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Giuditta e Oloferne, variazioni sul tema Una donna coraggiosa o un’assassina senza scrupoli? Un simbolo di purezza o di sensualità fatale? Tra questi estremi oscilla da secoli la figura biblica di Giuditta , la bella vedova ebrea che riesce a liberare il suo popolo dall’assedio del generale assiro Oloferne decapitandolo durante il sonno. Dunque sempre la stessa storia raccontata da infiniti punti di vista dal basso Medioevo fino all’inizio del Novecento. Un episodio che, come un tema musicale, viene ripreso, reinterpretato, arricchito, risignificato. Variazioni sul tema, dunque. Che Annamaria Testa spiega così: “Produrre una variazione su un tema vuol dire lavorare su un concetto o una forma o un fenomeno in maniera estensiva, mantenendo alcune costanti e prendendosi la libertà di cambiare tutto il resto fino a toccare, e magari a superare, i confini di quel concetto, di quella forma, di quel fenomeno. Può essere un gioco, una sfida o un’ossessione”. Un po’ come le divertenti variazioni di Mozart su un tema che senz’altro

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  • Giuditta e Oloferne, variazioni sul tema

    Una donna coraggiosa o un’assassina senza scrupoli? Un simbolo di purezza o disensualità fatale?

    Tra questi estremi oscilla da secoli la figura biblica di Giuditta, la bella vedova ebreache riesce a liberare il suo popolo dall’assedio del generale assiro Olofernedecapitandolo durante il sonno.

    Dunque sempre la stessa storia raccontata da infiniti punti di vista dal bassoMedioevo fino all’inizio del Novecento. Un episodio che, come un tema musicale,viene ripreso, reinterpretato, arricchito, risignificato.

    Variazioni sul tema, dunque. Che Annamaria Testa spiega così:

    “Produrre una variazione su un tema vuol dire lavorare su un concetto o una forma oun fenomeno in maniera estensiva, mantenendo alcune costanti e prendendosi lalibertà di cambiare tutto il resto fino a toccare, e magari a superare, i confini di quelconcetto, di quella forma, di quel fenomeno. Può essere un gioco, una sfida oun’ossessione”.

    Un po’ come le divertenti variazioni di Mozart su un tema che senz’altro

    http://www.treccani.it/enciclopedia/giuditta/https://it.pinterest.com/didatticarte/giuditta-e-oloferne-judith-and-holofernes/http://nuovoeutile.it/variazioni-creativita-espansa-affinata-ludica-ossessiva/http://www.scuolafilosofica.com/4812/limportanza-delle-variazioni-nella-musica-classica

  • riconoscerete…

    Ma torniamo a Giuditta. Sui codici miniati del Duecento e del Trecento la scena èsempre quella clou: Giuditta che sta sgozzando il nemico mentre questo dormebeatamente oppure Giuditta che tiene già la testa in mano mentre dal collo di Olofernesprizza ancora il sangue.

    A volte e sola, altre volte è con la fedele ancella che le porge un sacco in cuinascondere il trofeo.

    Un simile gusto per il macabro si ritroverà solo in età barocca, nel Seicento, quandoper espressa richiesta della Chiesa controriformata le immagini sacre dovevanoscuotere l’osservatore fin dalle budella…

  • Con il Rinascimento (parliamo di XV e XVI secolo) la morbosità dell’assassinio lascia ilposto all’idealizzazione di Giuditta. Anche quando sta per scagliare la scimitarraaddosso ad Oloferne ciò che prevale è l’eleganza del gesto e il portamento fiero.

    Questo è particolarmente evidente nel gruppo scultoreo di Donatello, una dellepochissime rappresentazioni in bronzo del racconto biblico.

  • Leggiadra e malinconica è, invece, la Giuditta di Sandro Botticelli. Sembra quasidanzare mentre torna verso Betulia, la sua città, seguita dalla serva con la testa diOloferne tenuta sul capo.

  • Questa piccola tavola fa parte di un dittico ed è preceduta dalla scena della scopertadel cadavere di Oloferne.

    Nei lavori di Andrea Mantegna Giuditta è ancora più aggraziata. Il peso del corposcaricato su una sola gamba (il famoso chiasmo di memoria classica) dà alla figura unandamento sinuoso sottolineato dal panneggio degli abiti.

    Oloferne è del tutto assente dalla scena tranne nelle versioni in cui la donna esce dallatenda con la testa in mano e nell’ombra si intravede il piede destro (il nostro Andrea, aquanto pare, aveva un debole per le piante dei piedi!).

    Un dettaglio quasi divertente se non appartenesse ad un uomo appena assassinato!

  • Ancora più dolce e delicata è la Giuditta di Giorgione. Neanche la coscia che facapolino dallo spacco del vestito riesce a intaccare l’aspetto casto e angelicato delladonna.

  • Completamente diversa è quella che Michelangelo ha affrescato in uno dei pennacchidella volta della Sistina. Non possiamo vederla in volto perché è colta di spalle mentrecopre con un panno l’enorme testa nel vassoio e contemporaneamente osserva ilcorpo titanico di Oloferne che agita ancora le braccia.

  • Per trovare una nuova Giuditta bella e sognante, bisogna guardare a Tiziano. La suaeroina tiene delicatamente sulle braccia il vassoio con la testa del nemico. Il gesto è

  • talmente naturale che si direbbe stia portando un mazzo di fiori…

    La mancanza di alcuni elementi ricorrenti come la spada o la vecchia serva col saccohanno fatto credere per molto tempo che si trattasse di Salomé, laconturbante fanciulla biblica che pretese ed ottenne da Erode la testa del Battista.

    Non ci sono dubbi invece per le versioni di Lucas Cranach il Vecchio. Il pittoretedesco, ossessionato dalla figura di questa donna, la dipinge decine di volte in una

  • personalissima serie di variazioni sul tema dove le differenze sono quelle minime degliaccessori e dell’abbigliamento.

    Giuditta, raffinata e indifferente, espone sul tavolo il capo di Oloferne come merce suuna bancarella mentre, con gesto lievemente minaccioso, tiene ben in vista la lamadella spada.

  • L’impressione è che i pittori del Rinascimento cerchino a tutti i costi di

  • restituire candore ad una donna capace di gesti così violenti.

    Anche quando, come in Giorgio Vasari, la nostra Giuditta è muscolosa e decisa,conserva sempre una bellezza rassicurante e un’espressione di sereno e pazientedistacco come a dire “ma vedi che mi tocca fare!”.

  • Paolo Veronese introduce un dinamismo maggiore: Giuditta tiene la testa tra le manima si volta verso l’ancella in direzione opposta. In alto a destra appare un lembo ditenda, elemento che spesso tornerà a fare capolino nelle opere del Seicento (che tral’altro è ormai alle porte).

    Pochi anni ancora e il Rinascimento termina definitivamente sepolto dalle pennellate diCaravaggio.

    La sua Giuditta, determinata ma anche un po’ disgustata, mette in scena lo spettacolodella decapitazione di Oloferne sotto una luce teatrale che aumenta la drammaticitàdel momento. Il sangue schizza sul materasso mentre l’uomo spalanca la bocca e gli

  • occhi in un ultimo sussulto di terrore.

    Ultimo tocco barocchissimo: un drappo rosso sollevato come un sipario.

    Ancora più truculenta è la decapitazione dipinta da Artemisia Gentileschi.Sicuramente influenzata dalle atmosfere contrastate di Caravaggio, realizza due telepiuttosto simili nelle quali Giuditta e l’ancella bloccano fisicamente Oloferne mentrequesto tenta una disperata difesa.

  • Nella seconda versione la scena è più ampia ma, se possibile, ancora più cruda. Ilsangue sprizza a fiotti dalla gola di Oloferne ma Giuditta è ancora più decisa eaggressiva. Insomma: scene da bassa macelleria…

  • Nelle altre versioni sceglie di rappresentare il momento successivo: le due donne che siallontanano dalla scena del massacro oppure colte mentre nascondono la testadi Oloferne dentro il sacco.

  • Negli stessi anni anche il fiammingo Pieter Paul Rubens dipinge una Giuditta. E la suaversione, manco a dirlo, è massiccia come tutte le sue donne, con un seno che facapolino dal corpetto lasciando immaginare una lotta violenta con il nemico prima disgozzarlo.

    L’espressione non è quella innocente di età rinascimentale: complice la luce dellacandela dal basso verso l’alto, lo sguardo, puntato dritto su di noi, assume un che diferoce.

  • Nel corso del Seicento l’interesse per questo episodio si mantiene costante. Anche ipittori minori si dedicano alle loro versioni più o meno caravaggesche.

  • Il Settecento sembra perdere interesse per questo tema. Così come l’Ottocento.

    Pochi i casi e abbastanza accademici. Giuditta è sempre trionfante, la scena piùraccapricciante è già avvenuta. Siamo in tempo di gusto neoclassico: nientespargimenti di sangue, ma solo personaggi vincenti e valorosi.

    Per trovare di nuovo un nome importante bisogna andare in Spagna alla ricercadi Francisco Goya. Siamo intorno al 1820. È il periodo in cui dipinge le “pitture nere”nella Quinta del Sordo, la casa madrilena dove si rifugia in preda ad una crescente

  • angoscia.

    Sulle pareti raffigura i suoi fantasmi, le sue visioni tormentate. Le figure si deformano ela tavolozza si riduce ai toni più cupi. Tra queste immagini c’è anche Giuditta in unaversione espressionista e tenebrosa.

  • Diversissima da quella vittoriosa e un po’ retorica delle incisioni di Gustave Doré.

  • Ma i tempi stanno cambiando. Oltre all’iconografia cambia anche l’iconologia diGiuditta, il significato che assume il personaggio. Nelle mani di Gustave Klimt l’eroinavirtuosa diventa femme fatale, donna sensuale e carica di erotismo.

    La testa di Oloferne, soprattutto nella prima versione, è quasi invisibile. Protagonista èla donna, anzi la femmina. Sguardo provocante, espressione seducente. Niente a chevedere con la casta vedova ebrea raccontata nella Bibbia. È proprio un capovolgimento

  • di senso.

    Non si discosta molto Franz Von Stuck. Anche se torna ad essere presente ilpersonaggio maschile, la donna domina sulla scena con atteggiamento di sfida e senzaalcun pudore.

  • Dunque circa 600 anni di Giuditte di ogni tipo.

    Ma che gusto c’è a continuare ad esplorare un soggetto già ripreso centinaia di volte?È una sfida? È la forma più alta della creatività?

    Annamaria Testa, di nuovo, ci dà la risposta:

    “In ogni caso l’idea della variazione è potente in sé, si tratti della ricerca di un singoloautore o del misurarsi di molti autori su un medesimo tema, e per questo in qualsiasiserie di variazioni il tutto è maggiore della somma delle parti. Racconta la molteplicitàdei possibili. Ci fa capire che c’è sempre qualcos’altro da fare, e un ulteriore spazio dipensiero, appena poco più in là”.