conservare il tutto è necessario non bagnare la verdura con la pastella , ma farlo solo al momento dell’uso per il servizio. Questo piatto non si conserva per molto in frigorifero in quanto sia la verdura che il ripieno tenderanno a rilasciare dell’acqua che comprometterà il risultato finale.

Bieta da costa ripiena

ProcedimentoMettere a bagno i pomodori secchi in poca acqua tiepida per circa un’ora, scolarli e asciugarli, levare la pelle dai filetti di pesce, sia orata che branzino, tritarne la polpa grossolanamente, unirla ai filetti di acciuga, al prezzemolo tritato e ai pomodori, anche questi tagliati a piccoli pezzi. Insaporire con sale e pepe se necessario, cuocere la pasta in acqua salata, scolarla, condirla con un po’ dell’acqua di cottura e tutto il battuto prima preparato. Per ultimo mettere l’olio e servire caldo.

Accorgimenti e suggerimentiAl momento di unire il battuto di pesce con la pasta , non è necessario rimet-tere la pentola sul fuoco, in quanto la bontà di questo piatto si distingue per la cottura breve o quasi nulla del pesce , che risalterà nei suoi sapori naturali. Se si desidera una cottura più completa basta, al momento di unire la pasta al battuto, portare la pentola sul fuoco per qualche istante. Anche la buccia di limone tritata può essere levata se non gradita, sostituita magari con un cucchiaino di senape o con dello zenzero grattuggiato.

Tagliatelle di farina d’orzo con battuto di pescato e pomodori secchi

Ingredienti per 4 persone

300 gr. di tagliatelle d’orzo 100 gr. di filetto di branzino 100 gr. di filetto di orata 20 gr. di prezzemoloLa buccia grattugiata di 1/2 limone20 gr. di acciughe sott’olio50 gr. di pomodori secchi 30 gr. di olio extra vergine di oliva

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Con la pubblicazione, in data 20 luglio 2011, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 116 è stata sancita ufficialmen-te la vittoria referendaria e l’abrogazione della norma che consentiva ai gestori di caricare sulle nostre bollette dell’ acqua anche la componente della “re-munerazione del capitale inve-stito”. La “remunerazione del capitale investito”, che ricordia-mo, è pari al 7% della sommato-ria degli investimenti effettuati nel periodo di affidamento al netto degli ammortamenti, nella generalità dei casi, incide sulle nostre bollette per una per-centuale che oscilla, a seconda del gestore, fra il 10% e il 20%. Il referendum era stato propo-sto per far valere un principio chiaro: nella gestione dell’acqua non si devono fare profitti! E

la risposta dei cittadini (95,8% a favore della cancellazione del profitto) non lascia alcun dub-bio sull’opinione, praticamente unanime, del popolo italiano. Oggi, a distanza di mesi, risulta che, in tutto il territorio nazio-nale, nessun gestore abbia appli-cato la normativa, in vigore dal 21 luglio 2011, diminuendo le tariffe del servizio idrico. In altre parole tutti i gestori

del servizio idrico italiano han-no ignorato con pretestuose argomentazioni l’esito referen-dario. Questo non può essere accettato! Perciò chiediamo a tutti i cittadini italiani utenti del servizio idrico di aderire alla campagna di “Obbedienza civi-le” .In che cosa consiste la campa-

gna di “Obbedienza Civile”?Gli utenti che intendono ade-

rire alla campagna di “obbedien-za civile” devono far pervenire all’ente pubblico incaricato di affidare il servizio idrico e di stabilire le tariffe, ovvero all’Au-torità di Ambito Territoriale Ottimale Veronese, e all’ente gestore dl servizio idrico, nel nostro caso alla società “Acque Veronesi”, una “dichiarazione/reclamo” tramite un modulo che si potrà trovare presso i banchetti che saranno prossi-mamente organizzati dal Co-mitato Villafranchese Acqua e Beni Comuni (luoghi e date consultabili sulla pagina facebo-ok https://www.facebook.com/pages/Acqua-Bene-Comune-

Verona/126397274038869, op-pure presso la Cooperativa “La Buona Terra” di Villafranca tutti i venerdì dalle ore 17.00 alle ore 19.00. Compilando questo mo-dulo si:-chiede che venga eliminata

dalle bollette dell’acqua la quo-ta di remunerazione del capitale investito, avvisando che la stessa costituisce una pratica commer-ciale scorretta ai sensi di quan-to previsto dal d.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del consumo);-chiede che venga rimborsato

quanto già indebitamente paga-to dal 21 luglio 2011a titolo di remunerazione del capitale in-vestito;-comunica che, in caso non

vengano accolte le richieste

sopra riportate, gli utenti si ri-servano il diritto di agire senza ulteriore preavviso nelle com-petenti sedi giudiziarie ordina-rie e amministrative. Questa campagna è stata chiamata di “obbedienza civile” perché non si tratta di “disubbidire” ad una legge ingiusta, ma di “obbedire” alle leggi in vigore, così come modificate dagli esiti referen-dari. Lo scopo principale della campagna di “obbedienza civile” è ovvio: ottenere l’applicazione del risultato che è inequivoca-bilmente scaturito dai referen-dum. In tutta Italia i vari comi-tati costituitisi in occasione del referendum sull’acqua hanno ri-preso ad agire in collegamento tra di loro e con la mobilitazio-

ne di migliaia di cittadini si pro-pongono di attivare una forma diretta di democrazia dal basso, auto-organizzata, consapevole e indisponibile a piegare la testa ai poteri forti di turno. Ci propo-niamo anche di dare una scossa all’evidente crisi della democra-zia rappresentativa della classe politica, ormai diventata im-permeabile non solo alle istan-ze della società, ma persino ai formali esiti delle consultazioni codificate nella nostra Carta Costituzionale, come appunto i referendum abrogativi.L’acqua è un bene comune, la

sua gestione deve essere pubbli-ca e con l’acqua pubblica nessu-no ci deve guadagnare!

Referendum sull’acqua 2011Ecco perchè il mio voto va rispettato! Campagna di disobbedienza civile

A cura di Diego CordioliA cura di Diego Cordioli

Ambiente 06 1226

A cura di Diego Cordioli

GLOSSARIO AMBIENTALE a cura di Luigi Facincani

Lo sviluppo sostenibile è un processo finalizzato al raggiungimento di obiettivi di miglioramento ambientale, economico, sociale e istituzionale, sia a livello locale che globale. Tale processo lega quindi, in un rapporto di interdipendenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali alla dimensione economica, sociale e istituzionale, al fine di soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di compromettere la capacità delle future di soddisfare i propri. In questo senso la sostenibilità dello sviluppo è incompatibile con il degrado del patrimonio e delle risorse naturali (che di fatto sono esauribili)

Le istituzioni non rispettano l’esito referendario:facciamolo noi! Ora cancelliamo il profitto dalla bolletta dell’acquadopo averlo cancellato con il referendum

Sviluppo sostenibile

ma anche con la violazione della dignità e della libertà umana, con la povertà ed il declino economico, con il mancato riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità. La sostenibilità ruota attorno a quattro componenti fondamentali:• Sostenibilità economica: intesa come capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione;• Sostenibilità sociale: intesa come capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, istruzione) equamente distribuite per classi e genere;• Sostenibilità ambientale: intesa come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali;• Sostenibilità istituzionale: intesa come capacità di assicurare condizioni di stabilità, democrazia, partecipazione e giustizia.

L’area risultante dall’intersezione delle quattro componenti, coincide idealmente con lo sviluppo so-stenibile.

di Maria Lorena Cordioli

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A cura di Elisa Zanola

I nostri Amici Animali 27

PUNTI di DISTRIBUZIONE del GIORNALEIl Giornale è inoltre disponibile presso le edicole di VILLAFRANCA DI VERONA e nei seguenti punti di distribuzione:Redazione de “Il GIORNALE DI VILLAFRANCA” via L. Prina, 71 - tel. 0457903235MBE - Mail Boxes Etc. via Napoleone III, 6 - tel. 0456305207Municipio di Villafranca corso Garibaldi 24Liceo E.Medi Via Magenta, 9Ospedale “Magalini” - Via OspedaleCasa di Riposo “Morelli-Bugna” - Via Rinaldo da Villafranca, 16Centro Sociale CIRICUPE - Via Rinaldo da Villafranca, 9Supermercati Martinelli - Villafranca

Il Giornale è inoltre disponibile presso le edicole di DOSSOBUONO, QUADERNI, PIZZOLETTA, ROSEGAFERRO, ALPO.

L’abbandono estivo degli animaliCome ogni estate, il numero di animali domestici abbandonati aumenta vertiginosamente: abbandonare un animale rappresenta un reato, punito, in Italia, ai sensi dell’art. 727 del Codice penale.

Corso Garibaldi, 2/A - Villafranca di Verona (VR)

Si prevede che nel corso del 2012 saranno 250 mila i cani abbandonati e la maggior par-te di loro saranno abbandonati nei mesi estivi, spesso lungo le autostrade e le strade italiane. L’abbandono rappresenta una delle cause principali del feno-meno del randagismo, oltre ad un atto di brutale inciviltà. La sorte a cui vanno incontro gli animali abbandonati, quando non vengono accolti da cani-li e da strutture apposite, è spesso la morte ed il randagi-smo rischia di creare situazioni di indiscusso disagio per tutti, tra cui anche gravi incidenti stradali. Piuttosto che abban-donare un animale, il consiglio è quello di affidarlo a persone che possano prendersene cura o a strutture adeguate, come

i canili. A luglio partirà, come ogni anno, la campagna di sen-sibilizzazione contro l’abban-dono degli animali domestici di AIDAA, Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente, che ne propone anche un’altra, mettendo a disposizione uno sportello informativo di con-sulenza cinofila gratuito ed in-vitando le persone ad adottare cani anziani. Si stima che siano circa 156.000 i cani che si tro-vano nei canili italiani ed il 40% di loro è rappresentato da cani di età superiore ai cinque anni. Sono loro che hanno le maggio-ri difficoltà, quando non sono di razza, a trovare una famiglia che li adotti. A Verona il canile si trova in Via Campo Marzo n. 20 (Tel: 045 800 23 64). Per la Dichiarazione universale dei di-

ritti dell’animale, “L’abbandono di un animale è un atto crudele e degradante”. Non sono sol-tanto i cani che rischiano l’ab-bandono: con loro, i gatti, i pesci rossi e le tartarughe, insieme ad altri animali domestici. Se tro-vate un animale abbandonato, la cosa migliore da fare è rivolger-si alle forze di polizia o ai vete-rinari dell’Asl. Se avete previsto di andare in vacanza, potete af-fidare il vostro animale dome-stico ad amici, parenti o ad ap-posite pensioni per cani e gatti, oppure ad un dog sitter. Molte strutture ricettive poi accetta-no la presenza degli animali ed in molti casi portare il proprio cane o gatto in vacanza con sé è molto più semplice di quanto si pensi. Esistono in molte regio-ni d’Italia diverse spiagge in cui

l’accesso dei cani non è vietato. L’Enpa, Ente Nazionale Prote-zione Animali, (www.enpa.it) suggerisce diverse modalità di “vacanze bestiali” in compagnia

dei propri animali domestici e segnala hotel, campeggi e strut-ture alberghiere pronte ad ac-cogliere con voi i vostri amici animali.

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Sport Villafranchese 06 1228

A cura di Elisa Zanola

Al “Lamacchi Tosoni”, struttura che potenzial-mente può ospitare eventi internazionali per la qualità dell’impianto in erba sintetica saturo d’acqua, rinnovato nel 2011 grazie ai fondi stan-ziati da Comune, Regione e Federazione, si sono disputate le finali di coppa Italia Maschile di serie A2 e l’ultima giornata di campionato di serie A Femminile.Una tre giorni indimenticabile grazie alla con-

quista del trofeo per la squadra maschile e alla

vittoria per la squadra femminile ai danni del fa-nalino di coda Hf Roma che porta le venete a chiudere il campionato 2011-2012 al secondo posto. Queste tre giornate si sono ancora piu animate grazie alla festa di fine stagione orga-nizzata per i ragazzini e le ragazzine (4-12 anni) del vivaio che sabato hanno ricevuto i diplomi e le medaglie della scuola di Hockey tra gli ap-plausi delle famiglie. Se alle origini e in passato dire Giagulli a Villafranca voleva dire Hockey oggi non è più così, a questo nome si possono tranquillamente affiancare Saviatesta e Vujovic anche se hanno ancora molto da vincere prima di eguagliare il palmares di chi li ha preceduti. La Formazione guidata da Bazzoni H., terminato il campionato di serie A2, sembra aver messo da parte ansie e preoccupazioni giocando queste final four con assoluta tranquillità e giocando un ottimo Hockey, concedendo poco agli avversari. Una squadra compatta che ha permesso ai gio-vani Franzoia e a Melegatti, in primis, di effet-tuare prestazioni esaltanti. Chiudono al primo posto con tre vittorie quante sono le gare.Le ragazze dell’HCF Villafranca effettuano una

buona gara strapazzando l’Hf Roma e si porta-no al secondo posto scavalcando le terze per un punto. Ora sia la squadra maschile che quella femminile guardano al futuro con un pizzico di serenità in più sapendo che per la nuova stagio-ne gli obiettivi da centrare saranno sicuramente più ambiziosi.

Fineco Trophy: Final four di coppa Italia serie A2Si conclude a Villafranca la stagione agonistica dei club di Villafranca di Hockey.

Hockey Castello di Villafranca, piccoli campioni crescono, ecco i risultati della stagione 2012

I RISULTATISERIE A2 MASCHILE VENERDI’Hockey Villafranca - Superba Hc GE 4 - 1 Cus Padova - Città del Tricolore RE 5 - 1 SABATO Hockey Villafranca - Cus Padova 4 - 3 Superba Hc GE - Città del Tricolore RE 2 - 1 DOMENICACus Padova - HC Superba GE 3 - 7Hockey Villafranca - Città del tricolore RE 3 - 0

CLASSIFICA1. Hockey Villafranca p. 92. Superba Hc p. 6 3. CUS Padova p. 34. Città del Tricolore p. 0

SERIE A FEMMINILE

HCF Villafranca - Hf Roma 5 - 2

Grandi successi anche per i giocatori di Hockey più giovani, che il 27 maggio a Padova hanno disputato un torneo, vincendo tutte le partite. La prima contro l’istituto Galileo di Padova, vinta 7 a 1, la seconda contro Città del Tricolore di Reggio Emilia col punteggio di 8 a 2, e l’ultima contro l’Hc Parma, trionfando 7 a 1. Tante soddisfazioni per i piccoli atleti villafranchesi.

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Sport 29

A cura di Elisa Zanola

Cena al Milan Club, ospite il campione Maxi LopezLo scorso 24 maggio l’attaccante del Milan Maxi Lopez è stato ospite del Milan club villafranchese, cenando insieme ai tifosi

Conosciamo MAXI LOPEZ Conosciuto anche come “Gallina de oro” e “El rubio” (il biondo), Maximiliano Gastòn Lòpez è un attaccante del Mi-lan. Nato a Buenos Aires, in Argentina, ha giocato nel River Plate, nel Barcellona, nel Maiorca, nel Fk Mosca, nel Gremio e nel Catania, prima di approdare, nel 2012, al Milan, dove

gioca indossando la maglia 21.

Il Campionato nazionale di Tennis dell’Aeronautica Militare si è svolto dal 20 al 24 maggio 2012 sostituendo, dopo molti anni, la precedente formula di Torneo. L’evento è stato organizzato dal Comando Logistico in colla-

borazione con il 3° Stormo Supporto Operativo di Villafranca di Verona e il patrocinio dell’Assessorato allo Sport dello stesso Comune. Gli incontri si sono disputati presso i campi dell’Asso-ciazione Sportiva Dilettantistica Tennis di Villafranca, Associazio-ne Sportiva Dilettantistica Tennis di Mozzecane (Verona) e As-sociazione Tennis Olimpica di Dossobuono (Verona), l’assistenza sanitaria è stata interamente assicurata dall’Infermeria Principale di Villafranca. Alla manifestazione hanno partecipato 60 atleti ap-partenenti alle squadre del Comando Logistico (1^ classificata, capo rappresentativa Colonnello Fabio Nuccetelli), Comando Squadra Aerea (2^ classificata, capo rappresentativa Maggiore Pompilio Sammaciccio), Comando Aeronautica Militare di Roma (3^ classificata, capo rappresentativa Tenente Colonnello Paolo Maestri) e Comando Scuole dell’A.M./3^ Regione Aerea (4^ clas-sificata, capo rappresentativa Primo Maresciallo Maurizio Mariel-la). Il regolamento prevede l’assegnazione del trofeo che, rimesso

Il Comando Logistico vince il campionato nazionale di tennisIn finale ha superato il Comando Squadra Aerea con il risultato di 3 a 1

in palio ogni anno, prima di essere assegnato definitivamente deve essere vinto dalla stessa squadra almeno per tre edizioni consecutive. Il campionato open “under 50” è stato vinto dal Sergente Maggiore Marco Parisella (Comando Logistico) mentre quello open “over 50” dal Luogotenente Gaetano Gison (Comando Logistico). La cerimonia di premiazione è stata presieduta dal Comandante del 3° Stormo S.O. Colonnello Roberto Poni, alla presenza del Sindaco di Villafranca Mario Faccioli, del Sindaco di Mozzecane Tomas Piccinini, del Direttore dell’Infermeria Principale di Villafranca Colonnello Dario Di Blasio e di altre autorità, ospiti e militari con consorti.

Foto BIUGU’

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Via Napoleone III, 6 - 37069 Villafranca di Verona (VR) - Tel. 045.6305207 - Fax 045.6305176 - [email protected]

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“Felice e il buffet de la stasìon”Cari amici, care amiche, perdonatemi, in apertura, una considerazione ed un invito. Quando l’amico Giorgio mi propose di collaborare a questa pagina accettai un po’ titubante perchè scrivere non mi è mai stato facile (e lo si vede) ed anche perchè pensavo di aver ben poco da raccontare. Poi però i ricordi personali li ho integrati con i racconti di chi la “Villafranca de ‘na ‘olta” l’ha vissuta ed allora mi sono detto, perchè non parlare dei personaggi che ci sono rimasti nel cuore ed attraverso la loro storia ricordare gli usi ed i costumi e il modo di vivere dei nostri padri, in pratica le nostre radici? Vi invito, cari lettori, a non limitarvi alla sola lettura degli argomenti, che per ragioni di spazio e di scelta, sono appena accennati, ma di approfondirli. Come? Parlatene tra di voi, con i più piccoli e soprattutto con le persone anziane che saranno ben liete di dedicarvi un po’ del loro tempo e del loro sapere. Ma affrettatevi, perchè di persone “de ‘na ‘olta” non ce ne sono rimaste poi così tante. Oggi tocca a Felice e “il buffet de la stasion” a riportarci indietro nel tempo, da prima della guerra agli anni ‘60 ed ai passatempi di allora. Felice Ferrari, classe 1911, era subentrato al padre Albano, nella gestione del bar della stazione con annessi campi di bocce o buffet (come in uno slancio di modernità indicava l’insegna delle ferrovie). Albano era a sua volta già un personaggio: alpino, reduce della Grande Guerra, era infatti molto noto in paese, tanto che era assurto agli onori della cronaca per un articolo apparso sul giornale l’Arena intitolato “Gentilezza Alpina”, dove appariva in divisa, con l’immancabile cappello alpino e attorniato dai suoi adorati canarini che gli si erano appoggiati sulle mani e perfino sui baffi. Felice era nato a Sona dove trascorse l’infanzia con la mamma Melania Corti. Negli anni ‘20, trasferitasi la famiglia a Villafranca proprio per gestire il bar della stazione, aiutava i suoi, sino al 6 aprile del 1934 quando, chiamato alle armi, si presentò al 1° Battaglione “Torino” in Castelmaggiore per adempiere agli obblighi di leva. Il 20 ottobre 1935, terminata la “naja”, venne trattenuto alle armi per essere mandato in Africa Orientale. Quattro giorni dopo lo imbarcarono a Napoli, destinazione Eritrea e il 31 ottobre sbarcò a Massaua. Partecipò alle operazioni militari nelle Colonie dell’A.O.I. (Africa Orientale Italiana), effettivo alla 1^ Compagnia Meccanici Elettricisti Mobile, sino al 22 agosto del 1937 quando rientrò in patria e venne posto in congedo. Le notizie allora si davano, e si ricevevano, per lettera ed arrivavano anche dopo mesi e mesi, cosicchè un giorno suo padre Albano, dopo oltre tre anni, se lo ritrovò davanti. Vi lascio immaginare la sua gioia e quella dei compaesani: damigiane di vino sui tavoli e da bere per tutti fino ad esaurimento delle scorte. Ma la vita tranquilla durò poco: incombeva lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Il 12 settembre del 1939 Felice venne richiamato e assegnato alla 24^ Compagnia del Reggimento Genio Ferrovieri. Tre anni di guerra sino al 13 dicembre del 1942 quando, anche per i postumi delle malattie coloniali, venne giudicato idoneo ai soli servizi sedentari e mandato a casa. Era ancora in guerra però, perchè di lì a poco alla stazione cominciarono a fermarsi tradotte cariche di prigionieri. Quanti rischi, anche solo per portare un po’ di acqua a quei poveri “disgraziati” diretti ai campi di concentramento in Germania e più di uno era riuscito anche a farlo fuggire, come chi gli era vicino ha raccontato, non lui però: non era nel suo carattere, riservato e schivo, non si vantava mai, faceva e basta. Felice nel 1952 si sposò con Lina Magalini che lo aiutò nella non facile conduzione del Bar Buffet. Colgo l’occasione per ringraziarla per le foto, le notizie ma soprattutto per la sua bontà, pazienza e generosità di allora. Ricordo molto bene quando, noi ragazzotti del vicinato senza un soldo in tasca, bighellavamo attorno al campo di bocce per passare il tempo a guardare “i grandi” giocare. Non ci mandava mai via, anzi, spesso ci offriva un bicchiere di aranciata o ci regalava un mazzo di carte usate. Il matrimonio di Felice e Lina fu allietato dalla nascita di Maria Teresa e Roberta che, come si usava allora, ben presto coadiuvarono i genitori nella conduzione del bar. Di fronte al bar della stazione, proprio dove oggi vi è il parcheggio auto, sotto due file di grandi alberi, vi erano due campi da bocce ben ombreggiati e freschi, il posto ideale dove passare i lunghi pomeriggi estivi. In paese allora ben pochi erano i passatempi, per cui “i grandi” si ritrovavano spesso all’osteria. Vietato dalla legge il gioco d’azzardo, compreso il gioco della “morra”, non rimanevano che alcuni giochi delle carte, briscola e tresette e quello delle bocce. “A l’ostaria o al zugo delle boce” ci si giocava la consumazione, un quartino di vino e una gazzosa ed allora occorreva in principio essere prudenti, perchè le serate, o i pomeriggi, erano lunghi e le partite da fare tante. Ma tranquilli, ci pensavano Felice e la Lina a mantenere l’ordine e la disciplina e ogni tanto a spedire a casa qualcuno “sà pien”. Il bar della stazione era sì di supporto ai tanti che “prendevano” il treno ma era un vero punto di aggregazione, frequentato com’era da persone di ogni ceto ed in particolare “dai formaiari che la matina i fasea el marcà e dopo disnar i ‘ndasea a sugar a le boce”. L’era la “Villafranca de ‘na ‘olta” quando “no se butaa via gnente” e un mazzo di carte, per malandato che fosse, faceva la felicità di noi ragazzi: “passar da le picie a le carte” ci faceva sentire già grandi . Alla prossima Rico Bresaola

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stampato in 23.000 copie con distribuzione gratuita nel comune di Villafranca di Verona e in vari Istituti e Convegni di Verona.

Società editrice: Pirite S.r.l.Editore: Diego Cordioli - [email protected]

Direttore responsabile: Elisa Zanola - [email protected] al Tribunale di Verona n. 1838

Redazione: via L. Prina, 71 - Villafranca di VeronaTel. 045.7903235 e-mail: [email protected]

Grafica e impaginazione: Sibilla Tenero - [email protected]

Stampa: Centro Stampa Editoriale S.r.l. Grisignano di Zocco (VI)

Archivio fotografico: Renato Begnoni, Giorgio Negrini, Foto Bigiù

Si ringraziano per il contributo gratuito: Giorgio Negrini, Col. Roberto Poni,Dott.ssa Anna Lisa Tiberio, Dott. Enrico Buttitta, Dott.ssa Fiorella Calò,

Dott.ssa Giuliana Guadagnini, Prof. Vittorio Pederzoli, Dott. Paolo Garzotti, Dott.Giuseppe Pecoraro, Dott.ssa Giuliana Guadagnini, Prof. Umberto Massaro,

Ing. Luca Zamperini, Prof. Maurizio Zumerle, Dott. Cristiano Tabarelli, Francesco Bommartini, Prof. Nello Valbusa, Luigi Facincani,

Maria Lorena Cordioli , Enrico Bresaola

Numero chiuso in redazione il 22/06/2012

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