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IN QUESTO NUMERO S. POLO: UN PROGETTO MANCATO? RITROVARSI A SAN POLO GLI OCCHI GIOVANI DI SAN POLO LE PERIFERIE SONO SOLO IMMIGRAZIONE E VIOLENZA? MARGHERITA D’ESTE: IERI E OGGI Brescia e la sua periferia: il caso San Polo Cosa sappiamo della nostra città, dove geografia, storie e linguaggi formano un contesto urbano e sociale dinamico, che convive con realtà troppo spesso dimenticate? Che rapporto c’è tra la città e il suo spazio periferico? Quanto può essere influenzata la vita di un individuo dal proprio luogo di residenza? In questo numero cercheremo di rispondere a queste e altre domande, indagando uno dei quartieri periferici più emblematici di Brescia, San Polo, con i suoi ritmi, le sue idee, le persone che lo abitano di identità varie e multiformi. Cercheremo di guardarlo in un’ottica aperta, facendo ricerca sul campo, dialogando con i suoi abitanti, con l’intento di costruire l’immagine di un luogo (o, per qualcuno, di un non-luogo) nato come una promessa urbanistica. Forse non mantenuta. THE CAMPUS Canossa Campus Official Newspaper the campus GIUGNO 2018 N. 01

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IN QUESTO NUMERO

S. POLO: UN PROGETTO MANCATO?

RITROVARSI A SAN POLO

GLI OCCHI GIOVANI DI SAN POLO

LE PERIFERIE SONO SOLO IMMIGRAZIONE E VIOLENZA?

MARGHERITA D’ESTE: IERI E OGGI

Brescia e la sua periferia:il caso San PoloCosa sappiamo della nostra città, dove geografia, storie e linguaggi formano un contesto urbano e sociale dinamico, che convive con realtà troppo spesso dimenticate? Che rapporto c’è tra la città e il suo spazio periferico? Quanto può essere influenzata la vita di un individuo dal proprio luogo di residenza?

In questo numero cercheremo di rispondere a queste e altre domande,indagando uno dei quartieri perifericipiù emblematici di Brescia, San Polo, con i suoi ritmi, le sue idee, le persone che lo abitano di identità varie e multiformi.

Cercheremo di guardarlo in un’ottica aperta,facendo ricerca sul campo, dialogando con i suoi abitanti, con l’intento di costruire l’immagine di un luogo (o, per qualcuno, di un non-luogo) nato come una promessa urbanistica. Forse non mantenuta.

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Se le news oggi corrono più rapide che mai, sono i mutamenti profondi, i movimenti che arrivano in superficie solo nei tempi lunghi, spesso senza es-sere compresi o riconosciuti, a rimanere nascosti e a reclamare di essere raccontati. Nel laboratorio di giornalismo e reportage abbiamo cercato di se-guire questo richiamo, per raccontare in profondità le storie del nostro tempo. Storie anche apparen-temente marginali, per portarle alla luce, per aiu-tare a riflettere su quanto ci sta succedendo e che spesso non riusciamo a vedere. Do-po esserci occupati di capire cosa fa un reporter e quali strumenti fanno parte della sua cassetta degli attrezzi, abbiamo deciso quindi di indagare una realtà tanto vicina a noi quan-to inesplorata: la vita in una perife-ria. La scelta è stata facile: il quartiere di San Polo. Esso si contraddistingue in particolare per la pre-senza di cinque grandi torri, visibili anche a gran-de distanza, che sovrastano l’insediamento di vil-lette a schiera che la contornano: da Ovest a Est portano i nomi di Tiziano, Raffaello, Michelangelo, Tintoretto e Cimabue. Queste ultime due godono di uno status sociale diverso, che ha contribuito negli anni ad alimentare, nell’immaginario collettivo, il sentimento di degrado legato all’intero quartiere, rendendolo uno dei luoghi più contraddittori del nostro territorio cittadino. All’interno del laborato-

“Raccontarein profondità

le storiedel nostro tempo”

rio abbiamo cercato di analizzare i paradossi legati all’attuazione dell’ambizioso progetto urbanistico iniziale di Leonardo Benevolo (di cui abbiamo in-tervistato il figlio), che ha reso evidenti nel tempo i suoi limiti iniziali. Ad esempio il fatto che non sia stata prevista una piazza in qualità di centro del quartiere. Ci siamo poi interessati al tessuto so-ciale di San Polo, dominato da un variegato social mix, e alla presenza delle associazioni attive per garantirne l’equilibrio. Infine un caso emblematico

che ha suscitato grande curio-sità è il Margherita d’Este, che sorse nel 1985 inaugurando la stagione dei centri commercia-li bresciani, e che ora versa in condizioni di grave crisi. I rap-porti interpersonali e il recipro-

co scambio sono stati centrali nel lavoro di ricer-ca: i ragazzi hanno fatto interviste (a passanti, a commercianti, ma anche a professionisti di livello nazionale), hanno scritto mail, contattato assesso-ri e centralini, atteso pazientemente la risposta di segreterie. Si sono messi in gioco, sperimentando cosa voglia dire esprimere il proprio punto di vi-sta in maniera libera, molteplice, ma sempre sup-portata da dati oggettivi. Insomma, forse hanno imparato che aguzzando un po’ la vista il mondo che ci circonda è pieno di storie che aspettano so-lo qualcuno che si prenda la briga di raccontarle.

Un laboratorio per “aguzzare la vista”DI SILVIA CEROTTI

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“È fragile il passaggio e sono fragili le città, in par-ticolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie le città del futuro, quelle dove si con-centra energia umana e quelle che lasceremo in eredità ai nostri figli.” (Renzo Piano, “Il rammendo delle periferie”, Il sole 24 ore, 26.01.2014). Una di queste realtà è San Polo, un quartiere si-tuato nella periferia Sud-est della città di Brescia. Esso nasce come esperimento di città-satellite al di fuori dell’urbanizzazione storica. I costi delle abita-zione erano volutamente contenuti per poter ospi-tare una moltitudine di cittadini con reddito medio basso. Nel 1992 si inaugurarono successivamente programmi di riqualificazione urbana (Priu), il cui obiettivo era introdurre politiche urbane sociali. Nell’anno seguente, invece, grazie alla legge 493/93 iniziarono dei programmi di recupero ur-bano (Pru) il cui obiettivo era la riqualificazione del quartiere, basata sul concetto di mix sociale e funzionale. Quest’ultimo serviva per garanti-re un’equità all’interno del quartiere, in modo da assicurare un’identità sociale e permettere una maggiore integrazione tra periferia e centro città. Il pensiero originale, della pianificazione del pro-getto, è stato ideato dall’architetto Leonardo Be-nevolo, il quale insieme ai suoi collaboratori negli anni ’70 ha iniziato un primo tentativo di riqua-lificazione di un’area con grandi potenzialità, ma poco sfruttata.Nel disegno generale e progetturale erano previ-ste abitazioni divise tra schiera, alte e a spina; ol-tre a scuole (due asili nido, una scuola materna e una scuola superiore di primo grado), parchi, sa-

San Polo: un progettomancato?DI GIULIA GOSETTI, MARTINA MINARDI, MARTINA PEDRINI, LUCA TONONI, MARIA VENTURA

LEONARDO E LUIGI BENEVOLO

le spettacolo, piscine e campi sportivi e un nuovo ospedale. Benevolo di conseguenza voleva realizzare un piccolo agglomerato abitativo indipendente e au-tosufficiente.L’architetto, pur avendoci messo tutta la passio-ne e l’intenzione, dimostrando di essersi occupato anche delle questioni amministrative, ha riscon-trato tuttavia delle difficoltà nell’effettiva realiz-zazione del piano urbanistico. Una di queste ri-guarda lo snaturamento del progetto iniziale, con l’inserimento e la costruzione di due delle cinque torri tuttora esistenti e non previste inizialmente. Un altro problema che si è verificato nella realiz-zazione del progetto originale è la mancanza di fondi che ha costretto gli architetti a rivedere la previsione iniziale. La sottrazione di una porzio-ne di terreno, la quale doveva essere destinata ad altre funzioni e che invece è stata sostituita dalla Poliambulanza è stato un altro punto a sfavore. Attualmente San Polo è ben diversa da come sa-rebbe dovuta essere, in quanto è stato realizzato un nuovo quartiere: San Polino. Lo scopo di quest’ulti-mo era quello di ospitare le persone residenti nelle torri degli anni ‘80 (soprattutto Cimabue e Tinto-retto), che sono state sfattate. Per quanto riguarda il destino delle torri si è pen-sato di attuare una nuova riqualificazione: “Ci sono due opzioni di confronto. Una comprende l’abbat-timento e la realizzazione di qualcosa di diverso, come la costruzione di una nuova residenza pub-blica, però con una conformazione differente e l’al-tra opzione che si sta valutando è un’opzione che riguarda la riqualificazione della torre, magari an-

Il quartiere di San Polo è stato concepito negli anni ’70 come promessa di modernità urbanistica rivolta a favorire l’insediamento di una società variegata, in un’ottica di equilibrata convivenza. Almeno sulla carta. Poi, cos’è andato storto? Per scoprirlo, abbiamo intervistato anche Luigi Benevolo, figlio dell’ideatore del progetto.

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che con la realizzazione di ulteriori vani scala per eliminare il problema dei corridoi troppo lunghi all’intero delle due torri, soprattutto di Tintoretto. Le due opzioni sono attualmente in corso di esa-me da parte del Comune. Queste dipendono dal fatto che il Comune potrebbe ricevere un finan-ziamento regionale abbastanza cospicuo per quest’operazione”, spiega l’ingegnere Luigi Benevolo. Il figlio dell’ideatore del progetto ha poi affermato che nel piano i-niziale era previsto un parco che si sarebbe dovuto chiamare “Five fishes” e che prevedeva la realiz-zazione di cinque laghi. Il progettista di questo era un paesaggista inglese, Geoffrey Jellicoe, il quale dopo essere andato ad assaggiare un piatto a ba-se di cinque pesci a Monte Isola, sul lago di Iseo, ha deciso di nominare il parco così. Quest’idea di spazio verde era stata inizialmente accantonata,

ma nel 2018, grazie ai fondi del comune, è stata finalmente conseguita. Il nome del nuovo parco non è quello originale, ma la conformazione è la stessa. Il “Parco delle cave”, infatti, è composto da cinque laghi, che si stanno gradualmente inaugu-rando.Il primo è stato aperto al pubblico il 28 Apri-

le 2018, registrando un’affluenza consistente ed entusiasta. Questo progetto ha portato perciò, secon-do qualcuno, una ventata di aria fresca in questa periferia un po’ “dimenticata”. San Polo nel cor-so della sua formazione ha quin-di dovuto sopportare grandi mo-

dificazioni, progetti mancati, problematiche am-ministrative, mancanze di fondi, disuguaglianze sociali. Nonostante tutto ciò però, la speranza è ancora accesa. Con la realizzazione del parco del-le cave il futuro della riqualificazione forse si sta concretizzando.

“La riqualificazione del quartiere, era

basata sul concetto di mix sociale e funzionale”.

PIANO URBANISTICO DI S. POLO. DAL PROGETTO INIZIALE DI LEONARDO BENEVOLO

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San Polo, quartiere della periferia di Brescia, è da sempre ritenuto una delle zone più malfamate della città. Questo perché, fin dalla sua realizzazione, ha ospitato una società piuttosto variegata, in termi-ni di etnie ed a causa della presenza di numerose famiglie con problemi socio-economici. Alcuni dati statistici recenti attestano che più del 10% della popolazione residente nelle torri sia in condizioni catastrofiche. Inoltre San Polo è stato più volte sede di spaccio, atti vandalici, violenze, incidenti e piccoli reati, come è possibile leggere su molti articoli di cronaca cittadina.La domanda che ci è sorta spontanea è quindi: esi-stono luoghi in cui i giovani, le famiglie, i bambini e gli anziani hanno la possibilità di ritrovarsi e so-cializzare in modo sicuro all’interno del quartiere? Se sì, dove? Per rispondere a questi interrogativi ci siamo recati direttamente sul campo.

Ritrovarsia San PoloAree di ritrovo e relazioninel quartiereDI MARIA PEROTTI, CRISTIAN LAI, CAROLINA ZAVARISE, SOFIA GULLETTA, PAMELA BODEI

PARROCCHIA DI S. ANGELA MERICI

Nonostante San Polo sia da tempo considerato uno dei quartieri più disagiati di Brescia, offre centri di aggregazionee attività di socializzazione che si stanno radicando profondamente all’internodella comunità.Forse è qui la chiave di volta che daràal quartiere nuove possibilità di sviluppo.

Scesi dalla metro, fermata S. Polo, ci è subito bal-zata all’occhio la parrocchia di Sant’Angela Merici. Abbiamo così approfittato per fare alcune doman-de al parroco Don Flavio Saleri.“Ormai questa è purtroppo una comunità vecchia” ci dice sorridendo, ma con un velo di dispiacere. At-tualmente infatti, dell’intero quartiere solo il 10-15% dei residenti frequenta la parrocchia e la maggior parte di questi sono sopra la sessantina. I giovani infatti tendono a spostarsi verso il centro storico, questo anche grazie alla costruzione della metropo-litana che ha facilitato i contatti con la città. “Nono-stante tutto però la parrocchia mette a disposizione alcuni servizi che sono mirati a favorire la socializ-zazione, quali: i giochi per bambini, l’organizzazio-ne di campi estivi e la messa mensile dei giovani”.Don Flavio ci ha inoltre detto che la comunità col-labora con gli scout, che spesso ospita, e con la

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Caritas. Questo quartiere è infatti in gran parte a-bitato da famiglie con disagi economici e sociali; entrambe tentano, tramite aiuti concreti, di argi-nare e prevenire queste problematiche.Continuando la nostra ricerca, ci siamo imbattu-ti in un casale ben tenuto e visibilmente distin-to dall’omogeneità delle numerose case a schiera. All’interno spiccava la porta colorata della biblio-teca comunale, importante punto di riferimento per studenti e lettori del quartiere e non. La biblioteca-ria ci ha accolto sorridente, ed en-tusiasta ci ha spiegato tutti i ser-vizi che offre la biblioteca. “Teniamo più di diciottomila volu-mi, siamo contattati da ogni parte della città!” dice orgogliosa. Infat-ti la biblioteca è stata da poco inserita nel circuito online delle biblioteche bresciane e questo le per-mette di soddisfare ogni tipo di esigenza che viene posta dagli utenti. Nell’ultimo anno le richieste dei prestiti sono notevolmente aumentate ed è stato i-stituito anche un circolo dei lettori per favorire la frequentazione della biblioteca. I membri, per la maggior parte residenti della zona, si ritrovano una

ALCUNI VOLANTINI DELLE ASSOCIAZIONI DI S. POLO LA BIBLIOTECA DI S. POLO

volta al mese nella struttura, per condividere opi-nioni riguardanti libri messi a disposizione. Questi servizi hanno favorito la frequentazione del luogo, destinato quindi non solo allo studio, ma anche al-lo svago e al piacere per molti.Anche il comune mira alla promozione dei luoghi di aggregazione e socializzazione a San Polo, per farlo si avvale della Casa delle Associazioni, cen-

tro polifunzionale nato nel 2000. Sin dall’inizio è stato guidato da Isabella Zanetti, dipendente comu-nale, che ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune nostre cu-riosità. Tra queste ciò che ci inte-ressava capire con chiarezza era quale fosse concretamente la fina-lità della struttura; a ciò ha rispo-

sto: “Casa delle associazioni è una struttura nata principalmente per aiutare le associazioni ad avere una sede, che favorisse a restringere parte delle spe-se di manutenzione o di affitto delle singole unità. Questo perché spesso esse si trovano ad affittare magari un locale o un piccolo appartamento, di cui le spese sono più elevate dei guadagni. Inol-tre era nata l’esigenza di farle incontrare perché

“Fin da sempre c’è nelle persone

voglia di appartenere

e condividere”

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inizialmente ognuna seguiva la propria direzione, lavorando in modo eccessivamente autonomo. Il comune ha deciso così di creare questa struttura, che mettesse a disposizione sale per diversi tipi di riunioni. Gli incontri hanno favorito poi la forma-zione di reti, le quali sono fondamentali per la pre-sentazione di eventuali progetti. Le associazioni offrono inoltre dei servizi che ri-coprono diversi ambiti. Nella struttura il personale è a disposizione tutta la giornata”.In seguito abbiamo cercato di capire quali progetti fossero in atto a favore dell’inclusione di stranie-ri. Tra le altre iniziative c’è anche una sartoria ge-stita da venticinque donne italiane e straniere del quartiere, che si ritrovano un giorno a settimana. Questo progetto, oltre che insegnare a cucire, mira all’inclusione di queste donne, le quali sono aiutate anche da medici professionisti.

GRANDE MURALES ALLA BASE DELLA TORRE TINTORETTO

Tuttavia è impossibile negare che ci troviamo an-cora davanti a un territorio con una realtà diffici-le. Con la nascita di Sanpolino poi la situazione, contrariamente a quanto previsto, non è cambiata di molto, anzi lì mancano ancora molti servizi e un’organizzazione della vita sociale più efficace, come quando si propongono iniziative di aggrega-zione nel nuovo quartiere, quali la Festa dei popo-li e il Palio delle contrade, in occasione dei quali si riscontra un’affluenza di migliaia di cittadini.Fin da sempre c’è quindi nelle persone voglia di appartenere e condividere, soprattutto se si offre qualcosa di interessante e stimolante, che coin-volga tutti creando tessuti sociali diversi. A mag-gior ragione in quartieri con evidenti difficoltà di integrazione.Questa è la dimostrazione che San Polo non è as-solutamente un terreno poco fertile!

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suo quartiere, anche se da grande vorrebbe andar-sene per girare il mondo. Egli si sposta tranquil-lamente all’interno di San polo e spesso esce con gli amici per un gelato oppure per una partita a pallone. A Filippo piace la scuola, i suoi professori sono bravi e la sua materia preferita è geografia. Passa ore intere a osservare il mappamondo e il planisfero, immaginando di viaggiare in quei luo-ghi che ha sempre sognato e di cui ha sempre sen-tito parlare nei documentari che lui adora guar-dare. Nonostante ami viaggiare ci ha riferito che il suo punto fisso e la sua casa rimarrà sempre San Polo, perché è il luogo in cui sta crescendo e dove sta vivendo i momenti più belli insieme ai suoi amici e alla sua famiglia. Domandandogli quanto si trovi a suo agio, da 1 a 10, all’interno del suo quartiere, lui ha risposto con grande entusiasmo “9”. Così la pensa anche Elisabetta, compagna di clas-se di Filippo e sua fidanzatina, che in comune con lui ha anche la passione per i viaggi. Di San Po-lo lei apprezza soprattutto gli spazi liberi, perché, come abbiamo potuto notare durante l’intervista, è un’amante della natura e le piace sentirsi libera di poter camminare e ballare in spazi aperti, cosa che nel centro città non sarebbe possibile. Ogni mattina Elisabetta, andando a scuola a pie-

Gli occhi giovanidi San PoloDI VALENTINA GUARNERI, BEATRICE GAGGIA

Una periferia è proprio solo il luogo pericoloso e poco attraente che normalmente noi immaginiamo?Cosa ne pensano i bambini che abitanoin questi quartieri? Noi siamo andati a intervistarli.

“Il suo punto fisso rimarrà sempre

San Polo, perché è il luogo in cui sta crescendo e

dove sta vivendo i momenti più belli

insieme ai suoi amici e alla sua

famiglia”.

ISTITUTO COMPRENSIVO EST 1

San Polo, quartiere della periferia di Brescia, è spesso visto come un luogo isolato, senza vita e soprattutto pericoloso. Sui giornali e a Teletutto, il telegiornale bresciano, si sente parlare di atti vandalici, spaccio di sostanze stupefacenti e ul-timamente anche del possibile abbattimento delle due torri Tintoretto e Cimabue. Questi edifici so-no abitati non solo da persone, ma anche da topi e sporcizia, contribuendo all’immagine negativa di San Polo. Un articolo pubblicato dal quotidiano Bresciaoggi il 3 maggio 2018 rivela le intenzioni che riguarda-no i possibili scenari futuri di questi edifici: “Pur essendo queste torri un simbolo del quartiere, la Lega ha l’intenzione di demolire l’alto palazzo Tin-toretto per costruire palazzine che simbolegge-ranno la nuova San Polo, che sarà più sicura ed accogliente”. Ma si tratta davvero dell’unica pro-spettiva fattibile?In questo ambiente, che all’esterno sembra grotte-sco, vivono famiglie, molte delle quali hanno uno o più figli. Questi bambini e adolescenti frequen-tano le scuole di San Polo, come ad esempio l’I-stituto comprensivo Est 1, uno degli istituti più frequentati del quartiere. Prima di vederla e con gli stereotipi che solitamente si sentono su questa periferia, si potrebbe pensare che la scuola sia una fucina di futuri cri-minali, tuttavia non è affatto così. Essa è frequentata normalmente da ragazzi educati e comuni, e parlan-do sia con loro che con alcuni ge-nitori, sono sembrati molto cortesi e disponibili. Filippo, ragazzo di 14 anni che fre-quenta la terza media, è legato al

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di, riesce a osservare i grattacieli, come ad esem-pio le torri Cimabue e Tintoretto, che svettano in mezzo agli alberi che lei ama tanto. Nel pomeriggio, dopo aver eseguito i suoi compiti, si incontra con le sue amiche in gelateria, punto di ritrovo dei giovani del quartiere.Il terzo ragazzo intervistato si chiama Carlo ed è un po’ più grande degli altri due, infatti ha 17 anni. Egli ama il suo quartiere, poiché è il luogo in cu-i vive da quando è nato, e ascoltando quello che dicono al telegiornale e ciò che è condiviso dalla mentalità comune, non riesce a capacitarsi di co-me le persone possano avere così tanti pregiudizi su un quartiere che lui ritiene tanto speciale. Carlo ama questo posto perché ha molti ricordi lì legati alla sua infanzia e alla sua adolescenza. Nonostante ciò ritiene che San Polo si stia svuo-tando, poiché ora i giovani preferiscono frequen-tare il centro città, anche se in questo quartiere sono presenti negozi e un centro commerciale, il Margherita d’Este. Per questo lui si chiede perché non si cerchi di avviare un progetto per rinnovare il posto e farlo ritornare un centro di aggregazione sia per i giovani che per gli adulti, per ridare vita a un luogo che a poco a poco sta scomparendo. San Polo, quindi, è veramente come molti s’imma-ginano? Cioè un luogo abbandonato a se stesso,

privo di una propria identità e centro di spaccio di droga? Gli occhi dei ragazzi residenti in questo quartiere non vedono tutto ciò; certo bisogna dire che non fila tutto liscio, ma non bisogna neanche esasperare la situazione. I bambini che vivono lì sono felici e fieri della loro casa, e se lo dicono lo-ro un motivo ci sarà. Perché si sa: i bambini non mentono mai.

TORRE TINTORETTO

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così abbiamo pensato di riassumere le considera-zione emerse e, per raccontarvele, abbiamo deciso di riportarvi le testimonianze di Michele e Malik.Michele ha 32 anni e abita con i suoi genitori a San Polo, in prossimità dell’Alfa Acciai: fabbrica leader nella produzione di acciaio. In quanto so-stenitore delle tematiche ambientali che riguarda-no il suo territorio, è allarmato da ciò che è emer-so dall’assemblea regionale di Legambiente e ci ha confermato che questa è la sua più grande preoc-cupazione. Michele lavora in centro come impie-gato. Finito il turno lavorativo, torna a casa affa-ticato e si siede a tavola a consumare la cena che sua mamma ha preparato per lui. Dalla finestra della sua cucina può continuare ad assistere allo spettacolo che ormai gli è familiare: gli imponen-ti edifici della fabbrica che sovrastano la piccola provincia. Il suo tempo libero, lo impiega facendo delle ricerche riguardo quanto l’Alfa Acciai pro-vochi realmente a danno dell’ambiente, con conse-

Le periferie sono solo immigrazione e violenza?DI CINZIA BONSIGNORI, BEATRICE BARONI, GIULIA COPPI, GRETA PANIGALLI

Durante un caldo pomeriggio primaverile abbiamo deciso di avventuraci nel quartiere di San Polo per raccogliere alcune testimonianze dei suoi abitanti, senza sapere assolutamente quali tra i suoi aspetti più critici avremmo potuto riscontrare: criminalità, scontri multi-etnici, razzismo, divergenze di opinioni, zone malfamate? Beh, che ci crediate o meno, quello che è emerso ha sorpreso anche noi.

Una volta giunte a San Polo abbiamo avuto la possibilità di intervistare alcuni suoi abitanti, cer-cando di differenziare il campione di indagine ma concentrando le nostre domande soprattutto sugli aspetti critici del quartiere. Tra i dati che abbiamo raccolto sono emersi dei punti di vista inaspettati,

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guenze preoccupanti per la popolazione. Dalle sue ricerche è emerso che nel nostro territorio sono presenti 64,5 microgrammi di idrocarburi polici-clici per metro quadrato: un numero decisamen-te elevato; questo provoca dei problemi respiratori nel 22% degli adulti maschi, nel 39% delle donne e nel 33% dei bambini. Per colpa delle polveri sottili negli ultimi anni è aumentato il rischio di infarti, ictus, bronchiti e polmoniti croniche, ma soprattut-to tumori polmonari. Anche a li-vello ambientale i danni si fanno sentire: l’inquinamento infatti sta diminuendo progressivamente la flora e la fauna selvatica.Questa testimonianza ci ha tanto incu-riosito che abbiamo deciso di ap-profondire questi dati. Abbiamo così intrapreso dei colloqui telefonici con la sede regionale di Legambiente, che ci ha confermato le informazioni di Michele; dai dati più recenti è i-noltre emersa l’inadeguatezza dell’attuale sistema di controllo nello smaltimento e nel trasporto di rifiuti speciali e pericolosi. Quello di Michele è u-no dei tanti punti di vista della popolazione di San Polo, poiché tra gli abitanti le opinioni a riguardo sono molteplici e contrastanti; dalle nostre inter-

viste abbiamo verificato che spesso la convivenza tra vicini di casa risulta difficile proprio a causa di queste divergenze. Una valutazione molto diversa da quella di Michele ci è stata presentata da Malik.Malik è un uomo di 46 anni di origine nigeriana, trasferitosi in Italia quindici anni fa a causa della povertà presente nel suo Paese. Qui ha trovato un appartamento nella torre Cimabue e un lavoro u-mile ma ben retribuito come operaio presso l’Alfa

Acciai. Spera un giorno di poter racimolare abbastanza denaro per permettere alla sua famiglia (sua moglie e i suoi tre figli) di raggiun-gerlo in Italia. Dal lunedì al sabato, Malik prende l’autobus per recarsi sul posto di lavoro. Mentre aspetta la sua fermata si sofferma a guar-

dare tutto ciò che lo circonda e quando finalmente avvista da lontano l’Alfa Acciai in lui nasce sem-pre una sensazione di speranza poiché è grazie a questa fabbrica e al proprio lavoro se potrà coro-nare il suo sogno di riavvicinare a sé la propria famiglia. Ogni sera Malik torna a casa stanco dal lavoro, ma non rinuncia mai a bere una tazzina di caffè ripensando alla sua famiglia. Sua moglie preparava sempre il caffè dopo cena e lo gustava-

“Forsesono propriole periferie

le città del futuro"

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no insieme chiacchierando della giornata appena trascorsa. Malik spera un giorno di poter ricomin-ciare a condividere questo momento con i suoi cari. Nel frattempo non smette di lavorare duramente e non smetterà fino a quando le persone a cui vuole bene lo raggiungeranno.Ciò che ci ha colpito di queste due testimonianze è che sono le storie di due uomini molto diversi tra loro: per abitudini, opinioni e modi di fare. Nonostante abbiano idee contrastanti sotto molti punti di vista, hanno una cosa in comune: un ter-

ritorio, che rappresenta per loro speranza in un futuro migliore, da vivere in salute e circondati dall’affetto dei propri cari. L’opinione comune ci ha spinti a credere che le periferie siano spesso solo luoghi contraddistin-ti da criminalità e abbandono, facendoci dimenti-care che spesso è proprio da lì che può partire il cambiamento. Forse sono proprio le periferie le città del futuro, quelle dove si concentra la maggiore quantità di e-nergia umana.

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menti che il centro commerciale ha avuto nel cor-so del tempo. “Si è rovinato a causa della mancata manutenzione”, afferma con forza un cliente; “in effetti prima era molto più conosciuto e ben visto rispetto ad ora”, continua. Anche ad un primo sguardo la struttura infatti sembra ormai afflitta da un inarrestabile proces-so di decadenza strutturale. Inoltre, dei circa cinquanta spazi commerciali spal-mati su tre piani, solo una quindicina ha resistito. Però un bacino d’utenza esiste ancora: oltre al cliente di cui abbiamo riportato le parole, abbia-mo incontrato anche altri frequentatori e alcuni dipendenti del centro commerciale, ponendo loro alcune domande in merito al passato del Marghe-rita d’Este. Le risposte sono state molto simili: tutti

Questo centro commerciale ha avuto un brusco declino nel corso degli ultimi anni e noi ci siamo interessati in merito a ciò che i suoi clienti superstiti immaginano possa contraddistinguere un ipotetico futuro di questo luogo, andando sul posto per raccogliere informazioni, idee e pareri sullo stato attuale di questo luogo e sui suoi possibili scenari futuri.

Il Margherita d’Este è da molti considerato l’em-blema negativo dei centri commerciali bresciani, a causa della sua decadenza nel corso degli anni; noi ci siamo focalizzati soprattutto sui cambia-

IL CENTRO COMMERCIALE MARGHERITA D'ESTE

Margherità d'Este:ieri e oggiDI SARA TURINELLI, ANDREA CHIARINI, FRANCESCO GALLINA

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i dipendenti lamentano un declino nel corso degli anni a causa della mancata manutenzione e anche i clienti riscontrano lo stesso problema. Il rilancio del centro inaugurato nel settembre 1987 avrebbe dovuto cominciare nel 2012, con il cam-bio di proprietà. Nel 2015 in effetti si tentò un’opera di restyling, che tuttavia non riuscì a mascherare le evidenti difficoltà ormai insanabili. Sono tuttora in fase di valutazione alcuni svilup-pi futuri di questi spazi, probabilmente orientati a farne un polo del commercio green, trasforman-dolo in un centro monotematico sul biologico e l’ecosostenibile.Una domanda fondamentale che abbiamo posto ai nostri intervistati è stata: “Questo centro commer-ciale potrebbe tornare come prima?”. Sul numero totale delle conversazioni, solo un cliente, al contrario delle nostre aspettative, ci ha risposto con tono speranzoso: “Sì, perché la dimen-sione è giusta, centri commerciali troppo grandi non sono facilmente fruibili”. Le dimensioni contenute e una struttura concentri-ca sono infatti delle caratteristiche di questo centro commerciale, trasmettendo un’impressione acco-gliente e funzionale.

Tra le nostre considerazioni e quelle dei clienti del centro commerciale c’è una sostanziale uniformi-tà. Insomma, ci vorrebbe un miracolo per risolle-vare le sorti di questo luogo, anche il sogno di ri-pristinare il Margherita d’Este persiste nei cuori di tutte le persone.

“La strutturasembra ormai afflitta da un inarrestabile processodi decadenza”.

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THE CAMPUSthe campus La nostra redazione:

Beatrice BaroniPamela BodeiAndrea ChiariniGiulia CoppiBeatrice GaggiaFrancesco GallinaGiulia GosettiValentina GuarneriSofia GullettaCristian LaiMartina MinardiGreta PanigalliMartina PedriniPerotti MariaFrancesca SbarainiLuca TononiSara TurinelliMaria VenturaCarolina ZavariseCinzia Bonsignori

Il progetto è stato coordinatodalla Prof.ssa Silvia Cerottinel laboratorio di Giornalismo/Reportagedell’area delle materie opzionali.

Un ringraziamento particolareai ragazzi del Laboratorio diImage editing e multimediache ci hanno «prestato» alcune fotografie.

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ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIOREBRESCIA VIA SAN MARTINO 13B

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